Cocleealla conquista del mondo
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Cocleealla conquista del mondo
Ritratti d’impresa | Wamgroup L’idea vincente di Vainer Marchesini: costruire in serie un prodotto che prima era realizzato solo in modo artigianale Coclee alla conquista del mondo Da un'officina in un garage a una holding che ha ramificazioni nei cinque continenti. Il fondatore del gruppo con sede a Cavezzo racconta quattro decenni indimenticabili di Arianna De Micheli 86 OUTLOOK i culto della persona non ne vuole sapere. «Chi sono i suoi lettori e a che cosa possono essere davvero interessati? È questo che deve chiedersi»: dopo queste parole Vainer Marchesini mi lascia e ricompare con un plico fra le mani: «Le do dieci minuti per leggerlo. Poi ne riparliamo». La D sala riunioni è di nuovo vuota e 600 secondi sono ben poca concessione per riordinare le idee e cercare di capire per quale motivo il noto imprenditore non desideri festeggiare i 40 anni della propria azienda valorizzando il suo ruolo di primo attore. In fin dei conti, dire Wamgroup coincide col pronunciare ad alta voce il nome del suo fondatore. Ma è sufficiente osservare le bandierine appuntate quasi ovunque sulla mappa dei cinque continenti in veste carta da parati per riconoscere che, senza dubbio, l'interesse del lettore è in quella globalizzazione integrata che di fatto è il segreto del successo targato Wam. Un segreto da condividere e dunque un segreto di Pulcinella perché, come Marchesini insegna, «agli imprenditori interessa capire qual è l'essenza del successo di un'azienda». Ma, intanto, il plico aspetta e una lettura veloce non è cosa facile. Racconta infatti una Vainer Marchesini, presidente di Wamgroup. Il gruppo produce coclee, ovvero trasportatori per polveri e granuli costituiti da un tubo con spirale girevole, che vengono utilizzati per i più diversi settori storia non soltanto di impresa, ma anche di intuito umano, lungimiranza e tenacia. Anno 1969: «Avevo 23 anni, nessuna esperienza di conduzione ma tanta buona volontà e tante idee. Facevo il garzone per l'unico operaio in officina, ma svolgevo anche l'attività di tecnico, disegnatore, venditore, acquisitore. L'Italia era una nazione agricola, nei nostri paesi c'erano ancora gli scariolanti. Poi sono arrivate le lambrette e le vespe, quindi le ruspe e molti contadini se ne sono andati a lavorare in fabbrica». È il ritratto di un'epoca. Vainer Marchesini decide di mettersi in proprio e in un garage di Ganaceto, nella prima periferia di Modena, apre una piccola ditta individuale con soli tre dipendenti. L'«Officina Meccanica Marchesini Vainer» nasce come attività artigianale, lavora su commissione, produce coclee tubolari (trasportatori per polveri e granuli costituiti da un tubo dotato di spira- OUTLOOK 87 Marisa, call center Sinergas Ritratti d’impresa le girevole) destinate agli impianti di betonaggio ed è di stampo artigianale. Ma, seppur indossati con impeccabile perizia, i panni dell'artigiano al giovane neo-imprenditore ben presto vanno stretti: la sua mente è già proiettata sul futuro. Che compare nei primi anni Settanta. Marchesini rivoluziona infatti il «progetto coclea» introducendo moduli standardizzati da combinare con modalità differenti, un'idea vincente che garantisce una gamma di prodotti ampia e flessibile. L'economia di scala prima e l'economia diversificata poi diventano allora la nuova frontie- BILANCIO 2008 WAMGROUP Il nostro gas costa il 35% in meno * Dall’inizio dell’anno ad oggi Sinergas ha abbassato il prezzo del gas del 35%. Una riduzione concreta, pensata per farti risparmiare davvero. E non finisce qui: la grande convenienza di Sinergas è fatta di tanti vantaggi. Consulenza personalizzata su risparmio energetico, fonti alternative, assistenza nella scelta