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XXIV CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI
LA RIGENERAZIONE URBANA SOSTENIBILE: RIFLESSIONI A PARTIRE DA
UN’ESPERIENZA INGLESE
Silvia GULLINO
Dottoranda in Pianificazione Urbana, Territoriale ed Ambientale (XVII Ciclo)
Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione
Via Bonardi, 3 20133 Milano, e-mail [email protected]
SOMMARIO
L’obiettivo del contributo è quello di presentare i risultati di una ricerca che ho concluso
recentemente presso la South Bank University di Londra sul caso del Millennium Village di
Londra. Si tratta di un interessante interevento di urban regeneration localizzato sulla
Penisola di Greenwich nel sud di Londra, caratterizzato dalla realizzazione di un nuovo
insediamento sullo schema degli urban villages, volto alla diffusione di un modello urbano
maggiormente sostenibile.
Il lavoro è stato svolto grazie ad borsa di studio finanziata dalla Comunità Europea/Fondo
Sociale Europeo/Ministero del Lavoro/Regione Lombardia/Politecnico di Milano per la
“Mobilità internazionale dei giovani che si avviano alla ricerca scientifica” nel periodo
ottobre-dicembre 2002.
1
1. INTRODUZIONE
Il tema del recupero delle aree urbane dismesse è un tema che ha assunto un ruolo centrale
nelle pratiche urbanistiche europee degli ultimi anni (Percy et al., 2003). I processi di deindustrializzazione che hanno caratterizzato la maggior parte delle città europee a partire dagli
anni ’80 se da un lato hanno creato problemi di declino urbano, dall’altro hanno però offerto
possibilità interessanti in termini di recuperi maggiormente rivolti alla sostenibilità (Dansero,
a cura di, 1996; Audis, 2001).
Il paper propone, a partire da una recente esperienza di ricerca svolta a Londra, una
riflessione sul contributo da parte della rigenerazione urbana alla sostenibilità, analizzando un
progetto di trasformazione urbana contemporanea di Londra, il Greenwich Millennium
Village, localizzato sulla penisola di Greenwich ad est dei Docklands.
Si tratta di un brownfield rimasto in disuso per circa quindici anni, in quanto fortemente
contaminato dalle attività industriali pregresse della British Gas e isolato dal contesto urbano
in termini di collegamenti trasportistici. La decisione di prolungare la Jubilee line della
metropolitana, la posizione strategica prossima ai Docklands e soprattutto un rilevante
finanziamento da parte della English Partnerships per la bonifica dell’intera penisola sono
state occasioni importanti per rivalutare l’area ed avviarne il recupero con la Millennium
Dome, la moderna (e controversa) cupola per le celebrazioni del nuovo millennio, nel 1996 e
con il progetto per una new sustainable community nel 1999.
Il progetto di quest’ultima, eseguito dall’architetto anglo-svedese Ralph Erskine sul
masterplan di Lord Rogers, si pone nella volontà del segretario di Stato John Prescott come
un’opportunità per riflettere sulle lezioni del passato e su nuovi modelli urbani maggiormente
sostenibili per il futuro. La Millennium Communities Initiatives, che prevede la realizzazione
di sette nuove comunità su tutto il territorio britannico, si inserisce infatti nel quadro delle
politiche urbane promosse dalla nuova agenda politica laburista avviata nel 1997, orientata
alla promozione dello sviluppo urbano sostenibile1 (Rydin, 2002), al recupero dei brownfields
e alla creazione e diffusione di nuovi insediamenti ispirati all’idea(le) di urban village/econeighbourhood (Aldous, 1997; Barton, 1998 e 2000).
I caratteri progettuali, la presenza di ampie zone verdi e soprattutto i rapidi collegamenti
sia con Canary Wharf sia con la city rendono il caso di studio scelto un interessante recupero
1
La Urban Task Force guidata da Richard Rogers (1999) elabora il documento Towards an urban
renaissance sul quale si basano parte delle politiche urbane del governo Blair (Cameron, 2001). L’obiettivo del
documento, secondo quanto definito nella missione stessa del gruppo, consiste nel rilevare le reali cause del
declino urbano in Inghilterra, proponendo soluzioni concrete per renderle nuovamente vivibili e “it will establish
a new vision for urban regeneration founded on the principles of design excellence, social well-being and
environmental responsability within a viable economic and legislative framework” (Rogers 1999, p.3)
2
urbano. Le riflessioni verteranno in particolare sulla valutazione dei contributi che esperienze
come il Greenwich Millennium Village, inserite nel dibattito in corso sugli urban villages,
possono effettivamente offrire allo sviluppo sostenibile (Biddulph, 2002).
Il paper è organizzato in tre parti. Nella prima, si analizzerà il caso della rigenerazione
della penisola di Greenwich, con specifico riferimento al progetto del Millennium Village,
avvalendosi di alcune interviste effettuate ad operatori e attori coinvolti nella trasformazione
dell’area, della disamina di materiale bibliografico e delle visite in situ. Nella seconda, si
affronterà l’argomento degli urban e millennium villages, particolari insediamenti promossi
nel corso degli anni ’90. Nella terza si proporranno infine alcune prime considerazioni sui
possibili contributi del Millennium Village allo sviluppo sostenibile, con riferimento al
dibattito in corso, ad altri esempi presenti in Gran Bretagna e soprattutto a due recenti progetti
di ricerca.
2. LA RIGENERAZIONE URBANA DELLA PENISOLA DI GREENWICH
(LONDRA)
2.1 La rigenerazione urbana sostenibile
Reconstruction, revitalisation, renewal, redevelopment ed infine regeneration sono termini
che hanno delineato dal dopo guerra ad oggi approcci differenti da parte delle politiche
britanniche al degrado urbano (Roberts, 2000). Non è intenzione di questo contributo
ripercorrerne le varie fasi2, quanto piuttosto soffermarsi su alcune novità introdotte dall’urban
regeneration3 degli anni ’90 rispetto soprattutto ai caratteri dominanti del decennio
precedente. Se la riqualificazione urbana degli anni ’80 era stata principalmente caratterizzata
da progetti ad hoc di tipo property led, condotti in modo isolato senza tener conto dei possibili
effetti indotti dalle trasformazioni sul contesto urbano4, l’ottica delle politiche urbane degli
anni ’90 si sposta invece dal singolo intervento alla città intesa in senso globale, come uno
spazio economico e sociale, e da aspetti semplicemente fisici a tematiche economiche ed
ambientali (Healey, 1997, p.106). Si fa pertanto strada l’idea di un nuovo approccio
2
La letteratura in proposito è decisamente ampia, per cui ci si limiterà a suggerire alcuni riferimenti
bibliografici: Hambleton e Thomas, 1995; Rydin, 1998; Roberts e Sykes, 2000; Cullingworth, 2002.
