sommario sommario - Collegio Geometri Piacenza
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SOMMARIO SOMMARIO - Sistema Conciliazione Antica unità di lunghezza usata nel Piacentino (Trabùc in dialetto, voce registrata dal Vocabolario piacentino-italiano di Lorenzo Foresti. È pari a sei braccia piacentine, cioè 2,81739 metri) Pag. 4 - La privacy negli incarichi giudiziari » 6 - Nuove disposizioni sugli impianti termici centralizzati » 20/28 - Inizio e messa in opera dei lavori » 21 - IVA di cassa » 26 - Il distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento » 27 ANNO XXX - N. 6 GIUGNO 2009 Direttore Responsabile GIAN PAOLO ULTORI • Redazione, Amministrazione, Pubblicità impaginazione PUBBLINOVA Via C. Colombo, 101 Piacenza - Tel. 0523.594350 Fax 0523.614200 • Stampa: Tipolitografia MASERATI s.n.c. Via Maruffi, 18 Piacenza - Tel. 0523.716130 email: info@tipografiamaserati.it • Rivista registrata presso il Tribunale di Piacenza al n. 311 del 7-2-1980 Articoli e foto anche se non pubblicati non si restituiscono Sito Internet del Collegio www.geometri-piacenza.it e-mail: [email protected] web master: Stefano Sorice - [email protected] INFORMATIVA DAL COLLEGIO Dalla CASSA ITALIANA DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI GEOMETRI Scade il 15 Settembre 2009 il termine per la presentazione del Mod. 17/2009 Per maggior sicurezza e per avere la ricevuta di presentazione, tutti i colleghi potranno consegnare i Modelli 17/2009 presso la Segreteria del Collegio Dal 15 Luglio al 07 Agosto e dal 24 Agosto al 15 Settembre l’Autocertificazione va consegnata entro il 30 Ottobre CHIUSURA UFFICI DI SEGRETERIA PER IL PERIODO ESTIVO Gli uffici del Collegio rimarranno totalmente chiusi DAL 10 AGOSTO AL 21 AGOSTO il giorno 24 Agosto il personale riprenderà il lavoro Per il periodo dei mesi di Luglio e Agosto l’ufficio di segreteria sarà aperto solo la mattina dalle ore 9 alle ore 13,00 2 - IL TRABUCCO n° 6/2009 COMUNICATO AGLI ISCRITTI INTERESSATI CORSO PER TECNICI CERTIFICATORI ENERGETICI (Svolgimento nel prossimo autunno) SCHEDA DI ADESIONE (da inviare via Fax: 0523/590895) Nome e Cognome __________________________________________ Qualifica __________________________________________ N. Iscrizione Albo __________________________________________ Indirizzo __________________________________________ Tel. e Fax __________________________________________ E-mail __________________________________________ Data _____________________ R&T s.n.c Assicurazioni Riassicurazioni PIACENZA - Via C. Colombo, 101 - Tel. 0523.613322 - Fax 0523.614200 IL TRABUCCO n° 6/2009 - 3 Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati ADESIONE CNGeGL ALL’ASSOCIAZIONE “SISTEMA CONCILIAZIONE” presso Ministero della Giustizia Il Consiglio Nazionale ha aderito all’associazione “Sistema Conciliazione - Associazione tra gli enti promotori di attività di soluzioni alternative alle controversie”. Al riguardo, si evidenzia che, unitamente al CNGeGL, all’associazione partecipano anche il Consiglio Nazionale Forense, l’A.D.R. Notariato s.r.l, l’Unione Italiana delle Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, il Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, nonché il Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Lo scopo dell’associazione è la diffusione della conoscenza degli strumenti di soluzione stragiudiziale delle controversie, nonché la promozione di comportamenti idonei a prevenirle e di iniziative volte a favorire l’utilizzo di strumenti atti a dirimerle stragiudizialmente. Premesso quanto sopra ed atteso l’impegno ad attivarsi per promuovere l’attività di conciliazione (di cui all’art. 3 dello Statuto associativo), è stato costituto, presso lo scrivente Consiglio, un gruppo di lavoro preposto allo studio ed alla disciplina della materia, affinché si possa, in tempi brevi, regolamentare e costituire presso ogni Collegio un organismo di conciliazione. In tale contesto, si segnala e si allega, altresì, il testo dell’art. 60 della legge recentemente approvata dal Parlamento ed in corso di promulgazione, contenente la “Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali”. Si invitano i Collegi - nell’ambito della loro piena autonomia - a coordinarsi con il Consiglio Nazionale, astenendosi dall’intraprendere direttamente iniziative locali afflnché sia garantita l’omogeneità operativa e venga evitata l’attivazione di molteplici azioni disgiunte nello stesso ambito. IL PRESIDENTE Geom. Fausto Savoldi SENATO DELLA REPUBBLICA Attesto che il Senato della Repubblica, il 26 maggio 2009, ha approvato il seguente disegno di legge, d’iniziativa del Governo, già approvato dalla Camera dei deputati, modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile 4 - IL TRABUCCO n° 6/2009 Art. 60. (Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali) 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. 2. La riforma adottata ai sensi del comma 1, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai principi e criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi alle Camere, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di sessanta giomi. 3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l’istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo Ministero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l’iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro; d) prevedere che i requisiti per l’iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia; e} prevedere la possibilità, per i consigli degli ordini de- gli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli; f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro; g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali; h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro; i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche; l) per le controversie in particolari materie, prevedere la facoltà del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell’albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali; m) prevedere che le indennità spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti; n) prevedere il dovere dell’avvocato di informare il cliente, prima dell’instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell’istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione; o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l’invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della giustizia, a decorrere dall’anno precedente l’introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all’articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181; p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell’accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l’accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell’articolo 9 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi; r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità, l’indipendenza e l’imparzialità del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni; s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Bassanini Costruzioni s.r.l. Via Bolzoni, 30 29122 Piacenza Cell. 338 7970101 REGOLE DELLA PRIVACY NEGLI INCARICHI GIUDIZIARI di Paolo Frediani * ASPETTI GENERALI Con la deliberazione n. 46 del 26 Giugno 2008 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 178 del 31 Luglio 2008 il Garante per la protezione dei dati personali ha emesso le “Linee guida in materia di trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e dei periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero”. La disposizione coinvolge pienamente i professionisti incaricati dai giudici nel settore civile e quelli che svolgono il mandato di consulente tecnico e perito per i giudici e pubblici ministeri in quello penale. Inoltre le regole trovano applicazione anche per i consulenti delle parti private. La decisione è scaturita in relazione alla necessità di provvedere in ordine ai rischi connessi al trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero con la prevalente funzione di individuare un quadro unitario di misure e di accorgimenti necessari e opportuni volti a fornire orientamenti utili per i numerosi professionisti interessati. Naturalmente le indicazioni non incidono sulle forme processuali che gli ausiliari devono rispettare nello svolgimento delle attività e nell’adempimento degli obblighi derivanti dall’incarico e dalle istruzioni ricevuti dall’autorità giudiziaria. È utile infatti ricordare che già il Codice (Al titolo I - Trattamenti in ambito giudiziario) all’art. 47 (trattamento per ragioni di giustizia)1 escludeva alcune disposizioni in materia di protezione di dati personali che, adesso, sono confermate anche dalle Linee guida in trattazione. Le finalità delle attività del consulente tecnico e perito infatti rientrano pienamente nelle previsioni dell’art. 8 (esercizio dei diritti) comma 2. punto g)2. Le Linee guida, tuttavia, hanno trovato ispirazione nella constatazione che nell’espletamento dei relativi incarichi, il consulente e il perito di regola vengono a conoscenza e devono custodire, contenuti nella documentazione consegnata dall’ufficio giudiziario, anche dati personali di soggetti coinvolti a diverso titolo nelle vicende giudiziarie (quali le parti di un giudizio civile o le persone sottoposte a procedimento penale), e possono acquisire altre informazioni di natura personale nel corso delle operazioni (come ad esempio, richiesta di chiarimenti alle parti e assunzione di informazioni presso terzi ai sensi dell’art. 194 c.p.c., oppure richiesta di notizie all’imputato, alla persona offesa o ad altre persone ai sensi dell’art. 228, comma 3, c.p.p. L’attività dell’ausiliario comporta quindi il trattamento di diversi dati personali, talvolta di natura sensibile o di carattere giudiziario statuiti dall’art. 4, comma 1, lettere d) ed e) del Codice.3 Ciò ha indotto il Garante a porre in essere regole che rendono applicabili anche alle dette fattispecie di incarico le disposizioni del “Codice in materia di protezione dei dati personali” con particolare riferimento al rispetto dei principi di liceità, la qualità dei dati e l’adozione delle misure di sicurezza idonee a preservare i dati. AMBITI DI APPLICAZIONE Con riguardo agli ambiti di applicazione, la deliberazione fa riferimento ai codici di procedura civi- 1 Art. 47 (Trattamenti per ragioni di giustizia) 1. In caso di trattamento di dati personali effettuato presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado, presso il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, non si applicano, se il trattamento è effettuato per ragioni di giustizia. le seguenti disposizioni del codice: a) articoli 9,10,12,13 e 16, da 18 a 22, 37, 38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45; b) articoli da 145 a 151. 2. Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per ragioni di giustizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, o che, in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione giurisdizionale, nonché le attività ispettive su uffici giudiziari. Le medesime ragioni di giustizia non ricorrono per 1’ordinaria attività amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture, quando non è pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla predetta trattazione. 2 Art. 8 (Esercizio dei diritti): 2.1 diritti di cui all’articolo 7 non possono essere esercitati con richiesta al titolare o al responsabile o con ricorso ai sensi dell’articolo 145, se i trattamenti di dati personali sono effettuati: g) per ragioni di giustizia, presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado o il Consiglio superiore della magistratura o altri organi di autogoverno o il Ministero della giustizia; 6 - IL TRABUCCO n° 6/2009 le e penale, rispettivamente, per il primo, agli articoli da 61 a 64 e da 191 a 200 e per il secondo agli articoli da 220 a 232, 359 e 360. Ne consegue che dalla lettura della disposizione in trattazione il soggetto chiamato al rispetto delle regole in essa dettate - per il settore civile - e la figura del consulente tecnico sancito dall’art.61 c.p.c.4 ossia la figura del consulente tecnico nel processo di cognizione, cautelare, per la procedura di accertamento tecnico preventivo e nella consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’art. 696 - bis c.p.c. Analogamente la disposizione vale per il consulente tecnico nominato nel processo amministrativo. Occorre osservare che contrariamente a quanto si poteva presumere, la disposizione non fa riferimento - la deliberazione concretamente non ne fa alcun cenno, nemmeno con indicazione del giudice delegato -, alla figura dell’esperto regolata dall’art. 68 (altri ausiliari) nel processo di esecuzione, sia nella forma generica (esecuzione immobiliare) sia nella forma specifica (obblighi di fare e non fare) e del custode sancita dall’art. 65 c.p.c.. Se da una parte il dettato della deliberazione - in verità - lascia poco spazio ad interpretazioni, dall’altra non si può fare a meno di prospettare qualche dubbio in relazione al contrasto che non può non originarsi nel momento in cui il Garante, ispirato dalla precipua volontà di provvedere in ordine alla regolamentazione dei rischi connessi al trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e periti nei procedimenti giudiziari, ne omette una parte sostanziale, potremmo definire centrale, per il trattamento come quello svolto nell’ambito del processo esecutivo e della custodia immobiliare. le cui rilevanze potrebbero addirittura far ipotizzare una mera dimenticanza od involontaria omissione. Forse un intervento finalizzato a puntualizzare ciò da parte del Garante potrebbe essere utile. Per quanto attiene al settore penale la disposizione riguarda i periti di cui all’art. 221 c.p.p. (Nomina del perito), il consulente tecnico a norma dell’art. 225 c.p.p. (Nomina del consulente tecnico), ed il consulente tecnico del pubblico ministero di cui all’art. 359 c.p.p. (Consulenti tecnici del pubblico ministero). Inoltre - come detto - le disposizioni contenute nelle Linee guida sanciscono obblighi anche per i consulenti tecnici delle parti sia nei procedimenti civili che penali. DISPOSIZIONI PER IL C.T.U. In base alla peculiare disciplina posta dal Codice con riguardo ai trattamenti svolti per ordine dell’autorità giudiziaria (correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie) le Linee guida richiamano l’applicazione delle norme di cui all’art.47 comma 2 del Codice 5. In particolare le Linee guida precisano che non possono essere applicate ai consulenti tecnici e periti le disposizioni contenute agli: - Art. 9 (modalità di esercizio); - Art. l0 (riscontro all’interessato); - Art. 12 (codici di deontologia e di buona condotta); - Art. 13 (informativa); - Art. 16 (cessazione del trattamento); - Art. 18 (Principi applicabili a tutti i trattamenti effettuati da soggetti pubblici) -Art. 19 (Principi applicabili al trattamento di dati diversi da quel- 3 Art. 4: (Definizioni) - d) “dati sensibili”, i dati personali idonei a rivelare 1’origine razziale ed etnica. Le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, 1’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale; e) “dati giudiziari”, i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u). del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale; 4 Art. 61 c.p.c. - Consulente tecnico: Quando è necessario il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica. La scelta dei consulenti deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice 5 Art. 47: (Trattamenti per ragioni di giustizia) 1. In caso di trattamento di dati personali effettuato presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado, presso il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, non si applicano, se il trattamento è effettuato per ragioni di giustizia, le seguenti disposizioni del codice: a) articoli 9,10,12,13 e 16, da 18 a 22,37,38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45; b)articoli da 145 a 151. 2. Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per ragioni di giustizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, o che, in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione giurisdizionale, nonché le attività ispettive su uffici giudiziari. Le medesime ragioni di giustizia non ricorrono per 1’ordinaria attività amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture, quando non è pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla predetta trattazione. IL TRABUCCO n° 6/2009 - 7 li sensibili e giudiziari); - Art. 20 (Principi applicabili al trattamento di dati sensibili); - Art. 21 Principi applicabili al trattamento di dati giudiziari); -Art. 22 (Principi applicabili al trattamento di dati sensibili e giudiziari); Inoltre sono inapplicabili le disposizioni relative alla notificazione al Garante (articoli 37 e 38, commi da 1 a 5), a determinati obblighi di comunicazione all’Autorità, alle autorizzazioni e al trasferimento dei dati all’estero (articoli da 39 a 45), nonché ai ricorsi al Garante (articoli da 145 a 151). Sul punto vale la pena ricordare, come operate formalmente dal Garante con Provvedimento n. 39608 del 31 Dicembre 1998 che “i consulenti tecnici di cui agli art. 191 ss. del c.p.c. coadiuvano l’autorità giudiziaria nello svolgimento delle proprie funzioni, in una posizione di indipendenza rispetto alle parti. L’attività del consulente d’ufficio è, quindi, strettamente connessa e logicamente integrata con l’attività giurisdizionale in senso proprio e ad essa non si applicano le disposizioni di legge in ordine ai dati sensibili. Le perizie svolte dai consulenti d’ufficio rientrano, infatti, fra i trattamenti effettuati nell’ambito di uffici giudiziari, per ragioni di giustizia, che, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 675/1996 sono sottratti all’applicazione delle disposizioni del citato art. 22. Pertanto per l’effettuazione dei trattamenti in 6 questione non occorre acquisire previamente il consenso dell’interessato” Qualche perplessità potrebbe permanere sugli effettivi obblighi riservati al consulente tecnico e perito dalla lettura degli articoli succitati osservando l’assenza tra questi dell’art. 23 (Consenso). Tale condizione potrebbe infatti far ipotizzare la necessita del rispetto della disposizione da parte degli ausiliari giudiziari. Occorre tuttavia osservare all’uopo che il dettato dell’art. 23, al comma 3, prevede che “.... Il consenso è validamente prestato solo se è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per iscritto, e se sono state rese all’interessato le informazioni di cui all’articolo 13.” Dovendo rilevare che l’articolo 13 (informativa) è espressamente escluso per le attività dei professionisti in ausilio all’autorità giudiziari, non si può fare a meno di concludere che non deve essere richiesto alcun consenso per il trattamento dei dati agli interessati. Alla stregua del consulente tecnico di ufficio sono pure considerati gli esperti ausiliari - ove autorizzati dal giudice - da lui incaricati per lo svolgimento di incarichi di natura specialistica (provvedimento del Garante 27 marzo 2002, n. 1063421) Risultano invece pienamente applicabili alle attività di ausilio all’autorità giudiziaria, ed in tal senso operano organicamente le Linee guida, le altre disposizioni contenute nel Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al D.lgs. n. 196/2003. In particolare, il trattamento dei dati effettuato a cura di consulenti tecnici e periti deve rispettare due fondamentali precetti: • nel rispetto dei principi di liceità e che riguardano la qualità dei dati di cui all’art. 11; • adottando le misure di sicurezza idonee a preservare i dati da alcuni eventi, tra i quali accessi e utilizzazioni indebite di cui agli articoli 31 e ss. e disciplinare tecnico allegato B al Codice. Esaminiamo nel dettaglio i contenuti. Nel rispetto dei principi di liceità e che riguardano la qualità dei dati di cui all’art. 11 L’art. 116 definisce le modalità del trattamento dei dati personali introducendo i concetti di liceità, esattezza, correttezza, pertinenza e finalità. Il concetto di liceità, che attiene alla piena ammissibilità nell’ambito della norma o della consuetudine, trova rispetto nel trattare correttamente e diligentemente i dati personali in possesso. Nella violazione di liceità rientra - ne sono esempio alcuni provvedimenti del garante emessi a seguito di ricorsi all’autorità - anche il comunicare ingiustificatamente a soggetti terzi, o comunque non interessati dalla procedura nel quale il professionista svolge il proprio Art 11. Modalità del trattamento e requisiti dei dati 1.1 dati personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati. 2.1 dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati. 8 - IL TRABUCCO n° 6/2009 incarico su mandato dell’autorità giudiziaria, informazioni, dati, notizie e comunque atti riguardati la procedura stessa o dei soggetti in essa coinvolti. La nozione di esattezza, che può definirsi l’inappuntabile coincidenza con la forma o la sostanza dovuta, impone la necessità di verificare che i dati e le informazioni siano esatti, aggiornati, e corrispondenti ai dati di fatto, al fine di riportare una fedele rappresentazione della sua identità ed evitare qualsiasi possibile nocumento all’interessato. Il concetto di correttezza che attiene al significato di un comportamento improntato alle buone regole della morale e dell’educazione anche civica, riguarda i diversi precetti che il consulente tecnico e perito debbono osservare e rispettare. Tra queste la necessità di evitare comportamenti che possano incidere sulla dignità del soggetto interessato mediante comunicazioni, atteggiamenti o condotte che palesino a osservatori terzi ed estranei il contenuto della comunicazione o dell’azione operata dal consulente e perito e - per quanto già osservato in parte coincidente con il concetto della esattezza - l’obbligo di acquisire, utilizzare e porre a fondamento delle proprie operazioni e valutazioni informazioni corrette complete e corrispondenti ai dati reali. Con il principio di pertinenza che riguarda la relazione immediata di reciprocità sul piano delle attribuzioni logiche e funzionali e di quello di finalità che attiene alla configurazione teoretica di qualsiasi oggetto in quanto preordinato ad un fine, si richiama la necessità di omettere nella documentazione prodotta, il riferimento a dati, specie se di natura sensibile o di carattere giudiziario o comunque di particolare delicatezza, chiaramente non pertinenti all’oggetto dell’accertamento peritale, limitando il resoconto alle informazioni e notizie effettivamente utili al perseguimento delle finalità poste a fondamento delle attività. È inoltre da escludersi - con ogni evidenza - il riferimento di informazioni personali relative a soggetti estranei al procedimento siano essi legati con vincolo di parentela od amicizia alle parti soggette nel procedimento o semplicemente estranei. Anche per la fattispecie di regola, vale la proporzionalità delle informazioni e dati che l’ausiliario riporterà nelle relazioni peritali ed informative rispetto agli scopi perseguiti nell’incarico. Sempre con riguardo alla finalità deve considerarsi la conservazione dei dati solo con esclusivo riferimento allo svolgimento del mandato e nel tempo necessario allo svolgimento dello stesso, dovendo eliminare, al completamento dell’incarico od all’atto della sua rinuncia, ogni informazione conservata sia in forma cartacea P R O D U Z I O N E Tutto per l’edilizia con assistenza tecnica gratuita IL PRIMO SITO DEDICATO AL CAPPOTTO WWW.TERMOK8.COM Sistema esterno d’isolamento termico, risanamento e qualificazione energetica Via Ugo Foscolo 32 - Località I Casoni di Gariga - 29027 PODENZANO (Piacenza) Tel. 0523.524301 / 0523350056 www.colorisaiani.com - [email protected] I N G R O S S O e e D E V T E T N A D G I L T I A O sia su supporto informatico. Compiuta l’articolata analisi sui contenuti e definizioni dell’articolo 11 del D.lgs. n. 196/2003, analizziamone adesso gli effetti sulle attività dell’esperto giudiziario - in particolare nel settore civile - seguendo il contenuto della deliberazione del Garante. Dati personali solo nei limiti e nell’ambito dell’incarico Come detto il consulente e il perito possono trattare lecitamente dati personali, nei limiti in cui ciò è reso necessario per il corretto, compiuto ed esauriente adempimento dell’incarico ricevuto e solo, evidentemente, con riferimento all’ambito dell’accertamento demandato dall’ autorità giudiziaria. Se da una parte la deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali non pone limiti nella raccolta e trattazione dei dati personali per le attività del consulente e perito, poiché queste attività - come detto - rientrano in quelle svolte per esigenze giurisdizionali - dall’altra i professionisti impegnati in incarichi giudiziari di consulente tecnico e perito non possono trascurare la portata dell’evidenza, dovendo fare molta attenzione all’utilizzo dei dati ed alle forme di comunicazioni utilizzate nello svolgimento del proprio mandato. Difatti queste possono integrare violazione della norma ove possano, anche se involontariamente, rendere edotti di informazioni di carattere personale soggetti estranei, o comunque - nel caso della comunicazione quando non vi sia la garanzia del ricevimento esclusivo della stessa da parte del diretto interessato. Ciò puo accadere laddove il C.T.U. in sede civile operi comunicazioni contenenti informazioni di carattere personale riguardanti 10 - IL TRABUCCO n° 6/2009 il soggetto in causa a mezzo di telefax presso struttura (es. luogo di lavoro dell’interessato od altro luogo analogo) senza avere la certezza e la garanzia del ricevimento diretto ed esclusivo dell’interessato stesso. Analogamente ciò può accadere ove il consulente incaricato non trovando il soggetto in causa presso l’immobile da ispezionare lasci un semplice biglietto affisso alla porta di casa, od ancora un messaggio, in forma scritta o verbale, al vicino di casa od all’amministratore condominiale. Nello stesso concetto di liceità rientra la condizione di trattamento limitato ai soli limiti e fini in cui ciò è reso necessario per il corretto, compiuto ed esauriente adempimento dell’incarico ricevuto dall’autorità giudiziaria ed in modo dall’essere proporzionato allo scopo perseguito. Pertanto il consulente deve valutare se le informazioni personali contenute nella relazione siano effettivamente necessarie allo scopo dell’incarico oppure inutilmente ridondanti; in questa ipotesi debbono essere debitamente limitate a quelle indispensabili. Inoltre per il consulente - per quanto attiene alle limitazioni concernenti l’ambito dell’incarico, è esclusa la possibilità di poter utilizzare le informazioni ed i dati personali assunte nel corso dell’espletamento del mandato per altri scopi o utilizzazioni, come, ad esempio, potrebbe accadere nella ipotesi che il professionista si trovi a dover trattare successivamente, in pratiche ricadenti nella sfera dell’attività esercitata privatamente, pratiche dello stesso soggetto o persona giuridica. Tantomeno queste informazioni possono essere comunicate a terzi (colleghi, altri professionisti, società ecc.). Informazioni personali, modalità di trattamento proporzionate allo scopo perseguito ed incrocio di dati Il consulente - come già rilevato per il punto precedente - deve prestare adeguata attenzione a non inserire in relazione notizie e dati di natura personale che possono esulare dallo scopo e natura dell’incarico conferito dall’autorità giudiziaria. È quindi importante considerare la portata di ogni dato ed informazione inserita e se questi rappresentano rilevanza per le finalità del mandato conferito dal giudice o pubblico ministero. Con riferimento ai dati comuni od identificativi tra cui nominativi, dati relativi alla residenza numero telefonico, proprietà, dati di carattere economico, immagini, dati fiscali, targa automobilistica e motociclistica, luoghi di frequentazione, composizione ed identificazione nucleo familiare debbono essere utilizzati solo se effettivamente necessario e richiesto dalle esigenze giurisdizionali. L’attenzione - con ogni evidenza deve essere prestata maggiormente per i dati di natura sensibile e giudiziaria che tuttavia - occorre rilevare - sono assai poco frequenti nella trattazione specifica degli incarichi di natura civile. L’iscrizione a partiti politici o sindacati, la condizione e lo stato di salute od anche solo la sofferenza a particolari patologie o di semplici dati sanitari od ancora gli eventuali provvedimenti di restrizione personale a carico dei soggetti, in qualità di dati sensibili, sono tali da rappresentare informazioni estremamente critiche per il consulente così come i dati giudiziari che indichino la qualità di imputato o indagato. Le sentenze, i decreti penali di condanna irrevocabili, la sospensione condizio- nale della pena e la non menzione, provvedimenti di applicazione di pene accessorie, misure alternative alla detenzione, di sicurezza personali e patrimoniali, ed altro ancora. Le informazioni personali e le modalità di trattamento quindi debbono necessariamente essere proporzionate allo scopo perseguito avvalendosi in particolare di informazioni (art. 11, comma 1, lettera a) e b)7, nel rispetto delle istruzioni e del mandato impartito dall’autorita giudiziaria. Con riguardo alle modalità di trattamento dei dati, esse debbono essere tese ad impiegare tutti gli accorgimenti idonei a evitare un’indebita divulgazione delle informazioni e, al contempo, la loro perdita o distruzione, adottando, a tal fine, le misure atte a garantire la sicurezza dei dati e dei sistemi eventualmente utilizzati. Passeremo in rassegna nel prossimo contributo, il secondo precetto che le Linee guida stabiliscono per i consulenti tecnici e periti, con una analisi particolare ed una ampia trattazione in materia di misure idonee e misure minime di sicurezza. Inoltre si deve considerare la proporzionalità delle modalità di trattamento, intendendosi con questo concetto quelle strettamente necessarie a consentire un trattamento idoneo e pienamente rispondente ai requisiti previsti. In tale quadro, l’eventuale utilizzo incrociato