Untitled - Windoweb

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una leggiadria. Ma le guancie attenuate, alcune rughe della fronte,
il
pallore delle labbra, e pi˘ di tutto il portamento della persona
scemata; le davano quelle apparenze che fanno pensare al sepolcro.
Essa non era nata a D...... ma dall'altra vallata della Bormida,
come
da terra straniera, ve l'aveva condotta sposa giovanissima il
padrone
di quella casa; col quale erano vissuti sempre d'un animo e d'un
cuore; e morendo la lasciava con un figliuolo che nel 1794 aveva
venticinque anni. Questo giovane, venuto su bello e vigoroso, era
stato avviato a modo negli studi di latinit‡ da un buon prete del
borgo di C..... grande amico del padre suo; e come si era scoperto
in
lui l'amore alla medicina, il maestro aveva fatto che la madre si
era
contentata di mandarlo allo studio di Torino. La povera signora, pur
pregustando le benedizioni dei paesani, che non sarebbero pi˘ morti
in
mano ai chirurghi di quei tempi e di quei luoghi, castighi di Dio;
al
pensiero della lontananza che le pareva dell'altro mondo, a
figurarsi
la grande citt‡ in cui il figliuolo s'andava a smarrire, aveva
tremato
pi˘ che la madre d'un navigante che per la prima volta si metta in
mare. Ma poi a poco a poco s'era quetata; e un anno dopo l'altro
sempre aspettando le vacanze, sempre ricadendo nella malinconia al
finire di queste: aveva finalmente veduto giungere l'ultimo anno,
che
egli sarebbe stato laggi˘; forse per lei il pi˘ lungo. Tuttavia era
lieta d'aver sofferto e di soffrire un altro po' di mesi, perchË
ogni
volta che il suo figliuolo veniva in autunno, scopriva in lui i
segni
d'un giovane cresciuto di pregi. E cosÏ senza avvedersene aveva
mescolato al suo amore grande di madre una certa venerazione; per
cui
s'abbandonava sovente ad una dolce contemplazione dell'ideale che se
n'era formato: e a vederla in quei raccoglimenti, uno avrebbe
creduto
che stesse pregando. In casa non aveva altra compagnia che d'una
fantesca, la quale non sapeva bene da quanti anni fosse al mondo, ma
si rammentava d'aver portato bambino il marito di lei; e perchË
aveva
fatto da aia anche al figliuolo, essa non usava dire di lui nË il
signorino, nË il padrone, nË altro; ma lo chiamava alla buona
Giuliano, come egli chiamava lei la nonna Marta. Costei era sempre
stata l‡ dentro pi˘ da padrona che da serva, e sebbene gi‡ tanto
vecchia non lasciava che altri vi si ingerisse di nulla. Essa in
cucina, essa per le stanze, essa a far i bucati che governava meglio
d'una biancaiuola di monastero; al tempo dei ricolti, faceva
l'ufficio
sin di gastaldo; e sempre le avvanzava qualche ora da godersela
colla
signora. Questa, di solito, stava seduta in una sala terrena ampia,
sfogata, fresca d'estate, scaldata d'inverno da un gran camino,
dinanzi al quale si tirava una cassapanca, che il rimanente
dell'anno
era lasciata nell'atrio a chi vi si volesse adagiare. Il tempo che
erano insieme, la signora parlava del marito morto o del figlio
lontano; e Marta raccontando cose antiche di castelli, di conti, di
carnevali, si studiava di tenerla allegra; guardandola amorosa e con
certa reverente dimestichezza; proprio come se fosse stata una sua
figliuola, maritata per la sua bellezza e virt˘ alla buon'anima del
padrone.
La sera della seconda festa di Pasqua, dell'anno 1794, esse stavano
appunto sole, in quella sala terrena aspettando Giuliano; il quale
era
andato a C.... a visitarvi il suo vecchio maestro: e quella era la
terza gita che egli vi faceva, in una settimana, dacchË era venuto
da
Torino, a far la Pasqua in famiglia. Sebbene la signora si fosse
maravigliata di quella frequenza, non aveva dubitato neppure un
istante che suo figlio non andasse proprio per amore del vecchio
prete; e tutta la giornata era stata malinconica ma tranquilla. PerÚ
in sull'annottare aveva cominciato a mostrarsi inquieta.
Affacciavasi
ogni tantino alla finestra, aperta dalla parte di mezzogiorno, donde
si scopriva la via di C.... per cui Giuliano doveva tornare; e dopo
l'avemaria vedendo ch'egli non veniva, non trovava pi˘ posto ove
potesse star ferma. Andava su e gi˘ per la sala, pigliando di sul
tavolino la lucerna deponendola e ripigliandola; tornava ad
affacciarsi alla finestra, come avesse voluto rischiarare lontano la
campagna; tendeva l'orecchio, si spazientiva, si toglieva di l‡
sospirando e guardando Marta. Questa se ne stava colle mani in mano,
badando a non mostrare quanto fosse anch'essa scontenta dell'indugio
di Giuliano. Intanto l'ora in cui si soleva cenare, era passata di
molto; e una grossa e vecchia gatta, levandosi di su certa stuoia su
cui stava a fare le fusa, era gi‡ corsa parecchie volte a fregarsi
le
schiene contro gli stinchi della fantesca. A un tratto la signora
non
potendo pi˘ reggere, si volse, e quasi incalzando un discorso gi‡
incominciato, disse alla vecchia:
´Oh insomma, non istate a dirmi di no...! o egli Ë caduto da
cavallo,
o ebbe qualche cattivo incontro.... Chiamate Rocco, voglio
mandarglielo incontro.... ditegli che venga da me.... subito....ª
Marta uscÏ, e dopo alcuni momenti tornÚ a dire, che Rocco non era
ancora rivenuto, da fare la merenda in campagna colla famigliuola.
´Benedetta anche la merenda!--sclamÚ la signora--e dunque chi
manderemo?ª
´Non si potrebbe aspettare un altro poco?--disse Marta--noi si sta
col
cuore tra due sassi, ma a chi Ë fuori, massime i giovani, pare
sempre
di far presto....ª
´Pazienza gli altri tempi....! ma ora.... con questi Alemanni che
sono
in volta....ª
´Gli Alemanni!--proruppe Marta, quasi offesa:--per essere, le so
dire
che gli Alemanni rispettano i signori, e a Giuliano gli farebbero
buona compagnia!
´Dio voglia....ª
´Ma certo! Eppoi, se egli vedesse uno mandato ad incontrarlo come a
un
fanciullo, potrebbe aversene a male....ª
´Allora aspettiamo!--disse la signora, e affacciandosi di nuovo alla
finestra, coi gomiti appoggiati sul davanzale, si mise a guardare
nella notte. Marta sedette ancora, colle mani giunte e abbandonate
sulle ginocchia, colla testa chinata sul seno, come la tengono le
vecchie quando pare che dormano, e in cambio stanno pregando e forse
pensando ai propri peccati. Essa non pregava, ma pensava agli
Alemanni, de' quali la signora Maddalena, mostrava d'avere tanta
paura. Costoro erano venuti quell'anno parecchie migliaia di
Lombardia, e avevano gli alloggiamenti in C.... a sostegno delle
genti
del Re di Sardegna: le quali fronteggiando i Francesi, sui monti di
Nizza, s'erano la state innanzi condotte con grande valore al colle
di
Raus e a quello di Milleforche. I repubblicani non avevano trovato
il
verso di superare quei colli; ma fattisi pi˘ grossi nell'invernata
s'andavano preparando a nuovi assalti: e quelle non se la sentendo
di
poter reggere, poche come erano; il Re aveva chiesto aiuti
all'Imperatore d'Alemagna: il quale sebbene adagino s'era mostrato
disposto a dargli un poco di spalla. Marta non sapeva queste cose a
puntino, ma la venuta degli Alemanni le aveva recata gran gioia,
perchË le pareva che fossero tornati i tempi della sua giovinezza;
quando le Langhe essendo terre dell'impero, i popoli di quelle parti
si tenevano per Alemanni anch'essi. Godeva poveretta ai cento
ricordi
che le nascevano dalla comparsa di quelle assise; le pareva d'essere
in collo al padre suo, portata bambina a vedere le rassegne o il
passaggio delle soldatesche Alemanne d'allora; si sentiva sulle
guance
grinzose passare la mano che le aveva carezzate quando erano fresche
d'adolescenza, e vedeva d'innanzi a sË il soldato che le aveva fatto
quel vezzo discorrendo coi suoi sulla soglia di casa; immagine
lontana
e gi‡ quasi sfumata nella sua memoria; forse anco qualche affetto
rimasto in sul nascere, scuoteva nel suo cuore gli avanzi di qualche
fibra; e cosÏ tra il pensiero della soldatesca imperiale antica e
nuova, e quello di Giuliano che non arrivando affliggeva sua madre,
la
mente le ondeggiava come la fiamma della lucerna, la quale scossa
lievemente dal venticello della finestra, spandeva per la sala una
luce tremula e fioca, che s'addiceva in mesta maniera a quel
raccoglimento ed a quel silenzio.
Fuori suonava un'allegrezza di canti, ed empievano l'aria le grida
sin
troppo festose delle brigate, che tornavano dalla merenda,
menzionata
da Marta nel parlare di Rocco. Il quale era un colono che conduceva
il
podere intorno alla casa della padrona; e appunto riveniva anch'egli
da quella baldoria, che i popoli di quei monti escono a fare in
campagna l'indomani di Pasqua. Festeggiano la primavera sui prati e
nei vigneti; bevono del migliore e mangiano i resti del giorno
innanzi, portati nei tovaglioli messi in bucato la settimana santa;
dopo il pasto gli uomini continuano a bere, le donne a
chiacchierare,
i fanciulli si rincorrono, ruzzano, giuocano; e le zitelle tornano
finalmente a danzare coi loro dami, dopo aver camminato ad occhi
bassi
tutta la quaresima, senza poter parlare con essi neppur sul sagrato.
Quei canti suonavano dunque da tutte le parti, ma la signora
Maddalena, assorta come era in Giuliano, non vi badava. Questi
intanto
veniva o piuttosto si lasciava portare dalla sua giumenta; pensoso,
raccolto, tanto che neanch'egli udiva quel chiasso festereccio; nË
vedeva la via, nË forse la testa della sua cavalcatura, tra le cui
orecchie pareva guardasse con occhi intenti. Parlava tra sË di
quando
in quando, a mezza voce; e allora la povera bestia incalzava un
tratto, quasi per vedere se quelle parole toccassero alla sua
andatura: poi si rimetteva tranquilla a quella che aveva mosso
partendo da C. Giunta cosÏ a un certo segno, squassÚ forte il capo,
nitrÏ fiutando l'aria della mangiatoia vicina; e allora soltanto
scuotendosi, Giuliano s'accorse d'essere lontano dai luoghi, dov'era
rimasto col pensiero e col cuore. La notte era fatta, il suo borgo
nativo gli stava dinanzi, si discernevano le finestre illuminate
fiocamente da dentro le case; e scoprendo le proprie, egli pensÚ che
sua madre era l‡ in pena ad aspettarlo. Si ricompose in sella,
affrettÚ colle calcagna la giumenta, e sebbene agli altri suoi
pensieri s'aggiungesse che gli pareva d'essere un cattivo figliuolo;
pure provÚ un po' di quel senso, che a sera rallegra soavemente il
ritorno.
Era appunto in quella che la signora Maddalena, stanca d'aspettare,
stava per dire a Marta, che Giuliano fosse o non fosse per aversene
a
male, voleva andargli incontro essa stessa; quando le pedate della
bestia si fecero udire sul ciottolato del vicolo per cui si veniva
nel
piazzale.
´» qui!ª sclamÚ essa, togliendosi dalla finestra tutta mutata nel
viso
e sorridendo; e lesta lesta attraversÚ la sala seguita dalla
fantesca,
che la raggiunse nell'atrio recando la lucerna.
Il giovane arrivÚ di trotto, e smontando a piË dei gradini
dell'atrio
disse alla signora: ´non mi sgridi..... mi perdoni.... a un'altra
volta tornerÚ pi˘ presto.....
´Ah.... te ne avvedi anche tu? Il perdono Ë un bel chiederlo.... ma
a
quest'altra volta.... vedremo....ª
Giuliano non le lasciÚ finire l'amorevole rimprovero, ma guardandola
umilmente negli occhi, le si avvicinÚ come per soggiungere qualcosa.
Poi non trovando la parola, tenne dietro a Rocco, il quale avendolo
udito arrivare, era corso mezzo brillo a pigliare la giumenta, e
l'andava a riporre.
A quel fare insolito sbigottÏ la signora; e gi‡ chiedeva che ne
pensasse a Marta, la quale s'ingegnava di riverberare colla palma i
raggi della lucerna dietro Giuliano, sicchË essa rimaneva colla
faccia
e colla persona nell'ombra. Ma a stornarla dalla sua domanda,
s'udirono alcuni tocchi lenti e lamentosi della campana di castello,
venuti a mescolarsi, come la voce d'una terza persona, alla loro
malinconia. A quel suono che segna la una di notte, il popolo di
quei
villaggi pensa a' suoi morti, e in ogni casa s'interrompono i
discorsi
della veglia per recitare il _deprofundis_. La signora Maddalena, si
segnÚ, e si mise a dire il salmo sublime, che ad ogni verso, ci
soffia
sull'anima l'aria fredda dell'abisso; e recando come un grido
dell'altro mondo, ci fa levare gli occhi al cielo, in cerca d'un po'
di luce, d'un po' di vita, di qualche novella dei sepolti quaggi˘.
Marta non sapendo le parole del salmo, che mai non aveva potuto
mandare a memoria, teneva dietro coll'intenzione, a lei, guardandola
nelle labbra, o picchiandosi il petto; e quando la signora mostrÚ
d'avere finito segnandosi la seconda volta, essa disse: amen.
Proprio
in quel punto ricomparve Giuliano.
´Qualche cosa da dirmi l'avr‡ di certoª--bisbigliÚ la signora, e
dall'atrio entrÚ nella sala, seguita da lui e da Marta; la quale
sussurrÚ nell'orecchio al giovane, che per amore di sua madre,
facesse
viso allegro. Poi andÚ in cucina per dare in tavola, lasciando che
essi passassero nella stanza di l‡ dalla sala, in cui la famiglia
soleva mangiare.
La signora non si era mai seduta l‡ dentro, senza pensare al suocero
ed a madonna, che essa non aveva conosciuti. E quando viveva il
marito, aveva pigliato sempre un mesto diletto a farsi dire cenando
la
loro storia; storia che ripeteva sovente al figliuolo. Ma quella
sera
non pensÚ ai morti; e mentre Giuliano messosi a sedere, come fosse
molto stanco, guardava i canestri di frutta dipinti nelle pareti,
con
quell'occhio che fissa e non vede: essa stendeva la tovaglia,
metteva
le posate e i tovaglioli, volendo e non trovando il verso
d'appiccare
discorso con lui, senza dargli a vedere l'ansiet‡ che non le era
cessata ancora. Al fine le venne alla mente il nome del buon prete
di
C......, e voltasi a Giuliano con quella dolcezza che sempre usava,
sedette anch'essa e gli disse:
´Oh appunto! e che nuove mi porti di don Marco?
´Don Marco? Lo vidi da lungi e di fuga.... e mi parve triste....ª
´Come da lungi e di fuga? O non hai detto stamattina che andavi a
C.... proprio per veder lui?ª
´Andai.... ma.... dopo il vespro egli era fuori pei monti, ad
assistere non so che moribondo....ª
´Egli pei monti? Ma il parroco, i curati, gli altri preti
giovani...... come fanno a lasciar che vada quel povero vecchio?ª
´Oh....! essi avevano altro a fare! Oggi c'era gran pranzo dal
parroco: un pranzo di preti, di frati, di soldati, di signori e
signore....! mezzo il borgo faceva le feste a quegli uggiosi
Alamanni
che sono col‡!....ª
La signora diede attorno un'occhiata, quasi temesse che qualcuno
fosse
stato a udire lo parole di Giuliano, poi mutÚ come potË il discorso,
e
proseguÏ: ´hai detto che Ë triste nevvero? povero don Marco,
capisco.... noi vecchi ci sentiamo fuggire il mondo....ª
´Eh!.... a vedersi tra piedi quella turba di soldati, a sentire
quello
strascichio di sciabole, anco a non essere vecchi c'Ë da diventar
tristi e far peggio....! Se gli Alemanni fossero a D.... non ci
starei
pi˘ un'ora....!
´Giuliano!--sclamÚ la signora, levandosi ritta--dimmelo, che tanto
l'ho
gi‡ indovinato....! Tu hai questionato con qualcuno di quei soldati!
Oh.... no? Me lo accerti? Voleva vedere! Pensa che qui, essi hanno
in
mano tutto e tutti...; credi in cuor tuo quel che ti pare, ma bada a
non darmi dispiaceri, chË se non te l'ho mai detto te lo dico ora:
non
sono pi˘ quella d'una volta e non potrei pi˘ sopportarli....!ª
Giuliano sentÏ dar gi˘ improvviso quel bollore che gli si era levato
in petto, e guardando fisso sua madre, come se soltanto allora
s'avvedesse che la salute le veniva scemando, provÚ uno sgomento sÏ
forte che rispose pronto e pacato:
´Dispiaceri da me non ne avr‡ mai; ma questi Alemanni venuti quass˘
a
proteggerci e a spogliarci..... gli odio.... gli aborro, vorrei
vederli tutti morti.ª
La signora tacque: e Marta che essendo entrata a mettere qualcosa in
sulla mensa, aveva udito le ultime parole del signorino, si morse la
lingua e tornÚ in cucina sbalordita, come vi fosse rotolata gi˘ da
un
burrone, o quelle eresie fossero state ceffoni avuti in faccia.
Odiare
gli Alemanni, odiarli a segno da desiderarli tutti morti, non le
pareva cosa che si potesse dire da un giovine dabbene, come era
sempre
stato Giuliano. CapÏ il gran mutamento che doveva essere avvenuto in
lui nello stare lungi da casa; rammentÚ che questo mutamento, il
pievano l'aveva predetto sin dal primo giorno che egli era andato a
Torino; vide confusamente il male che ne poteva seguire, e una
profonda malinconia mista a certo sdegno pesÚ sul suo vecchio cuore.
Avesse visto entrare in casa la farfalla pi˘ scura del mondo; si
fosse
versata e rotta l'oliera; o la gallina a lei pi˘ cara avesse cantato
da gallo in sul bel punto della mezza notte: essa non se lo sarebbe
recato in malaugurio, quanto quelle amare parole, che biascicÚ due o
tre volte, pesandole colla mente e chiudendo gli occhi, come se pi˘
non osasse guardare la luce.
Intanto i padroni mangiucchiando avevano mutati i discorsi; e
sebbene
il giovane di tanto in tanto lasciasse cadere le domande della
madre,
essa dalla tema di fargli saltare in capo d'andar fuori di nuovo,
taceva in pazienza. Per sapere se qualcosa gli fosse avvenuto cogli
Alemanni, disegnava di mandare l'indomani qualcuno a C.... con un
biglietto per don Marco: ma pel momento, avendo in casa il figliuolo
non temeva di nulla, e finÏ di cenare, senza essersi raccappezzata
in
quella tristezza e in quel viso scuro.
Marta chiamata a sparecchiare, venne dalla cucina imbroncita: e
accesi
due lumi da mano, uno ne porse alla padrona ed uno al giovane, ma
non
disse nulla. Egli salutata rispettosamente la madre, e data la buona
notte alla vecchia, salÏ nella sua camera, al pi˘ alto piano della
casa, proprio sopra quella della signora, alla quale non era mai
parso
di poter dormire tranquilla, se la notte egli non era in luogo da
poterlo udire, solo che si movesse.
Rimasta sola colla signora, Marta volle sfogarsi, e giungendo le
mani
proruppe:
´Eh? L'ha inteso? E chi lo conosce pi˘? Io da parecchi giorni vado
in
castello che mi pare di salire sul calvario.... e le occhiate del
pievano comincio a capirle...ª
´Che pievano.... che occhiate?ª
´Certe occhiate bieche, come se volesse dirmi che io gli nascondo un
peccato mortale....!ª
´Oh smettetela un poco anche voi!--interruppe la signora Maddalena,
con un impeto di collera non pi˘ provato da chi sa quanti
anni:--questa sera n'ho gi‡ di troppo.... andate a letto....!ª
Marta umiliata da quel tono insolito di parole, s'avviÚ alla porta
che
dava nell'atrio, per chiuderla come l'altre sere.
´Lasciate!--proseguÏ la signora--questa sera chiuderÚ io.... no
no....
andate vi dico, Marta.... vorreste cominciare ora a disobbedirmi?
La vecchia chinÚ il capo, diede la buona notte con voce tremante, e
andÚ a chiudersi nella sua cameretta terrena, in cui dormiva da
sessant'anni. La signora pur sentendosi pentita del rabbuffo
fattole,
non istette a rattenerla per consolarla, come gi‡ il cuore le
comandava. Ma, chiusa la porta con ogni diligenza, recÚ le chiavi
con
sË, salÏ nella sua camera anch'essa, le nascose sotto il guanciale;
poi si chinÚ sull'inginocchiatoio, a canto al letto, e mescolando i
suoi morti, i santi e Giuliano, cominciÚ a pregare.
In capo a un'ora volle coricarsi; ma non lo fece, perchË disopra
s'udiva uno scarpiccio, come d'uomo che gira inquieto; ed era
Giuliano, il quale aveva sentito rinascere i propri pensieri, a
martellarlo urgenti ed acuti. Egli s'era messo parecchie volte a
spogliarsi, ma sempre aveva finito per affacciarsi alla finestra,
dove
rimaneva un istante, poi andava passo passo fino all'uscio, dava di
volta, tornava a sedere: parlava, sospirava, rifaceva tutte queste
mosse, confusamente, combattuto, coi lineamenti della faccia che si
facevano affilati, come lo crucciasse qualche fiera passione. Questo
suo travaglio pareva crescere a smania; quando, chi sa come, gli
tornarono alla mente i giorni della sua fanciullezza, e l'uso che
allora aveva sua madre di non mai coricarsi, senza prima essergli
venuta in camera, a dare un'occhiata alla finestra se fosse ben
chiusa, a vedere se avesse acqua nella boccia, o se il lume fosse in
luogo da non dar fuoco. ProvÚ di quel ricordo una dolcezza, un
aiuto;
e si pregÚ che la madre venisse di sopra anche quella sera, perchË
lÏ
avrebbe avuto cuore da dirle una cosa, che solo a pensarla, il
sangue
gli faceva dentro un gran cavallone. A un tratto parve aver
afferrato
un'idea; stette un momento, si levÚ risoluto; e camminando diritto
discese al piano di sotto, e picchiÚ all'uscio di sua madre.
La signora Maddalena, che non aveva voluto coricarsi finchË non
fosse
cessato quel rumore di sopra; udendolo discendere si rimescolÚ
tutta,
e si lodÚ d'aver portato seco le chiavi di casa. Ma inteso che
veniva
da lei, corse all'uscio, e mentre ch'egli picchiÚ, essa, gi‡ pronta,
aperse, e dolcemente gli disse:
´Lo sapeva che tu avevi qualcosa da dirmi.... vieniª E tirandolo per
la mano, s'andÚ a sedere su d'un seggiolone d'antica fattura; perchË
sebbene facesse le viste d'essere tranquilla, non si sentiva di
stare
in piedi dal tremore; poi guardandolo amorosa soggiunse: ebbene?
´Ecco,--rispose Giuliano--io non poteva
dirle.... che.... si ricorda? l'autunno
pareva troppo solitaria, e mi disse che
fossi medico, perchË qui sola ci moriva
osai... ma ora.... ora vorrei....
pi˘ reggere, e sono venuto a
passato la nostra casa le
le tardava mille anni che io
di malinconia. Allora non
´Sposarti?--sclamÚ la signora Maddalena balzando in piedi
dall'allegrezza, come a mensa aveva fatto dalla paura:--e spÚsati, e
sia benedetta la nuora che mi condurrai in casa....! Ma perchË mi
hai
tenuta tutta questa sera sulle spine? Ci voleva tanto a darmi questa
bella nuova? Siedi, che ora non voglio vederti perdere la bella
sicurezza di poco fa, per questo rimprovero; siedi e parliamo di
lei.
Gi‡ ho bell'e capito, essa Ë di C.... come si chiama?ª
´Bianca dei N....--rispose Giuliano colle vampe al viso.
´Oh? Dei N.... ce n'Ë una famiglia sola, credo... Sua madre
dev'esser
morta, e si chiamava la signora Costanza nevvero? Hai fatto bene a
innamorarti d'un'orfana! E la conosco sai; sta un po' a sentire: la
vidi una volta, al convento dei Minori Osservanti di C....: mi ci
aveva condotto tuo padre alla sagra della Madonna degli Angeli...
miracolo, perchË le sagre egli non le poteva udire manco a
menzionare!
ebbene..... Bianca deve essere una di quelle due fanciulline che la
signora Costanza si menava per mano, sotto i pergolati del convento:
parevano due perle.... una era bionda, l'altra bruna....: ricordo
che
vedendole io dissi che la festa della Madonna degli Angeli era fatta
per esse.... e tuo padre a ridere.... a ridere di sentimento.... e a
chiamarmi invidiosa.... E qual Ë delle due?ª
´La bruna.
´Ah! gi‡ perchË l'altra deve avere pochi anni....! La
bruna!--Ripetendo questa parola la signora rimase cogli occhi fissi,
forse pensando ai tempi in cui anch'essa era piaciuta al giovane
forestiero, che poi le era diventato marito:--E sta bene,--continuÚ
poi,--ma come non mi hai detto nulla, mai nulla? Te ne sei forse
innamorato quest'oggi?
´Che so io?--rispose Giuliano, stato sino a quel punto come un
barbero
alle mosse:--gli anni che stetti a C.... l'ho veduta venir su sotto
i
miei occhi. La vedeva dal terrazzino di don Marco ogni giorno; la
seguiva in ogni luogo dov'essa andasse a passeggiare, in chiesa
badava
sempre a trovare un posticcino da poterla guardare, e mi sentiva
addosso un'allegrezza!.... altro che i canti della gente e dei
preti!.... mi pareva che io avrei cantato colla voce d'un angelo! In
tutto era diventato il primo tra miei compagni; allo studio, al
giuoco, niuno se la sentiva pi˘ di vincermi: i pericoli io li
cercava
come fossero spassi: e mi ricordo d'una volta che ardeva una casa, e
che io mi cacciai su fin sopra i tetti, e mi spiacque che non vi
fosse
una vecchia, un bimbo, Bianca stessa da salvare. Un'altra mi
arrampicai su d'un pioppo, che aveva le cime curve sopra il torrente
in piena, per vedere gli uccelletti di un nido, che era lass˘. Le
ventate mi dondolavano, e a mirare di sotto l'acqua furiosa, e
lontano
in faccia il balcone di Bianca, mi credeva d'essere in paradiso. Oh!
quegli uccelletti come li baciai! Era diventato buono, cosÏ buono
che
non poteva udire i poveri pregare alla porta, e correva a portar
loro
il mio desinare. Don Marco diceva che ve n'erano troppi dei
poveri....
e che i ricchi erano pochi e crudeli... Suvvia, io gridai una volta,
facciamoci tutti poveri e cosÏ andr‡ meglio....! i miei compagni non
capivano nulla.... e risero.... E la notte? La notte, se pioveva o
tirava vento, io mi sentiva in cuore una piet‡ che non mi lasciava
dormire, e mi doleva sin delle impannate, del cesto di basilico,
delle
pietre della via che pigliavano il freddo. Una vecchia, poi, ricordo
una vecchia che aveva tre capre, la sua ricchezza; i compagni la
canzonavano, io mi posi in capo di farla rispettare, e qualcuno le
toccÚ sode! Poi vennero le malinconie; e talvolta tenni a mente
dugento versi di Virgilio, solo a leggerli due volte, tal altra
stetti
settimane senza aprire un libro. Allora passava delle ore e delle
ore
coricato colla guancia sull'erba, in qualche campo solitario; e l‡
mi
pareva di udire quello che si faceva sotterra dai morti.... pensava
sempre alla morte, e non so perchË, ma in quei giorni, incontrando
Bianca, se qualcuno dei miei amici diceva che essa era bella, io
avrei
voluto morire. Mi pativa il cuore che l'aria me la guardasse. Eppure
quelle malinconie erano nulla; le vere vennero di poi, quando andai
a
Torino la prima volta.... Allora sentii uno sgomento....! e mi parve
che mi avessero fatto nel petto un buco tenebroso profondo, e che
per
uscire da quella pena bisognasse....ª
Qui Giuliano s'avvide di parlare a sua madre, e di parlarle come ad
un
amico nelle mutue confidenze di amore. ArrossÏ, chinÚ il capo, e non
osÚ pi˘ dire. La signora Maddalena stava ad ascoltare, come colui
che
camminando in sul far dell'alba, se ode il canto di un usignuolo,
s'arresta e teme di sturbarlo che voli via. Ma intanto le entrava
nell'anima un dolore, il dolore di avere scoperto che il suo
figliuolo
non era pi˘ tutto suo; e pensando a quella fanciulla che le rapiva
tanta parte del cuore di lui, alfine si fece forza e gli chiese:
´E Bianca?ª
´Io non le ho mai parlato:--bisbigliÚ Giuliano.
´E allora? E a C.... che cosa vi andavi a fare?
´A vederla.
