la recensione di Ferdinando Camon
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la recensione di Ferdinando Camon
da Tuttolibri/La Stampa 07/06/2015 Recalcati, nelle mani della madre il tormento del figlio Angelo che accudisce o tiranno che traumatizza? Recalcati cerca una figura di “mamma reale” al di la dei luoghi comuni (e della psicoanalisi) di FERDINANDO CAMON C’e una poesia a pagina 47 che, dopo averla incontrata e sorpassata, ogni tanto tornavo a rileggere. Dice così: La mia bambina è nella culla durante l’ora bella./La mia bambina ha butìni, ha celestino, ha buietto sotto il lenzuolino./La mia bambina è scompiglietti, è filantina, becoletti e ciuciantina,/di qua dalla finestrella/durante l’ora bella La leggi e capisci tante cose. Che chi l’ha scritta e una donna. Che un uomo non potrebbe mai scriverla. Che la madre che scrive questi versi non guida il bambino a parlare la propria, di lei madre, lingua, ma scende lei a imparare, inventandola, la lingua del neonato, quella lingua che sta prima della lingua. Cioe: la madre rinasce nel figlio che nasce. Questa rinascita si chiama maternita. Questo libro e un viaggio nella maternita. Quindi in un’esperienza in-conosciuta e in-conoscibile per l’uomo, inteso come maschio. Perche esiste la maternita, ma non esiste la paternita, se non come grazia concessa dalla donna. Qual e il tempo della maternita? È un un tempo lungo, che comincia prima dell’inizio, prima del concepimento e della gestazione: «Ospitare o rifiutare la vita del figlio non e solo un dato biologico, ma implica un consenso inconscio, un “sì” a livello del desiderio». La maternita e un’attesa, ma l’attesa di una madre e attesa di qualcosa di unico e irripetibile, e non importa se quello che attende e il terzo o quarto figlio, perche in realta ogni figlio e figlio unico. Ogni figlio e «destinato a modificare il volto del mondo». Percio la perdita di un figlio e una perdita piu ampia del tutto, ha una dimensione incontenibile. Nessuna lingua ha inventato la parola per esprimere il lutto di chi perde un figlio. Rifiutandosi di dare un nome a quella perdita, la vita si rifiuta di includerla tra gli eventi della vita. Una vita che contenga quella perdita e invivibile, e una lingua che contenga la parola che indica quella perdita e imparlabile. Sto cercando di non usare i termini tecnici inventati dai lacaniani per esprimere i punti centrali del loro sistema, perche su un giornale si scrive per tutti, ma la parola inventata da Lacan per indicare la lingua prima che sia lingua non e sostituibile ed e lalingua. È un «fatta di carne, affetti, emozioni, lallazioni, segni, suoni, gesti, bisbigli, corpo, una sorta di sciame che non risponde ancora alle leggi del linguaggio, ma che ne costituisce la materia prima sulla quale quelle leggi si applicheranno», «È un la lingua che ha nutrito i primi scambi vitali tra la madre e il suo bambino e che precede l’accesso al linguaggio alfabetico». Nella poesia citata poco fa, di quella madre, Alessandra Saugo, «possiamo cogliere il farsi de lalingua nello scambio della madre con la propria creatura». È u n mia convinzione (ma so che sto rischiando) che la conoscenza di che cos’e la nascita dia alla donna un diverso (rispetto all’uomo) rapporto con la nascita e dunque con la morte. Recalcati e un uomo, dunque non dovrebbe sapere queste cose. Ma e uno psicanalista, e lo psicanalista e colui col quale la donna in analisi vede o apprende di se cose che non sapeva. Recalcati non avrebbe scritto un libro così quando cominciava a fare lo psicanalista. Lo scrive adesso. Il libro presuppone un lungo apprendimento. L’apprendimento gli dice (gli conferma, gli ripete) che per il figlio il volto della madre «e» il volto del mondo (pag. 39), che il figlio scruta il volto della madre come un meteorologo scruta il cielo, per prevedere il futuro (44; sto spulciando, a uso e consumo dei lettori di giornale) che la domanda essenziale del figlio alla madre e: «Puoi perdermi?» (52), che il figlio si aspetta di essere amato non benche abbia dei difetti ma proprio perche ha dei difetti (67), che il padre e la madre sono altra cosa dal genitore 1 e genitore 2 (75), che se la madre di una volta aboliva in se la donna oggi la donna abolisce in se la madre (126), che non esiste una onnipotenza del bambino mentre esiste l’onnipotenza della madre sul bambino (145), la madre e un tiranno piu terribile di ogni tiranno (146), che nella madre restano tracce indelebili del rapporto con la propria madre (150; dunque tu, sposando una donna, non sposi quella donna, ma anche sua madre), che ogni donna si aspetta dalla madre la chiave della femminilita e non l’avra mai perche non esiste (168), e dunque (sto ancora rischiando) che ogni donna e delusa della propria madre perche non accetta che sia anche una donna (169)… Cosa significa allora, per un uomo e una donna, fare un figlio insieme? Tutto, ma non «insieme»: fare figli non parifica, la genitorialita divide.