di dati provenienti da diverse fonti, può ritenersi consentito se e chiaramente collegato alle indagini delegate ed è stato autorizzato dalle singole autorità giudiziarie dinanzi alle quali pendono i procedimenti o, se questi si sono conclusi, che ebbero a conferire l’incarico o da altra autorità giudiziaria competente. Pertanto ogni incrocio di dati se non preventivamente autorizzato è vietato. Ne consegue che, laddove tale attività sia ritenuta indispensabile dall’ausiliario per il compimento del proprio incarico, debba trovare accoglimento il suggerimento di procedere alla richiesta di una autorizzazione al magistrato in forma scritta da allegare poi alla relazione. Informazioni personali acquisite, utilizzate e poste a fondamento delle valutazioni devono essere corrette, complete e corrispondenti ai dati di fatto anche quando vengono espresse valutazioni provenienti da valutazioni soggettive di ciascun interessato (persona fisica o giuridica) Come osservato l’ausiliario giudiziario - dinnanzi a dati di carattere personale - deve porre estrema attenzione ad utilizzare informazioni corrette ed aggiomate. Infatti - sanciscono le Linee guida allegate alla deliberazione - il consulente e il perito sono tenuti ad acquisire, utilizzare e porre a fondamento delle proprie operazioni e valutazioni, informazioni personali che, con riguardo all’oggetto dell’indagine da svolgere, siano idonee a fornire una rappresentazione del soggetto (finanziaria, sanitaria, patrimoniale, relazionale, ecc.) corretta, completa e corrispondente ai dati di fatto. Ciò, non solo allo scopo di fornire un riscontro esauriente in relazione al compito giurisdizionale assegnato, ma anche al fine di evitare che, da un quadro inesatto o inidoneo di informazioni, possa derivare nocumento all’interessato, anche nell’ottica di una non fedele rappresentazione della sua identità (art. 11, comma 1, lettera c)8. In tal senso appare indispensabile valutare non solo l’attendibilità delle informazioni in possesso ma anche la loro attualità con riferimento a possibili variazioni e/o mutazioni intercorse nel tempo e non segnalate agli atti processuali. Ciò - con ogni evidenza - assume ancora più rilevanza nella nostra attualità processuale in considerazione della durata dei procedimenti. Occorre rilevare la indubbia importanza anche con particolarmente riferimento alla natura degli incarichi civili ove a fronte della diversificata natura delle controversie vi sono numerosissime informazioni, dati e notizie, anche di carattere rilevante sotto il profilo probatorio, che il consulente tecnico si trova a trattare, elaborare ed a porre a fondamento delle proprie assunzioni e motivazioni in risposta ai quesiti. È quindi preciso compito dell’ausiliario giudiziario, anche attraverso eventuali specifiche autorizzazioni al riguardo da ottenersi da parte del giudice, aggiornare i dati da trattare e comunque valutarne la loro attendibilità. Infatti un loro erroneo e improprio utilizzo od anche la loro 7 Art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati) 1.1 dati personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; 8 Art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati) 1.1 dati personali oggetto di trattamento sono: c) esatti e, se necessario, aggiornati; IL TRABUCCO n° 6/2009 - 11 mera inattualità potrebbero costituire profilo di responsabilità per il consulente tecnico e perito per i danni derivati all’interessato. Come già ampiamente rilevato, in ossequio al principio di pertinenza nel trattamento dei dati, il consulente deve operare una attenta analisi sui dati da inserirsi nell’elaborato peritale. In tale quadro si inseriscono anche le informazioni provenienti dagli interessati laddove necessarie all’espletamento dell’incarico. In tal senso è opportuno quindi per il consulente - anche nella detta fattispecie - verificarne l’attendibilità ed ove questo non fosse possibile - operare una separata valutazione in ordine al punto al fine di connotarne i limiti di valore ai fini del contenuto probatorio tale indicazioni proveniente dalla parte. In detta ipotesi è opportuno che la indicazione sia recepita a verbale delle operazioni e comunque con documento scritto da dove risulti chiaramente l’origine e la fonte. Informazioni limitatamente a quelle necessarie e strettamente indispensabili all’incarico ed esclusione di quelle non pertinenti o relative a soggetti estranei al procedimento Per quanto ricordato - in ordine al concetto di pertinenza - il consulente e perito possono acquisire ed utilizzare informazioni personali strettamente connessi alle finalità dell’incarico. Pertanto le relazioni peritali e le informative fornite al magistrato ed eventualmente ove previsto - alle parti, non devono né riportare dati, specie se di natura sensibile9 o di carattere giudiziario10 o comunque di particolare delicatezza, chiaramente non pertinenti all’oggetto dell’accertamento peritale, né contenere ingiustificatamente ed in modo non spettante informazioni personali relative a soggetti estranei al procedimento (art. 11, comma 1, lettera d)11. È evidente l’attinenza del punto - con espressa esclusione delle informazioni che trovano fondamento negli scopi e finalità stesse dell’incarico - del riferimento ai dati inerenti l’origine razziale ed etnica, delle convinzioni religiose, filosofiche, delle opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale e relative preferenza od ancora notizie rivelanti aspetti legati a procedimenti giudiziari dei soggetti coinvolti od anche di coloro che in vario modo ne possano risultare interessati come coniugi e parenti. A puro titolo esemplificativo si può far riferimento all’accertamento tecnico richiesto al consulente tecnico di ufficio per accertare se le opere edilizie condotte in una proprietà immobiliare siano state svolte con la finalità dell’abbattimento delle barriere architettoniche preesistenti nell’edificio per consentire un adeguato uso dell’unità immobiliare da parte del proprietario. Il riferimento od anche la semplice indicazione in relazione peritale della patologia, dello stato di salute o dell’aggravamento della stesso del soggetto interessato o comunque il quadro di notizie che possano rilevare lo stato di salute del soggetto, appaiono informazioni non pertinenti all’oggetto (peraltro con natura di dato sensibile) dell’accertamento è pertanto sanzionabile. Viceversa, ove l’accertamento riguardi proprio lo stato di salute del soggetto (come avviene nella consulenza tecnica peritale medica), poiché condizione volta a garantire l’ammissibilità o meno di tale intervento edilizio nella quadro di norma relativa - e quindi fondante l’incarico stesso -, ne risulta con ogni evidenza, la sua attinenza e proporzionalità rispetto alle finalità dell’incarico. Le relazioni e le informative debbono poi astenersi dal riferire notizie e dati relativi a soggetti terzi del procedimento anche se soggetti facenti parte del nucleo familiare del soggetto interessato ossia coinvolti nel procedimento. Può essere il caso di notizie afferenti condomini od i proprietari di abitazioni finitime nel caso di conflitti di vicinato od ancora di 9 “dati sensibili”, i dati personali idonei a rivelare 1’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere. Le opinioni politiche, 1’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale; 10 “dati giudiziari”, i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale; 11 Art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati) 1.1 dati personali oggetto di trattamento sono: d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; 12 - IL TRABUCCO n° 6/2009 soggetti facenti parte del nucleo familiare dei soggetti in causa. Comunicazioni delle informazioni Le informazioni personali acquisite nel corso dell’accertamento possono essere comunicate alle parti, come rappresentate nel procedimento (ad esempio, attraverso propri consulenti tecnici), con le modalità e nel rispetto dei limiti fissati dalla normativa posta a tutela della segretezza e riservatezza degli atti processuali. Ciò pertanto suggerisce che ogni informazione di carattere personale, debba essere comunicata dal consulente attraverso forme rituali proprie e previste dall’incarico evitando quelle di tipo irrituale o comunque improprie (es. comunicazione verbale o telefonica). Pertanto appare opportuno far uso delle sessioni di operazioni peritali mediante formalizzazione a verbale o con comunicazioni scritte da inviarsi con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. In molti incarichi di consulenza tecnica di ufficio l’ausiliario entra in possesso di notizie e dati che ad una prima lettura possono non apparire rilevanti sotto il profilo delle tutele a cui il Codice offre garanzia. Queste possono essere ad esempio quelle concernenti le indagini di tipo amministrativo, finanziario o ricostruzioni di condizioni storiche di luoghi e persone afferenti la vita dei soggetti interessati, anche con l’ausilio di documenti fotografici ed atti di natura non pubblica. Resta in ogni caso fermo l’obbligo per l’ausiliare di mantenere il segreto sulle operazioni compiute (art. 226 c.p.p.; cfr. anche art. 379bis c.p.), eventuali comunicazioni di dati a terzi, ove ritenute indispensabili in funzione del perseguimento delle finalità dell’indagine, restano subordinate a quanto eventualmente direttamente stabilito per legge o, comunque, a preventive e specifiche autorizzazioni rilasciate dalla competente autorità giudiziaria. Inoltre appare utile precisare, laddove il consulente debba far ricorso ad ausiliari esperti per la conduzione di accertamenti di natura specialistica, (si pensi ad esempio ad indagini geologiche di un terreno in un incarico affidato ad un geometra avente come finalità la valutazione di mercato dello stesso) ricorrere sempre alla autorizzazione del giudice (da ottenersi in udienza di conferimento d’incarico o con successiva separata specifica istanza), poiché in tal caso - come citato nel provvedimento n. 27 marzo 2002, n. 1063421 del Garante - l’attività di detti soggetti “...si inquadra infatti, al pari di quella curata dal consulente tecnico d’ufficio, nell’ambito delle funzioni ausiliarie nei cui confronti opera la medesima disciplina della legge n. 675 applicabile alla autorità giudiziaria coadiuvata”. Questo, pertanto, determina anche per gli esperti ausiliari le analoghe esclusioni previste per i consulenti tecnici e periti in ordine alla normativa concernente il trattamento dei dati personali e con le evidenti esclusioni in ordine alle responsabilità previste dal Codice. Conservazione e cancellazione dei dati È questo forse l’aspetto più rilevante e - mi si consenta, nei riflessi pratici - più controverso e, potremmo azzardare, astratto del provvedimento del Garante. Occorre dapprima evidenziare che in relazione alla conservazione e cancellazione dei dati, con riferimento ai trattamenti di dati svolti per ragioni di giustizia, non è applicabile la disposizione contenuta dall’ art. 1612 del Codice relativa alla cessazione del trattamento di dati personali. Ciò è conseguenza della mancato obbligo per il consulente e perito di dover informare, ed essere conseguentemente autorizzato, al trattamento dei dati degli interessati. Peraltro, la suddetta circostanza, nella fattispecie del consulente e dal perito, di regola coincide con l’esaurimento dell’incarico. Tali esclusioni tuttavia - evidenziano le Linee Guida - non incidono su quanto previsto dal dettato dell’art. 11, comma 1, lettera e), del Codice della privacy il quale prevede che i dati non possono essere conservati per un periodo di tempo superiore a quello necessario al perseguimento degli scopi per i quali essi sono stati raccolti e trattati. Da ciò ne consegue che, espletato l’incarico 12 Art. 16 (Cessazione del trattamento) 1. In caso di cessazione, per qualsiasi causa, di un trattamento i dati sono: a) distrutti; b) ceduti ad altro titolare, purché destinati ad un trattamento in termini compatibili agli scopi per i quali i dati sono raccolti; c) conservati per fini esclusivamente personali e non destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione; d) conservati o ceduti ad altro titolare, per scopi storici, statistici o scientifici, in conformità alla legge, ai regolamenti, alla normativa comunitaria e ai codici di deontologia e di buona condotta sottoscritti ai sensi dell’articolo 12. 2. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dal comma 1, lettera b), o di altre disposizioni rilevanti in materia di trattamento dei dati personali e priva di effetti. IL TRABUCCO n° 6/2009 - 13 l’ausiliario deve consegnare per il deposito agli atti del procedimento non solo la propria relazione, ma anche la documentazione consegnatagli dal magistrato ovvero contenuta nei fascicoli di causa delle parti e quella ulteriore da lui acquisita nel corso dell’attività svolta (ad esempio gli atti, documenti, titoli ottenuti a mezzo di ricerche, ispezioni ed accertamenti od anche semplicemente elaborati e grafici restituiti a mezzo di rilievo a seguito delle attività peritali condotte), salvo quanto eventual- mente stabilito da disposizioni normative o da specifiche autorizzazioni dell’autorità giudiziaria che dispongono legittimamente ed espressamente in senso contrario. Sul punto occorre osservare che la deliberazione del Garante prevede che la consegna sia fatta “agli atti del procedimento” lasciando intendere che la documentazione rientrante nella fattispecie nei dati personali dovrebbe essere contenuta anche in un separato fascicolo e richiamata, mediante formula di natura generica, in calce alla relazione peritale ovvero perizia al fine di attestare, da parte del consulente tecnico di ufficio e perito, il rispetto alla disposizione. “Il sottoscritto consulente tecnico di ufficio unitamente alla presente relazione peritale, agli allegati ad essa ed ai fascicoli di causa delle parti consegna, come previsto dalle Linee Guida in materia di trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e dei periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero di cui alla deliberazione del Garante n. 46/2008 tutta la documentazione consegnata in sede di conferimento d’incarico congiuntamente a quella acquisita e raccolta nel corso delle attività”, potrebbe essere una esemplificazione di formula da inserire in calce alla relazione peritale o perizia. Il fascicolo quindi deve essere depositato unitamente alla relazione o perizia in cancelleria per essere inserito nel fascicolo di ufficio. Le Linee guida dispongono che nella ipotesi di assenza di disposizioni normative o specifiche autorizzazioni dell’autorità giudiziaria che dispongano diversamente, il consulente e il perito non possono conservare, in originale o in copia, in formato elettronico o su supporto cartaceo, informazioni personali acquisite nel corso dell’incarico concernenti i soggetti, persone fisiche o giuridiche, nei cui confronti hanno svolto accertamenti. Analogamente, in caso di revoca o di rinuncia all’incarico da parte dell’ausiliario, la documentazione acquisita nel corso delle operazioni peritali deve essere