´Via...., domani sar‡ di giorno: ora ho bisogno di raccogliermi....
tu
frattanto m'hai tolto un gran masso dal cuore! Con quegli Alemanni
m'avevi spaventata.... che t'han fatto, che c'entrano....? Basta!
sono
tranquilla, vattene, domani mattina riparleremo.ª
CosÏ dicendo lo accompagnÚ fuori dell'uscio, ed egli risalendo alla
sua camera, dalla contentezza non toccava i gradini coi piedi. L‡ si
mise a guardare il cielo dalla finestra; il cielo che in quell'ora,
coi suoi splendori infiniti, gli pareva cosa meno lieta di quel che
la
terra stava per divenire nelle sue nozze vicine. Ma chinando gli
occhi, vide nel giardino scuro, un tratto riquadro del suolo, su
cui,
traverso la finestra di sua madre, posavano i raggi del lume che
essa
teneva acceso. Quel tratto di suolo, lo percosse come la vista d'un
sepolcro scoperchiato; e subito gli passÚ per la mente, fantasia
maluriosa, l'ultima notte, in cui, la sua dolce madre sarebbe
giaciuta
morta sul proprio letto; e il lume funereo avrebbe posato i suoi
raggi
in quella maniera lugubre, da quell'istessa finestra, forse su
quell'istesso tratto di suolo. ProvÚ l'amaro desiderio di morire
prima
di quella notte, e chiuse le imposte pensando che grande miseria
sarebbe stata quel giorno, in cui nË in casa nË fuori avrebbe pi˘
incontrato sua madre. ´Che la vita sia corta Ë un bene:--mormorÚ
allora avvicinandosi ad uno scaffale--e guai a noi se uno potesse
farci dono dell'immortalit‡ qui in terra, nel momento che ci muore
la
madre!.... SÏ, che la vita sia corta Ë un bene, e chi se ne lagna ha
torto; perchË coll'amore, collo studio, col lavoro, si puÚ farla
valere secoli.ª CosÏ dicendo prese un grosso volume, l'aperse sul
tavolino, sedette, e raccolte le tempia fra le mani, si sprofondÚ
nella lettura, o forse in chi sa quali pensieri. Ad ogni modo,
chiunque l'avesse visto in quell'ora, avrebbe pensato che tanta
meditazione, non fosse cosa da potersi rompere, senza togliere
all'anima del giovine qualche ineffabile ed austera consolazione.
CAPITOLO II.
Marta essa sola, se fosse stata vicina a Giuliano, non avrebbe avuto
rispetto alla sua meditazione; offesa, stizzita, afflitta, per le
cose
udite da lui. A quell'ora dava volta nel proprio letto, ora su d'un
fianco ora sull'altro; colla mente piena d'Alemanni, col cuore
travagliato dalla paura del pievano; il quale aveva predicato e
fatto
predicare dal capuccino del quaresimale, che guai a chi avesse
negato
qualcosa a qualcuno di quei soldati. Ora questo pievano non era uomo
da farsi pigliare a gabbo; e quel che diceva faceva; e le cose della
sua cura le conosceva a puntino; vedendo dentro le case come fossero
state senza tetto, o avessero avuto le mura di vetro. Venuto
trent'anni prima a quella pievania, la gente del borgo gli era nata
pi˘ che mezza sotto gli occhi; e quelli che non erano stati
battezzati
da lui lo temevano, sebbene gli fossero meno reverenti. Rammentavano
d'essere andati ad incontrarlo il giorno del suo arrivo, lontano un
bel tratto, in processione, a suon di campane; e vivevano ancora
quasi
tutte le donne, che da giovinette tra le pi˘ belle e dei migliori
casati, gli avevano fatto la fiorita per la via, vestite di bianco,
e
cantando lodi come al Nazzareno. Ma in cambio, a cavallo d'una
gagliarda giumenta, accompagnato da un mulattiere carico di
parecchie
casse, e da una donnicciola che pareva venisse a morte su d'un'asina
stanca; avevano visto comparire un prete prosperoso e di cera
ardita;
il quale ricevute le prime accoglienze, aveva subito comandato di
dar
volta ai maggiorenti che menavano la processione, e alle fanciulle
che, dinanzi a lui, s'erano tutte confuse e messe cogli occhi bassi.
Entrato al suo posto, era stato poco a mostrare d'aver preso alla
lettera i nomi di pastore e di gregge: alcuni che avevano osato di
badare alle opere sue, con due o tre esempi gli aveva fatti star
zitti; e a poco a poco s'era acconciato in casa, come se fosse stato
certo di campare cent'anni. E a dir vero, ai tempi di questa storia,
aveva gi‡ fatti i funerali a una generazione intera, senza essersi
mai
lagnato d'un dolor di capo; e faceva conto di logorare un'altra
ventina di calendari, prima che un successore fosse venuto a
cantargli
le esequie. Allora aveva sessant'anni, e a vederlo come vestiva
lindo
e con panni bene attagliati alla persona, si capiva che da giovane
gli
era piaciuto di parere un bel prete: ma i suoi occhi grigi, le
guancie
rubiconde e un tantino cascanti senz'essere flosce, i capelli
sciolti
e gi˘ bassi sulla fronte; un paio d'orecchie grossissime,
infiammate,
ciondolanti a guisa di bargiglioni, gli davano piuttosto l'aspetto
d'un uomo stato pronto e violento. Forse aveva sbagliato il
mestiere,
perchË sui fatti suoi, rispetto a certi voti, nessuno osava lodarlo;
era avaro salvo che in certi casi che faceva il grande coi grandi; e
per desinare da un amico non badava a fare mezza dozzina di miglia.
Sebbene fosse di poca coltura, perchË appena uscito di Seminario
aveva
smesso di leggere; non isdegnava gli ecclesiastici dotti, se gli
accadeva di incontrarne qualcuno: ma i laici che sapevano di lettere
li teneva d'occhio, e godeva che il volgo li chiamasse stregoni e
gli
avesse sospetto. Anzi li gridava dal pulpito a dirittura uomini
perniciosi, citando esempi, facendo allusioni, dando a capire di chi
voleva parlare; e queste erano piccole giunte alle prediche che egli
sapeva fare, e che ogni tre o quattro anni tornavano sempre ad
essere
le stesse; perchË egli le studiava in certi quaderni di carta
ingiallita, scarabocchiati sulle copertine con frappe, con date
antiche, con nomi diversi di preti, annestati a motti latini. Quei
quaderni erano una sorta d'eredit‡ passata per molte mani, e tenuta
da
lui molto riguardata in una cassetta, che il giorno del suo arrivo
era
parsa ai curiosi uno scrigno: e le pi˘ belle di quelle prediche le
recitava dinanzi ai nobili, che dal Monferrato o da altra parte del
Piemonte, capitavano la state a pigliare i freschi nei loro poderi
di
quelle valli. Era conosciuto da tutti costoro, perchË tutti ei
visitava lontano sin dove poteva andare e tornare in una giornata; e
ne aveva avuto sempre doni e carezze. Diceva spesso d'uno molto
potente in corte al Re di Sardegna, che gli aveva dato a capire, di
non sapere bene se i preti gli avesse a chiamare prima o seconda
milizia dello Stato; e che a sentir suo, nella loro gerarchia, un
pievano era pari e forse da pi˘ d'un capitano in quella dei soldati
di
sua Maest‡. Del rimanente ogni volta che tornava fuori con questo
discorso, finiva sempre dicendo che agli onori non si doveva badare;
la massima che l'uomo non deve porre troppo affetto nelle cose
terrene, nË in padre, nË in madre, l'aveva sulle labbra sovente,
come
fosse un suo proverbio; forse non aveva mai pianto, prosperava un
anno
pi˘ dell'altro; nel 1794 faceva quasi la sessantina e il suo nome
era
don Apollinare.
La donna arrivata con lui il giorno ch'egli chiamava del suo
avvento,
era una sua sorella pi˘ vecchia che ei si teneva in casa; creatura
spersonita ed infermiccia, che proprio reggeva l'anima coi denti.
Era
cosÏ asciutta e grinzosa, che un parente tornato a vederla dopo
mezzo
secolo, non avrebbe osato abbracciarla, dalla tema di sentirsela
scricchiolare tra le mani. Sotto la cuffia che colle guarnizioni
faceva alla faccia scarna una cornice disadatta, mostrava corti
capelli color di cenere, che forse erano una parrucca: un'aria soave
di purit‡, spirava da tutta la sua esile persona; aveva di bello gli
occhi, neri, grandi, pieni d'una profonda bont‡. E buona la era
davvero, sebbene la natura e la fortuna se la fossero presa in fra
due; e la prima n'avesse formato una di quelle creature che stanno
sulla terra lunghissimi anni, e paiono sempre vicino a morire;
l'altra
l'avesse posta tra quelle donne, costrette a rimanersi zitelle e ad
invecchiare in casa a qualche congiunto, non care, non respinte,
sofferte quasi da serve. La poveretta bisognosa di consolazioni pi˘
che d'aria per vivere; dopo la sua venuta a D.... non ne aveva avuto
che di due maniere, quasi da celia. Ed una era questa che se la
quaresima capitava al presbiterio qualcuno, recando uova e salati, e
chiedendo licenza di mangiar latticini e di non digiunare, per sË o
per un ammalato; essa con aria mistica e solenne mandava il
supplicante, sciolto dalle discipline del magro e del digiuno; e non
dimenticava mai di dire, che a concedere quelle licenze, il vescovo
ci
aveva messo il pievano, e il pievano ci aveva messo lei. L'altra
delle
sue allegrezze la provava ammanendo il caffË pel suo fratello ogni
giorno, e le feste solenni per i sette od otto preti del borgo, che
venivano a pigliarlo con lui dopo il desinare. Godeva a udirli
sorbire
quella bevanda, di cui allora si cominciava appena a parlare, come
di
cosa dell'altro mondo; ma essa non ne assaggiava, perchË la sua
bocca
non era da tanto. Si innebriava aspirandone il fumo, si teneva
onorata
d'avere in casa quella delicatura, che anco i pi˘ ricchi del borgo
non
avevano ancora; e se conversando dinanzi la porta, colle donne del
vicinato, le riusciva di far cadere il discorso su tanta grazia di
Dio; ne diceva da far venire l'acquolina a tutte; poi con certo suo
piglio orgoglioso e cortese, saliva di sopra, e poco dopo
s'affacciava
con in mano un bricco lucente, donato al fratello da non so che
marchesana di quelle parti. E porgendolo a vedere imitava, senza
volerlo, l'atto che soleva fare il pievano, nell'alzare il
reliquiario
pi˘ venerato della chiesa, a scongiurare il mal tempo. I fanciulli,
che non sapevano del celibato dei preti, sino a una certa et‡ non la
chiamavano altrimenti che la moglie del pievano; al suo nome di
Placidia, si soleva aggiungere dai pi˘ il titolo nobilesco di donna;
derisione inconsapevole a una povera creatura, che nulla aveva della
donna salvo che i guai; nessuno avendola mai chiesta sposa, nessuno
amata, e potendosi dire di lei, che la si aveva lasciata vivere per
non commettere un peccato mortale.
Don Apollinare non aveva dato guari segni di voler bene a questa sua
sorella, nei tempi quieti; ma in quelli torbidi che s'erano messi
verso il 1790, la teneva come persona nudrita a posta, per poter
darle
in casa i resti delle invettive, che scagliava in chiesa e fuori
contro le cose di Francia. Le quali in sul cominciare non gli erano
parse di gran momento; e a chi glie n'aveva chiesto, s'era
contentato
di rispondere che erano follie di popolaglia, e che o pane o
bastone,
avrebbero finito in nulla. Ma il 1791 gli era cascato addosso come
fosse stato la volta del Sancta Sanctorum, sfasciatasi mentre egli
era
all'altare; e d'allora in poi aveva tenuto l'orecchio alzato a tutte
le novelle che poteva avere da quel paese. Ad ogni corriere, che
capitava ogni mese una volta, si faceva sempre pi˘ pensoso; i
notabili
del borgo gli si raccoglievano intorno spauriti della sua cera: egli
parlava loro un linguaggio pieno di misteri: e se qualcuno osava
annunziare di suo, cosa che avesse inteso da gente d'altri borghi, o
dai mulattieri, che pei loro traffichi praticavano verso la
Provenza;
quello agli occhi di lui, era pecora vicina a sbrancare, e
cominciava
a tenerlo d'occhio. La Dichiarazione dei diritti dell'uomo, avuta
per
via dei suoi superiori, due anni dopo che se n'era udito parlare,
gli
aveva fatto passare il giorno pi˘ nero di tutto quel tempo. Letta,
riletta, meditata a lungo quella scrittura; chiesto a sË stesso
mille
cose circa quei diritti, aveva finito col capire nulla di nulla; ma
in
cuor suo rese grazie a Dio d'aver fatto morire un tale cui quel
foglio
sarebbe giunto per certe vie ch'egli sospettava; un tale che avrebbe
fatto le capriole dall'allegrezza solo a leggere quelle sciocche
parole, e a dirne qualcosa fra il popolo della pieve! Dio non aveva
concesso che in tempi di pericolo, il lupo stesse a rondinare
intorno
all'ovile, ed aveva fatto benissimo. Quel morto che da vivo gli era
stato in ira, aveva lasciato dietro di sË un figliuolo ricco,
giovane,
non di buon ramo; ma egli sperava di poterlo raddurre; e ad ogni
modo
gli tornava meno molesto del padre, e confidava nell'opera della
madre, che appunto era la signora Maddalena. Con questa si era
lagnato
parecchie volte, accusandola d'aver troppo allentato il freno al
figliuolo; aveva predetto che le sarebbe stato cagione di grandi
scontenti; e s'era lasciato andare sino a farle la confidenza, che
Giuliano era la pi˘ acuta spina che avesse nella sua pieve. Pensava
tuttavia che coll'aiuto del Signore, passati i bollori dell'et‡
giovanile, arrivato ch'ei fosse in sui trenta, si sarebbe messo a
vivere pi˘ assegnato, pi˘ da senno, pi˘ da buon cristiano; e su
avesse
voluto dire tutta la verit‡, non gli spiaceva che egli in quei tempi
torbidi se ne stesse a Torino. PerchË i suoi superiori gli
scrivevano
sempre d'aprir gli occhi, di star sulle guardie; e senza che si
aggiungesse la briga di dover badare a un giovane ricco fatto di sua
testa, e che se la sentiva di disputare anche con un monsignore, a
lui
da fare gli pareva di averne gi‡ troppo. In fatti s'era messo a
spiare
pi˘ attento, a capitare improvviso nelle case altrui, a scrutare le
donne chiacchierone; e come le cose di D.... stavano nei limiti egli
credeva di molto operare per la salvezza del mondo. Ma un giorno,
mentre che stava desinando, gli fu portato uno scritto del suo
vescovo, che parlava di Re Luigi stato giudicato ed ucciso. ´Non puÚ
essere!--esclamÚ egli dando il pugno sulla mensa, per modo che il
bicchiere si rovesciÚ--questa Ë una celia che mi si vuol fare, guai
all'autore, se lo scopro!ª A queste grida donna Placidia che veniva
recando un piatto, si fermÚ sulla soglia guardando il fratello, e le
parve ammattito. Egli intanto, tenendo il pugno chiuso e teso verso
di
lei, rilesse la lettera, e vide ai bolli che non v'era da dubitare.
´Portate via ogni cosa:--continuÚ allora con voce dimessa--i popoli
ammazzano i re, e questi sono tempi da fare penitenza!ª--A donna
Placidia la novella non fece nË caldo nË freddo; tanto pi˘ che il
vino
versato sulla tovaglia e grondante dalla mensa sul pavimento, non
era
segno di disgrazia vicina. Ma egli credË d'udire i cardini del mondo
stridere per uscire di posto; la pace da lui serbata in D.... non
aveva giovato nulla e se ne doleva: prese il libro dell'Apocalisse,
ora in capo, ora in fondo, lo lesse; lo rilesse, lo predicÚ dal
pulpito; spaventando i fedeli che non l'avevano mai inteso parlare a
quel modo. Tenne con sË quel libro giorno e notte quasi sperasse di
poterne trarre qualche aiuto nell'ora dell'imminente ruina; dopo
dieci, venti, trenta giorni, vedendo che il sole continuava ad
alzarsi
dallo stesso lato, si quetÚ su quel fatto del regicidio; ma gli
rimase
una gran paura dei Francesi nemici di Dio, uccisori di nobili e di
preti, belve che non pi˘ frenate da nessuno, avrebbero invasa la
terra, e forse anche il borgo di D.... A rimettergli il cuore in
corpo, non vi vollero meno di quelle migliaia d'Alemanni, venuti di
Lombardia e passati per D.... nell'andarsi a porre a campo vicino a
C.... borgo tenuto in conto di capitale dell'alte Langhe. La vista
di
quelle genti, di quelle assise, che ridestavano i ricordi di Marta,
levarono a speranza l'animo del pievano; il quale fu il primo ad
ossequiare il capitano dell'impero, annoiandolo con certa orazione
latina, che diceva come i popoli delle trentasette terre delle
Langhe,
rammentassero d'essere stati sudditi di sua Maest‡ Imperiale, sino a
cinquant'anni addietro; e che bramavano d'essere tenuti dai signori
Alemanni come cosa loro. Offerse agli ufficiali la sua casa, la sua
cantina, tutto sË stesso: e se d'una cosa si dolse, fu d'aver udito
che i pi˘ grossi eserciti d'Alemagna, si travagliassero in sul Reno,
di cui egli non sapeva nË dove nË che cosa fosse. Quella, a sentir
lui, era gente sciupata; quattro e quattro otto l'avrebbe voluta
tutta
lÏ in val di Bormida; tutta, da poterla vedere, affacciandosi al
balcone; e allora si sarebbe messo a ridere dei Francesi. Tuttavia
rifatto un po' pi˘ tranquillo, tornÚ a mangiare gagliardamente, a
dormire sonni quieti, a dire ogni mattina alla punta del giorno la
sua
messa; alla quale s'affollavano i contadini, prima d'andare a far
giornata nei campi, e vi venivano le serve e le donicciuole pi˘
divote
del borgo, tra le quali Marta non mancava mai.
La povera vecchia soleva alzarsi prima che fosse l'alba, e queta
queta, si metteva in capo il _mesero_ stampato ad augelli e ad
alberi;
poi camminando in punta di piedi, e frenando la sua tosse mattutina,
usciva di casa e saliva in castello. Per l'et‡ sua ogni onesto le
avrebbe consigliato di astenersi da quel disagio; ma essa faceva
quell'erta come a bersi un bicchier d'acqua. Sentita la messa
tornava
che di solito la padrona era ancora in camera; e s'accingeva alle
sue
faccende, talvolta cantarellando, talvolta brontolando, ma sempre
festosa come una cuffia nuova sul capo d'una bella dama.
L'indomani di quella sera, in cui Giuliano ne aveva detto di cosÏ
grosse; sebbene non avesse quasi dormito, la campana di castello
cominciava appena a suonare l'avemaria, e Marta era bell'e vestita e
pronta ad uscire. Pensiamo un po' che stupore dovette essere il suo,
quando giunta alla porta, o tesa la mano, per agguantare la chiave,
non la trovÚ nella toppa! Subito si rammentÚ che la sera innanzi la
padrona aveva voluto chiudere da sË; pensÚ che la chiave se l'era
portata di sopra, e indovinÚ anche la cagione di quella novit‡; ma
le
parve che non fosse l'ora da andarla a disturbare. PerÚ l'idea di
mancare quel mattino alla messa, le fece avvampare il vecchio
sangue,
che gi‡ le impaludava nel cuore; e fattasi animo, salÏ dalla
signora,
la trovÚ desta, chiese perdono; e avuta la chiave s'affrettÚ a
rimettere il tempo perso. Nell'aria si udiva tuttavia la romba della
campana, ed essa gi‡ entrata in chiesa; si rannicchiÚ nel banco dei
padroni, si segnÚ, guardÚ, e tra due moccoli accesi allora, vide il
signor pievano che saliva all'altare. Lieta d'essere giunta a tempo,
pur non potË difendersi dalla stizza della sera innanzi; e quella
storia delle chiavi custodite dalla signora; i certi dubbi e paure
che
non sapeva donde venissero, le ingombrarono la mente, con i pensieri
che non erano d'orazione, tornarono ad assalirla; si raccomandÚ al
santi, alla Madonna, si morse le labbra, invano: la sua testa andava
in volta, e la messa fu finita senza che, povera donna, le fosse
riuscito di recitare un intero pater. Allora delle sue distrazioni
ne
fece un'offerta al Signore, e il pievano non era pi˘ all'altare da
un
quarto d'ora, quando essa, malcontenta di sË, si levÚ per tornare ai
fatti suoi. Ed ecco don Apollinare che, l'aspettasse o no, le si
fece
incontro sul piazzale della chiesa, colla tabacchiera aperta,
dicendo:
´Ebbene, nostra Marta, come state?
´Eh signor pievano, da vecchia bene anche troppo!
´Oh! vecchi non si Ë mai, finchË l'appetito ci serve!--e qui il
prete
porgeva alla donna la tabacchiera, che vi facesse dentro una
pizzicata.
´L'appetito--rispondeva Marta sfregando le dita contro la veste,
quasi
per nettarle prima d'accostarle alla tabacchiera;--l'appetito come
Dio
vuole c'Ë, sebbene del mio pane n'abbia mangiato le nove parti.....
´Mangiate anche la decima, e vi rimarr‡ quello del paradiso:--disse
il
pievano--intanto a conti fatti avete visto nascere molti che sono
gi‡
all'altro mondo; e molti vi passeranno innanzi, che credono di non
morire mai perchË sono giovani.... A proposito di giovani, ho inteso
che il signor Giuliano Ë qui in D....?ª
Al modo altezzoso con cui don Apollinare dava del signore a
Giuliano,
Marta si sentÏ gelare il cuore, e a mala pena rispose:
´C'Ë venuto a fare la pasqua....
´La pasqua! E dove la fa la pasqua? A tavola, o forse a C...., dove
Ë
gi‡ andato tre o quattro volte, a trovare i giacobini che appestano
quel borgo? Ah l'ha fatta pur grossa la vostra padrona, quando
lasciÚ
ch'egli andasse a studiare a Torino! Voleva farsi medico? Ebbene,
non
poteva fare come tanti altri? impratichirsi da qualcuno dei vecchi,
che hanno sempre fatto il mestiere, senz'essere mai usciti da questi
monti? Io l'avrei raccomandato al marchese di C..... al conte di
P....., e quando fosse stato tempo, questi delle licenze di curare i
malati, gliene avrebbero dato, per amor mio, non una ma dieci....!
Ma
egli, superbo, no....! questi dei nobili, che danno licenza ai
medici,
sono privilegi di medioevo; io non ci vado a trottare sulla mula tre
o
quattro anni pei monti, per essere poi ammesso al cospetto del
marchese, a disputare dell'arte mia col prete di casa....! io non ci
vado a farmi compatire dal nobiluomo, che colla parrucca in capo e
colla pergamena gi‡ pronta, accenner‡ cortese o far‡ rabbuffi, se il
pranzo non gli avr‡ fatto pro: io non ci anderÚ a tribolare
l'umanit‡
mandato da questi signori.... no....! ha detto cosÏ il superbo, e
andÚ
a Torino.... Almeno ci stesse per sempre laggi˘! ma vedete come egli
Ë
ritornato pieno di religione? Voi dite che egli Ë venuto a fare la
pasqua.....; tutti i galantuomini a quest'ora l'hanno gi‡ fatta, ma
lui, lui chi l'ha veduto?
´Ma! sospirÚ Marta facendo spallucce, in guisa che parve una
chiocciola che ritraesse le corna nel guscio.
´Basta!--soggiunse risoluto il pievano--vedremo che intenzione ha:
ditegli che stamattina l'aspetto.ª
E diede di volta, piantando la povera vecchia; la quale stata un
poco,
come non sapesse pi˘ ritrovare la via, partÏ, un passo innanzi
l'altro, colla mente a quelle parole, che le suonavano col sordo
rumore d'un temporale vicino. Discese di castello, con una gran
guerra
di pensieri nel capo; e giunta a casa, buttato il mesero su d'una
sedia, si mise a rassettare e a spolverare gli arredi, senza badare
a
non far rumore; parendole che la padrona non avesse a rimproverarla
d'averla sturbata, dacchË pel figliuolo di lei, le era toccato dal
pievano quella mortificazione. A un tratto rimasta colla mano in
alto,
guardando il soffitto, stette a udire certe pedate nel corridoio di
sopra, che le parvero di Giuliano; gioÏ al pensiero di potersi
alfine
sfogare, e smesso il suo lavoro, se lo vide comparire dinanzi.
Calzava gli stivali a ginocchiello, e aveva in gamba le brache di
nanchino giallognole, che i signori di quei tempi tiravano fuori
dagli
armadi il giorno di pasqua, fosse questa alta o bassa, ossia nella
stagione ancor fredda, o gi‡ nella dolce. A vederlo vestito proprio
come la sera innanzi, quand'era tornato da C...., Marta credette che
egli fosse in punto di ripartire e gli disse:
´Che tornate a C....? No? O allora toglietevi di gamba coteste
brache
che paiono di ghiaccio! Che si mettano la festa di pasqua per
santificarla, sta bene..... ma.... e la pasqua starebbe anche meglio
santificarla in un'altra maniera!
´State buona, nonna,--disse accarezzandola il giovane--stanotte non
mi
sono spogliato.....
´Gi‡! vizi che si pigliano in citt‡....! Nelle citt‡ se ne pigliano
tanti dei vizi.... ma il pi˘ brutto.... il pi˘.... Uno squillo di
campanello troncÚ a Marta la parola, che di quel passo sarebbe forse
finita coll'ambasciata di don Apollinare. Essa dovË correre di sopra
a
vedere la padrona; e Giuliano rammentando i discorsi che aveva
tenuti
a sua madre, e pensando che era sul punto di doversi presentare a
lei;
fu colto da un gran batticuore.
Marta, molto meravigliata, per aver trovata la padrona gi‡ vestita,
e
acconciata i cappelli, da parere pi˘ giovane di qualche anno; tornÚ
gi˘ a dire al signorino che sua madre lo voleva: ed allora fattosi
animo, egli salÏ quella scala, ma lento come su per un monte.
´Vieni oltre--gli disse la signora Maddalena, incontrandolo sulla
soglia e fissandolo negli occhi:--prima di sera, sapremo se Bianca
verr‡ a farci felici.....
´Oh sÏ verr‡--sclamÚ Giuliano stringendo fra le sue le mani della
madre.
´Va, e chiama Anselmo che venga a pigliarmi, col calesse...
´Ma che vuole andare lei, colle vie che vi sono....
´Va.ª
Giuliano obbedÏ; ed essa col cuore alla gola, levÚ le mani in alto e
disse singhiozzando:
´Giuliano, Giuliano, se tu sapessi che dolore mi dai....!ª
S'asciugÚ gli occhi, e si mise dinanzi all'immagine di suo marito,
stata dipinta colla sua, quando si erano sposati. Stette un tratto a
contemplare quella tela, come se tra lei e l'immagine fossero
misteriose corrispondenze; quindi avvicinatasi a un cantarono
antico,
tirÚ una delle cassette, cavÚ di l‡ dentro una veste di seta color
di
rosa, e la distese sul letto, dove apparve fatta alla foggia di
molti
anni addietro, stretta nelle maniche, rigonfia alle ascelle,
accollata
e lunga la gonna, quanto poteva bastare a far un po' di strasico
avendola indosso. Di quella vesta ne teneva di conto; e la tirava
fuori ogni anno ricorrendo il giorno delle sue nozze: trasse ancora
una scatola in cui erano alcuni vezzi d'oro, collane, maniglie,
anella
di vario lavoro; e la pose aperta vicina alla veste. Del suo corredo
di sposa, non le sopravanzavano pi˘ che quelle cose; perchË le pi˘
le
aveva date, un po' alla volta a povere fanciulle del borgo, andate a
marito; e dopo averle toccate e ritoccate, col pensiero ad altri
tempi, uscÏ sommessa in queste parole: ´S'ha un bel affligersi, ma
nel
giro di trent'anni si rinnovellano nelle case, feste e dolori! ora
tocca a lui!ª
LasciÚ quella veste e quei vezzi cosÏ come gli aveva messi, forse
desiderando che Giuliano li vedesse, mentre sarebbe stata lontana;
poi
sempre pensosa discese. A vedere Marta trasecolata come era, le
parve
di doverle dire qualcosa di quel che andava a fare, ma si rattenne
senza sapere il perchË; e chiesto che le porgesse una tazza di
latte,
si pose a berne, mangiucchiando d'un pane casalingo, affettato lÏ
per
lÏ dalla vecchia, la quale dal rimescolamento e dalla rapina di non
sapere qual aria volesse tirare, per poco non si tagliava le dita.
In questo mezzo Giuliano era venuto col calesse, sino all'arco, per
cui s'entrava nel piazzale; e lasciato l‡ Anselmo ad aspettare,
Anselmo che aveva fatto le maraviglie per quell'andata della
signora;
corse a farne avvisata sua madre. Essa era pronta: nË avendo a far
altro che mettersi in capo la cuffia, se l'acconciÚ da sË, salutÚ
Marta, fu al calesse accompagnata da Giuliano; e senza volgersi
addietro si mise dentro e partÏ.
Marta rimasta in forse a guardare dalla finestra della sala, colle
braccia al seno, sentiva qualcosa crescere dentro, venir su a far
groppo: e come la frusta d'Anselmo schioccÚ nell'aria, gli occhi le
si
empierono di lagrime, e corse verso l'uscio per andar fuori. Di
certo
all'abbrivo che aveva preso, avrebbe raggiunto il calesse; ma
s'abbattË in Giuliano nell'atrio, e colla punta del grembiale,
asciugandosi il viso lavato di lagrime, si piantÚ di faccia a lui e
sclamÚ risoluta:
´Fate come volete, ma se a voi e a vostra madre piace ch'io scoppi,
ho
sempre obbedito! Che faccenda Ë questa che mi capita la prima volta,
dacchË sono qua dentro? SÏ, se io sono stimata un coraccio che non
sente nulla, ditelo; e io faccio un fagotto della mia roba, e un
cantuccio da morirvi lo troverÚ....
