Cemento armato precompresso

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Cemento armato precompresso
Università degli Studi della Basilicata
Facoltà di Ingegneria
Corso di
TECNICA DELLE COSTRUZIONI
APPUNTI SUL CEMENTO ARMATO PRECOMPRESSO
Docente:
Prof. Ing. Angelo MASI
Collaboratori:
Dr. Ing. Giuseppe Santarsiero
Ing. Vincenzo Manfredi
Ing. Andrea Digrisolo
Il cemento armato precompresso
1. Principi di funzionamento
Nelle analisi delle sezioni in cemento armato ordinario (c.a.) in genere si trascura il contributo della
parte di calcestruzzo teso e, di conseguenza, le sezioni sottoposte a flessione si considerano
parzializzate con la sola parte di calcestruzzo compresso reagente.
Affinché una sezione di calcestruzzo possa essere ritenuta completamente reagente è necessario,
quindi, ridurre o eliminare le tensioni di trazione. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso la
creazione di un opportuno stato di precompressione delle sezioni che, sovrapposto a quello indotto
dai carichi di esercizio, riduca o annulli in ogni punto le tensioni di trazione, così evitando la
parzializzazione della sezione. Tale coazione può essere realizzata attraverso un sistema di forze –
sia interne sia esterne – concentrate in alcuni punti o distribuite lungo l’elemento. Per gli elementi
in c.a., in genere, la presollecitazione è conferita attraverso le stesse barre di armatura che per
aderenza conferiscono alle sezioni di cls lo stato di coazione. La precompressione applicata alle
sezioni in cemento armato ha, pertanto, lo scopo di compensare o almeno ridurre le deficienze del
cls e pertanto il cemento armato precompresso (c.a.p.) può essere considerato un’evoluzione
tecnologica del c.a. normale.
Per comprendere al meglio i vantaggi dello stato di coazione sulle sezioni, ed in particolare quelle
in calcestruzzo, si faccia riferimento al concio di trave assunta omogenea ed isotropa sottoposta ad
un momento flettente M (fig. 1). In ogni sezione la distribuzione delle tensioni normali assume il
classico andamento “a farfalla” con valori nulli in corrispondenza dell’asse neutro e valori massimi
di trazione e di compressione agli estremi della sezione.
Figura 1: diagramma delle tensioni in una generica sezione della trave soggetta a flessione semplice.
Se sommiamo allo stato tensionale prodotto dalla sola flessione quello di uno sforzo normale
centrato di compressione (la cui distribuzione delle tensioni normali è costante all’interno della
sezione) otteniamo una riduzione delle tensioni di trazione ed un aumento di quelle di
compressione. In particolare se applichiamo un valore dello sforzo normale di compressione tale da
annullare completamente le tensioni di trazione la distribuzione delle tensioni normali assume un
andamento triangolare con valore massimo di compressione doppio rispetto al solo caso di flessione
semplice (fig. 2).
Figura 2: diagramma delle tensioni in una generica sezione della trave soggetta a flessione semplice e sforzo assiale.
Per ovviare all’incremento delle tensioni di compressione la forza N potrebbe essere applicata nel
punto inferiore Ei del nocciolo centrale d’inerzia: infatti nel caso di sforzo normale con centro di
pressione collocato sul contorno del nocciolo l’asse neutro risulta tangente al bordo superiore della
sezione che risulta completamente compressa con una distribuzione delle tensioni triangolare con
valore massimo al lembo inferiore (fig. 3).
Figura 3: diagramma delle tensioni in una generica sezione della trave soggetta a flessione semplice e sforzo normale
applicato nel punto di nocciolo inferiore Ei.
Sommando lo stato tensionale prodotto dallo sforzo normale eccentrico N con quello del momento
flettente M risultano nulle le σ di trazione mentre risultano invariate quelle di compressione al
lembo superiore.
Dal punto di vista teorico i vantaggi offerti dallo stato di precompressione applicata alle sezioni
inflesse erano noti da molto tempo, ma l’applicazione pratica sugli elementi in c.a. è diventata
realizzabile solo da alcune decine di anni, quando il progresso tecnologico ha fornito barre di
acciaio ad elevata tensione di rottura. Infatti la coazione è applicata attraverso le barre di armatura
stesse, le quali, sono poste in trazione e trasferiscono per contrasto tra due punti delle travi (in
genere gli estremi) o per aderenza lungo un tratto dell’elemento (in genere l’intero sviluppo
dell’elemento) lo stato di precompressione alle sezioni della trave. Le barre per cemento armato
precompresso devono pertanto essere in grado di resistere sia agli sforzi di trazione necessarie per
conferire lo stato di coazione alle sezioni di calcestruzzo sia quelli derivanti dalle sollecitazioni per
carichi di esercizio.
