Abstract Sasme News
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abstract Malattia venoso-linfatica e Medicina estetica La problematica linfovenosa è una delle richieste più rappresentate in Medicina estetica, infatti il gonfiore degli arti inferiori unito alla presenza di ectasie venose e/o varici oltre a un danno funzionale rappresentano un franco inestetismo. La cosiddetta Cellulite, della quale ancora poco si sa rappresenta un danno microcircolatorio a carico della matrice interstiziale che circonda gli adipociti dello spessore del pannicolo adiposo delle note aree. L’intervento della Medicina estetica è decisamente di spessore clinico e francamento medico, il raggiungimento del risultato “estetico” infatti può passare solamente attraverso un miglioramento clinico della patologia presente. Nei soggetti giovani con franca predisposizione per la patologia si possono mettere in atto tutti quei gesti propri della medicina preventiva, patrimonio accertato della nostra disciplina. Segue un breve escursus sulle possibilità terapeutiche alla luce di quaranta anni di esperienze. Fulvio Tomaselli Presidente Società Italiana di Medicina Estetica La teletermografia. Un’utile indagine diagnostica in dermocosmetologia La Dermatologia estetica è oggi uno dei campi di maggiore interesse del dermatologo sia per i problemi di ordine diagnostico e terapeutico che vengono posti dagli effetti avversi provocati dai bisturi, sia perché il dermatologo è anche chiamato alla prescrizione dei prodotti cosmetici nelle varie manifestazioni di lesa eudermia. In queste prescrizioni nasce il divario tra cosmetici e farmaci nella conoscenza che i cosmetici per essere tali non possono rivestire attività terapeutiche che sono invece di pertinenza dei farmaci prescritti. Per i farmaci è richiesta una procedura sperimentale che ne attesti l’efficacia nelle specifiche indicazioni, mentre per i cosmetici occorre dimostrare soltanto la tollerabilità cutanea ed un impiego indirizzato agli aspetti di eudermia. L’obiettivo dermatologico di maggiore rilievo è certamente rappresentato dal trattamento dell’invecchiamento cutaneo e i prodotti commercializzati nel rispetto della normativa di legge comprendono sostanze integrative del film idrolipidico e l’associazione nei più recenti, di fattori antiradicalici e fotoprotettivi. Gli integratori del deficit idrolipidico anche se debitamente associati a fattori antiossidanti e/o di fotoprotezione, possono di per sé svolgere soltanto un’azione meramente sintomatica e di breve durata. Occorre procedere allo studio di altre formulazioni e alla promozione di sperimentazioni che rispettano le basi fisiopatologiche dell’invecchiamento cutaneo e in particolare del microcircolo cutaneo. Pertanto una formulazione riguardante un prodotto topico per il trattamento dell’aging dovrebbe razionalmente comprendere anche sostanze aventi proprietà vosoattive. Tra le metodiche impiegate, certamente la teletermografia si è dimostrata di grande interesse per lo studio dell’interfaccia dermo-epidermica, in cui avvengono gli interscambi tra il derma vascolarizzato e l’epidermide che non ha vasi. La metodica consente studi sia campo cosmetologico che nella valutazione della circolazione cutanea, di creme vasoattive, e della cellulite. Verosimilmente i tempi lunghi necessari per la registrazione di un farmaco-cosmetico ed anche il soddisfacente andamento delle vendite dei prodotti cosmetici attualmente in commercio sono alla base dello scarso interesse che sinora hanno dimostrato le ditte produttrici ad affrontare il problema del necessario aggiornamento delle formulazioni. Aldo Di Carlo Direttore Scientifico Istituto San Gallicano IRCCS - Roma Oltre i confini dell’Odontoiatria Estetica: l’approccio multidisciplinare La perdita di tono muscolare e il conseguente invecchiamento è un processo determinato da molte cause. Ovviamente, maggiore è l’esposizione della pelle ad agenti che favoriscono l’invecchiamento (sole, freddo, caldo, radiazioni), maggiori sono le implicazioni per la pelle e i suoi strati più profondi, come i tessuti connettivi. Solo attraverso la collaborazione rigida tra le diverse discipline, chirurgiche e mediche, una restituzione parziale o totale, della sua immagine corporea origi- nale, possono essere restituiti al paziente, sempre nel rispetto di armonia e naturalezza. È sempre meglio iniziare con una diagnosi accurata, non strettamente dentale, ma anche di questi in un contesto globale, condizione necessaria per procedere ad un trattamento di riabilitazione completo. È nostro dovere ricordare che un sorriso restituito nella sua naturalezza può migliorare l’aspetto dei nostri pazienti, ma sarà nostro dovere avere una visione più completa e attenta di tutto ciò che riguarda il viso, la personalità, lo stato, lo stile di vita, il sesso, e tutte le altre caratteristiche che distinguono un individuo da un altro. Carlo Zappalà Medico chirurgo, specialista in Odontostomatologia Skin aging: aspetti istologici, ultrastrutturali e biomolecolari L’invecchiamento della cute è un processo biologico che può suddiviso in due tipi, l’invecchiamento intrinseco o cronologico, e quello estrinseco o fotoinvecchiamento. Caratteristiche di spicco di questo fenomeno sono il progressivo assottigliamento del derma con riduzione del numero di fibroblasti e la sintesi di collagene e di una aumentata degradazione del collagene indotto dai raggi UV mediata da aumentata attività delle metalloproteinasi della matrice, associato a diminuito trofismo delle strutture annessiali. La senescenza dei fibroblasti altera il mantenimento dell’omeostasi del tessuto connettivo dermico e rappresenta la causa fondamentale di invecchiamento della pelle e provoca una diminuzione della capacità proliferativa delle cellule, in particolare nel processo di invecchiamento intrinseco. Ci sono buone evidenze che l’invecchiamento intrinseco e quello da foto esposizione condividono una serie di caratteristiche molecolari e biochimiche, soprattutto nei soggetti di età superiore ai 70 anni. Sia la cute umana che quella murina con l’invecchiamento mostrano una progressiva compromissione