´Ma Marta....--disse Giuliano--o che adesso impazzate....? Badate
invece a star sana, che avremo fra poco bisogno di voi come del
pane...! Ma non vi sgomentate; piglieremo una giovane che
v'ajuti...,
e la farete buona come voi...; qua l'orecchio..., mi sposo...
´Dio lodato!--proruppe allora la vecchia traendo lunga la voce,
mutata
in faccia che non pareva pi˘ quella:--ora so in che acque mi
trovo...!
Vi pareva? lasciare al bujo me, che posso dire d'aver visto fondare
la
casa; e ho portato vostro padre in collo, e fui sola a governargli
la
roba fin quando si sposÚ....?
´Giusto! ben rammentato! quando si sposÚ...! Io voglio fare ogni
cosa
come fece mio padre; animo, che feste avete fatto quando egli
condusse
la sposa?
´Eh! miracolo se si Ë mai visto altrettanto!--sclamÚ Marta levando
le
mani in alto, come a significare che le erano state cose da non
poterle rifare:--le feste durarono mesi, e se le racconto vi paiono
favole da narrarsi a canto al fuoco. State a sentire. In una sua
gita
a M.... nella valle di l‡, sapete dov'Ë, vostro padre ebbe una sfida
al pallone. Egli non sapeva altro gioco, ma al pallone, capperi, era
conosciuto sino in capo al mondo! In quella sua gita s'innamorÚ di
vostra mamma, la quale stava con parecchie zitelle di col‡ a vedere
i
giocatori....; vostro padre, non faccio per dire, ma era un
bellissimo
giovane.... TornÚ da quella gita pensoso, melanconico, crucciato,
come
voi ieri sera...: ed io che, non per vantarmi, gli faceva da madre,
sin dall'anno quarantacinque, che i suoi erano morti della
pestilenza.... anche quello fu un bell'anno..., basta..! io credei
che
egli, chi sa come, avesse perduto qualche gran somma, e volli sapere
che cosa lo tribolasse a quel modo. Egli mi disse, cosÏ e cosÏ....;
oh! sclamai io, tutto codesto? E gli consigliai quello che avrei
consigliato a voi ieri sera, se avessi saputo che cosa vi frullava
pel
capo. V'era casa, v'era stato; non gli mancava nulla, appunto come
ora
a voi; forse che avete bisogno d'esser medico, di cavar sangue, per
campare ammogliato, voi? Sposate quella ragazza, gli dissi, e che
Dio
vi benedica! Faremo festa per un anno e un giorno, come in casa i
principi...! Mi diede retta, tornÚ due o tre volte a M...., parlÚ; e
di l‡ a due settimane, vostra madre veniva qui da padrona. E mi
disse
poi che anch'essa s'era innamorata di vostro padre sin dal primo
giorno che l'aveva veduto. Erano due bei sposi ve', e che
accompagnatura! Vennero attraverso ai monti e in tanti, che non
s'era
mai visto una simile cosa a ricordo di vecchi. Signori, signore; a
cavallo, in lettiga; musici che suonarono tutta la via; canti,
schiopettate, sparate di pistole, una battaglia! E quando il corteo
fu
scoperto da qui a quel varco dei monti lass˘, le campane di castello
cominciarono a suonare a gloria, come venisse monsignor Vescovo a
dare
la cresima. Io era qui, in questo luogo, e un'occhiata dava al
corteo
che discendeva per quelle svolte come una processione; un'altra
correva a darne in casa dove aveva un mondo di donne ad ammanire il
pranzo: un pranzo di cento convitati, mica pochi, no; e che
convitati!
La sera poi un festino, che manco vi saprei dire se fossi un
avvocato...; e la storia durÚ settimane... Chi mi avrebbe detto, tu
Marta starai tanto al mondo, che queste cose le rivedrai una seconda
volta? Pure una differenza v'Ë....; quegli erano tempi di gran pace
e
di gran gioia; la giovent˘ non s'immischiava di nulla..., al comando
chi v'era vi stesse, e vostro padre era un uomo dabbene....
´Ed io...?--chiese Giuliano, che avrebbe dato il fiato alla vecchia
perchË ricominciasse.
´Eh... voi... non siete cattivo...; ma alle volte.... per esempio
ieri
sera, che cosa vi facevano gli Alemanni....? E poi... sÏ... ve n'ho
a
dir una;--e dando un'occhiata all'arco in capo al piazzale, se
spuntasse qualcuno, si fece pi˘ vicina a lui e continuÚ con
dimestichezza;--stamane il signor pievano mi ha parlato di voi, e vi
vorrebbe a fare la pasqua.ª
Giuliano che, solo udendo menzionare gli Alemanni, gi‡ aveva perduto
la rallegratura del viso; a quella novella del pievano divenne
annuvolato del tutto; e disse a Marta severo:
´Domani, tornate lass˘: e se vi chiede di me, ditegli che lasci in
pace i cristiani.
´Che mi fate celia!--sclamÚ la vecchia indietreggiando:--manco se mi
faceste diventare ricca come il mare! Il pievano vuole il vostro
bene.
E che credete di farne dell'anima? Questo Ë un altro grillo come
quello di maledire quei poveri Alemanni.
´Non mi tornate a parlar di costoro!--gridÚ Giuliano avvampando: e
Marta concedendo il poco pel molto:
´Bene....! ma il pievano, la pasqua almeno... Dio ha le braccia
lunghe, e quando gli pare ci arriva! Date retta a me.... andate, o
sar‡ tutt'una, il pievano verr‡ qua....
´E venga!--proruppe allora il giovane--venga!ª E assettandosi su
d'un
sedile di pietra fuori dell'atrio, parve proprio risoluto ad
aspettarvi il pievano.
Marta pregava, badasse a non guastare la sua e la pace della
famiglia;
ricordasse che anche la sera innanzi aveva promesso a sua madre di
non
darle mai dispiaceri; pensasse che stava per farsi sposo, e che
quello
non era tempo di cozzare coi preti; e che ad ogni modo senza che si
fosse accostato ai sacramenti, la fanciulla amata non l'avrebbe
potuto
sposare.... Ma egli non le dava retta, e facendo a sË stesso col
pensare, quello che il leone, sferzandosi colla coda; levatosi ritto
come per andar incontro a qualcuno, diceva:
´Mi vuole...! E quando m'avr‡ avuto lass˘ a forza, bella religione
la
sua e la mia! O perchË non lasciano che l'anime si volgano a Dio,
ciascuna su quell'ali che egli le diede? No...; essi le vogliono
spingere in su ajutati da questi altri servi della spada, che ci
tengono col capo nel fango. E intanto si fa il male da loro, da noi,
da tutti; carne, carne, carne, null'altro che carne. O vento che
soffi
dalla Provenza.... o Francia insanguinata come vergine nel circo, tu
sei la scolta di Dio! Vieni colle tue legioni, e facciamola finita
una
volta!ª
Il petto di Giuliano pareva si fosse fatto pi˘ ampio, e l'occhio
scintillante, come d'uomo rapito nel leggere una pagina dei profeti,
gli era rimasto fisso nell'orizzonte, proprio verso quella parte,
dove
Marta aveva inteso dire che vi era la Francia. Le prime parole del
giovane l'avevano sbigottita; tutto quello che potË capire delle
ultime fu che egli le aveva dette, e con amore, ad una nazione, la
quale empieva il mondo di terribili novelle, sicchË se ne parlava
sino
dai pulpiti nelle chiese; e, povera vecchia, non avea membro che
tenesse fermo. Allora sÏ, che le balenÚ sul serio il pensiero
d'andarsene da quella casa, dove sotto le spoglie del suo Giuliano
d'un tempo, era venuto ad abitare chi sa che gran peccatore! E fu a
un
pelo di dirglielo lÏ per lÏ. Ma la grande passione di lui, le fece
temere di udirlo prorompere in altre eresie; di che fattasi forza,
con
un martellamento di cuore che si sarebbe inteso discosto tre passi,
si
ricoverÚ in casa. L‡ pregÚ Dio caldamente, che pel bene della
signora
Maddalena e del pievano, rattenesse questo dal discendere di
castello;
perchË non sapeva neanch'essa che cosa avrebbe potuto seguire.
Intanto
colla fantasia si figurÚ di essere in volta col suo fardelletto
sulle
spalle, alla cerca d'una famiglia, da potervi servire buoni
cristiani,
gli altri pochi anni che le rimanevano di vita: e non vedeva l'ora
che
la padrona tornasse, per dirle ogni cosa e licenziarsi.
Giuliano quetatosi un poco, e rimessosi a sedere su quella pietra di
poco prima, fissÚ lontano il calesse di sua madre, che s'andava
dilungando, fin che gli fu uscito di vista. Poi l'accompagnÚ col
desiderio e coi voti verso la meta, oltre la quale vedeva e
pregustava
la sua e la parte di paradiso d'un'altra persona. Sposarsi a Bianca,
condursela in casa, dirle: ´qua dentro ogni cosa Ë tua; sii l'angelo
del mio focolare; ringiovanisci della tua giovinezza mia madre; e
viviamo d'amore essa, tu, ioª era per lui qualcosa pi˘ che aver
l'ali
da volare in capo al mondo, girarlo tutto, e salire sino alle
stelle.
E gi‡ la vedeva venuta, gi‡ aver fatto l'uso alla nuova casa; marito
gli pareva d'aver acquistato in essa una seconda coscienza; medico
si
sentiva tratto per la campagna a far il bene, ispirato dal desiderio
di poterlo dire, tornando stanco, ´ho fatto questo, ho fatto
quest'altro....ª padre, (questo poi era pensiero in cui si
sprofondava
col diletto preso da giovane a tuffarsi nei pelaghetti della sua
Bormida, in tempo di gran caldura, mentre il suo genitore stava a
vederlo;) padre gli pareva che avrebbe educati figli, degni di dar
gloria fra gli uomini a quel Dio, nella cui bilancia dovr‡ pesare
pi˘
una goccia d'acqua data ad un assetato, che una intera vita passata
a
star ginocchioni dinanzi a lui; ah! i figli, i figli! quel calesse
arrivasse a C.... col buon'augurio, Giuliano v'era gi‡ col cuore!
E il calesse andava, e tacerne sarebbe come voler nascondere al
lettore, che di quei tempi gli abitanti di val di Bormida, non
avevano
mai veduto quattro ruote di quella fatta a girare. Eppure era un
vecchio e gramo arnese, che ai giorni nostri farebbe sgomento al pi˘
modesto viaggiatore che se n'avesse a servire. Anselmo lo aveva
comperato dagli eredi di non si sapeva che baroni del Monferrato; ed
essendo uomo molto arricchito nei contrabbandi tra le terre della
repubblica di Genova e del re di Sardegna, per quell'acquisto era
cosÏ
cresciuto di reputazione, che a D...., quasi pi˘ nessuno osava
chiamarlo col vecchio nome di mulattiere. Ma egli punto insuperbito,
se gli capitava di guadagnare s'alzava anche a mezzanotte. E sebbene
pel suo far costare il nolo del calesse un occhio del capo, si
durasse
fatica a mettersi d'accordo con lui; la signora Maddalena non era
stata quel giorno a parlare di danaro, ed egli la portava verso
C...,
certo di toccare una grassa mercede e un buon beveraggio.
La via correva a tratti sulle vestigia di quel ramo dell'Emilia, che
per val di Bormida menava i Romani da Tortona all'antica Sabazia. I
dotti, quando ne parlano, rammentano la tavola Pentingeriana, e
l'itinerario di Antonino. Romana o no quella via era un macereto, e
dava cosÏ gran disagio a farla in calesse, che camminare a piedi,
sarebbe stata per la povera signora minor fatica. Ad ogni passo il
legno pigliava tali scosse, che essa era sempre lÏ colle mani per
toccare Anselmo che si fermasse: ma egli da uomo rotto a ben altre
molestie, la confortava a non vi badare, e starsi sicura; e tirava
innanzi per la terricciola di R.... alla volta del borgo di C.... Il
quale a chi vi giunge da quelle parti apparisce amenissimo, sebbene
schiacciato com'Ë fra il torrente ed una rupe alta e malinconica,
parrebbe star meglio in mezzo alla pianura, che gli si apre dinanzi.
Questa non Ë ampia molto, ma quanto basta per dare aspetto magnifico
ad un anfiteatro di colli, sormontati su su da dossi pi˘ alti di
monti
selvosi, che col verde cupo dei loro fianchi, fanno bel contrasto
coi
sottoposti vigneti, colle piagge ridenti, coi prati e coi campi,
dove
si lavora in dolcissima pace. Sulla rupe che soggioga il borgo,
sorse
un castello che fu dei Del Carretto, ed era degli Scarampi quando
Vittorio Amedeo, generale degli eserciti di Francia e di Savoia,
guerreggiando gli Spagnuoli in quella vallata, lo trovÚ difeso da
dugento di costoro, e ne gli scovÚ con centoquarantaquattro
cannonate
giuste. Era l'anno 1625, e di l‡ a poco il Conte di Verrua tornato a
combatterlo lo atterrava del tutto. Ai tempi della mia storia quel
castello era gi‡ quale Ë ai nostri, roba di donnole e di volpi, nË
d‡
alla gente del borgo niuna noia, salvo che quella di toglierle una
bell'ora di sole in sul tramonto, e di minacciarla colle sue
pericolanti rovine. Macchie di castagni, da lasciare in desiderio il
pi˘ valente paesista, s'aggruppano su per il pendio sino a quelle; e
ai segni dei secoli che hanno nei tronchi ispidi e muschiosi,
mostrano
d'aver fatto ombra alle castellane, se nelle ore calde saranno
uscite
a sedere sull'erba a piË delle mura. L'edera inviluppa le macerie; e
le muraglie che stanno ancora irte di comignoli smisurati, spiccano
tra quel verde, come dossi di giganti costretti a mordere la
polvere,
colle braccia poderose levate in alto a imprecare. La Bormida lenta
in
quel suo passaggio, per i molti pelaghetti che forma, pare vaga di
riposarsi un tratto a far pi˘ bello il paese. Riverbera gaiamente il
castello, le case del borgo, i bucati distesi sulle sue rive le
donnicciuole che vi s'affaccendano intorno, e quelle che vi stanno a
lavare; e a chi conosce di quali piene talvolta si gonfi, pare
angusto
quel letto in cui scorre poca e tranquilla. Laggi˘ laggi˘, dalla
parte
donde tirano i venti di mezzogiorno, menando sovente a furia sulla
selve e sulla pianura, le vette di San Giacomo e del Settepani fanno
l'orizzonte sempre leggiadro: ma a vedere l'azzurro oltremarino di
cui
si tingono a sera, paiono in certa guisa sfumare nei colori del
cielo.
Allora lasciando varco alla fantasia di chi le guarda, e trova
oltr'esse, i borghi, le terre e il mare di cui ha inteso a dire le
meraviglie; chiudono malinconicamente la bellissima scena.
CAPITOLO III.
Sotto quel cielo, a piË di quel castello, viveva quella Bianca, che
la
signora Maddalena andava a cercare. Essa era una giovinetta in sui
diciotto, e se io mi provassi a ritrarla; e dicessi che il suo viso
pareva di questa o di quella statua; che l'occhio aveva grande,
nero,
intento, e l'incarnato delle guancie fresco e sincero come di
bambino
allattato sull'Alpi; i miei quattro lettori se la figurerebbero
ognuno
diversa e di sua fantasia: e perÚ mi pare meglio dire in una parola
che essa era bellissima. Bellissima e mesta, aveva il portamento
d'una
santa che ignorasse d'essere in terra; e forse per averla veduta
guardare in cielo, coll'atto di chi aspetta di lass˘ qualcosa,
Giuliano se ne era innamorato. Vicina a lei, quasi fosse il suo
angelo
custode, si vedeva sempre un'altra fanciulla, pi˘ giovane di qualche
anno; la quale sebbene non le somigliasse punto, e fosse bellezza di
tutt'altra sorta, era sua sorella e si chiamava Margherita.
S'amavano,
ma non osavano dirselo; e pareva ad esse di fondersi l'una
coll'altra,
d'essere la felicit‡ in persona, quando potevano darsi del tu, senza
il pericolo d'essere intese. Ma questa era cosa che accadeva assai
di
rado; perchË il babbo se le sue figliuole avessero usato tra loro
questa confidenza, gli sarebbe parso d'udire tremar la casa dalle
fondamenta, e guai alle poverette. Esse potevano dirsi le due gemme
di
C.... e gi‡ in chiesa, a vederle sotto quel velo bianco, aereo, che
le
fanciulle delle terre liguri sapevano, fin d'allora acconciarsi in
capo con tanto garbo; la giovent˘ pensava pi˘ ad esse che alla
preghiera. Orfane della madre sin dall'infanzia di Margherita,
avevano
vivo il padre che si chiamava il signor Fedele; uomo ricco, tirchio,
rozzo, pi˘ che sessagenario, dottore di legge molto reputato nel
borgo. Costui era di quella maniera di padri, che gli affetti, se ne
hanno, li tengono bene nascosti: nË aveva pensato che a far roba,
per
arricchire le figlie. Della loro coltura manco s'era sognato, e se
fosse rimasto da lui, le giovinette non avrebbero imparato che a
leggere, tanto da poter cantare nella processione del Corpus Domini
col libro in mano. Scrivere non sapevano, perchË non era cosa che di
quei tempi si potesse insegnare alle donne, se non da parenti che le
volessero usare al male. Ma lavoravano di cucito per bene, e in casa
facevano tutto colle loro mani: perchË il padre, duro a spendere,
permetteva solo che una donna venisse a cavar l'acqua e a
rigovernare
le stoviglie, e appena fatto se n'andasse, che egli gente d'altri in
casa non ne voleva. Per compensarle delle loro fatiche, dava in
carnovale una festicciuola da ballo, in cui si mostrava discreto
spenditore; e una sera di quaresima le conduceva al teatrino del
borgo, a vedervi la passione di Cristo, rifatta dai disciplinanti
della sua confraternita, con gran pompa di mitre, d'elmi, e di
turbe,
che finivano col fico di Giuda; donde si vedeva spenzolare
l'apostolo
scellerato, tra le risa degli spettatori. Del rimanente la vita la
passavano parte in borgo, parte in villa; il governo della famiglia
era mantenuto dal signor Fedele con gran rigore; ed essendo egli di
quei tali, che intendono gli uffici di capo di casa a una torta
maniera; entrando od uscendo, sulla soglia mutava il viso; altro era
dentro, altro di fuori, burbero ed alla mano. Quando in famiglia si
parlava di lui non dico che si tremasse, ma i cuori si facevano
piccini; fuori nessuno si lagnava dei fatti suoi, nessuno ne diceva
male, ma era uno di quegli uomini che bisogna averli morti per
sapere
se furono amati o temuti. Si mostrava assai cosa di chiesa, dove o
s'udiva a intuonare in coro il suo salmo, o si vedeva ritto in parte
da essere scoperto da tutti; in piazza dava strette di mano a destra
e
a sinistra; se la faceva da amico con tutti i signori dei contorni,
e
coi preti del borgo, allora cosÏ numerosi, che dall'alba fino a
mezzogiorno le campane non finivano mai di suonare a messa. Monete
pel
sottile ne aveva messe di molto.
Come mai quelle due giovinette senza madre, avessero potuto venire
su
cosÏ gentili, con quella sorta di babbo; Ë cosa che non si potrebbe
spiegare, senza dire che la Provvidenza, proprio non soffre un male
quaggi˘, che lÏ vicino non vi ponga il rimedio. Una cognata del
signor
Fedele, viveva nella famiglia, recondita, mansueta buona a fare ogni
bene, quantunque fosse cieca nata. Per la vita che aveva menata
raccolta e meditativa, le si erano affinate le virt˘ dello spirito e
del cuore; di maniera che miglior educatrice, non si avrebbe trovata
nË in C.... nË in altre parti di quella valle. Si poteva dire di
lei,
che si fosse seduta al posto della sorella morta, a far da madre
alle
sue nipoti; e finchË erano state piccine non aveva provato gran
dolore
di non poterle vedere: ma ora sentendo Bianca cresciuta alla voce,
ai
detti, ai silenzi in cui cadono le giovinette nell'et‡ della loro
vita, che incomincia la donna; quel non poterla studiare nel viso,
era
divenuto un gran tormento per la povera cieca; la quale conosceva
tutte le cose buone e le tristi del mondo, come per una misteriosa
rivelazione. E non potendo altro, pregava Dio che per Bianca e per
Margherita, quando fosse stato tempo da ciÚ avesse mandato due
giovani, poveri o ricchi non montava, ma quali essa se li sapeva
immaginare; poi che l'avesse presa. Nel borgo non la si vedeva,
salvo
che quando andava alla messa e ai vespri, franca di passo in mezzo
alle nipoti; e nel tragitto essa capiva come camminassero confuse
perchË guardate dalla giovent˘ del borgo: ma con quel suo viso calmo
e
muto, comandava rispetto a coloro che avessero osato fissarle di
troppo. Nell'andare e nel tornare dalla chiesa le donne la
salutavano:
´damigella Maria:ª ed essa si fermava fossero signore o popolane;
appiccava discorso volentieri, interrogava e rispondeva benevola; e
(tutti abbiamo qualche peccato) se quelle persone vestivano a nuovo,
godeva a parlare della bella indiana, del rigatino, del bordato, che
sapeva discernere al tatto e all'odore. E alle voci conosceva anche
gli aspetti, e diceva delle cose e delle persone, servendosi sempre
del verbo vedere, come se davvero avesse veduto. Passeggiava
volentieri a lungo, ma fuori per i prati sulle rive del torrente,
che
col suo mormorÏo gli pareva un compagno caro come le nipoti che le
davano mano. Ma la sua felicit‡ era l'estate, che se non s'andava in
villa, poteva passare le ore su d'un'altana, ombrata di luppoli, la
quale dava su di un vicoletto, e aveva di faccia la casa di quel don
Marco, stato maestro di Giuliano. Da un terrazzino di quella casa
benedetta, il giovane aveva veduta Bianca la prima volta, questa
dall'altana aveva visto lui; l'intelletto d'amore s'era in essi
destato; e per anni non era passato giorno, che non fossero stati
ognuno al suo posto parecchie ore. Ma Bianca, trovandosi in gran
confusione, si soleva tenere nascosta dietro certi vasi di fiori,
col
cuore che le pareva pieno di musiche, di canti, di quell'aura
misteriosa che soffia la primavera. Non s'accorgeva di nulla la
cieca,
don Marco qualcosa del suo alunno capiva: tuttavia sapendo che
l'amore
nascente all'et‡ di quei due Ë cosa divina, egli taceva.
Un giorno che ancora l'altana non era rinverdita, ma gi‡ si godeva a
stare all'aperto pel tempo bellissimo; la cieca e le nipoti v'erano
state confinate dal signor Fedele, il quale aveva in casa una
persona,
con cui gli bisognava parlare in gran secreto; una persona che
Bianca
sospettava chi fosse, e a pensarvi le pigliava un'uggia non mai
provata. Damigella Maria, con una sua scusa, fatta andare Margherita
nelle stanze disopra, stringeva coi discorsi Bianca; per sapere da
lei, come mai cinque giorni prima, (il giovedÏ santo) andando in
chiesa, fosse uscita in un grido mal represso, e quasi avesse
inciampato a guisa di persona confusa da vista inaspettata. Quella
era
la quarta volta che la cieca tornava ad assalire la nipote con quei
parlari; dubitando che questa avesse veduto qualcuno, che gi‡
potesse
sopra il suo cuore; e voleva cavarle una confessione. Bianca si
schermiva, combattuta dal desiderio di dire la verit‡, provando anzi
il bisogno di sfogare qualcosa che le bolliva dentro; ma alla zia
no.... sentiva di non potergliela dire.
Potevano essere quel giorno, le quindici ore d'Italia, e il calesse
su
cui veniva la signora Maddalena, giungeva a scoprire ii borgo di
C....; e Anselmo ne faceva avvisata la viaggiatrice, la quale al
cenno
rispettoso di lui, alzÚ il capo, e guardÚ intorno quei luoghi non
pi˘
riveduti dacchË vi era venuta col marito, a porre Giuliano a scuola
in
casa a don Marco. Rimirando quei luoghi, quasi sentendo d'averlo
ancora allato, pregÚ l'anima di lui a starle vicino; e le torri
brune
di C..., le vette alte degli olmi che allora cingevano il borgo, il
castello in rovina, le parve facessero segno di antica amicizia.
Subito cercÚ coll'occhio i siti delle case a lei note; vi si mise
dentro colla fantasia, s'immaginÚ le liete accoglienze; e un po'
raccapricciava, pensando ai mutamenti e alle morti che vi troverebbe
avvenute; un po' noverava le famiglie alle quali, appena avuta una
risposta da chi doveva darla, sarebbe andata ad annunciare le nozze
di
Giuliano. E studiava le parole da dirsi; quando quel dolce lavoro
della mente, le fu turbato da uno spettacolo non veduto altra volta.
Pei campi e pei prati a sinistra della via, giostravano gli
Alemanni,
passati a D..., mesi prima; quegli Alemanni odiati tanto da suo
figlio; e nei loro esercizi parevano governati da voci strane, alte,
rabbiose; da squilli di trombe, da rumor di tamburi. Alcune coorti
di
cavalli galoppavano a briglia sciolta, varcando di lancio i fossati,
balzando con turbinoso agitare di zampe per disopra alle siepi,
divorando fragorose gli spazi a investire le squadre dei fanti; e
allora urla e scompiglio come in vera battaglia. A piË d'un
muricciuolo d'orti, di costa alla via, ardevano i fuochi del campo:
nereggiavano appese sopra le fiamme grosse caldaie, intorno alle
quali
s'affaccendavano alcuni soldati luridi; mentre alcuni altri
contendevano per cavar acqua da un pozzo, e ne facevano altalenare
il
mazzacavallo, come monelli. Da un poggio poco discosto, si
diffondeva
un'armonia di strumenti guerriera e pietosa, che faceva pensare
all'Allemagna, alle famiglie di quei soldati, alle venture
sanguinose,
cui erano condotti cosÏ da lontano.
La signora Maddalena veniva guardando tutte queste cose, piena di
compassione, e due o tre volte aveva affrettato coi cenni Anselmo
curioso e restio; il quale dopo un altro po' di trottata, uscÏ
dicendo
´siamo arrivatiª.
Erano dove la via correva tra le ortaglie del borgo, quasi in ripa
ad
una gora, che mena anche adesso l'acque ad un antico mulino; e
vedendo
a man diritta una chiesetta campestre, la signora Maddalena si
raccomandÚ al santo patrono di quella, qualunque egli fosse. Quella
chiesetta era dedicata a Santa Marta, e sorgeva allora solitaria in
mezzo a quegli orti; ma oggi la stringe dall'un dei lati, il
cimitero,
dove se ne va in pace la nostra gente; dall'altro stanno quattro
muricciuoli a nascondere due tombe; nelle quali (molti lo credono)
si
dice che stia rinchiuso il bieco governatore di Sant'Elena, colla
sua
famiglia. In verit‡, sarebbe cosa da chiarirsi, se Hudson Low
cacciato
di terra in terra come un malfattore, sia riuscito davvero a finire
i
suoi giorni in quel villaggio, cosÏ vicino a Montenotte; dove il suo
prigioniero era stato preso sull'ali dalla gloria e dalla fortuna.
Il
fatto Ë che in quelle due tombe, giace una famiglia di protestanti
inglesi, venuti a dimorare e a morire in C...., saranno poco pi˘ di
cinquant'anni; e i veterani di Spagna e di Russia, passando vicino a
quelle tombe; in cambio di pregare, godevano di calcarsi in capo il
cappello per far onta al morto, e tiravano oltre guardando losco e
brontolando.
Quel giorno che le tombe credute di Hudson Low, e i veterani di
Napoleone erano ancora di l‡ da venire, Anselmo tirÚ oltre
anch'egli;
e indi a poco, il calesse fu a traversare il ponte lungo, stretto,
basso di muricciuoli, i quali a ciascuna pigna formavano un angolo,
dove i camminanti potevano, bisognando, cansarsi dalle file di muli,
che allora varcavano numerose, spandendo per quelle valli la musica
di
centinaia di sonagliere. In capo al ponte, sorgeva un'altra
cappelletta, (ve n'erano a tutti i passi) e questa serviva a deporvi
i
morti del contado, fino a che la confraternita li venisse a levare
pel
mortorio. Alcuni fanciulli vi ruzzavano baloccandosi a giocare alle
palle di piombo avute dai soldati che sempre sono loro amici; e
all'apparire del calesse stettero maravigliati, per non aver mai
visto
altrettanto. Ma altri pi˘ discoli che facevano alle piastrelle sul
greto del torrente, s'affollarono su per la ripa a chi pi˘ corresse,
a
chi arrivasse alla carrozza; e l'avrebbero assalita a furia,
senonchË
il primo che potË agguantarla per di dietro toccÚ una frustata sulle
mani; e gli altri si fermarono intorno a lui piangoloso e umiliato,
che si fregava il bruciore zoppicando. La signora corrucciata,
rimproverava ad Anselmo il suo giuoco bestiale, e si volgeva
addietro
a guardare pietosa il mal capitato.
Girando a manca repentinamente, di l‡ a cinquanta passi s'era alla
porta del borgo, ampia d'arco, munita ancora delle gravi imposte dei
tempi, in cui si soleva chiuderla; e prolungata a guisa d'androne,
sotto una volta, dalla quale si levava una torre, stata alta e
forte,
e poi mozza e divenuta casa di gente dabbene. In una delle pareti
sotto la volta, si vedeva una rozza dipintura, che aveva ad essere
l'immagine della Madonna; e di faccia a questa, in una stanza
terrena,
umida e tetra, v'era la guardia Alemanna.
