Cassazione civile, SEZIONE LAVORO, 28 dicembre 1996, n. 11546
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Cassazione civile, SEZIONE LAVORO, 28 dicembre 1996, n. 11546
Cassazione civile, SEZIONE LAVORO, 28 dicembre 1996, n. 11546 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati: Dott. Sergio LANNI Presidente Dott. Alberto EULA Consigliere Dott. Sergio MATTONE Consigliere Dott. Vincenzo CASTIGLIONE Consigliere Dott. Guido VIDIRI Rel. Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da GM CARTOTECNICA DI GASPARRINI G e C SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CATANZARO 9, presso lo studio dell'avvocato PAPADIA A. M., rappresentata e difesa dall'avvocato CLAUDIO FEDECOSTANTE, giusta delega in atti; Ricorrente contro INPS, ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17, presso gli avvocati LEONARDO LIRONCURTI, FULVIO PALMIERI, che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale del Notaio Franco Lupo di Roma del 27-4-94 repertorio n. 24075. Resistente avverso la sentenza n. 395-93 del Tribunale di MACERATA, depositata il 16-12193 n.r.g. 27-92 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08-10-96 dal Relatore Consigliere Dott. Guido VIDIRI; udito l'Avvocato Correra per delega Lironcurti; udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. Franco MOROZZO DELLA ROCCA che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri. Fatto Con sentenza del 28 gennaio 1992 il Pretore di Macerata respingeva la domanda di opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla s.n.c. Cartotecnica nei confronti dell'INPS che le aveva intimato con detto decreto il pagamento della somma di lire 9.507.971 a titolo di contributi non pagati e somme aggiuntive a seguito di accertamento ispettivo dal quale era emerso che nei confronti di due dipendenti della società (Enrico Menghini e Milena Ciucciomei) era stata dalla società stessa erogata una paga inferiore a quella prevista dalla contrattazione collettiva applicabile al settore ed inoltre ad uno dei due dipendenti (Milena Ciucciomei) non erano stati regolarmente corrisposti gli scatti di anzianità. A parere del primo giudice non poteva riconoscersi il diritto della società alla defiscalizzazione degli oneri sociali ai sensi della legge n. 782 del 1980, e pertanto l'INPS aveva diritto al recupero dei relativi contributi. Avverso tale decisione la società proponeva gravame ed il Tribunale di Macerata con sentenza del 16 dicembre 1993 rigettava l'appello e condannava la società al pagamento delle spese del giudizio. Nel pervenire a tale conclusione il Tribunale osservava che era infondata la tesi, sostenuta dalla società, secondo la quale non riscontrandosi uno specifico contratto collettivo per il settore cartotecnico artigiano, nel quale operava, doveva ad essa applicarsi il contratto collettivo per le piccole e medie imprese metalmeccaniche, ai cui parametri retributivi erano stati commisurate, infatti, le spettanze dei dipendenti. Deduceva al riguardo il Tribunale, rigettando appunto la suddetta tesi, che l'affinità (o meglio) l'identità del comparto tecnico-produttivo (lavorazione carta ed affini) consentiva di superare, nel caso di specie, le differenze tra il settore artigiano e quello industriale, dovendo in tal senso far propendere il disposto dell'art. 2070 c.c., primo comma, c.c., secondo cui la "categoria" professionale (categoria, e non settore) si determina, ai fini dell'applicazione del contratto collettivo, secondo l'attività effettivamente esercitata dall'imprenditore. Aggiungeva ancora il giudice d'appello che non risultava fondato neanche l'ulteriore assunto della società secondo cui dall'esame comparato delle retribuzioni versate ai dipendenti e quelle previste dal contratto di cui si invocava l'applicazione era riscontrabile una perfetta identità, fatta eccezione per la Ciucciomei per i mesi di luglio-ottobre 1985. Ed invero, osservava il Tribunale, la società aveva in realtà ammesso la corresponsione alla dipendente di una retribuzione inferiore rispetto al contratto collettivo dell'industria cartolare e per di più era rimasta inadempiente in primo grado all'ordine di esibizione dei libri paga. Da tale condotta imprenditoriale conseguiva, in applicazione dell'art. 1 della legge 28 novembre 1980 n. 782, il diniego del richiesto beneficio della fiscalizzazione, che va disconosciuto anche quando sono riservati ad alcuni soltanto dei dipendenti trattamenti economici inferiori a quelli minimi previsti da contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Avverso tale sentenza la s.n.c. Cartotecnica di Gasparrini Gino e C. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. L'INPS si è costituita con la sola procura. Diritto Con il primo motivo la ricorrente società denunzia violazione ed erronea applicazione dell'art. 1 della legge 28 novembre 1980 n. 782. Più specificamente la ricorrente lamenta che il Tribunale non ha tenuto conto della ratio dell'art. 1 della legge n. 782-1980, che è quella di sostenere la competitività del sistema produttivo. Pertanto, in ragione di tale finalità, non poteva equipararsi al settore industriale, il settore dell'artigianato, che difetta di tutte le condizioni organizzative, finanziarie, economiche ed in genere strutturali, che permettono solo ad una azienda di natura industriale di assicurare trattamenti economici più elevati ai dipendenti. Dove sussistesse l'obbligo per le imprese artigiane della carta di applicare il contratto collettivo per le imprese industriali, al fine di conseguire il beneficio contributivo, l'art. 1 della legge n. 782-1980 (quale norma applicativa) e l'art. 2070 c.c. (quale criterio determinativo delle categorie professionali) non potrebbero sottrarsi alla declaratoria di illegittimità costituzionale in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., nella parte in cui non prevedono che, in mancanza di una specifica contrattazione collettiva, possa farsi riferimento ai parametri retributivi corrispondenti ai contratti collettivi di settore, in alternativa a quelli di categoria. Se l'impresa artigiana, al fine di vedere riconosciuto il beneficio della fiscalizzazione fosse costretta a garantire ai propri dipendenti retribuzioni più elevate di quelle normalmente corrisposte nel relativo settore produttivo, la regolare competizione tra imprese subirebbe una alterazione, con danni per talune categorie e vantaggi per altre. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia motivazione contraddittoria su un punto decisivo della controversia. Sostiene infatti che una volta ritenuta l'applicazione nella regolamentazione dei rapporti lavorativi del contratto delle imprese artigiane metalmeccaniche, non poteva più essere addossato alla società alcun onere probatorio in ordine al rispetto per i suoi due dipendenti dei trattamenti minimi previsti dalla contrattazione dei metalmeccanici, risultando tale onere estraneo alla causa. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 208 e 210 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 437 c.p.c., motivazione contraddittoria su un punto decisivo della controversia nonché omessa pronuncia sempre su un punto decisivo della controversia. In particolare la ricorrente lamenta che il Tribunale ha errato nel non ammettere la prova documentale diretta a dimostrare che in ogni caso la società stessa aveva assicurato di fatto la corrispondenza tra trattamento retributivo riservato ai due dipendenti, Menghini e Ciucciomei, e trattamento minimo previsto dal contratto per le industrie cartotecniche (esibizione delle buste paghe per il periodo compreso tra le rispettive date di assunzione ed il 31 marzo 1988), sicché in tal modo era stato violato il disposto dell'art. 437, 2 comma, c.p.c., che, vietando nuove prove in grado d'appello, si riferisce alle prove costituende, e non a quelle già costituite. Con l'ultimo motivo di gravame la società lamenta, ancora una volta, motivazione contraddittoria su un punto decisivo della controversia, sostenendo che nella sentenza impugnata veniva presupposta una circostanza di fatto data per ammessa dalla parte (erogazione di contributi inferiori ai trattamenti minimi per il periodo luglio-ottobre 1985) e dall'altro venivano fatte derivare contraddittoriamente da tale circostanza conseguenze di più ampia portata, quale la defiscalizzazione degli oneri sociali in danno dell'azienda per tutta la forza lavoro e per l'intero periodo sottoposto a verifica. Il primo motivo del ricorso è fondato e, pertanto, merita accoglimento. L'art. I della legge 28 novembre 1980 n. 782 ha come finalità quella di accrescere, attraverso una riduzione del costo del lavoro indotta dalla sgravio degli oneri sociali, la competitività sui mercati delle imprese industriali ed artigiane operanti nei settori manifatturieri ed estrattivi nonché delle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico. Tale beneficio è stato però dal legislatore riconosciuto soltanto a favore di quelle imprese che garantiscono ai propri dipendenti trattamenti economici non inferiori a quelli minimi previsti dai contratti collettivi di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative o presenti in seno al CNEL. La concessione degli sgravi si è, in tal modo, condizionata al rispetto di un trattamento contrattuale minimo garantito ai dipendenti, non essendosi ritenute meritevoli di agevolazioni quelle imprese che cercano la competitività nel mercato attraverso una riduzione del costo del lavoro ottenuta tramite l'inosservanza della contrattazione collettiva ad esse applicabile (cfr. sulla ratio della legislazione in esame: Cass. 14 novembre 1989 n. 4818). È evidente, alla luce di quanto sinora detto, che per stabilire se un impresa ha diritto o meno agli sgravi occorre dapprima