della tariffa migliore, negli aspetti fiscali e amministrativi. Sinergas è l’unica ad offrirti, da sempre, un servizio vicino al territorio e alle tue esigenze. *a partire da ottobre 2009, riduzione calcolata da gennaio sul prezzo della componente energia come da delibere AEEG per il mercato domestico energia con più idee, al tuo servizio GRUPPO AIMAG tracce.com 200 milioni di fatturato consolidato di cui il è destinato alla ricerca di quota export 5% 70% ra e, così, l'officina ribattezzata Wam nel 1974, si appresta alla conquista del globo. Metà anni Ottanta: «Per aver successo», scrive nero su bianco il nostro ospite, «pensai fossero indispensabili due cose: il rapporto diretto con la clientela senza alcun intermediario e la produzione localizzata per l'adattamento dei prodotti ai bisogni dei mercati. Sull'onda dell'entusiasmo decisi quindi di provare la delocalizzazione e realizzai una società produttiva negli Stati Uniti. Ma non conoscevo la mentalità del mercato Usa e per Ritratti d’impresa que anni i risultati furono negativi. Pensammo quasi di ritirarci. In realtà fu il terreno su cui facemmo la più importante esperienza». Ma i dieci minuti sono terminati: «L'internazionalizzazione è oggi un argomento che riguarda chiunque si definisca imprenditore», esordisce Marchesini ricomparso silenziosamente. «Internazionalizzazione in entrata, ovvero quando acquisto materiale da tutto il pianeta, e in uscita, ovvero quando porto il mio prodotto ovunque e presidio i mercati dall'interno. Rimanere fermi significa non creare ricchezza». E Marchesini da quel lontano 1969 non si è più fer«Abbiamo mato. Pioniere deluna scuola interna l'internazionalizzae una succursale zione (l'esordio risain Cina», spiega le al 1984 con la fonMarchesini, dazione di una pri«Per noi ma filiale commerla formazione cialeinFrancia),streè prioritaria. nuo sostenitore delPurtroppo, l'innovazione del pronoi italiani dotto («la ricerca gedimentichiamo nera ricchezza, se si quanto esprime in un prosia importante. dotto») quest'uomo È a torto minuto ma inarrestaconsiderata bile ha fatto della proun bene pria azienda una citimmateriale tadina del mondo ansu cui non vale te litteram. la pena investire» «Multinazionale tascabile»: così i due docenti universitari Giuliano Muzzioli e Alberto Rinaldi hanno definito Wam nel volume «Dalla fiamma ossidrica al laser. La Wam da Modena all'America e alla Cina». Già, la Cina, l'Oriente, «unico vero traino in questo momento storico», un ritornello che chiunque metta il naso fuori di casa sa riconoscere e cantare: pochi però lo hanno imparato bene quanto Marchesini: «Nei primi anni Novanta focalizzammo la nostra attenzione su diverse aree geografiche e sulla Cina in modo particolare. Studiammo una modalità d'entrata differente rispetto a quella adottata in Usa, ma commettemmo lo stesso molti errori. Il sistema economico cinese era di fatto piuttosto arre- La storia | Marchesini, l’impresa nel Dna V ainer Marchesini nasce a Soliera nel 1946. Frequenta l'Istituto tecnico industriale Corni, scuola storica la cui prima pietra risale al 1921, vera e propria fucina di quadri tecnici e operai specializzati. Dopo il diploma inizia a lavorare per la Ime, impresa di costruzione di impianti di betonaggio, ma a soli 23 anni decide di mettersi in proprio. La piccola impresa artigianale si occupa di produrre su commissione coclee tubolari destinate agli impianti di betonaggio. Nel 1970 l'azienda si trasferisce in un modesto capannone di 150 metri quadrati a San Possidonio e inizia a diversificare la produzione affiancando alle coclee tubolari quelle «a canala» per l'industria molitoria e piastre per la fluidificazione. Un anno dopo la Ctc di Milano, principale committente dell'impresa, fallisce. Marchesini deve licenziare due dei suoi