3
Roberts (2000, p.17) la definisce come una “comprehensive and integrated vision and action which leads to
the resolution of urban problems and which seeks to bring about a lasting improvement in the economic,
physical, social and environmental condition of an area that has been subject to change”.
4
Il risultato di tale approccio è stato che “problems are being addressed in a piecemeal manner and the
linkages between different aspects of regeneration have not been developed” (Turok e Shutt, 1994, p. 212).
3
maggiormente orientato alla creazione di (a) una vision strategica, (b) un approccio di tipo
multi-attoriale e (c) obiettivi orientati alla sostenibilità (Healey, 1997; Roberts, 2000)5.
(a) E’ un carattere distintivo dell’urban regeneration in quanto “all-embracing, lasting and
comprehensive solution to the urban problems” (Roberts, 2000, p.302). Patsy Healey a questo
proposito, oltre a sostenere che “it is no longer possible to approach urban regeneration
through the promotion of urban transformation projects in isolation” aggiunge che “the
emphasis should be creating the conditions for economic, social and environmental
regeneration” (Healey, 1997, p.109), condizioni che sono attuabili solo se inserite in un
contesto strategico di lungo termine (Roberts, 2000).
(b) Un interessante elemento che emerge nelle politiche degli anni ’906 è un’ampia e
condivisa consapevolezza relativa all’importanza della partnership e alla costruzione del
consenso fra gli attori.
(c) Infine, altro nuovo contributo è l’approccio ai problemi urbani che promuova soluzioni
maggiormente orientate allo sviluppo sostenibile, inteso come ricerca di un equilibrio, per
altro molto difficile, fra aspetti economici, sociali ed ambientali (Roberts, 2000). È questo un
tema molto complesso, oggetto di molte interpretazioni, ma che come sostiene Patsy Healey
(1997, p.106) tende ad enfatizzare prospettive a lungo termine, punti di vista multidimensionali, strette relazioni fra aspetti sociali-economici-ambientali, la conservazione delle
risorse, equità inter e intra-generazionale.
Nel corso di questo contributo, e attraverso l’analisi del caso, si cercherà di valutare se
l’idea degli urban villages possa essere effettivamente una soluzione praticabile.
2.2 La Penisola di Greenwich
Il progetto è localizzato sulla penisola di Greenwich, al limite nord del borough omonimo
nel sud est di Londra, ed è parte del Waterfront che si estende da Deptford fino al
Thamesmead.
Si tratta di un sito ex industriale appartenente fino al 1997 alla British Gas che qui aveva
localizzato i propri stabilimenti a partire dal 1889. Fino alla metà del XIX secolo, l’area era
conosciuta con il nome di Greenwich Marsh –la palude di Greenwich- in quanto zona naturale
caratterizzata dalla presenza di una ricca fauna locale. Oltre all’inquinamento provocato dagli
5
Roberts (2000, p.301) definisce questi tre aspetti come “A troika of approaches that determine and drive
successful regeneration”.
6
City Challenge e SRB-Single regeneration Budget sono due programmi urbani inaugurati con il governo
Major e destinati ad avere un impatto notevole a livello di local governace, promuovendo quella che Davoudi e
Healey (1995) definiscono la “three-way partnership”, proprio per identificare l’importante presenza di un terzo
attore, le comunità locali, che si inserisce nel tradizionale rapporto dicotomico pubblico-privato del decennio
precedente.
4
impianti della British Gas, un altro importante impatto ambientale fu causato nel 1897 dalla
costruzione del Blackwall Tunnel, ancor oggi uno dei principali attraversamenti del Tamigi
del sud est. L’area inizia la sua dismissione come sito industriale a partire dal 1985, in seguito
alla progressiva diffusione del metano che soppianta il precedente tipo di produzione a
carbone7.
La penisola rimane in abbandono per quasi quindici anni, in quanto fortemente
contaminata dalle attività pregresse e isolata in termini di connessioni con la riva nord del
Tamigi e con il centro. A partire dalla metà degli anni ’90 è stata tuttavia oggetto di
interessanti (ma anche controversi) progetti di trasformazione urbana che includono la Dome,
la famosa cupola progettata da Lord Rogers per le celebrazioni del nuovo millennio, e il
Millennium Village, progettato invece da Ralph Erskine su masterplan dello stesso Lord
Rogers. I fattori chiave che hanno favorito l’avvio delle trasformazioni dell’area sono stati
l’estensione della Jubilee Line –JLE e le bonifiche, operazioni che hanno permesso successivi
investimenti da parte di attori privati.
3. IL CASO DEL MILLENNIUM VILLAGE
3.1 Profilo territoriale dell’area
Il borough, costituito dai centri di Woolwich, Eltham e Greenwich, ha una popolazione di
218.000 abitanti (Greenwich Council, 2002 su dati relativi al 2000) su una estensione
territoriale di 5087 ha che lo porta ad essere il 12° di Londra per dimensione.
Quest’area, da un punto di vista strettamente territoriale, ha una localizzazione (fig.1)
molto prossima al centro di Londra, ma anche ai Docklands e al city airport, che la rendono
strategicamente interessante. Al suo interno presenta aree rilevanti da un punto di vista storico
e ambientale (come il centro di Greenwich), ma anche zone produttive (soprattutto sulle rive
del Tamigi) e siti industriali dismessi come quello presente sulla penisola. Nella parte ovest di
quest’ultima sono ancora presenti attività produttive con stabilimenti chimici quali l’Amylum,
Alcatel e Hays Chemical, la cui presenza nel borough è tutelata da parte del Council per la
possibilità di creare opportunità di lavoro locale (Greenwich Council, 2002a).