In considerazione del principio di funzionamento degli elementi in c.a.p. appare, quindi, necessario
garantire nel tempo la presenza della forza di precompressione la quale, in particolare a causa delle
proprietà reologiche del calcestruzzo, potrebbe tendere a scomparire o a ridursi nel tempo
determinando una condizione di lavoro non più sicura. Infatti il cls è soggetto a fenomeni di
deformazione lenta sia spontanea (ritiro) sia sotto carico (variazioni di deformazione a tensione
costante, fluage) che influenzano e modificano l’entità della coazione impressa. Inoltre i cavi di
acciaio utilizzati per la precompressione sono soggetti al fenomeno del rilassamento, cioè subiscono
una variazione di tensione a deformazione costante, fenomeno duale a quello del fluage nel cls. Il
complesso dei fenomeni produce, in definitiva, una perdita di tensione dell’acciaio e, quindi, una
variazione dello stato di coazione nel tempo che è necessario valutare accuratamente.
Vediamo in dettaglio come avvengono le cadute di tensione.
Dopo il getto il cls è soggetto al ritiro che produce una riduzione delle dimensioni dell’elemento
strutturale; se questo è sottoposto ad azioni di precompressione il cavo subisce i medesimi
accorciamenti rispetto alla condizione deformata iniziale (si “de-trae”) e pertanto si riduce lo stato
tensionale indotto. Lo stesso risultato si ottiene anche per gli effetti dovuti alla viscosità del cls.
Nella figura 4 è rappresentato il comportamento di un elemento di calcestruzzo sotto l’applicazione
di un carico costante (P) nel tempo. L’applicazione del carico P al tempo t = 0 comporta una
deformazione istantanea ε0 alla quale si sommerà la deformazione differita nel tempo ε1 = ε(t).
Figura 4: deformazione sotto carico costante di un elemento in calcestruzzo
Se si assimila la forza P alla forza di precompressione trasferita dalle armature si riconosce che alla
riduzione delle deformazioni per fenomeni lenti del cls si ha anche la riduzione delle deformazioni
dell’acciaio e quindi una riduzione della forza di tiro con la conseguente riduzione delle tensioni di
precompressione sul cls.
Per chiarire meglio questo concetto potrebbe risultare utile il seguente esempio: immaginiamo di
avere un mazzo di fogli tenuti insieme da un elastico. Se eliminiamo alcuni fogli si riduce lo
spessore e di conseguenza si ha una riduzione dell’allungamento (“de-trazione”) della molla e
quindi una riduzione della forza trasferita ai fogli dalla molla fino al punto che i fogli possono
separarsi e cadere.
Le perdite di tensione possono essere prodotte anche a causa del rilassamento dell’acciaio.
In figura 5 è riportato l’esempio di un cavo di acciaio teso. Lo sforzo sull’acciaio è funzione
dell’allungamento ε prodotto dalla forza F; la ε si riduce per effetto del ritiro o del fluage del
calcestruzzo allora si ridurranno anche le σ nell’acciaio e quindi l’effetto favorevole della
precompressione. Per annullare le deformazioni dell’acciaio possiamo bloccare la barra (situazione
2 di fig. 5) impedendo le variazioni di lunghezza ottenendo Δε(t>0) = 0. In questo caso però si
assiste ad una riduzione delle σ sull’acciaio per effetto della caduta di tensione Δσs costante per
rilassamento (situazione 3 di fig. 5).
Figura 5: 1) deformazioni sotto carico costante, 2) deformazioni impedite; 3) caduta di tensione per rilassamento nell’acciaio.
Per effetto delle cadute di tensione (riduzione delle σs per effetto del ritiro, fluage, rilassamento)
emerge come lo stato di pressoflessione non possa essere mai ritenuto costante nel tempo.
Il rendimento η della precompressione può essere valutato attraverso il rapporto tra le cadute di
tensione Δσs complessive e la tensione iniziale nelle barre σsi :
dove εsi = σsi/E è la deformazione iniziale, Δε1 = Δσs/E = λ = (Δεs)ritiro+fluage + (Δεs)rilassamento
rappresenta la deformazione totale conseguente a tutte le cadute di tensione che possono verificarsi
nell’acciaio utilizzato per la precompressione, E è il modulo di elasticità normale.
