ultimo numero - Associazione Anziani Oggi
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associazione anziani oggi Anno III numero 8 DICEMBRE 2012 Aperiodico dell’Associazione Anziani Oggi in distribuzione gratuita presso associazioni, negozi, studi medici, farmacie Associazione Anziani Oggi Villa Piaggio - Corso Firenze 24 - Genova ORARIO DI SEGRETERIA: tutte le mattine dalle 9 alle 12 pomeriggio lunedi'/martedi' 16-19 - giovedi'/ venerdi' 15-17 - telefono segreteria 010 4070534 - mailto: [email protected] - www.villapiaggio.it Per spedire materiale e foto da pubblicare sul giornalino la mail è: [email protected] In questo numero Il “lei” nel genovese Estate del 1963 Fontane di Genova Alla scoperta di Milano EDITORIALE Carissimi, vi volevo segnalare innanzitutto che da questo numero ci avarremo della collaborazione preziosa di Enrico Gambetta noto “genovesista”. A questo proposito con l’anno nuovo, al mercoledì pomeriggio, partirà un corso gratuito di genovese curato appunto da Enrico, è partito anche, al martedì mattina il nuovo corso di patchwork. Il Convegno ‘L’anziano fragile: il ruolo dell’attività motoria’ con la collaborazione dei miei colleghi dell’Università, è stato molto interessante ed è stato anche palcoscenico della presentazione della II edizione del mio libro ‘ARGENTO VIVO’ che contiene molti esempi di esercizi di ginnastica vertebrale ed altro, che ognuno può anche prendere come spunto per un’attività motoria casalinga Il libro è disponibile, scontato a €13 per i nostri associati. Auguro a tutti un Buon Natale e un Sereno Anno Nuovo Cristina O XENEIXE ANCHEU Il “lei” nel genovese Per il singolare, al posto dell’Italiano "lei", il Genovese ha Vosciâ, alla lettera "vossignoria". Normalmente questa forma è adoperata come soggetto, mentre come pronome è prevista la forma abbreviata Sciâ. L’uso di Sciâ esclude il rafforzativo della terza persona singolare. - Vosciâ Sciâ no m’ha dïto cöse Sciâ veu (lei non m'ha detto che cosa vuole); - Vosciâ, scignoa, Sciâ peu vegnî doman (lei, signora, può venire domani). La forma di cortesia per la seconda persona plurale è Voî , equivalente al "voi" italiano. Questa forma, che un tempo era d’obbligo persino in famiglia, sempre meno usata nel parlato cittadino, ma ancora ascoltabile in molte zone rurali, si differenzia dai pronome di seconda persona plurale voî , e voiätri e dalla sua contrazione viätri. Attualmente nella parlata cittadina il Voî ha acquistato una sfumatura ironica, a sottolineare la condizione di inferiorità della persona cui si parla: Voî, bell’ommo, piggiæ chì pe beive (brav’uomo, prendete questo per bere). Occorre fare attenzione a non confondere il Sciâ di cortesia, che è indeclinabile, con sciâ (signora) che al maschile fa sciô (signore) che si antepongono sempre ad un nome proprio: - bongiorno sciô Beppe, comme Sciâ stà? (buongiorno signor Giuseppe, come sta?); - Vosciâ, sciâ Manena, Sciâ l’aspëte chì (lei, signora Maddalena, attenda qui); - a sciâ Maria a l’é andæta a Ciavai (la signora Maria è andata a Chiavari). Con la forma di cortesia è frequente l’uso di un congiuntivo “esortativo”: - ch’a l’intre sciâ Maria, Sciâ s’assette vixin a mì (entri signora Maria, si sieda vicino a me); - ch’o me digghe a veitæ sciô Pippo (mi dica la verità signor Pippo). Pagina | 1 Enrico Gambetta L’A N G O L O D E I R A C C O N T I Estate del 1963 – una sera di luglio di Anna Turno Vanno molto di moda gli anni sessanta, se ne parla spesso in tv, escono libri in merito, tutti scritti con la volontà di capire bene quali siano state le motivazioni più profonde che portarono a quel periodo di rottura pieno di fermenti e di cambiamenti; molte sono le critiche, pareri positivi ma anche negativi. E in effetti la storia ripresa in mano dopo molti anni può rivedere e rileggere gli avvenimenti anche in considerazione dei reali cambiamenti che in seguito ci sono stati nella nostra società. Oggi i trentenni e anche i ventenni amano ancora quelli che erano stati gli idoli dei loro genitori, Guccini va per la maggiore, ma anche De Andrè e tutti i cantautori perlopiù liguri di quei vivissimi anni. A Lucetta non dispiace sapere a memoria le canzoni che piacciono tanto alla figlia, la fa sentire al passo con i tempi…si sente già emarginata nei termini inglesi della nuova tecnologia, almeno nelle canzoni un pochino può emergere… Ripensando a quegli anni vede due mondi separati, prima e dopo il 1968. E ben ricorda i primi anni 60, quando aveva quel grosso nastro in velluto marrone sui capelli ben bene cotonati, il tailleur elegante da portare con borsa e scarpe in sintonia con il tutto, e ricorda quando i ragazzi “per bene” avevano l’abito scuro , la cravatta ben