della funzione di barriera dell’epidermide; tale similitudine autorizza l’uso del topo come buon modello sperimentale per studiare i processi legati all’età. Le indagini ultrastrutturali rivelano inoltre come l’invecchiamento 1 induca alterazioni nello strato corneo e strato spinoso e granuloso, in particolare nei corpi lamellari. L’invecchiamento della pelle e l’esposizione agli UV si associa all’insorgenza della cheratosi attinica. La cheratosi attinica è una precancerosi estremamente comune, e le popolazioni più a rischio sono le persone anziane con fotoesposizione cronica e la pelle chiara. L’acido all-trans retinoico (RA) è coinvolto in un’ampia gamma di processi biologici ed è essenziale per la crescita epiteliale normale e differenziazione nonché per il mantenimento dell’omeostasi normale della cute. Ci sono molte prove che documentano come retinoidi sono in grado di riparare sia cute fotodanneggiata che invecchiata intrinsecamente. I retinoidi esercitano i loro effetti pleiotropici e trascrizionali attraverso il legame a recettori nucleari, RARa, b e g e recettori RXR, con specifiche funzioni. Il recettore citoplasmatico cellular acid binding protein-II (CRABP-II) è molto espresso nei cheratinociti soprabasali ed è considerato come un indicatore dell’attività RA nell’epidermide. Esistono dati preliminari che documentano un ruolo di CRABP-II nel processo di invecchiamento cutaneo come nella insorgenza dei tumori cutanei. Augusto Orlandi Professore di Anatomia Patologica, Università Tor Vergata di Roma La malattia venosa cronica La “malattia venosa cronica” o insufficienza venosa cronica è un’alterazione della circolazione degli arti inferiori dovuta principalmente ad un difetto della chiusura delle valvole delle vene che non riescono ad impedire che il sangue ritorni verso il basso (verso i piedi) quando si è in posizione eretta, invece di essere spinto regolarmente verso il cuore (la circolazione venosa va, infatti, a differenza di quella arteriosa, dal basso verso l’alto). Ciò determina senso di pesantezza, gonfiore e talora anche ulcere alle gambe, specie nella zona attorno alla caviglia. Nella circolazione il sangue viene spinto dal cuore in tutto il corpo lungo le arterie e poi ritorna attraverso le vene al cuore. Nelle vene il sangue non ha più la pressione che aveva nelle arterie per cui, soprattutto negli arti inferiori, ha bisogno della spinta dei muscoli dei piedi e delle gambe per risalire al cuore contro la forza di gravità che lo farebbe ritornare verso i piedi. Per aiutare il flusso del sangue verso l’alto ed evitare il ritorno 2 in basso (chiamato reflusso), le vene hanno una serie di valvole che si aprono quando il sangue è spinto in alto e si chiudono quando inizia a ricadere in basso. Se le valvole sono difettose il sangue fa più fatica a risalire verso il cuore e tende a ristagnare nelle gambe. Questo causa un aumento della pressione all’interno delle vene con ulteriore peggioramento del funzionamento delle valvole e fuoriuscita di liquidi dalle vene ai tessuti delle gambe, in particolare nella zona della caviglia. Il ristagno di sangue e liquidi nelle caviglie causa cattiva ossigenazione e sofferenza della pelle che diventa sottile e fragile, con macchie dovute a piccole rotture di capillari. Tutto ciò oltre che alle gambe si può verificare a livello encefalico per difetti intravascolari determinando la CCSVI (Insufficienza venosa cronica cerebro-spinale) sia da compressione ab estrinseco determinando la SCV (Sindrome Compressiva Venosa) oppure per entrambe le cause contemporaneamente. Aldo d’Alessandro Docente a contratto, Responsabile Servizio di Malattie Vascolari Università “G. d’Annunzio” - Chieti Cheratosi attiniche: qualcosa di nuovo sotto il sole Le cheratosi attiniche (AK) sono neoplasie cutanee indotte dall’esposizione solare (UV). Le AK possono nel 10-15% dei casi evolvere in carcinoma spinocellulare (SCC). Più dell’80% delle lesioni si ritrova nelle regioni fotoesposte come il cuoio capelluto, il volto, il collo e gli arti. Al giorno d’oggi rappresentano le più comuni lesioni neoplastiche cutanee e la loro prevalenza è in continuo aumento rendendo pertanto necessaria una diagnosi e un trattamento precoci e una corretta strategia preventiva. La prevenzione si attua mediante l’applicazione di fotoprotettori ad elevato SPF con l’aggiunta più recente di enzimi quali le fotoliasi in grado di riparare il danno al DNA indotto dalle radiazioni UV; ulteriori strategie preventive contemplano l’utilizzo sistemico di molecole con proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e immunomodulatorie. La terapia delle AK si avvale di diverse opzioni in base alle caratteristiche del singolo paziente: la terapia fotodinamica (PDT), la crioterapia, l’asportazione chirurgica, l’applicazione di topici a base di molecole immunostimolanti (Imiquimod) o dotate di attività antinfiam- matoria (Diclofenac) o antitumorale (5Fluoruracile). Tutti i su citati argomenti insieme alla più recente introduzione in terapia dell’Ingenol Mebutato (Picato), derivato naturale dell’Euphorbia peplus, saranno discussi nella trattazione. Paolo Amerio Direttore Clinica Dermatologica, Università “G. d’Annunzio” Chieti Alessandra Capo Dottore di Ricerca, Università “G. d’Annunzio” - Chieti Cavitazione e cellulite Gli ultrasuoni sono delle onde meccaniche sonore. A differenza dei fenomeni acustici propriamente detti, le frequenze che caratterizzano gli ultrasuoni sono superiori a quelle mediamente udibili da un orecchio umano. La frequenza convenzionalmente utilizzata per discriminare onde soniche da onde ultrasoniche è fissata in 20 kHz. I parametri che definiscono gli US sono: la lunghezza d’onda, la frequenza, la velocità di propagazione, l’intensità, l’attenuazione. L’attenuazione è dovuta all’impedenza acustica del mezzo attraversato. L’impedenza acustica è il rapporto fra la pressione sonora e la velocità di vibrazione delle particelle in un punto. È una proprietà caratteristica del mezzo in cui l’onda si propaga. Quando gli US attraversano il tessuto biologico perdono parte della loro energia: questo processo è conosciuto