restituita integralmente al magistrato. La violazione di detti obblighi costituisce condotta vietata con la possibilità di irrogazioni delle previste sanzioni. Ne risulta quindi, in pratica conseguenza - ed è questo l’aspetto oggettivamente più astratto del provvedimento - che il consulente, laddove in presenza di informazioni costituenti dato personale, non possa conservare, in concreto, neanche la copia della propria relazione peritale e della documentazione fotografica ad essa allegata laddove questa possa essere tale da rappresentare strumento idoneo per ricollegarsi ad informazioni personali. In questo caso, per esemplificare, è evidente che il reperto fotografico avente ad oggetto una macchia di umidità su di un soffitto di un locale non è certo tale da costituire elemento idoneo di quella violazione mentre lo è la documentazione fotografica ritraente la proprietà della parte ove si evidenzino lo stesso soggetto, l’automobile con la relativa targa, od ancora l’accesso alla proprietà con il numero civico. Ma - seguendo la finalità della disposizione - non si può fare a meno di osservare che tra la documentazione di cui è inibita la conservazione rientrano anche le note e gli appunti di lavoro, gli schemi, i calcoli, i rilievi e tutte le deduzioni personali che il consulente ovvero perito abbiano operato nel corso dell’incarico laddove questi costituiscano fonte idonea per ricostruire i dati personali dei soggetti coinvolti nel procedimento. E per chi conosce la natura, la portata ed il carattere degli accertamenti demandati ai consulenti non può non convenire che tale possibilità è molto frequente. La detta condizione - precisa il Garante - non inibisce la possibilità di rendere chiarimenti alla relazione o produrre note ad integrazione o supplemento alla medesima atteso che, in detta ipotesi, l’ausiliare può soddisfare la richiesta acquisendo le notizie e la documentazione necessaria per fornire i nuovi riscontri dal fascicolo processuale, in conformità alle regole dei codici di rito. È questo l’aspetto del provvedimento su cui non si può fare a meno di avanzare delle serie perplessità, in particolare per gli effetti pratici che può determinare e con cui le esigenze materiali degli uffici non potranno non scontrarsi. Difatti come si può ritenere che l’eventuale supplemento od anche più semplicemente il chiarimento della consulenza tecnica, possa essere reso solo utilizzando la documentazione versata in atti di causa senza poter avere l’ausilio del compendio documentale realizzato ed operato dal consulente nel corso dell’incarico, talvolta lungo, articolato e complesso? Perche se è evidente che la documentazione versata agli atti è riferimento utile e necessario - per coloro che conoscono gli incarichi peritali - è altrettanta manifesta la condizione che è proprio in quelle note di lavoro, rilievi, fonti di ricerche, analisi di dati od anche semplici spunti di riflessione ed appunti, versati in relazione a mezzo di una sintesi organizzata, a cui il consulente si affida per rendere quei chiarimenti, non foss’altro per una semplice memorizzazione che una relazione peritale non sempre consente. 13 Art. 4 (Definizioni) 1. Ai fini del presente codice si intende per: b) “dato personale”, qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale; 14 Art. 31 (Obblighi di sicurezza) 1.1 dati personal; oggetto di trattamento sono custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante 1’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalita’ della raccolta. 15 Art. 33 (Misure minime) 1. Nel quadro dei più generali obblighi di sicurezza di cui all’articolo 31, o previsti da speciali disposizioni, i titolari del trattamento sono comunque tenuti ad adottare le misure minime individuate nel presente capo o ai sensi dell’articolo 58, comma 3, volte ad assicurare un livello minimo di protezione dei dati personali. Art. 34 (Trattamenti con strumenti elettronici) 1; II trattamento di dati personali effettuato con strumenti elettronici e consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B), le seguenti misure minime: a) autenticazione informatica; b) adozione di procedure di gestione delle credenziali di autenticazione; c) utilizzazione di un sistema di autorizzazione; d) aggiornamento periodico dell’individuazione dell’ambito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici; IL TRABUCCO n° 6/2009 - 15 E non pensiamo agli effetti che tale disposizione può prefigurare nelle indagini penali con ricerche e ricostruzioni di posizioni bancarie, finanziarie, amministrative ed altro ancora. Alla domanda sul daffarsi, la soluzione da suggerirsi è quella di utilizzare ed ottenere, ove le condizioni del mandato lo consentano (in tal senso sarebbe auspicabile una presa di coscienza dei magistrati sul punto), la possibilità offerta dallo stesso provvedimento della specifica autorizzazione del magistrato all’uopo rilasciata, ancor meglio, in sede di conferimento d’incarico “al fine di conservare, fino alla conclusione del procedimento, copia della documentazione acquisita nel corso dell’incarico agli atti del fascicolo di studio”. Tale autorizzazione, rilasciata dal magistrato su specifica richiesta del consulente ovvero perito potrebbe suggerirsi negli incarichi più complessi o quando la natura e la portata degli stessi possa far prefigurare la possibilità di chiamata a chiarimenti o di richiesta di supplemento di consulenza. In difetto di cio, come detto, il consulente deve eliminare ogni documento riconducibile al dato personale dei soggetti, potendo anche, tale condizione, in estrema condizione, costituire la pratica impossibilità di rendere i chiarimenti o rispondere alla richiesta di supplemento di consulenza. Per il consulente ovvero perito, fatta salva la condizione anzidetta di rilascio di autorizzazione del magistrato, e ammissibile conservare esclusivamente i dati necessari ad assolvere gli obblighi di ordine normativo in materia contabile ed amministrativa (nome, cognome, residenza, codice fiscale o partita IVA e quanto altro 16 - IL TRABUCCO n° 6/2009 necessario a tale fine), mentre tutte le altre informazioni debbono essere, per quelle conservate in forma cartacea, distrutte (ancor meglio con apparato distruggi documenti), mentre per quelle su supporto informatico, eliminate o trasformate in forma anonima. Eventuali informazioni di utilità statistica o scientifica debbono essere riformulate in forma anonima tali da non poter essere comunque riferite a soggetti identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione (art. 4, comma 1, lettera b)13. Adottando le misure di sicurezza idonee a preservare i dati da alcuni eventi, tra i quali accessi e utilizzazioni indebite di cui agli articoli 31 e ss. e disciplinare tecnico allegato B al Codice Il secondo aspetto richiamato dal punto 2.1. delle “Linee guida in materia di trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e dei periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero “di cui alla deliberazione n. 46/2008 del Garante, precisa che il trattamento dei dati da parte degli esperti giudiziari debba svolgersi “..adottando le misure di sicurezza idonee a preservare i dati da alcuni eventi, tra i quali accessi e utilizzazioni indebite di cui agli articoli 31 e ss. e disciplinare tecnico allegato B al Codice “. Tenuto conto che l’attività dell’ausiliario giudiziario e connotata da caratteri di autonomia, in relazione alla natura squisitamente tecnica delle indagini che si svolgono, solitamente, senza l’intervento del magistrato, dal momento in cui l’esperto riceve l’incarico e sino al momento della consegna al giudice della relazione peritale o al pubblico mini- stero delle risultanze dell’ attività svolta, incombono concretamente su detto soggetto, riguardo ai dati personali acquisiti all’atto dell’incarico e alle ulteriori informazioni raccolte nel corso delle operazioni, le responsabilità e gli obblighi relativi al profilo della sicurezza prescritti dal Codice. Il consulente tecnico e perito sono quindi tenuti a impiegare tutti gli accorgimenti idonei a evitare un’indebita divulgazione delle informazioni e, al contempo, la loro perdita o distruzione, adottando, a tal fine le misure atte a garantire la sicurezza dei dati e dei sistemi eventualmente utilizzati. Le Linee guida stabiliscono che gli ausiliari debbono curare personalmente, in considerazione del grado di autonomia riconosciuto per legge o con l’incarico ricevuto: - le “misure idonee e preventive” cui fa riferimento l’art. 31 del Codice14; - le “misure minime” specificamente indicate negli articoli da 33 a 3515 e nel disciplinare tecnico allegato B) al Codice. La mancata adozione di quanto stabilito costituisce fattispecie penalmente sanzionata (art. 169 del Codice). DISPOSIZIONI PER IL C.T.P. Gli obblighi di cui alle linee guida incombono anche sui consulenti di parte in ordine all’applicazione dei principi di liceità e che riguardano la qualità dei dati (art. 11 del Codice) e le disposizioni in materia di misure di sicurezza volte alla protezione dei dati stessi (articoli 31 e ss. e disciplinare tecnico allegato B) al Codice). Come si è detto, il Garante nella deliberazione n. 46/2008, ha provveduto a stabilire regole anche per il consulente tecnico no- minato dalle parti nei giudizi civili e penali. La deliberazione riguarda - come già osservato nel contributo pubblicato nel precedente fascicolo - il consulente tecnico nominato dalla parte nel procedimento civile (articoli 87, 194, 195 e 201 c.p.c.) ed in quello penale (artt. 225 e ss., 233 e 360 c.p.p.). In particolare il consulente di parte : • Può trattare lecitamente i dati personali nei limiti in cui ciò è necessario per il corretto adempimento dell’incarico ricevuto dalla parte o dal suo difensore ai fini dello svolgimento delle indagini difensive di cui alla legge n. 397/2000 o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria (art. 11, comma 1, lettera a) e b). I dati sensibili o giudiziari possono essere utilizzati solo se ciò è indispensabile e nella portata limitatamente a ciò che è necessario nelle diverse fattispecie; • Può acquisire e utilizzare solo i dati personali comunque pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite con l’incarico ricevuto, avvalendosi di informazioni personali e di modalità di trattamento proporzionate allo scopo perseguito (art. 11, comma 1, lettera d); sono fatti salvi i divieti di legge posti a tutela della segretezza e riservatezza delle informazioni acquisite nel corso di un procedimento giudiziario (cfr., ad esempio, l’art. 379-bis c.p.p.) e i limiti e i doveri derivanti dal segreto professionale e dal fedele espletamento dell’incarico ricevuto (cfr. articoli 380 e 381 c.p.), può comunicare a terzi dati personali solo ove ciò risulti necessario per finalità di tutela dell’assistito, limitatamente ai dati strettamente funzionali all’esercizio del diritto di difesa della parte e nel rispetto dei diritti e della dignità dell’interessato e di terzi; • Il consulente di parte, relativamente ai dati personali acquisiti e trattati nell’espletamento dell’incarico ricevuto da una parte, assume personalmente le responsabilità e gli obblighi relativi al profilo della sicurezza prescritti dal Codice, relativamente sia alle “misure idonee e preventive” (art. 31,) sia alle “misure minime” (articoli da 33 a 35 e disciplinare tecnico allegato B) al Codice; art. 169 del Codice). • Ove l’incarico comporti il trattamento con strumenti elettronici di dati sensibili o giudiziari, è tenuto a redigere il documento programmatico sulla sicurezza (art. 33, comma 1, lettera g) e punto 19, del disciplinare tecnico allegato B); • Anche il consulente di parte deve incaricare per iscritto gli eventuali collaboratori, anche se adibiti a mansioni di carattere amministrativo, che siano addetti alla custodia e al trattamento, in qualsiasi forma, dei dati personali (art. 30 del Codice), impartendo loro precise istruzioni sulle modalità e l’ambito del trattamento loro consentito e sulla scrupolosa osservanza della riservatezza dei dati di cui vengono a conoscenza. In ultimo occorre ricordare che al consulente tecnico di parte, alla stregua degli altri liberi professionisti, è consentita l’omissione della richiesta dell’autorizzazione al Garante per il trattamento dei dati sensibili; ciò in forza della originaria autorizzazione n. 4 del 2005 emanata dal Garante per l’autorizzazione al trattamento di dati sensibili da parte dei liberi professionisti e rinnovata con autorizzazione n. 4/2008 del 19 Giugno 2008. Ciò non esime il professionista - come invece accade per il consulente tecnico e perito del giudice e pubblico ministero - dagli obblighi della informativa all’interessato con l’ottenimento del relativo consenso. IL QUADRO SANZIONATORIO Per quanto attiene all’impianto sanzionatorio, il D.lgs. 196/2003, 16 Art. 167. Trattamento illecito di dati 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per se o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18,19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’articolo 129, e punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi. 2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per se o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personal; in violazione di quanto disposto dagli articoli 17,20,21,22, commi 8 e 11,-25,26,27 e 45, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni. 17 Art. 168. Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante 1. Chiunque, nella notificazione di cui all’articolo 37 o in comunicazioni, atti, documenti o dichiarazioni resi o esibiti in un procedimento dinanzi al Garante o nel corso di accertamenti, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni. 18 Art. 170. Inosservanza di provvedimenti del Garante 1. Chiunque, essendovi tenuto, non osserva il provvedimento adottato dal Garante ai sensi degli articoli 26, comma 2, 90, 150, commi 1 e 2, e 143, comma 1, lettera c), è punito con la reclusione da tre mesi a due anni. IL TRABUCCO n° 6/2009 - 17 in linea generale, punisce con sanzioni penali e pecuniarie l’uso dei dati senza consenso degli interessati, il mancato adempimento di uno dei provvedimenti del garante, la mancata informativa agli interessati e comunque ogni altra carenza concernente l’adozione delle misure minime di sicurezza atte a preservare e garantire il trattamento e la conservazione dei dati personali. Le sanzioni penali previste dal Codice riguardano: - Trattamento illecito di dati personali (art. 167 del Codice)16; - Falsità delle notificazioni al Garante (art. 168 del Codice)17; - Omessa adozione delle misure minime di sicurezza (art. 169 del Codice); - Inosservanza di provvedimenti del Garante (art. 170 del Codi- ce)18; Le misure sanzionatorie sono state in parte modificate con l’introduzione della Legge 27 Febbraio 2009 n. 14. Per la prima e la seconda violazione la pena varia da sei mesi a tre anni di reclusione, per la terza è prevista la reclusione fino a due anni o ammenda da € 10.000,00 ad € 50.000,00 mentre l’ultima è sanzionata con la reclusione da tre mesi sino a due anni. In ordine alla terza violazione occorre precisare che l’art.16919 del Codice prevcde la possibilità di impartire all’autore del reato una prescrizione fissando un termine per la regolarizzazione. Per quanto concerne le sanzioni amministrative disposte dal Codice, anch’esse modificate con la legge 14/2001), riguardano: - omessa o inidonea informativa all’interessato (art. 161 del Codice)20; - cessione di dati in violazione alle disposizioni del codice e violazione in materia di divulgazione di dati personali idonei a rivelare lo stato di salute21; - omessa o incompleta notificazione al garante22; - omessa informazione o esibizione di documenti al garante 23; La prima violazione è sanzionata con una ammenda da € 6.000,00 a € 36.000,00. Se trattasi di dati sensibili e giudiziari l’ammenda applicata varia da un minimo di € 10.000,00 ad un massimo di € 60.000,00. Per quanta attiene la seconda fattispecie di violazioni è punita con una ammenda da € 5.000,00 ad € 30.000,00 mentre la violazione dell’art. 84 comma 1 (divulgazio- 19 Art. 169. Misure di sicurezza 1. Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall’articolo 33 è punito con l’arresto sino a due anni o con l’ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro. 2. All’autore del reato, all’atto dell’accertamento o, nei casi complessi, anche con successivo atto del Garante, è impartita una prescrizione fissando un termine per la regolarizzazione non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, prorogabile in caso di particolare complessità o per l’oggettiva difficoltà dell’adempimento e comunque non superiore a sei mesi. Nei sessanta giorni successivi allo scadere del termine, se risulta l’adempimento alla prescrizione, l’autore del reato è ammesso dal Garante a pagare una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione. L’adempimento e il pagamento estinguono il reato. L’organo che impartisce la prescrizione e il pubblico ministero provvedono nei modi di cui agli articoli 21,22, 23 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, in quanto applicabili. 20 Art 161. Omessa o inidonea informativa all’interessato 1. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 13 è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da tremila euro a diciottomila euro o, nei casi di dati sensibili o giudiziari o di trattamenti che presentano rischi specifici ai sensi dell’articolo 17 o, comunque, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più interessati, da cinquemila euro a trentamila euro. La somma può essere aumentata sino al triplo -quando risulta inefficace in ragione delle condizioni economiche del contravventore. 21 Art. 162. Altre fattispecie 1. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, lettera b), o di altre disposizioni in materia di disciplina del trattamento dei dati personali è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquemila euro a trentamila euro. 2. La violazione della disposizione di cui all’articolo 84, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquecento euro a tremila euro. 22 Art. l63. Omessa o incompleta notificazione 1. Chiunque, essendovi tenuto, non provvede tempestivamente alla notificazione ai sensi degli articoli 37 e 38, ovvero indica in essa notizie incomplete, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a sessantamila euro e con la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell’ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, in uno o più giornali indicati nel provvedimento che la applica. 23 Art. 164. Omessa informazione o esibizione al Garante 1. Chiunque omette di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dal Garante ai sensi degli articoli 150, comma 2, e 157 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da quattromila euro a ventiquattromila euro. 18 - IL TRABUCCO n° 6/2009 ne di dati personali idonei a rivelare lo stato di salute) è sanzionata con ammenda da € 1.000,00 a € 6.000,00. Per quanto attiene la omessa o incompleta notificazione al garante la sanzione prevista varia da € 20.000,00 a € 120.000.00. Nei casi di minore gravità, avuto riguardo alla natura anche economica o sociale dell’attività svolta. i limiti minimi e massimi stabiliti dai medesimi articoli sono applicati in misura pari a due quinti. Per quanto attiene alla specie in trattazione degli incarichi di consulente tecnico e perito occorre osservare che è esclusa, in ordine al profilo penale, la sanzione relativa alla falsità delle notificazioni al Garante (art. 168 del Codice), non dovendo, come detto, l’esperto giudiziario provvedere ad alcuna notificazione, mentre, per il profilo amministrativo, non è prevista, per i motivi già detti l’omessa o inidonea informativa all’interessato (art. 161 del Codice) e l’omessa o incompleta notificazione al garante. Sono validi, quindi, anche per l’ausiliario giudiziario, seppur nelle ipotesi rese diverse dalle possibili fattispecie, le altre sanzioni e pene. Vi è da considerare che le violazioni della normativa del Codice sono anche fonte di responsabilità civile per danni ai soggetti interessati, poiché l’art. 2050 c.c. configura una responsabilità oggettiva a carico del soggetto che ha cagionato nocumento, indipendentemente dall’attribuzione di dolo o colpa per il fatto, sempre che il contravventore non riesca a dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. In ultimo è utile osservare che responsabile degli accertamenti è la Guardia di Finanza con la quale il Garante per la protezione dei dati personali ha sottoscritto un protocollo d’intesa. Gli accertamenti ispettivi sono indirizzati a verificare il rispetto delle norme da parte dei soggetti che trattano dati personali e per accertarne l’adempimento di tutti gli obblighi connessi all’attività esercitata. Le ispezioni sono svolte direttamente presso le sedi dove si svolgono i trattamenti dei dati personali. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Come abbiamo visto la deliberazione n. 46 del 26 Giugno 2008 “Linee guida in materia di trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e dei periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero” riguarda un insieme di obblighi e precetti che i soggetti debbono adeguatamente considerare assumendo le azioni relative. Ciò innanzitutto per adeguare il loro modo di operare alla normativa senza trascurare anche i dettagli che ad una sommaria lettura possono sembrare meno rilevanti. Nella analisi proposta ne abbiamo sottolineato diversi. individuandone la loro ricaduta, portata e delicatezza nell’ambito delle attività dell’esperto giudiziario. Ma, mi si consenta, su ogni altra considerazione quella sulla quale ogni ausiliario giudiziario deve prestare particolare attenzione poiché rappresenta il rischio più elevato, è la fattispecie di pericoli implicitamente connessi all’ambito nel quale egli svolge il proprio mandato. Ciò in particolare nel settore civile dove la conflittualità latente ed emergente tra le parti è spesso estrema. Questa condizione, anche aggravata dall’empasse in cui versa il sistema giurisdizionale civile, conduce frequentemente le parti a produrre degenerazioni della lite coinvolgendo anche i soggetti che, loro malgrado, si trovano ad operare nella procedura. Questo determina condizioni di possibile minaccia per l’ausiliario giudiziario. Ed il consulente tecnico di ufficio, esperto nella materia oggetto della controversia che, quando questa si risolve in questione di natura tecnica “decide” l’esito della causa, è colui che più si espone agli occhi della parte che ritiene di essere stata ingiustamente penalizzata o che magari, illusa da aspettative infondate, non vede realizzare la sua “ragione” nel giudizio. Ecco che quindi può scattare nella parte il desiderio - poco ragionevole per la verità, ma non per questo meno probabile - di una sorta di ritorsione, di una volontà di rivalsa nei confronti di quel consulente che magari attento a svolgere propriamente e correttamente il suo incarico giudiziario non sia stato altrettanto diligente nell’applicazione delle disposizioni contenute nella deliberazione. Per chi conosce la situazione di estrema conflittualità in cui si sviluppano molte liti negli odierni procedimenti civili non potrà quindi che prestare la massima attenzione alla corretta applicazione delle disposizioni contenute nelle linee guida. (*) Libero professionista, libero docente in corsi di formazione ed autore di pubblicazioni e contributi editoriali nel settore della consulenza tecnica di ufficio . Dal novembre 2008 svolge presso i Collegi dei Geometri e Geometri Laureati il seminario “Gli obblighi della privacy per C.T.U. e C.T.R” IL TRABUCCO n° 6/2009 - 19 CONFEDILIZIA: IN GAZZETTA NUOVE DISPOSIZIONI SUGLI IMPIANTI TERMICI CENTRALIZZATI Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di uno dei decreti del Presidente della Repubblica attuativi del decreto legislativo 192/2005, entrano in vigore nuove norme in materia di risparmio energetico. Lo comunica la Confedilizia, segnalando le disposizioni di maggiore interesse del provvedimento e precisando che lo stesso si applica in assenza di diverse disposizioni regionali. In particolare, viene previsto che in tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4 - e, comunque, nel caso in cui sia presente un impianto di riscaldamento centralizzato di potenza di almeno 100 kW - sia “preferibile” il mantenimento di impianti termici centralizzati, ove esistenti. Le cause tecniche o di forza maggiore che giustifichino la dismissione della caldaia centralizzata e la sua sostituzione con impianti di riscaldamento autonomi, dovranno essere dichiarate in una relazione tecnica attestante la rispondenza alle prescrizioni di legge per il contenimento del consumo energetico. La versione del provvedimento pubblicata in Gazzetta supera quindi - rileva con soddisfazione la Confedilizia, che si era interessata al problema - la disposizione in prima battuta approvata dal Consiglio dei ministri, che prevedeva, per gli immobili sopra indicati, il divieto di trasformazione degli impianti termici centralizzati in impianti autonomi. Il dpr pubblicato in Gazzetta prevede inoltre che in tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, in caso di installazione o di ristrutturazione dell’impianto termico, debbano essere realizzati gli interventi necessari per permettere, “ove tecnicamente possibile”, la contabilizzazione e la termoregolazione del calore per singola unità abitativa. Anche in questo caso, tuttavia, potranno essere segnalati gli eventuali impedimenti di natura tecnica alla realizzazione dei predetti interventi, ovvero l’adozione di altre “soluzioni impiantistiche equivalenti”, che dovranno essere evidenziati nella relazione tecnica sopra citata. Il provvedimento conferma infine - segnala ancora la Confedilizia - le disposizioni transitorie in materia di periodicità minima dei controlli sugli impianti di riscaldamento, che rimane fissata: a) a un anno, per gli impianti alimentati a combustibile liquido o solido (indipendentemente dalla potenza) nonché per gli impianti uguali o superiori a 35 kW; b) a due anni, per gli impianti inferiori a 35 kW (le cosiddette “caldaiette” presenti nelle abitazioni) con anzianità di installazione superiore agli otto anni e per gli impianti a camera aperta (caldaie di tipo B) installati nei locali abitati; c) a quattro anni, per gli impianti inferiori a 35 kW con meno di otto anni di anzianità. Roma, 10 giugno 2009 INIZIO E MESSA IN OPERA DEI LAVORI di Fiorenzo Furlani ge in riferimento al tipo di intervento da eseguire. Tali adempimenti essenzialmente riguardano: Normativa 1) l’impresa esecutrice i lavori; 2) la sicurezza e salute da attuare nei cantieri: Intervento a seguito Denuncia di Inizio Attività 3) le opere strutturali; (D.I.A.) 4) gli impianti; Ai sensi dell’articolo 23 del D.P.R. 380/01 i lavori po- 5) il risparmio energetico; tranno iniziare trascorsi almeno 30 giorni dalla data di 6) l’inquinamento acustico; presentazione della D.I.A. Oppure, in Caso di contestua- 7) le terre e rocce da scavo; le richiesta di nulla-osta o autorizzazioni per immobili 8) le eventuali agevolazioni fiscali. vincolati, decorsi 30 giorni dal rilascio del relativo atto di assenso e qualora l’immobile sia sottoposto ad un vin- 1) IMPRESA ESECUTRICE I LAVORI colo la cui tutela non compete all’Amministrazione Co- Ai sensi del comma 9 - art. 90 del D.Lgs. 81/2008, il titomunale, dall’esito favorevole dell’eventuale conferenza lare del titolo abilitativo deve trasmettere al competente di servizi appositamente convocata ai sensi degli articoli Ufficio Comunale la seguente documentazione riguar14, 14 bis, 14 ter e 14 quater della Legge 241/90. dante l’impresa esecutrice dei lavori: È bene precisare che l’inizio dei lavori può avvenire so- • una dichiarazione riportante l’organico medio annuo lamente se entro il termine dei 30 giorni dalla presenta- distinto per qualifica e del contratto collettivo stipulato zione della D.I.A. non sia stato notificato all’interessato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più da parte del dirigente o del responsabile del competente rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti; Ufficio Comunale l’ordine motivato di non effettuare il • il Certificato di Regolarità Contributiva valido (la vaprevisto intervento. lidità di tale documento è di tre mesi dalla data del suo Si ritiene opportuno far presente che, secondo alcuni rilascio). Tale certificato può essere rilasciato, oltre che Uffici Comunali competenti, in ottemperanza a quanto dall’I.N.P.S. e dall’I.N.A.I.L, per quanto di rispettiva stabilito dal comma 1, art 3 della Legge 14.05.2005 n. competenza, anche dalle Casse Edili le quali stipulano 80, deve essere dichiarato all’inizio lavori (come per il P. una apposita convenzione con i predetti istituti al fine del di C.) anche per gli interventi oggetto di D.I.A. rilascio di un documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C.); Intervento a seguito rilascio del permesso di Costru- • l’autocertificazione in ordine al possesso dei requisiti ire (P. di C.) di idoneità tecnico professionale previsti nell’Allegato Ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 380/01 il termine per XVII del D.Lgs. 81/2008; l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno • il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio dal rilascio del titolo abilitativo. Tale termine può essere Industria ed Artigianato di appartenenza. prorogato, con provvedimento motivato per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso (in Da tenere presente tale caso è necessario presentare domanda all’Ufficio Il D.U.R.C. deve essere prodotto, sia dall’impresa prinComunale competente almeno 15 giorni prima della cipale (impresa affidataria), che dalle altre eventuali imscadenza del termine. Decorso il suddetto termine il prese partecipanti l’intervento. permesso decade di diritto. Pertanto l’inizio dei lavori Il D.U.R.C. andrà prodotto nuovamente nel caso di vadeve essere dichiarato (mediante apposita modulistica) riazione dell’impresa esecutrice. all’Ufficio Comunale competente, comunicando