Spiacque molto alla signora Maddalena, dover attraversare lo spazio
tra il ponte e quella porta, perchË sott'essi gli olmi che in lunga
fila sorgevano fuori le mura, sebbene per la stagione non rendessero
ancora ombra, conversavano a capannelli i maggiorenti della terra.
Uno
di quegli olmi che per essere solitario e molto spanto pareva
piantato
l‡ a posta per gente privilegiata, ed era il pi˘ vicino alla porta,
si
chiamava l'olmo dei preti. Nessuno che non fosse stato prete o
frate,
avrebbe osato di fermarvisi sotto; e in quel momento che la signora
passava, vi stavano a crocchio discorrendo assai caldamente, mezzo
il
clero del borgo e mezzi i frati di un convento poco discosto, che
vedremo tirando innanzi. Qua e col‡, soldati infermi all'aspetto,
sedevano al sole, fumando le loro pipe di Boemia, accidiosi e mesti;
o
accosciati in molti, l'uno dopo l'altro, s'acconciavano tra loro i
capelli, s'intrecciavano le lunghe code; sudici, cenciosi
motteggiandosi nei loro linguaggi, come mostravano alle risa e agli
sdegni.
I discorsi di quei signori e di quegli ecclesiastici, volgevano su
cose di sÏ gran momento; che alla vista del calesse niuno si mosse
tra
i curiosi sfaccendati, che in altra occasione avrebbero fatto folla
come i scimuniti. E bisogna sapere che questo avveniva perchË
appunto
quella mattina era giunta la nuova che i Francesi, fattisi grossi,
all'improvviso, sul confine della repubblica di Genova, da Mentone a
Ventimiglia, ne avevano invaso il territorio, tentavano di
guadagnare
i varchi e le vette dell'Alpi Marittime; e a calarsi da queste nelle
valli della Bormida vi avrebbero messa poca fatica.
La signora Maddalena gli udÏ litigare sui nomi dei luoghi invasi dai
Francesi e sulle distanze; e lietissima di non essere badata, si
mise
dentro l'androne, e tirÚ diritto per la via maestra del borgo. Gli
artigiani si affacciavano agli sporti guardandole dietro un istante,
mettendosi poi a chiaccherare colle mogli, o chiedendosi da bottega
a
bottega quella donna chi fosse. Essa smontÚ ad una porta, che
Giuliano
le aveva descritto cosÏ bene, che neanco cieca avrebbe potato
sbagliare; disse ad Anselmo che desse di volta e andasse ad
aspettarla, oltre il ponte, presso certa casuccia di costa alla via;
poi salÏ le scale, d'onde s'udiva venir gi˘ una pedata grave e
sonora
di sproni. E subito comparve un uffiziale Alemanno, allegro in vista
come tornasse dall'aver vinto un'esercito; uomo tozzo e impersonato,
si che ad ogni mossa, muscoli e polpe parevano lÏ per isquarciargli
i
panni. Portava in capo uno di quei berrettoni da ulano, che i vecchi
di quelle parti rammentano, paragonandoli per la forma a un
manticetto, e ne aveva coperta la fronte fin sulle sopraciglia;
sotto
le quali balenavano un par d'occhi verdastri, grandi, mirabilmente
accompagnati a due mostacchi rossicci, folti, attorciati come le
branche d'uno scorpione. Ad averlo visto una volta, lo si avrebbe
potato ritrarre dal pi˘ inesperto con tre pennellate, di scorcio, di
profilo, di prospetto tanto la sua vista colpiva; ma da gentil
cavaliero, s'accostÚ al muro, lasciando spazio, quanto la sua
persona
ne poteva concedere alla dama; la salutÚ con garbo tra soldatesco e
paesano; e questa continuÚ a salire fino all'uscio che andava a
picchiare.
Damigella Maria e Bianca non s'erano per anco mosso di su l'altana;
e
una donna che aveva vista la signora Maddalena entrare dal signor
Fedele, passando pel vicolo, levÚ in alto la faccia, e disse alla
cieca: ´damigella Maria, le viene in casa una signora forastiera.ª A
Bianca il cuore fece dentro un gran moto, e proprio in quel punto
s'udÏ uno squillo del campanello. Essa, vi fosse o non vi fosse sua
padre a sgridarla, corse ad aprire; e la signora Maddalena non aveva
lasciato, sto per dire, il cordoncino del campanello, che l'uscio fu
spalancato, e le apparve Bianca, dimessa le vesti e in tutta la
semplicit‡ della sua bella persona. Vederla, ravvisarla per quella
che
le aveva detto Giuliano, prenderle fra le mani la testa e baciarla
in
fronte, fu per lei un solo atto. E la giovinetta si lasciava fare
tra
desiderosa e soprafatta, sentendosi discendere molto addentro
l'occhio
di quella donna, che aveva i segni in viso d'una dolcezza infinita.
NË
sapeva, ma le pareva d'averla conosciuta; l'immagine di Giuliano
veduta a C... tre o quattro volte in quella settimana, la rivedeva
lÏ;
non osava richiedere del suo nome la forestiera, ma era certa che
n'avrebbe risposto uno caro, gi‡ noto, chi sapeva quale? E non
pensava
lei sola a Giuliano; perdio la signora Maddalena, guardandola la
paragonava per la bellezza a lui, qual era alto, aitante e fiero; le
pareva di vederlo cogli occhi nerissimi ora fulminei, ora mesti,
intenti nella fanciulla; gioÏ per essa che l'avrebbe trovato uomo
degno d'altissimi amori, la cui anima accesa di lei sarebbe divenuta
luce; e la castit‡ della vita che brillava in volto al giovine,
stimÚ
degna dalla vergine che aveva dinanzi.
Non v'Ë da meraviglirsi se in quel momento che quasi era in estasi,
la
signora Maddalena credË gi‡ il parentado bell'e fatto; nË se passato
il primo silenzio parlÚ alla fanciulla con materna dimestichezza,
dandole del tu, o chiedendole dove fosse suo padre. Allora Bianca
capÏ
di pi˘, e tramando per la gioia, metteva lei in una sala; dove
andando
e tornando alcuni passi, chiedendo confusa e rispondendo colle vampe
nel viso, seppe il dolce nome e corse come potË a chiamare il
proprio
padre.
Chi pensasse che la sala del signor Fedele, sebbene tra le pi˘ belle
del borgo, fosse arredata con fasto, s'ingannerebbe di molto. I
tempi
chiedevano poco, e il padrone d'arredi non si curava molto. Poche
sedie, coperte di cordovano nero die vi stava appiccato con borchie
di
ottone; un divano scuro; uno specchio, che a guardarvi dentro si
pareva butterati; due quadri antichi, uno dei quali rappresentava il
sogno di Giacobbe, l'altro la Samaritana al pozzo: ecco tutto quello
che l‡ dentro si poteva vedere in un'occhiata. A una persona nuova,
quella sala sarebbe forse paruta d'un israelita usuraio; ma Bianca
aveva lasciato negli occhi della signora Maddalena tanto bagliore,
che
questa non avrebbe veduta pi˘ splendida la dimora d'un re. Rimasta
collo sguardo fisso l‡ donde Bianca era sparita, quasi continuasse a
vederla, ad ammirarla, pensava a quella bellezza, mai pi˘
immaginata,
agli anni che avrebbe vissuto con essa nella felicit‡ della sua casa
di D..., e benediceva Giuliano d'averla voluta per sua.
La tolse da quella sorta di rapimento la voce grossa del signor
Fedele, che veniva di stanza in stanza, approssimandosi con certi
oh!
lunghi e pieni di reverenza; e indi a poco comparÏ egli stesso
frettoloso e grave, col dorso ossequente, e con una mano tesa ad una
accoglienza rispettosa, coll'altra acconciandosi tra l'orecchio e la
tempia una grossa penna di pollo d'India. Portava calzette nere,
come
le portano i preti, e brache di stoffa tralucente e nere anch'esse;
le
grandi fibbie d'argento delle sue scarpe lustravano da far gola ad
ogni mariuolo; le catenelle dei due orologi che aveva nel panciotto
di
seta cangiante, gli battevano sonore sulle cosce; e quella penna
l'aveva presa passando dallo scrittoio, cosÏ per parere.
´Oh! suonate a gloria campane! sclamÚ egli appena vide la
visitatrice--la signora Maddalena! Ma che miracolo, che buon vento,
che fortuna Ë la mia? segga, si metta a sedere, la prego!ª E
voltando
dieci inchini; prima che la signora avesse potuto dire una parola,
gi‡
l'aveva ridotta a sedere sul divano, e le si metteva di faccia sulla
prima scranna che gli capitÚ d'agguantare--´Dunque ella sta bene,
proseguiva, ed anche suo figlio? n'ho piacere! So della disgrazia
del
marito... eravamo amici, fratelli! sono dolori, ma che vuole! uno
alla
volta s'ha da partir tutti! E laggi˘ il signor pievano, che Ë sempre
grasso, rosso....? questa quaresima hanno avuto un predicatore di
qui,
mio grande amico e grande oratore.... com'Ë piaciuto?
´Piacque;--rispose la signora, cui quel tempestare del signor
Fedele,
metteva addosso non sapeva che confusione.
´Eh......! Bisogner‡ bene che qualche giorno venga a D.... a
pigliargli un pranzo al pievano, se no mi scomunica!....ª-continuava
egli--ma che vuole? non s'ha mai un'ora libera..... benedetti
clienti,
benedette liti....!
´Chi sa?--diceva essa.--Forse io potrei darle occasione di venire a
D.... pi˘ sovente.
´Oh!--sclamÚ il signor Fedele; e componendosi colle mani sul
ginocchio, e col viso sporto, stette aspettando, come a dire, i
cenni
d'una cliente che poteva pagare assai bene.
´A dire il vero--continuÚ la signora--vengo per una cosa di cui
avrei
dovuto farle parlare da qualche amico nostro..... Ma lei mi
perdoner‡.... mi scuser‡....
´Scusarla!--saltÚ su a dire il legale--che mi fa celia? Io sono qui
tutto orecchi, non ha che a comandarmi, sono cosa sua io, la mia
professione, la mia casa, la mia famiglia..... e parla di scuse?
´Ebbene--disse la signora pigliando animo--vengo a chiedere la sua
Bianca pel mio figliuolo....
´Bianca?--bisbigliÚ egli sommesso, levandosi e correndo a chiudere
per
bene l'uscio pel quale era venuto;--pi˘ che volentieri....
ma.....ª--E
qui tornato a sedere, appoggiÚ il dosso alla spalliera della
seggiola,
distese le gambe, sprofondÚ la sinistra nella saccoccia del
panciotto,
poi colla destra si tirÚ sul petto la coda come soleva in tutte le
occasioni che gli davano da pensare.
´Dunque?--interrogÚ timida e rimescolata la signora.
´Dunque......., io le dico una cosa; se suo figlio vuole
ammogliarsi,
diamogli tra un paio d'anni l'altra mia figliuola, la
Margheritina.....
´O perchË non Bianca?
´Bianca..., non lo direi a mia madre se tornasse dall'altro
mondo...,
ma a lei... mi sia segreta..., Bianca l'ho promessa......
´Promessa! sclamÚ la signora colla voce spenta di chi cadendo da una
grande altezza volesse mandare un grido:--promessa? e non vi sarebbe
rimedio?
´Oh! quando noi si promette, gli Ë come avesse parlato il re!
´Pazienza!--essa disse, e si levÚ da sedere per partirsi. Le gambe
quasi non la reggevano, e nulla sapeva pi˘ rispondere a lui; che
ingegnandosi di parere cortese le parlava di star a desinare, di
riposarsi, di far conto di essere in casa sua. A quell'uscio dove
Bianca l'aveva accolta, la signora prese commiato; e il signor
Fedele
tornando al suo studiolo, passÚ vicino alla fanciulla, che sola,
atterrita, sedeva cogli occhi fissi sul pavimento, in una stanza
attigua alla sala. Essa aveva inteso ogni cosa. Soffermatosi a
guardarla allegro e malizioso in vista: ´eh?--le disse--quanti ve ne
sono dei padri sui quali s'affollino i partiti per le loro
figliuole,
l'uno che incontra l'altro su per le scale?ª E piantÚ la poveretta,
che a questo parole capÏ a chi suo padre l'avesse promessa. Le parve
che la sua mente si spegnesse; ondeggiÚ, si slanciÚ forse per
raggiungere la signora Maddalena.....; poi non potendo altro, corse
sull'altana, a smaniare colla testa in grembo alla zia, la quale
chiedeva invano che vi fosse, e in quella novit‡ non si sapeva
raccapezzare.
Sgomenta forse quanto Bianca, la madre di Giuliano camminava,
s'andasse a riuscire dove si fosse, pur d'allontanarsi da quella
casa
e dal borgo. Ma a un tratto diede di volta, rifece la via, fu alla
casetta di don Marco, ed entrÚ chiamando il prete.
Don Marco stava solo solo nella sua cameretta, leggendo l'_Emilio_
di
Gian Giacomo, avuto di quei giorni da un amico di gran segreto; e
quella lettura gli aveva destato un'avidit‡ febbrile che non gli
dava
pace nË giorno, nË notte. Uditosi chiamare, si fece incontro con
quel
libro in mano a chi veniva, e non appena ebbe visto la signora:
´Ecco! ecco--sclamÚ--suo figlio voleva essere educato con questo
libro...., e appunto leggendo pensava a lui......
´Meglio--rispondeva essa--meglio non aver figliuoli, o non essere al
mondo a vederli infelici.ª
Queste parole e l'atto con cui cadde di sfascio su d'una scranna,
fecero tremare al prete le membra e la vita, come se d'un tratto gli
si fossero aggiunti vent'anni, nË trovava il fiato per domandarle
che
le fosse accaduto. Ma in quella s'udÏ un passo precipitoso, e Bianca
accesa in viso di pudore, e bella per angoscia di pi˘ scolpita
bellezza, si mostrÚ sulla soglia. Avendo vista dall'altana la
signora
entrare dal prete, e non potendo pi˘ reggere; per certa scaletta che
metteva a terreno, era discesa, aveva attraversato il vicolo, e
capitava l‡ dentro a crescere lo stupore di don Marco, gettandosi
nelle braccia della signora. La quale a prima giunta credendola
inseguita, la strinse al seno, guardando l'uscio se qualcuno
irrompesse; poi reggendole la fronte: ´o Bianca--sclamÚ--siamo
infelici tutti!
´Ma io--proruppe la fanciulla--quell'Alemanno non lo sposerÚ!
´Che....? quello forse che incontrai per la vostra scala.....?-disse
la madre di Giuliano chiarita in un sol punto di tante cose e anche
di
quell'odio giurato agli Alemanni dal figlio. E la fanciulla con voce
solenne:
´SÏ...., ma morirÚ! nessuno potr‡ costringermi.... nemmeno mio
padre!ª
´Bianca--entrÚ a dire don Marco, che rinvenuto dallo sbalordimento,
molto aveva capito da quelle poche parole;--e perchË parli sdegnato
del padre tuo?ª
La fanciulla tacque e chinÚ gli occhi dinanzi al sacerdote. Egli
continuÚ amorevole:
´A che ti vorr‡ costringere tuo padre? PerchË tu lo accusi? Va,
piangi, sfogati, e prega; stattene raccolta nella tua camera pi˘ che
puoi..., la solitudine addolcisce l'anima e insegna molte virt˘ a
noi,
e a chi ci pare contrario...! Abbraccia la signora Maddalena...,
essa
mi dir‡ ogni cosa.... t'aiuteremo.ª
CosÏ dicendo sciolse la giovinetta dalle braccia della signora, la
prese per mano e la condusse verso l'uscio con gran dolcezza. E ´non
ti scaccio, no--le disse--ma va, e vedrai che ti vogliamo bene...ª
Da quella soglia, la poveretta, con uno sguardo lungo insaziabile,
si
fissÚ nella madre di Giuliano; poi si fece forza e partÏ, confusa e
meravigliata d'aver tanto osato.
´Povera Bianca!--sclamÚ don Marco--dunque se ho capito bene...?
´SÏ,--interruppe la signora--venni a chiederla sposa pel mio
figliuolo, e la trovo promessa....!ª
´Promessa, s'intende a sua insaputa; e siamo in terra di cristiani!
´E dire che Giuliano l'amava da anni! Benedetto figliuolo, se me ne
avesse parlato!
´Ed io--disse il prete con voce impressa di rimorso,--io che m'era
accorto di quest'amore, sin da quando egli veniva a scuola da me! la
colpa Ë mia che avrei dovuto mettermi di mezzo, e prima ch'egli
andasse a Torino, chiedergli che avesse in mente di fare...! Forse
non
avremmo adesso quest'Alemanno tra' piedi....
´Ma don Marco, don Marco; Giuliano come farÚ a quetarlo...?
´Bisogna fare che di questo soldato non sappia nulla; pensiamo che
questi stranieri sono strapotenti; che qui non si vede nulla pi˘
bello
di loro: e un cenno, un'occhiata, un sospiro bastano a farci
incatenare e condurre come malfattori sin chi sa dove...!
A queste parole la signora Maddalena, quasi dimenticandosi di quel
primo dolore; s'empiË di paura, per la nuova sorta di pericoli a cui
Giuliano si poteva esporre.
´E allora--proruppe--io non veggo altro rimedio che nel farlo
ripartire per Torino! Venga, venga con me, m'aiuter‡ a persuaderlo;
gli diremo che prima di tutto il padre di Bianca vuole che egli sia
medico, e che del matrimonio se ne parler‡ poi...; per l'amor di Dio
venga, perchË io sento che mi pende sul capo una grande sciagura!
´Non per rifiutarmi no;--rispose don Marco--ma se io venissi a
D....,
non gli potrebbe nascere qualche sospetto? Egli Ë figlio rispettoso;
lo potr‡ indurre la parola della madre, pi˘ che cento d'amici.... E
parta prima che gli venga in mente di tornare qui....; gli prometta
tutto quello che puÚ giovare a persuaderlo: meglio un inganno
pietoso,
che un guaio inevitabile.... Poi vi Ë di buono che questa fanciulla
pare deliberata a soffrire ogni cosa piuttosto che sposarsi ad un
altro... Io farÚ di saper meglio questa faccenda dell'Alemanno;....
e
alla fine delle fini, vuole che le ne dica una....? I Francesi sono
a
due passi da qui; la guerra non Ë cosa da cristiani, ma alle volte
rimedia a tante brutte cose! Chi sa? Calando di qua dai monti i
Francesi troncheranno questa e molte altre storie, scacciando dalle
Langhe questi Alemanni, che gi‡ v'hanno spadroneggiato di troppo...!
ª
Parve alla signora Maddalena, che don Marco parlasse d'oro, e da
quei
discorsi pigliava consiglio e forza e sino a un certo segno
consolazione.
Bianca intanto, tornata sull'altana, questa volta non conobbe pi˘
freno, e si gettÚ a' piedi di damigella Maria; la quale fuori di sË
per quei portamenti, ondeggiava tra l'usare la collera e la
dolcezza.
Ma a questa volta la fanciulla le si aperse; le si confidÚ d'un
Alemanno che la guardava da parecchio tempo; che sempre a passeggio
e
nell'andare a messa se lo vedeva innanzi: e disse che la persona cui
suo padre aveva parlato quel mattino in tanto segreto, era appunto
colui e che di certo gliela aveva promessa. ´Ma io non lo voglio!ª
continuava, e narrÚ dell'amor suo per Giuliano; chiese perdono di
non
le aver detto mai nulla; parlÚ della signora Maddalena venuta a
domandarla per suo figlio, e ridisse che voleva bene a lui, e che
sarebbe morta piuttosto che sposare un altro. La cieca piangeva con
quei suoi occhi spenti, lagrime di tenerezza e di paura; nella sua
mente vide chiaro che i tempi delle lotte domestiche erano giunti;
il
suo cuore sentÏ da madre; e si mise dalla parte di Bianca.
Tutte queste cose accadevano in meno di due ore dalla venuta della
signora Maddalena in C..., e l'orologio della chiesa parrocchiale
batteva le diciasette, quando essa usciva di casa a don Marco,
accompagnata da lui per tornare a D....
I due camminando per una viuzza fuori mano giunsero al ponte, e
passando vicino alla cappelletta, dove un par d'ore prima ruzzavano
i
monelli, videro gente trarvi a folla, e vollero guardare che fosse.
Vi
giaceva un soldato alemanno, morto e sanguinoso, stato calpestato
dai
cavalli nel campo. I commilitoni l'avevano portato sugli schioppi,
ma
l‡, poveretto, era spirato. La donna infelice e don Marco si
allontanarono, questi recitando una preghiera tra sË, quella
pensando
alla madre lontana di quel morto, la quale in quell'ora non aveva
alcun sospetto di tanta sventura. E la prese una profonda
malinconia,
all'idea della fossa, in cui i soldati avrebbero sepolto quel
misero;
fossa che si sarebbe chiusa come quella d'un bruto. Allora le si
diffuse in faccia un'aria di rassegnazione pi˘ durevole e pietosa, e
volgendosi al prete gli disse:
´Don Marco, Ë vero; vi sono al mondo madri pi˘ sventurate di me!
´Eh! signora--rispose il prete--la terra se la dividono in due, la
sventura e la ingiustizia...; e in tanti secoli che Ges˘ Ë morto, le
sue promesse sono di l‡ da compirsi!ª
La signora lo guardÚ maravigliata, ma tocca da quelle parole; e
tirarono innanzi senza dir altro, sino alla casuccia, dove Anselmo
col
calesse cominciava a spazientarsi, e scerpando manate d'erba, ne
dava
a mangiare al cavallo. I due s'accomiatarono ridicendo cogli occhi
tutto quello che s'erano detto a voce; poi essa si mise dentro il
legno, Anselmo si chinÚ per baciare la mano al prete, che non volle
lasciarlo fare: ma come il cavallo partÏ, diede di volta pensoso, e
passo passo lasciandosi menar dalle gambe, se ne tornÚ a casa.
Egli era, povero vecchio, il decano dei preti di C..., portava alla
meglio i suoi settant'anni, e viveva solo. Da lunga pezza aveva
visto
addensarsi la bufera, che in quei giorni rumoreggiava terribile
dalla
Francia; e alcuni che erano stati da lui a scuola, ora che si
udivano
i fatti, rammentavano certe sue parole, dette molti anni prima, come
profezie avverate. Scoppiata la rivoluzione egli ne aveva avuto un
senso, diverso da quello fatto al clero, e per esempio a don
Apollinare: perchË egli la capiva nelle sue cause; perchË egli aveva
un cuore cosÏ grande, che nato re si sarebbe fatto mendico; perchË
pensava che il medio evo fosse stato un troppo lungo oltraggio alla
dottrina di Ges˘, ed ancora non gli pareva finito. PerciÚ il grido
di
quella rivoluzione gli era giunto come una voce nota; e gli aveva
fatto chinare la fronte, quasi somigliasse in qualche guisa ai tuoni
del Sinai. A Parigi sarebbe stato coi Girondini sino alla morte; ma
amava Danton, in cui per quel poco che n'udiva cosÏ da lungi,
ravvisava qualcosa di San Paolo; in Vandea avrebbe dato il cuore a
Bonchamps, la mano a Marceau; nel suo borgo oscuro, era un povero
prete, poco capito, che viveva insegnando la buona latinit‡. Dal
quale
ufficio, e da un poderetto che aveva sui colli vicini, e formava il
suo patrimonio ecclesiastico, gli veniva quel po' di bene che faceva
a
met‡ coi poveri, che di quei tempi battevano numerosi alle porte.
Molto aveva speso in libri e molto gli aveva studiati; e cosÏ
vissuto
in certa maniera coi morti, s'era mescolato poco a quel volgo di
ricchi sfaccendati e di preti ignoranti, de' quali la borgata allora
era ingombra. Questi ultimi sebbene mostrassero d'onorarlo, lo
scansavano volentieri; ed egli esperto di sË e del mondo, non se ne
aveva a male. Del sacerdozio pensava un po' alla sua maniera, forse
da
cristiano primitivo; perchË si narrava che un giovane volendo farsi
prete, ed essendo andato a lui per consiglio, egli gli avesse detto:
´Tirate innanzi un altro tantino colla vita, poniamo fino ai
cinquanta: e se a quell'et‡ vi tocchi qualche gran dolore, se Dio vi
chiami colla voce severa della sventura; datevi a consolare le
afflizioni altrui, parlando del cielo, e pregando con tutti. Sarete
un
buon sacerdote, di questo v'accerto io: ma a vent'anni farsi prete,
come altri si fa medico, soldato, o che so io... no... no... non
ist‡.
´Ma e lei?--si dice che interrogasse l'altro stupito. E don Marco:
´Io? Eh! io sono un uomo che in settant'anni ho imparato molte cose!
ª
Man mano che invecchiava la sua vita si faceva pi˘ raccolta ed
operosa, come di chi si apparecchia il viatico per mettersi in
cammino; la sua casa s'andava spogliando, ed era ormai quasi vuota.
Dormiva su d'un letticciuolo di paglia, perchË aveva dato il proprio
letto a due poveri sposi; s'ammaniva da sË il cibo, mangiando da
tenersi ritto; e nei detti, negli atti, in tutto, mostrava
d'attendere
la morte come l'ora dell'adempimento d'un dovere verso gli uomini, e
d'un diritto fatto valere verso l'infinito.
CAPITOLO IV.
Mentre che la signora Maddalena partiva da C..., tutt'altra d'animo
da
quella che v'era venuta, le cose tra Giuliano e don Apollinare si
facevano a D... molto oscure. Questi, certo della diligenza di Marta
a
mandare da lui il giovane, l'aveva atteso invano parecchie ore; dopo
la colazione lo aspettava ancora; e per fare un viaggio e due
servizi,
rannicchiato nel suo seggiolone, diceva l'uffizio. Era gi‡ innanzi
un
bel tratto a recitar salmi, e di tanto in tanto, mentre rovesciando
il
breviario sul ginocchio, fiutava un po' di tabacco, pensava che se
quel renitente fosse capitato, sarebbe stato un bel gusto tenerlo
ritto lÏ fuori dello studiolo, e non farlo entrare almeno per una
mezz'ora. ´Caspita!--esclamava--questo gusto non se l'ha pigliato
Gregorio settimo coll'imperatore Arrigo?ª Rammentava d'aver letto
quella storia, e d'averne udito predicare, nei verdi anni del
Seminario, come della pi˘ bella pagina della chiesa: e alla maniera
che una lucciola puÚ guardare una fornace ardente, e credere di
somigliarle; egli si compiaceva alcuni istanti nella immagine del
fiero papa. Poi ripigliava la lettura dei salmi, biasciando a verso
a
verso; e all'ultimo amen si levÚ in piedi stizzito, e proruppe:
´Adesso vado io!ª
Si mise in capo il cappello con piglio risoluto, e nell'andare passÚ
pel salotto, ove stava seduto a dire anch'egli le ore, un Minor
Osservante del convento di C..., il quale, fatto il quaresimale in
D..., aspettava la domenica _in Albis_, per dare la benedizione
papale, e tornarsene poi al proprio convento.
´Dove va, signor pievano?--chiese costui, vedendo don Apollinare
pigliar l'uscio difilato.
´Posso dire _in partibus infidelium_!--rispose il pievano.ª
Il frate scoppiÚ in una risata cosÏ piena, che s'appiccÚ fino a
Placidia occupata in cucina; Placidia che non rideva di voglia manco
tre volte l'anno.
Passin passino don Apollinare discese di castello; e sebbene quanti
s'imbattevano in lui, s'affrettassero come l'altre volte, a
sberrettarsi, a baciargli la mano che egli sapeva porgere con garbo
da
vescovo, gli pareva che la gente sapesse la poca obbedienza
mostratagli da Giuliano, e perciÚ gli fosse meno rispettosa. E
procedeva levando il bastone vivacemente, e poi misurandone il moto
all'andatura, lo vibrava innanzi, lo appuntava a terra; schiacciando
i
noccioli di ciliegia dell'anno passato, o scansando i ciottoli della
via. Giunto al piano, passÚ il ponte, ed entrÚ nel vico oltre il
torrente. I borghigiani facevano le meraviglie, vedendolo andare
diritto verso la casa della signora Maddalena, dove non era tornato
da
anni; le donne bisbigliavano con aria di mistero, e stavano lÏ per
dirgli come la signora non vi fosse, ma nessuno l'osava.
Quando fu sul piazzale, egli si fermÚ un tantino e tossÏ; volendo
che
quei di casa lo udissero e s'affollassero a fargli accoglienza. Ma
la
signora era fuori; Giuliano toltosi di l‡ dove Marta l'aveva
lasciato
a sedere, se n'era andato nel pi˘ remoto angolo del giardino; e l‡
passeggiava, soffermandosi a tastare le boccioline or di questa or
di
quella pianta, come se avessero qualche legame co' suoi pensieri
d'amore. In casa non v'era che la fantesca; la quale non appena ebbe
visto il pievano corse ad incontrarlo, tutta batticuore, inchini, e
ringraziamenti interni alla Madonna, che anco questa volta l'aveva
aiutata. La buona donna, se ci rammenta, s'era tirata in casa
pregando
il cielo che don Apollinare non venisse, o almeno indugiasse tanto
da
non trovarsi con Giuliano in quell'ora cattiva; e siccome questi non
era pi˘ l‡ ad aspettarlo, cosÏ essa credeva che il cielo se ne fosse
proprio immischiato.
´Men furia e pi˘ memoria!--disse il pievano vedendola affrettarsi
alla
sua volta.