con il nome di attenuazione. Il fenomeno fisico è secondario all‘assorbimento e alla dispersione del flusso energetico nel tessuto. Nei tessuti molli l’80% della attenuazione è causata dall’assorbimento. Gli US determinano sul tessuto adiposo tre tipi di effetti: effetto meccanico, effetto termico, effetto cavitazionale. Gli ultrasuoni determinano effetti meccanici che causano il sovvertimento e la rottura della membrana adipocitaria, del globulo del grasso che caratterizza l’adipocita uniloculare, di tutte le altre strutture intracellulari ed extracellulari di natura biologica. Le onde ultrasonore evocano movimenti molecolari che aumentano l’energia cinetica delle molecole stesse: per la legge di Joule l’energia potenziale di cariche elettriche in movimento viene in parte ceduta sotto forma di calore con un aumento della temperatura del materiale biologico trattato. Quando la temperatura supera i 37°C inizia la denaturazione proteica e del materiale biologico. L’effetto termico contribuisce all’aumento dell’attività della li- pasi intradipocitaria che è temperaturadipendente. La cavitazione è un fenomeno fisico per il quale un’onda elastica propagandosi nei tessuti e nei fluidi extracellulari provoca una depressione repentina di valore tale da scendere sotto la tensione dei gas disciolti. La cavitazione induce la formazione di micro-bolle (cavità) che nel ciclo successivo, caratterizzato da aumento di pressione, implodono cedendo energia alle membrane cellulari degli adipociti. Implodendo le micro bolle danno origine ad un hot spot ovvero ad un impulso pressoriovibrazionale caratterizzato da temperature elevatissime, pressioni e scambi di calore nell’ordine del microsecondo. L’impulso hot spot disaggrega la struttura adipocitaria fino alla rottura della membrana cellulare (adipocitolisi). Il nostro gruppo di ricerca, multidisciplinare, afferente al Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università dell’Aquila, ha realizzato uno studio sperimentale (campioni di tessuto adiposo umano “ex vivo”) con il dispositivo ad ultrasuoni Microlipocavitation (Lain Electronic s.r.l. - Techno-Sinergye) per indagare e definire scientificamente l’azione degli US e gli effetti biologici indotti. L’apparecchio Microlipocavitation si avvale di microprocessori capaci di monitorare durante la seduta i picchi cavitazionali e di gestire l’energia prodotta dagli US a bassa frequenza (36-42 KHz) ed è dotato di un set operativo che comprende un device chirurgico e manipoli transcutanei. I risultati sperimentali ottenuti, statisticamente significativi, nel confermare il rapporto di causa-effetto, hanno dimostrato che gli US a “bassa frequenza” sono in grado di determinare una progressiva riduzione del tessuto adiposo immediata e differita (apoptosi) con effetti sugli adipociti e sul tessuto collagene (neocollagenogenesi). Nella relazione l’Autore riferisce, altresì, il protocollo terapeutico utilizzato per il trattamento transdermico e i risultati clinici di un trial multicentrico con la lipoaspirazione ultrasonica (UAL) a bassa frequenza (3642 KHz). Maurizio Giuliani Direttore Insegnamento di Chirurgia Plastica, Università degli Studi dell’Aquila Dpt di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente Ruolo della Liposcultura nel rimodellamento corporeo La liposcultura consente la rimozione permanente di eccessi di tessuto adiposo localizzati nel sottocutaneo, essa è la versione evoluta della liposuzione, rispetto a quest’ultima si caratterizza per la maggior precisione ed efficacia adoperando cannule dal calibro inferiore per aspirare il tessuto adiposo, ad oggi i due termini vengono utilizzati come sinonimi. Negli ultimi trenta anni la liposcultura è diventata un perno fondamentale nell’armamentario chirurgico del chirurgo plastico e la tecnica è evoluta senza posa, la liposuzione laser-assistita ne è un esempio di innovazione. Questa tecnica impiega l’energia del laser per indurre lipolisi ed emostasi e stimolare la collagenogenesi. Innovazioni tecniche e la tecnologia emergente sono fondamentali per il successo e il continuo sviluppo della procedura. La liposcultura può essere eseguita anche senza l’impiego di tecniche chirurgiche, si infiltra una sostanza lipolitica mediante aghi piccoli e sottili direttamente all’interno del pannicolo adiposo. La metodica costituisce sicuramente una valida alternativa alla liposcultura in quei pazienti alla ricerca di trattamenti non invasivi per il modellamento corporeo, non potendo certamente rimpiazzare le tecniche chirurgiche maggiori, ma rappresentano un ruolo di complemento importante soprattutto nel trattamento della cellulite. Emanuele Cigna Professore Associato, Università La Sapienza Roma 3 L’acne del volto L’acne volgare è una malattia multifattoriale che colpisce il follicolo pilo-sebaceo. Si caratterizzata per la formazione di comedoni, papule eritematose, pustole e a volte di lesioni nodulo-cistiche dando esiti cicatriziali. Nella ghiandola pilo sebacea, e nel suo dotto si sviluppa l’acne sotto lo stimolo ormonale androgeno. Il Propionibacterium acnes sembra essere uno dei responsabili nell’innescare il processo patogenetico determinando uno stato di cheratinizzazione dell’infundibolo follicolare. L’acne non si associa, nella maggior parte dei casi, ad alterazioni ormonali clinicamente rilevanti. In alcuni casi, tuttavia, la possibilità di alterazioni endocrine deve essere presa in esame: acne nodulo-cistica “recalcitrante” della donna, insorgenza precoce in età prepubere, associazione con segni di iperandrogenismo. L’acne è la condizione patologica con la più alta incidenza cumulativa nella popolazione generale: in altre parole, è più probabile che una persona vada incontro ad acne che a qualsiasi altra malattia. Il peso maggiore dell’acne è concentrato sull’adolescenza, ma l’acne può continuare a rappresentare un problema clinico oltre i vent’anni d’età. La diagnosi di acne volgare e piuttosto agevole. Tuttavia esistono alcune patologie dermatologiche di frequente riscontro che possono generare dubbi diagnosti quali: la rosacea, la dermatite periorale, le verruche piane. La rosacea