Attribuendo principalmente al ritiro e al fluage la variazione di deformazione che provoca le cadute
di tensione, si può assumere in maniera approssimata un valore di λ pari a circa 0.25·10-3.
A titolo di esempio, valutiamo il rendimento di due
acciai differenti.
Acciaio da c.a. normale (B450C)
Figura 6: legame σ-ε di un acciaio normale
Acciaio armonico (trefoli)
Figura 7: legame σ-ε di un acciaio armonico
Usando un normale acciaio da c.a. (B450C) abbiamo ottenuto un rendimento η1 =0.87. Per
aumentare il rendimento η bisogna far crescere il valore della deformazione iniziale εsi impressa
all’acciaio per la precompressione, utilizzando un acciaio ad alta resistenza come l’acciaio
armonico nel quale si può arrivare a tensioni di snervamento fy prossimi a 2000 N/mm2 e, poiché il
modulo elastico è costante per tutti i tipi di acciaio, può essere teso con valori di deformazione
iniziale maggiori rispetto a quello per c.a. normale. In questo caso il rendimento è pari a η2 = 0.96.
In ogni caso, per ottenere il valore finale dello sforzo di precompressione N sarà necessario
applicare inizialmente un valore maggiore N0, il cui valore è funzione del rendimento ottenibile:
N0 = β·N
dove β > 1 dipende dall’entità delle cadute di tensione.
2. Sistemi costruttivi
Vediamo quali sono le soluzioni tecnologiche per imprimere uno stato di coazione ad una trave in
calcestruzzo.
Affinché gli elementi di acciaio possano formare un sistema di forze applicate all’elemento di
calcestruzzo occorre che siano messi in trazione e poi collegati in qualche modo al conglomerato, in
modo da trasferire il proprio sforzo di trazione che diventa di compressione sul calcestruzzo.
Nella pratica vengono utilizzati essenzialmente due procedure (tabella 1):
Tecnica di realizzazione Tempo di tesatura
armatura pre-tesa
A fili aderenti
armatura post-tesa
B cavi scorrevoli
Tabella 1: sistemi di precompressione.
Nel seguito sono illustrate brevemente le fasi di realizzazione dei due sistemi prima menzionati.
A) SISTEMA A FILI ADERENTI (armature pre-tese)
A1) Si prepara la cassaforma nella quale dovrà, poi, essere gettato il calcestruzzo;
A2) Si dispongono nella cassaforma vuota le trecce metalliche (o i trefoli o i fili con tacche per
elevarne la resistenza);
A3) Si mettono in tensione le armature con dispositivi esterni alle testate della cassaforma. Ad
esempio ad una estremità le armature saranno ancorate ad un blocco fisso ed all’altra saranno
collegate ad un elemento mobile (martinetto) in grado di metterle in trazione ad una tensione
prestabilita e tale da ottenere lo sforzo di precompressione iniziale N0 = βN;
A4) Si esegue il getto di calcestruzzo nella cassaforma;
A5) Si attende il tempo necessario affinché il calcestruzzo raggiunga la resistenza necessaria per
sopportare la coazione preventivata;
A6) Si sbloccano le estremità delle armature dai blocchi terminali: le armature tendono ad
accorciarsi per riportarsi allo stato indeformato, ma essendo collegate per aderenza al calcestruzzo
in cui sono inserite, ne sono parzialmente impedite e imprimono una coazione al calcestruzzo, il
quale è costretto ad accorciarsi fino a raggiungere uno stato tensionale la cui risultante risulti uguale
ed opposta alla forza fornita dalle armature.
Figura 8: fasi di realizzazione di una trave in c.a.p. a fili aderenti.
Si noti che la tensione nelle armature, nella condizione di equilibrio raggiunta (già nelle fasi
immediatamente successive alla messa in carico dell’elemento), è minore di quella iniziale perché
anche esse si saranno accorciate della stessa quantità δ del calcestruzzo (fig. 9).
Figura 9: riduzione della tensione nell’acciaio.
B) SISTEMA A CAVI SCORREVOLI (armature post-tese)
Figura 10: fasi di realizzazione di una trave in c.a.p. a cavi scorrevoli.