sei dipendenti. Lo soccorre il fratello Adriano, commerciante di vini, che si fa garante presso gli istituti bancari. Nel 1973 la situazione volge al meglio, l'azienda si trasferisce a Ponte Motta di Cavezzo (area classificata depressa) e l'anno dopo muta il nome in Wam (120 milioni di lire di capitale, 60 per cento Vainer Marchesini, 40 per cento il fratello). Sono gli anni della svolta: viene progettata una nuova coclea che si avvale di moduli standardizzati e che conquista il mercato non solo italiano. Nel 1980 l'organico sale a 49 dipendenti, Wam non è più un'azienda artigianale. Già nei tre anni precedenti aveva mosso i primi passi nel business estero, optando prima per la Francia e quindi per la Germania grazie anche alla collaborazione con Michael Grass, esule di Berlino Est, poi comunication manager della società. Ed è proprio nel 1980 che l'impresa di Cavezzo deve fare i conti con la prima crisi dell'edilizia. La scelta pare obbligata, diventa infatti essenziale diversificare ulteriormente la produzione e trovare sbocchi alternativi al betonaggio. Wam è sempre un passo davanti a tutti, in neppure dieci anni le quote di export aumentano del 20 per cento, la gestione degli ordini diventa elettronica e le filiali all'estero spuntano, si moltiplicano, oltre che in Francia e Germania, anche negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Marchesini continua a investire in automazione e informatica. In sei anni, dal 1994 al 2000, il fatturato raddoppia e supera i 40 milioni di euro. È la volta dei mercati asiatici: in Cina nasce una filiale produttiva e due joint venture. L'espansione prosegue quindi in India e Russia così come in Paesi europei quali Croazia e Romania. «Per Wam la parola d'ordine è globalizzazione integrata: la progettazione si svolge in Italia, così come la ricerca. Ma i prototipi sono realizzati dove c’è il mercato, la documentazione viene dai Paesi dell'Est, la parte informatica viene eseguita in India e la pubblicità è studiata ad hoc per ogni singolo mercato» Dall’officina alla holding: in alto, Vainer Marchesini (in una foto del 1975) e il primo laboratorio artigianale; sopra, la sede attuale del gruppo OUTLOOK 91 Ritratti d’impresa | Wamgroup L’azienda | Parola d’ordine, innovazione W am, l’impresa di Ponte Motta di Cavezzo che è stata fondata da Vainer Marchesini nel 1969, controlla nove marchi, ognuno dei quali realizza uno o più prodotti. La progettazione, lo sviluppo e la produzione di filtri depolveratori e di macchine sia per la separazione meccanica di solidi e liquidi, sia per il trattamento, lo stoccaggio, l'estrazione, il dosaggio e la miscelazione di materiali in polvere e granuli, rappresenta il core business dell'azienda che vanta la propria presenza quasi ovunque nel mondo. Con i suoi 1.800 dipendenti e un fatturato da oltre 200 milioni di euro, Wamgroup da sempre attribuisce all'innovazione un grande valore: tra i primi al mondo a proteggere le proprie invenzioni, Marchesini ormai conta oltre 50 brevetti internazionali. E ogni anno la holding investe oltre il 5 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo. trato, le comunicazioni pessime così come le infrastrutture. Erano gli anni delle grandi privatizzazioni che prevedevano la mobilità di 400 milioni di operai e il decollo delle province a statuto speciale. Il nostro socio cinese si rivelò inaffidabile e nel 1996 iniziammo a inviare personale europeo e italiano. Due anni dopo, la società fu trasformata in un'azienda a totale controllo straniero». Oggi, nel suo quarantesimo anno di vita, Wam è dunque una multinazionale tascabile da oltre 200 milioni l'anno di fatturato consolidato che diventano 315 come aggregato e con una quota di export del 70 per cento, che segue il principio della produzione centralizzata per i