è una dermatosi infiammatoria che coinvolge la regione centrale del volto; insorge più tardivamente e, nonostante la presenza di papule e noduli, in essa i comedoni sono sempre assenti. La dermatite periorale e caratterizzata da papulopustole, insorge più tardivamente e ha una disposizione prevalentemente periofiziale. Le verruche piane si ritrovano prevalentemente al volto, sono determinate da papilloma virus ma pur presentandosi in forma di papule, non presentano mai pustole, né comedoni. Maria Andreassi Clinica Dermatologica, Università “G. d’Annunzio” Chieti 4 La collaborazione tra il MMG e il Dermatologo Molte malattie colpiscono elettivamente la cute, ma non sono poche le malattie, a volte anche gravi, che colpiscono sia la cute che altri organi. Poiché la cute è l’organo di più facile ispezione, molte malattie possono essere riconosciute e trattate in maniera tempestiva, con la collaborazione del medico di medicina generale e di altri specialisti. Sandro Ragazzoni Direttore Unità Operativa Ospedale “San Filippo” - Roma Alopecie cicatiziali Le alopecie cicatriziali vengono classicamente definite come dei processi patologici a varia eziopatogenesi, che, distruggendo le cellule staminali del follicolo pilifero, si caratterizzano per la loro irreversibilità. Da ciò si comprende la necessità di una diagnosi rapida e precisa che consenta di iniziare un’adeguata terapia prima che il processo distruttivo abbia fatto il suo corso. Una classificazione sulla base delle caratteristiche patogenetiche e microscopiche, ci consente di suddividerle in alopecie cicatriziali primitive e infiltrative. In quelle primitive il follicolo pilosebaceo rappresenterebbe il bersaglio principale dell’infiltrato infiammatorio che può essere prevalentemente linfocitario o neutrofilo, identificando così a sua volta due sottocategorie. Nelle alopecie cicatriziali infiltrative, invece, il processo distruttivo non è direttamente rivolto al follicolo pilosebaceo, ma lo coinvolge in modo aspecifico. Pertanto il termine di alopecia cicatriziale dovrebbe essere riservato a quelle patologie che portano a una distruzione permanente dell’unità pilosebacea per la presenza di un processo infiammatorio che esita nella formazione di una vera e propria cicatrice. Alfredo Rossi Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, UOC di Dermatologia, Università degli Studi Di Roma Intervento con tecnica FUE, nella chirurgia della calvizie: indicazioni, limiti e organizzazione della procedura I miglioramenti tecnologici hanno reso la FUE(Follicolar Unit Extraction) una procedura competitiva con la STRIP (prelievo di una losanga di cuoio capelluto) nel trapianto di capelli. La FUE è una tecnica che richiede una maggiore abilità da parte del medico specialista e riserva al paziente il potenziale beneficio di esitare in un sito donatore con cicatrici poco visibili. Negli ultimi anni si è progressivamente ridotto il limite legato al numero massimo di follicoli intatti che possono essere raccolti per ogni sessione, rendendo questa tecnica una valida opzione per una ampia percentuale di pazienti. Come in ogni tecnica recente anche nella FUE si è osservata una evoluzione tecnica degli strumenti manuali originali, verso nuovi strumenti tecnicamente più sofisticati, sino all’ultimo sviluppo di un dispositivo robotico. Non tutti i nuovi strumenti mantengono le promesse di una FUE più veloce ed efficiente con cui sono commercializzati. L’inconveniente maggiore della tecnica rimane nei numeri, nei tempi e nella difficoltà di raggiungere l’abilità tecnica necessaria ad estrarre UF follicolari sane, in grado quindi di ricrescere una volta trapiantate. La semplicità apparente può essere illusoria. Per questo motivo ancora oggi nelle mani della maggioranza degli operatori la FUE può produrre meno della metà del numero di follicoli ottenuto con il prelievo della striscia e con un lavoro più lento, più faticoso e quindi più costoso per il paziente. La presentazione si propone di analizzare con cura i singoli passaggi della procedura suggerendo le opzioni più utili per inserire progressivamente, e senza danni, gli elementi necessari per sviluppare correttamente la propria capacità di ottenere risultati chirurgici validi e conformi alle aspettative del paziente. Gaetano Agostinacchio Specialista in Dermatologia Reazioni avverse a depigmentanti I prodotti cosmetici sbiancanti sono utilizzati per schiarire il colore della cute e sono particolarmente diffusi in Africa, Asia e America Latina. Le popolazioni di questi paesi, immigrate in Italia, continuano a fare uso di questi prodotti, alcuni dei quali sono vietati in Europa, reperendole tramite il mercato illegale. I principi attivi in essi contenuti quali idrochinone, corticosteroidi, sali di mercurio, ecc, possono indurre reazioni avverse sia locali che sistemiche. Inoltre in questi prodotti possono essere presenti metalli pesanti come cromo, cobalto, nichel, piombo, cadmio. Vengono presentati i risultati di uno studio il cui obiettivo è stato quello di stimare la prevalenza dell’uso di cosmetici sbiancanti e di valutare sia gli effetti collaterali clinici che i possibili rischi associati all’utilizzo di tali prodotti tra donne immigrate residenti a Roma. Lo studio è stato effettuato presso il Servizio di Dermatologia Allergologica dell’Istituto San Gallicano in collaborazione con il Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria dell’Istituto Superiore di Sanità. Antonio Cristaudo IFO - Istituto Dermatologico San Gallicano - IRCCS-Roma Presidente ADOI - Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani Microfili assorbibili in PDO Il volto della persona matura presenta una tipica severità definita da varie alterazioni morfologiche e strutturali, fra cui la riduzione ossigenativa e la ptosi dei tessuti. Riposizionare questi tessuti significa rallentare l’evoluzione delle alterazioni, il riposizionamento armonico e non eccessivo dei tessuti permette di rinfrescare il volto aumentandone la luminosità e l’aspetto giovanile. Riportare i tessuti nella loro migliore posizione significa anche ridurre la stasi linfatica, favorire la