sommario sommario - Collegio Geometri Piacenza

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sommario sommario - Collegio Geometri Piacenza
SOMMARIO
SOMMARIO
- Sistema Conciliazione
Antica unità di lunghezza
usata nel Piacentino
(Trabùc in dialetto, voce
registrata dal Vocabolario
piacentino-italiano
di Lorenzo Foresti.
È pari a sei braccia piacentine,
cioè 2,81739 metri)
Pag.
4
- La privacy negli incarichi giudiziari
»
6
- Nuove disposizioni sugli impianti
termici centralizzati
» 20/28
- Inizio e messa in opera dei lavori
»
21
- IVA di cassa
»
26
- Il distacco dall’impianto
centralizzato di riscaldamento
»
27
ANNO XXX - N. 6
GIUGNO 2009
Direttore Responsabile
GIAN PAOLO ULTORI
•
Redazione,
Amministrazione,
Pubblicità impaginazione
PUBBLINOVA
Via C. Colombo, 101
Piacenza - Tel. 0523.594350
Fax 0523.614200
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Stampa:
Tipolitografia MASERATI s.n.c.
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Piacenza - Tel. 0523.716130
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Rivista registrata presso il
Tribunale di Piacenza al n. 311
del 7-2-1980
Articoli e foto anche se non
pubblicati non si restituiscono
Sito Internet del Collegio
www.geometri-piacenza.it
e-mail: [email protected]
web master: Stefano Sorice - [email protected]
INFORMATIVA DAL COLLEGIO
Dalla CASSA ITALIANA DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI GEOMETRI
Scade il 15 Settembre 2009
il termine per la presentazione
del Mod. 17/2009
Per maggior sicurezza e per avere la ricevuta
di presentazione, tutti i colleghi potranno
consegnare i Modelli 17/2009 presso la Segreteria del Collegio
Dal 15 Luglio al 07 Agosto
e dal 24 Agosto al 15 Settembre
l’Autocertificazione va consegnata
entro il 30 Ottobre
CHIUSURA
UFFICI DI SEGRETERIA
PER IL PERIODO ESTIVO
Gli uffici del Collegio
rimarranno totalmente chiusi
DAL 10 AGOSTO AL 21 AGOSTO
il giorno 24 Agosto
il personale riprenderà il lavoro
Per il periodo dei mesi di Luglio e Agosto
l’ufficio di segreteria sarà aperto solo la mattina
dalle ore 9 alle ore 13,00
2 - IL TRABUCCO n° 6/2009
COMUNICATO
AGLI ISCRITTI INTERESSATI
CORSO PER TECNICI CERTIFICATORI ENERGETICI
(Svolgimento nel prossimo autunno)
SCHEDA DI ADESIONE
(da inviare via Fax: 0523/590895)
Nome e Cognome
__________________________________________
Qualifica
__________________________________________
N. Iscrizione Albo
__________________________________________
Indirizzo
__________________________________________
Tel. e Fax
__________________________________________
E-mail
__________________________________________
Data
_____________________
R&T
s.n.c
Assicurazioni Riassicurazioni
PIACENZA - Via C. Colombo, 101 - Tel. 0523.613322 - Fax 0523.614200
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 3
Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati
ADESIONE CNGeGL
ALL’ASSOCIAZIONE
“SISTEMA CONCILIAZIONE”
presso
Ministero della Giustizia
Il Consiglio Nazionale ha aderito all’associazione “Sistema Conciliazione - Associazione tra gli enti promotori di
attività di soluzioni alternative alle controversie”.
Al riguardo, si evidenzia che, unitamente al CNGeGL,
all’associazione partecipano anche il Consiglio Nazionale Forense, l’A.D.R. Notariato s.r.l, l’Unione Italiana
delle Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, il Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti
ed Esperti Contabili, nonché il Consiglio Nazionale degli
Ingegneri.
Lo scopo dell’associazione è la diffusione della conoscenza degli strumenti di soluzione stragiudiziale delle
controversie, nonché la promozione di comportamenti
idonei a prevenirle e di iniziative volte a favorire l’utilizzo di strumenti atti a dirimerle stragiudizialmente.
Premesso quanto sopra ed atteso l’impegno ad attivarsi
per promuovere l’attività di conciliazione (di cui all’art. 3
dello Statuto associativo), è stato costituto, presso lo scrivente Consiglio, un gruppo di lavoro preposto allo studio
ed alla disciplina della materia, affinché si possa, in tempi
brevi, regolamentare e costituire presso ogni Collegio un
organismo di conciliazione.
In tale contesto, si segnala e si allega, altresì, il testo
dell’art. 60 della legge recentemente approvata dal Parlamento ed in corso di promulgazione, contenente la “Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali”.
Si invitano i Collegi - nell’ambito della loro piena autonomia - a coordinarsi con il Consiglio Nazionale, astenendosi dall’intraprendere direttamente iniziative locali
afflnché sia garantita l’omogeneità operativa e venga
evitata l’attivazione di molteplici azioni disgiunte nello
stesso ambito.
IL PRESIDENTE
Geom. Fausto Savoldi
SENATO DELLA REPUBBLICA
Attesto che il Senato della Repubblica, il 26 maggio 2009,
ha approvato il seguente disegno di legge, d’iniziativa del
Governo, già approvato dalla Camera dei deputati, modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati:
Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile
4 - IL TRABUCCO n° 6/2009
Art. 60.
(Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, uno o più
decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale.
2. La riforma adottata ai sensi del comma 1, nel rispetto e
in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità
ai principi e criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il
necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati
su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi alle Camere, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti
per materia e per le conseguenze di carattere finanziario,
che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data
di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine
venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare
del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la
scadenza di quest’ultimo è prorogata di sessanta giomi.
3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia;
b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi
professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio di conciliazione;
c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa
comunitaria, anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5,
e in ogni caso attraverso l’istituzione, presso il Ministero
della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione,
di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo
Ministero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 2
della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l’iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro;
d) prevedere che i requisiti per l’iscrizione nel Registro
e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del
Ministro della giustizia;
e} prevedere la possibilità, per i consigli degli ordini de-
gli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di
conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli;
f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti
presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro;
g) prevedere, per le controversie in particolari materie,
la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i
consigli degli ordini professionali;
h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla
lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro;
i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel
Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche;
l) per le controversie in particolari materie, prevedere
la facoltà del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti
nell’albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i
cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi
della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a
quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali;
m) prevedere che le indennità spettanti ai conciliatori, da
porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto
regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia
stata raggiunta la conciliazione tra le parti;
n) prevedere il dovere dell’avvocato di informare il cliente, prima dell’instaurazione del giudizio, della possibilità
di avvalersi dell’istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione;
o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione
di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l’invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero
della giustizia, a decorrere dall’anno precedente l’introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all’articolo 2 del
decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con
modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181;
p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude
il processo corrisponda interamente al contenuto dell’accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione,
che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese
sostenute dal vincitore che ha rifiutato l’accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo
altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che
possa condannare il vincitore al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell’articolo 9 (L) del testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,
n. 115;
q) prevedere che il procedimento di conciliazione non
possa avere una durata eccedente i quattro mesi;
r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un
regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità, l’indipendenza e l’imparzialità del conciliatore nello
svolgimento delle sue funzioni;
s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l’iscrizione
di ipoteca giudiziale.
Bassanini
Costruzioni s.r.l.
Via Bolzoni, 30
29122 Piacenza
Cell. 338 7970101
REGOLE DELLA PRIVACY NEGLI INCARICHI GIUDIZIARI
di Paolo Frediani *
ASPETTI GENERALI
Con la deliberazione n. 46 del
26 Giugno 2008 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 178 del
31 Luglio 2008 il Garante per la
protezione dei dati personali ha
emesso le “Linee guida in materia
di trattamento di dati personali da
parte dei consulenti tecnici e dei
periti ausiliari del giudice e del
pubblico ministero”.
La disposizione coinvolge pienamente i professionisti incaricati dai giudici nel settore civile
e quelli che svolgono il mandato
di consulente tecnico e perito per
i giudici e pubblici ministeri in
quello penale. Inoltre le regole
trovano applicazione anche per i
consulenti delle parti private.
La decisione è scaturita in relazione alla necessità di provvedere in
ordine ai rischi connessi al trattamento di dati personali da parte
dei consulenti tecnici e periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero con la prevalente funzione
di individuare un quadro unitario
di misure e di accorgimenti necessari e opportuni volti a fornire
orientamenti utili per i numerosi
professionisti interessati.
Naturalmente le indicazioni non
incidono sulle forme processuali
che gli ausiliari devono rispettare
nello svolgimento delle attività e
nell’adempimento degli obblighi derivanti dall’incarico e dalle istruzioni ricevuti dall’autorità
giudiziaria.
È utile infatti ricordare che già il
Codice (Al titolo I - Trattamenti
in ambito giudiziario) all’art. 47
(trattamento per ragioni di giustizia)1 escludeva alcune disposizioni in materia di protezione di
dati personali che, adesso, sono
confermate anche dalle Linee guida in trattazione. Le finalità delle
attività del consulente tecnico e
perito infatti rientrano pienamente
nelle previsioni dell’art. 8 (esercizio dei diritti) comma 2. punto g)2.
Le Linee guida, tuttavia, hanno
trovato ispirazione nella constatazione che nell’espletamento dei
relativi incarichi, il consulente e il
perito di regola vengono a conoscenza e devono custodire, contenuti nella documentazione consegnata dall’ufficio giudiziario,
anche dati personali di soggetti
coinvolti a diverso titolo nelle vicende giudiziarie (quali le parti di
un giudizio civile o le persone sottoposte a procedimento penale), e
possono acquisire altre informazioni di natura personale nel corso
delle operazioni (come ad esempio, richiesta di chiarimenti alle
parti e assunzione di informazioni
presso terzi ai sensi dell’art. 194
c.p.c., oppure richiesta di notizie
all’imputato, alla persona offesa o
ad altre persone ai sensi dell’art.
228, comma 3, c.p.p.
L’attività dell’ausiliario comporta quindi il trattamento di diversi
dati personali, talvolta di natura
sensibile o di carattere giudiziario
statuiti dall’art. 4, comma 1, lettere d) ed e) del Codice.3 Ciò ha
indotto il Garante a porre in essere
regole che rendono applicabili anche alle dette fattispecie di incarico le disposizioni del “Codice in
materia di protezione dei dati personali” con particolare riferimento al rispetto dei principi di liceità, la qualità dei dati e l’adozione
delle misure di sicurezza idonee a
preservare i dati.
AMBITI DI APPLICAZIONE
Con riguardo agli ambiti di applicazione, la deliberazione fa riferimento ai codici di procedura civi-
1
Art. 47 (Trattamenti per ragioni di giustizia)
1. In caso di trattamento di dati personali effettuato presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado, presso il Consiglio superiore
della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, non si applicano, se il trattamento è effettuato
per ragioni di giustizia. le seguenti disposizioni del codice:
a) articoli 9,10,12,13 e 16, da 18 a 22, 37, 38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45;
b) articoli da 145 a 151.
2. Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per ragioni di giustizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, o che, in materia di trattamento giuridico ed economico del personale
di magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione giurisdizionale, nonché le attività ispettive su uffici giudiziari. Le
medesime ragioni di giustizia non ricorrono per 1’ordinaria attività amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture,
quando non è pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla predetta trattazione.
2
Art. 8 (Esercizio dei diritti):
2.1 diritti di cui all’articolo 7 non possono essere esercitati con richiesta al titolare o al responsabile o con ricorso ai sensi
dell’articolo 145, se i trattamenti di dati personali sono effettuati: g) per ragioni di giustizia, presso uffici giudiziari di ogni
ordine e grado o il Consiglio superiore della magistratura o altri organi di autogoverno o il Ministero della giustizia;
6 - IL TRABUCCO n° 6/2009
le e penale, rispettivamente, per il
primo, agli articoli da 61 a 64 e
da 191 a 200 e per il secondo agli
articoli da 220 a 232, 359 e 360.
Ne consegue che dalla lettura
della disposizione in trattazione
il soggetto chiamato al rispetto
delle regole in essa dettate - per il
settore civile - e la figura del consulente tecnico sancito dall’art.61
c.p.c.4 ossia la figura del consulente tecnico nel processo di
cognizione, cautelare, per la procedura di accertamento tecnico
preventivo e nella consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’art.
696 - bis c.p.c. Analogamente la
disposizione vale per il consulente tecnico nominato nel processo
amministrativo.
Occorre osservare che contrariamente a quanto si poteva presumere, la disposizione non fa
riferimento - la deliberazione
concretamente non ne fa alcun
cenno, nemmeno con indicazione
del giudice delegato -, alla figura dell’esperto regolata dall’art.
68 (altri ausiliari) nel processo di
esecuzione, sia nella forma generica (esecuzione immobiliare) sia
nella forma specifica (obblighi di
fare e non fare) e del custode sancita dall’art. 65 c.p.c.. Se da una
parte il dettato della deliberazione - in verità - lascia poco spazio
ad interpretazioni, dall’altra non
si può fare a meno di prospettare qualche dubbio in relazione al
contrasto che non può non originarsi nel momento in cui il Garante, ispirato dalla precipua volontà
di provvedere in ordine alla regolamentazione dei rischi connessi
al trattamento di dati personali da
parte dei consulenti tecnici e periti nei procedimenti giudiziari,
ne omette una parte sostanziale,
potremmo definire centrale, per
il trattamento come quello svolto
nell’ambito del processo esecutivo e della custodia immobiliare. le
cui rilevanze potrebbero addirittura far ipotizzare una mera dimenticanza od involontaria omissione.
Forse un intervento finalizzato a
puntualizzare ciò da parte del Garante potrebbe essere utile.
Per quanto attiene al settore penale la disposizione riguarda i periti
di cui all’art. 221 c.p.p. (Nomina
del perito), il consulente tecnico
a norma dell’art. 225 c.p.p. (Nomina del consulente tecnico), ed
il consulente tecnico del pubblico
ministero di cui all’art. 359 c.p.p.
(Consulenti tecnici del pubblico
ministero). Inoltre - come detto
- le disposizioni contenute nelle
Linee guida sanciscono obblighi
anche per i consulenti tecnici delle parti sia nei procedimenti civili
che penali.
DISPOSIZIONI PER IL C.T.U.
In base alla peculiare disciplina
posta dal Codice con riguardo
ai trattamenti svolti per ordine
dell’autorità giudiziaria (correlati
alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie) le Linee guida
richiamano l’applicazione delle
norme di cui all’art.47 comma 2
del Codice 5.