7
Si veda in www.greenwich-village.co.uk
5
GREENWICH
DOCKLANDS
Figura 1 – Inquadramento territoriale della penisola di Greenwich
Nel sud est della penisola, invece, viene decisa la collocazione del Millennium Village,
favorito dall’estensione della Jubilee line e dalle bonifiche compiute dalla English
Partnerships, e che consiste in un nuovo insediamento attualmente ancora in corso di
realizzazione, caratterizzato da usi residenziali misti a commerciali e di loisir, dalla presenza
di ampie zone verdi e da un parco ecologico, di innovative strutture scolastiche e di linee di
trasporto volte a favorire l’uso del mezzo pubblico su quello privato.
3.2 Le fasi della rigenerazione dell’area
Come precedentemente accennato, la penisola resta in stato di abbandono per quindi anni
circa, fino a quando nel 1996 il Governo Britannico non decide di collocare all’estremo nord
dell’area la sede delle celebrazioni per il nuovo millennio (altre possibili sedi avrebbero
potuto essere Birmingham, Derby e Stratford).
Il 23 giugno 1997 vengono iniziati i lavori per la costruzione della Dome, progettata da
Lord Rogers a somiglianza di un sole (un disco con dei raggi) che sembra metaforicamente
inaugurare l’alba del nuovo millennio. La struttura, costituita da una speciale fibra di vetro –il
Teflon- dello spessore di un millimetro, ha un’altezza massima di 50 metri e un diametro di
365 metri (fig.2). I costi troppo elevati (700 milioni di sterline di denaro pubblico, di cui 400
provenienti dai fondi della lotteria e 160 da investitori pubblici come British Airways) ne
hanno fatto oggetto di aspre critiche e innumerevoli controversie, dal momento che
all’investimento iniziale non è corrisposto un sufficiente ritorno economico (e di conseguenza
di immagine) a causa della bassa affluenza di visitatori (6 milioni a fronte dei 12 previsti)
(Butler, 2000).
6
Pertanto se in un primo momento il governo aveva pensato di smontarla al termine degli
eventi, dopo alterne vicende, ha pensato pertanto di venderla8.
Figura 2 – La Dome
A seguito della scelta localizzativa della Dome, il Segretario di Stato per l’Ambiente John
Prescott lancia nel luglio 1997 la prima Millennium Village Competition con l’obiettivo di
creare un nuovo modello di comunità per il XXI secolo da ubicare sulla Penisola, per poi
riprodurla in altre sei differenti aree della Gran Bretagna per soddisfare la necessità di 6000
nuove unità abitative (English Partnerships, 2001)9. L’area era ancora interamente di proprietà
della British Gas la quale si trova pertanto all’interno del dibattito per il suo recupero in
qualità di attore chiave. In realtà piuttosto che dei progetti relativi alle esibizioni l’azienda
preferisce occuparsi delle bonifiche, che vengono avviate a suo carico nel periodo 1996/97
per una spesa di circa 50 milioni di sterline, comprensive anche della costruzione della
stazione della metropolitana della Jubilee Line. Quando però nel settembre 1997 la English
Partnerships - EP, l’agenzia nazionale per la rigenerazione urbana, acquista per 20 milioni di
sterline l’intera area di 121 ha dalla British Gas, ne prosegue le bonifiche per una spesa di 180
milioni di sterline10. I lavori sono essenzialmente consistiti nel bonificare la terra contaminata,
collocare una barriera lungo il Tamigi per evitare un eventuale futuro percolamento di
inquinanti nell’acqua e nel porre uno strato protettivo per assicurarne usi futuri sicuri11.
8
La Dome, come verrà precisato nel paragrafo sugli attori intervenuti, è stata acquistata dalla Anschutz
Entertainment Group Europe (AEG).
9
Oltre a Greenwich gli altri siti selezionati sono Allerton Bywater nei pressi di Leeds, New Islington a
Manchester, NarOuse in King’s Lynn cui se ne sono aggiunti altri tre: East Ketley nei pressi di Telford,
Oakgrove vicino a Milton Keynes e Hastings. La scelta di questi ultimi è stata annunciata solo di recente, il 18
luglio 2002 (www.englishpartnership.co.uk).
10
Viene stipulato un accordo fra l’acquirente e venditore tale per cui quest’ultimo possa beneficiare di un
ulteriore 7.5% dalla stessa EP una volta portato a termine il recupero dell’intera penisola.
11
www.englishpartnership.co.uk
7
EP commissiona poi nel 1997 un masterplan ad un team di consulenti, fra cui la Richard
Rogers Partnership, Jones Lang LaSalle, JMP Consulting and Garnier & Thebald, per avviare
un progetto di rigenerazione dell’area che comprendesse, a partire da una new sustainable
community, strade ciclabili e pedonali, servizi, luoghi di loisir e ampie zone verdi secondo il
(presunto) modello sostenibile dell’urban village.
Il piano prevede la collocazione del Millennium Village a sud est della penisola e due zone
residenziali ad alta e bassa densità fra lo stesso villaggio e la Dome. Come si può notare dal
masterplan, ma anche dallo stesso Unitary Development Plan (Greenwich Council, 2002)
attualmente ancora sotto revisione la rifunzionalizzazione dell’area adiacente alla Dome e alla
stazione della metropolitana dipendono strettamente dal riuso della Dome. Con l’acquisto
dell’area della Dome da parte di AEG, il consorzio Meridian Delta Ltd (MDL), English
Partnerships (EP) e Anschutz Entertainment Group Europe (AEG) hanno sottoposto al
London Borough di Greenwich un nuovo masterplan che copre i restanti 190 acri della
Greenwich Peninsula per un riuso dell’area adiacente la Dome.
Progettato da Terry Farrell e Partners, il Masterplan prevede i seguenti usi:
- 10,000 unità abitative
- 340,000m2 di spazio commerciale
- nuove strutture scolastiche
- aree pubbliche
- un’arena sportiva per 26.000 persone all’interno della Dome
- ulteriori ed eventuali 62,000m2 intorno alla Dome
- un hotel.