il Direttore dei Lavori e l’Impresa esecutrice dei lavori. I soggetti obbligati al possesso del D.U.R.C. sono i Datori di Lavoro e i Lavoratori Autonomi nell’ambito delle Adempimenti prima dell’inizio dei lavori procedure di appalto di opere, servizi e forniture pubbliPrima dell’inizio dei lavori (e della relativa dichiarazio- ci e nei lavori privati dell’edilizia. ne) è tassativamente necessario che il titolare del titolo In assenza del D.U.R.C., anche in caso di variazione abilitativo (P. di C. o D.I.A.) abbia espletato una serie di dell’impresa, l’efficacia del titolo abilitativo è sospesa. adempimenti stabiliti dalle vigenti disposizioni di LegIL TRABUCCO n° 6/2009 - 21 2) SICUREZZA E SALUTE DA ATTUARE NEI CANTIERI Deve essere stata data puntuale attuazione alle disposizioni del Decreto Legislativo 9.04.2008 n. 81 (entrato in vigore il 15.05.2008) “Attuazione dell’art. 1 della Legge 03.08.2007 n. 123, concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili” ed in particolare agli obblighi del committente o responsabile dei lavori e del coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori in relazione all’entità dell’opera, dando atto che il coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori hanno i requisiti stabiliti dalla legge per assumere detti incarichi. Da tenere presente Agli effetti delle disposizioni, di cui al comma 1, lettera a), dell’art. 89 del D.Lgs. 81/08 si intende cantiere temporaneo o mobile, qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile, come dettato dall’allegato X dello stesso decreto legislativo, e precisamente: • i lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione. il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro; • sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegnerie civile gli scavi, il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile. Si segnala che nel nuovo Testo Unico (D.Lgs. 81/08) è confermato l’obbligo, a carico del committente o del responsabile dei lavori, prima dell’inizio lavori, di trasmettere all’ASL e alla Direzione Provinciale del Lavoro la notifica preliminare. La notifica preliminare va effettuata: • per tutti i cantieri in cui siano presenti più imprese, fin da principio, ovvero in corso di esecuzione per effetto di varianti sopravvenute, anche non contemporaneamente; • per i cantieri in cui opera un’unica impresa la cui entità presunta di lavoro sia superiore a 200 uomini/giorno (art. 99). È bene inoltre precisare che la norma introdotta dall’art. 90, comma 10, del nuovo Testo Unico, prevede la sospensione del titolo abilitativo, oltre in caso di assenza della certificazione della Regolarità Contributiva, anche 22 - IL TRABUCCO n° 6/2009 nel caso di: • assenza del Piano di Sicurezza e di Coordinamento; • assenza del Fascicolo dell’opera: • assenza della Notifica Preliminare, quando prevista. N.B. Se l’opera non è soggetta alle suddette disposizioni di Legge si deve attestarne il motivo. 3) OPERE STRUTTURALI Interventi che prevedono la realizzazione di opere strutturali. Per gli interventi soggetti alla disciplina dettata dall’art. 65 del D.P.R. 380/01, presso il competente Ufficio Comunale, deve essere depositata la denuncia delle opere strutturali, riportante • l’oggetto dell’intervento: • l’ubicazione dell’intervento; • il nominativo e recapito del committente: • il nominativo e recapito del progettista architettonico; • il nominativo e recapito del progettista delle strutture; • il nominativo e recapito del direttore lavori delle strutture; • il nominativo e recapito del costruttore delle strutture; • il nominativo e recapito del collaudatore delle strutture; • il nominativo e recapito di eventuali altre “figure” interessate alle strutture; Alla denuncia deve essere allegata la seguente documentazione; • il progetto strutturale dell’opera a firma del progettista delle strutture; • la relazione di calcolo strutturale a firma dello stesso progettista delle strutture; • la relazione illustrativa firmata dal progettista delle strutture e dal direttore lavori, ove vengono riportate le caratteristiche, le qualità e le dosature dei materiali che verranno impiegati nella costruzione; • per le zone sismiche classi “2” e “3”, la dichiarazione del progettista calcolatore delle strutture attestante che le calcolazioni sono conformi alle normative sismiche vigenti ed a quale categoria appartengono le strutture; • la nomina del collaudatore strutturale e la contestuale dichiarazione di accettazione dell’incarico (art. 67 D.P.R. 380/01 - art. 7 Legge 1086/71 - art. 2 D.P.R. 425/94). Il collaudatore, ingegnere o architetto, deve essere iscritto all’Albo professionale da almeno 10 anni e non deve intervenire in alcun modo nella progettazione, direzione, esecuzione dell’opera. Il collaudatore è nominato dal committente: qualora non esiste il committente ed il costruttore esegue in proprio, il collaudatore viene scelto dallo stesso fra i nominativi della “terna” designata dall’Ordine professionale di appartenenza, chiesta antecedentemente alla denuncia opere strutturali: • la relazione geologica-geotecnica (se non già prece- dentemente trasmessa al competente Ufficio Comunale) in ottemperanza a quanto disposto dal D.M. 11/03/1988 “Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione”, dalla Circolare Regione Veneto 05.04.2000 n. 9 e dal D.M. 01/01/2008 “Norme tecniche per le costruzioni”. 4) IMPIANTI - D.M. 22.01.2008 n. 37 Il Decreto ministeriale 22.01.2008 n. 37 per la sicurezza degli impianti (G.U. n. 61 del 12.03.2008) entrato in vigore il 27.03.2008, si applica agli impianti posti al servizio degli edifici indipendentemente dalla destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle relative pertinenze. L’art. 5 del suddetto Decreto, stabilisce l’obbligo di redigere un progetto in occasione dell’installazione, della trasformazione e dell’ampliamento di tutti gli impianti, tranne ascensore, montacarichi o scale mobili, per i quali continua ad applicarsi una specifica disciplina. Gli impianti sono classificati come segue: • impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica; • impianti di protezione contro le scariche atmosferiche; • impianti per l’automatizzazione di porte, cancelli e barriere; • impianti radiotelevisivi, antenne ed impianti elettronici; • impianti di riscaldamento, climatizzazione, condizionamento e refrigerazione con opere di evacuazione dei prodotti della combustione; • impianti idrici e sanitari; • impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas; • impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, montacarichi, scale mobili ecc.; • impianti di protezione antincendio. Da tenere presente L’art. 5, comma 6, e l’art. 11 del Decreto in esame stabiliscono che, nel caso di rifacimento o installazione di nuovi impianti relativi ad edifici per i quali è già stato rilasciato il certificato di agibilità, la dichiarazione di conformità dell’impianto e il progetto redatto ai sensi dell’art. 5 o il certificato di collaudo degli impianti installati vada presentato dall’impresa installatrice presso il competente Ufficio Comunale entro 30 giorni dalla fine dei lavori. Per le opere di installazione, trasformazione e di ampliamento di impianti che sono connesse ad interventi edilizi subordinati a P. di C. o a D.I.A., il progetto va presenta- to dal titolare del titolo abilitativo contestualmente alla presentazione del progetto edilizio; ragionevolmente, il progetto deve essere comunque presentato prima del rilascio del P. di C., prassi, questa, già adottata da parte di alcuni Uffici Comunali competenti. Qualora siano state presentate D.I.A. successivamente al 27 marzo 2008 senza la suddetta documentazione, si ricorda che la stessa andrà necessariamente prodotta prima della richiesta del certificato di agibilità. Il progetto, a seconda degli impianti interessati e della loro tipologia, è redatto da un professionista iscritto negli Albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta, oppure dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice per gli impianti residui e non compresi tra quelli riservati all’attività del professionista. Contenuti del progetto: • schemi dell’impianto; • disegni planimetrici; • relazione tecnica (su consistenza e tipologia); • caratteristiche dei materiali; • misure di prevenzione e sicurezza; • se il progetto è variato in corso d’opera, trasmettere la documentazione integrativa. Utenze per le quali è obbligatorio il progetto: • condominiali; • domestiche (potenza > di 6 kw); • immobili ad uso medico sanitario; • immobili per attività produttive; • commercio, terziario (tensione > 1.000 V). 5) RISPARMIO ENERGETICO Se l’intervento abilitato è soggetto agli obblighi di cui all’art. 28 della Legge 09.01.1991 n. 10, è necessario depositare presso il competente Ufficio Comunale la Relazione Tecnica sul contenimento dei consumi energetici a firma di un Tecnico abilitato; tale documentazione progettuale viene eseguita in applicazione del D.Lgs. 19.08.2005 n. 192 e D.Lgs. 29.12.2006 n. 311. Da tenere presente a) Ai sensi del comma 288 dell’art. 1 della Legge Finanziaria n. 244/2007, a partire dal primo gennaio 2009 il rilascio del Permesso di Costruire in ogni sua forma o modalità normativa sarà vincolato al rilascio per l’edificio in oggetto dalla realizzazione della “certificazione energetica” dello stesso, così come stabilito dall’art. 6 del D.Lgs. 192/2005. Ai sensi del comma 289 dell’art. 1 della stessa Legge Finanziaria, a partire dal primo gennaio 2009 (ove previsto dai Regolamenti Edilizi Comunali), per il rilascio del Permesso di Costruire degli edifici di nuova costruzione, IL TRABUCCO n° 6/2009 - 23 è obbligatorio che questi ultimi siano dotati di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo tale da garantire una produzione energetica con i seguenti valori: • abitazioni civili: produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unità abitativa; • fabbricati industriali di estensione superficiale non inferiore a 100 mq: produzione energetica non inferiore a 5 kW. b) Ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 30.05.2008 n. 115, e dell’art. 2 della LR.V. 30.07.1996 n. 21 (modificato con l’art. 21 della L.R.V. 26.06.2008 n. 4) con l’attuazione del risparmio energetico agli edifici di nuova costruzione ed a quelli esistenti oggetto di riqualificazione energetica, mediante la realizzazione di “particolari” spessori isolanti alle murature, tamponature, muri portanti ed ai solai (come stabilito dalle stesse disposizioni di Legge), è permesso di derogare nella determinazione dei volumi, delle superfici e rapporto di copertura, delle altezze ed a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime di protezione dal nastro stradale. A tal fine, in sede della presentazione dei progetti, è necessario allegare una Relazione Tecnica corredata da calcoli e grafici dimostrativi; ai sensi dell’art.. 11 del D.Lgs. 30.05.2008 n. 115 gli “aumenti di spessore” delle succitate strutture devono risultare necessari per ottenere una riduzione minima del 10 per cento dell’indice di prestazione energetica (per nuove costruzioni) e dei limiti di trasmittanza (per riqualificazione energetica di edifici esistenti) previsti dal D.Lgs. 19.08.2005 n. 192 e successive modificazioni. 6) INQUINAMENTO ACUSTICO - L. 447/95 Se l’opera abilitata rientra nelle previsioni di cui all’art. 8 della Legge 26.10.1995 n. 447 “Legge quadro sull’inquinamento acustico”, è necessario depositare presso il competente Ufficio Comunale la documentazione progettuale di previsione dell’impatto acustico prescritta. La citata Legge definisce i criteri, le modalità e le figure responsabili del benessere acustico. In particolare, per quel che riguarda i requisiti acustici passivi degli edifici, si fa riferimento al DPCM 05.12.97 che: • definisce in maniera quantitativa i limiti prestazionali relativi alle varie caratteristiche acustiche che devono essere rispettati nei nuovi edifici e nelle ristrutturazioni; • prefigge di migliorare la qualità della vita negli ambienti abitativi, in relazione sia al rumore proveniente dall’esterno, che da unità abitative adiacenti e di armonizzare le tecniche costruttive degli edifici. Classificazione degli ambienti abitativi, come riportato 24 - IL TRABUCCO n° 6/2009 nella tabella seguente, di cui all’allegato “A” del DPCM 05.12.1997. Tabella A” categoria A edifici adibiti a residenza o assimilabili categoria B edifici adibiti ad uffici e assimilabili categoria C edifici adibiti ad alberghi, pensioni ed attività assimilabili categoria D edifici adibiti ad ospedali, cliniche, case di cura e assimilabili categoria E edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili categoria F edifici adibiti ad attività ricreative o di culto o assimilabili categoria G edifici adibiti ad attività commerciali o assimilabili 7) AGEVOLAZIONI FISCALI a) 36% sul recupero edilizio con la Legge Finanziaria n. 244/2007 era stata confermata e prorogate fino al 31 dicembre 2010 la possibilità della detrazione del 36% per le spese sostenute al fine del recupero edilizio con un tetto di 48mila euro per unità immobiliare. La stessa proroga riguarda anche l’IVA agevolata del 10% per la manutenzione (ordinaria e straordinaria), il restauro e la ristrutturazione. La “Finanziaria 2009” (Legge 22.12.2008 n. 203, art. 2, comma 15) ha prorogato fino al 31 dicembre 2011 la possibilità della predetta detrazione. Da tenere presente Per poter beneficiare dell’agevolazione del 36%, prima dell’inizio dei lavori, è necessario inviare la comunicazione (su apposito modello) mediante raccomandata semplice al: CENTRO OPERATIVO DI PESCARA, Via Rio Sparto, 21 - 65100 PESCARA. L’agevolazione riguarda i seguenti interventi (art. 1, commi 17 e 19, Legge Finanziaria 244/2007): • interventi di manutenzione ordinaria eseguiti sulle parti comuni dei fabbricati residenziali; • interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, realizzati sulle parti comune degli edifici residenziali e sulle singole abitazioni, di qualsiasi categoria catastale (anche rurali) e relative pertinenze; • costi di costruzione (come da dichiarazione rilasciata dal costruttore) di box e posti auto pertinenziali, anche a proprietà comune; • interventi di messa in norma degli edifici, per la eliminazione delle barriere architettoniche, per la prevenzione di atti illeciti da parte di terzi, per la cablatura degli edifici, per il contenimento dell’inquinamento acustico degli edifici, per il conseguimento di risparmi energetici, per l’adozione di misure antisismiche, per la prevenzione di infortuni domestici e per la bonifica dell’amianto; • interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011 (Legge Finanziaria 2009) da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile entro il 30 giugno 2012 (Legge Finanziaria 2009), b) 55% sul risparmio energetico La Legge Finanziaria n. 244/2007 (per gli edifici esistenti) ha riconfermato fino al 31/12/2010 il bonus fiscale del 55% per le opere di isolamento termico e per l’installazione di impianti per l’energia rinnovabile riguardanti: la riquallficazione