´O signoria, so che cosa vuol dirmi; ma stamattina sono tornata che
la
signora era in sul partire; darle colazione, aiutarla a vestirsi,
correre su e gi˘..., sa pure che io qui sono Marta, ma faccio anche
da
Maddalena; e come diceva..., la sua ambasciata, il signorino... non
l'ho ancora veduto...ª--E subito aggiunse colla mente: ´dacchË l'ho
lasciato qui.
´E per dove Ë partita la signora!
´Ma..., se per in gi˘ o per in su... non mi ha detto nulla... Gi‡
sar‡
per affari; morto il padrone buonanima tutti hanno approfittato per
usurpare,...ª Qui si picchiava mentalmente il petto, per le due
bugie
sgusciatele in un lampo; e pensando che se il pievano stava l‡ un
quarto d'ora, altro che purgatorio! faceva il conto agli anni di
pena
che s'era procacciata, contandone sette per ognuna di quelle bugie.
Il prete che non soleva farsi uccellare, mise in disparte quel
discorso, e fissandola bene tra ciglio e ciglio, le disse:
´Dunque il signorino si puÚ vederlo?
´Ah! questo sÏ...--rispose essa rimescolata--cioË, posso guardare,
era
qui..., sar‡ l‡... sar‡...ª
Sar‡ di qua sar‡ di l‡, avrebbe dato i suoi salari di cinquant'anni,
se in quel momento le campane del castello avessero suonato
qualcosa,
anco se occorreva una agonia, pur di vedere il pievano tornarsi
addietro: invocÚ un'altra volta il cielo, ma il cielo l'abbandonÚ; e
don Apollinare segnando col bastone in fondo all'orto, mostrÚ d'aver
scoperto Giuliano, che si vedeva traverso il fitto degli alberi, non
ancora fronzuti. Senza dire alla vecchia nË ai nË bai, s'avviÚ da
quella parte, punto da una smania che gli correva dal cuore sino al
sommo dell'unghie; ma da uomo avvisato si seppe rattenere, e
pigliare
in viso un poco di calma.
Giuliano gli dava le spalle; ma udendo le pedate, si volse e vide
lui,
e Marta dopo che trinciava segni, faceva l'occhio supplichevole, e
coll'indice teso su dal mento in sulla bocca, pareva volergli dire
mille cose, e che fosse prudente. Salutando cortese per amor di lei,
e
per l'onor della casa, egli si fece incontro al pievano; questi
rispose con un cenno, e subito uscendo nelle piacevolezze, disse
alla
fantesca:
´State allegra, Marta, che con questa sorta di ortolani avrete la
pi˘
bella ortaglia del mondo!ª--E rise in cadenza, soggiungendo a
Giuliano:--Ebbene, torinese? Come si st‡ al paese del Re?
´Bene--rispose il giovane;--ma non quanto tra questi nostri monti;
che
qui almeno tutta questa primavera ci pare cosa nostra, e c'entra nel
sangue bevuta a sorsi...
´Giovent˘ foco e fiamme!--sclamÚ don Apollinare: e Giuliano
giocondamente a lui:
´Le spegneremo con due bicchieri di moscatello...ª
Quasi non ebbe il tempo di proferire queste parole, che Marta, beata
di vedere i propri timori risolversi in un brindisi, non attese
d'essere comandata, ma andÚ da sË per la bottiglia, lesta che il
pievano manco se ne avvide.
´Lasciate stare il moscatello dov'Ë;--disse egli a Giuliano,
annuvolando improvvisamente;--lo beveremo se io partirÚ di qua
amico...
´Amico?--sclamÚ il giovane--ma di casa nostra non so che uno sia mai
partito scontento!
´Sar‡... ma io in casa vostra ci vengo, non per avere cortesie, ci
vengo per rimproverarvi di non avere obbedito! Voi non avete ancor
fatta la pasqua?
´La pasqua? Oh io la faccio quando mi pare; anzi l'ho fatta con mia
madre, e vorrei essere lasciato in pace con essa, sempre...!
´Proprio come un debitore che dicesse al creditore: non darmi noia!
Bravo!
´Via, signor pievano, non vada in collera! In faccia a questa bella
natura che si risveglia, in questi giorni di vera risurrezione,
facciamo come gli uccelli; li sente? Cantano d'amore e d'accordo che
Ë
un desio. E in quest'inno che si diffonde dalla terra al cielo, non
ci
capisce nulla, lei? Questo per me Ë una pasqua! e non mi par vero,
che
noi cosÏ piccini, eppure fatti a godere di sÏ grandi cose, ci
abbiamo
a guastare tra noi...
´Come sarebbe a dire?--interruppe il pievano.--E chi siete voi che
osate parlarmi a cotesto modo?
´Io? Non sarei mai venuto a dirglielo; ma poichË lo vuole, sappia
che
io oso molto di pi˘! Oso persino alzare la voce e la mente al cielo,
dove mia madre m'insegnÚ da bambino a cercare quel padre che non
s'addonta di udirci parlare amorosi tra noi; che capisce il suo, il
mio, tutti i linguaggi; quel Dio che io amo, e che ella vorrebbe che
io temessi...
´Orgoglioso!--gridÚ il pievano, cui tremolavano le guancie, e il
viso
si faceva rosso:--orgoglioso ubriaco di letture infami! Li voglio!
andiamo, venite a darmi tutti i vostri libri!ª
´I libri? E perchË non mi chiede addirittura i pensieri, il cuore,
l'anima mia?
´Ah giovane traviato! Uno come voi non ce l'ho mai avuto nella mia
pieve; non ce l'hanno in tutti i parrochi delle Langhe! E non so che
gran peccato io abbia commesso, per meritare il castigo di una
pecora
cosÏ marcia in mezzo al mio branco. Me ne duole per voi; ma verr‡ il
vostro giorno, e vorrei che Dio v'aspettasse in buon punto. La morte
galoppa, e sar‡ una bella gloria pel vostro casato, che si porti il
vostro cadavere nel borro selvaggio, cogli scellerati, cogli empi,
le
cui ossa contaminerebbero quelle dei fedeli defunti...!ª
Questo borro selvaggio era una sorta di baratro, nelle selve di
quelle
parti, vicino a Montenotte; e di quei tempi si credeva che vi
fossero
portati di notte, a lume spento, tra nugoli di corvi e fischi di
diavoli, coloro che morivano in cattivo odore a Santa Chiesa.
Giuliano
udendolo menzionare dal pievano non si sdegnÚ, ma sorrise mestamente
e
rispose:
´A lei duole per me; ma io mi dovrei dolere molto pi˘ per lei, che
crede di servire il Signore spaventando i semplici con codeste
novelle! Ma che vuole che faccia a me il borro selvaggio? Pi˘ in
questa che in quella terra la pace del sepolcro sar‡ tutt'una per
me..., in fondo al mare, come in una chiesa, sotto una zolla di
questo
orto, come sotto una piramide dell'Egitto...
´Ma che vi ha fatto la Chiesa? Che vi ho fatto io..., vostro
pastore?
´La Chiesa? Oh! quando io era fanciullo, e vi veniva la sera..., e
udiva l‡ dentro quelle voci di donne, di vecchi, di giovanetti,
cantare le litanie, mentre l'oscurit‡ discendeva, e avvolgeva gli
altari e noi, e tutto nelle tenebre; io pigliava colle mie le mani
di
mia madre, e stringendomi ad essa mi pareva d'andare portato in un
vuoto misterioso e dolcissimo...! E poi quando s'accendevano i ceri,
e
vedeva lei all'altare incensare in alto, e benedire la moltitudine
silenziosa e reverente, provava certe ebbrezze...! E la Chiesa
l'amava! E amava anche lei, signor pievano; e nel mio pensiero mi
pareva di veder Dio che lo mirasse di lass˘; che le facesse cenni;
ed
io lo credevo l'uomo pi˘ grande, pi˘ buono, pi˘ santo dell'universo!
´Oh...! tornate, Giuliano; torna, figlio mio, con noi... Vedremo
Dio...ª
CosÏ dicendo, fosse commosso o fingesse, il pievano era lÏ per
abbracciare il giovane; senonchË questi ritraendosi:
´No--rispondeva con calma--io col gregge, col branco non ci tornerÚ
pi˘, non vedrÚ pi˘ quel Dio...
´E perchË?--proruppe allora don Apollinare, ripigliando il suo
posto,
severo.
´PerchË? Non mica perchË io non creda; non mica perchË io nutra odio
per lei no; ma che vuole? ho cavato la lucerna di sotto al moggio;
ho
un po' letto la storia; ho pensato al bene che voi preti avreste
potuto fare, e al male che avete fatto; ho capito che voi foste
sempre
dalla parte dei pi˘ forti, ed io amo i deboli...; e voi preti,
soldati, principi, tutti, mi parete una mano di congiurati, che
avete
a capo un Dio di vostra testa, un Dio che ha figli reietti e figli
beniamini; e vi godete in suo nome il mondo, beni e persone!
´Sciocco! sciocco! sciocco! E se non fossimo noi, i vostri coloni,
che
s'assaettano mattina e sera a lavorare i vostri campi, e stentano il
boccone; v'accopperebbero un bel giorno, e vi lascerebbero a
mangiare
ai lupi sull'aia, dove non avete sudato, eppure andate a dividere il
grano...!
´Signor pievano, manco se ella mi avesse tirato uno schiaffo, io non
le avrei fatto l'oltraggio che ella si fa da sË con le sue parole.
Bella gloria per la Chiesa l'essere tenuta in codesto conto da' suoi
stessi preti! Ah! la parabola dell'Epulone pare che Ges˘ l'abbia
detta
ieri...; ma se tutti i sacerdoti la pensano come lei, lo parr‡
ancora
di qui a migliaia d'anni...!ª
´Ma Epulone Ë all'inferno, ed Eleazaro nel seno d'Abramo! Ed Ë pi˘
facile ad un camello passare per la cruna d'un ago, che ad un ricco
entrare nel regno dei cieli...! Questa consolazione, ai poveri, l'ha
lasciata Iddio...
´Ebbene!--disse Giuliano--allora le ripeto che io non vo' sapere di
questo Dio. Smettiamo di parlare di lui!
´Ed egli vi punir‡ colla morte del corpo e con quella dell'anima...!
´No..., egli quando gli pare, ci coglie sulla via di Damasco, e di
Saulo fa San Paolo! Ma via, ha pi˘ nulla a chiedere da me?
´Che veniate a fare la pasqua; chË questo scandalo nella mia pieve
non
lo voglio soffrire!
´Ripeto che la Pasqua la faccio con mia madre: e salendo talvolta su
qualcuno di questi monti, mentre nasce il sole o quando va sotto. In
quelle ore piene di voci misteriose, io m'inginocchio volentieri, e
guardo, e ascolto... Allora Dio mi si fa sentire pi˘ vicino..., e
rifaccio la pasqua alla mia maniera con lui....
´Ah! ah!--sclamÚ il prete, e si vedeva chiara la collera che gli
fiottava dentro:--penso che voi vorreste salirne uno dei monti, ma
uno
tanto alto, da poter vedere la Francia e Parigi, e le carnificine,
che
desiderate di poter fare anche qui!
´SÏ--rispose il giovane con sicurezza meravigliosa--la Francia e
Parigi....; ma non occorre tanto...! Vede laggi˘ il Settepani, San
Giacomo, tutta quella catena? I varchi sono facili, e dall'altro
versante, forse in questo punto, l'esercito della repubblica
salisce?
´Salisce,.. salisce, un corno!--urlÚ il pievano, terribile in vista
non si capiva bene se per minaccia che gli paresse d'aver ricevuta,
o
che volesse fare:--matto voi e chi vi somiglia! Gi‡! Li vedete?
Aspettano i Francesi per farci scannare! Aspettate pure, che noi
pregheremo tanto, e tanto faremo pregare in chiesa, che il Dio degli
eserciti mander‡ su quei monti legioni d'Arcangeli a nostra difesa.
Oggi bandirÚ un triduo in onore di San Giorgio, di San Martino, di
tutti i Santi che hanno portate armi; vi nominerÚ dall'altare, vi
farÚ
conoscere a tutto il borgo..., ma pregherÚ il Signore che
v'illumini,
mi vendicherÚ di voi colla carit‡.
´Della carit‡ mandi a farne laggi˘ a quella svolta, oltre quei
vigneti. L‡, una povera donna muore di stento con quattro fanciulli
che le piangono intorno.... L‡, lei ed io potremo fare insieme la
carit‡ che m'ha insegnato mio padre....
´Vostro padre era un....
´Zitto!--gridÚ il giovane con tanta maest‡ della persona e nel viso,
che pi˘ non potË darne Michelangelo al suo Davide--zitto, e se ne
vada
subito! Qu‡ ella non puÚ pi˘ stare da uomo; da prete, nessuno ha
bisogno di lei; vada e non si volga addietro!ª
Nelle parole e nell'atto di Giuliano v'era da cacciare ben altri che
il prete, il quale non se lo fece ridire e partÏ. Ma si sentiva
l'animo rintuzzato, far dentro come focoso cavallo, che raccolto col
freno e tormentato collo sprone, gonfia le nari, s'impenna, sbuffa,
tesse colle gambe su poco suolo rabbioso e soffre; ma si far‡ vedere
quando gli verr‡ dato lanciarsi di carriera.
Passando vicino la Marta, a quale tornata che quella sorta d'alterco
era sul forte, stava poco discosta, coll'impaccio d'una bottiglia e
di
due bicchieri in mano; non badÚ al profondissimo inchino, che la
poveretta fece per rabbonirlo, o per mostrargli che essa non ci
poteva
nulla. Ma come avesse voluto lasciarle un'altra ambasciata, disse
tra
denti: ´sfacciato! l'avr‡ a pagare!ª E via pi˘ che di passo, in
pochi
istanti disparve oltre l'arco, in fondo al piazzale.
´AhimË!ª povera donna,--sclamÚ Marta--vecchia come la terra d'un
castagneto, e chi sa che cosa mi toccher‡ vedere!
´E che volete vi tocchi?--Le chiese il giovane che s'era avvicinato,
soave nella voce, e mettendole sopra la spalla una mano.
´Certe parole--rispose essa scotendosi quella mano di dosso--bisogna
proprio averle imparate dal diavolo! Lasciavano il segno nell'aria
come le saette!
´Oh santa semplicit‡!--esclamÚ egli sorridendo mestamente;--Una
volta,
che in una citt‡ di questo mondo, i preti stavano abbrucciando un
uomo, che loro non piaceva guari; una vecchierella come siete voi,
recava legna da aggiungere al fuoco, per aiutarli, e dare gloria a
Dio
con essi!ª
´E una volta--rimbeccÚ Marta provocata da quel raccontino:--una
volta
che saranno sessant'anni, ed io me ne ricordo; lo speziale qui di
D..., per aver detto a un prete molto, ma molto meno di quello che
voi
diceste al signor pievano; fu condannato a starsi ginocchioni in
mezzo
alla chiesa, con due birri uno per lato, e con un grosso cero acceso
tra le mani, legate, la domenica dell'ulivo, tutto il tempo della
messa grande. SÏ, sÏ, ridete; ma non rise la sua povera moglie morta
di vergogna; non rise lui, che stato in carcere parecchio tempo,
uscÏ
spiantato bottega e figli: perchË gli era cascata addosso la
maledizione di Dio. E siccome questa maledizione cascher‡ anche
sopra
questa casa..., cosÏ io ho deciso di andarmene. Sono vecchia, ma se
non troverÚ un tozzo di pane lavorando, l'accatterÚ di porta in
porta;
pur di salvar l'anima non mi fa di morire, se occorre, anco in mezzo
la via...!ª
Qui Marta imbambolava: e Giuliano che s'era sentito cader l'animo,
al
racconto di quella moglie morta miseramente; subito gli si affacciÚ
il
pensiero, che cosÏ triste ventura, avrebbe potuto cogliere la sua
povera madre; nË potË por mente all'ultime parole della vecchia.
Accennandole di moversi, le tenne dietro silenzioso fino al sedile
di
pietra fuori l'atrio; e l‡ sedette un'altra volta, chË in casa non
aveva cuore d'entrarvi. Marta invece si mise dentro, e si diede
attorno ad ammanire il desinare, l'ultimo che le pareva di cuocere
in
quella cucina, governata da lei cinquanta e pi˘ anni. Faceva per non
uscire di l‡ col rimorso di avere trasandata una faccenda anche
piccina; che se no avrebbe mandato all'aria piatti e tegami: e di
qual
animo fosse si puÚ pensare.
Rimasto solo, egli tornÚ a meditare; e parlava a bassa voce tra sË,
come coloro che sono travagliati da forte passione. ´Sicuro!-diceva--a
conti fatti il meglio Ë che io parta. E me ne duole, perchË questo
signor pievano creder‡ d'avermi impaurito. Ma se io rimango? E se
gli
si fosse annestato il capriccio di farmi un qualche gioco? Mia madre
ne
morrebbe, come la moglie di quello speziale! Eppoi...., non potrebbe
andarne rotto il mio matrimonio? Si fa presto a mettere uno in conto
d'eretico al signor Fedele; ed egli che quasi si picca d'essere una
colonna della Chiesa, la sua figliuola non me la darebbe pi˘, di
certo!
SÏ, sÏ.... sto a vedere quel che mia madre porta da C..., do una
corsa
fin lass˘, dirÚ a Bianca.... che cosa ci diremo con Bianca? Non ci
siamo parlati mai! Come era bella ieri, mentre andava in chiesa! E
mi
ha veduto, e a me parve mi raggiasse in viso il sole! E il giovedÏ
santo! Mi feci vedere troppo improvviso.... dalla confusione
inciampÚ
nel lembo della veste, e damigella Maria se n'accorse, perchË le
agguantÚ la mano, e le parlÚ....: forse le chiese che avesse..., chi
sa
che abbia risposto? Io..., io se fossi stato in lei, avrei risposto:
´ho veduto un giovane che gli voglio bene, e che ne vuole a me
tanto...
tanto....ª
La signora Maddalena spuntÚ dall'arco in quell'istante camminando a
piedi; e gli ruppe il filo di quei dolci pensieri. Egli balzando
ritto, le corse incontro, e coll'anima tutta negli occhi, le disse:
´dunque?ª
´Andiamo in casa:--rispose essa colta a quel modo; e per non farsi
leggere in viso, passÚ rapidamente innanzi a lui, che cansando Marta
venuta oltre, forse per spiatellare lÏ ogni cosa alla padrona, seguÏ
sua madre su per le scale.
Se di queste ve ne fossero state venti da salire sino al tetto, la
signora Maddalena le avrebbe fatte tutte, per pigliare quell'altro
poco di tempo; tanto le pareva d'essere sprovveduta di fermezza e di
parole acconcie al fatto del figliuolo; sebbene v'avesse studiato
sopra tutta la via. Ma pi˘ su del secondo piano non si poteva
ascendere; ond'essa fattasi animo, si fermÚ, si volse a lui che le
stava ai panni coll'agonia di udirla, e senza dargli tempo di
tornarle
a dire quell'´ebbene?ª spasimato, rispose:
´L'ho veduta....
´E le hanno detto di sÏ?
´SÏ...., ma sai pure..., sono certe cose..., basta! se tu ti
condurrai
bene...
´Oh! per me..., mi dicano quel che debbo fare.... Vede? solo a
pensare
che le hanno detto di sÏ, e che quella dell'Alemanno era una favola.
´Che sapevi tu d'un Alemanno...?--sclamÚ senza volerlo la signora,
facendosi in viso come un panno lavato.ª
Giuliano la guardÚ fisso, e le colse negli occhi la verit‡.
´Ah! dunque era vero?--proruppe--per carit‡, mamma, parli..., mi
dica
tutto, non tema di nulla, parli..., o monto a cavallo, vado da me a
vedere, e stassera mi perdo...!
´Perdiamoci insieme una volta!--disse la signora, smarrito per un
istante
il disegno fatto C... con don Marco, ma subito ripigliandosi:--che
cosa
t'ho detto? che Alemanno mi vai maledicendo? Ebbene? E se uno chiede
una
zitella in isposa, gli Ë forse come l'avesse sposata?
´SÏ... perchË ella non sarebbe cosÏ sbigottita!--E abbandonandosi su
d'una scranna, colla fronte tra le mani, i capegli scomposti;--oh
stolto, proseguiva Giuliano, stolto che io fui a tardare tanto! l'ho
meritato...! l'ho meritato...! dunque hanno fatto gli sponsali! Non
v'Ë pi˘ speranza? E Bianca ha potuto dimenticarmi?
´Giuliano--disse la signora--forse il meglio Ë che tu sappia la
verit‡
tutta intera. Io avrei voluto non dirtela; ma sii uomo, perchË tu
non
faresti che mettere il tuo ed il mio nome sulle labbra ai maligni
della vallata...
´E vengano, parlino i maligni! son qua!--gridÚ egli levandosi in
piedi: ma essa ingegnandosi di quetarlo colle mani, coll'atto del
viso, colla voce:
´SÏ, lo so--proseguiva--noi non li temiamo; ma pazienza se vi fosse
da
disperarsi! Allora direi vada all'aria ogni cosa! Invece, se tu
avrai
giudizio qualche anima del purgatorio pregher‡ per noi; e Bianca,
vedrai, non acconsentir‡ a sposarsi a quello straniero; me l'ha
promesso.
´Proprio l'ha promesso a lei?--disse il giovane di subito sentendo
rinascere la speranza:--o Bianca, tu l'hai promesso, tu mi fai
questa
grazia, e gi‡ dubitava di te!ª--E rimase colle mani giunte, come se
la
fanciulla fosse stata davvero dinanzi a lui.
Allora la signora, pigliando consiglio dallo stato del figliuolo;
gli
raccontÚ ogni cosa seguitale a C...., e pi˘ animandosi a misura che
lo
vedeva rischiararsi:--ecco, diceva, cosÏ ti voglio, pieno di
speranza
e di fede. L'Alemanno poi e il signor Fedele facciano pure: Bianca Ë
sicura di sË; Don Marco Ë dalla parte nostra; i Francesi son lÏ alle
porte....
´Domani, fossero qui domani!--sclamÚ Giuliano! afferrando l'idea che
sua madre non aveva esposta intera:--venissero domani, e avessi
cento
vite, tutte le porrei a combattere con essi, contro queste orde di
schiavi!
´Combattere?--disse la signora rimescolata e pentita d'aver toccata
quella corda; e facendosi severissima in faccia,--tu, sin che io
sarÚ
viva, questa parola non la proferirai pi˘...! Sii buono, d‡ retta a
chi ti vuol bene; prima di tutto fa di essere medico, e parti per
Torino...
´Oh...!--rispose Giuliano, spirando da tutta la persona l'aria d'un
guerriero pigliato dallo sconforto;--gli Ë che noi, allevati come
siamo..., si riesce una razza d'imbelli..., e a partire ci aveva
pensato da me. PartirÚ sÏ, ma prima voglio andare a C...
´Tu guasteresti ogni cosa! Finiresti di rovinare Bianca, e
mostreresti
di non obbedire una madre che tu vedi e sai quel che farebbe per
te...
´Ma che male c'Ë a vederla ancora una volta, a dire addio a don
Marco...
´No..., tu partirai.
´Ebbene!--disse il giovane chinando il capo--domani all'alba
partirÚ.
´Oh! non ti si scaccia mica!--sclamÚ la signora, che pur di saperlo
disposto a non tornare a C..., l'avrebbe rattenuto, anzichË fargli
fretta a partire. Ma egli non si lasciÚ smuovere, e ripetË severo:
´No... no mamma, l'aveva bell'e deciso, parto domani.ª
Appunto in quel momento, Marta d'in fondo alla scala, mandava su
quel
noioso annunzio del desinare, gi‡ troppo ritardato, e messo in
tavola
a raffreddarsi. Essi discesero, sedettero a mangiucchiare colla
malavoglia della sera innanzi; ma alla fantesca pareva non finissero
mai, dalla tanta smania di rimanere sola colla signora, per dirle
del
gran parlamento fatto dal giovane col pievano; e del suo proposito
di
lasciar quella casa. CosÏ i minuti le si facevano ore, ma alfine
Giuliano si levÚ da mensa ed uscÏ. Allora essa raccolse quanto fiato
potË, e si fece oltre verso la signora per cominciare; senonchË
questa
si tolse da sedere, e parlando prima di lei:
´Animo--le disse--prepariamogli un po' di roba...
´Come?--sclamÚ la vecchia--che se ne va? che il Signore gli ha
toccato
il cuore?
´Che Signore... che cuore... che cosa mi dite?--chiese la signora,
guardando Marta, e maravigliando di quell'esclamazione, e della
sorta
d'allegrezza che l'aveva accompagnata.ª
La vecchia ondeggiÚ un istante; e in quell'istante capÏ, quanto le
sarebbe poi riuscito amaro lasciare quella casa che si poteva dir
sua;
quella padrona che l'aveva tenuta pi˘ da amica che da serva; per
buttarsi su d'una via, in cerca di pane e di ricovero. Se Giuliano
partiva, che vi poteva essere di meglio per lei? Avrebbe potuto
rimanere tranquilla al proprio posto, chË il pericolo d'offendere
Dio
servendo un peccatore era bell'e cessato. E quanto a sË abbandonÚ
del
tutto il suo disegno; ma quanto al pievano, quel che gli era seguito
col signorino, non le riuscÏ tenerlo sullo stomaco, manco un minuto.
Vinta dalla propria natura, e dallo sguardo della padrona, cominciÚ
dall'ambasciata avuta in castello al mattino; e le narrÚ ogni cosa,
sino al modo in cui don Apollinare se n'era andato imbestialito
mezz'ora prima. Le eresie buttate dal giovane, e la minaccia del
prete
di fargliela costar saporita, diedero alla signora il tuffo; e le
venne addosso una smania, che le pareva di non poter durare sino
all'alba dell'indomani. E se non fosse stata la tema di vederlo
intestarsi a rimanere, avrebbe pregato Giuliano a montare a cavallo,
e
a partire subito segnato e benedetto. Ma si quetÚ un poco pensando,
che alla fine delle fini, per acchiapparlo bisognavano birri, e che
a
D...., come Dio voleva, di quella roba non ve n'era. Chi sa? forse
il
pievano aveva minacciato cosÏ per minacciare; o alla peggio non
avrebbe spacciato uno di carriera per avere da C.... o da altri
luoghi
man forte. Di l‡ all'indomani non c'era molto, e in ogni caso
Giuliano
si sentiva in gambe per scampare di forza. Non potendo divorare le
ore, affrettÚ quella faccenda del fardello; e pur confusa com'era,
aiutata da Marta, adoperava ogni diligenza perchË nulla avesse a
mancare. Brache di nanchino per la state che s'avanzava; camicie di
tela casereccia con belle gale agli sparati; e sottovesti, e giubbe,
e
calzette di seta, riponevano col garbo concesso dal turbamento,
cercata da prima ogni cosa se bisognasse qualche rammendatura.
CosÏ facendo parlavano sottovoce perchË Giuliano non le avesse a
sentire; non sapendo che egli era discosto da casa un trar di
schioppo, in parte donde poteva scoprire le lontane ruine del
castello
di C..., alcune cime a lui note, certi sentieri biancheggianti nelle
montagne, e fino una rupe su d'una vetta selvaggia e foresta, dove
don
Marco soleva accompagnare lui e gli altri suoi scolari a diporto.
Messosi a giacere sull'erba, coll'occhio or su l'una or sull'altra
di
quelle viste, immaginava che Bianca stesse sull'altana di casa sua a
pensare a lui; pianse d'affetto; e provÚ non sapeva che piet‡ per
quel
soldato, che nella sua fantasia gli pareva di vedere umiliato dai
rifiuti della fanciulla. Stette cosÏ adagiato, finchË s'avvide del
sole che andava sotto, e allora tornÚ verso casa. Il sentiero
correva
fra due siepi di biancospino e di rose silvestri che facevano allora
le boccioline; ed egli veniva gi˘, ascoltando una voce di suono
dolcissimo, la quale cantava alle rondinelle una soave canzone.
L'affetto del canto, temperava la rozzezza delle parole; e le
rondini,
tornate di quei giorni, radendo a volo i prati, levandosi in alto
alcune braccia, stando a brillare un istante, e ripiombando
fulminee,
parevano far segni di rispondenza amorosa alla cantatrice.
Giuliano diede un'occhiata per di sopra al siepe, e vide che la
cantatrice era Tecla, una figlia sedicenne di Rocco, il suo colono.
Essa stava seduta all'un dei capi d'una lunga tela greggia, distesa
l‡
sull'erba, perchË tra per l'acqua che vi si buttava sopra, e pel
sole
divenisse bianca. E se ne raccoglieva sulle ginocchia, tirando e
addoppiando di quella, quanto erano lunghe le sue braccia nude fino
al
gomito; e la tela s'accorciava man mano, strisciando sull'erba; e
per
il fruscÏo la giovinetta non avendo inteso la pedata di Giuliano,
proseguiva a cantare. A un tratto si accorse di lui che s'era
fermato
lÏ accosto, e tacque arrossendo. Finito di raccogliere la tela, si
levÚ in piedi rimescolata, e tenendosela in fascio contro il seno,
stette vergognosa di vedersi guardata come non s'era mai vista da
niuno.
´PerchË non canti pi˘?--le chiese il giovane: ed essa cogli occhi
bassi e col cuore agitato, fece atto di partirsi senza dir nulla.
´A buona Tecla, tu sei felice!--proseguÏ Giuliano--oh! se Bianca
fosse
nata qui, lontana da quella gente... e povera come te. Se tu fossi
Bianca! Addio Tecla, va... canta, canta pure, che sei felice.ª
La fanciulla si tolse di l‡ dimessa e sbigottita. Egli stette a
guardarla, poi sclamÚ: ´in verit‡ vorrei essere nato contadino,
perchË
sento che a falciar erba e a vangare campi sarei felice come sei tu!