3.3 Il progetto del Millennium Village
Nel 1999 il progetto di Ralph Erskine, architetto anglo-svedese con una solida esperienza
nella progettazione di comunità di matrice ecologica, viene selezionato da John Prescott per
essere realizzato dalla Greenwich Millennium Village Ltd12. Il nuovo insediamento prevede
usi residenziali misti a commerciali e di loisir, alta densità abitativa, ampie zone verdi e un
parco ecologico, circuiti ciclabili e percorsi pedonali per scoraggiare l’uso del mezzo privato.
Il progetto dell’estensione della JL tende a voler favorire queste scelte, anche se le automobili
non sono ovviamente eliminate dal progetto. Si prevede la realizzazione di parcheggi
sotterranei o comunque ad una certa distanza dalle unità abitative (Gossop, 2002). In accordo
con l’idea di voler incoraggiare il più possibile l’uso dei servizi locali, ristoranti, negozi, caffè
e luoghi di loisir sono presenti nell’area a distanza pedonale. La principale idea di Erskine,
elaborata in collaborazione con lo studio londinese Hunter Thompson Associated, consiste nel
12
Per notizie su questa joint venture si veda il paragrafo relativo agli attori.
8
realizzare l’insediamento ponendo l’abitante al centro del progetto. Le 1400 nuove unità
abitative, che di per sé rischierebbero di creare non tanto una comunità quanto piuttosto un
ambiente alienante, sono infatti organizzate in cinque sub-aree, ciascuna delle quali è ancora
ulteriormente suddivisa in 30-50 “horse-shoe shaped gossip groups” (Ehrs, 1998). Tutte le
abitazioni, così come le strutture scolastiche e il centro medico, sono infine efficienti da un
punto di vista energetico, per via dei materiali (prodotti a basso impatto ambientale)
impiegati, il tipo di orientamento che sfrutta l’energia solare passiva e soprattutto un tipo di
riscaldamento a ciclo combinato (figg.3-4). Gli obiettivi e target prefissati sono sinteticamente
indicati in tab. 1.
Figura 4 - tipologia di edifici
Figura 3 – tipologia di edifici
9
SCELTE PROGETTUALI
biodiversità
§ Nuovi spazi Verdi e un parco ecologico con
60.000 arbusti e 12000 piante, un lago stagni per
attirare uccelli migratori.
Aria
§ Diminuzione delle emissioni di CO2 emissioni,
grazie alla riduzione di energia domestica e
dell’uso di trasporti
Suolo
§ Bonifiche dei principali inquinanti per un
investimento di oltre 180 milioni di sterline,
§ Protezione lungo il Tamigi per evitare eventuali
percolamenti,
§ Installazione di uno strato isolante protettivo per
futuri usi in sicurezza
Riduzione uso energia
§ Protezione dai venti per ottimizzare la
temperatura interna,
§ Uso passivo del sole,
§ Riscaldamento a ciclo combinato,
§ Recupero acque piovane e riciclaggio acque
grigie per usi non domestici,
§ Separazione rifiuti e riciclaggio.
Edifici
§ Utilizzo di materiali fabbricati a basso impatto
ambientale (basso livelli di energia per la loro
produzione, Eco-labelling…);
§ Scelte progettuali per garantire il confort degli
abitanti e migliorarne la qualità di vita:
- Isolamento acustico,
- Controllo termico,
- Qualità dell’aria attraverso la naturale
ventilazione della vegetazione,
- Illuminazione naturale;
§ Adattabilità degli spazi interni abitativi
attraverso pareti scorrevoli alle esigenze degli
abitanti;
§ Uso di tecnologie e di comunicazione e sistemi
di sicurezza.
Trasporti
§ Disincentivazione dei mezzi privati attraverso
percorsi pedonali e ciclabili e trasporto pubblico,
§ Collegamenti stradali con la riva nord
(Blackwall Tunnel) e con il sud,
§ City airport.
Spazi residenziali
§ Ampie zone verdi ricreative
OBIETTIVI
Migliorare la qualità dell’area, permettendo
la vita faunistica, offrendo ai residenti spazi
verdi e un parco ecologico nel centro di
Londra
Creare una comunità più vivibile nel centro
di Londra con facile accessibilità grazie ai
mezzi pubblici
Targets:
1. riduzione il consumo di energia
dell’80%
2. riduzione del consumo dell’acqua del
30%
3. riduzione della produzione di rifiuti di
materiali da costruzione del 50%
Minimizzare l’impatto costruendo edifici con
materiali, tecnologie e design nuovi che
possano creare nuovi stili di vita.
Targets:
1. riduzione dei costi di costruzione del
30%
2. riduzione dei tempi di cantierizzazione
del 25%
3. riduzione della necessità dell’uso dei
mezzi privati
(rielaborazione da dati in www.greenwich-village.co.uk)
Tabella 1 – sintesi delle scelte progettuali e obiettivi di sostenibilità auspicati
10
3.4 Principali attori che intervengono nel progetto di rigenerazione
Landowners
La British Gas aveva i suoi stabilimenti sulla penisola di Greenwich dalla fine del ‘800,
dove rimasero fino al 1985 e di cui rimane proprietaria fino al 1997. Nel 1996/97 BG
Property Division (poi diventata Lattice Property) inizia ad occuparsi delle bonifiche a partire
dall’area più a nord, individuata come sede della Dome.
English Partnerships - EP è l’agenzia nazionale di rigenerazione urbana creata in seguito
al Reform, Housing and Urban Development Act del 1993 e che diviene pienamente operativa
solo nell’aprile 1994, accorpando quelle che erano tradizionalmente le funzioni di English
Estates, City Grant and Derelict Land Grant. In cooperazione con le RDAs-Regional
Development Agencies, autorità locali e il settore privato ha come obiettivi principali:
aumentare il numero di social housing, soprattutto in quelle aree in cui la domanda è
alta così come i prezzi,
-
creare nuove comunità come per esempio le Millennium Communities,
-
sostenere e rivitalizzare l’economia di quelle comunità localizzate in aree degradate,
-
recuperare e bonificare brownfields.