individuare il contratto collettivo applicabile, ed una volta conosciuto detto contratto accertare se i minimi retributivi in esso stabiliti siano stati rispettati in relazione a tutti i dipendenti (cfr. al riguardo: Cass. 23 febbraio 1995 n. 2029, anche per la precisazione che nei trattamenti economici da rispettare per usufruire degli sgravi rientrino gli adeguamenti automatici direttamente connessi al solo decorso del tempo, come gli scatti di anzianità). L'applicazione dei principi innanzi enunciati impone alcune precisazioni in relazione alle fattispecie, come quella in esame, in cui si è in presenza di una impresa artigiana, la cui attività non è regolata da una specifica contrattazione. Ed invero, in questi casi bisogna chiedersi se il diritto agli sgravi presupponga, come sostiene l'istituto resistente, necessariamente l'applicazione del contratto collettivo di lavoro riguardante il corrispondente settore industriale. Tra le parti risultano pacifiche le seguenti circostanze: la s.n.c. G.M. Cartotecnica di Gasparri Gino e C è una impresa artigiana, impegnata nella produzione del cartone e della carta; all'epoca dei fatti non sussisteva un contratto di lavoro per il settore menzionato, contratto che invece risultava essere sottoscritto per le aziende industriali; la società aveva costantemente applicato il contratto dei metalmeccanici relativo al settore artigiano. Orbene, a fronte di tali dati di fatto la società sostiene la correttezza del suo comportamento per avere applicato ai dipendenti un contratto, che presenta le maggiori affinità rispetto all'area di produzione della carta e nel contempo risponde alle tipiche esigenze del settore artigiano. Di opposto avviso è l'INPS che ritiene applicabile alla fattispecie in oggetto il disposto dell'art. 2070 comma 1, c.c., in base al quale l'appartenenza alla categoria professionale, ai fini del contratto collettivo, si determina secondo l'attività effettivamente esercitata dall'imprenditore. Tale assunto è stato fatto proprio dal Tribunale di Macerata che riferendosi, seppure "a titolo orientativo", al suddetto art. 2070 c.c., ha affermato che deve valorizzarsi nel caso in esame l'affinità, o meglio, l'identità del comparto-tecnico produttivo (lavorazione carta ed affini), che consente di superare le differenze tra il settore artigiano e quello industriale. Alla stregua di tale considerazione lo stesso Tribunale ha concluso ribadendo che la società ricorrente non ha diritto agli sgravi di cui all'art. 1 della legge n. 782 del 1980 perché non ha applicato, come doveva, ai propri dipendenti i parametri retributivi di cui al contratto collettivo per l'industria cartotecnica. La tesi seguita dal Tribunale non può essere condivisa. È noto che sull'art. 2070 c.c., e specificamente sulla sua portata ed operatività, si riscontra un contrasto in giurisprudenza. Si è infatti affermato talvolta che la suddetta norma contiene una regola inderogabile applicabile anche ai contratti post-corporativi - secondo la quale l'appartenenza alla categoria professionale si determina in base all'attività effettivamente esercitata dall'imprenditore, sicché le parti non possono convenire di sottoporre il rapporto lavorativo alla disciplina di un contratto collettivo diverso da quello applicabile ai sensi della norma stessa (a meno che il contratto individuale non risulti più favorevole per il prestatore di lavoro) (cfr. in tali sensi ex plurimis: Cass. 6 novembre 1995 n. 11554; Cass. 7 novembre 1991 n. 11867; Casa. 1 giugno 1988 n. 3712). In altre occasioni si è invece fatto riferimento all'art. 39 Cost., sostenendosi che l'individuazione del contratto collettivo vada effettuata unicamente in base all'adesione (espressa o tacita) delle parti alle associazioni stipulanti, sicché l'art. 2070 c.c. finisce per rivestire un ruolo residuale, con efficacia limitata solo ai contratti corporativi ed ai contratti efficaci erga omnes per effetto della l. 14 luglio 1959 n. 741. Ne consegue l'inapplicabilità del suddetto art. 2070 c.c. quando le parti hanno liberamente scelto il contratto collettivo destinato a disciplinare il rapporto di lavoro (cfr. ex plurimis: Cass. 9 giugno 1993 n. 6412; Cass. 30 giugno 1991 n. 976). Orbene, sia che si voglia seguire l'uno o l'altro degli indirizzi indicati, il richiamo all'art. 2070 c.c. non appare utile nella presente controversia. Ed infatti l'applicabilità della suddetta norma presuppone in ogni caso che l'attività effettivamente esercitata dall'imprenditore, corrispondente ad una categoria professionale, abbia trovato la propria regolamentazione in uno specifico contratto collettivo, che si rivolga anche allo specifico settore (ad es.: artigiano) in cui opera l'impresa. In altri termini, l'art. 2070 c.c., in ragione della sua lettera e della sua ratio, non può essere, in alcun caso, applicato per analogia, e, conseguentemente non può in alcun caso