regolare morfologia delle microstrutture, l’ossigenazione e la nutrizione tessutale, facendo circolare energia e stimolando la muscolatura, grazie del normale metabolismo tessutale che rallenta il processo di invecchiamento. In questa ottica si inseriscono le metodiche di chirurgia estetica mini invasiva del volto e del corpo, in particolare con infezioni cutanee risultano diabete-correlate, come pure xantelasmi e xantomi sono colesterolo-correlati. Infine la psoriasi, malattia infiammatoria cronica, ricorrente e debilitante che colpisce cute, cuoio capelluto e articolazioni, sembra essere citochino-correlata. I risultati dello studio STENO2 confermano che la prevenzione delle complicanze dovrebbe basarsi su un approccio di tipo multifattoriale. Un efficace intervento sullo stile di vita basato su abitudini alimentari corrette e aumento dell’attività fisica migliora la sensibilità insulinica, Pier Antonio Bacci riduce la glicemia basale e post-prandiaCentro Documentazione in Chirurgia le, diminuisce i livelli di acidi grassi liEstetica mini invasiva, Arezzo beri, migliora il profilo lipidico e riduce la comparsa di diabete di tipo 2. l’uso dei fili di sospensione, sostegno e biostimolazione in PDO. Si hanno così indicazioni precise e controindicazioni che favoriscono la loro migliore utilizzazione, sia nelle ptosi tessutali e nelle finalità estetiche, che nei trattamenti per lassità tessutali e patologie dolorose con fibromialgia, contratture e tensioni muscolari. Infatti l’introduzione dei fili in PDO non ha costituito solo una metodica chirurgica mini invasiva ma, soprattutto, una rivoluzione culturale di trattamento di varie patologie. Lesioni croniche e sindrome metabolica Disordini emodinamici e alterazioni metaboliche multiple (ipertensione arteriosa, ridotta tolleranza glucidica o diabete tipo 2, resistenza insulinica, alterazioni del metabolismo lipidico) sono stati raggruppati in un’unica sindrome, denominata “Sindrome Metabolica”. Minimo comun denominatore sembrerebbe essere un’aumentata produzione di insulina con conseguente iperinsulinemia e insulino-resistenza. La maggior esposizione al rischio coronarico è dovuta non solo al singolo disordine metabolico, ma anche alla concomitanza di tutti i fattori di rischio: dislipidemia, ipertensione arteriosa e obesità centrale addominale. La sindrome metabolica riconosce una patologia multifattoriale: - fattori genetici (in gran parte ignorati); - fattori ambientali: bilancio energetico positivo per sedentarietà e abbondanza di cibi grassi; - fattore età; - fattore sesso; - fattore etnico. Alla base di tutti i fattori favorenti i vari dismetabolismi sembra esserci anche un aumentato stress ossidativo, dovuto ad un’iperproduzione di radicali liberi, molecole altamente instabili e reattive. I radicali liberi, attraverso la perossidazione degli acidi grassi polinsaturi, provocano una ridotta fluidità di membrana e quindi, in ultima analisi, favoriscono tuti i processi di invecchiamento cellulare, ivi comprese lesioni cutanee croniche. Importanti a tal riguardo sono gli studi sui possibili meccanismi degli AGE (prodotti avanzati della glicazione) sull’omeostasi tissutale cutanea. Numerose Maria Teresa Guagnano Gabriella Bosco, Daniela Caniglia, Maria Grazia Testa Centro Obesità, Ospedale Clinicizzato, Università “G. d’Annunzio” Chieti Trattamento combinato tossina botulinica-filler Il look naturale è diventato ormai un must in Medicina Estetica. La richiesta delle pazienti è sempre più quella di un esito naturale nella correzione degli inestetismi del volto da invecchiamento cutaneo. E disponiamo oggi di presidi che se ben usati ci permettono di ottenere risultati di ottima qualità in rapporto alla naturalezza, ovviamente utilizzando solo filler riassorbibili e conservando un margine di sicurezza assolutamente ampio. Una proposta di protocollo viene presentato con particolare attenzione ai tempi di esecuzione delle varie correzioni eseguite con tossina botulinica per il terzo superiore del volto e con acido ialuronico per quel che riguarda i riempimenti di solchi, rughe e depressioni. In particolare, riguardo i filler, si consiglia un approccio limitato in rapporto alle quantità iniettate a ogni seduta, per una correzione graduale anche se completa e un mantenimento più frequente con piccole dosi in maniera da conservare uno standard di risultato omogeneo ed evitare riassorbimenti completi e “ricostruzioni” totali eseguite due volte l’anno. Emanuele Bartoletti MD Segretario Generale SIME, Direttore Scuola Internazionale di Medicina Estetica “Fatebenefratelli”, Roma 5 Il trattamento del III inferiore del viso L’estetica del sorriso dipende non solo dal ripristino della struttura dentale ma anche dall’armonia dei tessuti periorali strettamente dipendente dall’equilibrio tonico della muscolatura del viso. Per questo l’odontoiatria moderna si sta sempre più avvicinando alla medicina estetica nella ricerca di nuovi protocolli terapeutici da proporre ai pazienti, di contro le nuove tecnologie a supporto della odontoiatria cosmetica hanno negli ultimi anni perfezionato gli ausili terapeutici da porre a disposizione del clinico per migliorare i risultati estetici ottenibili nel paziente odontoiatrico, ciò di fatto ha aumentato le potenzialità di risultato estetico nel paziente. Non è un caso, quindi, il sempre maggior interesse per le tecniche di Medicina Estetica che completano e ottimizzano i piani di cura dentali. Il terzo inferiore del volto, regione anatomica ben definita e distinta, va trattato nel suo complesso con competenza armonizzando la forma dei denti con i tessuti molli intra ed extraorali. Compito del Medico Estetico e dell’Odontoiatra è quello di bilanciare le varie componenti del sorriso armonizzandole. Antonio Scarano Professore Associato Facoltà di Odontoiatria, Università “G. d’Annunzio” Chieti Aspetti di fisioterapia post-chirugica nelle cicatrici deformanti La cicatrice cutanea è definita come il risultato della guarigione di una ferita con rigenerazione e sostituzione del tessuto dermico con tessuto fibroso. Le cicatrici possono svilupparsi dopo danno a carico del derma profondo per lesioni, ustioni, abrasioni, lacerazioni, chirurgia. Dopo interventi chirurgici in alcuni casi il processo di cicatrizzazione si protrae nel tempo, si ha accumulo patologico di collagene con formazione di una cicatrice patologica. Le ferite con problemi di cicatrizzazione sono spesso “bloccate” nella fase infiammatoria e proliferativa del processo di guarigione. Una volta formatasi, la cicatrice segue un processo di maturazione che dura alcuni mesi. È importante valutare l’andamento della fase di maturazione per adattare il trattamento in maniera specifica. 