Developers
Moat Housing Group e Ujima Housing Association housing associations incaricate
della gestione della quota di 20% di social housing incluse nel piano per il Millennium
Village.
Greenwich Millennium Village Ltd è incaricata dalla English Partnerships di condurre la
realizzazione del Millennium Village progettato da Erskine. Si tratta di una joint venture fra
due società con una consolidata esperienza nel settore della riqualificazione urbana13:
- Countryside Group, le cui attività sono normalmente rivolte alla costruzione di private e
social housing e al recupero di proprietà commerciali, è stata coinvolta per occuparsi della
creazione di nuovi insediamenti di prestigio che possano creare valore aggiunto alle comunità
e all’ambiente.
- Taylor Woodrow è una società leader a livello internazionale nel settore edile.
13
Per ulteriori approfondimenti si vedano i siti della Millennium Village Ltd (http://www.greenwichvillage.co.uk), della Countryside Properties (http://www.countryside-properties.co.uk) e della Taylor Woodrow
(http://www.taywood.co.uk).
11
Planners
Lord Rogers progetta la Dome ed insieme a Jones Lang LaSalle, JMP Consulting and
Garnier & Thebald il masterplan per la English Parnerships che prevede la localizzazione del
Millennium Village nella parte più meridionale della penisola.
Ralph Erskine è un architetto di nazionalità inglese ma con una lunga attività
professionale condotta in Svezia. È noto per aver progettato comunità di stampo ecologico, un
recupero immobiliare in Newcastle, ma anche progettato edifici per ambienti artici e l’aula
magna dell’Università di Stoccolma. Ha progetta il Millennium Village dal suo studio di
Stoccolma in collaborazione con la Hunt Thompson Associated di Londra.
Terry Farrel è stato recentemente incaricato della realizzazione di un masterplan dalla
Meridian Delta Ltd (MDL), English Partnerships (EP) e dalla Anschutz Entertainment Group
Europe (AEG) per 76 ettari (190 acri) compresi fra l’estremo nord della penisola (Dome
inclusa) e tutta l’area più a sud, escluso il Millennium Village per un nuovo insediamento di
circa 10.000 nuove unità abitativa da realizzarsi nell’arco di vent’anni.
Meridiana Delta Ltd (MDL) è una joint venture creata fra Lend Lease, Quintain Estates e
Development plc. La società è stata creata appositamente per condurre la rigenerazione della
Greenwich Peninsula e della Millennium Dome con un accordo con English Partnerships nel
maggio 2002. MDL collabora dal 2002 con Anschutz Entertainment Group Europe (AEG) –
one of the worlds leading live entertainment companies – per la rifunzionalizzazione della
Dome14.
Anschutz Entertainment Group Europe (AEG), nota società che opera a livello
mondiale nel settore dell’intrattenimento e dello spettacolo, acquista la Dome. Il portfolio di
AEG include anche la proprietà di diverse squadre sportive fra cui i Los Angeles Lakers e le
squadre di hockey su ghiaccio dei London Knights e dei Los Angeles Kings.
Autorità locale
Il Greenwich Council ha prodotto nel 1994 lo UDP per il borough di Greenwich,
documento attualmente sotto revisione che, una volta adottato, fornirà le strategie per il
periodo 2001-201015 ed ha inoltre espresso la sua vision per l’area in un documento
specificatamente relativo alla penisola16.
14
La Dome chiude, fra le molte polemiche sui costi di progetto e di mantenimento, il 31 dicembre 2000 dopo
appena un anno dalla sua apertura al pubblico.
15
Per ulteriori dettagli si veda il paragrafo dedicato espressamente all’Unitary Development Plan.
16
Greenwich Council (2002b), The Greenwich Peninsula development framework, aprile
12
4. URBAN VILLAGES/ECO-NEIGHBOURHOOD IN GRAN BRETAGNA
L’idea(le) di urban village, che in realtà deve parte delle proprie origini alla tradizione
urbanistica britannica e in particolar modo ad esperienze quali le Garden Cities di Howard,
ritorna all’interno del dibattito britannico nel 1992, quando l’Urban Village Forum17 creato
dal Principe Carlo lancia la British Urban Campaign per diffondere un “nuovo” modello
urbano basato fondamentalmente su (Aldous, 1992; Barton, 1998 e 2000; Thompson-Fawcett,
2000):
o usi residenziali misti commerciali e di loisir, per contrastare la zonizzazione e
incoraggiare l’uso dei servizi locali con conseguenti effetti di riduzione della
mobilità,
o alta densità degli insediamenti,
o progettazione accurata degli spazi pubblici, con percorsi pedonali e ciclabili
sicuri.
Gli esempi maggiormente significativi sembrano essere quelli di Poundbury a Dorchester,
di Crown Street a Glasgow e di Jewellery Quarter a Birmingham18, cui ne sono seguiti molti
altri.
Il concetto di urban village viene ripreso nuovamente alla fine degli anni ’90 grazie
all’agenda politica laburista di Tony Blair inaugurata nel 1997, attraverso la quale il nuovo
governo tende a promuovere nuovi insediamenti, sette Millennium Villages da localizzarsi sul
territorio britannico a partire dal quello di Greenwich. Gli obiettivi, pur con una certa
coerenza con la tradizione degli urban villages, sembrano essere tuttavia maggiormente
orientati al raggiungimento di target di tipo ambientale. Quando la British Urban Villages
Campaign fu lanciata nel 1992, l’obiettivo era infatti ricreare realtà urbane orientate al
raggiungimento della sostenibilità economica, ambientale, ma soprattutto sociale. ThompsonFawcett (2000) ne approfondisce le caratteristiche fisiche e dimensionali, indicando come
preferibili le aree di dimensioni limitate, in quanto attraversabili in breve tempo a piedi, ma
non troppo per poter ospitare funzioni ed attività commerciali adeguate. Cento ettari per una
popolazione di 3000-5000 persone sembrano secondo la Thompson-Fawcett (2000) le
dimensioni maggiormente indicate per aree che non devono restare realtà solitarie, ma al
contrario essere connesse tra loro possibilmente tramite percorsi pedonali e ciclabili. Gli
insediamenti, per contrastare i fenomeni di diffusione, devono avere inoltre alti livelli di
densità necessari anche a favorire la localizzazione di una varietà di attività commerciali.