In particolare le Linee guida precisano che non possono essere applicate ai consulenti tecnici e periti le disposizioni contenute agli:
- Art. 9 (modalità di esercizio);
- Art. l0 (riscontro all’interessato);
- Art. 12 (codici di deontologia e
di buona condotta);
- Art. 13 (informativa);
- Art. 16 (cessazione del trattamento);
- Art. 18 (Principi applicabili a
tutti i trattamenti effettuati da soggetti pubblici)
-Art. 19 (Principi applicabili al
trattamento di dati diversi da quel-
3
Art. 4: (Definizioni) - d) “dati sensibili”, i dati personali idonei a rivelare 1’origine razziale ed etnica. Le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, 1’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere
religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;
e) “dati giudiziari”, i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u).
del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da
reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura
penale;
4
Art. 61 c.p.c. - Consulente tecnico: Quando è necessario il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per
tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica. La scelta dei consulenti deve essere normalmente
fatta tra le persone iscritte in albi speciali a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice
5
Art. 47: (Trattamenti per ragioni di giustizia)
1. In caso di trattamento di dati personali effettuato presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado, presso il Consiglio superiore
della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, non si applicano, se il trattamento è effettuato
per ragioni di giustizia, le seguenti disposizioni del codice: a) articoli 9,10,12,13 e 16, da 18 a 22,37,38, commi da 1 a 5, e da
39 a 45; b)articoli da 145 a 151. 2. Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per ragioni di giustizia i trattamenti di
dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, o che, in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione giurisdizionale, nonché le attività
ispettive su uffici giudiziari. Le medesime ragioni di giustizia non ricorrono per 1’ordinaria attività amministrativo-gestionale
di personale, mezzi o strutture, quando non è pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla predetta trattazione.
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 7
li sensibili e giudiziari);
- Art. 20 (Principi applicabili al
trattamento di dati sensibili);
- Art. 21 Principi applicabili al
trattamento di dati giudiziari);
-Art. 22 (Principi applicabili al
trattamento di dati sensibili e giudiziari);
Inoltre sono inapplicabili le disposizioni relative alla notificazione
al Garante (articoli 37 e 38, commi
da 1 a 5), a determinati obblighi di
comunicazione all’Autorità, alle
autorizzazioni e al trasferimento
dei dati all’estero (articoli da 39
a 45), nonché ai ricorsi al Garante
(articoli da 145 a 151). Sul punto
vale la pena ricordare, come operate formalmente dal Garante con
Provvedimento n. 39608 del 31
Dicembre 1998 che “i consulenti
tecnici di cui agli art. 191 ss. del
c.p.c. coadiuvano l’autorità giudiziaria nello svolgimento delle
proprie funzioni, in una posizione di indipendenza rispetto alle
parti. L’attività del consulente
d’ufficio è, quindi, strettamente
connessa e logicamente integrata con l’attività giurisdizionale
in senso proprio e ad essa non si
applicano le disposizioni di legge
in ordine ai dati sensibili. Le perizie svolte dai consulenti d’ufficio
rientrano, infatti, fra i trattamenti effettuati nell’ambito di uffici
giudiziari, per ragioni di giustizia, che, ai sensi dell’art. 4 della
legge n. 675/1996 sono sottratti
all’applicazione delle disposizioni del citato art. 22. Pertanto per
l’effettuazione dei trattamenti in
6
questione non occorre acquisire
previamente il consenso dell’interessato” Qualche perplessità
potrebbe permanere sugli effettivi obblighi riservati al consulente
tecnico e perito dalla lettura degli
articoli succitati osservando l’assenza tra questi dell’art. 23 (Consenso). Tale condizione potrebbe
infatti far ipotizzare la necessita
del rispetto della disposizione da
parte degli ausiliari giudiziari.
Occorre tuttavia osservare all’uopo che il dettato dell’art. 23, al
comma 3, prevede che “.... Il
consenso è validamente prestato
solo se è espresso liberamente e
specificamente in riferimento ad
un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per
iscritto, e se sono state rese all’interessato le informazioni di cui
all’articolo 13.” Dovendo rilevare che l’articolo 13 (informativa)
è espressamente escluso per le attività dei professionisti in ausilio
all’autorità giudiziari, non si può
fare a meno di concludere che non
deve essere richiesto alcun consenso per il trattamento dei dati
agli interessati.
Alla stregua del consulente tecnico di ufficio sono pure considerati
gli esperti ausiliari - ove autorizzati dal giudice - da lui incaricati per lo svolgimento di incarichi
di natura specialistica (provvedimento del Garante 27 marzo
2002, n. 1063421)
Risultano invece pienamente applicabili alle attività di ausilio
all’autorità giudiziaria, ed in tal
senso operano organicamente le
Linee guida, le altre disposizioni
contenute nel Codice in materia
di protezione dei dati personali di
cui al D.lgs. n. 196/2003.
In particolare, il trattamento dei
dati effettuato a cura di consulenti
tecnici e periti deve rispettare due
fondamentali precetti:
• nel rispetto dei principi di liceità
e che riguardano la qualità dei dati
di cui all’art. 11;
• adottando le misure di sicurezza
idonee a preservare i dati da alcuni eventi, tra i quali accessi e utilizzazioni indebite di cui agli articoli 31 e ss. e disciplinare tecnico
allegato B al Codice.
Esaminiamo nel dettaglio i contenuti.
Nel rispetto dei principi di liceità e che riguardano la qualità dei
dati di cui all’art. 11
L’art. 116 definisce le modalità
del trattamento dei dati personali
introducendo i concetti di liceità,
esattezza, correttezza, pertinenza
e finalità.
Il concetto di liceità, che attiene
alla piena ammissibilità nell’ambito della norma o della consuetudine, trova rispetto nel trattare
correttamente e diligentemente i
dati personali in possesso. Nella
violazione di liceità rientra - ne
sono esempio alcuni provvedimenti del garante emessi a seguito di ricorsi all’autorità - anche il
comunicare ingiustificatamente a
soggetti terzi, o comunque non interessati dalla procedura nel quale
il professionista svolge il proprio
Art 11. Modalità del trattamento e requisiti dei dati
1.1 dati personali oggetto di trattamento sono:
a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;
b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;
c) esatti e, se necessario, aggiornati;
d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;
e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.
2.1 dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere
utilizzati.
8 - IL TRABUCCO n° 6/2009
incarico su mandato dell’autorità giudiziaria, informazioni, dati,
notizie e comunque atti riguardati
la procedura stessa o dei soggetti
in essa coinvolti.
La nozione di esattezza, che può
definirsi l’inappuntabile coincidenza con la forma o la sostanza
dovuta, impone la necessità di verificare che i dati e le informazioni siano esatti, aggiornati, e corrispondenti ai dati di fatto, al fine
di riportare una fedele rappresentazione della sua identità ed evitare qualsiasi possibile nocumento
all’interessato.
Il concetto di correttezza che attiene al significato di un comportamento improntato alle buone
regole della morale e dell’educazione anche civica, riguarda i
diversi precetti che il consulente
tecnico e perito debbono osservare e rispettare. Tra queste la
necessità di evitare comportamenti che possano incidere sulla
dignità del soggetto interessato
mediante comunicazioni, atteggiamenti o condotte che palesino a osservatori terzi ed estranei
il contenuto della comunicazione o dell’azione operata dal consulente e perito e - per quanto
già osservato in parte coincidente con il concetto della esattezza
- l’obbligo di acquisire, utilizzare e porre a fondamento delle
proprie operazioni e valutazioni
informazioni corrette complete e
corrispondenti ai dati reali.
Con il principio di pertinenza
che riguarda la relazione immediata di reciprocità sul piano delle attribuzioni logiche e
funzionali e di quello di finalità
che attiene alla configurazione teoretica di qualsiasi oggetto in quanto preordinato ad un
fine, si richiama la necessità di
omettere nella documentazione
prodotta, il riferimento a dati,
specie se di natura sensibile o di
carattere giudiziario o comunque
di particolare delicatezza, chiaramente non pertinenti all’oggetto
dell’accertamento peritale, limitando il resoconto alle informazioni e notizie effettivamente utili
al perseguimento delle finalità
poste a fondamento delle attività. È inoltre da escludersi - con
ogni evidenza - il riferimento di
informazioni personali relative a
soggetti estranei al procedimento
siano essi legati con vincolo di
parentela od amicizia alle parti
soggette nel procedimento o semplicemente estranei. Anche per la
fattispecie di regola, vale la proporzionalità delle informazioni e
dati che l’ausiliario riporterà nelle relazioni peritali ed informative rispetto agli scopi perseguiti
nell’incarico.
Sempre con riguardo alla finalità deve considerarsi la conservazione dei dati solo con esclusivo
riferimento allo svolgimento del
mandato e nel tempo necessario
allo svolgimento dello stesso, dovendo eliminare, al completamento dell’incarico od all’atto della
sua rinuncia, ogni informazione
conservata sia in forma cartacea
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sia su supporto informatico.
Compiuta l’articolata analisi sui
contenuti e definizioni dell’articolo 11 del D.lgs. n. 196/2003, analizziamone adesso gli effetti sulle
attività dell’esperto giudiziario
- in particolare nel settore civile
- seguendo il contenuto della deliberazione del Garante.
Dati personali solo nei limiti e
nell’ambito dell’incarico
Come detto il consulente e il perito possono trattare lecitamente
dati personali, nei limiti in cui ciò
è reso necessario per il corretto,
compiuto ed esauriente adempimento dell’incarico ricevuto
e solo, evidentemente, con riferimento all’ambito dell’accertamento demandato dall’ autorità
giudiziaria.
Se da una parte la deliberazione del Garante per la protezione
dei dati personali non pone limiti nella raccolta e trattazione dei
dati personali per le attività del
consulente e perito, poiché queste
attività - come detto - rientrano in
quelle svolte per esigenze giurisdizionali - dall’altra i professionisti impegnati in incarichi giudiziari di consulente tecnico e perito
non possono trascurare la portata
dell’evidenza, dovendo fare molta attenzione all’utilizzo dei dati
ed alle forme di comunicazioni
utilizzate nello svolgimento del
proprio mandato. Difatti queste
possono integrare violazione della
norma ove possano, anche se involontariamente, rendere edotti di
informazioni di carattere personale soggetti estranei, o comunque
- nel caso della comunicazione quando non vi sia la garanzia del
ricevimento esclusivo della stessa
da parte del diretto interessato.
Ciò puo accadere laddove il
C.T.U. in sede civile operi comunicazioni contenenti informazioni
di carattere personale riguardanti
10 - IL TRABUCCO n° 6/2009
il soggetto in causa a mezzo di
telefax presso struttura (es. luogo
di lavoro dell’interessato od altro
luogo analogo) senza avere la certezza e la garanzia del ricevimento diretto ed esclusivo dell’interessato stesso.
Analogamente ciò può accadere
ove il consulente incaricato non
trovando il soggetto in causa presso l’immobile da ispezionare lasci
un semplice biglietto affisso alla
porta di casa, od ancora un messaggio, in forma scritta o verbale,
al vicino di casa od all’amministratore condominiale.
Nello stesso concetto di liceità rientra la condizione di trattamento limitato ai soli limiti e fini in
cui ciò è reso necessario per il
corretto, compiuto ed esauriente
adempimento dell’incarico ricevuto dall’autorità giudiziaria ed
in modo dall’essere proporzionato allo scopo perseguito. Pertanto il consulente deve valutare se
le informazioni personali contenute nella relazione siano effettivamente necessarie allo scopo
dell’incarico oppure inutilmente
ridondanti; in questa ipotesi debbono essere debitamente limitate
a quelle indispensabili.
Inoltre per il consulente - per
quanto attiene alle limitazioni
concernenti l’ambito dell’incarico, è esclusa la possibilità di poter utilizzare le informazioni ed
i dati personali assunte nel corso
dell’espletamento del mandato per altri scopi o utilizzazioni,
come, ad esempio, potrebbe accadere nella ipotesi che il professionista si trovi a dover trattare
successivamente, in pratiche ricadenti nella sfera dell’attività esercitata privatamente, pratiche dello
stesso soggetto o persona giuridica. Tantomeno queste informazioni possono essere comunicate a
terzi (colleghi, altri professionisti,
società ecc.).
Informazioni personali, modalità di trattamento proporzionate
allo scopo perseguito ed incrocio di dati
Il consulente - come già rilevato per il punto precedente - deve
prestare adeguata attenzione a
non inserire in relazione notizie e
dati di natura personale che possono esulare dallo scopo e natura
dell’incarico conferito dall’autorità giudiziaria. È quindi importante considerare la portata di ogni
dato ed informazione inserita e se
questi rappresentano rilevanza per
le finalità del mandato conferito
dal giudice o pubblico ministero.
Con riferimento ai dati comuni od
identificativi tra cui nominativi,
dati relativi alla residenza numero telefonico, proprietà, dati di
carattere economico, immagini,
dati fiscali, targa automobilistica e
motociclistica, luoghi di frequentazione, composizione ed identificazione nucleo familiare debbono
essere utilizzati solo se effettivamente necessario e richiesto dalle
esigenze giurisdizionali.
L’attenzione - con ogni evidenza deve essere prestata maggiormente per i dati di natura sensibile e
giudiziaria che tuttavia - occorre
rilevare - sono assai poco frequenti nella trattazione specifica degli
incarichi di natura civile. L’iscrizione a partiti politici o sindacati,
la condizione e lo stato di salute
od anche solo la sofferenza a particolari patologie o di semplici
dati sanitari od ancora gli eventuali provvedimenti di restrizione
personale a carico dei soggetti,
in qualità di dati sensibili, sono
tali da rappresentare informazioni estremamente critiche per il
consulente così come i dati giudiziari che indichino la qualità di
imputato o indagato. Le sentenze,
i decreti penali di condanna irrevocabili, la sospensione condizio-
nale della pena e la non menzione,
provvedimenti di applicazione di
pene accessorie, misure alternative alla detenzione, di sicurezza
personali e patrimoniali, ed altro
ancora.
Le informazioni personali e le
modalità di trattamento quindi
debbono necessariamente essere
proporzionate allo scopo perseguito avvalendosi in particolare di
informazioni (art. 11, comma 1,
lettera a) e b)7, nel rispetto delle
istruzioni e del mandato impartito
dall’autorita giudiziaria.
Con riguardo alle modalità di
trattamento dei dati, esse debbono essere tese ad impiegare tutti
gli accorgimenti idonei a evitare
un’indebita divulgazione delle informazioni e, al contempo, la loro
perdita o distruzione, adottando, a
tal fine, le misure atte a garantire
la sicurezza dei dati e dei sistemi
eventualmente utilizzati. Passeremo in rassegna nel prossimo contributo, il secondo precetto che
le Linee guida stabiliscono per i
consulenti tecnici e periti, con una
analisi particolare ed una ampia
trattazione in materia di misure
idonee e misure minime di sicurezza.
Inoltre si deve considerare la proporzionalità delle modalità di trattamento, intendendosi con questo concetto quelle strettamente
necessarie a consentire un trattamento idoneo e pienamente rispondente ai requisiti previsti. In
tale quadro, l’eventuale utilizzo
incrociato di dati provenienti da
diverse fonti, può ritenersi consentito se e chiaramente collegato
alle indagini delegate ed è stato
autorizzato dalle singole autorità
giudiziarie dinanzi alle quali pendono i procedimenti o, se questi si
sono conclusi, che ebbero a conferire l’incarico o da altra autorità
giudiziaria competente. Pertanto
ogni incrocio di dati se non preventivamente autorizzato è vietato. Ne consegue che, laddove tale
attività sia ritenuta indispensabile
dall’ausiliario per il compimento
del proprio incarico, debba trovare accoglimento il suggerimento
di procedere alla richiesta di una
autorizzazione al magistrato in
forma scritta da allegare poi alla
relazione.