6 Nonostante il processo di cicatrizzazione fisiologica sia stato ampiamente studiato, ancora poco si conosce riguardo le cause della cicatrizzazione patologica. Le molteplici cause di danno cutaneo possono indurre la deposizione di nuovo collagene attraverso l’attivazione dei fibroblasti dermici. I fibroblasti sono cellule mesenchimali che rappresentano una percentuale significativa di tutta la cellularità del tessuto connettivo, giocando un ruolo fondamentale nella guarigione delle ferite. L’attivazione funzionale induce profondi cambiamenti morfologici nei fibroblasti, tra cui una significativa espansione del reticolo endoplasmatico rugoso e l’espressione di diversi marcatori di superficie. I fibroblasti sono in grado di secernere i precursori dei componenti della matrice extracellulare (ECM), inclusi sostanza basale, collagene, glicosaminoglicani, fibre elastiche e reticolari, glicoproteine. Le onde d’urto si sono dimostrate in grado di indurre un aumento del numero di fibroblasti attivati, fibrociti CD34+ e cellule dendritiche fXIII+; questo processo porta alla deposizione di nuovo collagene, caratterizzato da fasci sottili con orientamento parallelo alla giunzione dermo-epidermica. Tali caratteristiche istologiche influiscono sull’aspetto macroscopico della cicatrice. La terapia con onde d’urto ha un ruolo significativo anche nell’aumento della densità di CD31+ nei vasi del derma, permettendo un migliore metabolismo dei tessuti. Scopo dello studio è stato valutare l’efficacia del trattamento di ferite patologiche della mano con onde d’urto defocalizzate utilizzate singolarmente o in associazione alla terapia manuale, in termini di funzione e variazione delle caratteristiche della cicatrice. Raoul Saggini Ordinario in Medicina Fisica e Riabilitazione Direttore Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa Università “G. d’Annunzio” Chieti Bibliografia Notarnicola A, Moretti L, Tafuri S, Forcignanò M, Pesce V, Moretti B. Reduced local perfusion after shock wave treatment of rotator cuff tendinopathy. Ultrasound Med Biol. 2011 Mar; 37(3):417-25. Saggini R, Fioramonti P, Bellomo RG, Di Stefano A, Scarcello L, Di Pancrazio L, Iodice P, Saggini A, Scuderi N. Chronic ulcers: treatment with unfocused extracorporeal shock waves. European Journal of Inflammation. 2013; Vol.11. Saggini R, Fiqus A, Troccola A, Coco V, Saggini A, Scuderi N. Extracorporeal shock wave therapy for management of chronic ulcers in the lower extremities. Ultrasound Med Biol. 2008 Aug, 34 (8) :1261-71. Boyer MI, Goldfarb CA, Gelberman RH. Recent progress in flexor tendon healing. The modulation of tendon healing with rehabilitation variables. J Hand Ther 2005; 18:80-5; quiz 86. Jonsson P, Alfredson H. Superior results with eccentric compared to concentric quadriceps training in patients with jumper’s knee: a prospective randomised study. Br J Sports Med. 2005 Nov; 39 (11):847-50. Appunti in chirurgia ungueale dermatologica Consapevoli dell’appartenenza della materia dermatologica all’area medica della medicina generale, costretti dalla nostra posizione strategica di competenza sugli annessi cutanei, non è raro che i dermatologi si possano imbattere in patologie ungueali, e dei territori limitrofi, che richiedano, in prima istanza, un approccio elettivamente chirurgico. La necessità, per alcuni di noi divenuta virtù, di accostarsi alla chirurgia pratica, fornisce nuove opportunità, che permettono di gestire con maggiore completezza e consapevolezza, quelle patologie che più frequentemente sono nella routine ambulatoriale quotidiana. Scopo della relazione è quello di riportare all’attenzione del dermatologo alcune patologie e i relativi trattamenti chirurgici. Essi possono dare una completezza nella proposta terapeutica da offrire al paziente che altrimenti non sarebbe ottenibile. Preceduta da un breve excursus nosologico, si proseguirà, con la strumentazione di base, le possibilità offerte dalle moderne tecnologie e il supporto di una adeguata iconografia, alla disamina dei casi clinici più frequenti. Parleremo perciò di onicocriptosi, di pincer nail, di patologie infettive, di patologie proliferative, benigne e non, che spesso, per puro nostro disinteresse, sono state “affidate” ad altre figure specialistiche, rimanendo certamente orfane della nostra, indiscussa, competenza e che necessitano di un momento di riflessione per poter ritornare ad essere parte integrante e normale della nostra Buona Pratica Dermatologica. Concetto Paolo Agnusdei U.O. Dermatologia Ospedale “A. Cardarelli” Campobasso ASREM Molise Flebopatie e scleroterapia La scleroterapia è una tecnica terapeutica che può interessare varie flebopatie: dalle varici (tronculari, collaterali, extrasafeniche, reticolari), alle teleangectasie e alle ulcere flebo statiche. Tale metodica consiste nell’iniezione in un vaso di un liquido o una mousse che, previa adeguata diagnosi (clinica, ecocolordoppler, trans illuminazione) porta all’eliminazione del “punto di fuga” con conseguente abolizione del reflusso responsabile della patologia dilatativa o necrotica. È una metodica che si è affermata ed evoluta sempre più, rappresentando, nei casi di vene di maggior calibro e con l’avvento della scleromousse, un’alternativa efficace - nei vasi di piccolo calibro - e alternativa - in quelli di calibro maggiore -, alle metodiche di tipo chirurgico. Ornella Manferoce Molecole in dermocosmetologia Spesso in dermo - cosmetologia si esaltano le proprietà di alcune molecole in grado di svolgere delle azioni mirate sui tessuti cutanei. Queste sostanze