17
L’Urban Village Group è un gruppo di architetti, planners e developers raggruppati per volontà del
Principe Carlo (Biddulph, 2002).
18
Tutte e tre le iniziative sono state promosse dall’Urban Village Forum (www.princes-foundation.org)
13
Come già accennato infatti, gli urban villages sono soprattutto un’alternativa alla
zonizzazione funzionale che deve prevedere una compresenza di attività commerciali, luoghi
di loisir e servizi alle residenze tali da privilegiare il livello locale e limitare la necessità di
spostamenti. Altri due aspetti ritenuti importanti sono infine il coinvolgimento e la
partecipazione dei residenti alle attività pianificatorie e alla gestione del quartiere, come anche
la costruzione di un senso di appartenenza e di identificazione da parte degli abitanti nella
comunità (Aldous, 1997).
Barton (1998; 2000) invece, di fronte al proliferare di esperienze anche molto differenti fra
loro, ne ha tentato una classificazione basandosi sui seguenti parametri discriminanti: scala,
localizzazione, caratteristiche funzionali e agenzie coinvolte. Da quest’analisi è emerso un
quadro piuttosto variegato per cui, a seconda dei caratteri particolari e degli approcci degli
insediamenti (tecnologico, ecologico, sociale…), Barton li ha raggruppati in differenti sottocategorie quali per esempio dei rural eco-villages, piuttosto che dei televillages o delle
ecological townships.
Da questo tentativo e dalla stessa letteratura specifica orientata a supportarne la diffusione
(si veda per esempio Aldous, 1992; Barton, 2000; Thompson-Fawcett, 2000) è facilmente
intuibile quanto il concetto di urban village sia fragile ed ambiguo, dal momento che tipi
differenti di esperienze sembrano poter essere riconducibili ad una medesima idea.
Nonostante poi il lavoro di catalogazione delle esperienze in corso svolto da Barton (1998;
2000), sembra non esserci una precisa distinzione fra urban e millennium villages. Si può
tuttavia dedurre che i primi si rifacciano principalmente alla matrice culturale e alle
esperienze guidate dal Forum (Aldous, 1997), mentre i secondi siano quelli promossi di
recente dal Governo Britannico alla fine degli anni ’90 per far fronte alla crescente pressione
immobiliare e alla disponibilità di brownfields nelle aree urbane. Oltre alla nomenclatura
anche gli obiettivi sembrano essersi modificati nel corso degli anni. Mentre le prime
esperienze erano caratterizzate da una matrice maggiormente sociale nel tentativo di risolvere
problemi inerenti alla scarsa qualità architettonica urbana, le seconde al contrario, come
conseguenza forse di una sempre maggiore crescita del dibattito sulla sostenibilità, sembrano
rilevare un’impronta maggiormente tecnologica e ambiziosi obiettivi di tipo ambientale.
5. CONSIDERAZIONI SUI CONTRIBUTI DEGLI URBAN VILLAGES ALLO
SVILUPPO SOSTENIBILE
Nell’arco di alcuni anni sono state condotte due ricerche interessanti relative alla
valutazione dell’esperienze degli urban e dei millennium villages in Gran Bretagna. La prima
(Office of Deputy Prime Minister, 2000) affidata dal DETR nel 1999 ad un team di consulenti
(Llewelyn-Davies, CAG Consultants e a GHK Economics), mentre la seconda (Biddulph,
14
2002) di tipo invece accademico è stata condotta da un gruppo di ricercatori del Department
of City and Regional Planning della Cardiff University su finanziamento dell’Economic and
Social Research Council.
Il primo studio, non a caso finanziato dal Governo, parte dal presupposto che “the
Millennium Villages iniziative (and other developments) could achieve more integrated
sustainable settlements” anche se poi nel corso del rapporto viene precisato che “no
settlements, however, has yet delivered the order of magnitude of improvement to demonstrate
true sustainability” (Office of Deputy Prime Minister, 2000). Uno degli obiettivi principali
della ricerca non è quindi tanto la verifica della loro efficacia o meno nella promozione di
modelli urbani sostenibili, quanto piuttosto la creazione di un framework per facilitarne le
scelte progettuali, per individuarne lezioni trasferibili e utili, per un feed back e per
promuoverne la diffusione anche in contesti territoriali differenti (aree urbane, zone rurali,
piccole città).
Gli insediamenti selezionati e sui quali è stato avviato lo studio sono stati cinque: due
millennium villages (Greenwich e Allerton Bywater) e tre urban villages (West Silvertown,
Whaltam Forest a Londra e Poundbury). La scelta è volutamente ricaduta su esperienze molto
diverse fra di loro, soprattutto in termini di differenti stadi di realizzo, per “allow a balanced
assessment of framework application in more fully developed areas” (Office of Deputy Prime
Minister, 2000).
A livello metodologico, la ricerca è stata condotta secondo le seguenti fasi:
1. individuazione di una definizione operativa di sostenibilità in base alla quale realizzare
la valutazione,
2. definizione di criteri in base ai quali valutare il contributo degli urban villages ai fini
della sostenibilità,
3. sperimentazione dei criteri sui cinque casi-studio.
1. Partendo da differenti definizioni di sviluppo sostenibile proposte dalla letteratura a
partire dal Rapporto Bruntland e soprattutto, per il contesto britannico, dalla
pubblicazione Sustainable Communites for the 21st century19 (DETR, 1998) e A better
qualità of life (DETR, 1999), la ricerca propone di adottare non tanto una nuova
definizione teorica condivisa di sostenibilità, quanto piuttosto una “working definition
19
Il rapporto delinea le caratteristiche basilari per una società di tipo sostenibile, proponendo una checklist di
17 tematiche per “protect and enhance the environment, meet social needs, promote economic success” (DETR,
1998).