energetica degli edifici: l’intervento deve conseguire una riduzione del 20% del fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione invernale; il miglioramento dell’isolamento termico di alcune parti dell’edificio (strutture opache verticali e orizzontali e strutture trasparenti): gli interventi sulle strutture devono dare una trasmittanza termica inferiore a determinati valori; l’installazione di pannelli solari termici: la produzione di acqua calda deve essere per usi domestici o industriali e per le esigenze di piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università; la sostituzione di impianti di riscaldamento e di climatizzazione invernale con pompa di calore ad alta efficienza sostituzione di generatori di calore con quelli a condensazione: deve essere verificata la compatibilità con il sistema di distribuzione ed emissione esistente; la ristrutturazione edilizia: quella già in vigore e applicata negli anni precedenti. Da tenere presente Sino alla pubblicazione sulla G.U. n. 280 S.O. n. 263 del 29.11.2008 del D.L 29.11.2008 n. 185, per usufruire delle agevolazioni fiscali non doveva essere effettuata nessuna comunicazione prima dell’esecuzione delle opere, ma effettuare i seguenti adempimenti: • entro 90 giorni dall’ultimazione delle opere, inviare all’ENEA l’attestato di certificazione e la relativa scheda informativa compilando l’apposita modulistica. A tale riguardo si precisa che dal primo gennaio 2008 è scomparso l’obbligo di trasmettere all’ENEA la certificazione energetica (attestato o certificazione) redatta da tecnici professionisti per la sostituzione degli infissi e l’installazione di pannelli solari termici. L’indirizzo a cui inviare la documentazione, specificando “Finanziaria 2008”, è ENEA - Dipartimento ambiente, cambiamenti globali e sviluppo sostenibile - Via Anguillarese n. 301 - 00123 Santa Maria di Galeria ROMA. Telematicamente attraverso il sito www.acs.enea.it - essere in possesso dell’asseverazione che attesta la rispondenza dei lavori svolti ai requisiti tecnici stabiliti dal D.M. 19.02.2007, oppure una certificazione energetica, oppure apposita dichiarazione del direttore lavori in ottemperanza al dettato del D.Lgs. 192/2005, art. 8, comma 2; • essere in possesso del bonifico bancario o postale dei costi sostenuti; • conservare la documentazione per eventuali richieste degli uffici competenti. L’art. 29 del Decreto Legge n. 185 del 29.11.2008 aveva introdotto l’obbligo da parte del contribuente interessato di inviare (esclusivamente per via telematica) un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate ed ottenere dalla stessa il relativo “assenso”. Con la conversione in legge del D.L. 185/2008 (Legge 28.01.2009 n. 2), le ultime disposizioni, al fine di beneficiare del bonus fiscale, in sintesi sono le seguenti: • non si parla delle spese sostenute nel 2008, per le quali non cambia nulla rispetto alle precedenti procedure sopra riportate; • per le spese sostenute nel 2009-2010, oltre alle altre procedure sopra riportate, il contribuente dovrà inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate: la modulistica e le modalità di invio verranno definite entro 30 giorni dall’approvazione della Legge di Conversione; • per le spese sostenute a cavallo tra il 2008 e 2009, oltre alle altre procedure sopra riportate, il contribuente dovrà inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate riportando solo le spese sostenute nel 2009: la modulistica e le modalità di invio verranno definite entro 30 giorni dall’approvazione della Legge di Conversione. • quote annuali della detrazione: spese sostenute nel 2008: il soggetto richiedente può detrarre a scelta in rate da 3 a 10 anni; spese sostenute dopo il 1 ° gennaio 2009: il soggetto richiedente potrà detrarre in 5 rate fisse annuali. IL TRABUCCO n° 6/2009 - 25 IVA DI CASSA: IMPORTANTI NOVITÀ Circolare n.20/E del 30 Aprile 2009 - DECRETO 26/03/2009 (GU n. 96 del 27-4-2009) Con decorrenza dal 27 aprile 2009 i contribuenti Iva con volume d’affari fino a 200mila euro, possono optare per la liquidazione dell’imposta alla data di riscossione del corrispettivo, purché entro un anno dall’effettuazione dell’operazione; specularmente il cessionario matura il diritto a detrarre l’imposta assolta sugli acquisti fatturatigli con “esigibilità differita”, solo nel momento in cui effettua il pagamento o, in assenza di pagamento, dopo un anno dalla emissione della fattura. L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 20/E, ha fornito alcune precisazioni. Segnaliamo in particolare che: • la nuova disciplina non interferisce con quelle già previste per le altre fattispecie ad esigibilità differita; • il soggetto avente i requisiti, può optare per l’esigibilità differita con riguardo a ciascuna singola operazione; • la disposizione non si applica: - se la cessione di beni o la prestazione di servizi sia effettuata nei confronti di privati consumatori; può trovare applicazione nel caso di operazioni effettuate nei confronti di enti non commerciali ma solo a condizione che si realizzi l’acquisto dei beni e/o servizi nell’esercizio d’impresa; - nel caso di operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali, le cui disposizioni siano evidentemente incompatibili con il predetto differimento; la Circolare riporta i seguenti casi: • il regime “monofase” (articolo 74, primo comma, del D.P.R. 633 del 1972); • il regime del margine per beni usati (articolo 36 del decreto legge n. 41 del 1995); • il regime delle agenzie di viaggi e turismo (articolo 74-ter, del D.P.R. n. 633 del 1972). - per le operazioni interessate dal meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge). • nel caso di fattura emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di consegna o spedizione (c.d fattura differita con emissione del documento di trasporto), il termine di un anno decorre dalla data di effettuazione delle singole operazioni riepilogate nella fattura differita. II DISTACCO DALL’IMPIANTO CENTRALIZZATO DI RISCALDAMENTO O LA SUA SOSTITUZIONE CON IMPIANTI AUTONOMI: EVOLUZIONE E RESISTENZE Simona Brescia - Stefano Briotti IL DISTACCO DALL’IMPIANTO Le problematiche ambientali, la ricerca di fonti alternative di energia e, soprattutto, in una prospettiva più egoistica, il recente aumento esponenziale del costo dei combustibili, in particolare del gasolio per il riscaldamento domestico, hanno inciso sensibilmente sul numero dei condomini intenzionati a distaccare la propria unità immobiliare dall’impianto centrale di riscaldamento. Per quegli impianti privi dei misuratori collocati in ciascun radiatore è, infatti, impossibile conseguire autonomamente alcun risparmio energetico o economico, restando ininfluente la chiusura temporanea del rubinetto dei singoli radiatori (Pret. Bg, 20/05/1999 inA-c/7. Loc., 2000, 113). Nel passato prossimo l’orientamento giurisprudenziale dominante giudicava illegittimo tout court il distacco unilaterale dall’impianto centralizzato di riscaldamento in assenza della previa autorizzazione degli altri condomini serviti dall’impianto stesso, in altre parole con esclusione di quei condomini che non usufruivano del servizio. Questa tesi era fondata, in linea astratta, sul principio dell’irrinunciabilità alla (com)proprietà dell’impianto centralizzato attraverso un atto unilaterale. Più in concreto, dal punto di vista tecnico, si presumeva che il fatto in sé del distacco comportasse automaticamente uno squilibrio termico e, di conseguenza, un aggravio di spesa determinato dal maggior consumo di combustibile (G. Conc. Ge., 25/08/1986 in Arch. Loc., 1988, 126). Timidamente, agli inizi degli anni ‘80, la giurisprudenza che riteneva legittimo il distacco assunse maggiore spazio. Il distacco, tuttavia, era condizionato all’eventuale facoltà riservata al condomino dal regolamento contrattuale di condominio o all’unanimità dei comunisti o, ancora, alla prova che dal distacco non derivasse alcun nocumento (exmultis: Cass. civ., 29/11/1984, n. 6269 in Foro It., 1985, I, 1381; Cass. civ., sez. II, 20/02/1998 n. 1775 in Giur. It, 1998; Trib. Pa, 09/04/1990 in B.D. UTET) essendo, altri menti, esperibile l’azione di manutenzione (Pret. Fi, 24/01/1989 in Arch. Loc., 1989, 780). Secondo alcuni tribunali, anzi, il distacco necessita non solo del voto favorevole dei condomini ma anche di quello dei conduttori delle unità immobiliari collegate all’impianto (Trib. Na, 24/09/1987 in Arch. Loc., 1988, 126). Successivamente, si ritenne che l’unanimità dei consensi fosse una condizione che, in pratica, rendeva impossibile avvalersi della facoltà di distacco, affermandosi pertanto la sufficienza della maggioranza qualificata di cui al combinato disposto degli artt. 1120 co. 1, e 1136, co. 5, del cod. civ. (Pret. Fi, 20/12/1988 in Arch. Loc., 1990, 800; si veda anche Pret. Camerino, 21/06/1990 in B.D. UTET), almeno nel caso fosse dimostrata l’assenza di conseguenze negative sull’efficienza ed economia dell’impianto (Trib. Roma, 19/05/2005 in B.D. UTET). La facoltà del distacco contenuta in una clausola del regolamento condominiale esime dalla dimostrazione della mancanza di effetti negativi, tanto che in realtà nella pressoché totalità dei casi e già la clausola stessa a determinare la quota - spesso rilevante che resta a carico del distaccato, predeterminando quindi proprio gli effetti del distacco (contra: Cass. civ., sez. II, 21/05/2001, n. 6923 in Mass. Giur. It.. 2001; si veda anche Trib. Bo, 24/02/1999 in Arch. Loc., 1999, 642). Il divieto di distacco contenuto nel regolamento di condominio è, invece, giudicato insormontabile (Trib. Na, 29/04/2003 in B.D. UTET) senza una delibera adottata all’unanimità IL TRABUCCO n° 6/2009 - 27 del valore millesimale dell’edificio che modifichi gli obblighi derivanti dal regolamento stesso (Trib. Na 29/09/2003 in B.D UTET. È stato affermato in isolate quanto criticabili pronunzie, perché invero anacronistiche, che il regolamento condominiale al fine di disincentivare il distacco, possa perfino stabilire che l’obbligo di contribuzione alle spese sia svincolato dall’effettivo godimento del servizio. È evidente che questa affermazione risulti al limite accettabile soltanto riguardo le spese di conservazione dell’impianto, per le ragioni più volte addotte in giurisprudenza. Tuttavia, occorre ricordare che resta salva la possibilità - peraltro remota, nell’ambito degli interessi che frequentemente si contrappongono nei condomini - di modificare le anzidette obbligazioni attraverso una delibera assembleare adottata con l’unanimità dei consensi (Cass. civ., sez. II, 28/01 2004. n. 1558 in Arch. Loc., 2004, 368), In alcuni casi il diritto al distacco è stato anche collegato al malfunzionamento dell’impianto centralizzato per motivi diversi (Tub. Mi, 26/01/1989 in Arch. Loc., 1990, 94; Trib. Mi, 23/01/1992 in Arch. Loc., 1992, 363; Cass. civ., sez. II, 02/08/2001, n. 10560 in Mass. Giur. It., 2001). Per tutto il corso degli anni ‘90, tuttavia, il nuovo indirizzo meno rigido si è trovato contrapposto alla coda del vecchio orientamento che vietava recisamente il distacco (es.: Pret. Roma, 07/04/1990 in Arch. Loc., 1990, 457: Trib. Pg, 06/091997 in B.D. UTET; Trib. Co, 21/06/2000 in B.D. UTET; Trib. Co, 21/06/2001 in B.D. UTET). Allo stesso tempo, però, alcune sentenze già affrontavano positivamente il tema dell’eventuale risparmio di spesa determinato dal distacco, anziché presumere, come si è visto, un aggravio e, nel migliore dei casi, chiedere al distaccato la prova che non vi fosse maggiore consumo di combustible. Sul finire degli anni ‘90 si fece ancor più strada l’orientamento secondo cui in ipotesi di avvenuto lecito distacco di una singola unità del condominio dall’impianto centralizzato di riscaldamento, il proprietario di tale unità non usufruendo del servizio, è 28 - IL TRABUCCO n° 6/2009 esonerato dalla contribuzione alle spese di esercizio ma, quale comproprietario dell’impianto, rimane obbligato a partecipare alle spese di straordinaria manutenzione e ricostruzione dello stesso (Cass. civ., sez. II, 25/03/2004, n. 5974 in Arch. Loc., 2004, 568; Trib. Mi, 10/03/1997 in B.D. UTET), ovvero resta assoggettato soltanto alle spese di conservazione dell’impianto - quale obbligazione propter rem (cioé legata al bene senza che componenti soggettive siano incidenti) - ma è esonerato dall’obbligo di contribuire alle spese per l’uso (Cass. civ., sez. II, 30/06/2006 n. 15079 in Mass. Giur. It., 2006; vedi anche App. Roma 19/05/2007 in B.D. UTET). Più recentemente, sembra essersi perfino ventilata la possibilità di un’inversione dell’onere della prova, vale a dire che le spese di uso dovrebbero restare in tutto o in parte a carico del condomino distaccatosi solo in assenza di validi e probanti elementi che dimostrino un aggravio di spesa per gli altri condomini (Cass. civ. n. 8924/2001: App. Roma, sez. IV, 14/03/2007 in 6.D. UTET). Dopo il 2000, invece, sembra essere stata definitivamente archiviata la necessità di una previa autorizzazione dell’assemblea al distacco, restando sufficiente che quest’ultimo non determini aggravi di costi o squilibri termici pregiudizievoli per gli altri condomini (Cass. civ., sez. II, 25/03/2004 n. 5974 in Guida al Diritto, 2004 n. 20; Cass. civ., sez. Ill, 14/01/2005 n. 680; Trib. Monza, 03/09/2007 in B.D. UTET, ove si tratta anche della possibilità di totale esclusione dalle spese di consumo). Anzi, la delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione a distaccarsi è nulla per violazione del diritto individuale del condominio sulla cosa comune (Cass. civ., sez. II, 30/03/2006, n. 7518 in Guida al Diritto, 2006 n. 25; Trib. Potenza, 23/04/2008 in B.D. UTET). Il distacco dal riscaldamento trova, specie tra i soggetti meno sensibili al risparmio o alle mutate condizioni ambientali, forti resistenze. Un argomento tra i più frequentemente utilizzati dagli oppositori in sede assembleare e il timore che solo alcuni dei condomini restino collegati all’impianto di riscaldamento, sobbarcandosi quindi maggiori spese. In effetti, la pervicacia nel difendere l’impianto centralizzato, pur spesso obsoleto, fumoso ed antieconomico, non è premiata. Ad esempio, nel caso di condomino unico fruitore della canna fumaria per avvenuto distacco dal riscaldamento centralizzato degli altri condomini, vige il disposto dell’art. 1123, co. 2, cod. civ., il quale stabilisce che per le parti condominiali destinate a servire i condomini in misure diverse, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne. Da ciò deriva che se in un condominio un solo condomino continua ad utilizzare il riscaldamento centralizzato e di conseguenza la canna fumaria ad esso collegata, le spese di manutenzione ordinaria devono gravare solo su questo condomino. Questa decisione trova autorevole conforto in un consolidato orientamento delta S.C., secondo il quale i condomini non sono tenuti a contribuire alle spese relative al servizio di riscaldamento centrale ove, in alcun modo, non ne fruiscano (Cass. 99/129; 97/11152; 95/1597) (Trib. Pd, sez. I, 07/05/2002 in B.D. UTET). Ad ogni modo la scelta del distacco non è in