annodata e le scarpe di cuoio sempre lucidate a dovere. Un altro mondo. I pantaloni, indossati dalle donne, non facevano “serio” e nella scuola superiore frequentata da Lucetta non erano permessi. Erano quindi molto desiderati, come ambite erano le calze collant di nylon, indossate una volta da Lucy di nascosto dai genitori non senza provare un senso di colpa. Il senso di colpa ha pervaso se non tutta la generazione dei sessantottini una buona parte. Si trasgrediva, si lottava, si cercava di affermare il proprio nuovo modo di pensare, ma spesso si soffriva ad essere contro la propria famiglia, la società, il mondo. Insomma una generazione veramente in perenne conflitto e se un po’ di conflitto vivacizza il pensare e aguzza l’intelletto, troppo distrugge e stanca; si voleva cambiare quel mondo per costruirne un altro migliore, ma che fatica… e poi, questo nostro mondo è veramente migliore di quello di allora? Fa male solo a pensarci… Per le ragazze di quei primi anni sessanta le regole stabilite dalla mal digerita società erano molto rigide come ad esempio l’orario da rispettare per tornare a casa la sera . Neppure nelle calde serate estive trascorse in campagna c’erano deroghe. La nonna di Lucetta era molto chiara: quando il campanile della chiesa batte undici rintocchi devi essere a casa. Punto. E’ vero che era ancora una ragazzina, ma cosa poteva mai accadere in un paese di 2000 anime, si chiedeva Lucetta, comunque ubbidiva e rincasava all’ora stabilita. Il paese dove Lucetta trascorreva le vacanze era tranquillo, l’unico svago estivo serale era ascoltare la musica dal juxe-box che si trovava sul terrazzo di un bar ristorante ubicato nel centro del paese; si ballava anche, e il divertimento era assicurato. Con 100 lire si sentivano tre dischi. E lì Lucetta imparò a ballare valzer, tanghi, mazurche e polche. Ma una sera estiva… la nonna, tanto amorevole quanto autoritaria, combinò un bel pasticcio… Era molto caldo, una serata di luglio magica, piena di musica, di stelle e di cuore in subbuglio, una serata in cui era impossibile sentire i rintocchi delle campane… Lucetta quella sera aveva un bel vestito a quadri bianchi e rosa, bordato di sangallo, un abito alla “Brigitte Bardot” con tanto di sottogonna . Stava ballando spensierata, allegra e forse anche un po’ innamorata, oggi non sa se dell’amore o del suo giovanissimo ballerino, quando un’ombra scura apparve sul muro del terrazzo e quella figura pareva dirigersi proprio verso di lei con passo spedito. Non ebbe il tempo di rendersi conto di cosa stava succedendo, la nonna era già lì. Con fare deciso la prese per un braccio, la divise dal ballerino e la schiaffeggiò davanti a tutti, intimandole a voce alta di andare subito a casa perché il campanile aveva già battuto le ore. La povera Lucetta si vergognò così tanto che per più di una settimana non uscì di casa alla sera. Quando ebbe la forza di ritornare con gli amici scoprì che il suo ballerino del cuore aveva preferito un’altra ragazza e ballava sempre con quella, chissà forse si era precedentemente informato e aveva saputo che lei non aveva più la nonna… Così andavano le cose nei primi anni sessanta. Pagina | 2 L’A N G O L O D E L L A S T O R I A Fontane di Genova di Igina Righi D’Alessio I barchî I barchî són fontànn-e òrne da un monuménto Peschëa a l’è a vasca grànde o picìnetta Fontana in italiano proviene dal latino fons- fontis acqua di fonte A Genova non ci sono molte piazze spaziose, così le fontane sovrastate da un monumento (in genovese dette Barchî) son state fatte a candelabro con la vasca sottostante piuttosto piccoletta (Peschëa). Sono in stile barocco, perché nel ‘6OO Genova era una città benestante per la sua stabilità politica , e i suoi traffici marittimi. Questa situazione favorevole ha fatto si che il Governo della Repubblica facesse collocare delle fontane artistiche in alcune piazze della città di allora( drento a – e miâge antighe): Anche i ricchi genovesi facevano adornare i loro giardini con ninfee, fontane o mascheroni(che in dialetto si chiamavano (faccia ch’a càccia ægoa) queste fontane sono state spesso itineranti ,secondo il bisogno dei cittadini..Quando le venditrici di ortaggi ( bezagninn-e)si spostavano nelle varie piazzette, avendo bisogno di acqua anche le fontane venivano rimosse. Ora ne ricordiamo qualcuna: La fontana di p,zza Marsala è del 1536, costruita in marmo bianco in forma ottagonale con il pilastrino formato da tre eleganti delfini intrecciati, dai tre scultori Dalla Porta(padre e figlio) e il socio Nicolò Corte Nei vari spostamenti questo monumento è stato un po’ modificato, ma ancora oggi è molto bello. Subito fu collocato nella P;zza Nuova (ora Matteotti) dopo