B1) Si prepara la cassaforma;
B2) Si dispongono in essa i cavi contenuti in apposite guaine tubolari;
B3) Si infilano alle estremità dei cavi gli apparecchi di ancoraggio (spesso chiamati “coni di
ancoraggio”) che serviranno, in un secondo tempo, a bloccare i fili messi in tensione ed a trasferire
le forze di coazione al calcestruzzo;
B4) Si esegue il getto di calcestruzzo sulla cassaforma;
B5) Si attende che il calcestruzzo raggiunga la resistenza necessaria per poter assorbire le tensioni
dovute alla precompressione con il margine di sicurezza prescritto dalle norme;
B6) Si mettono in tiro i cavi mediante martinetti ed una struttura di contrasto (cosa possibile perché
essi possono scorrere liberamente nelle guaine in cui non può penetrare il calcestruzzo) fino al
valore di tensione previsto;
B7) Si procede al bloccaggio dei fili, di cui sono costituiti i cavi, con l’utilizzo di dispositivi di
ancoraggio, in genere a cuneo, ma in realtà esistono diversi brevetti in circolazione;
B8) Si sbloccano i cavi dal martinetto e dalla struttura di contrasto;
B9) Si inietta malta in pressione nelle guaine per proteggere i cavi.
Si noti che con il procedimento della post-tensione, a differenza di quanto accade nel caso della pretensione, si ha sempre uguaglianza tra sforzo nell’acciaio e nel cls, in quanto le deformazioni nel cls
avvengono durante le operazioni di tesatura e non successivamente ad essa. La tesatura può quindi
essere regolata man mano in base alle deformazioni del calcestruzzo. L’operazione di tesatura, che
richiede sempre l’utilizzo di due o più martinetti, può avvenire da entrambe le estremità del cavo,
usando due martinetti contemporaneamente, oppure da una parte sola, dopo aver preventivamente
bloccato l’ancoraggio opposto.
È importante sottolineare che le tensioni di trazione che vogliamo eliminare con la precompressione
sono dovute al momento flettente il quale, in genere, varierà sezione per sezione: un solo cavo ad
andamento rettilineo disposto in corrispondenza del punto di nocciolo inferiore non raggiungerebbe
lo scopo in maniera efficace. Quindi è più razionale sagomare opportunamente il cavo di
precompressione lungo la trave.
Figura 11:sistema di bloccaggio FREYSSINET.
Nella zona di ancoraggio si ha una forza concentrata che va contrastata efficacemente per evitare
problemi locali di schiacciamento o rotture localizzate. In tale zona si realizza un alloggiamento per
il cavo con cls ad elevatissima resistenza e si dispone un’apposita armatura detta di frettaggio.
La forza concentrata trasmessa dal cavo si può ritenere distribuita nell’intera sezione trasversale
(σmed = N/A) ad una certa distanza de che è la cosiddetta distanza di estinzione alla De Saint-Venant
(che nelle sezione rettangolari vale circa de ≈ H).
Anche nel sistema a fili aderenti vi è un tratto iniziale in cui la tensione è variabile in funzione
dell’ascissa. Inoltre, poiché la coazione viene man mano trasmessa dall’acciaio al cls tramite
aderenza, lo sforzo di precompressione N assume il suo valore Nfinale solo ad una certa distanza
dalla base libera dell’elemento strutturale (fig. 12).
Figura 12: trasferimento dello sforzo N dall’acciaio al cls nel caso di fili aderenti.
Nel sistema ad armature pre-tese quando il cavo viene sganciato dai contrasti e scarica la sua azione
nel cls della trave si determina una istantanea deformazione elastica nel cls che provoca una
maggiore caduta di tensione rispetto al sistema a cavi scorrevoli nel quale, al contrario, è possibile,
dopo che la trave ha subito tale deformazione istantanea ε0 tirare di nuovo i cavi in modo da
recuperare quasi completamente la deformazione istantanea (fig. 13).
Figura 13: deformazioni nel sistema a fili aderenti e a cavi scorrevoli.
In genere si ha che:
Il sistema a fili aderenti si utilizza per la realizzazione di elementi precompressi prefabbricati (i
classici travetti in precompresso utilizzati per i solai), invece il sistema a cavi scorrevoli si utilizza
per le strutture da gettare in opera.