15
of key aspetcs of sustainable communities” (Office of Deputy Prime Minister, 2000) e
soprattutto criteri di analisi efficaci.
2. Per verificare la sostenibilità di una community ne sono stati individuati sette:
-
Riduzione del consumo di risorse non rinnovabili,
-
Protezione e miglioramento del patrimonio ambientale locale,
-
Miglioramento della qualità progettuale,
-
Miglioramento dell’accessibilità da parte dei residenti ai servizi,
-
Aumento dell’inclusione sociale,
-
Ampliamento della partecipazione,
-
Creazione di una comunità economicamente autonoma.
Ciascuna tematica è stata poi analizzata approfonditamente e riproposta in una tabella
valutativa sintetica organizzata nelle seguenti voci:
a.
obiettivo/domande
b.
indicatore
c.
metodo valutativo
d.
fonti dei dati
e.
possibile azione
Il framework può essere applicato a tutte le fasi progettuali di un insediamento
potenzialmente adatto a partire dalla selezione stessa di un sito idoneo alla realizzazione di
una sustainable community. Singole caratteristiche di un sito possono infatti incidere
potenzialmente su obiettivi di tipo sostenibile: un’area collocata in prossimità di un efficiente
nodo di trasporti pubblici può per esempio avere maggiori probabilità di promuovere la
riduzione dell’uso del mezzo privato, così come per esempio un’area ben esposta a sud di
impiegare in modo maggiormente efficiente l’uso dell’energia solare di tipo passivo. In fase
progettuale invece i sette criteri dovrebbero essere una guida nel definire gli obiettivi degli
insediamenti per poter garantirne l’efficacia in termini di sostenibilità (Office of Deputy
Prime Minister, 2000).
Se questo studio si rivela interessante da un punto di vista metodologico, la ricerca
condotta da Biddulph (2002) si presta maggiormente ad un’analisi critica. L’obiettivo dello
studio infatti è valutare se gli urban villages promuovano forme di sostenibilità urbana oppure
no.
A livello metodologico, la ricerca (Biddulph et al., 2002) è partita dall’identificazione,
attraverso l’invio di questionari alle amministrazioni locali, di 55 insediamenti in tutta la Gran
Bretagna definiti “urban villages”, per poi concentrare lo studio su tre: Bordesley Urban
Village a Birmingham, Garston Urban Village a Liverpool e West Silvertown Urban Village
16
(Royal Victoria Docks) a Londra. Ciascuna delle tre esperienze è stata poi valutata in base
agli stessi parametri individuati dal Forum (Aldous, 1997), ovvero qualità della progettazione
urbana, densità, disponibilità dei trasporti pubblici... (Biddulph et al. 2002, pp.18-19).
A conclusione della ricerca gli autori sono giunti alla conclusione che la maggior parte
delle esperienze non presenta alcuna delle caratteristiche indicate dal Forum stesso (Aldous,
1997). Le ragioni vanno ricercate sia nella definizione stessa data dal Forum (troppo vaga) sia
nella necessità da parte dei nuovi insediamenti di adeguarsi spesso ad un tessuto urbano preesistente e consolidato. Infatti, “in each location regeneration plans existed prior to, and
independently of, urban village associations, and subsequently elements of the urban village
concept were explicitly abstracted and re-interpreted to fit (a) the strategy or vision for the
area, (b) the agendas of the organisations and individuals involved, and (c) the local context
of the site characteristics, populations and facilities” (Biddulph et al. 2002, p.19). Biddulph
suggerisce una certa cautela in quanto “the concept is largely a mental construct and attempts
to transform it into a physical construct can only result in modified interpretations”
(Biddulph et al. 2002, p.21) e che dietro all’idea di un quartiere sostenibile possa nascondersi
semplicemente un’abile operazione di marketing,
Un ulteriore critica viene infine mossa agli aspetti progettuali. La realizzazione
architettonica di un villaggio sostenibile non implica necessariamente che gli abitanti adottino
stili di vita altrettanto sostenibili (Biddulph et al. 2002, p.21).
A conclusione dello studio condotto, “the research suggests that the idea that urban
villages create sustainable environments is more imagined than real, and that sustainability is
(or is not achieved independently of urban village claims” (Biddulph et al. 2002, p.21).
6. CONCLUSIONI
Il progetto di trasformazione avviato sulla penisola di Greenwich è, come si è visto,
orientato alla creazione di un insediamento urbano sostenibile e rappresenta, in accordo con la
vision del governo laburista, un modello da diffondere nelle realtà urbane del XXI secolo.
Il masterplan presenta interessanti ed innovativi obiettivi ambientali, soprattutto se
confrontati con i tradizionali approcci alla rigenerazione urbana. Il suo design, la presenza di
zone verdi e soprattutto la rapida connessione con Canary Wharf e con il centro rendono il
Millennium Village un’area interessante. Ma proprio per i suoi tentativi di promuovere stili di
vita maggiormente sostenibili occorre riflettere sulle sue proposte, al fine di cercar di
comprenderne le reali potenzialità.
Il Millennium Village è stato pensato come sustainable community in grado di promuovere
stili di vita maggiormente sostenibili attraverso un piano che tenesse conto di usi residenziali
misti a commerciali e di loisir, in modo tale da incoraggiare gli spostamenti locali attraverso
17
percorsi pedonali e ciclabili, mentre gli spostamenti a più ampio raggio attraverso l’uso di
efficienti mezzi di trasporto pubblico. L’estensione della JL è stata sicuramente una ragione
fondamentale nella scelta localizzativa del Millennium Village sulla penisola. Grazie infatti
alla localizzazione geografica strategica, gli abitanti possono usufruire di un doppio
vantaggio: uno stile di vita di quartiere (lontano dal traffico e dai ritmi frenetici di Londra)
senza tuttavia rinunciare ai vantaggi della grande città. In realtà però la fermata della
metropolitana è situata ben più a nord (1 Km circa) e l’area in questione si trova molto più
orientata agli accessi stradali del borough. Per potere valutare il ruolo chiave della JLE, il
villaggio avrebbe pertanto dovuto essere situato molto più in prossimità della Dome. Le
ragioni di questa distanza possono essere diverse. La necessità di dover prevedere ampi
parcheggi e strutture a servizio della Dome per le esibizioni, ma soprattutto l’incertezza
relativa ad una rifunzionalizzione degli spazi a seguito delle manifestazioni, hanno
probabilmente contributo ad una scelta localizzativa del Millennium Village nella parte più
meridionale della penisola20 e conseguentemente a maggiore distanza (Pharoah, 2003).