ª
Qui subito pensando al colloquio avuto con don Apollinare, soggiunse
sdegnoso, e parlando a sË stesso: ´e tu!--tu osi dire che questa
povera gente Ë felice? E sai tu l'anima di questa fanciulla? Tu che
ti
trattieni a guardarla; e le dai del tu; e solo che ti venisse in
capo,
potresti farla piangere, mandandola ramminga coi suoi, fuori del tuo
podere?ª
CosÏ pensando fu in casa. L‡ Rocco, il padre di Tecla stava
pigliando
gli ordini della signora, che gli raccomandava di tenersi lesto
all'alba, col suo bardotto e colla giumenta del figliuolo. Il quale
aggiunto qualcosa di suo, e stato in sala un altro poco; prese
licenza
e andÚ a gettarsi sul letto, dove quanto fu lunga la notte non gli
venne fatto dormire mezz'ora di seguito, travagliato com'era dai
pensieri che ogni poco gli rompevano il sonno.
In sala rimasero la signora e Marta, le quali ad ogni pi˘ leggero
rumore tremavano, e credevano fossero i birri. Vegliavano per essere
pronte a far fuggire il giovane prima dell'ora fissata, dove
occorresse; ma quando l'orologio di castello ebbe suonate le sei
d'Italia, e per tutto fu quiete altissima, la fantesca disse:
´Signora, se ne vada pure a riposare, che oramai se qualcosa aveva
ad
accadere non saremmo pi˘ qui...ª
E tanto fece e disse, che la signora, sebbene non volesse per nulla,
dovË andarsi a riposare. Ma prima salÏ in camera a Giuliano, che
appunto dormiva uno di quei corti sonni che ho detto. S'avvicinÚ
cauta, facendo schermo colla mano al lume, che dandogli negli occhi
non lo destasse, e lo guardÚ con amore lungamente. Povera donna! A
quel che gi‡ sapeva da lui, e a quel che le era stato detto da
Marta,
circa al fatto del pievano; pensÚ che della fede in cui l'aveva
allevato, egli nË serbasse punta o poca. ProvÚ al cuore una stretta
dolorosa, e stesa la destra lo segnÚ leggermente dalla fronte al
petto, come usava fargli da bambino, appena adagiatolo nella culla
prima di coprirlo. CosÏ facendo non osava neanche fiatare dalla tema
che destandosi se ne avesse a male; poi in punta di piedi uscÏ di
quella camera, e discese nella sua, dove stette un'altra mezz'ora a
pregare per sË e per lui.
Marta vegliava a terreno, menando i ferruzzi a fare la calza, e
stava
tutta orecchi. Ma per tutta la notte non udÏ nulla mai, salvo che la
gatta, la quale aggomitolata sul seggiolone della signora, faceva le
sue perpetue fusa. La vecchia bestia si destava di quando in quando,
e
porgeva orecchio anch'essa, non se udisse birri a venire, ma allo
sgrigliolio dei ferruzzi di Marta, scambiandolo forse pel
rosicchiare
d'un sorcio. Vedendo la fantesca, chinava la testa, e subito si
rimetteva a ronfare.
Come si fu messo un po' d'albore, e s'udÏ Rocco parlare colle due
bestie arnesando; Marta aperse la finestra della cucina e
s'affacciÚ.
O l'aria del mattino le spianasse le rughe, o la lunga veglia avesse
potuto nulla sopra di lei, essa era come si fosse levata allora
allora
da letto. ChiamÚ la signora Maddalena, e poco dopo Giuliano
discendeva
anch'egli vestito e stivalato, pronto a partire. Egli si trattenne
con
sua madre, a parlar con grande passione; disse, ascoltÚ, promise
tutto
quel ch'essa volle; bevve una tazza di latte, mangiÚ un pane; poi
baciata la mano a lei, e strettala a Marta, uscÏ sul piazzale e fu
in
sella d'un balzo. Rocco montÚ un po' meno agile sul bardotto, avendo
in groppa il fardello del giovane; e questi innanzi, ed egli dopo,
pigliarono la stradicciuola, che menava a varcare i monti, pei quali
le due valli della Bormida sono divise.
Le donne stettero a guardargli dietro, e v'era poco discosto Tecla,
venuta quella mattina pi˘ sollecita dell'altre volte, a recar latte
per la famiglia. Tenutasi in disparte, finchË essi furono partiti,
aveva gli occhi lagrimosi, e pareva accorata. Marta fattalesi
all'orecchio, le bisbigliÚ: ´che piangi, sciocca? Va altrove, che la
padrona ha bisogno di tutt'altro che di vedere le tue lagrime. Va,
va,
che tuo padre torner‡, e di qui a stassera non c'Ë moltoª.
Tecla se n'andÚ, lasciando la vecchia punto dubbiosa di avere
indovinata la cagione del suo pianto; e questa rientrÚ in casa colla
signora. La quale sfatta per quel che aveva patito dal giorno
innanzi,
sedette come persona inferma; e voltasi alla fantesca le disse:
´Marta; e tutta la paura che ebbimo del pievano? Fummo pur pronti a
pensar male....
´Che vuole!--rispose Marta--ieri mattina egli se n'Ë andato cosÏ
furioso; il signorino glie ne aveva dette di cosÏ grosse! Ho fatto i
giudizi temerari.... povera me, chi si salver‡ far‡ la gran bella
giornata....!ª
In verit‡, sebbene i fatti dessero ragione ai pentimenti di Marta,
il
pievano s'era partito il dÏ innanzi da quella casa, proprio col
proposito di pigliar vendetta a suo modo del giovane giacobino.
Risalendo in castello v'aveva meditato sopra, e non vedeva l'ora
d'averlo tra le mani senonchË, rientrando nel presbiterio, s'era
abbattuto in donna Placidia che gli porgeva una lettera, suggellata
grossamente con cera di Spagna, e il Minore Osservante che gli si
faceva incontro, dicendo in tuon di celia:
´Non ha gli occhi cavati, non il naso tagliato, non gli orecchi
mozzi,
dunque gli infedeli si sono convertiti....?ª
´Ah! padre,--sclamÚ il pievano, cui il sangue rimescolato dalla
procella di poco prima, flottava tuttavia assai forte,--ella parla
d'infedeli per celia, ma qui nella mia pieve ho di peggio! Qui vi
sono
i rinnegati....
´Rinnegati!--urlÚ il frate battendo insieme le palme:--Che mi dice
mai
rinnegati? O le mie prediche? Ne parlerÚ domenica dando la
benedizione
papale.
´Eh! il rinnegato non ha visto nË lei nË la chiesa! Altro che
prediche...! Adesso vado a C.... mi presento al generale Alemanno,
gli
dico le cose; e quel Giuliano laggi˘, cui non fanno paura nË Dio nË
Santi, quel Giuliano laggi˘ che vuol fare scuola di religione e di
morale a me..., lo colgo e l'aggiusto io! Placidia, dite a Mattia
che
ponga la bardella sulla giumenta...ª
Parlando alla sorella, si rammentÚ della lettera che essa gli aveva
data; e mentre il Minore Osservante rispondeva alla sfuriata di lui,
con un'altra sfuriata, come dicessero i salmi un verso per ciascuno;
egli alzÚ il suggello, aperse il foglio, vi piantÚ gli occhi sopra,
e
lesse colla mente:
´Molto reverendissimo signor pievano. Vengo con questo piccolo
foglio
a farle sapere, che questa volta i regicidi, scomunicati, scellerati
Francesi, hanno il diavolo dalla loro; perchË i nostri vengono
perdendo, dalla marina verso in qua ogni giorno. Sui monti di Nizza,
fu ieri grosso parapiglia, e per quel che so se il Dio di Sabaot non
ci aiuta, finir‡ male. Le dico che non dormo nË dÏ nË notte, e se
mai
avessi a fuggire, faccio conto di venire da lei, per scampare da
quei
briganti, e con questo mi sottoscrivo.
´SÏ sÏ! sottoscrivi e vieni!--sclamÚ don Apollinare diventato
tutt'altr'uomo nella voce, nel gesto, nel viso;--vieni e mi troverai
qui colle braccia aperte!....
´Che Ë? che Ë?--dissero ad un tempo il frate e donna Placidia, mossi
dal turbamento di lui, che aveva parlato ansando come chi patisse
d'asma.
´C'Ë che i Francesi ci coglieranno colle calze bracaloni! Legga
padre,
legga quel che scrive il Rettore di Montefreddo!ª
Il frate prese la lettera e lesse ad alta voce; donna Placidia si
cacciÚ la mano nella saccoccia del grembiale, si recÚ tra le dita i
pippori del suo rosario, e per poco non recitÚ la preghiera che
soleva
allo scoppiare dei temporali: ´Santa Barbara, San Simone, liberatemi
dal lampo e dal tuono.ª Il pievano poi, mentre l'altro leggeva,
cercato un suo vecchio cannocchiale, pose la mira sulle gole dei
monti
verso la marina, l‡ dove sapeva di scoprire Montefreddo;
terricciuola
sulle creste dell'Appennino dalla quale la lettera veniva. Non durÚ
fatica a vederne il campanile biancheggiante nel verde degli abeti,
come vela solitaria in golfo lontano; e solo si tolse dall'occhio
quell'arnese, quando il frate, letta la lettera una e due volte, gli
disse:
´Signor pievano, mi pare che sarebbe da uomo prudente aver pazienza,
circa a quel giovinotto di cui parlavamo or ora...
´Ben detto! sclamÚ il pievano--non Ë tempo da cercarsi nemici. Ma!
Eravamo cosÏ tranquilli! Si faceva il dover nostro e stavamo come il
pesce in mare! Bisognava che i Francesi diventassero pazzi, per
darci
queste noie...!ª
Qui entrarono in ragionamenti che a noi non fanno gioco, e finirono
mettendo in disparte ogni pensiero di conciar Giuliano alla loro
maniera. L'indomani poi quando lo seppero partito, l'uno e l'altro
rallegrandosi assai di quella partenza, la chiamarono fuga, e se ne
lodarono molto.
In questa guisa Giuliano potË andarsene libero, ma la signora
Maddalena e Marta, ignorando le intenzioni avute dal pievano,
rimasero
con una sorta di rimorso pei giudizi temerari fatti sopra di lui.
CAPITOLO V.
Vada Giuliano in buona ventura senza che mi pigli vaghezza di
cavalcargli in groppa. Allora non mi potrei tenere dal descrivere i
monti e le valli per cui aveva a passare, e sarebbe troppa tela.
DirÚ
soltanto come quel giorno a notte chiusa, Rocco rivenisse menando a
mano la giumenta del giovane, e smontasse alla porta della signora;
la
quale volle dargli cena con sË, e gli fece raccontare dell'andata, e
dei discorsi, che, egli disse, erano stati corti e mesti. Tra via
non
avevano avuto altra molestia che di sentirsi, ad ogni tratto,
chiedere
novelle dei Francesi; e il colono s'era scompagnato dal padrone in
sul
mezzodÏ, lasciandolo in Alba all'osteria chiamata un tempo dello
Scudo
di Francia; donde faceva conto di riporsi in via l'indimani al
proprio
destino.
CosÏ i nuvoloni addensatisi sul tetto della signora Maddalena, erano
dissipati dal vento che soffiava dall'Apennino, portando innanzi al
suo furore, altri nuvoloni gravidi di maggior tempesta. E gi‡ si
sentiva quanto sarebbe stata furiosa nello scoppiare; soltanto a
vedere come a C.... corressero giorni di gran travaglio, per la
soldatesca, che vi aveva le stanze da parecchi mesi. Il generale
Alemanno pareva sulle brage, attendendo di Lombardia aiuti che non
capitavano mai; ed in cambio gli giungevano ogni tantino cavalieri
in
gran diligenza, i quali venivano dalle montagne verso la marina, per
quello che si poteva argomentare, portatori di novelle non liete. A
poco a poco, il popolo indovinava le verit‡ tenute nascoste; e gi‡
si
sapeva che i Francesi, in sul cominciar dell'aprile, ripigliate le
offese, si ricattavano assai bene dei danni patiti l'anno innanzi,
per
forza dei Piemontesi, i quali gli avevano fugati a Raus, e afflitti
di
molte morti. Adesso tornavano grossi e minacciosi, e sebbene per
quell'anno non fossero ancora venuti a battaglia di campo, tuttavia
l'aspetto delle cose era da far presagire che sarebbero usciti
vincitori.
In casa al signor Fedele, qualcuno aveva aperto il cuore alle voci
di
prossimi eventi, e Bianca sentiva una dolce promessa, da quell'aria
procellosa che ho detto. Dopo che s'era confidata colla zia
dell'amor
suo per Giuliano, dicendo che tra l'Alemanno e la morte avrebbe
scelta
quest'ultima; la povera cieca, consigliatasi con Don Marco, la
confortava a persistere nel rifiuto, ma con dolcezza. Il buon prete,
ogni volta che lo poteva, dava ad esse novelle di quelle parti,
donde
rivenivano soldati piemontesi o alemanni feriti, narrando cose
dell'altro mondo; e sgomentando i compagni che vi s'avviavano
melanconici, come persone che sapessero d'andare a certa morte. Egli
e
le donne, ne provavano piet‡; ma facevano voti per i loro nemici; il
prete sperando da questi miglior vita pel popolo; esse pensando che
a
vincere il signor Fedele, nulla avrebbe giovato se non la calata di
quei Francesi, i quali per quanto male si udisse di loro, alla fine
delle fini dovevano essere uomini anch'essi. Era vero che si
potevano
credere cose terribili, a vedere le centinaia di famiglie liguri,
che
capitavano ogni giorno, coi loro preti, in lunghissime processioni:
gli uomini carichi di masserizie; le donne coi bambini in sulle
spalle; i vecchi menati dai nipoti, scalzi, piangolosi, affamati; ma
che valeva? Interrogati come avessero abbandonati i loro villaggi,
non
sapevano che si dire; e coll'aspetto di chi va, nË sa perchË mova,
nË
dove riesca, narravano di danni patiti di casi atroci avvenuti nei
borghi vicini. A conti fatti venivano cacciati a quel modo dalla
paura. Maria poneva mente a una cosa, ed era che non s'udiva
raccontare da quella gente, che i Francesi avessero fatto onta alle
donne. E da questo traeva conforto a sperare, che il diavolo fosse
men
brutto di quello si credeva; perchË se i Francesi rispettavano le
donne, di certo erano in tutto migliori degli Alemanni; questi
avendo
dato a parlare di violenze fatte qua e l‡ a donne del contado, che
per
quello se ne diceva non erano state poche. E non si tenevano dal
menarne vanto i loro uffiziali, chË anzi vi facevano sopra le grosse
risate; e la cieca che sapeva queste cose da don Marco, pensava come
la pensarono indi a poco i popoli delle Langhe, i quali lasciarono
per
ricordo un proverbio che diceva di quei Francesi d'allora ´meglio
essi
nemici, che gli Alemanni amici.ª
Ma sino a quel punto, i pi˘ non vedevano altro Dio che costoro; e
come
dËi gli adorava Marocco, vecchio volpone, che conduceva in C.... un
caffeuccio, proprio in sulla piazzetta del borgo. Egli se gli era
tenuti sempre bene edificati, e si dava attorno a servirli colla
moglie che aveva bella: nË faceva segno di recarsene, dove questa
sorridesse ad alcuno di essi, o rispondesse piacevolmente ai loro
motti arditi. Pur di brancicar monete, sarebbe stato ad occhi chiusi
tutta la vita; e gi‡ dacchË gli Alemanni erano nel borgo, aveva
messo
in serbo di belle doppie. La sua era una botteguccia a modo, e
antica
al mestiere che ei vi faceva dentro; come si vedeva all'insegna
sopra
la porta, dalla quale si sarebbe potuto cavare la pi˘ bella
vignetta,
che abbia mai ornato frontispizio di poema eroicomico. Era una
tavola,
dipinta di molte figure, che volevano essere la meglio parte
soldati,
assorti in enormi stivaloni, e stranamente ingoffitti da immani
cappellacci. Effigiati com'erano a sedere, guai se quei soldati si
fossero levati in piedi; e peggio se in atto di scaraventare i
bicchieri e le bottiglie che avevano innanzi; i cocci ne sarebbero
andati sin chi sa dove, tanto erano tremendi in vista, pei mostacchi
non pi˘ veduti, e per occhi che mostravano il bianco, come di cani
ringhiosi. A ciascuna di quelle figuracce, Marocco sapeva dare un
nome; e a udirlo, erano ritratti d'antichi Uffiziali del Re di
Sardegna, stati a presidio nel borgo, per far la guardia alla
repubblica di Genova, che non entrasse in corpo al loro Sovrano.
Questo era un gran giocator di pallone; quest'altro amoreggiava la
madre d'una signora del borgo, che viveva ancora; quello faceva
tremar
la gente solo che s'affacciasse alla finestra... Marocco conosceva
di
tutti vita e miracoli, sapeva dov'erano nati, dove morti, e fino
dove
sepolti. ´La mia bottega, diceva egli mescendo agli Alemanni, fu
sempre il convegno dei valorosi! Il conte tale, il cavalier tale,
tutti nobiloni dei primi casati del regno, venivano qui, ed erano
soldati allegri e spenditori; ma come loro signori, in coscienza non
ve n'ho avuti mai!ª E pigliava un gusto matto, a farsene far fede
dai
signorelli del borgo, i quali venivano a giuocare un tantino in sul
desinare; cari una volta ora gabbati da Marocco, che si faceva udire
a
chiamargli scaldapanche. Buscava da essi qualche scapellotto, ma pur
di far ridere i suoi signori Alemanni, non vi badava.
Un giorno, (che non monta sapere qual fosse, o decimo o ventesimo
dalla
partenza di Giuliano da D....); nella bottega di Marocco, si faceva
un
gran dire della guerra ricominciata. Era voce che il generale
Alemanno
avesse ricevuto ordine di recarsi con tutta l'oste verso Nizza;
perchË
i Francesi venivano, cacciando di l‡ i Piemontesi, vinti a
Dolceaqua,
al colle delle Forche, a Raus, e si parlava della rocca di Saorgio
investita. I discorsi s'incrociavano come spade, e tutti parevano l‡
dentro sulle brage, pel gran desiderio di menar le mani. Un solo non
si
mescolava in quei fervori; ed era quell'uffiziale, che si sentiva
morire di Bianca, e non vedeva l'ora di poterla sposare. Stava
raccolto
in un angolo, gomitoni su d'un deschetto, che sebbene fosse sodo,
pareva lÏ per isfasciarsi sotto quel peso. Di tanto in tanto beveva
un
sorso d'acquavite ad un grosso bicchiere che aveva innanzi; e chi
avesse potuto vedere i sussulti del suo cuore, di certo diceva che
bevesse per darsi coraggio, a udire i compagni parlare in quei modi
di
guerra e di morte. E sÏ che egli era prode e cimentoso; nË si
conosceva
chi fosse pi˘ esperto di lui, a condurre partite notturne, a farla
da
scorgitore, a caricare il nemico menandogli addosso una ruina di
cavalli: ma tant'Ë non poteva farsi vivo, e stava mesto in quella
guisa; quando capitÚ alla bottega un giovano trombetto, il quale,
data
un'occhiata intorno, gli fu dinanzi, e fatto quella sorta di
scambietto, che gli ussari costumano nel salutare, recossi la mano
alla
visiera e gli disse: ´signor uffiziale, il generale la vuole.ª
L'uffiziale accennÚ d'aver capito, il trombetto ripartÏ ed egli gli
tenne dietro, lontano pochi passi.
Il generale era un vecchio prode della guerra dei sette anni, ed
abitava
di faccia alla chiesa, una delle migliori case del borgo. I signori
che
l'albergavano, s'erano ridotti stretti da averne disagio; ma pur di
piacere a quell'uomo rigido e sornione, pur d'averne un sorriso
benevolo,
si sarebbero acconciati a star sui solai: e nelle molte stanze
occupate
da lui, avevano accozzati quanti arredi e quadri tenevano in casa,
che
pareva una dogana. Le volte che egli gli degnava, si sbracciavano a
mostrarsi pi˘ alemanni di lui: e rammentavano d'aver visti i proprii
padri e tutto il borgo, piangere nell'anno 1737, ch'essi chiamavano
sottovoce funesto, perchË le novanta terre delle Langhe erano state
cedute in quello, dall'Imperatore al Re di Sardegna. Narravano, con
sazievole loquacit‡, a tutta la canatteria di soldati scribi,
ond'era
ingombro il quartiere, come avessero avuto uno zio, morto a
Belgrado,
capitano ai servigi dell'Impero; e ne ponevano in mostra il
ritratto,
meravigliando che quei soldati non s'inginocchiassero a salutarlo.
Quel giorno, in quella casa, tutti s'erano accorti del tempo ch'era
cattivo: e quando videro l'uffiziale entrar dal generale, lo
salutarono, gli fecero dietro gli occhi grossi; e osarono
compiangerlo, perchË certo andava a farsi scaricare addosso qualche
sfuriata.
Com'egli fu dentro; e vide il generale imbroncito, fece come quei
soldati, che, dovendo starsi colle armi al piede, bersaglio d'un
nemico cui non possono assalire, chinano il capo rassegnati a qual
sorta di grandine stia per cadere. RecÚ la destra alla visiera, e
rimase poco oltre la soglia, stecchito, gli occhi negli occhi del
generale: il petto sporto, e l'altra mano gi˘ dall'anca, che pareva
di
legno posticcia.
´Cinque passi in qua!--disse asciutto asciutto il generale.., e
l'altro avendo fatti i cinque passi contati, senza scomporsi:-Signor
uffiziale--continuÚ--ho qui per lei un plico, che mi si raccomanda
molto da Vienna; vi deve essere dentro la licenza datale, di sposare
una zitella di questa bicocca, e su questo non ho a ridire. Ma ella
mi
ha taciuta la dimanda fatta di qua a sua Maest‡; (qui salutÚ come se
l'Imperatore fosse stato l‡ a udire) ella non s'Ë governata da quel
soldato che crede d'essere ed Ë. Sia grata, non a me, ma al rispetto
che ho per la sua promessa sposa, a me ignota, se mi accontento di
consigliarla a non dimenticare fra le gioie del matrimonio, che noi
siamo qui per menar colpi di spada in servizio dell'imperatore.ª
E salutando una seconda volta il nome dell'Imperatore, porse la
carta
all'uffiziale, che togliendola colla sinistra, e udendosi dire:
´vadaª, fece il suo scambietto, quasi barcollando, poi diË di volta
sui tacchi tutto d'un pezzo, lasciandone il segno profondo e
polveroso
sull'ammattonato.
Sebbene le parole del generale, gli fossero parute troppo acerbe,
egli
discese le scale speditamente, come uomo lieto; corse difilato al
suo
quartiere, e dalla voglia spasimata di leggere quelle carte, ogni
passo gli si faceva un miglio. Appena potË alzare i sigilli e aprire
i
fogli, brillÚ tutto nel volto e nella persona. Era proprio la
licenza,
che i suoi, gente d'alto stato, gli avevano ottenuta
dall'Imperatore.
Essi n'erano in collera; ma come lo sapevano uomo di forti
propositi,
s'erano acconciati a quel fatto maldicendo la maliarda italiana, e
pregando per lettera il generale a vedere almeno che la sposa fosse
zitella dabbene.
Come ebbe letto, l'uffiziale si fregÚ le mani, si rassettÚ addosso i
panni, diË una scossa del capo; e via di buona gamba a casa il
signor
Fedele.
Costui pareva fosse all'uscio ad aspettarlo; perchË egli non aveva
per
anco stesa la mano al cordoncino del campanello, e gi‡ l'imposta
s'apriva, lasciando vedere la persona dell'arzillo leguleio; il
quale
presolo per mano, lo trasse dentro con paterna dimestichezza.
Messisi a sedere, l‡ proprio dove, giorni innanzi, la signora
Maddalena e il signor Fedele avevano avuto il colloquio che noi
sappiamo; l'uffiziale fu primo a parlare della faccenda, e dopo
lungo
discorso, porse le carte allo suocero, che gli pareva un Dio....
Questi presele come roba che aveva in pratica, si pose a guardarle
ammirando l'aquile, le corone, i suggelli; tutte cose significanti
la
razza gentilesca e il gran luogo ove il barone era nato. Non vi
lesse
dentro, perchË non ci si sarebbe raccappezzato; ma assicurando
l'uffiziale che non era mestieri di tanto, ripose i fogli, gli
strinse
le mani, vezzeggiandogliele e guardandolo in guisa, che il
poveretto,
a vederlo come si lasciava fare, aveva l'aspetto d'un leone in balia
d'una volpe spelacchiata.
´Ed ora se le par tempo--disse alfine il barone dolcemente--vorrei
vedere Bianca...ª
Il signor Fedele balzÚ ritto, come per rispondere al desiderio pi˘
ratto del desiderio stesso; e corse per la fanciulla nell'altre
stanze, lasciando lui colla mano sul cuore pieno di un senso, che
gli
rammentava gli strani ribollimenti di sangue provati sul cominciare
delle battaglie. Il pover'uomo aveva pi˘ di trent'anni, e amava come
un giovinotto di qua dai venti.
Il padre di Bianca aveva mandato innanzi il fatto sino a quel punto,
che non bisognava altro che far gli sponsali e andare in chiesa a
dir
sÏ; nË aveva chiesto mai alla fanciulla di qual animo stesse verso
l'Alemanno, e se fosse per acconciarsi a sposarlo. PerchË non ne
dubitava nemmen per ombra, e per lui la potest‡ paterna non aveva
confini o rispetti. La trovÚ soletta a cucire nella sua camera,
dov'essa soleva stare raccolta, come le aveva consigliato don Marco.
´Animo! Bianca,--le disse--poni indosso il tuo pi˘ bell'abito, e
vieni
in sala a vedere lo sposo.
´Che sposo?--sclamÚ la fanciulla colta all'improvviso, alzando i
dolci
occhi nel padre.
´Eh via! non farmi la bambina! O che credevi che il barone venisse
qua
innamorato di me?
´Se avessi viva mia madre,--rispose Bianca mestamente--mi
consiglierebbe e risponderebbe per me: ora, babbo, la prego di dire
a
quel gentiluomo ch'io lo ringrazio, e che se mi lascer‡ stare
pregherÚ
sempre per lui.
Come! come! come!--tempestÚ il signor Fedele, incrociando le braccia
sul petto, e rimanendo a fissarla un tantino;--moviti e non farmi
rage, che qui non Ë caso di ringraziamenti nË di preghiere! Ho fatto
tutti i passi per amor tuo, e lo sposo Ë l‡ che muore dalla voglia
di
parlarti.
´Ebbene, gli chiegga perdono in mio nome, ma io di l‡ non vengo.ª
A questa risposta calma e risoluta, il Signor Fedele dirugginÏ i
denti, come un beccaio arrota i suoi coltellacci, ma si rattenne. E
posta la mano sul capo della fanciulla, che s'era di nuovo curvata
al
lavoro, diceva colla voce pi˘ dolce che gli riuscisse fare:
´Tu.... tu.... vorresti negare a tuo padre la gioia di vederti
ricca;
ossequiata da tutti questi gentiluomini; invidiata da tutte le
signore
del borgo; sposa d'un uomo, il quale, nonchË barone, deve essere un
principe? Tu vuoi vederci morire lui e me?
´Fosse il figlio del Re, piuttosto che sposarlo, morirei anch'io!ª
Non aveva finito di dire, che il Signor Fedele era lÏ per darle le
mani nel viso: ma pensando a quel che ne poteva seguire, si trasse
indietro un passo, e guardandola con occhio, che se fosse stato al
buio, avrebbe mandato lampi, tese la mano verso di lei, quella mano
che le aveva posta sul capo amorevole; e uscÏ di quella stanza.
Fuori,
stette un istante a ricomporre il volto, poi, colla maggior calma
che
potË, cominciÚ a parlare come interrogasse e rispondesse a qualcuno.
´Torneranno? Stassera? Oh la testa vuota! Vecchi vecchi...!ª E
rivenuto dov'era il barone:
´Vecchi! Vecchi!--continuava--badi, badi a non invecchiare, perchË
si
perde il meglio, la testa e la memoria.... Vede che mi accade?
Stamane
ho mandato le mie figliuole a ricrearsi un tantino alla nostra villa
vicina a quel convento, l‡, che si vede stando sul ponte....,
ebbene,
vegga memoria! Andava a cercar di Bianca par la casa. Rida, rida, ma
perdoni; trovo qualcuno, e mando a dire che tornino subito...ª
CosÏ dicendo faceva segno di voler andare; ma il barone
rattenendolo:
´No no... per quanto mi spiaccia non poterla vedere, non voglio
torre
alle sue figliuole un'ora di spasso.... A domani, a domani....ª
Il loro colloquio durÚ un'altra mezz'ora; durante la quale, il
signor
Fedele, pur avendo il capo ai rifiuti di Bianca, seppe cosÏ bene non
farsi scorgere, che parve tutto occupato del suo interlocutore.
Questi
poi, prese commiato; rimanendo tra loro che l'indomani si sarebbero
riveduti per condurre a termine ogni cosa; ed essendo gi‡ l'ora
dell'abbassare del giorno, se n'andÚ tutto solo a passeggiare sotto
gli olmi, e a guardare la via, se vedesse Bianca tornare.