Infatti il sistema a fili aderenti ha l’inconveniente di immobilizzare le attrezzature per tutto il tempo
di maturazione del calcestruzzo e di rendere obbligatorio l’uso dei cavi rettilinei, cosa che rende tale
sistema idoneo ad essere realizzato in lunghi banchi di pretensione (fino a 100 m) da cui si
ottengono, per taglio successivo, gli elementi costruttivi. Inoltre se si volesse adoperare tale sistema
sul cantiere, si dovrebbero mettere in tensione i cavi ancorandoli sulle casseforme le quali
dovrebbero risultare particolarmente rigide e resistenti e quindi molto onerose. Ci sarebbe anche
una notevole difficoltà nel realizzare una robusta struttura di contrasto quando si è costretti a
lavorare a diverse decine di metri di altezza.
I materiali
I materiali usati per realizzare elementi in cemento armato precompresso hanno caratteristiche
meccaniche superiori rispetto a quelli comunemente usati nel cemento armato ordinario. Così, per
quanto riguarda il calcestruzzo, considerazioni tecnologiche e di durabilità portano ad utilizzare
calcestruzzi di classe più elevata rispetto al c.a. normale (da C28/35 a C50/60).
Acciaio da precompresso
L’acciaio per strutture precompresse è di tipo armonico e viene realizzato in fili, trecce, trefoli e
barre (fig. 1).
Figura 14: tipologia di acciai usati nella precompressione
Poiché negli acciai armonici il fenomeno dello snervamento è meno evidente (fig. 2), ai fini della
classificazione del materiale, vengono assunti dei valori convenzionali (fig. 3) che sono le tensioni
allo 0.1% di deformazione residua (fp(0,1)), per i fili, e la tensione corrispondente all’1% di
deformazione totale (fp(1)) per trecce e trefoli. In tabella 1 sono riportati le caratteristiche
meccaniche minime previste dalla NTC-08 per gli acciai da precompresso.
Figura 15: diagramma σ-ε di acciai normali ed armonici.
Figura 16: limiti convenzionali di snervamento di un acciaio armonico
Tabella 1: caratteristiche meccaniche degli acciai da precompressione.
Fasi costruttive
Le varie fasi costruttive dell’elemento precompresso corrispondono ad altrettanti stadi di
comportamento che vanno tutti portati in conto nella fase di progettazione.
Malgrado la semplicità delle calcolazioni richieste (come si vedrà in seguito), derivante
essenzialmente dal fatto che la sezione può essere considerata interamente reagente, la
progettazione delle opere in c.a.p. richiede consapevolezza e senso di responsabilità ancora
maggiori di quelli richiesti per il c.a. normale. Infatti la non appropriata introduzione di stati di
coazione può risultare dannosa; inoltre le fasi costruttive sono più numerose e richiedono ciascuna
la scrupolosa valutazione dei carichi, delle condizione di vincolo e le conseguenti verifiche di
sicurezza.
La precompressione trova la sua più naturale condizione di applicazione nel caso di strutture
isostatiche. In genere si tratta di travi (da ponti o di copertura) semplicemente appoggiate sulle
strutture verticali. In questo caso la precompressione, come tutte le coazioni, non produce
sollecitazioni reattive come accadrebbe invece nel caso di strutture iperstatiche.
Nel seguito sono riportate le diverse fasi di realizzazione con la descrizione dello stato tensionale.
0. FASE DI TIRO (t = 0)
La fase di tiro rappresenta la fase in cui il cavo, inizialmente messo in trazione, viene rilasciato. Dal
momento del rilascio il cavo tende ad accorciarsi per riportarsi nella sua posizione iniziale, ma tale
accorciamento è impedito dalla presenza del calcestruzzo (ossia dall’aderenza acciaio-cls nel caso
di cavi aderenti, o dal bloccaggio alle estremità della trave nel caso di cavi post tesi). Questa
impossibilità ad accorciarsi si traduce in un trasferimento di sforzi dall’acciaio al calcestruzzo e di
conseguenza alla sezione la quale risulta soggetta ad uno sforzo di compressione. Lo stato
tensionale di una generica sezione dipende molto dalla posizione in cui viene collocato il cavo: per
un cavo posizionato in modo eccentrico si genera uno stato tensionale di presso-flessione (figura 4),
dove βN è il valore dello sforzo di tiro iniziale, β > 1 è il coefficiente che porta in conto le cadute di
tensione, A0 l’area della sezione di cls, e0 l’eccentricità del punto di applicazione dello sforzo di
compressione rispetto al baricentro, W0s e W0i i moduli di resistenza della sezione valutati
all’estremo superiore ed inferiore, rispettivamente.
Figura 17: tensioni dovute al rilascio del cavo.