Informazioni personali acquisite, utilizzate e poste a fondamento delle valutazioni devono
essere corrette, complete e corrispondenti ai dati di fatto anche quando vengono espresse
valutazioni provenienti da valutazioni soggettive di ciascun
interessato (persona fisica o giuridica) Come osservato l’ausiliario giudiziario - dinnanzi a dati di
carattere personale - deve porre
estrema attenzione ad utilizzare
informazioni corrette ed aggiomate.
Infatti - sanciscono le Linee guida allegate alla deliberazione - il
consulente e il perito sono tenuti
ad acquisire, utilizzare e porre a
fondamento delle proprie operazioni e valutazioni, informazioni personali che, con riguardo
all’oggetto dell’indagine da svolgere, siano idonee a fornire una
rappresentazione del soggetto (finanziaria, sanitaria, patrimoniale,
relazionale, ecc.) corretta, completa e corrispondente ai dati di
fatto. Ciò, non solo allo scopo di
fornire un riscontro esauriente in
relazione al compito giurisdizionale assegnato, ma anche al fine
di evitare che, da un quadro inesatto o inidoneo di informazioni,
possa derivare nocumento all’interessato, anche nell’ottica di
una non fedele rappresentazione
della sua identità (art. 11, comma
1, lettera c)8. In tal senso appare
indispensabile valutare non solo
l’attendibilità delle informazioni
in possesso ma anche la loro attualità con riferimento a possibili
variazioni e/o mutazioni intercorse nel tempo e non segnalate agli
atti processuali.
Ciò - con ogni evidenza - assume
ancora più rilevanza nella nostra
attualità processuale in considerazione della durata dei procedimenti.
Occorre rilevare la indubbia importanza anche con particolarmente riferimento alla natura
degli incarichi civili ove a fronte della diversificata natura delle
controversie vi sono numerosissime informazioni, dati e notizie,
anche di carattere rilevante sotto
il profilo probatorio, che il consulente tecnico si trova a trattare,
elaborare ed a porre a fondamento delle proprie assunzioni e motivazioni in risposta ai quesiti. È
quindi preciso compito dell’ausiliario giudiziario, anche attraverso eventuali specifiche autorizzazioni al riguardo da ottenersi da
parte del giudice, aggiornare i dati
da trattare e comunque valutarne
la loro attendibilità.
Infatti un loro erroneo e improprio utilizzo od anche la loro
7
Art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati)
1.1 dati personali oggetto di trattamento sono:
a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;
b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;
8
Art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati)
1.1 dati personali oggetto di trattamento sono:
c) esatti e, se necessario, aggiornati;
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 11
mera inattualità potrebbero costituire profilo di responsabilità per
il consulente tecnico e perito per i
danni derivati all’interessato.
Come già ampiamente rilevato,
in ossequio al principio di pertinenza nel trattamento dei dati,
il consulente deve operare una
attenta analisi sui dati da inserirsi nell’elaborato peritale. In
tale quadro si inseriscono anche
le informazioni provenienti dagli interessati laddove necessarie
all’espletamento dell’incarico. In
tal senso è opportuno quindi per
il consulente - anche nella detta
fattispecie - verificarne l’attendibilità ed ove questo non fosse
possibile - operare una separata
valutazione in ordine al punto al
fine di connotarne i limiti di valore ai fini del contenuto probatorio
tale indicazioni proveniente dalla
parte. In detta ipotesi è opportuno che la indicazione sia recepita
a verbale delle operazioni e comunque con documento scritto da
dove risulti chiaramente l’origine
e la fonte.
Informazioni limitatamente a
quelle necessarie e strettamente indispensabili all’incarico ed
esclusione di quelle non pertinenti o relative a soggetti estranei al procedimento
Per quanto ricordato - in ordine al
concetto di pertinenza - il consulente e perito possono acquisire ed
utilizzare informazioni personali
strettamente connessi alle finalità
dell’incarico. Pertanto le relazioni peritali e le informative fornite
al magistrato ed eventualmente ove previsto - alle parti, non devono né riportare dati, specie se
di natura sensibile9 o di carattere
giudiziario10 o comunque di particolare delicatezza, chiaramente
non pertinenti all’oggetto dell’accertamento peritale, né contenere
ingiustificatamente ed in modo
non spettante informazioni personali relative a soggetti estranei
al procedimento (art. 11, comma
1, lettera d)11.
È evidente l’attinenza del punto - con espressa esclusione delle
informazioni che trovano fondamento negli scopi e finalità stesse dell’incarico - del riferimento
ai dati inerenti l’origine razziale
ed etnica, delle convinzioni religiose, filosofiche, delle opinioni
politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i
dati personali idonei a rivelare lo
stato di salute e la vita sessuale e
relative preferenza od ancora notizie rivelanti aspetti legati a procedimenti giudiziari dei soggetti
coinvolti od anche di coloro che
in vario modo ne possano risultare
interessati come coniugi e parenti.
A puro titolo esemplificativo si
può far riferimento all’accertamento tecnico richiesto al consulente tecnico di
ufficio per accertare se le opere
edilizie condotte in una proprietà
immobiliare siano state svolte con
la finalità dell’abbattimento delle
barriere architettoniche preesistenti nell’edificio per consentire
un adeguato uso dell’unità immobiliare da parte del proprietario.
Il riferimento od anche la semplice indicazione in relazione peritale della patologia, dello stato di
salute o dell’aggravamento della
stesso del soggetto interessato o
comunque il quadro di notizie che
possano rilevare lo stato di salute
del soggetto, appaiono informazioni non pertinenti all’oggetto
(peraltro con natura di dato sensibile) dell’accertamento è pertanto
sanzionabile.
Viceversa, ove l’accertamento riguardi proprio lo stato di salute
del soggetto (come avviene nella
consulenza tecnica peritale medica), poiché condizione volta a
garantire l’ammissibilità o meno
di tale intervento edilizio nella
quadro di norma relativa - e quindi fondante l’incarico stesso -, ne
risulta con ogni evidenza, la sua
attinenza e proporzionalità rispetto alle finalità dell’incarico.
Le relazioni e le informative debbono poi astenersi dal riferire
notizie e dati relativi a soggetti
terzi del procedimento anche se
soggetti facenti parte del nucleo
familiare del soggetto interessato
ossia coinvolti nel procedimento.
Può essere il caso di notizie afferenti condomini od i proprietari
di abitazioni finitime nel caso di
conflitti di vicinato od ancora di
9
“dati sensibili”, i dati personali idonei a rivelare 1’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro
genere. Le opinioni politiche, 1’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico,
politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;
10
“dati giudiziari”, i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u),
del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da
reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura
penale;
11
Art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati)
1.1 dati personali oggetto di trattamento sono:
d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;
12 - IL TRABUCCO n° 6/2009
soggetti facenti parte del nucleo
familiare dei soggetti in causa.
Comunicazioni delle informazioni
Le informazioni personali acquisite nel corso dell’accertamento
possono essere comunicate alle
parti, come rappresentate nel procedimento (ad esempio, attraverso
propri consulenti tecnici), con le
modalità e nel rispetto dei limiti
fissati dalla normativa posta a tutela della segretezza e riservatezza degli atti processuali.
Ciò pertanto suggerisce che ogni
informazione di carattere personale, debba essere comunicata dal
consulente attraverso forme rituali proprie e previste dall’incarico
evitando quelle di tipo irrituale o
comunque improprie (es. comunicazione verbale o telefonica).
Pertanto appare opportuno far uso
delle sessioni di operazioni peritali mediante formalizzazione a verbale o con comunicazioni scritte
da inviarsi con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.
In molti incarichi di consulenza
tecnica di ufficio l’ausiliario entra
in possesso di notizie e dati che
ad una prima lettura possono non
apparire rilevanti sotto il profilo
delle tutele a cui il Codice offre
garanzia. Queste possono essere
ad esempio quelle concernenti le
indagini di tipo amministrativo,
finanziario o ricostruzioni di condizioni storiche di luoghi e persone afferenti la vita dei soggetti
interessati, anche con l’ausilio di
documenti fotografici ed atti di
natura non pubblica.
Resta in ogni caso fermo l’obbligo per l’ausiliare di mantenere il
segreto sulle operazioni compiute
(art. 226 c.p.p.; cfr. anche art. 379bis c.p.), eventuali comunicazioni
di dati a terzi, ove ritenute indispensabili in funzione del perseguimento delle finalità dell’indagine, restano subordinate a quanto
eventualmente direttamente stabilito per legge o, comunque, a
preventive e specifiche autorizzazioni rilasciate dalla competente
autorità giudiziaria.
Inoltre appare utile precisare,
laddove il consulente debba far
ricorso ad ausiliari esperti per la
conduzione di accertamenti di
natura specialistica, (si pensi ad
esempio ad indagini geologiche
di un terreno in un incarico affidato ad un geometra avente come
finalità la valutazione di mercato
dello stesso) ricorrere sempre alla
autorizzazione del giudice (da ottenersi in udienza di conferimento
d’incarico o con successiva separata specifica istanza), poiché in
tal caso - come citato nel provvedimento n. 27 marzo 2002, n.
1063421 del Garante - l’attività di
detti soggetti “...si inquadra infatti, al pari di quella curata dal consulente tecnico d’ufficio, nell’ambito delle funzioni ausiliarie nei
cui confronti opera la medesima
disciplina della legge n. 675 applicabile alla autorità giudiziaria
coadiuvata”. Questo, pertanto,
determina anche per gli esperti
ausiliari le analoghe esclusioni
previste per i consulenti tecnici
e periti in ordine alla normativa
concernente il trattamento dei dati
personali e con le evidenti esclusioni in ordine alle responsabilità
previste dal Codice.
Conservazione e cancellazione
dei dati
È questo forse l’aspetto più rilevante e - mi si consenta, nei riflessi pratici - più controverso e,
potremmo azzardare, astratto del
provvedimento del Garante.
Occorre dapprima evidenziare
che in relazione alla conservazione e cancellazione dei dati,
con riferimento ai trattamenti di
dati svolti per ragioni di giustizia,
non è applicabile la disposizione
contenuta dall’ art. 1612 del Codice relativa alla cessazione del
trattamento di dati personali. Ciò
è conseguenza della mancato obbligo per il consulente e perito di
dover informare, ed essere conseguentemente autorizzato, al trattamento dei dati degli interessati.
Peraltro, la suddetta circostanza,
nella fattispecie del consulente e
dal perito, di regola coincide con
l’esaurimento dell’incarico.
Tali esclusioni tuttavia - evidenziano le Linee Guida - non incidono su quanto previsto dal dettato
dell’art. 11, comma 1, lettera e),
del Codice della privacy il quale
prevede che i dati non possono
essere conservati per un periodo
di tempo superiore a quello necessario al perseguimento degli
scopi per i quali essi sono stati
raccolti e trattati. Da ciò ne consegue che, espletato l’incarico
12
Art. 16 (Cessazione del trattamento)
1. In caso di cessazione, per qualsiasi causa, di un trattamento i dati sono:
a) distrutti;
b) ceduti ad altro titolare, purché destinati ad un trattamento in termini compatibili agli scopi per i quali i dati sono raccolti;
c) conservati per fini esclusivamente personali e non destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione;
d) conservati o ceduti ad altro titolare, per scopi storici, statistici o scientifici, in conformità alla legge, ai regolamenti, alla
normativa comunitaria e ai codici di deontologia e di buona condotta sottoscritti ai sensi dell’articolo 12.
2. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dal comma 1, lettera b), o di altre disposizioni rilevanti in materia di
trattamento dei dati personali e priva di effetti.
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 13
l’ausiliario deve consegnare per il
deposito agli atti del procedimento non solo la propria relazione,
ma anche la documentazione consegnatagli dal magistrato ovvero
contenuta nei fascicoli di causa
delle parti e quella ulteriore da
lui acquisita nel corso dell’attività
svolta (ad esempio gli atti, documenti, titoli ottenuti a mezzo di ricerche, ispezioni ed accertamenti
od anche semplicemente elaborati
e grafici restituiti a mezzo di rilievo a seguito delle attività peritali
condotte), salvo quanto eventual-
mente stabilito da disposizioni
normative o da specifiche autorizzazioni dell’autorità giudiziaria
che dispongono legittimamente
ed espressamente in senso contrario.
Sul punto occorre osservare che la
deliberazione del Garante prevede che la consegna sia fatta “agli
atti del procedimento” lasciando
intendere che la documentazione
rientrante nella fattispecie nei dati
personali dovrebbe essere contenuta anche in un separato fascicolo e richiamata, mediante formula
di natura generica, in calce alla
relazione peritale ovvero perizia
al fine di attestare, da parte del
consulente tecnico di ufficio e perito, il rispetto alla disposizione.
“Il sottoscritto consulente tecnico
di ufficio unitamente alla presente
relazione peritale, agli allegati ad
essa ed ai fascicoli di causa delle
parti consegna, come previsto dalle Linee Guida in materia di trattamento di dati personali da parte
dei consulenti tecnici e dei periti
ausiliari del giudice e del pubblico ministero di cui alla deliberazione del Garante n. 46/2008
tutta la documentazione consegnata in sede di conferimento
d’incarico congiuntamente a
quella acquisita e raccolta nel
corso delle attività”, potrebbe
essere una esemplificazione di
formula da inserire in calce alla
relazione peritale o perizia.
Il fascicolo quindi deve essere
depositato unitamente alla relazione o perizia in cancelleria per
essere inserito nel fascicolo di
ufficio.
Le Linee guida dispongono che
nella ipotesi di assenza di disposizioni normative o specifiche autorizzazioni dell’autorità
giudiziaria che dispongano diversamente, il consulente e il
perito non possono conservare,
in originale o in copia, in formato elettronico o su supporto
cartaceo, informazioni personali
acquisite nel corso dell’incarico
concernenti i soggetti, persone fisiche o giuridiche, nei cui
confronti hanno svolto accertamenti. Analogamente, in caso di
revoca o di rinuncia all’incarico
da parte dell’ausiliario, la documentazione acquisita nel corso
delle operazioni peritali deve
essere restituita integralmente al
magistrato. La violazione di detti obblighi costituisce condotta
vietata con la possibilità di irrogazioni delle previste sanzioni.
Ne risulta quindi, in pratica conseguenza - ed è questo l’aspetto
oggettivamente più astratto del
provvedimento - che il consulente, laddove in presenza di informazioni costituenti dato personale, non possa conservare, in
concreto, neanche la copia della
propria relazione peritale e della
documentazione fotografica ad
essa allegata laddove questa possa
essere tale da rappresentare strumento idoneo per ricollegarsi ad
informazioni personali. In questo
caso, per esemplificare, è evidente
che il reperto fotografico avente
ad oggetto una macchia di umidità su di un soffitto di un locale non
è certo tale da costituire elemento
idoneo di quella violazione mentre lo è la documentazione fotografica ritraente la proprietà della
parte ove si evidenzino lo stesso
soggetto, l’automobile con la relativa targa, od ancora l’accesso
alla proprietà con il numero civico.