Aveva bell'aspettare; e in verit‡, sarebbe stato meglio per la
fanciulla essere su quella via, perchË in casa aveva a passare un
triste momento. Suo padre, vistosi solo, fece come colui che giunge
a
strapparsi il bavaglio che l'affogava. UscÏ in un largo respiro, e a
passi lenti, accigliato, con una mano tormentandosi la coda tirata
sul
petto, coll'altra agitando la catenella d'uno dei due orologi che
aveva nelle saccoccie della sottoveste, fu dinanzi a Bianca; la
quale
non era pi˘ sola, la zia e Margherita essendole venute in camera
poco
prima. Le fu dinanzi:
´E se--disse, quasi continuando il discorso--se voi non lo
sposerete,
neanche se fosse il figlio del Re; in coscienza il barone sposer‡
voi,
dovessi strapparvi la lingua, per farvi dir sÏ!ª--E volto alle due
con
grand'ira: ´E voi che fate? Levatevi di tra piedi!
´O babbo, o cognato!--sclamarono la cieca e Margherita: e questa gli
abbracciava le ginocchia, quella tendeva le mani come per cercare le
sue. Ma egli respingendole e gridando che non aveva nË cognata nË
figlie, le mise fuori della camera, chiuse le finestre, andando e
tornando come forsennato; e fu di nuovo sopra Bianca, pallida,
silenziosa, seduta, colle mani abbandonate sulle ginocchia, come
un'antica vergine cristiana, che ne' sotteranei del circo stesse
aspettando d'essere data alle fiere.
´Ors˘--ripigliÚ--a qual giuoco si fa tra noi? Parliamoci corto: lo
sposerete?ª
E Bianca umile e mansueta: ´non posso.
´Non posso!--urlÚ il padre--non voglio, dovete dire! Ed Ë una trista
parola, per risponderla ad un padre della mia sorta! Chi mi vi ha
fuorviata a questo modo? Ho inteso dire che le fanciulle osano
talvolta innamorarsi!... impallidite? Ditemi la parola, che vi veggo
lÏ sulle labbra; ditela che me la possa appiccicare bene qui,
all'orecchio...! Dunque voi volete bene a qualcuno? Forse io so a
chi...., ma non voglio saperne il nome da voi...., no...., sarei
viso
da farlo ammazzare...!ª
Bianca diede un grido, il padre incalzava ghignando.
´Se domani, udiste dire da qualche feminetta di quelle che passano
per
la via: ´hanno ammazzato il tale.... Oh! no no..., non temete, per
ora
non lo farei....; ho bisogno di tranquillit‡.... E la troveremo la
tranquillit‡; stassera partiremo...., andiamo alla villa; voi non ve
ne accorgete, ma siete ammalata....; se foste sana dovreste domani
essere qui a parlare col barone, e sareste tale da guastarmi ogni
cosa....; alcuni giorni di malattia, e do' sesto al vostro cervello,
e
all'altre faccende; e fra tre o quattro settimane si faranno le
nozze.
Vedete? il sole va sotto...., fra un'ora s'andr‡....ª
Spinse l'uscio, e vedendo damigella Maria e Margherita, che non
s'erano potuto staccare di l‡ dalla tema che egli percotesse Bianca;
´anche voi,--proseguÏ--anche voi cognata, e tu pure pupattola mia,
tutti alla villa, a godersi la primavera! Oh le buone donne, che io
ho
in casa...! Vedete, Bianca? Pregano Dio che vi tocchi il cuore, e vi
renda il senno. Pregate, preghiamo....ª E se n'andÚ.
La cieca e Margherita, tremavano strette l'una all'altra come due
pellegrine, colte tra via da temporale furioso; nË osarono dirgli,
parola. Ma come furono sole con Bianca, la abbracciarono ambedue con
gran passione; poi Maria con voce tremebonda come chiedesse la
carit‡
le disse: ´ed ora, che faremo?
´Anderemo alla villaª rispose Bianca.
´Ma tu.... tu.... come ti salverai? come faremo noi ad aiutarti? oh
colui, quell'Alemanno chi l'ha mandato per nostra sciagura?
´Oh!--sclamÚ la fanciulla, con volto impresso di mestizia e di
fede:--la Provvidenza--ha salvato fanciulle smarrite in mezzo alle
selve, e in mano ai masnadieri, e abbandonerebbe me....?ª
In pochi momenti, il dolore le aveva fatto pigliare tanto vantaggio
sugli animi di quelle due dolci creature, che nel dire parve ad esse
una santa. E l'ora passÚ sÏ presto, che non avevano raccolto il po'
di
fardello che loro sarebbe bisognato in villa, e il signor Fedele
venne
a pigliarle. Chiuse per bene le porte di casa, uscirono fuori del
borgo, per quel vicolo dov'era passata la signora Maddalena, nel suo
ritorno doloroso. Coperte di lunghe guarnacche nere, le due
fanciulle
reggevano il passo della zia, tenendosi strette a lei, come usavano
menandola a messa; e il padre dietro, per un sentiero fuori mano, le
fece scendere nel greto del torrente. La povera cieca, inciampava
ne'
ciottoli o si pungeva tra le spine, ma non fiatava; dolendosi solo
di
non aver potuto parlare a don Marco prima di partire, chË di certo
da
lui avrebbe avuto qualche sano consiglio. A un certo segno, il
sentiero entrava sott'uno degli archi del ponte, che rimaneva a
secco
per la povert‡ del torrente; e mentre esse passavano i pipistrelli
spiccandosi dalla volta, venivano spauriti a sbattere l'ala nelle
loro
persone; di che tremavano poverette, quanto il signor Fedele
d'incontrarsi coll'Alemanno, o in chi potesse dar voce nel borgo di
quell'andata notturna e misteriosa. E perÚ s'era messo per quel
passo
mal destro, come avesse gente insieme che andasse a mal fare.
Ebbero a tribolare oltre il ponte anche un poco, poi risalendo a
mancina su per la ripa erbosa, furono sulla via, grande, ma scura
scura per i pioppi fitti che non vi lasciavano raggiare la luna,
levatasi pur allora. Di l‡ per campi e per vigneti, giunsero alla
villa, dove la famiglia del colono era gi‡ a riposo. Solo vegliava
il
capo di essa, uomo di buona et‡ e vigoroso, il quale sedeva sulla
soglia della casa, e faceva guardia alla roba, per tema dei soldati
Alemanni, che uscendo la notte dai loro campi, andavano rubando, e
ogni mattina s'udiva a parlare di pollai vuotati, e sin di vitelli
rapiti.
´Chi va di notte!--chiese costui levandosi ritto, con un grosso
bastone fra le mani, e venendo oltre al rumore delle pedate.
´Siam noi, Lorenzo,--rispose il signor Fedele.
´Come? il padrone a quest'ora? che fatto Ë? perdoni, chiamo i
figliuoli....
´No no..., sta cheto, vogliamo far domani un po' d'allegria, e
veniamo
sin d'ora...; non abbiamo mestieri di nulla, salvo d'un po' di lume,
che tu m'aiuterai ad accendere, e poi tornerai alla tua guardia....
Avanti figliuolo, che la guazza fa male...ª
Entrati nella palazzina, e acceso il lume, il colono se ne tornÚ a'
fatti suoi, un po' maravigliato dell'aspetto delle signore che
parevano venute a un mortorio: e il signor Fedele senza far ad esse
parola, le mandÚ a dormire, Poi s'appartÚ taciturno, s'allungÚ in
sul
letto, s'affagottÚ tra le lenzuola; e l‡ si mise a pensare come
avrebbe trovato modo di indur Bianca alle buone, a quel matrimonio.
Interrogava per sË, e rispondeva per lei, da principio esortando,
poi
minacciando. Essa sempre ferma; egli allora a fingersi ammalato dal
dolore. Invano. Bisognava rivolgersi ai castighi, e si pose a
cercarne: e fu buona cosa che presto s'addormentasse, perchË
pensando,
chi sa che inferno avrebbe immaginato ai danni di quella infelice.
Non andÚ guari, che mentre egli giaceva russando forte, e le tre
donne
vegliavano parlando basso tra loro; un suono mestissimo di campana,
venne per la solitudine dell'aria, come voce che dicesse al cielo, o
ai morti, o a non so che altro misterioso che esiste: ´qualcuno
veglia
a quest'ora sopra la terra!ª
Era la campana del convento dei Minori di San Francesco, che sorgeva
poco discosto. A quei tocchi Bianca alzÚ il capo, e porse ascolto
con
tanto desiderio, che pi˘ non avrebbe fatto, se fossero state voci
della madre sua, morta. E poi volgendosi alla zia, nel buio della
stanza: ´Oh!--disse--e noi non ci avevamo pensato! Zia, se mi
facessi
monaca?
´Preghiamo--rispose la cieca--i frati s'alzano a quest'ora per
discendere in chiesa a pregare....ª
Margherita piangeva. Tacquero, rimasero deste un altro momento; poi
come l'ora e la stanchezza poterono pi˘ del travaglio del cuore,
s'addormentarono; e Bianca sognÚ tutta notte, monache, chiese e
canti
devoti.
L'indomani il signor Fedele, s'alzÚ prima dell'alba, e fattosi sulla
soglia della loro camera, gettÚ dentro queste parole: ´nessuna di
voi
vada fuori, sino a che non sia tornatoª. E disceso alla casa
colonica,
che era muro a muro colla palazzina, comandÚ al cascinaio ed alla
moglie di lui, che non parlassero ad anima viva nË della sua venuta
in
villa, nË dell'ora, nË d'altro; e badassero bene a non farsi vedere
con damigella Maria e con Margherita, per non dar ombra a Bianca:
alla
quale, gli fossero segreti, pareva stesse per dar volta il cervello,
dalla gran paura dei Francesi; e in tutto e tutti vedeva nemici e
spie.
´Povera signorina!--sclamava la cascinaia impietosita e sciugandosi
gli occhi col grembiale, stette a udire gli ordini che le dava il
padrone, per la colazione delle signore; uova, cacio, latte. Poi
fece
vedere una focaccia cavata allora di sotto la cenere, avvolta in un
mantile bianco come la neve, e cotta proprio per esse; che venendo
alla villa solevano chiederle sempre di quella sorta di pane. Il
signor Fedele contento della donnicciuola partÏ.
La curiosit‡ Ë femmina e sirocchia della ignoranza; onde non Ë a
dire
come pungesse l'animo della cascinaia. Costei non attese d'essere
chiamata, ma tolta quella roba che le aveva detto il padrone, se la
recÚ in un cesto, entrÚ nella palazzina, salÏ le scale; e facendo a
fidanza colla bont‡ delle signore, disse fra sË: ´se mi colgono dirÚ
che veniva con questa grazia di Dio; se no voglio un po' vedere che
cosa Ë questo mistero....ª Cattellon catelloni, s'appressÚ all'uscio
della camera ove esse erano, le vide attraverso la toppa; e si mise
a
origliare.
Altro che parere in punto d'andarsi in volta col cervello! Bianca
parlava di suo padre, che voleva sacrificarla, calma, affettuosa, e
diceva di volersi far monaca per togliersi da questo mondo, che non
le
era parso mai bello. Le altre due le rispondevano, ingegnandosi di
consolarla; ma il discorso era cosÏ avanti, che la contadina non ci
si
poteva raccapezzare. Quanto avrebbe dato, pur di sapere tutto quello
che avevano detto! Ad un tratto le parve che Margherita volesse
muoversi; ed essa togliendosi di l‡ come un folletto, e chiamate di
sulla scala le signore, fece le viste d'essere venuta allora allora,
portando la colazione.
Intanto il signor Fedele era in via alla volta di C...., e vi
giungeva
che il sole non era peranche levato. Molto stupÏ vedendo gli
Alemanni
sotto i filari d'olmi, e la squadra di cavalli schierati e pronti;
non
come gli altri giorni per andare agli esercizi, ma con quell'aspetto
diverso, affaccendato, quasi zingaresco, che hanno le milizie in
punto
di levare il campo. I signorelli del borgo si tenevano in mezzo gli
ufficiali, dando e pigliando fede d'amicizia, con grandi strette di
mano, con quella ciera tra sciocca e sbigottita dell'uomo che,
rimanendo a casa, conforta a starsi di buona voglia chi va agli
sbaragli della guerra. I preti v'erano tutti, salvo don Marco; ed
avevano i volti compunti, e parlavano del Dio di Sabaot, che
guardava
dal cielo le invitte spade dei loro amici. Gli uffiziali ridevano e
s'accarezzavano i mustacchi.
Come il signor Fedele fu in parte da essere veduto, il barone che
non
aveva perso d'occhio un istante quella via per cui veniva, gli corse
incontro, chiedendo che fosse stato di lui e della famiglia.
´Nulla!--rispondeva quegli--non fu nulla; ma qui che Ë questo che
veggo?
´Mi dica di Bianca, Bianca....?
´Eh non mi faccia piangere! Ieri sera venne il colono a dirmi che le
aveva preso male, e ho dovuto andare alla villa....
´Malata!--proruppe l'Alemanno--ed ora....?
´Ora s'Ë messa al meglio, e all'alba l'ho lasciata che dormiva
chetamente. Ma qui, ripeto, che c'Ë di nuovo?
´Andiamo alla volta d'Oneglia--rispose l'Alemanno mestamente.
´Maledetti i Francesi!--sclamÚ il signor Fedele; ma l'altro
interrompendolo:
´No.... maledetti, no....: il generale ricevette l'ordine d'andar
l‡,
stanotte....; torneremo.... ma...., Bianca.... se mai, le dica che
io
parto, lasciandomi il cuore addietro, ma che appena potrÚ.... Chi
sa....? su quei monti....ª E si volse a guardare dalla banda della
marina.
Il sole illuminava le vette di San Giacomo e del Settepani, i quali
giganteggiavano lasciando che per l'aria limpida del mattino,
l'occhio
penetrasse nelle loro selve, e scoprisse le vie alpestri, che gli
Alemanni avevano a salire.
Le parole del barone erano state dette con tanta mestizia che
facevano
contrasto meraviglioso colla sicurt‡ dell'ardire che gli si vedeva
in
tutta la persona. Ma il signor Fedele volle confortarlo, e chi sa
che
sciocchezze stesse per dirgli; quando s'udÏ venire una cavalleria, e
le trombe suonarono, e gli uffiziali corsero ciascuno alla sua
schiera: sicchË il barone affrettatosi a dare l'ultima stretta di
mano
al suocero futuro; fu al suo cavallo, raccolse le briglie, e montÚ
in
sella leggiadro in vista, ma col lutto nel cuore.
Alla voci dei capitani, rispose un moto e un rumore d'armi, poscia
silenzio. Il generale veniva in mezzo a parecchi cavalieri, e il
popolo faceva largo dinanzi a lui. Fu cosa di pochi momenti; un
andare, un tornare, un parlarsi sommesso da questi a quello, un
gridar
alto alla moltitudine d'armati; tutto con quell'aria di mistero che
usano le gerarchie sacerdotali e militari, quando parate fanno
mostra
di sË. Indi a poco a poco si spiccÚ la squadra d'ulani condotta dal
barone, e presero la via verso mezzogiorno a mÚ di scorgitori; e
dietro i fanti, e dopo questi le artiglierie, portate a dorso di
muli;
da ultimo salmerie, monelli e cani, tutti misurando l'andatura al
suono guerriero di pifferi e di tamburi.
Di l‡ a qualche ora tutto nel borgo era quiete; e la sera
s'incominciÚ
in chiesa un triduo, per invocare la vittoria dell'armi alemanne. Si
pregava di cuore, ma gli animi aspettavano paurosi le novelle del
campo. Marocco era stato colto da uno struggimento ch'egli solo
sapeva
quanto fosse grande, vedendosi ridotto a quella compagnia
d'avventori
paesani, che l'avrebbero tenuto sobrio. Il signor Fedele si fregava
le
mani, parendogli che la partenza dell'alemanno, gli fosse tant'oro,
avendo mestieri di tempo per adoperare con Bianca il braccio della
ragione. Tuttavia pensava che il barone avrebbe potuto morire; e
allora si grattava la nuca plebeamente, stiracchiandosi la coda e
meditando chi sa.....; cosa che io non sono vago di cercare in quel
suo cervellaccio.
CAPITOLO VI.
Tornato alla villa, il signor Fedele cominciÚ dall'assalire Bianca
coi
ragionamenti, e trovandola sempre uguale, la condannÚ a starsi tutto
il giorno in una stanza appartata. Guai alla zia e alla sorella, se
avessero tentato parlarle. Per maggior umiliazione la faceva venire
a
mensa all'ora dei pasti; ma la poneva a sedere in un angolo del
desco
senza tovaglia, e le stoviglie in cui le dava a mangiare, non erano
quelle lucenti di stagno che usava per sË e per la famiglia, bensÏ
certo piatto di terra scura, da mangiarvi dentro l'elemosina, tolto
a
prestito dalla cascinaia. E anche in quel tempo le avea vietato di
aprir bocca. Sui volti delle altre due, si fecero in breve profondi
i
segni dell'animo afflitto; ma temendo di procacciare a Bianca
maggiori
mali, tacevano; ed essa per certo raggio degli occhi nuovo e soave,
mostrava di crescere in forza a sopportare quei trattamenti, e si
consolava pensando che per amor di Giuliano avrebbe patito anche
pi˘,
se pi˘ fosse bisognato.
CosÏ entrava il maggio, senza che la festevolezza della stagione,
valesse a ricondurre in quella casa la pace e la gioia. Damigella
Maria e Margherita, libere di starsi o di uscire a diporto, non
movevano guari, per non godere quel che a Bianca era vietato;
avrebbero volentieri mutata sorte colle donne pi˘ tapine che fossero
nella valle: e udendo i campagnuoli cantare strambotti pei colli, in
quelle notti piene di misteriose melodie; i loro pensieri
s'incontravano mestamente con quelli dell'infelice.
´Oh!--diceva la cieca--han bello dire, ma le contadine sono pi˘
felici
di noi! Vengono su pascendo le pecore e sarchiando il campo, durano
stenti grandi, Ë vero; ma almeno quel po' di pane che Dio manda lo
mangiano in pace, senza tante ambizioni....! Noi.... noi....
invece....ª
Margherita assorta nei canti che s'udivano lontani, chiedeva che
volessero significare a quell'ore insolite, e pareva passionarsene:
la
zia sospirando rispondeva: ´cantano la primavera tornata; la tua
bella
et‡, che Dio protegga, sicchË tu sia pi˘ fortunata di tua sorella!
´E Bianca?--ripigliava la giovinetta--che far‡ di l‡? le piaceranno
questi canti, a lei cosÏ afflitta?ª
Non era da dubitarne. Bianca porgeva orecchio dalla sua finestra, e
pensava ai m‡i, che i contadini piantavano cantando dinanzi le porte
delle foresi cui volevano bene. E anch'essa cadeva in quell'idea,
che
nata villanella, sarebbe stata pi˘ lieta; e che pur di potersi
sposare
all'uomo amato, la sferza del sole non la si doveva sentire, e
lavorare sul solco da un'avemaria all'altra, doveva parere un
trastullo. Ma per sË non poteva sperare che lo sterile rifugio d'un
monastero; e in quei giorni di silenzio e di solitudine, ne parlava
seco stessa, menzionando la pace, il sepolcro, mille malinconie; in
guisa che se la zia l'avesse intesa, si sarebbe alfine levata contro
il cognato; e delle due l'una, o egli smetteva dal tormentare
Bianca,
o essa se ne sarebbe andata a vivere da sË.
´Ma!--diceva la povera giovane, in certe ore che l'aspetto della
vita
le si faceva pi˘ lugubre:--quando sarÚ nel monastero, e mi avranno
tagliati i capegli, e la mia faccia si sar‡ fatta smorta; se egli
venisse a vedermi una volta, e mi ravvisasse, e mi dicesse: ´tale
divenisti per amor mio!ª oh! come sarei lieta di morire in quel
momento! Ho udito dire che le monache pregano nelle loro chiese
dietro
le grate, non viste.... E se egli venisse in chiesa per vedermi....,
se cantasse per farsi conoscere da me...! Gi‡, non intesi mai la sua
voce, non ci siamo mai parlati....! Eppure quanti
fatti, egli dal terrazzino di don Marco, io dalla
una parola.... mai un cenno....; ma fa bisogno di
cose?
Chi sa dove sar‡? A D...? Chi sa se mi incontrer‡
viva o morta lo sentirÚ venire e tremerÚ tutta!ª
discorsi abbiam
nostra altana! Mai
dirsele certe
mai pi˘....? Oh!
Di questo andare, s'era accostumata a considerarsi gi‡ fatta monaca;
e
mai che le fosse venuto in pensiero di ribellarsi del tutto,
fuggire,
e andar in cerca di Giuliano, o di fargli sapere di sË per qualcuno
di
mezzo. Scrivergli non avrebbe osato; solo il filo di speranza che
attraversava le sue miserie, faceva capo a don Marco; e qualche
momento osava sperare ch'egli avrebbe rimediato a ogni cosa; ma quel
pensiero di lui su' Francesi che sarebbero venuti a liberarla,
cominciava a parerle una promessa mancata. Non venivano mai quei
Francesi!
Non venivano? Avesse potuto leggere nell'animo del proprio padre,
l'avesse udito maledire tra sË i repubblicani e la Francia; e
avrebbe
capito come i Francesi erano vicini! Egli non andava neanche pi˘ al
borgo, per non udirne parlare; perchË l‡ si dicevano cose da farlo
basire. Oggi la rotta dei Piemontesi e degli Alemanni al ponte di
Nava; domani la presa d'Ormea, di Garessio, di Bagnasco, tutti
luoghi
che egli sapeva alla grossa come fossero poco discosti; un'altra
settimana, due forse, e la guerra alpina sarebbe stata perduta pei
regi e per gli imperiali; e i repubblicani, eccoteli padroni di
scendere a lor agio a divorarsi le Langhe.
S'aggiungeva a queste cose, che sua Maest‡ Vittorio Amedeo, aveva di
quei giorni mandato ai magistrati, e ai parrochi di tutti i villaggi
e
borghi e citt‡ un bando, col quale comandava a tutti d'ogni grado e
stato, purchË atti alla guerra, si provvedessero d'armi e di
munizioni, quante bastassero per giorni quattro, e si tenessero
pronti
a movere contro i Francesi al primo cenno. Il Re parlava di premi e
di
pene; e il signor Fedele per parer di quelli non atti alla guerra,
oltre a non recarsi pi˘ al borgo, quasi non usciva pi˘ dalla
palazzina.
´O Madonna!--gli era venuto di sclamare una sera spogliandosi per
andare a letto--se voi terrete i Francesi lontani dalle mie
campagne;
se mi renderete sano e salvo il barone e mi aiuterete a condur
Bianca
sulla buona via; vi edificherÚ una cappella proprio nel mezzo dei
miei
vigneti, e vi farÚ celebrare ogni domenica una messa da questi
frati,
santi servi vostri e del serafico San Francesco!ª
Nei fondacci della sua coscienza, non credeva nË alla Madonna nË a
San
Francesco, nË agli altri Santi del Calendario: ma allevato a parlar
ad
essi colle mani giunte da bambino; a metterli in disparte da
giovinetto; e da uomo maturo, ad averli sempre in bocca, e a
giovarsene come di zucche legate ai fianchi per tenersi a galla sul
pelago della bassa gente, che in essi avea fede e in Dio: adesso, di
faccia al pericolo, si rivolgeva alla Madonna colla dimestichezza
d'una femminetta, avvezza a parlarle a tu per tu, tutta la vita.
Quella notte s'addormentÚ con addosso l'indigestione delle brutte
nuove avute dal cascinaio; il quale le aveva raccolte un po' dai
frati, un po' dai campagnuoli; e qualche ora prima che fosse l'alba,
si svegliÚ come persona cui venga fatta forza, molle di sudore e
tutto
scompannato il letto, pel grande agitarsi fatto nel sonno. Aveva
sognato d'essere soldato del re, caduto in mano ai Francesi con
grossa
compagnia. I barbari, trucidato e sparato il pi˘ grasso tra i
prigionieri, se lo mangiavano, e ne davano a mangiare anche a lui,
che
provandosi con ogni sua forza a schermirsi, si trovava agguantato
nella coda e nel mento, e costretto a spalancare le fauci; mentre
uno
di quei ribaldi lo imboccava di quelle carni spietatamente,
spingendogliene in gola con una baionetta lunga lunga, che ad ogni
tratto si mutava in un serpente.
´AhimË!--sclamÚ tastando il letto, e guardando nel buio cogli occhi
pieni
di quelle immagini, e colla gola arsa d'amarezza disgustosa:--ahimË!
che
spavento, Ges˘ Maria! Se durava un altro poco io moriva!ª
E diË volta sull'altro fianco, studiandosi di non pi˘ addormentarsi,
pauroso che il brutto sogno ricominciasse. Stette cosÏ un tantino
rannicchiato, poi riprese a parlare.
´O che Ë questo picchio nell'orecchio? Che sia effetto del sangue?ª
In quel dire alzava la testa dal guanciale. Il picchio non pareva
pi˘
un picchio, ma sÏ un martellare di campane; al quale s'aggiunse un
altro suono, noto, terribile, quello del corno, sorta di nicchio
marino onde di quei tempi, coma usa in Corsica, andava ne' monti
liguri provveduto ogni casale; sicchË di ladri, d'incendi, di lupi
calati l'inverno, si mandava di valle in valle, rapida e lontana la
voce.
´Ohe!--gridÚ allora sorgendo a mezzo,--la campana di C....
stormeggia,
e questo Ë il corno! Signore aiutatemi!ª
E balzando dal letto, senza stare a cercar co' piedi le pianelle,
corse a spalancar la finestra; ma di subito preso da pi˘ stretta
paura, riaccostÚ le imposte e le tenne socchiuse, quanto potesse
guardar fuori con un solo occhio. In quella il cascinaio, i figli,
chi
dalla porta, chi dai finestrelli, porgendo il capo, si mostravano
anch'essi.
´Dunque che cosa accade?--chiese ansando il signor Fedele--ne sapete
qualcosa voi?ª
Per tutta risposta, uno di quei villani, che s'era insino allora
rattenuto per non destare il padrone, e scoppiava dalla voglia,
precipitÚ sull'aja si recÚ alla bocca il corno, e ne trasse un
muggito
cosÏ pieno ed acuto, che al signor Fedele parve sentirsi passato
fuor
fuori da una cannonata.
´Ti pigliasse il canchero, te e il tuo toro! birbante! Tu mi vuoi
far
morire le donne? Butta al diavolo codesto tuo arnese d'inferno!ª
A queste parole il giovanotto stette come allibito. Non aveva mai
inteso il padrone porsi in bocca quelle parolacce. Gettare
all'inferno
quell'arnese, che s'adoperava a chiamare in chiesa i fedeli, gli
ultimi giorni della settimana Santa, quando le campane sono legate,
e
le tabelle suonano le ore! Non osÚ soffiarvi dentro una seconda
volta,
ma l'avesse anche spezzato veniva a dir nulla, perchË per tutta la
valle qua e col‡ fu un muggire d'altri nicchi, un apparire di lumi
sulle coste, un chiamarsi da luogo a luogo, un interrogarsi, un
rispondere di guerra, di Francesi, di finimondo, tutto nel buio. La
campana del convento vicino, cominciÚ anch'essa a suonare a stormo;
e
quella d'un villaggio sulla montagna, che chiudeva la vallicella,
rispondeva a questa, o forse ad altre della vallata sinistra della
Bormida, mentre l'alba spuntava e pareva quella del _Dies irae_.
Damigella Maria e Margherita, non Ë mestieri dirlo, s'erano levate
sin
dai primi rumori, e Bianca dimenticato il divieto di venir fuori
della
sua stanza, correva ad esse spaventata. Tutte e tre si facevano
intorno al signor Fedele che s'era messo in gamba le brache e in
dosso
un giubbarello; e appena mezze vestite, scarmigliate, piangenti, lo
supplicavano, lo rattenevano che non uscisse di casa. Egli, standosi
fra Bianca che colle mani giunte sulle spalle a lui, si abbandonava
in
atto di grande dolore, e Margherita che l'abbracciava alle
ginocchia;
non avendo forse avuto neanco in mente d'uscire, sclamava:
´Come? La terra del mio re, sar‡ coperta di nemici, e si potr‡ dire
che io non sono corso a far testa? Via da me che non voglio perdere
la
grazia di Sua Maest‡, per le vostre lagrimette! Via da me, voi,
ingrata figlia! che importa di me a voi, se in dieci giorni mi avete
fatto invecchiare di dieci anni?
´Piet‡, piet‡, babbo,--dicevano le fanciulle--non vada, non vada o
ci
conduca....
´Voi.... io.... piet‡....--rispondeva il signor Fedele dibattendosi
fra le donne:--ne avete voi per me, quante siete? Piet‡ di me
l'avranno i Francesi che toglieranno dal mondo il pi˘ infelice dei
padri...!ª
Dicea cosÏ sperando di dar a Bianca un gran colpo; ma vedendola
niente
disposta a dirgli, ´padre farÚ quel che vorr‡...!ª diede un squasso
sÏ
forte, che mandÚ questa a cadere, e togliendosi Margherita di tra
piedi, stette un momento che aveva l'aspetto d'un vecchio re, forse
di
Priamo che si sgombra il passo tra le sue donne, per andarsi a
gettare
coll'imbelle dardo, in mezzo ai nemici a morire.
Discese sull'aia, al colono che gridava ´i Francesi! i Francesi!ª
diË
sulla bocca una gran palmata, sclamando ´bugiardo! Te n'andrai dal
mio
servizio!ª Poi si rifece sopra sË stesso, e crescendogli il cuore
sino
alla gola; comandÚ ad uno dei figli del contadino, si mettesse la
via
tra piedi e corresse a C...., a vedervi un poco a qual segno fossero
le cose.