Poiché si tratta di una fase transitoria si ritengono accettabili tassi di lavoro maggiori di quelli
previsti a regime. In tal senso il p.to 4.1.8.1.4 delle NTC 2008 prescrive che all’atto della
precompressione le tensioni di compressione non debbono superare il valore:
σc < 0,70 fckj,
essendo fckj la resistenza caratteristica del calcestruzzo a j giorni di maturazione (all’atto del tiro).
Inoltre, nella zona di ancoraggio delle armature si possono tollerare compressioni locali σc prodotte
dagli apparecchi di ancoraggio pari a:
σc < 0,90 fckj.
Per quanto riguarda l’acciaio da precompressione la norma prescrive che le tensioni iniziali all’atto
della tesatura dei cavi debbano rispettare la più restrittiva delle seguenti limitazioni:
σspi < 0,85 fp(0,1)k
σspi < 0,75 fptk
per armatura post-tesa
σspi < 0,80 fptk
σspi < 0,90 fp(0,1)k
dove fptk è la tensione caratteristica di rottura.
per armatura pre-tesa
FASE INTERMEDIA
Nella fase intermedia la trave è sottoposta agli sforzi di precompressione (in assenza delle cadute di
tensione) e alle sollecitazioni dovute ai carichi permanenti. Ipotizzando uno schema di trave
appoggiata-appogiata di lunghezza l, il massimo valore del momento agente dovuto ai carichi
gravitazionale (sono presenti in questa fase i soli permanenti strutturali G1, per cui parliamo di
momento Mmin) vale:
Mmin = (G1 l2)/ 8
In figura 5 sono riportate le distribuzioni delle tensioni normali relative alle diverse sollecitazioni.
Figura 5: stato tensionale dovuto alla precompressione più carichi gravitazionali.
Siccome vale il principio di sovrapposizione degli effetti le tensioni all’estremo superiore σ0s e
inferiore σ0i sono valutabili attraverso le seguenti espressioni:
1. FASE DI ESERCIZIO (t = ∞)
Nella fase di esercizio la trave è sottoposta a sforzi di precompressione (la cui forza di tiro N è
ridotta in considerazione delle avvenute cadute di tensione per deformazioni lente e rilassamento) e
alle sollecitazioni generate dalla presenza dei carichi permanenti strutturali G e quelli variabili Q (o
di esercizio). Per lo schema precedentemente descritto il massimo valore del momento agente (sono
presenti in questa fase sia i carichi permanenti G che quelli di esercizio Q, per cui parliamo di
momento Mmax) vale:
Mmax = ((G + Q) l2)/ 8
In figura 6 sono riportate le distribuzioni delle tensioni normali della sezione maggiormente
sollecitata.
Il carico di precompressione vale N con eccentricità “e”. Tale eccentricità è variata rispetto alla fase
di tiro (e0) perché nel sistema a cavi scorrevoli va considerato anche il contributo dell’area di ferro
omogeneizzata.
Figura 6: stato tensionale in fase di esercizio.
Le tensioni agli estremi sono valutate come somma dello stato tensionale indotto dalle diverse
sollecitazione (principio di sovrapposizione degli effetti):
Le norme NTC-08 prevedono per le strutture in c.a.p il rispetto di ulteriori norme oltre a quelle
imposte per il c.a ordinario. Per quanto riguarda le tensioni di esercizio nel calcestruzzo a cadute di
tensione avvenute, al p.to 4.1.8.1.3. delle NTC 2008 è prescritto che: “non sono ammesse tensioni di
trazione ai lembi nelle strutture costruite per conci prefabbricati, quando non sia possibile disporre
l’armatura ordinaria che assorbe lo sforzo di trazione”.
Quindi, nel caso vi sia trazione, questa deve essere integralmente assorbita da una idonea armatura
ad aderenza migliorata comunemente adoperata nel c.a. ordinario.
In alcuni casi la trazione non è consentita (ad es. in presenza di ambienti aggressivi per il rischio di
corrosione delle armature) sotto l’effetto di soli carichi permanenti e in tutti i casi in cui la presenza
di trazione può compromettere il buon comportamento delle strutture. In linea generale è preferibile
avere in condizioni di esercizio un diagramma con tensioni di trazione nulle.
Inoltre, la massima tensione di compressione del calcestruzzo σc deve rispettare la limitazione
seguente (paragrafo 4.1.2.2.5):
σc < 0,60 fck per combinazione caratteristica (rara)
σc < 0,45 fck per combinazione quasi permanente