Ma - seguendo la finalità della
disposizione - non si può fare a
meno di osservare che tra la documentazione di cui è inibita la
conservazione rientrano anche le
note e gli appunti di lavoro, gli
schemi, i calcoli, i rilievi e tutte le
deduzioni personali che il consulente ovvero perito abbiano operato nel corso dell’incarico laddove
questi costituiscano fonte idonea
per ricostruire i dati personali dei
soggetti coinvolti nel procedimento. E per chi conosce la natura, la
portata ed il carattere degli accertamenti demandati ai consulenti
non può non convenire che tale
possibilità è molto frequente.
La detta condizione - precisa il
Garante - non inibisce la possibilità di rendere chiarimenti alla
relazione o produrre note ad integrazione o supplemento alla
medesima atteso che, in detta ipotesi, l’ausiliare può soddisfare la
richiesta acquisendo le notizie e
la documentazione necessaria per
fornire i nuovi riscontri dal fascicolo processuale, in conformità
alle regole dei codici di rito. È
questo l’aspetto del provvedimento su cui non si può fare a meno
di avanzare delle serie perplessità,
in particolare per gli effetti pratici
che può determinare e con cui le
esigenze materiali degli uffici non
potranno non scontrarsi.
Difatti come si può ritenere che
l’eventuale supplemento od anche
più semplicemente il chiarimento della consulenza tecnica, possa essere reso solo utilizzando la
documentazione versata in atti di
causa senza poter avere l’ausilio
del compendio documentale realizzato ed operato dal consulente
nel corso dell’incarico, talvolta
lungo, articolato e complesso?
Perche se è evidente che la documentazione versata agli atti è riferimento utile e necessario - per
coloro che conoscono gli incarichi peritali - è altrettanta manifesta la condizione che è proprio in
quelle note di lavoro, rilievi, fonti
di ricerche, analisi di dati od anche semplici spunti di riflessione
ed appunti, versati in relazione
a mezzo di una sintesi organizzata, a cui il consulente si affida
per rendere quei chiarimenti, non
foss’altro per una semplice memorizzazione che una relazione
peritale non sempre consente.
13
Art. 4 (Definizioni)
1. Ai fini del presente codice si intende per:
b) “dato personale”, qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o
identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;
14
Art. 31 (Obblighi di sicurezza)
1.1 dati personal; oggetto di trattamento sono custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al
progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante
1’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di
accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalita’ della raccolta.
15
Art. 33 (Misure minime)
1. Nel quadro dei più generali obblighi di sicurezza di cui all’articolo 31, o previsti da speciali disposizioni, i titolari del trattamento sono comunque tenuti ad adottare le misure minime individuate nel presente capo o ai sensi dell’articolo 58, comma 3,
volte ad assicurare un livello minimo di protezione dei dati personali.
Art. 34 (Trattamenti con strumenti elettronici)
1; II trattamento di dati personali effettuato con strumenti elettronici e consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal
disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B), le seguenti misure minime:
a) autenticazione informatica;
b) adozione di procedure di gestione delle credenziali di autenticazione;
c) utilizzazione di un sistema di autorizzazione;
d) aggiornamento periodico dell’individuazione dell’ambito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici;
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 15
E non pensiamo agli effetti che
tale disposizione può prefigurare
nelle indagini penali con ricerche
e ricostruzioni di posizioni bancarie, finanziarie, amministrative ed
altro ancora.
Alla domanda sul daffarsi, la soluzione da suggerirsi è quella di
utilizzare ed ottenere, ove le condizioni del mandato lo consentano
(in tal senso sarebbe auspicabile
una presa di coscienza dei magistrati sul punto), la possibilità
offerta dallo stesso provvedimento della specifica autorizzazione
del magistrato all’uopo rilasciata, ancor meglio, in sede di conferimento d’incarico “al fine di
conservare, fino alla conclusione
del procedimento, copia della documentazione acquisita nel corso
dell’incarico agli atti del fascicolo di studio”. Tale autorizzazione,
rilasciata dal magistrato su specifica richiesta del consulente ovvero perito potrebbe suggerirsi negli
incarichi più complessi o quando
la natura e la portata degli stessi
possa far prefigurare la possibilità di chiamata a chiarimenti o di
richiesta di supplemento di consulenza.
In difetto di cio, come detto, il
consulente deve eliminare ogni
documento riconducibile al dato
personale dei soggetti, potendo
anche, tale condizione, in estrema
condizione, costituire la pratica
impossibilità di rendere i chiarimenti o rispondere alla richiesta
di supplemento di consulenza.
Per il consulente ovvero perito,
fatta salva la condizione anzidetta di rilascio di autorizzazione del
magistrato, e ammissibile conservare esclusivamente i dati necessari ad assolvere gli obblighi di
ordine normativo in materia contabile ed amministrativa (nome,
cognome, residenza, codice fiscale o partita IVA e quanto altro
16 - IL TRABUCCO n° 6/2009
necessario a tale fine), mentre tutte le altre informazioni debbono
essere, per quelle conservate in
forma cartacea, distrutte (ancor
meglio con apparato distruggi
documenti), mentre per quelle su
supporto informatico, eliminate
o trasformate in forma anonima.
Eventuali informazioni di utilità
statistica o scientifica debbono essere riformulate in forma anonima
tali da non poter essere comunque
riferite a soggetti identificati o
identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione (art. 4,
comma 1, lettera b)13.
Adottando le misure di sicurezza idonee a preservare i dati da
alcuni eventi, tra i quali accessi e utilizzazioni indebite di cui
agli articoli 31 e ss. e disciplinare tecnico allegato B al Codice
Il secondo aspetto richiamato dal
punto 2.1. delle “Linee guida in
materia di trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e dei periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero “di cui
alla deliberazione n. 46/2008 del
Garante, precisa che il trattamento
dei dati da parte degli esperti giudiziari debba svolgersi “..adottando le misure di sicurezza idonee a
preservare i dati da alcuni eventi,
tra i quali accessi e utilizzazioni
indebite di cui agli articoli 31 e
ss. e disciplinare tecnico allegato
B al Codice “.
Tenuto conto che l’attività
dell’ausiliario giudiziario e connotata da caratteri di autonomia,
in relazione alla natura squisitamente tecnica delle indagini che
si svolgono, solitamente, senza
l’intervento del magistrato, dal
momento in cui l’esperto riceve
l’incarico e sino al momento della consegna al giudice della relazione peritale o al pubblico mini-
stero delle risultanze dell’ attività
svolta, incombono concretamente
su detto soggetto, riguardo ai dati
personali acquisiti all’atto dell’incarico e alle ulteriori informazioni
raccolte nel corso delle operazioni, le responsabilità e gli obblighi
relativi al profilo della sicurezza
prescritti dal Codice.
Il consulente tecnico e perito sono
quindi tenuti a impiegare tutti
gli accorgimenti idonei a evitare
un’indebita divulgazione delle informazioni e, al contempo, la loro
perdita o distruzione, adottando, a
tal fine le misure atte a garantire
la sicurezza dei dati e dei sistemi
eventualmente utilizzati.
Le Linee guida stabiliscono che
gli ausiliari debbono curare personalmente, in considerazione del
grado di autonomia riconosciuto
per legge o con l’incarico ricevuto:
- le “misure idonee e preventive”
cui fa riferimento l’art. 31 del Codice14;
- le “misure minime” specificamente indicate negli articoli da 33
a 3515 e nel disciplinare tecnico
allegato B) al Codice.
La mancata adozione di quanto
stabilito costituisce fattispecie penalmente sanzionata (art. 169 del
Codice).
DISPOSIZIONI PER IL C.T.P.
Gli obblighi di cui alle linee guida
incombono anche sui consulenti
di parte in ordine all’applicazione dei principi di liceità e che riguardano la qualità dei dati (art.
11 del Codice) e le disposizioni
in materia di misure di sicurezza
volte alla protezione dei dati stessi (articoli 31 e ss. e disciplinare
tecnico allegato B) al Codice).
Come si è detto, il Garante nella deliberazione n. 46/2008, ha
provveduto a stabilire regole anche per il consulente tecnico no-
minato dalle parti nei giudizi civili e penali.
La deliberazione riguarda - come
già osservato nel contributo pubblicato nel precedente fascicolo
- il consulente tecnico nominato
dalla parte nel procedimento civile (articoli 87, 194, 195 e 201
c.p.c.) ed in quello penale (artt.
225 e ss., 233 e 360 c.p.p.). In
particolare il consulente di parte :
• Può trattare lecitamente i dati
personali nei limiti in cui ciò è
necessario per il corretto adempimento dell’incarico ricevuto
dalla parte o dal suo difensore ai
fini dello svolgimento delle indagini difensive di cui alla legge
n. 397/2000 o, comunque, per far
valere o difendere un diritto in
sede giudiziaria (art. 11, comma
1, lettera a) e b). I dati sensibili
o giudiziari possono essere utilizzati solo se ciò è indispensabile e
nella portata limitatamente a ciò
che è necessario nelle diverse fattispecie;
• Può acquisire e utilizzare solo
i dati personali comunque pertinenti e non eccedenti rispetto alle
finalità perseguite con l’incarico
ricevuto, avvalendosi di informazioni personali e di modalità
di trattamento proporzionate allo
scopo perseguito (art. 11, comma
1, lettera d); sono fatti salvi i divieti di legge posti a tutela della
segretezza e riservatezza delle informazioni acquisite nel corso di
un procedimento giudiziario (cfr.,
ad esempio, l’art. 379-bis c.p.p.)
e i limiti e i doveri derivanti dal
segreto professionale e dal fedele
espletamento dell’incarico ricevuto (cfr. articoli 380 e 381 c.p.),
può comunicare a terzi dati personali solo ove ciò risulti necessario
per finalità di tutela dell’assistito,
limitatamente ai dati strettamente
funzionali all’esercizio del diritto
di difesa della parte e nel rispetto
dei diritti e della dignità dell’interessato e di terzi;
• Il consulente di parte, relativamente ai dati personali acquisiti e
trattati nell’espletamento dell’incarico ricevuto da una parte, assume personalmente le responsabilità e gli obblighi relativi al profilo
della sicurezza prescritti dal Codice, relativamente sia alle “misure
idonee e preventive” (art. 31,) sia
alle “misure minime” (articoli da
33 a 35 e disciplinare tecnico allegato B) al Codice; art. 169 del
Codice).
• Ove l’incarico comporti il trattamento con strumenti elettronici di
dati sensibili o giudiziari, è tenuto
a redigere il documento programmatico sulla sicurezza (art. 33,
comma 1, lettera g) e punto 19,
del disciplinare tecnico allegato
B);
• Anche il consulente di parte
deve incaricare per iscritto gli
eventuali collaboratori, anche se
adibiti a mansioni di carattere
amministrativo, che siano addetti
alla custodia e al trattamento, in
qualsiasi forma, dei dati personali
(art. 30 del Codice), impartendo
loro precise istruzioni sulle modalità e l’ambito del trattamento
loro consentito e sulla scrupolosa
osservanza della riservatezza dei
dati di cui vengono a conoscenza.
In ultimo occorre ricordare che al
consulente tecnico di parte, alla
stregua degli altri liberi professionisti, è consentita l’omissione
della richiesta dell’autorizzazione
al Garante per il trattamento dei
dati sensibili; ciò in forza della
originaria autorizzazione n. 4 del
2005 emanata dal Garante per
l’autorizzazione al trattamento di
dati sensibili da parte dei liberi
professionisti e rinnovata con autorizzazione n. 4/2008 del 19 Giugno 2008. Ciò non esime il professionista - come invece accade
per il consulente tecnico e perito
del giudice e pubblico ministero
- dagli obblighi della informativa
all’interessato con l’ottenimento
del relativo consenso.
IL QUADRO SANZIONATORIO
Per quanto attiene all’impianto
sanzionatorio, il D.lgs. 196/2003,
16
Art. 167. Trattamento illecito di dati
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per se o per altri profitto o di recare ad altri un danno,
procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18,19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’articolo 129, e punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste
nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per se o per altri profitto o di recare ad altri un danno,
procede al trattamento di dati personal; in violazione di quanto disposto dagli articoli 17,20,21,22, commi 8 e 11,-25,26,27 e 45,
è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni.
17
Art. 168. Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante
1. Chiunque, nella notificazione di cui all’articolo 37 o in comunicazioni, atti, documenti o dichiarazioni resi o esibiti in un
procedimento dinanzi al Garante o nel corso di accertamenti, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti
o documenti falsi, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
18
Art. 170. Inosservanza di provvedimenti del Garante
1. Chiunque, essendovi tenuto, non osserva il provvedimento adottato dal Garante ai sensi degli articoli 26, comma 2, 90, 150,
commi 1 e 2, e 143, comma 1, lettera c), è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 17
in linea generale, punisce con
sanzioni penali e pecuniarie l’uso
dei dati senza consenso degli interessati, il mancato adempimento
di uno dei provvedimenti del garante, la mancata informativa agli
interessati e comunque ogni altra
carenza concernente l’adozione
delle misure minime di sicurezza atte a preservare e garantire il
trattamento e la conservazione dei
dati personali.
Le sanzioni penali previste dal
Codice riguardano:
- Trattamento illecito di dati personali (art. 167 del Codice)16;
- Falsità delle notificazioni al Garante (art. 168 del Codice)17;
- Omessa adozione delle misure
minime di sicurezza (art. 169 del
Codice);
- Inosservanza di provvedimenti
del Garante (art. 170 del Codi-
ce)18;
Le misure sanzionatorie sono state in parte modificate con l’introduzione della Legge 27 Febbraio
2009 n. 14. Per la prima e la seconda violazione la pena varia da
sei mesi a tre anni di reclusione,
per la terza è prevista la reclusione
fino a due anni o ammenda da €
10.000,00 ad € 50.000,00 mentre
l’ultima è sanzionata con la reclusione da tre mesi sino a due anni.
In ordine alla terza violazione occorre precisare che l’art.16919 del
Codice prevcde la possibilità di
impartire all’autore del reato una
prescrizione fissando un termine
per la regolarizzazione.
Per quanto concerne le sanzioni
amministrative disposte dal Codice, anch’esse modificate con la
legge 14/2001), riguardano:
- omessa o inidonea informativa
all’interessato (art. 161 del Codice)20;
- cessione di dati in violazione
alle disposizioni del codice e violazione in materia di divulgazione
di dati personali idonei a rivelare
lo stato di salute21;
- omessa o incompleta notificazione al garante22;
- omessa informazione o esibizione di documenti al garante 23;
La prima violazione è sanzionata
con una ammenda da € 6.000,00
a € 36.000,00. Se trattasi di dati
sensibili e giudiziari l’ammenda
applicata varia da un minimo di
€ 10.000,00 ad un massimo di €
60.000,00.