legittimare, contro la volontà delle parti, l'estensione di un contratto collettivo di categoria in un settore diverso da quello per il quale è stato stipulato e che è destinato a disciplinare. L'artigianato è stato dal legislatore sempre sottoposto ad una disciplina differenziata rispetto a quella dettata per l'industria, in ragione di sue specifiche peculiarità, quali la natura del lavoro svolto, l'attività prevalente e personale del titolare dell'impresa, le limitate dimensioni dell'impresa stessa in relazione al numero dei dipendenti. Differenze queste che non consentono, attraverso il richiamo ad "una analogia merceologica", una estensione automatica al settore artigiano del corrispondente contratto collettivo relativo all'industria. In una fattispecie sotto molti aspetti analoga a quella in esame questa Corte ha già avuto occasione di statuire che allorquando manchi un contratto collettivo specificamente stipulato per le aziende artigiane non può applicarsi quello corrispondente per il settore industriale, trattandosi di categorie contrattuali diverse (cfr. in tali sensi: Cass. 21 giugno 1988 n. 4222). A tale riguardo hanno anche ricordato come le peculiarità proprie dell'artigianato siano state riconosciute dalle parti sociali, che hanno stipulato l'accordo interconfederale del 21 febbraio 1964 per la normalizzazione delle relazioni sindacali e della situazione contrattuale del settore artigiano. Con tale accordo le confederazioni dell'artigianato (la Confederazione italiana dell'artigianato, la Confederazione nazionale dell'artigianato, la Confederazione artigiana sindacati autonomi, la Confederazione delle libere associazioni artigiani italiana) e le Confederazioni dei lavoratori (CGIL, CISL e UIL) hanno concordemente stabilito, fra l'altro che "la regolamentazione collettiva dei rapporti di lavoro nell'artigianato avverrà attraverso autonome trattative fra le confederazioni e tra le organizzazioni nazionali di categoria per le materie di rispettiva competenza", precisando altresì che "i contratti nazionali di categoria e di settore disciplineranno il rapporto di lavoro in tutti i suoi molteplici aspetti" (cfr. ancora in motivazione: Cass. 21 giugno 1988 n. 4222 cit.). Per di più se si condividesse la tesi dell'applicazione della contrattazione del settore industriale alla società ricorrente nonostante la sua natura di impresa artigiana, si andrebbe contro la stessa ratio dell'art. 1 della legge n. 782 del 1980 in quanto in luogo di incentivare la produzione si otterrebbe, per le piccole imprese, un trattamento di sfavore, che non potrebbe non influire in termini negativi sulla loro competitività, facendo altresì sorgere dubbi di legittimità sul versante dell'art. 3 Cost. L'accoglimento del primo motivo porta all'assorbimento degli altri. Per avere l'Istituto chiesto ed ottenuto l'emissione del decreto ingiuntivo sulla base dell'assunto dell'applicabilità alla società ricorrente del contratto collettivo per i dipendenti delle imprese cartografiche del settore industriale, una volta dimostrata l'inapplicabilità, per i motivi innanzi esposti, di detto contratto, non può non conseguirne l'accoglimento dell'opposizione a detto decreto, fuoriuscendo dal thema decidendum tutte le altre questioni, anche quelle attinenti al rispetto dei minimi contrattuali, oggetto del ricorso. La causa va, alla stregua del novellato disposto dell'art. 384 c.p.c., decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. La Corte, pertanto, cassa la sentenza impugnata, ed, in accoglimento dell'appello proposto avverso la sentenza del Pretore di Macerata dell'11 novembre 1991 - 28 gennaio 1992 dichiara illegittima l'intera pretesa creditoria azionata dall'INPS con ricorso monitorio del 2 maggio 1989 e per l'effetto revoca il decreto ingiuntivo emesso a carico della società Cartotecnica. In ragione della sua soccombenza l'INPS va condannato al pagamento delle spese dei giudizi di merito e di quello di legittimità liquidate, unitamente agli onorari difensivi, come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, in accoglimento dell'appello proposto avverso la sentenza del pretore di Macerata dell'11 novembre 1991 - 28 gennaio 1992, dichiara illegittima l'intera pretesa creditoria azionata dall'INPS con ricorso monitorio del 2 maggio 1989 e per l'effetto revoca il decreto ingiuntivo emesso il 3 maggio 1989 a carico della società Cartotecnica. Condanna l'INPS al pagamento delle spese processuali, che liquida per il primo grado in complessive lire 1.642.000, di cui lire 12.000 per spese, lire 430.000 per diritti, e lire 1.200.000 per onorari; per il giudizio di appello in complessive lire 1.200.000, di cui lire 30.000 per spese, lire 270.000 per diritti e lire 900.000 per onorari; e per il presente giudizio di legittimità in lire 58.500, oltre lire 2.200.000 per onorari difensivi. Così deciso in Roma l'8 ottobre 1996.