in piazza S:Domenico (De Ferrari) ancora all’Acquasola e infine dove è attualmente. La fontana che dal 1870 è collocata in Piazza Bandiera (purtroppo soffocata da macchine e motorini parcheggiati) in origine era in Piazza Soziglia, di marmo bianco ornata sulla sommità da una bella sirena scolpita dallo scultore Taddeo Carlone nel 1578.:Quando fu trasferita in Piazza Lavagna la sirena scomparve. Il barchile fu ulteriormente trasferito in piazza Fossatello e nel 1726 il carrarese Francesco Baracca scolpì il bellissimo gruppo marmoreo di Enea in fuga dall’Egitto, col padre Anchise e il figlio Ascanio ,che prese il posto della sirena L’ultimo trasferimento è stato per porla dov’è attualmente. Risale al 1643 la costruzione della fontana detta Barchile di Ponticello in marmo bianco, lavorato dallo scultore Gio, Mazzetti .Come base è un cubo sul quale è scolpito lo stemma della città.,su cui poggia il fusto arabescato dove è adagiata una vasca da cui esce dell’acqua dalle bocche di testa di ariete, mentre un putto in alto al centro soffia l’acqua da una conchiglia. Anche questo barchile ha cambiato diverse volte sede e anche nome. Da barchile delle camalle (donne robuste che portavano l’acqua nelle case patrizie che non avevano il pozzo. Barchile delle bûgaixe dove le donne lavavano i panni dei ricchi. Pagina | 3 (continua…..) NOTIZIE DALL’ASSOCIAZIONE Mercoledì 21 novembre alla scoperta di Milano di Rita Moratto (coordinatrice del Comitato Gite) Quando parliamo di città d’arte pensiamo a Firenze, Roma, Venezia, certamente non a Milano e questo è un grosso errore. Abbiamo deciso inizialmente di scegliere questa città per un nostro viaggio solamente perché qualcuno voleva vedere il cenacolo vinciano e non avevamo considerato la mostra su Picasso che si teneva a palazzo Reale e che per la prima volta, vedeva la presenza di opere del pittore mai uscite dal “Musèe Picasso” di Parigi. Nella prima settimana di uscita del volantino i posti erano tutti esauriti e avevamo anche una lunga lista di attesa di persone che speravano di potersi inserire anche all’ultimo momento. Il problema relativo ad un gruppo così ristretto (25 persone) derivava dal fatto che la prenotazione al cenacolo, dopo mille difficoltà, era stata accettata in sostituzione di un gruppo di 25 persone ultra sessantacinquenni che avevano rinunciato. Dunque l’impossibilità ad aggiungerne altri. Finalmente, organizzato il viaggio, siamo partiti e Milano ci attendeva con una splendida giornata di sole, aria tiepida e niente nebbia. Siamo arrivati in via Verdi al lato del teatro della Scala e, dopo aver ammirato la meravigliosa piazza ottocentesca con Palazzo Marino, ci siamo diretti verso il duomo attraversando la galleria Vittorio Emanuele, con tutti i suoi eleganti negozi e caffè esclusivi. Abbiamo visitato il duomo soffermandoci nei punti che avevamo indicato e descritto durante il viaggio. La tomba del Cardinale Martini ci ha commossi per la presenza continua di fedeli in preghiera, ma oltre a questa le numerose opere d’arte le grandi vetrate istoriate con la vita dei santi mantenevano all’interno della chiesa un’atmosfera di beatitudine che ci spingeva a rimanere ignari del tempo. All’uscita dal Duomo abbiamo raggiunto Palazzo Reale per la visita alla mostra di Picasso, la guida che ci attendeva e che ci ha accompagnati è stata eccezionale nell’esposizione dei contenuti delle opere esposte riuscendo a farci capire correnti pittoriche quali il cubismo. All’uscita della mostra avevamo poco più di un’ora di tempo per poter mangiare qualcosa in uno dei numerosi bar, che si trovavano nella zona, ma la maggior parte di noi si è diretta verso la Rinascente dove sulla terrazza del settimo piano c’è un famoso bar ristorante le cui vetrate danno direttamente sulle guglie del Duomo. Alle sedici eravamo già di fronte all’ingresso del cenacolo e poiché dovevamo attendere prima di poter entrare un gruppo di noi si è recato a visitare la Chiesa di San Maurizio; la Cappella Sistina del nord. L’emozione riportata di fronte a tale bellezza è valsa la pena del viaggio a Milano. Dopo essere entrati a visitare il cenacolo in un’atmosfera irreale per le precauzioni di estrema sicurezza abbiamo capito perché fosse così difficile avere delle prenotazioni per questo sito artistico la cui bellezza è davvero divina! In perfetto orario siamo arrivati a Genova alle 19.30, perfetto il pullman,, l’autista e l’accompagnamento, per non parlare della compagnia e dell’atmosfera che si è creata fra di noi facendoci sentire come una grande famiglia. Vi aspettiamo per le prossime gite!! Redazione: Enrico Gambetta,Massimo Repetto, Igina Righi Pagina | 4 Stampata dalla tipografia tipolito Macciò