Per quanta attiene la seconda fattispecie di violazioni è punita con
una ammenda da € 5.000,00 ad
€ 30.000,00 mentre la violazione
dell’art. 84 comma 1 (divulgazio-
19
Art. 169. Misure di sicurezza
1. Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall’articolo 33 è punito con l’arresto sino a due
anni o con l’ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro.
2. All’autore del reato, all’atto dell’accertamento o, nei casi complessi, anche con successivo atto del Garante, è impartita una
prescrizione fissando un termine per la regolarizzazione non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, prorogabile in caso di particolare complessità o per l’oggettiva difficoltà dell’adempimento e comunque non superiore a sei mesi. Nei
sessanta giorni successivi allo scadere del termine, se risulta l’adempimento alla prescrizione, l’autore del reato è ammesso
dal Garante a pagare una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione. L’adempimento e
il pagamento estinguono il reato. L’organo che impartisce la prescrizione e il pubblico ministero provvedono nei modi di cui
agli articoli 21,22, 23 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, in quanto applicabili.
20
Art 161. Omessa o inidonea informativa all’interessato
1. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 13 è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma
da tremila euro a diciottomila euro o, nei casi di dati sensibili o giudiziari o di trattamenti che presentano rischi specifici ai sensi
dell’articolo 17 o, comunque, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più interessati, da cinquemila euro a trentamila
euro. La somma può essere aumentata sino al triplo -quando risulta inefficace in ragione delle condizioni economiche del contravventore.
21
Art. 162. Altre fattispecie
1. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, lettera b), o di altre disposizioni in materia di
disciplina del trattamento dei dati personali è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquemila
euro a trentamila euro.
2. La violazione della disposizione di cui all’articolo 84, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di
una somma da cinquecento euro a tremila euro.
22
Art. l63. Omessa o incompleta notificazione
1. Chiunque, essendovi tenuto, non provvede tempestivamente alla notificazione ai sensi degli articoli 37 e 38, ovvero indica in
essa notizie incomplete, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a sessantamila
euro e con la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell’ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, in
uno o più giornali indicati nel provvedimento che la applica.
23
Art. 164. Omessa informazione o esibizione al Garante
1. Chiunque omette di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dal Garante ai sensi degli articoli 150, comma
2, e 157 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da quattromila euro a ventiquattromila euro.
18 - IL TRABUCCO n° 6/2009
ne di dati personali idonei a rivelare lo stato di salute) è sanzionata
con ammenda da € 1.000,00 a €
6.000,00.
Per quanto attiene la omessa o incompleta notificazione al garante
la sanzione prevista varia da €
20.000,00 a € 120.000.00.
Nei casi di minore gravità, avuto
riguardo alla natura anche economica o sociale dell’attività svolta.
i limiti minimi e massimi stabiliti
dai medesimi articoli sono applicati in misura pari a due quinti.
Per quanto attiene alla specie in
trattazione degli incarichi di consulente tecnico e perito occorre
osservare che è esclusa, in ordine al profilo penale, la sanzione
relativa alla falsità delle notificazioni al Garante (art. 168 del Codice), non dovendo, come detto,
l’esperto giudiziario provvedere
ad alcuna notificazione, mentre,
per il profilo amministrativo, non
è prevista, per i motivi già detti
l’omessa o inidonea informativa
all’interessato (art. 161 del Codice) e l’omessa o incompleta notificazione al garante.
Sono validi, quindi, anche per
l’ausiliario giudiziario, seppur
nelle ipotesi rese diverse dalle
possibili fattispecie, le altre sanzioni e pene.
Vi è da considerare che le violazioni della normativa del Codice
sono anche fonte di responsabilità civile per danni ai soggetti interessati, poiché l’art. 2050 c.c.
configura una responsabilità oggettiva a carico del soggetto che
ha cagionato nocumento, indipendentemente dall’attribuzione di
dolo o colpa per il fatto, sempre
che il contravventore non riesca a
dimostrare di aver adottato tutte le
misure idonee ad evitare il danno.
In ultimo è utile osservare che responsabile degli accertamenti è la
Guardia di Finanza con la quale il
Garante per la protezione dei dati
personali ha sottoscritto un protocollo d’intesa. Gli accertamenti
ispettivi sono indirizzati a verificare il rispetto delle norme da
parte dei soggetti che trattano dati
personali e per accertarne l’adempimento di tutti gli obblighi connessi all’attività esercitata.
Le ispezioni sono svolte direttamente presso le sedi dove si svolgono i trattamenti dei dati personali.
CONSIDERAZIONI
CONCLUSIVE
Come abbiamo visto la deliberazione n. 46 del 26 Giugno 2008
“Linee guida in materia di trattamento di dati personali da parte
dei consulenti tecnici e dei periti
ausiliari del giudice e del pubblico
ministero” riguarda un insieme di
obblighi e precetti che i soggetti
debbono adeguatamente considerare assumendo le azioni relative.
Ciò innanzitutto per adeguare il
loro modo di operare alla normativa senza trascurare anche i dettagli che ad una sommaria lettura
possono sembrare meno rilevanti.
Nella analisi proposta ne abbiamo
sottolineato diversi. individuandone la loro ricaduta, portata e delicatezza nell’ambito delle attività
dell’esperto giudiziario.
Ma, mi si consenta, su ogni altra
considerazione quella sulla quale
ogni ausiliario giudiziario deve
prestare particolare attenzione
poiché rappresenta il rischio più
elevato, è la fattispecie di pericoli
implicitamente connessi all’ambito nel quale egli svolge il proprio
mandato.
Ciò in particolare nel settore civile dove la conflittualità latente
ed emergente tra le parti è spesso
estrema.
Questa condizione, anche aggravata dall’empasse in cui versa
il sistema giurisdizionale civile,
conduce frequentemente le parti a produrre degenerazioni della
lite coinvolgendo anche i soggetti
che, loro malgrado, si trovano ad
operare nella procedura. Questo
determina condizioni di possibile minaccia per l’ausiliario giudiziario. Ed il consulente tecnico
di ufficio, esperto nella materia
oggetto della controversia che,
quando questa si risolve in questione di natura tecnica “decide”
l’esito della causa, è colui che più
si espone agli occhi della parte
che ritiene di essere stata ingiustamente penalizzata o che magari, illusa da aspettative infondate, non vede realizzare la sua
“ragione” nel giudizio. Ecco che
quindi può scattare nella parte il
desiderio - poco ragionevole per
la verità, ma non per questo meno
probabile - di una sorta di ritorsione, di una volontà di rivalsa
nei confronti di quel consulente
che magari attento a svolgere propriamente e correttamente il suo
incarico giudiziario non sia stato
altrettanto diligente nell’applicazione delle disposizioni contenute
nella deliberazione.
Per chi conosce la situazione di
estrema conflittualità in cui si
sviluppano molte liti negli odierni procedimenti civili non potrà
quindi che prestare la massima
attenzione alla corretta applicazione delle disposizioni contenute nelle linee guida.
(*) Libero professionista, libero docente in corsi di formazione ed autore di pubblicazioni e contributi
editoriali nel settore della consulenza tecnica di ufficio . Dal novembre
2008 svolge presso i Collegi dei Geometri e Geometri Laureati il seminario “Gli obblighi della privacy per
C.T.U. e C.T.R”
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 19
CONFEDILIZIA: IN GAZZETTA NUOVE DISPOSIZIONI
SUGLI IMPIANTI TERMICI CENTRALIZZATI
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di uno dei
decreti del Presidente della Repubblica attuativi del
decreto legislativo 192/2005, entrano in vigore nuove
norme in materia di risparmio energetico.
Lo comunica la Confedilizia, segnalando le disposizioni di maggiore interesse del provvedimento e precisando che lo stesso si applica in assenza di diverse
disposizioni regionali.
In particolare, viene previsto che in tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4 - e,
comunque, nel caso in cui sia presente un impianto di
riscaldamento centralizzato di potenza di almeno 100
kW - sia “preferibile” il mantenimento di impianti termici centralizzati, ove esistenti. Le cause tecniche o di
forza maggiore che giustifichino la dismissione della
caldaia centralizzata e la sua sostituzione con impianti
di riscaldamento autonomi, dovranno essere dichiarate
in una relazione tecnica attestante la rispondenza alle
prescrizioni di legge per il contenimento del consumo
energetico.
La versione del provvedimento pubblicata in Gazzetta
supera quindi - rileva con soddisfazione la Confedilizia, che si era interessata al problema - la disposizione
in prima battuta approvata dal Consiglio dei ministri,
che prevedeva, per gli immobili sopra indicati, il divieto di trasformazione degli impianti termici centralizzati
in impianti autonomi.
Il dpr pubblicato in Gazzetta prevede inoltre che in tutti
gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, in caso di installazione o di ristrutturazione dell’impianto termico, debbano essere realizzati gli
interventi necessari per permettere, “ove tecnicamente
possibile”, la contabilizzazione e la termoregolazione
del calore per singola unità abitativa. Anche in questo
caso, tuttavia, potranno essere segnalati gli eventuali
impedimenti di natura tecnica alla realizzazione dei
predetti interventi, ovvero l’adozione di altre “soluzioni impiantistiche equivalenti”, che dovranno essere
evidenziati nella relazione tecnica sopra citata.
Il provvedimento conferma infine - segnala ancora la
Confedilizia - le disposizioni transitorie in materia di
periodicità minima dei controlli sugli impianti di riscaldamento, che rimane fissata: a) a un anno, per gli
impianti alimentati a combustibile liquido o solido
(indipendentemente dalla potenza) nonché per gli impianti uguali o superiori a 35 kW; b) a due anni, per gli
impianti inferiori a 35 kW (le cosiddette “caldaiette”
presenti nelle abitazioni) con anzianità di installazione superiore agli otto anni e per gli impianti a camera
aperta (caldaie di tipo B) installati nei locali abitati; c)
a quattro anni, per gli impianti inferiori a 35 kW con
meno di otto anni di anzianità.
Roma, 10 giugno 2009
INIZIO E MESSA IN OPERA DEI LAVORI
di Fiorenzo Furlani
ge in riferimento al tipo di intervento da eseguire. Tali
adempimenti essenzialmente riguardano:
Normativa
1) l’impresa esecutrice i lavori;
2) la sicurezza e salute da attuare nei cantieri:
Intervento a seguito Denuncia di Inizio Attività 3) le opere strutturali;
(D.I.A.)
4) gli impianti;
Ai sensi dell’articolo 23 del D.P.R. 380/01 i lavori po- 5) il risparmio energetico;
tranno iniziare trascorsi almeno 30 giorni dalla data di 6) l’inquinamento acustico;
presentazione della D.I.A. Oppure, in Caso di contestua- 7) le terre e rocce da scavo;
le richiesta di nulla-osta o autorizzazioni per immobili 8) le eventuali agevolazioni fiscali.
vincolati, decorsi 30 giorni dal rilascio del relativo atto
di assenso e qualora l’immobile sia sottoposto ad un vin- 1) IMPRESA ESECUTRICE I LAVORI
colo la cui tutela non compete all’Amministrazione Co- Ai sensi del comma 9 - art. 90 del D.Lgs. 81/2008, il titomunale, dall’esito favorevole dell’eventuale conferenza lare del titolo abilitativo deve trasmettere al competente
di servizi appositamente convocata ai sensi degli articoli Ufficio Comunale la seguente documentazione riguar14, 14 bis, 14 ter e 14 quater della Legge 241/90.
dante l’impresa esecutrice dei lavori:
È bene precisare che l’inizio dei lavori può avvenire so- • una dichiarazione riportante l’organico medio annuo
lamente se entro il termine dei 30 giorni dalla presenta- distinto per qualifica e del contratto collettivo stipulato
zione della D.I.A. non sia stato notificato all’interessato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più
da parte del dirigente o del responsabile del competente rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti;
Ufficio Comunale l’ordine motivato di non effettuare il • il Certificato di Regolarità Contributiva valido (la vaprevisto intervento.
lidità di tale documento è di tre mesi dalla data del suo
Si ritiene opportuno far presente che, secondo alcuni rilascio). Tale certificato può essere rilasciato, oltre che
Uffici Comunali competenti, in ottemperanza a quanto dall’I.N.P.S. e dall’I.N.A.I.L, per quanto di rispettiva
stabilito dal comma 1, art 3 della Legge 14.05.2005 n. competenza, anche dalle Casse Edili le quali stipulano
80, deve essere dichiarato all’inizio lavori (come per il P. una apposita convenzione con i predetti istituti al fine del
di C.) anche per gli interventi oggetto di D.I.A.
rilascio di un documento unico di regolarità contributiva
(D.U.R.C.);
Intervento a seguito rilascio del permesso di Costru- • l’autocertificazione in ordine al possesso dei requisiti
ire (P. di C.)
di idoneità tecnico professionale previsti nell’Allegato
Ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 380/01 il termine per XVII del D.Lgs. 81/2008;
l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno • il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio
dal rilascio del titolo abilitativo. Tale termine può essere Industria ed Artigianato di appartenenza.
prorogato, con provvedimento motivato per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso (in Da tenere presente
tale caso è necessario presentare domanda all’Ufficio
Il D.U.R.C. deve essere prodotto, sia dall’impresa prinComunale competente almeno 15 giorni prima della cipale (impresa affidataria), che dalle altre eventuali imscadenza del termine. Decorso il suddetto termine il prese partecipanti l’intervento.
permesso decade di diritto. Pertanto l’inizio dei lavori Il D.U.R.C. andrà prodotto nuovamente nel caso di vadeve essere dichiarato (mediante apposita modulistica) riazione dell’impresa esecutrice.
all’Ufficio Comunale competente, comunicando il Direttore dei Lavori e l’Impresa esecutrice dei lavori.
I soggetti obbligati al possesso del D.U.R.C. sono i Datori di Lavoro e i Lavoratori Autonomi nell’ambito delle
Adempimenti prima dell’inizio dei lavori
procedure di appalto di opere, servizi e forniture pubbliPrima dell’inizio dei lavori (e della relativa dichiarazio- ci e nei lavori privati dell’edilizia.
ne) è tassativamente necessario che il titolare del titolo In assenza del D.U.R.C., anche in caso di variazione
abilitativo (P. di C. o D.I.A.) abbia espletato una serie di dell’impresa, l’efficacia del titolo abilitativo è sospesa.
adempimenti stabiliti dalle vigenti disposizioni di LegIL TRABUCCO n° 6/2009 - 21
2) SICUREZZA E SALUTE DA ATTUARE NEI
CANTIERI
Deve essere stata data puntuale attuazione alle disposizioni del Decreto Legislativo 9.04.2008 n. 81 (entrato in
vigore il 15.05.2008) “Attuazione dell’art. 1 della Legge
03.08.2007 n. 123, concernente le prescrizioni minime
di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei
e mobili” ed in particolare agli obblighi del committente
o responsabile dei lavori e del coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori in relazione all’entità
dell’opera, dando atto che il coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori hanno i requisiti stabiliti dalla legge per assumere detti incarichi.