costituiscono la categoria cosmetica dei cosiddetti “attivi funzionali o principi funzionali”. Tale denominazione è analoga a quella utilizzata in farmacologia per indicare i “principi attivi” ovvero i farmaci veri e propri che sono contenuti in prodotto medicinale. Molte delle sostanze funzionali utilizzate in cosmetologia hanno effettivamente la capacità di interagire con i processi biochimici che si svolgono nelle cellule cutanee e determinano delle modificazioni dei meccanismi fisiologici intracellulari. Non per questo tali sostanze sono medicinali: non curano malattie, ma sicuramente esplicano un’azione non dissimile da quelle sostanze che comunemente indichiamo con il termine farmaco. Le molecole più comuni che appartengono a questa categoria di sostanze funzionali sono oggi gli anti radicalici (RL). Derivati in gran parte dal mondo vegetale (polifenoli, carotenoidi, ecc…) neutralizzano l’azione dei RL producendo effetti sia anti infiammatori che protettivi sulle molecole cellulari come sullo stesso DNA. Altra categoria importante sono le sostanze in grado di ristrutturare la barriera cutanea come gli acidi grassi insaturi o le ceramidi a cui si aggiungono tutte quelle altre sostanze che permetto- no di migliorare l’idratazione cutanea, per arrivare fino ai… “veleni”. Peptidi “biomimetici” che emulano e sono simili a sostanze come la tossina botulinica e che, come questa, intervengono sulla contrazione muscolare. I tanti tipi diversi di principi funzionali vengono impiegati nei prodotti dermo cosmetici con finalità molteplici e affiancano la terapia medica nel trattamento di diverse alterazioni cutanee, dal fotoinvecchiamento alla rosacea, dalle dermatiti irritative dell’adulto e del bambino ad altre numerose situazioni cliniche. Ma l’attività di queste molecole funzionali corrisponde sempre a quella reclamata dalla comunicazione del prodotto? Basta davvero inserire un antiossidante nel prodotto per sostenere che ci protegge dal fotoinvecchiamento? È necessario che il dermatologo, per la tutela stessa del suo paziente, approfondisca le sue conoscenze su queste molecole e su come si debba valutarne la reale efficacia. Leonardo Celleno Unità di Dermatologia Complesso integrato Columbus Centro di Ricerche Cosmetologiche, Università Cattolica Roma Percorsi riabilitativi nell’insufficienza venoso-linfatica Il corpo umano è caratterizzato dalla persistenza di un insieme di strutture capaci di trasmettere l’azione delle parti coinvolte, al fine di generare un movimento, variando la posizione dei singoli segmenti articolari o dell’intera struttura. Ognuna delle strutture neurali viene armonizzata in integrazioni sempre più complesse; pertanto, il movimento che coinvolge una certa parte del corpo può influenzare in modo sostanziale l’espressione motoria e funzionale di tutto l’insieme. Il sistema Uomo è un biosistema motorio complesso ove l’omeostasi e le funzioni stato-dinamiche regionali o segmentali sono inscindibili da quelle generali e il circuito di regolazione non risulta di tipo lineare-causale ovvero di stimolo e reazione, ma di tipo interattivo tra un grande numero di circuiti tra loro collegati e interagenti. Dalle evidenze biocibernetiche è possibile affermare sia che i processi di omeostasi del sistema corporeo, intesi come stato di stabilità dell’organismo, vengono mantenuti attraverso un sistema di meccanismi di controllo attivati da cir- cuiti di controreazione, sia che l’evoluzione dinamica del sistema corporeo risulta assimilabile più che a quella di un sistema influenzato soltanto dall’esterno a quella di un sistema quantistico, che dipende da fattori sia esterni che interni. Il sistema corporeo cibernetico, pertanto, è da intendere come insieme di strutture correlate e funzionalmente concorrenti con equifinalità motoria nel rispetto delle leggi dell’equilibrio del comfort, e risparmio energetico. Le connessioni anatomo-funzionali e biomeccaniche tra i vari distretti corporei si esprimono attraverso condizioni patologiche disfunzionali. La concomitanza di eventi di questo tipo, evidenzia il fatto che gli organi coinvolti non sono solo contigui, bensì interagiscono, creando un complesso gioco di equilibri, come in un circuito continuo. La disfunzione biomeccanica di una struttura miofasciale in rapporto al tono e all’elasticità determina la comparsa di stati di compenso che sono i precursori di sovraccarico biomeccanico e funzionale. Se c’è una discrepanza tra il programma motorio originale e il movimento risultante, il programma va rivisto e corretto attraverso un’efficace integrazione dei recettori atti a misurare la prestazione e le “unità di compenso”. Inoltre nell’ambito della dinamica corporea le interconnessioni tra sistema posturale e i distretti vascolari, soprattutto il sistema venoso degli arti inferiori è rappresentato dalle vene plantari superficiali (suola di Lejars), dalle vene plantari profonde e dalle vene superficiali dorsali del piede da cui originano le vene safene superficiali (grande e piccola safena) che sono messe in comunicazione con le vene profonde (vena tibiale, peroniera, femorale) attraverso le vene perforanti. Il piede, la caviglia e i muscoli del polpaccio formano il cuore periferico formando un’unità anatomo-funzionale. Il meccanismo di questa pompa periferica è il seguente: durante la marcia l’uomo scarica il suo peso sull’avampiede e sulla suola venosa di Lejars, il sangue in essa contenuto viene così spremuto in direzione profonda e centripeta, la contrazione dei muscoli del polpaccio (tricipite surale), in particolare, e dei muscoli della loggia anteriore della gamba, durante il movimento di flesso-estensione plantare, imprime velocità alla massa sanguinea e la porta nel sistema popliteo, al passo successivo la flessione del ginocchio favorisce lo svuotamento nella vena poplitea che rappresenta la più importante via di drenaggio verso il sistema 7 venoso profondo della coscia ove entrano poi in funzione i meccanismi di pompa più prossimali. Nell’ambito delle patologie vascolari alterazioni della dinamica corporea viste le suddette interrelazioni anatomo funzionali possono determinare