Da alcune interviste realizzate ad alcuni attori locali, è stato interessante cercare di
delineare il profilo dei nuovi abitanti nonostante sia ancora presto per trarne valutazioni
definitive, dal momento che il progetto non ha ancora raggiunto la sua fase conclusiva.
Nonostante il villaggio fosse stato destinato a particolari categorie sociali, quali famiglie con
bambini per la possibilità di usufruire di spazi verdi in cui poter giocare in sicurezza, la
possibilità di vivere in una comunità in cui intrecciare legami sociali con i vicini, percorsi
ciclabili e pedonali, al momento i primi residenti sembrerebbero essere maggiormente giovani
coppie o addirittura single. In realtà la loro presenza non sorprende per via della vicinanza
della penisola ai Docklands e alla City. Sfortunatamente il loro stile di vita mal si accorda con
le idee di fondo del progetto, dal momento che i ritmi lavorativi e di loisir non sono
necessariamente relazionati alla vita locale. Un ulteriore aspetto interessante in merito è
emerso da un’intervista a Tim Pharoah21 e riguarda l’uso degli spazi pubblici nelle realtà
inglesi. Secondo Pharoah, il fermarsi per strada o nelle piazze del proprio quartiere per
intrecciare relazioni sociali con i propri vicini non farebbe parte delle abitudini anglosassoni,
per cui nel caso in cui gli spazi del Millennium Village non fossero frequentati dai bambini e
dalle rispettive famiglie, rischierebbero di restare vuoti.
Da un punto di vista progettuale, gli appartamenti progettati da Erskine sono
energeticamente efficienti e presentano indubbie qualità architettoniche non solo negli esterni
ma anche negli interni che sono caratterizzati da uno stile altamente tecnologico. Il
Millennium Village se da un lato risparmia energia per via di scelte progettuali accurate
20
Un ulteriore aspetto che può aver contribuito alla localizzazione del Millennium Village nella
localizzazione attuale è il minor livello di contaminazione della penisola nell’area sud rilevato nel corso delle
indagini di bonifica.
21
Tim Pharoah svolgeva attività didattica alla South Bank. Attualmente è consulente alla Llwelyn-Davies di
Londra.
18
dall’altro sembra consumare per via degli alti stili di vita concessi ai suoi abitanti. La
consapevolezza ambientale, che Biddulph (2002) sottolineava essere un carattere
fondamentale nel promuovere stili di vita sostenibili, di questi primi abitanti sembra essere
infatti uno dei punti debole del progetto22. La ricerca della sostenibilità non dovrebbe essere
relegata alle sole tecnologie di un edificio, ma essere parte integrante di nuovi comportamenti
e stili di vita maggiormente consapevoli.
Nonostante tutto, la penisola di Greenwich può essere un interessante esempio non solo di
un recupero di brownfield, ma addirittura di un tentativo di trasformare un sito contaminato in
una nuova comunità orientata alla sostenibilità. Le polemiche sono state sicuramente molte.
Recentemente The Guardian (29 aprile 2003) ha riportato i duri commenti di un report
parlamentare sulle politiche governative in termini di housing e su questo insediamento, in
particolare:
“almost six years after the millennium communities initiative was launched,
development had only taken place on one of the seven designated sites”
riportando che anche il Royal Town Planning Institute
“criticised the slow pace of the current programme and the lack of monitoring
against agreed targets and standards”.
Al di là delle polemiche che potrebbero essere sollevate sull’effettiva sostenibilità del
Millennium Village, questo recupero urbano sembra interessante dal punto di vista dell’urban
design e della progettazione del paesaggio, dal momento che questo sito è stato
fondamentalmente strappato all’abbandono e alle contaminazioni delle attività industriali
pregresse ed è stato parzialmente restituito alla “natura”, con ampie zone verdi e un parco
ecologico a ricordo delle zone umide presenti sulla penisola a fine ‘800.
22
Da alcune interviste svolte nel periodo ottobre-dicembre 2003, si è potuto rilevare il rischio che gli abitanti
dell’area non siano a conoscenza delle caratteristiche ambientali del villaggio!
19
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8 novembre
21
ABSTRACT
Most European cities have been characterised by de-industrialisation processes since the
early ‘80s. Changes in the manufacturing industries caused many problems not only in terms
of unemployment and changing social patterns, but also brought about considerable disused
areas and left environmentally damage inner cities. The two main policy options were to leave
cities to decline or to break up this process by participating in it. Several contemporary
experiences in different countries can demonstrate that the second option is viable and that
such areas can be regarded as new interesting resources to incorporate in urban regeneration
projects (Percy et al., 2002).
The paper focuses on sustainable projects in urban areas, providing cities with the exact
research contextual problematic of the present environmental crisis. Such an approach enables
us to rethink the relationship between environment and development in a different
perspective. In particular, the work intends to analyse the case of Greenwich Millennium
Village, as a contemporary and interesting case study of urban regeneration within the field of
building sustainable communities (Barton, 1998 and 2000).
It begins with the construction of the profile of the area before the planning project
(description of the area and the antecedent activities, environmental problems, planning and
policies instruments in use) and with the analysis of the urban regeneration plan (description
of the projects, funds employed, actors involved). The aim is to identify the peculiarities of
the area with its problems and its opportunities, the urban transformations, and the dynamics
set up by the local property investment.
It carries on with a comprehensive review of published information, recent research
reports, and policy documents in order to characterise the Eco-neighbourhoods (origins,
diffusion…), to conceptualise their issues and its potential effectiveness in order to achieve
sustainable development.
The aim of the paper is to study the English approach to urban regeneration through the
Greenwich project, starting to establish how sustainable communities can contribute to the
contemporary debates on sustainable development as interesting examples of an integrated
urban development.
22