Da tenere presente
Agli effetti delle disposizioni, di cui al comma 1, lettera
a), dell’art. 89 del D.Lgs. 81/08 si intende cantiere temporaneo o mobile, qualunque luogo in cui si effettuano
lavori edili o di ingegneria civile, come dettato dall’allegato X dello stesso decreto legislativo, e precisamente:
• i lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione
o equipaggiamento, la trasformazione. il rinnovamento
o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in
legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche e le
parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali,
ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo
per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di
sterro;
• sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegnerie
civile gli scavi, il montaggio e lo smontaggio di elementi
prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili
o di ingegneria civile.
Si segnala che nel nuovo Testo Unico (D.Lgs. 81/08) è
confermato l’obbligo, a carico del committente o del responsabile dei lavori, prima dell’inizio lavori, di trasmettere all’ASL e alla Direzione Provinciale del Lavoro la
notifica preliminare.
La notifica preliminare va effettuata:
• per tutti i cantieri in cui siano presenti più imprese, fin
da principio, ovvero in corso di esecuzione per effetto di
varianti sopravvenute, anche non contemporaneamente;
• per i cantieri in cui opera un’unica impresa la cui entità presunta di lavoro sia superiore a 200 uomini/giorno
(art. 99).
È bene inoltre precisare che la norma introdotta dall’art.
90, comma 10, del nuovo Testo Unico, prevede la sospensione del titolo abilitativo, oltre in caso di assenza
della certificazione della Regolarità Contributiva, anche
22 - IL TRABUCCO n° 6/2009
nel caso di:
• assenza del Piano di Sicurezza e di Coordinamento;
• assenza del Fascicolo dell’opera:
• assenza della Notifica Preliminare, quando prevista.
N.B. Se l’opera non è soggetta alle suddette disposizioni
di Legge si deve attestarne il motivo.
3) OPERE STRUTTURALI
Interventi che prevedono la realizzazione di opere strutturali.
Per gli interventi soggetti alla disciplina dettata dall’art.
65 del D.P.R. 380/01, presso il competente Ufficio Comunale, deve essere depositata la denuncia delle opere
strutturali, riportante
• l’oggetto dell’intervento:
• l’ubicazione dell’intervento;
• il nominativo e recapito del committente:
• il nominativo e recapito del progettista architettonico;
• il nominativo e recapito del progettista delle strutture;
• il nominativo e recapito del direttore lavori delle strutture;
• il nominativo e recapito del costruttore delle strutture;
• il nominativo e recapito del collaudatore delle strutture;
• il nominativo e recapito di eventuali altre “figure” interessate alle strutture;
Alla denuncia deve essere allegata la seguente documentazione;
• il progetto strutturale dell’opera a firma del progettista
delle strutture;
• la relazione di calcolo strutturale a firma dello stesso
progettista delle strutture;
• la relazione illustrativa firmata dal progettista delle
strutture e dal direttore lavori, ove vengono riportate le
caratteristiche, le qualità e le dosature dei materiali che
verranno impiegati nella costruzione;
• per le zone sismiche classi “2” e “3”, la dichiarazione
del progettista calcolatore delle strutture attestante che
le calcolazioni sono conformi alle normative sismiche
vigenti ed a quale categoria appartengono le strutture;
• la nomina del collaudatore strutturale e la contestuale dichiarazione di accettazione dell’incarico (art. 67
D.P.R. 380/01 - art. 7 Legge 1086/71 - art. 2 D.P.R.
425/94). Il collaudatore, ingegnere o architetto, deve essere iscritto all’Albo professionale da almeno 10 anni e
non deve intervenire in alcun modo nella progettazione,
direzione, esecuzione dell’opera. Il collaudatore è nominato dal committente: qualora non esiste il committente
ed il costruttore esegue in proprio, il collaudatore viene
scelto dallo stesso fra i nominativi della “terna” designata dall’Ordine professionale di appartenenza, chiesta antecedentemente alla denuncia opere strutturali:
• la relazione geologica-geotecnica (se non già prece-
dentemente trasmessa al competente Ufficio Comunale)
in ottemperanza a quanto disposto dal D.M. 11/03/1988
“Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate,
i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione,
l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle
terre e delle opere di fondazione”, dalla Circolare Regione Veneto 05.04.2000 n. 9 e dal D.M. 01/01/2008 “Norme tecniche per le costruzioni”.
4) IMPIANTI - D.M. 22.01.2008 n. 37
Il Decreto ministeriale 22.01.2008 n. 37 per la sicurezza degli impianti (G.U. n. 61 del 12.03.2008) entrato in
vigore il 27.03.2008, si applica agli impianti posti al servizio degli edifici indipendentemente dalla destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle relative pertinenze. L’art. 5 del suddetto Decreto, stabilisce
l’obbligo di redigere un progetto in occasione dell’installazione, della trasformazione e dell’ampliamento di
tutti gli impianti, tranne ascensore, montacarichi o scale
mobili, per i quali continua ad applicarsi una specifica
disciplina.
Gli impianti sono classificati come segue:
• impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica;
• impianti di protezione contro le scariche atmosferiche;
• impianti per l’automatizzazione di porte, cancelli e barriere;
• impianti radiotelevisivi, antenne ed impianti elettronici;
• impianti di riscaldamento, climatizzazione, condizionamento e refrigerazione con opere di evacuazione dei
prodotti della combustione;
• impianti idrici e sanitari;
• impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas;
• impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, montacarichi, scale mobili ecc.;
• impianti di protezione antincendio.
Da tenere presente
L’art. 5, comma 6, e l’art. 11 del Decreto in esame stabiliscono che, nel caso di rifacimento o installazione di
nuovi impianti relativi ad edifici per i quali è già stato
rilasciato il certificato di agibilità, la dichiarazione di
conformità dell’impianto e il progetto redatto ai sensi
dell’art. 5 o il certificato di collaudo degli impianti installati vada presentato dall’impresa installatrice presso
il competente Ufficio Comunale entro 30 giorni dalla
fine dei lavori.
Per le opere di installazione, trasformazione e di ampliamento di impianti che sono connesse ad interventi edilizi
subordinati a P. di C. o a D.I.A., il progetto va presenta-
to dal titolare del titolo abilitativo contestualmente alla
presentazione del progetto edilizio; ragionevolmente, il
progetto deve essere comunque presentato prima del rilascio del P. di C., prassi, questa, già adottata da parte di
alcuni Uffici Comunali competenti.
Qualora siano state presentate D.I.A. successivamente
al 27 marzo 2008 senza la suddetta documentazione, si
ricorda che la stessa andrà necessariamente prodotta prima della richiesta del certificato di agibilità.
Il progetto, a seconda degli impianti interessati e della
loro tipologia, è redatto da un professionista iscritto negli
Albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta, oppure dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice per gli impianti residui e non compresi
tra quelli riservati all’attività del professionista.
Contenuti del progetto:
• schemi dell’impianto;
• disegni planimetrici;
• relazione tecnica (su consistenza e tipologia);
• caratteristiche dei materiali;
• misure di prevenzione e sicurezza;
• se il progetto è variato in corso d’opera, trasmettere la
documentazione integrativa.
Utenze per le quali è obbligatorio il progetto:
• condominiali;
• domestiche (potenza > di 6 kw);
• immobili ad uso medico sanitario;
• immobili per attività produttive;
• commercio, terziario (tensione > 1.000 V).
5) RISPARMIO ENERGETICO
Se l’intervento abilitato è soggetto agli obblighi di cui
all’art. 28 della Legge 09.01.1991 n. 10, è necessario
depositare presso il competente Ufficio Comunale la
Relazione Tecnica sul contenimento dei consumi energetici a firma di un Tecnico abilitato; tale documentazione progettuale viene eseguita in applicazione del D.Lgs.
19.08.2005 n. 192 e D.Lgs. 29.12.2006 n. 311.
Da tenere presente
a) Ai sensi del comma 288 dell’art. 1 della Legge Finanziaria n. 244/2007, a partire dal primo gennaio 2009 il
rilascio del Permesso di Costruire in ogni sua forma o
modalità normativa sarà vincolato al rilascio per l’edificio in oggetto dalla realizzazione della “certificazione
energetica” dello stesso, così come stabilito dall’art. 6
del D.Lgs. 192/2005.
Ai sensi del comma 289 dell’art. 1 della stessa Legge
Finanziaria, a partire dal primo gennaio 2009 (ove previsto dai Regolamenti Edilizi Comunali), per il rilascio del
Permesso di Costruire degli edifici di nuova costruzione,
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 23
è obbligatorio che questi ultimi siano dotati di impianti
per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo tale da garantire una produzione energetica
con i seguenti valori:
• abitazioni civili: produzione energetica non inferiore a
1 kW per ciascuna unità abitativa;
• fabbricati industriali di estensione superficiale non inferiore a 100 mq: produzione energetica non inferiore a
5 kW.
b) Ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 30.05.2008 n. 115, e
dell’art. 2 della LR.V. 30.07.1996 n. 21 (modificato con
l’art. 21 della L.R.V. 26.06.2008 n. 4) con l’attuazione
del risparmio energetico agli edifici di nuova costruzione
ed a quelli esistenti oggetto di riqualificazione energetica, mediante la realizzazione di “particolari” spessori
isolanti alle murature, tamponature, muri portanti ed ai
solai (come stabilito dalle stesse disposizioni di Legge),
è permesso di derogare nella determinazione dei volumi,
delle superfici e rapporto di copertura, delle altezze ed
a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o
dai regolamenti edilizi comunali in merito alle distanze
minime tra edifici, alle distanze minime di protezione
dal nastro stradale. A tal fine, in sede della presentazione
dei progetti, è necessario allegare una Relazione Tecnica corredata da calcoli e grafici dimostrativi; ai sensi
dell’art.. 11 del D.Lgs. 30.05.2008 n. 115 gli “aumenti di spessore” delle succitate strutture devono risultare
necessari per ottenere una riduzione minima del 10 per
cento dell’indice di prestazione energetica (per nuove
costruzioni) e dei limiti di trasmittanza (per riqualificazione energetica di edifici esistenti) previsti dal D.Lgs.
19.08.2005 n. 192 e successive modificazioni.
6) INQUINAMENTO ACUSTICO - L. 447/95
Se l’opera abilitata rientra nelle previsioni di cui all’art.
8 della Legge 26.10.1995 n. 447 “Legge quadro sull’inquinamento acustico”, è necessario depositare presso il
competente Ufficio Comunale la documentazione progettuale di previsione dell’impatto acustico prescritta.
La citata Legge definisce i criteri, le modalità e le figure
responsabili del benessere acustico. In particolare, per
quel che riguarda i requisiti acustici passivi degli edifici,
si fa riferimento al DPCM 05.12.97 che:
• definisce in maniera quantitativa i limiti prestazionali
relativi alle varie caratteristiche acustiche che devono
essere rispettati nei nuovi edifici e nelle ristrutturazioni;
• prefigge di migliorare la qualità della vita negli ambienti abitativi, in relazione sia al rumore proveniente
dall’esterno, che da unità abitative adiacenti e di armonizzare le tecniche costruttive degli edifici.
Classificazione degli ambienti abitativi, come riportato
24 - IL TRABUCCO n° 6/2009
nella tabella seguente, di cui all’allegato “A” del DPCM
05.12.1997.
Tabella A”
categoria A
edifici adibiti a residenza o assimilabili
categoria B
edifici adibiti ad uffici e assimilabili
categoria C
edifici adibiti ad alberghi, pensioni
ed attività assimilabili
categoria D
edifici adibiti ad ospedali, cliniche,
case di cura e assimilabili
categoria E
edifici adibiti ad attività
scolastiche a tutti i livelli e assimilabili
categoria F
edifici adibiti ad attività ricreative
o di culto o assimilabili
categoria G
edifici adibiti ad attività commerciali o assimilabili
7) AGEVOLAZIONI FISCALI
a) 36% sul recupero edilizio con la Legge Finanziaria
n. 244/2007 era stata confermata e prorogate fino al 31
dicembre 2010 la possibilità della detrazione del 36%
per le spese sostenute al fine del recupero edilizio con un
tetto di 48mila euro per unità immobiliare.
La stessa proroga riguarda anche l’IVA agevolata del
10% per la manutenzione (ordinaria e straordinaria), il
restauro e la ristrutturazione.
La “Finanziaria 2009” (Legge 22.12.2008 n. 203, art.
2, comma 15) ha prorogato fino al 31 dicembre 2011 la
possibilità della predetta detrazione.
Da tenere presente
Per poter beneficiare dell’agevolazione del 36%, prima
dell’inizio dei lavori, è necessario inviare la comunicazione (su apposito modello) mediante raccomandata
semplice al: CENTRO OPERATIVO DI PESCARA,
Via Rio Sparto, 21 - 65100 PESCARA.
L’agevolazione riguarda i seguenti interventi (art. 1,
commi 17 e 19, Legge Finanziaria 244/2007):
• interventi di manutenzione ordinaria eseguiti sulle parti
comuni dei fabbricati residenziali;
• interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, realizzati sulle parti comune degli edifici residenziali e sulle
singole abitazioni, di qualsiasi categoria catastale (anche
rurali) e relative pertinenze;
• costi di costruzione (come da dichiarazione rilasciata
dal costruttore) di box e posti auto pertinenziali, anche a
proprietà comune;
• interventi di messa in norma degli edifici, per la eliminazione delle barriere architettoniche, per la prevenzione
di atti illeciti da parte di terzi, per la cablatura degli edifici, per il contenimento dell’inquinamento acustico degli
edifici, per il conseguimento di risparmi energetici, per
l’adozione di misure antisismiche, per la prevenzione di
infortuni domestici e per la bonifica dell’amianto;
• interventi di restauro e risanamento conservativo e di
ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011 (Legge
Finanziaria 2009) da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile entro
il 30 giugno 2012 (Legge Finanziaria 2009),
b) 55% sul risparmio energetico
La Legge Finanziaria n. 244/2007 (per gli edifici esistenti) ha riconfermato fino al 31/12/2010 il bonus fiscale del
55% per le opere di isolamento termico e per l’installazione di impianti per l’energia rinnovabile riguardanti:
la riquallficazione energetica degli edifici:
l’intervento deve conseguire una riduzione del 20% del
fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione invernale;
il miglioramento dell’isolamento termico di alcune
parti dell’edificio (strutture opache verticali e orizzontali e strutture trasparenti):
gli interventi sulle strutture devono dare una trasmittanza termica inferiore a determinati valori;
l’installazione di pannelli solari termici:
la produzione di acqua calda deve essere per usi domestici o industriali e per le esigenze di piscine, strutture
sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università;
la sostituzione di impianti di riscaldamento e di climatizzazione invernale con pompa di calore ad alta
efficienza sostituzione di generatori di calore con
quelli a condensazione:
deve essere verificata la compatibilità con il sistema di
distribuzione ed emissione esistente;
la ristrutturazione edilizia:
quella già in vigore e applicata negli anni precedenti.