perpetuum, essendo successivamente nella facoltà del condomino distaccatosi chiedere di poter nuovamente allacciare, a proprie spese, la propria unità immobiliare all’impianto centralizzato sopportandone gli oneri (Cass. civ., sez. II, 28/01/2004 n. 1558 inArc/7. Loc., 2004, 368; Cass. Civ Sez. II, sent. n. 1558 del 28 gennaio 2004). Le spese relative alla sostituzione della caldaia devono essere infatti sostenute anche dai condomini distaccatisi, proprio perché l’impianto centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, cui detti condomini potranno ricollegarsi (Cass. civ., sez. II, 29/03/2007, n. 7708 in Arch. Loc., 2007, 5, 516) facendone richiesta specifica (Cass. civ., sez. II, 28/01/2004, n. 1558 In Arch. Loc., 2004, 368 cit). Sembra, perfino, che un’assemblea possa deliberare l’esclusione di un’unità immobiliare dal riparto delle spese per lavori straordinari e di manutenzione dell’impianto di riscaldamento sulla scorta di un erroneo presupposto, cioè che essa non sia allacciata all’impianto stesso. La conseguenza sarebbe non la nullità della delibera, bensì l’annullabilità con tutte le note conseguenze in ordine al ricorso, da proporsi quindi entro trenta giorni dalla data della deliberazione (per i dissenzienti) o dalla data di comunicazione (per gli assenti) ex art. 1137 cod. civ. (Cass. civ., sez. II, 29/03/2007, n. 7708 in Mass. Giur. It., 2007). La disamina del problema resterebbe però incompleta se svincolata dal riferimento alla disciplina del codice civile. Soltanto con ciò, infatti, è possibile comprendere esattamente quale sia stata l’elaborazione giurisprudenziale in materia. In primo luogo è da ricordare che nel caso in cui nell’edificio condominiale il numero dei condomini è superiore a dieci deve essere formato un regolamento nel quale siano contenute le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione (art. 1138 c.c). L’art. 1117 c.c. nello stabilire quali parti dell’edificio siano in comproprietà tra i vari proprietari dei singoli appartamenti e quali parti costituiscano il condominio, include, al numero 2, appunto il locale ove è situato l’impianto di riscaldamento centralizzato ed, al numero 3, lo stesso impianto. Di tali parti, inoltre, può servirsene ogni condomino a condizione che lo stesso non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (art. 1102 c.c). Conseguenza relativa alla comproprietà dell’impianto di riscaldamento è che ogni singolo proprietario non può, rinunziando al diritto acquisito sulle parti comuni, sottrarsi al contributo nelle spese per la conservazione dell’impianto stesso; conservazione che potrebbe avere necessità di essere tutelata con opere di innovazione e di manutenzione al fine di renderne efficace l’uso nonché con tutte le IL TRABUCCO n° 6/2009 - 29 altre idonee al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento (art. 1120). Analizzando la normativa citata ed applicandola alla fattispecie relativa al distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato si devono evidenziare alcuni importanti aspetti. L’impianto di riscaldamento centralizzato, inclusi il locale dove sono collocati la caldaia, il bruciatore e tutti gli altri elementi atti alla produzione del calore, nonché la tubazione fino ai singoli appartamenti - costituisce comproprietà indivisibile tra i vari condomini con la funzione di erogare un servizio essenziale alle singole proprietà, pertanto, l’assemblea dei condomini non può, solo con le maggioranze previste per le innovazioni di cui all’art. 1136, comma 2, 4 e 5 c.c., disporne la soppressione o eliminazione poiché, in tal modo, verrebbe leso il diritto dei condomini dissenzienti che intendano ancora avvalersi di detto impianto. (Cass. Civ., Sez. II, sent n. 4652 del 27/4/1991). Ciò detto, la soppressione dell’impianto di riscaldamento centralizzato diviene legittima esclusivamente con la decisione unanime dei condomini espressa nel corso dell’assemblea condominiale appositamente costituita. Il problema assume maggiore complessità allorché viene manifestata la volontà di singoli condomini di volersi distaccare dall’impianto di riscaldamento centralizzato al fine di installare nel proprio appartamento un impianto autonomo. Nessuna questione insorge nel caso in cui venga accolta unanimemente dall’Assemblea condominiale l’istanza dei condomini in tal senso diretta, peraltro questo caso piuttosto raro, posto che l’Assemblea condominiale - come detto poc’anzi - tende a negare l’approvazione di una siffatta richiesta ritenendo che il distacco di alcuni condomini dal riscaldamento centralizzato possa comunque tradursi in aggravio di spese a carico degli altri. Parimenti non sorge alcuna problematica allorché il Regolamento del condominio espressamente vieti il distacco dall’impianto centralizzato, anch’essa ipotesi altrettanto rara e che ricorre soltanto nel caso in cui detto Regolamento abbia natura contrattuale, nel 30 - IL TRABUCCO n° 6/2009 senso, che esso sia stato espressamente accettato da tutti i condomini con i singoli atti di acquisto di ogni appartamento o altra porzione dell’edificio. In tal caso il divieto del distacco diventa assoluto anche qualora il singolo condomino richiedente dimostri che il distacco non comporti alcun danno o maggiore onere per gli altri condomini. Non si può che dissentire recisamente da tale impostazione, dimeno dal punto di vista pratico, poiché rispetto all’evoluzione della tecnica e delle politiche ambientali, essa risulta nettamente anacronistica e penalizzante. LA SOPPRESSIONE DELL’IMPIANTO Occorre premettere che la demolizione e la ricostruzione di un impianto già esistente in altro luogo condominiale porta ad una vera e propria innovazione che è ricompresa nelle previsioni dell’art. 1120 c.c. La soppressione dell’impianto chiede il consenso unanime dei condomini. Il consenso unanime era prescritto dalla Suprema Corte anche per la trasformazione dell’impianto da centralizzato in autonomo ma la L. 10/1991 ha profondamente innovato la materia. Devono, infatti, sussistere i presupposti di cui alla Legge n. 10/91 in caso di soppressione dell’impianto centralizzato, affinché le decisioni assembleari possano essere adottate con la maggioranza millesimale. La giurisprudenza di legittimità, ricorrendo tale ipotesi, si è espressa statuendo che: “la legge n. 10/1991, all’art. 26, comma 2, prevede gli interventi in parti comuni degli edifici, volti al contenimento del consumo energetico e (congiuntamente) all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art. 1. Essa intanto consente di deliberare a maggioranza semplice l’eliminazione di un bene comune a tutti i condomini come l’impianto di riscaldamento centralizzato, in quanto il passaggio da tale impianto agli impianti autonomi venga attuato in previsione del contenimento dei consumi energetici, con l’uso delle fonti alternative di energia, indicate dalla legge in esame all’art. 1 ovvero con la trasformazione di esso in impianti unifamiliari, come previsto dall’art. 8 richiamato dall’art. 26.” (Cass. Civ. Sez. conda impongono gli adempimenti di cui si tratta. II, sent. n. 16980 del 18 agosto 2005) (App. Roma, 09/05/2007 in B.D. UTET). L’entrata in vigore del D.lgs 311/2006, tuttavia, secondo certi La legge n. 10/91, pertanto, apporta una deroga studiosi sembra aver risolto la questione nel senso all’art. 1120 c.c. consentendo, in buona sostanza, la di rendere necessaria la documentazione di corredo soppressione di un bene comune - seppure preve- alla delibera di trasformazione dell’impianto. dendone la contestuale sostituzione con altro - con Il D.lgs. 29 dicembre 2006 n. 311, in seguito, novella sola maggioranza delle quote millesimali. Il rela- lando la L. 10/91, ha reso evidente il collegamento tivo atto assembleare è, pero, subordinato ad una se- tra la validità delle anzidette delibere condominiali, rie di adempimenti obbligatori che include, in primo assunte in parziale deroga agli artt. 1138. 1120 e luogo, una consulenza tecnica attestante la concreta 1121 c.c., ed il fine proprio della normativa, cioé il eseguibilità dell’opera e che misuri, principalmente, contenimento di consumi energetici. l’effettiva convenienza, in merito al risparmio ener- Problematica non marginale (sottoposta al vaglio getico, degli impianti autonomi rispetto a quello della migliore dottrina: si veda il primo dei testi di centralizzato. La procedura di trasformazione deve approfondimento consigliati) è costituita dall’evenattestarsi - adeguandosi al contenuto dell’art. 5 del tuale dissenso di un condomino rispetto alla sostituDPR 26/8/93 n. 412, che impone la necessità non zione dell’impianto centralizzato con uno autonomo derogabile intesa nel senso che l’edificio venga do- (in generale per ragioni di economia o, ad esempio, tato di appositi condotti di evacuazione dei prodotti perché la sua unità immobiliare mal si presta ad acdi combustione con sbocco sopra il suo tetto - alla cogliere il nuovo impianto autonomo). quota prescritta dalle norme tecniche UNI 7129. Inoltre, la delibera assembleare deve essere rivolta Riassumendo: il distacco del singolo - o di più conall’effettiva trasformazione dell’impianto centraliz- domini - è consentito purché in conformità ai prinzato in impianti individuali e va adottata solo sulla cipi di cui alla normativa sul risparmio energetibase dei principi stabiliti dai citati provvedimenti co. Apposita perizia tecnica deve comprovare che normativi, in quanto nell’eventualità che essa sia di- l’operazione di distacco non comporti un aggravio retta, invece, alla sola soppressione del bene comu- di spese per i condomini che continuano a utilizne ovvero alla sostituzione dello stesso senza le mo- zare l’impianto centralizzato ovvero un danno alla dalità e le condizioni prescritte, la decisione diviene funzionalità dell’impianto ovvero uno squilibrio illegittima se non presa con la volontà unanime dei termico dell’intero edificio recante pregiudizio alla condomini. La giurisprudenza, peraltro, ha ritenu- normale erogazione del servizio di riscaldamento. to che la delibera condominiale di trasformazio- L’onere della prova è, ovviamente, a carico del conne dell’impianto centralizzato di riscaldamento in domino interessato al distacco che deve produrre impianti unifamiliari a gas, ai sensi dell’art. 26 co. apposita documentazione peritale da allegarsi alla 2, L. 10/1991 (...) è valida anche se non accompa- comunicazione diretta all’Assemblea condominiale, gnata dal progetto di opere corredato della relazio- la quale valuterà la sussistenza dei presupposti lene tecnica di conformità (...) poiché si distinguono gittimanti il distacco. Ricorrendo tale ultima ipoteuna fase deliberativa ‘interna’ (attinente ai rapporti si, la Cassazione si è pronunciata più volte, statuentra i condomini, disciplinati in deroga al disposto do che: “il distacco dall’impianto centralizzato di dell’art. 11120 c.c.) da una esecutiva ‘esterna’ (re- riscaldamento deve ritenersi vietato ove incida nelativa ai successivi provvedimenti di competenza gativamente sulla destinazione obiettiva della cosa della pubblica amministrazione) e solo per la se- comune, determinando uno squilibrio termico ed un IL TRABUCCO n° 6/2009 - 31 aggravio di spese per i condomini che continuano a servirsi dell’impianto: è consentito, invece, quando è autorizzato da una norma del regolamento contrattuale di condominio o dalla unanimità dei partecipi alla comunione ovvero anche quando venga fornita la prova che dal distacco non può derivare alcuno dei predetti inconvenienti”. (Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 15079 del 30 giugno 2006). Realizzato il distacco, il condomino è comunque sempre tenuto a partecipare alle spese di manutenzione e conservazione dell’impianto centralizzato. “Il condomino è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune, ovvero abbia offerto la prova che dal distacco non derivano né un aggravio di gestione o uno squilibrio termico, essendo in tal caso esonerato soltanto dall’obbligo del pagamento delle spese occorrenti per il suo uso, se il contrario non risulti dal regolamento condominiale.” (Cass. Civ. Sez. II, sent. n, 7708 del 29 marzo 2007). Ad ogni modo, come appena detto, il singolo distacco (o plurimo) non può operare a danno dei restanti condomini e, pertanto, viene sancito l’obbligo per il condomino distaccatosi al pagamento delle spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato anche se sottratto alla partecipazione alle spese di consumo o di esercizio riguardanti un servizio di cui non usufruisce. In alcuni casi l’esonero dalle spese citate non è totale in quanto il condomino rinunciatario può essere tenuto ad accollarsi, alternativamente, gli eventuali maggiori oneri che gli altri condomini si vedono costretti a sopportare in conseguenza della diminuzione del numero dei contribuenti rimasti collegati all’impianto centralizzato oppure alla quota forfettaria determinata dall’assemblea condominiale quale compensazione del calore di cui l’unità immobiliare staccata comunque continua indirettamente a godere per la collocazione della stessa all’interno 32 - IL TRABUCCO n° 6/2009 dell’edificio (Cass. Civ Sez. II, n. 1558/2004). In realtà, considerando che nella stragrande maggioranza dei casi, il condomino che si distacca installa un impianto autonomo, la situazione resta quella iniziale; può, invece, discutersi sull’applicabilità di tale principio in relazione al calore (ad esempio nell’androne, o nelle soffitte, o nei locali comuni) che l’impianto centralizzato rilascia nelle parti comuni. Si è inoltre affermato che la previsione nel regolamento condominiale dell’obbligo di contribuzione alle spese di conservazione del riscaldamento centralizzato svincolato dall’effettivo godimento del servizio va ricondotta nell’ambito delle disposizioni che attribuiscono diritti o impongono obblighi ai condomini; ne consegue che essa non sarebbe modificabile da delibera assembleare se non con l’unanimità dei consensi. (Cass. Civ. sent. n. 1558 del 28/1/2004; Cass. Civ. sent. n. 6923 del 21/5/2001). Tale principio e cioè la legittimità del pagamento delle spese per il riscaldamento anche in assenza di questo, se fondato sulla sola volontà delle parti, non può applicarsi nell’ambito del contratto di locazione di immobili urbani, infatti, per il principio di cui all’art. 9 della legge n. 392/1978, applicabile alle locazioni per immobili adibiti ad uso non abitativo, sono a carico del conduttore le spese relative alla fornitura del riscaldamento, ma se detta fornitura non esiste non è dovuto alcun corrispettivo per la stessa nonostante che esso sia previsto nel contratto di locazione. Operando, in tale caso, il combinato disposto degli artt. 9 e 41 della L. 392/1978, non è dovuto un onere accessorio per una fornitura che non sia effettivamente prestata, neppure in percentuale, con la conseguenza che un’eventuale pattuizione in tal senso è in contrasto con le disposizioni legislative e, pertanto, nulla e detta nullità è rilevabile d’ufficio dall’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art. 1421 c.c. (CAss. Civ. sent n 5827 del 24/5/1993)