alterazioni nella fisiologica funzione dei sistemi vascolari veno-linfatici. Vari sono i meccanismi che consentono il deflusso venoso e linfatico in direzione profonda e centripeta e riguardano la struttura ossea, le fasce muscolari, le fasce connettivali perivascolari e le valvole venose sopracitate. Le forze che intervengono in tale funzione si dividono in: - forze aspirative: aspirazione centripeta tramite gli atti respiratori e il rilascio muscolare; - forze propulsive: pressione arteriosa residua nel microcircolo, pulsazione arteriosa adiacente alle vene, spinta plantare, contrazione muscolare in particolare dei muscoli del polpaccio. L’azione di queste forze varia in base alle variazioni della statica e della dinamica coporea. Nella stazione eretta immobile, il peso della colonna di sangue che va dall’atrio destro del cuore al malleolo tibiale (interno) corrisponde alla pressione presente nelle vene distali degli arti inferiori (ca. 90 mm Hg a livello del malleolo), mentre è ca. zero a livello dell’atrio destro con le vene della testa e della metà superiore del collo collassate. In queste condizioni, data la carenza di reflusso venoso, le valvole venose non vengono attivate (i lembi valvolari fluttuano liberamente nel lume venoso; essi vengono chiusi da un reflusso venoso fisiologico di ca 30 ml/min) e il ritorno venoso delle vene profonde degli arti inferiori (vena tibiale, peroniera, femorale ecc.) è sospinto dall’onda pulsatoria delle arterie che decorrono parallele e adiacenti alle rispettive vene. Come conseguenza di tutto ciò, in posizione eretta e ferma, il calibro e la pressione delle vene superficiali è massimo favorendo così l’insorgenza di ectasie (dilatazioni venose), varici (dilatazioni associate a allungamento tortuoso) e telangiectasie. Tale fenomeno, in un circolo vizioso degenerativo, sarà tanto più importante quanto maggiore sarà il diametro del vaso venoso. Al contrario, in posizione supina, pressione e calibro delle vene diminuisco- 8 no man mano che gli arti inferiori vengono sollevati sopra il piano del cuore. Durante la marcia, invece, ad ogni passo avviene una vera e propria spremitura muscolare delle vene, con conseguente attivazione delle valvole venose, che riduce la pressione venosa a livello malleolare a 20-30 mm Hg. Si può ben capire come un’alterazione del sistema cibernetico Uomo sia nell’atto del moto sia nel mantenimento della sua postura e collocazione nello spazio possa determinare un cambiamento delle funzioni del sistema vascolare. Le flebo-linfopatie non sono generalmente considerate di carattere prioritario in ambito di salute pubblica, e le liste di attesa per l’assistenza presso le strutture pubbliche possono allungarsi eccessivamente fino a casi letteralmente “dimenticati” dal sistema. Può essere interessante anche sapere che nei pazienti in attesa di intervento chirurgico si osserva un peggioramento dell’insufficienza venosa di circa il 9% per anno. A questo si aggiungono i danni causati dalla disinformazione popolare e una stampa spesso imprecisa e non aderente ai dati provenienti dalla ricerca scientifica. Tutto ciò comporta ritardi ed inappropriatezza dell’assistenza che favoriscono la cronicizzazione e l’evoluzione delle malattie verso gravi complicazioni invalidanti e difficilmente reversibili. Alcune possono essere addirittura fatali, come le trombosi venose profonde e le embolie polmonari, fortunatamente in un ristretto numero di casi, grazie alle moderne possibilità diagnostiche e le misure di prevenzione e trattamento. I percorsi riabilitativi per le differenti tipologie di flebolinfostasi suddivise rispetto all’eziologia si compongono di diversi momenti fondamentali per l’inquadramento diagnostico clinico e terapeutico di ogni singolo paziente affinché il progetto riabilitativo sia individuale (PRI): - il momento diagnostico; - il momento terapeutico, sia medico che chirurgico; - il momento riabilitativo. La fase iniziale del protocollo riabilitativo è essenzialmente una fase di prevenzione-educazione, riduzione del peso corporeo/dieta. In seguito sarà stilato il protocollo riabilitativo. Questo sarà differenziato in riabilitazione posturale e locale combinate all’interno del protocollo riabilitativo e specifiche per ogni tipologia eziolpatologica di flebolinfostasi. Flebolinfostasi meccanica Per quanto riguarda le disfunzioni flebo linfatiche provocate da una disfunzione plantare o posturale la terapia locale agirà sulla sintomatologia e la posturale sull’eziopatogenesi provocante la disfunzione. Flebolinfostasi linfatiche e venose Per quanto riguarda le flebolinfostasi provocate da una disfunzione linfatica e venosa la terapia locale agirà sull’etiopatogenesi e la terapia posturale stabilizzerà a e migliorerà gli effetti della terapia locale Linfedema Nel linfedema sarà utilizzato un protocollo sia locale che posturale differenziato rispetto alla stadiazione dello stesso per andare ad agire su tutti i sintomi correlati alla patologia con metodiche di trattamento combinate. L’approccio deve essere globale nell’ambito delle patologie da linfostasi dove la cooperazione di un team che collabori ognuno con le sue specifiche competenze. Rosa Grazia Bellomo Professore Associato di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università G. d’Annunzio Bibliografia Saggini R., Bellomo R.G., Di Nicola M. et Al. The influence of postural malfunction on venous insufficiency. Intern. Angiol., 2001, 20 (Suppl. 1 to n. 2), 91. Panny M, Ammer K, Kundi M, Katzenschlager R, Hirschl M. Severity of chronic venous disorders and its relationship to the calf muscle pump. Vasa. 2009 May;38(2):171-6. Bani D., , G., G.. Histological and Ultrastructural Effects of Ultrasound-induced Cavitation on Human Skin Adipose Tissue. Plast Reconstr Surg Glob Open. 2013 Sep; 1(6): e41. Roaldsen K.S.. Physical activity in patients with venous leg ulcer – between engagement and avoidance. A patient perspective. Clin Rehabil. 2011 Mar; 25(3): 275–286. Hamdan A. Management of varicose veins and venous insufficiency. JAMA. 2012 Dec 26;308(24):2612-21. 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