Da tenere presente
Sino alla pubblicazione sulla G.U. n. 280 S.O. n. 263 del
29.11.2008 del D.L 29.11.2008 n. 185, per usufruire delle agevolazioni fiscali non doveva essere effettuata nessuna comunicazione prima dell’esecuzione delle opere,
ma effettuare i seguenti adempimenti:
• entro 90 giorni dall’ultimazione delle opere, inviare
all’ENEA l’attestato di certificazione e la relativa scheda
informativa compilando l’apposita modulistica. A tale
riguardo si precisa che dal primo gennaio 2008 è scomparso l’obbligo di trasmettere all’ENEA la certificazione
energetica (attestato o certificazione) redatta da tecnici
professionisti per la sostituzione degli infissi e l’installazione di pannelli solari termici.
L’indirizzo a cui inviare la documentazione, specificando “Finanziaria 2008”, è ENEA - Dipartimento ambiente, cambiamenti globali e sviluppo sostenibile - Via Anguillarese n. 301 - 00123 Santa Maria di Galeria ROMA.
Telematicamente attraverso il sito www.acs.enea.it - essere in possesso dell’asseverazione che attesta la rispondenza dei lavori svolti ai requisiti tecnici stabiliti dal
D.M. 19.02.2007, oppure una certificazione energetica,
oppure apposita dichiarazione del direttore lavori in ottemperanza al dettato del D.Lgs. 192/2005, art. 8, comma 2;
• essere in possesso del bonifico bancario o postale dei
costi sostenuti;
• conservare la documentazione per eventuali richieste
degli uffici competenti.
L’art. 29 del Decreto Legge n. 185 del 29.11.2008 aveva
introdotto l’obbligo da parte del contribuente interessato
di inviare (esclusivamente per via telematica) un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate ed ottenere dalla
stessa il relativo “assenso”.
Con la conversione in legge del D.L. 185/2008 (Legge
28.01.2009 n. 2), le ultime disposizioni, al fine di beneficiare del bonus fiscale, in sintesi sono le seguenti:
• non si parla delle spese sostenute nel 2008, per le quali
non cambia nulla rispetto alle precedenti procedure sopra riportate;
• per le spese sostenute nel 2009-2010, oltre alle altre
procedure sopra riportate, il contribuente dovrà inviare
una comunicazione all’Agenzia delle Entrate: la modulistica e le modalità di invio verranno definite entro 30
giorni dall’approvazione della Legge di Conversione;
• per le spese sostenute a cavallo tra il 2008 e 2009, oltre
alle altre procedure sopra riportate, il contribuente dovrà
inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate riportando solo le spese sostenute nel 2009: la modulistica
e le modalità di invio verranno definite entro 30 giorni
dall’approvazione della Legge di Conversione.
• quote annuali della detrazione: spese sostenute nel
2008: il soggetto richiedente può detrarre a scelta in rate
da 3 a 10 anni;
spese sostenute dopo il 1 ° gennaio 2009: il soggetto richiedente potrà detrarre in 5 rate fisse annuali.
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 25
IVA DI CASSA: IMPORTANTI NOVITÀ
Circolare n.20/E del 30 Aprile 2009 - DECRETO 26/03/2009 (GU n. 96 del 27-4-2009)
Con decorrenza dal 27 aprile 2009 i contribuenti Iva con volume d’affari fino a 200mila euro, possono optare
per la liquidazione dell’imposta alla data di riscossione del corrispettivo, purché entro un anno dall’effettuazione dell’operazione; specularmente il cessionario matura il diritto a detrarre l’imposta assolta sugli acquisti
fatturatigli con “esigibilità differita”, solo nel momento in cui effettua il pagamento o, in assenza di pagamento, dopo un anno dalla emissione della fattura.
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 20/E, ha fornito alcune precisazioni. Segnaliamo in particolare che:
• la nuova disciplina non interferisce con quelle già previste per le altre fattispecie ad esigibilità differita;
• il soggetto avente i requisiti, può optare per l’esigibilità differita con riguardo a ciascuna singola operazione;
• la disposizione non si applica:
- se la cessione di beni o la prestazione di servizi sia effettuata nei confronti di privati consumatori; può trovare applicazione nel caso di operazioni effettuate nei confronti di enti non commerciali ma solo a condizione
che si realizzi l’acquisto dei beni e/o servizi nell’esercizio d’impresa;
- nel caso di operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali, le cui disposizioni siano
evidentemente incompatibili con il predetto differimento; la Circolare riporta i seguenti casi:
• il regime “monofase” (articolo 74, primo comma, del D.P.R. 633 del 1972);
• il regime del margine per beni usati (articolo 36 del decreto legge n. 41 del 1995);
• il regime delle agenzie di viaggi e turismo (articolo 74-ter, del D.P.R. n. 633 del 1972).
- per le operazioni interessate dal meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge).
• nel caso di fattura emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di consegna o spedizione (c.d fattura differita con emissione del documento di trasporto), il termine di un anno decorre dalla data di effettuazione
delle singole operazioni riepilogate nella fattura differita.
II DISTACCO DALL’IMPIANTO CENTRALIZZATO DI
RISCALDAMENTO O LA SUA SOSTITUZIONE CON IMPIANTI AUTONOMI: EVOLUZIONE E RESISTENZE
Simona Brescia - Stefano Briotti
IL DISTACCO DALL’IMPIANTO
Le problematiche ambientali, la ricerca di fonti alternative di energia e, soprattutto, in una prospettiva
più egoistica, il recente aumento esponenziale del
costo dei combustibili, in particolare del gasolio per
il riscaldamento domestico, hanno inciso sensibilmente sul numero dei condomini intenzionati a distaccare la propria unità immobiliare dall’impianto
centrale di riscaldamento.
Per quegli impianti privi dei misuratori collocati in
ciascun radiatore è, infatti, impossibile conseguire
autonomamente alcun risparmio energetico o economico, restando ininfluente la chiusura temporanea del rubinetto dei singoli radiatori (Pret. Bg,
20/05/1999 inA-c/7. Loc., 2000, 113).
Nel passato prossimo l’orientamento giurisprudenziale dominante giudicava illegittimo tout court il
distacco unilaterale dall’impianto centralizzato di
riscaldamento in assenza della previa autorizzazione degli altri condomini serviti dall’impianto stesso,
in altre parole con esclusione di quei condomini che
non usufruivano del servizio.
Questa tesi era fondata, in linea astratta, sul principio dell’irrinunciabilità alla (com)proprietà dell’impianto centralizzato attraverso un atto unilaterale.
Più in concreto, dal punto di vista tecnico, si presumeva che il fatto in sé del distacco comportasse automaticamente uno squilibrio termico e, di
conseguenza, un aggravio di spesa determinato dal
maggior consumo di combustibile (G. Conc. Ge.,
25/08/1986 in Arch. Loc., 1988, 126).
Timidamente, agli inizi degli anni ‘80, la giurisprudenza che riteneva legittimo il distacco assunse
maggiore spazio. Il distacco, tuttavia, era condizionato all’eventuale facoltà riservata al condomino dal
regolamento contrattuale di condominio o all’unanimità dei comunisti o, ancora, alla prova che dal
distacco non derivasse alcun nocumento (exmultis:
Cass. civ., 29/11/1984, n. 6269 in Foro It., 1985, I,
1381; Cass. civ., sez. II, 20/02/1998 n. 1775 in Giur.
It, 1998; Trib. Pa, 09/04/1990 in B.D. UTET) essendo, altri menti, esperibile l’azione di manutenzione (Pret. Fi, 24/01/1989 in Arch. Loc., 1989, 780).
Secondo alcuni tribunali, anzi, il distacco necessita non solo del voto favorevole dei condomini ma
anche di quello dei conduttori delle unità immobiliari collegate all’impianto (Trib. Na, 24/09/1987 in
Arch. Loc., 1988, 126).
Successivamente, si ritenne che l’unanimità dei
consensi fosse una condizione che, in pratica, rendeva impossibile avvalersi della facoltà di distacco,
affermandosi pertanto la sufficienza della maggioranza qualificata di cui al combinato disposto degli
artt. 1120 co. 1, e 1136, co. 5, del cod. civ. (Pret. Fi,
20/12/1988 in Arch. Loc., 1990, 800; si veda anche
Pret. Camerino, 21/06/1990 in B.D. UTET), almeno
nel caso fosse dimostrata l’assenza di conseguenze
negative sull’efficienza ed economia dell’impianto
(Trib. Roma, 19/05/2005 in B.D. UTET). La facoltà
del distacco contenuta in una clausola del regolamento condominiale esime dalla dimostrazione della mancanza di effetti negativi, tanto che in realtà
nella pressoché totalità dei casi e già la clausola
stessa a determinare la quota - spesso rilevante che resta a carico del distaccato, predeterminando
quindi proprio gli effetti del distacco (contra: Cass.
civ., sez. II, 21/05/2001, n. 6923 in Mass. Giur. It..
2001; si veda anche Trib. Bo, 24/02/1999 in Arch.
Loc., 1999, 642). Il divieto di distacco contenuto
nel regolamento di condominio è, invece, giudicato insormontabile (Trib. Na, 29/04/2003 in B.D.
UTET) senza una delibera adottata all’unanimità
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 27
del valore millesimale dell’edificio che modifichi
gli obblighi derivanti dal regolamento stesso (Trib.
Na 29/09/2003 in B.D UTET. È stato affermato in
isolate quanto criticabili pronunzie, perché invero
anacronistiche, che il regolamento condominiale al
fine di disincentivare il distacco, possa perfino stabilire che l’obbligo di contribuzione alle spese sia
svincolato dall’effettivo godimento del servizio. È
evidente che questa affermazione risulti al limite accettabile soltanto riguardo le spese di conservazione dell’impianto, per le ragioni più volte addotte in
giurisprudenza. Tuttavia, occorre ricordare che resta salva la possibilità - peraltro remota, nell’ambito
degli interessi che frequentemente si contrappongono nei condomini - di modificare le anzidette obbligazioni attraverso una delibera assembleare adottata con l’unanimità dei consensi (Cass. civ., sez. II,
28/01 2004. n. 1558 in Arch. Loc., 2004, 368),
In alcuni casi il diritto al distacco è stato anche collegato al malfunzionamento dell’impianto centralizzato per motivi diversi (Tub. Mi, 26/01/1989 in
Arch. Loc., 1990, 94; Trib. Mi, 23/01/1992 in Arch.
Loc., 1992, 363; Cass. civ., sez. II, 02/08/2001, n.
10560 in Mass. Giur. It., 2001).
Per tutto il corso degli anni ‘90, tuttavia, il nuovo
indirizzo meno rigido si è trovato contrapposto alla
coda del vecchio orientamento che vietava recisamente il distacco (es.: Pret. Roma, 07/04/1990 in
Arch. Loc., 1990, 457: Trib. Pg, 06/091997 in B.D.
UTET; Trib. Co, 21/06/2000 in B.D. UTET; Trib.
Co, 21/06/2001 in B.D. UTET).
Allo stesso tempo, però, alcune sentenze già affrontavano positivamente il tema dell’eventuale risparmio di spesa determinato dal distacco, anziché presumere, come si è visto, un aggravio e, nel migliore
dei casi, chiedere al distaccato la prova che non vi
fosse maggiore consumo di combustible.
Sul finire degli anni ‘90 si fece ancor più strada
l’orientamento secondo cui in ipotesi di avvenuto
lecito distacco di una singola unità del condominio
dall’impianto centralizzato di riscaldamento, il proprietario di tale unità non usufruendo del servizio, è
28 - IL TRABUCCO n° 6/2009
esonerato dalla contribuzione alle spese di esercizio
ma, quale comproprietario dell’impianto, rimane
obbligato a partecipare alle spese di straordinaria
manutenzione e ricostruzione dello stesso (Cass.
civ., sez. II, 25/03/2004, n. 5974 in Arch. Loc.,
2004, 568; Trib. Mi, 10/03/1997 in B.D. UTET),
ovvero resta assoggettato soltanto alle spese di conservazione dell’impianto - quale obbligazione propter rem (cioé legata al bene senza che componenti
soggettive siano incidenti) - ma è esonerato dall’obbligo di contribuire alle spese per l’uso (Cass. civ.,
sez. II, 30/06/2006 n. 15079 in Mass. Giur. It., 2006;
vedi anche App. Roma 19/05/2007 in B.D. UTET).
Più recentemente, sembra essersi perfino ventilata
la possibilità di un’inversione dell’onere della prova, vale a dire che le spese di uso dovrebbero restare
in tutto o in parte a carico del condomino distaccatosi solo in assenza di validi e probanti elementi che
dimostrino un aggravio di spesa per gli altri condomini (Cass. civ. n. 8924/2001: App. Roma, sez. IV,
14/03/2007 in 6.D. UTET).
Dopo il 2000, invece, sembra essere stata definitivamente archiviata la necessità di una previa autorizzazione dell’assemblea al distacco, restando sufficiente che quest’ultimo non determini aggravi di
costi o squilibri termici pregiudizievoli per gli altri
condomini (Cass. civ., sez. II, 25/03/2004 n. 5974
in Guida al Diritto, 2004 n. 20; Cass. civ., sez. Ill,
14/01/2005 n. 680; Trib. Monza, 03/09/2007 in B.D.
UTET, ove si tratta anche della possibilità di totale
esclusione dalle spese di consumo). Anzi, la delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione a distaccarsi è nulla per violazione del diritto individuale
del condominio sulla cosa comune (Cass. civ., sez.
II, 30/03/2006, n. 7518 in Guida al Diritto, 2006 n.
25; Trib. Potenza, 23/04/2008 in B.D. UTET).
Il distacco dal riscaldamento trova, specie tra i soggetti meno sensibili al risparmio o alle mutate condizioni ambientali, forti resistenze. Un argomento
tra i più frequentemente utilizzati dagli oppositori
in sede assembleare e il timore che solo alcuni dei
condomini restino collegati all’impianto di riscaldamento, sobbarcandosi quindi maggiori spese. In
effetti, la pervicacia nel difendere l’impianto centralizzato, pur spesso obsoleto, fumoso ed antieconomico, non è premiata. Ad esempio, nel caso di
condomino unico fruitore della canna fumaria per
avvenuto distacco dal riscaldamento centralizzato
degli altri condomini, vige il disposto dell’art. 1123,
co. 2, cod. civ., il quale stabilisce che per le parti
condominiali destinate a servire i condomini in misure diverse, le spese sono ripartite in proporzione
all’uso che ciascuno può farne. Da ciò deriva che se
in un condominio un solo condomino continua ad
utilizzare il riscaldamento centralizzato e di conseguenza la canna fumaria ad esso collegata, le spese
di manutenzione ordinaria devono gravare solo su
questo condomino. Questa decisione trova autorevole conforto in un consolidato orientamento delta
S.C., secondo il quale i condomini non sono tenuti a
contribuire alle spese relative al servizio di riscaldamento centrale ove, in alcun modo, non ne fruiscano
(Cass. 99/129; 97/11152; 95/1597) (Trib. Pd, sez. I,
07/05/2002 in B.D. UTET).
Ad ogni modo la scelta del distacco non è in perpetuum, essendo successivamente nella facoltà del
condomino distaccatosi chiedere di poter nuovamente allacciare, a proprie spese, la propria unità
immobiliare all’impianto centralizzato sopportandone gli oneri (Cass. civ., sez. II, 28/01/2004 n.