componenti e dell'assemblaggio decentralizzato delle macchine. Con una holding controllata dalla famiglia e il cui futuro è già garantito dai figli Marcello e Elena e dal nipote Roberto, il gruppo modenese conta 18 stabilimenti produttivi: «In Italia sono sei, mentre all'estero siamo presenti con due unità negli Usa, tre in Cina, due in Romania poi India, Turchia e Croazia. Ma siamo già al lavoro per aprirne uno in Russia», spiega Marchesini. Wamgroup si articola in 29 Risultato degli investimenti in ricerca sono i 50 brevetti internazionali depositati società commerciali estere, oltre 1.800 dipendenti (dei quali 700 in Italia), con una età media di poco superiore ai trent'anni. La sua parola d'ordine è globalizzazione integrata: «L'idea di un prodotto nasce qui in Italia, così come qui si sviluppa la ricerca. Il prototipo e i test di affidabilità vengono realizzati dove c'è il mercato, ovvero dove esiste il bisogno, ad esempio in Cina. Per la produzione servono i disegni, che vengono fatti in Romania che vanta ottimi professionisti, ingegneri ben preparati. È vero, costano meno, ma quello che davvero conta è l'ingegno. I processi produttivi al contrario si svolgono in Italia dove ancora esiste la crema delle intelligenze». E la documentazione? «Nei Paesi dell'Est. Ottima documentazione a prezzi molto più bassi». E tutto quello che concerne l'informatica? «L'aggiornamento della parte informatica viene eseguita in India. No, non perché costa meno, ma perché in India sono davvero bravi. Bisogna, poi, studiare messaggi pubblicitari diversi, realizzati ad hoc per ogni mercato. L'essenza nasce qui, il vestito viene cucito altrove». Per l'imprenditore originario di Soliera fondamentale risulta la formazione. «Abbiamo una scuola interna, con una succursale in Cina. Il fatto è che noi italiani dimentichiamo quanto sia importante la formazio- OUTLOOK 93 Ritratti d’impresa | Wamgroup INTERNAZIONALIZZAZIONE 18 stabilimenti produttivi 29 società commerciali estere 1.800 dipendenti di cui 700 in Italia ne delle risorse umane, è a torto considerata un bene immateriale per cui non vale la pena spendere soldi. Servirebbe più attenzione alla struttura culturale ed economica del sistema Italia». In Italia l'idea dell'impresa come patrimonio sociale non esiste, la cultura generale si mostra ostile nei confronti delle imprese; gli assurdi costi burocratici, così come la tassazione eccessiva, fanno infatti da freno allo stile italiano vincente per Dna; il posto di lavoro fisso viene visto come un porto sicuro e non invece come opportunità di crescita. Concetti più volte ribaditi dal patron della Wam che, in un'intervista rilasciata alcuni mesi fa alla Gazzetta di Modena, aveva affermato severo seppur a malincuore: «Da noi il posto di lavoro viene visto come punto di arrivo. E invece è da lì che bisogna darsi da fare per imparare, migliorare, crescere. Ma in Italia questa non è una mentalità diffusa. Spesso mi trovo meglio con gli ingegneri rumeni che con quelli italiani, ed è un male: un ingegnere meccanico italiano è infatti potenzialmente più valido perché alle spalle vanta un patrimonio culturale molto più rilevante». Lungimirante, acuto, inarrestabile an- che quando stanco, l'imprenditore modenese che ha scritto pagine di storia internazionale (e la cui produzione di brevetti è davvero impressionante) non è però avvezzo a sterili lamentazioni e in cuor suo resta un inguaribile ottimista. Anche nei confronti di una crisi che ha rivoluzionato ogni parametro di valutazione («abbiamo l'abitudine di vivere le crisi come momentanee, io ne ho passate almeno cinque, ma di quella in corso non si sa neppure quali siano gli esatti confini») e ha costretto alla gogna l'economia mondiale: i primi segnali di ripresa ci sono, prima o poi passerà. OUTLOOK 95