1558 inArc/7. Loc., 2004, 368; Cass. Civ Sez. II,
sent. n. 1558 del 28 gennaio 2004).
Le spese relative alla sostituzione della caldaia devono essere infatti sostenute anche dai condomini
distaccatisi, proprio perché l’impianto centralizzato
costituisce un accessorio di proprietà comune, cui
detti condomini potranno ricollegarsi (Cass. civ.,
sez. II, 29/03/2007, n. 7708 in Arch. Loc., 2007, 5,
516) facendone richiesta specifica (Cass. civ., sez.
II, 28/01/2004, n. 1558 In Arch. Loc., 2004, 368 cit).
Sembra, perfino, che un’assemblea possa deliberare
l’esclusione di un’unità immobiliare dal riparto delle spese per lavori straordinari e di manutenzione
dell’impianto di riscaldamento sulla scorta di un erroneo presupposto, cioè che essa non sia allacciata
all’impianto stesso. La conseguenza sarebbe non la
nullità della delibera, bensì l’annullabilità con tutte
le note conseguenze in ordine al ricorso, da proporsi
quindi entro trenta giorni dalla data della deliberazione (per i dissenzienti) o dalla data di comunicazione (per gli assenti) ex art. 1137 cod. civ. (Cass.
civ., sez. II, 29/03/2007, n. 7708 in Mass. Giur. It.,
2007).
La disamina del problema resterebbe però incompleta se svincolata dal riferimento alla disciplina del
codice civile. Soltanto con ciò, infatti, è possibile
comprendere esattamente quale sia stata l’elaborazione giurisprudenziale in materia.
In primo luogo è da ricordare che nel caso in cui
nell’edificio condominiale il numero dei condomini è superiore a dieci deve essere formato un regolamento nel quale siano contenute le norme circa
l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese,
secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun
condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione (art. 1138 c.c). L’art. 1117 c.c. nello stabilire
quali parti dell’edificio siano in comproprietà tra i
vari proprietari dei singoli appartamenti e quali parti costituiscano il condominio, include, al numero
2, appunto il locale ove è situato l’impianto di riscaldamento centralizzato ed, al numero 3, lo stesso
impianto. Di tali parti, inoltre, può servirsene ogni
condomino a condizione che lo stesso non ne alteri
la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto
(art. 1102 c.c).
Conseguenza relativa alla comproprietà dell’impianto di riscaldamento è che ogni singolo proprietario non può, rinunziando al diritto acquisito sulle
parti comuni, sottrarsi al contributo nelle spese per
la conservazione dell’impianto stesso; conservazione che potrebbe avere necessità di essere tutelata con opere di innovazione e di manutenzione al
fine di renderne efficace l’uso nonché con tutte le
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 29
altre idonee al miglioramento o all’uso più comodo
o al maggior rendimento (art. 1120). Analizzando
la normativa citata ed applicandola alla fattispecie
relativa al distacco dall’impianto di riscaldamento
centralizzato si devono evidenziare alcuni importanti aspetti. L’impianto di riscaldamento centralizzato, inclusi il locale dove sono collocati la caldaia,
il bruciatore e tutti gli altri elementi atti alla produzione del calore, nonché la tubazione fino ai singoli
appartamenti - costituisce comproprietà indivisibile
tra i vari condomini con la funzione di erogare un
servizio essenziale alle singole proprietà, pertanto, l’assemblea dei condomini non può, solo con
le maggioranze previste per le innovazioni di cui
all’art. 1136, comma 2, 4 e 5 c.c., disporne la soppressione o eliminazione poiché, in tal modo, verrebbe leso il diritto dei condomini dissenzienti che
intendano ancora avvalersi di detto impianto. (Cass.
Civ., Sez. II, sent n. 4652 del 27/4/1991). Ciò detto, la soppressione dell’impianto di riscaldamento
centralizzato diviene legittima esclusivamente con
la decisione unanime dei condomini espressa nel
corso dell’assemblea condominiale appositamente
costituita. Il problema assume maggiore complessità allorché viene manifestata la volontà di singoli condomini di volersi distaccare dall’impianto di
riscaldamento centralizzato al fine di installare nel
proprio appartamento un impianto autonomo.
Nessuna questione insorge nel caso in cui venga accolta unanimemente dall’Assemblea condominiale
l’istanza dei condomini in tal senso diretta, peraltro
questo caso piuttosto raro, posto che l’Assemblea
condominiale - come detto poc’anzi - tende a negare l’approvazione di una siffatta richiesta ritenendo
che il distacco di alcuni condomini dal riscaldamento centralizzato possa comunque tradursi in aggravio di spese a carico degli altri.
Parimenti non sorge alcuna problematica allorché il
Regolamento del condominio espressamente vieti il
distacco dall’impianto centralizzato, anch’essa ipotesi altrettanto rara e che ricorre soltanto nel caso in
cui detto Regolamento abbia natura contrattuale, nel
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senso, che esso sia stato espressamente accettato da
tutti i condomini con i singoli atti di acquisto di ogni
appartamento o altra porzione dell’edificio. In tal
caso il divieto del distacco diventa assoluto anche
qualora il singolo condomino richiedente dimostri
che il distacco non comporti alcun danno o maggiore onere per gli altri condomini. Non si può che
dissentire recisamente da tale impostazione, dimeno
dal punto di vista pratico, poiché rispetto all’evoluzione della tecnica e delle politiche ambientali, essa
risulta nettamente anacronistica e penalizzante.
LA SOPPRESSIONE DELL’IMPIANTO
Occorre premettere che la demolizione e la ricostruzione di un impianto già esistente in altro luogo condominiale porta ad una vera e propria innovazione
che è ricompresa nelle previsioni dell’art. 1120 c.c.
La soppressione dell’impianto chiede il consenso
unanime dei condomini. Il consenso unanime era
prescritto dalla Suprema Corte anche per la trasformazione dell’impianto da centralizzato in autonomo ma la L. 10/1991 ha profondamente innovato la
materia.
Devono, infatti, sussistere i presupposti di cui alla
Legge n. 10/91 in caso di soppressione dell’impianto centralizzato, affinché le decisioni assembleari
possano essere adottate con la maggioranza millesimale. La giurisprudenza di legittimità, ricorrendo
tale ipotesi, si è espressa statuendo che: “la legge n.
10/1991, all’art. 26, comma 2, prevede gli interventi
in parti comuni degli edifici, volti al contenimento
del consumo energetico e (congiuntamente) all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art. 1.
Essa intanto consente di deliberare a maggioranza
semplice l’eliminazione di un bene comune a tutti
i condomini come l’impianto di riscaldamento centralizzato, in quanto il passaggio da tale impianto
agli impianti autonomi venga attuato in previsione
del contenimento dei consumi energetici, con l’uso
delle fonti alternative di energia, indicate dalla legge in esame all’art. 1 ovvero con la trasformazione di esso in impianti unifamiliari, come previsto
dall’art. 8 richiamato dall’art. 26.” (Cass. Civ. Sez. conda impongono gli adempimenti di cui si tratta.
II, sent. n. 16980 del 18 agosto 2005)
(App. Roma, 09/05/2007 in B.D. UTET). L’entrata
in vigore del D.lgs 311/2006, tuttavia, secondo certi
La legge n. 10/91, pertanto, apporta una deroga studiosi sembra aver risolto la questione nel senso
all’art. 1120 c.c. consentendo, in buona sostanza, la di rendere necessaria la documentazione di corredo
soppressione di un bene comune - seppure preve- alla delibera di trasformazione dell’impianto.
dendone la contestuale sostituzione con altro - con Il D.lgs. 29 dicembre 2006 n. 311, in seguito, novella sola maggioranza delle quote millesimali. Il rela- lando la L. 10/91, ha reso evidente il collegamento
tivo atto assembleare è, pero, subordinato ad una se- tra la validità delle anzidette delibere condominiali,
rie di adempimenti obbligatori che include, in primo assunte in parziale deroga agli artt. 1138. 1120 e
luogo, una consulenza tecnica attestante la concreta 1121 c.c., ed il fine proprio della normativa, cioé il
eseguibilità dell’opera e che misuri, principalmente, contenimento di consumi energetici.
l’effettiva convenienza, in merito al risparmio ener- Problematica non marginale (sottoposta al vaglio
getico, degli impianti autonomi rispetto a quello della migliore dottrina: si veda il primo dei testi di
centralizzato. La procedura di trasformazione deve approfondimento consigliati) è costituita dall’evenattestarsi - adeguandosi al contenuto dell’art. 5 del tuale dissenso di un condomino rispetto alla sostituDPR 26/8/93 n. 412, che impone la necessità non zione dell’impianto centralizzato con uno autonomo
derogabile intesa nel senso che l’edificio venga do- (in generale per ragioni di economia o, ad esempio,
tato di appositi condotti di evacuazione dei prodotti perché la sua unità immobiliare mal si presta ad acdi combustione con sbocco sopra il suo tetto - alla cogliere il nuovo impianto autonomo).
quota prescritta dalle norme tecniche UNI 7129.
Inoltre, la delibera assembleare deve essere rivolta Riassumendo: il distacco del singolo - o di più conall’effettiva trasformazione dell’impianto centraliz- domini - è consentito purché in conformità ai prinzato in impianti individuali e va adottata solo sulla cipi di cui alla normativa sul risparmio energetibase dei principi stabiliti dai citati provvedimenti co. Apposita perizia tecnica deve comprovare che
normativi, in quanto nell’eventualità che essa sia di- l’operazione di distacco non comporti un aggravio
retta, invece, alla sola soppressione del bene comu- di spese per i condomini che continuano a utilizne ovvero alla sostituzione dello stesso senza le mo- zare l’impianto centralizzato ovvero un danno alla
dalità e le condizioni prescritte, la decisione diviene funzionalità dell’impianto ovvero uno squilibrio
illegittima se non presa con la volontà unanime dei termico dell’intero edificio recante pregiudizio alla
condomini. La giurisprudenza, peraltro, ha ritenu- normale erogazione del servizio di riscaldamento.
to che la delibera condominiale di trasformazio- L’onere della prova è, ovviamente, a carico del conne dell’impianto centralizzato di riscaldamento in domino interessato al distacco che deve produrre
impianti unifamiliari a gas, ai sensi dell’art. 26 co. apposita documentazione peritale da allegarsi alla
2, L. 10/1991 (...) è valida anche se non accompa- comunicazione diretta all’Assemblea condominiale,
gnata dal progetto di opere corredato della relazio- la quale valuterà la sussistenza dei presupposti lene tecnica di conformità (...) poiché si distinguono gittimanti il distacco. Ricorrendo tale ultima ipoteuna fase deliberativa ‘interna’ (attinente ai rapporti si, la Cassazione si è pronunciata più volte, statuentra i condomini, disciplinati in deroga al disposto do che: “il distacco dall’impianto centralizzato di
dell’art. 11120 c.c.) da una esecutiva ‘esterna’ (re- riscaldamento deve ritenersi vietato ove incida nelativa ai successivi provvedimenti di competenza gativamente sulla destinazione obiettiva della cosa
della pubblica amministrazione) e solo per la se- comune, determinando uno squilibrio termico ed un
IL TRABUCCO n° 6/2009 - 31
aggravio di spese per i condomini che continuano a
servirsi dell’impianto: è consentito, invece, quando
è autorizzato da una norma del regolamento contrattuale di condominio o dalla unanimità dei partecipi alla comunione ovvero anche quando venga
fornita la prova che dal distacco non può derivare
alcuno dei predetti inconvenienti”. (Cass. Civ. Sez.
II, sent. n. 15079 del 30 giugno 2006). Realizzato il
distacco, il condomino è comunque sempre tenuto
a partecipare alle spese di manutenzione e conservazione dell’impianto centralizzato. “Il condomino
è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale anche
quando sia stato autorizzato a rinunziare all’uso del
riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto
comune, ovvero abbia offerto la prova che dal distacco non derivano né un aggravio di gestione o
uno squilibrio termico, essendo in tal caso esonerato soltanto dall’obbligo del pagamento delle spese
occorrenti per il suo uso, se il contrario non risulti
dal regolamento condominiale.” (Cass. Civ. Sez. II,
sent. n, 7708 del 29 marzo 2007).
Ad ogni modo, come appena detto, il singolo distacco (o plurimo) non può operare a danno dei restanti
condomini e, pertanto, viene sancito l’obbligo per
il condomino distaccatosi al pagamento delle spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento
centralizzato anche se sottratto alla partecipazione
alle spese di consumo o di esercizio riguardanti un
servizio di cui non usufruisce.
In alcuni casi l’esonero dalle spese citate non è totale in quanto il condomino rinunciatario può essere
tenuto ad accollarsi, alternativamente, gli eventuali maggiori oneri che gli altri condomini si vedono
costretti a sopportare in conseguenza della diminuzione del numero dei contribuenti rimasti collegati
all’impianto centralizzato oppure alla quota forfettaria determinata dall’assemblea condominiale quale compensazione del calore di cui l’unità immobiliare staccata comunque continua indirettamente a
godere per la collocazione della stessa all’interno
32 - IL TRABUCCO n° 6/2009
dell’edificio (Cass. Civ Sez. II, n. 1558/2004). In
realtà, considerando che nella stragrande maggioranza dei casi, il condomino che si distacca installa un impianto autonomo, la situazione resta quella
iniziale; può, invece, discutersi sull’applicabilità
di tale principio in relazione al calore (ad esempio
nell’androne, o nelle soffitte, o nei locali comuni)
che l’impianto centralizzato rilascia nelle parti comuni.
Si è inoltre affermato che la previsione nel regolamento condominiale dell’obbligo di contribuzione
alle spese di conservazione del riscaldamento centralizzato svincolato dall’effettivo godimento del
servizio va ricondotta nell’ambito delle disposizioni che attribuiscono diritti o impongono obblighi ai
condomini; ne consegue che essa non sarebbe modificabile da delibera assembleare se non con l’unanimità dei consensi. (Cass. Civ. sent. n. 1558 del
28/1/2004; Cass. Civ. sent. n. 6923 del 21/5/2001).
Tale principio e cioè la legittimità del pagamento
delle spese per il riscaldamento anche in assenza di
questo, se fondato sulla sola volontà delle parti, non
può applicarsi nell’ambito del contratto di locazione
di immobili urbani, infatti, per il principio di cui
all’art. 9 della legge n. 392/1978, applicabile alle
locazioni per immobili adibiti ad uso non abitativo,
sono a carico del conduttore le spese relative alla
fornitura del riscaldamento, ma se detta fornitura
non esiste non è dovuto alcun corrispettivo per la
stessa nonostante che esso sia previsto nel contratto
di locazione.
Operando, in tale caso, il combinato disposto degli artt. 9 e 41 della L. 392/1978, non è dovuto un
onere accessorio per una fornitura che non sia effettivamente prestata, neppure in percentuale, con
la conseguenza che un’eventuale pattuizione in tal
senso è in contrasto con le disposizioni legislative
e, pertanto, nulla e detta nullità è rilevabile d’ufficio
dall’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art. 1421 c.c.
(CAss. Civ. sent n 5827 del 24/5/1993)