Ma non fu mestiere che questi partisse, perchË essendosi messo un
po'
d'albore, si vide da ogni parte gente discendere dai monti, gente
uscir dai seni della vallata; drappelli di qua, drappelli di l‡,
venivano a farsi grossi sulla via maestra, traendo verso il convento
dei Minori Osservanti. L'affrettarsi, il tumulto, l'aspetto
terribile
di quelle turbe, armate di roncole, di bidenti, di falci, e financo
di
vecchi schioppi colti nelle guerre spagnuole di mezzo secolo prima;
si
accordavano in guisa tempestosa alla furia di parecchie donne che
aizzavano gli uomini; e agli atti dei frati usciti dalle loro celle,
agitando in aria i crocifissi, gridando guerra e morte, da parer
forsennati.
Man mano che la gente arrivava, faceva sosta attorno ad uno rialto;
e
chi mandava baci alla campana del convento, che dindonava rabbiosa
anch'essa; chi spiegava al vicino la faccenda com'era, chi pi˘
voglioso di andare cominciava a spazientarsi; quando venne oltre sul
rialto il guardiano, uomo venerabile per lunga barba, e per la bella
salute, che ad onta dei molti anni vissuti gli splendeva sulle
guance.
Egli fece far silenzio alla moltitudine, la quale fu cosÏ pronta a
star zitta, che si sarebbe inteso una mosca a volare. Allora trasse
dalla manica un foglio, e vi lesse ad alta voce come predicando. Era
il bando del Re, quel bando che ho menzionato pi˘ su, e che
comandava
ai sudditi di tenersi pronti al primo squillo di campana.
´Lo squillo di campana Ë dato,--sclamÚ il guardiano quand'ebbe
letto--Ë dato qui, a C...., a D...., per tutto in questa valle e
nell'altre! Armiamoci e andate, o popoli, che Dio v'accompagni a
sterminare quei giacobini maledetti, i quali vogliono discendere fra
voi, a vuotarsi i granai, a contaminarvi le donne, a porre le mani
nel
sangue dei vostri sacerdoti! Volgetevi da quella banda: (tutti si
volsero a guardare i monti di San Giacomo e del Settapani, che si
vedevano assai bene, ammantati dal verde primaverile) vedete lass˘?
CiÚ che ora Ë verde diverr‡ rosso come sangue; e dove oggi nascono i
fiori passeranno i demoni, e ne verr‡ un odore d'inferno da
rimanerne
affogati....! popoli all'armi....! ecco lass˘ il Signore che ci fa
segno d'essere con noi!ª
I poveracci non videro il Signore, ma credettero nel frate che
l'aveva
visto per essi. E ´andiamo, andiamo!--cominciarono a urlare--Dio Ë
con
noi! Viva Dio! Morte ai Francesi! Viva noi! Viva il Re! Il primo
giacobino che mi d‡ tra' piedi lo strozzo, fosse mio fratello! Lo
mangio, fosse mio padre! Morte ai giacobini!....ª
Fra questo tempestare di viva e di morte, si fece udire una voce su
tutte gridar chiaramente. ´E chi ci condurr‡ alla battaglia?ª
E un'altra voce rispose: ´i nobili, i signori! Passeremo per C....
v'Ë
il signor Francesco, il signor Crispino il conte, don Luca, verranno
con noi, anzi li troveremo belli e pronti....
´E chi ricusa, a morte!ª
In quella il signor Fedele, voglioso di sapere e fidandosi troppo,
giungeva ad una svolta della via, vicino di l‡ a un trar di pietra.
Udire quelle grida, ed arrestarsi come avesse dato del petto in una
rupe, fu tutt'una cosa: porse orecchio un tantino, e: ´come?--disse
tra sË--i signori v'hanno a condurre alla battaglia? Acchiappami se
puoi, chË io vengo.ª E pensando di non essere stato veduto, diË di
volta correndo verso la palazzina; badando a dar nei fossati, curvo
e
spedito a menar le gambe che meglio non avrebbe potuto fare uno
scolaretto, colto a scioperarsi dal pedagogo. E si teneva certo del
fatto suo; ma il guaio fu che qualcheduno, o donna, o uomo, l'aveva
scoperto, e s'era messo a gridare:
´Si! sÏ! i signori, eccone laggi˘ uno dei signori....
´Il signor Fedele, l'avvocato! e' fugge.... d‡gli d‡gli... lo
vogliamo
con noi!
´» vecchio!--diceva un frate.
´Ed io son giovane?--rimbeccava un contadino.
´Ed io son pi˘ vecchio di lui!--gridava un altro di quei furibondi-ho
moglie e figli, e terre al sole per me il Signore non ce n'ha
messe....ª
In mezzo a questo vociare, una dozzina di villici, accesi in viso
come
al tempo delle svinature; si lanciarono alla volta della palazzina,
agitando le falci, i forcoli, il diavolo che brandivano, e chiamando
a
nome il signor Fedele.
Questi toccata la soglia, s'era volto addietro alle grida; e al
luccicare di quelle armi, credette di sentirsele cascare sul capo,
entrare nelle reni fredde diaccie, si vide fatto in pezzi a
dirittura,
e peggio che nel sogno della notte innanzi.
´Son morto!ª sclamÚ, e chiuso l'uscio a due mandate, tirÚ il
catorcio,
mise la stanga, non istette a rispondere alle figlie, venute a lui
piene di terrore: ma per un andito scuro si cacciÚ in cantina, si
buttÚ carponi; e squarciandosi i vestiti, e insozzandosi le mani e
il
viso, spingi, ponza, e rispingi, potË rannicchiarsi sotto un tino,
donde mandÚ fuori rangoloso queste parole, alle figlie:
´Se non mi volete morto, andate via di qua...! Via...!ª
Subito un gran rumore di colpi, menati contro la porta, fece
ammutolire le poverette che lo pregavano a uscir di l‡ sotto, e pi˘
terribili dei colpi s'udirono queste grida furiose:
´Fuori il signor Fedele! Aprite! Vogliamo lui! Siamo della valle!
Veniamo a pigliarlo per capitano! Vogliamo che ci meni ad ammazzar
tutti i Francesi! daremo loro come ai cani arrabbiati.... al
lupo....
al diavolo in carne!ª
Le voci diverse suonavano d'ogni parte intorno alla palazzina, nË
valeva il cascinaio a far che quei bifolchi smettessero dal gridare
selvaggio. ChË anzi alle due fanciulle da dentro, pareva girassero
cercando modo di salire sulle finestre, E stavano strette l'una
all'altra, aspettandosi ad ogni istante di vederli irrompere; quando
cessÚ il vociare, e porgendo orecchio udirono la parola soave della
zia Maria, che si volgeva alla fiera brigata da una finestra del
primo
piano. Costoro vedendo quel viso di donna cieca, dipinto di sicurt‡,
d'innocenza e quasi di fanciullezza; stavano a bocca aperta
ascoltando: tornati in quel rispetto che avevano sempre avuto per la
famiglia del signor Fedele, e gi‡ vergognavano d'aver osato tanto. E
la cieca diceva:
´Buona gente, abbiate compassione delle mie nipoti e di me; gi‡ mi
pare alle voci di conoscervi tutti. State quieti, voi cercate di mio
cognato, ed egli non Ë qui...
´Come? Non l'abbiamo visto coi nostri occhi?--diceva uno della
brigata, quasi consigliandosi coi compagni. E un altro:
´Ehm! pareva anche a me che avessimo preso abbaglio.... Il signor
Fedele sar‡ a C.... nevvero signora damigella Maria?
´Sicuro Ë a C....--usciva a dire un terzo, togliendo alla cieca il
pericolo di dire una bugia:--passeremo l‡ e lo cercheremo.... lei
capisce signora, che se alla fine delle fini non siamo guidati, noi
ignoranti siamo buoni a nulla....!
´A rivederla, signora Maria, stia di buona voglia, che i Francesi
sin
qua non verranno; e se qualcuno volesse farle male, ci faccia
chiamare
anche a mezzanotte, che siamo cose sue....ª
CosÏ diceva un quarto, e con questa e con altre scuse e profferte,
si
allontanarono sberettandosi, come se la cieca avesse potuto vedere
quei loro atti rispettosi. E con essi volle partire il cascinaio,
conducendo seco il maggiore dei suoi figli, tra le strida della
moglie
e delle figliuole, che fecero intorno alla casa un piagnisteo da non
potersi dire.
Tornati quei furiosi al convento, la compagnia potË mettersi in
cammino. Con alcuni dei frati in capo, presero la via di C....
cantando a squarciagola, e levando un polverio che pareva mosso da
vento di tempesta. Di tanto in tanto qualcuno dava nel corno e a
quel
suono rispondevano altri corni da altre vie, dove si vedevano altre
brigate, volte del paro verso C.... Questo era luogo di gran
convegno,
perchË il parroco vi aveva dignit‡ di vicario foraneo; vi sedeva il
magistrato del Re per la giustizia; il borgo era come la capitale
delle Langhe, e giaceva in sito da potervisi raccogliere gli stormi
di
tutta la vallata, per quindi moversi alla grande ventura.
Tra questi stormi, uno ne veniva numeroso per la via maestra,
lungh'esso l'opposta riva della Bormida; e se non fossero state le
armi, che si vedevano luciccare, pareva una di quelle processioni,
le
quali si solevano fare appunto in quella stagione, per implorare dal
cielo i buoni ricolti. Cantavano litanie e salmi a verso a verso, e
ogni poco prorompevano in urli feroci, come a tener deste le ire; e
innanzi a tutti cavalcava un prete.
´Quelli l‡ hanno a essere quei di D....; li conosco, conosco la
giumenta del pievano....ª--dissero a un tempo due o tre della
brigata
venuta dal convento:--se da tutte le pievi ne vengono tanti, ci
troveremo a C... parecchie migliaia. Viva il pievano di D...!
´Viva San Francesco!ª risposero quelli che erano proprio di D...., e
il pievano levÚ in alto il cappello, a salutare tre volte, con atto
d'un generale.
Don Apollinare in quel momento eroico della sua vita, si rifaceva
gongolando delle cose patite nell'ultime settimane. Le sue pene
erano
state tante, che dal giorno in cui gli era capitata la lettera del
rettore di Montefreddo, aveva perduta del tutto la bella pace goduta
tanti anni; e quando il padre Anacleto, dopo la domenica in Albis,
l'ebbe abbandonato per tornarsene al suo convento, si sentÏ cadere
le
braccia. Il suo pasto si venne assottigliando; le notti si svegliava
scosso da visioni che avrebbero fatto incanutire un leone; il
presbiterio gli pareva un eculeo; Placidia, la mite Placidia, un
ingombro fastidioso tra piedi; la calata dei Francesi un'uggiosa
minaccia che gli faceva sclamare: ´o dentro o fuori una buona volta!
ª
Pur di finirla in qualche modo, accadesse quel che doveva accadere,
ma
alla lesta: e stava pronto, la giumenta colla bardella addosso, e la
briglia lÏ appiccata al chiodo; sicchË il bando reale lo trovÚ, sto
per dire, coi lembi cinti e col bastone in mano. Lo lesse una, due,
tre volte sospirando; ma fattosi animo, si picchiÚ sul petto una
palmata e proruppe:
´Oh! alla fin fine anche questo Ë un rimedio! Avvenga che puÚ;
meglio
morire d'una cannonata che a furia di punture di spillo!ª
Venuto l'ordine di far la mossa, messosi d'accordo coi seniori del
borgo, i quali pur non volendo, mostravano i segni della mala
voglia;
mandÚ gente per la pieve a dare la posta per l'indomani sul sagrato,
che tutti gli uomini atti alla guerra vi venissero con armi e
munizioni. Il tramestio fu grande, e la notte egli potË vedere
dall'alto del castello, correre i lumi in ogni parte della campagna.
Gli parve d'avere sulle braccia un mondo, e fatto venire a sË il
sagrestano gli disse:
´Mattia, domattina si va.... Un'ora prima dell'alba darete dentro a
suonar a stormo.... O perchË ciondolate....? che avete paura?
´Paura io, che ho fatto tremare mezze le Langhe?...ª rispose Mattia
trascinando le parole.
´Dunque siete briaco?
´Oh, signor pievano--rimbeccÚ Mattia mostrandosi quasi offeso: e
spingendo innanzi un piede, si provÚ a reggersi ritto sull'altro; ma
vacillÚ, vacillÚ sicchË per poco non andÚ a cascargli addosso.
´Schifoso!--urlÚ il pievano levandosi in piedi;--briaco la vigilia
d'un giorno in cui potremmo morire! Levatevi di qui..., e se domani
non sarete a segno, mal per voi!ª
Mattia partÏ; e camminando tastoni per l'andito, passÚ dinanzi
all'uscio della cucina. Placidia che stava l‡ dentro, sospirando
l'ora
di poter andare a letto, e dicendo il rosario colla coroncina tra le
mani sotto il grembiale; indovinÚ che Mattia era in disgrazia, e gli
disse dolcemente: ´Tiratevi dietro la porta.ª Egli obbedÏ, e tirata
l'imposta dell'uscio da via, misurÚ contro quella i pugni chiusi,
esclamando: ´Non d‡ un Cristo a baciare in tutto l'anno; e se si
beve,
pare che si beva del suo! Sta pure, che se andiamo alla guerra ti
farÚ
vedere il diavolo nell'ampolla!ª
Entrato nella sua catapecchia destÚ la moglie, e le comandÚ
(comandava
anch'egli a qualcuno), tenesse l'orecchio all'ore, e un tratto prima
dell'alba lo destasse. Poi si coricÚ vestito sul giaciglio, e colle
tempia martellate dal vino, cominciÚ a russare.
Don Apollinare messosi a giacere per riposare quelle poche ore, le
passÚ fantasticando; e stava per addormentarsi, quando squillarono i
tocchi della campana martellata, a stormo da Mattia, il quale colla
spranghetta al capo, aguzzava dal campanile gli occhi nel crepuscolo
mattutino. Tutta la campagna era un moto di villici; l‡ come nella
valletta dove giaceva la villa del signor Fedele, come sar‡ stato in
tutte le pievi; era un accorrere, un gridare, un chiamarsi, un suon
di
corni che non finiva. Il pievano balzÚ dal letto, e si diede attorno
a
vestirsi, stupito di sË stesso, perchË gli pareva sentirsi dentro un
cuore di guerriero, nascosto, sino a quel giorno, a sua insaputa,
sotto la zimarra del prete. Placidia venutagli in camera a vedere se
gli bisognasse nulla, maravigliava anch'essa dell'aspetto sgherro di
lui; ma come egli badava a vestirsi, si ritrasse vergognosa in
cucina
ad ammanirgli il caffË, che poteva essere l'ultimo.
´Placidia, io parto--le diceva egli venendo sin sulla soglia della
cucina e abbotonandosi la sottoveste:--l'avvenire Ë nelle mani di
Dio;
voi rimarrete qui, rispettata da tutti...; e ad ogni evento, nel mio
inginocchiatoio, troverete di che vivere...: ah! son pur venuti i
giorni amari!ª
La povera donna imbambolÚ, pi˘ pel suono della voce insolito ed
amorevole, che per le parole; e intanto la campana continuava a
suonare, e il sagrato a popolarsi, e il giorno a farsi chiaro, e
l'ora
della partenza vicina. Allora il pievano mandÚ un ragazzo a prendere
il posto di Mattia sul campanile, e fece dire a costui che scendesse
ad arnesargli la giumenta, e al popolo che aspettando cantasse il
_Vexilla_.
Un urlo che parve di selvaggi tuonÚ sul piazzale, destando un'eco
solenne dalla chiesa; poi s'intese l'inno cantato da voci gravi,
diverse; e ad ogni tratto nuova gente, signori e villani alla
rinfusa,
si mettevano in coro. In mezzo alla folla si vedeva Mattia, che
teneva
a mano la cavalcatura del padrone, tastando cinghie, rivedendo
ordiglioni, parlando sommesso alla bestia, quasi per darle ad
intendere dove l'avrebbe portato.
Alfine, avendo bevuto il caffË, ed essendo l'ora di porsi in
cammino,
il pievano apparve sulla soglia del presbiterio. Aveva indosso una
giubba smessa, in gamba certe brache vellose e rattoppate; e in un
fagottino recava la talare, che poteva accadere d'averne mestieri.
Appena fu visto, scoppiÚ un gran battimani; ed egli ringraziata co'
cenni la folla, aiutato alla meglio montÚ a cavallo. Poi data
un'occhiata a Placidia, rimasta alla finestra, piangente e
sbalordita;
tese la mano e sclamÚ: ´Dio Ë con noi! Ci siamo tutti? Andiamo!ª
Discesero di castello, e trovarono al piano altra gente, con armi, e
forcoli e falci, cento maniere d'arnesi atti a far sangue. Le donne
benedicevano dalle finestre e dalle porte; i fanciulli si mettevano
in
brigata, le madri li tiravano fuori sculacciandoli; e la signora
Maddalena, guardando dal suo piazzale quel moto confuso, ringraziava
il cielo, che Giuliano fosse lungi da casa. Vedeva quella turba irta
d'armi, e quegli stendali delle confraternite drappellati come dalle
braccia di pazzi, e raccapricciava: Marta, standole vicina, si
doleva
di non essere un uomo, per poter andare contro i Francesi; e la
signora non fu quieta che quando lo stormo le uscÏ di vista, e la
campana cessÚ dal suonare.
Avesse suonato a lutto tutto quel giorno, e sarebbe stata giustizia.
PerchË la gente di D..., nel passare per la terricciola di R..., fu
come la maledizione di Dio. E sÏ che il villaggio si poteva dire
tutt'una cosa col loro borgo, tanto erano vicini; ma da rozzi si fa
presto a diventar malvagi; e trovate le case non difese, per avere
gli
uomini di R.... fatta anch'essi la leva in massa verso C...;
cominciarono a pigliarsi brutti spassi, spaurire le donne, mandare a
male il vino nelle cantine, guastare alberi ed orti; e se don
Apollinare non si fosse adoperato a rabbonirli, certo sarebbe
rimasto
poco da fare a quei Francesi, dei quali s'andava ad impedire la
calata
e se ne dicevano tante ribalderie.
Come piacque al diavolo, ripresero la via verso C..., dove
arrivarono,
come abbiamo veduto, che il sole era gi‡ alto. Il borgo pareva un
formicaio. Vi si lavorava a pi˘ non posso a far cartocci, ad
affilare
vecchie armi d'ogni generazione. Di qua gli uni si facevano
scrivere;
di l‡ gli altri davano carta o la pigliavano, di loro negozi,
dinanzi
ai notai, stando per andare tra la vita e la morte; sotto i filari
d'olmi si davano le cariche ai maggiorenti, che pigliavano diletto
ad
essere elevati su su, grado grado, ai pi˘ alti onori della milizia,
generali, colonnelli, capitani; guai al popolo se avesse dovuto
provvederli tutti. Tuttavia le cose correvano onestamente; ma fra la
moltitudine s'aggiravano certi ceffi, furfanti da bosco e da
riviera,
segnati nei libri della giustizia, e vissuti da anni mogi mogi; che
adesso ripigliavano ardimento e parevano i pi˘ valorosi. Alcuni
ribaldi affollavano la porta chiusa del caffË di Marocco. La moglie
di
costui tribolava in mezzo ad essi lagrimosa, supplicando pel marito,
che poveretto stava morendo, e aveva in camera il prete che gli
raccomandava l'anima. Povero Marocco! Due giorni innanzi gli avevano
dato schioppo e cartocci, che stesse pronto a partire. Ma il
meschino
a vedere quell'arme, s'era sentito gi˘ per la schiena come un
secchio
d'acqua diaccia; e fattala portar di sopra, stette un poco
rannicchiato vicino al fuoco; poi levatosi in piedi pallido come un
morto di tre giorni, prese la moglie in disparte, e le disse: ´Tasta
che cuore! Sono un uomo morto!ª Postosi a letto, chiamato il
cerusico,
nË questi seppe trovargli il male, nË egli volle dirne la cagione;
non
tolse pi˘ gli occhi da quello schioppo, la baionetta del quale
scintillava in un angolo della camera e gli pareva l'occhio d'un
assassino. Chi l'avrebbe mai detto! Un uomo par suo, che aveva
sempre
avuti in casa soldati, s'era messo in capo che quello schioppo
l'avrebbe ucciso; e poveraccio moriva proprio in quel punto, che un
suon di tamburi, di corni, di trombe, un vociare di signori ornati
di
grandi pennacchi, annunziava che lo stormo dei guerrieri della
religione e del trono, movevano a farla finita coi Francesi.
Movevano, ma fu gran fatica pei condottieri, montati sull'asine e
sulle giumente tutte nappe e sonagliere, meglio che nella festa di
Sant'Antonio. La moltitudine strepitava camminando come gualdana
infernale; miscuglio di entusiasmo, di vero valore, e di grosse
millanterie. Qua cantavano salmi o canzoni popolari: l‡ procedeano
silenziosi ascoltando qualche vecchio novellatore; alcuni recitavano
il rosario tenendo in mano certe corone dai pippori cosÏ grossi, da
poterne all'occorrenza far palle da schioppo: e su tutte quelle
teste
si vedevano l'armi appuntate al cielo. Erano pi˘ di due migliaia, e
avevano un'aria terribile e selvaggia.
Su su a quel modo per val di Bormida, si misero nelle strette, dove
il
torrente rovina con voci strane, fra massi ispidi, smisurati,
precipitati dall'alto a frenare la collera dell'onda, che in tempo
di
piena non dirompa le ripe.
Il sole andava sotto, quando i pi˘ volonterosi toccarono le vette
del
monte di San Giacomo, sopra il Finale. Sul mare che si scopriva
innanzi, biancheggiavano vele verso Provenza, vele verso Portofino,
vele per tutto il golfo; mirabile alla vista pei mutamenti dei
colori
onde s'andava tingendo. Quelle erano vele inglesi, napoletane e
francesi, che si davano la caccia in alto; mentre molti legni
sottili
di genovesi avidi ed audaci, navigando marina marina, recavano
provvigioni verso la Francia affamata.
Lass˘ i nostri battaglioni, fecero la loro fermata in sul tramonto;
quasi stupiti che il sole osasse discendere come tutti gli altri
giorni. Dalla vetta del San Giacomo a quella del Settepani, non si
vedeva che gente, stendardi e croci; non s'udivano che grida; pareva
la tregenda. Don Apollinare seppe del rettore di Montefreddo, e
d'altri preti, suoi amici, venuti lass˘ coi popoli delle due vallate
della Bormida, e ne provÚ consolazione. Ma quel che pi˘ gli piacque
fu
la notizia che i francesi non erano molto vicini, e prima d'arrivare
sino a lui avrebbero avuto a sbrigarsela colle soldatesche
piemontesi
e alemanne. Gli parve di potersi riposare tranquillo a piË d'una
rupe
trovatagli da Mattia. Tuttavia l'ora della sera gli volgeva il
desio;
e la mente gli fuggiva al suo presbiterio, al desco, a Placidia;
persino a Placidia, per la quale sentiva in quel punto un affetto
mai
pi˘ provato.
Mattia, intanto, sbocconcellava un po' di focaccia, e aveva intorno
un
capannello di compaesani, che si facevano narrare da lui le prodezze
della sua vita; perchË egli era stato da giovane bravazzo ai servigi
dell'ultimo signorotto d'una terra vicina a D..., e in opera di
trovar
costure aveva avuto gran nome. Dicevasi di lui che la mira
dell'archibugio l'avesse posta bene pi˘ d'una volta; ma le erano
memorie lontane pi˘ di quarant'anni; e di quelle sue ribalderie,
egli
ne dava carico a personaggi di fantasia, o al suo padrone. Adesso
raccontava di costui la mala morte; e diceva ai villici, tutti
orecchi
ad ascoltarlo:
´Era un vecchio, ponete come sono io, ma robusto e prepotente. Un
giorno certo giovinotto tornava da chiesa, dove s'era sposato alla
pi˘
bella ragazza della terra. Il marchese si fece sulla via incontro
agli
sposi e alla comitiva, chiedendo i suoi diritti, i suoi diritti...
´Che diritti? gridÚ il giovane stizzito; quelli forse d'andarti
all'inferno?ª E lanciandosi contro il marchese coi pugni stretti,
gli
diede un punzone cosÏ forte nel petto, che il povero diavolo andÚ
ruzzoloni e precipitÚ in un borro, tutto rovi e sassi, sfracellato
morto, che non ebbe il tempo a dire _amen_! Beh! mi par di vederlo!ª
Qui Mattia faceva colle labbra un versaccio, come avesse posti i
denti
in un frutto lazzo ed amaro.
´E voi?--gli chiedevano gli uditori.
´Io? Io m'affacciai al
feci nell'aria un gran
venni
nel vostro paese, dove
seppelliti mezzi, e ho
signor
pievano?
precipizio, guardai, inchinai gli sposi: poi
crocione, e addio vicini, mi tramutai. E
mi acconciai col pievano defunto, e vi ho
fatto gran bene all'anima mia. Nevvero,
´Sta bene, sÏ, sÏ...ª--disse don Apollinare vergognoso di vedersi
usare dal sagrestano tanta dimestichezza. Ma avendo mestieri di
tenerselo amico, trangugiÚ quel boccone.
A un tratto un gran parapiglia, un vociare rabbioso, un suono di
colpi
menati, in luogo pi˘ basso furiosamente, fece sorgere lui, e Mattia,
e
tutta quella gente che avevano intorno; ma egli con diverso animo,
perchË corso alla giumenta fece atto di voler montare in sella,
gridando: ´I Francesi!ª
´Stia, stia,--gli gridÚ il sagrestano--sono quei di A... che si
picchiano fra loro!
´Allora datemi l'orcio dell'acquasanta, vado a chetarli!
´Che!--rispose Mattia--vorrebbe scendere laggi˘ a buscarne? Faccia
da
qui che l'acqua santa va da sË: Vede come si fa?ª
E preso in mano l'aspersorio, che per volere del pievano aveva
recato
dietro coll'orciolino e con altre carabattole; lo agitÚ in aria due
o
tre volte, poi lo diede a lui che benedicesse quei furibondi. I
quali
volendo accendere i fuochi, pel freddo che faceva su quelle alture,
avevano cominciato a contendere nel far legna e da ultimo a menar le
mani, a strapparsi code, a scaraventare cappellacci, sino a che la
pace potË tornare, che fu briga assai lunga.
Don Apollinare credette d'aver fatto col suo aspersorio assai; e
venuta la notte, s'avvolse per bene nel ferraiuolo, non senza aver
molto raccomandato a Mattia di vegliare. Questi gli si sdraiÚ
vicino,
facendo conto di dormire con un occhio, e di contare le stelle
coll'altro: e noi lasciandogli a serenare, tirati dalla carit‡ ci
rifaremo in fretta dal signor Fedele; che non avesse ad affogare
sotto
quel tino, dovo l'abbiamo visto cacciarsi.
CAPITOLO VII.
Ho fatto tardi, e la carit‡ che volevamo usare al signor Fedele, ci
fu
tolta di mano da quel Minore Osservante, che aveva predicato a D....
la quaresima, e che trovammo in casa al pievano. Se ci fossimo
affrettati, l'avremmo visto sedere a mensa, nella palazzina, pi˘
lieto
che lungo, col padrone e colla famiglia in grande dimestichezza. Ma
per narrare come vi fosse venuto, converr‡ che io torni a parlare di
quella donnicciuola della cascinaia; la quale di certo non puÚ aver
lasciato memoria di sË, salvo per la mala azione d'essersi messa ad
origliare i discorsi di Bianca, il primo giorno in cui le signore
erano venute alla villa. Se ne rammenta il lettore? Allora
proseguiamo.
Costei sin da quel giorno, aveva disegnato di correre al convento,
per
dire ogni cosa al suo confessore; di quei tempi usando molto
confidare
al confessionale i propri peccati e le faccende altrui. Ma in tante
volte che vi era andata, non aveva potuto trovarlo, e la mattina
della
partenza dello stormo, la poveraccia teneva tuttavia sullo stomaco
il
gran peso di quel suo segreto. N'era tribolata come dal peccato
mortale; e pensando al marito, al maggiore de' figli, andati chi sa
a
quali sbaragli, non potË pi˘ reggere. S'affrettÚ verso il convento
decisa a non moversi pi˘, senza aver visto il padre Anacleto, senza
essersi confessata a lui, senza averlo pregato a porre i suoi uomini
nella guardia di Dio.
Dalla palazzina del signor Fedele, si poteva andare in pochissimo
tempo al convento; che sorgeva a piedi di una collina, formante una
fondura a guisa di conchiglia, la quale pareva far atto di tirare a
sË
l'edificio, in solitudine pi˘ sicura. E il valloncello era alberato
di
querce antichissime, le quali, dalla cresta che girava intorno un
par
di miglia, alla pi˘ bassa piaggia, coprivano di loro macchie la
terra
per modo, che non vi poteva nË luna, nË sole: meravigliose alla
vista,
perchË da quella infuori per tutta la costa della collina, l'occhio
non scopriva altro verde. Il bosco si chiamava dei frati: e perchË
pareva nato appunto per essi, la fantasia paesana vi aveva lavorato
sopra di curiose leggende. Fra l'altre questa, che San Francesco,
capitato l‡ attorno, per edificare un convento; avendo avuto da
Ottone
del Carretto feudatario della terra, quel sito; subito si pose
all'opera aiutato da sÏ gran numero di contadini, che il diavolo ne
fu
geloso. Un dÏ che i manovali si affaccendavano a murare, se ne
scoperse tra essi uno che tentava i compagni e gli scioperava,
osando
persino dar la berta al Santo, che s'affaticava a recar pietre sulle
sue spalle delicate. Fu badato a costui dai compagni; e come ogni
mattina accadeva di trovare il lavoro del giorno innanzi buttato
gran
parte a terra; il Santo gli mise gli occhi addosso a quel manovale e
s'avvide alfine a certi segni, che egli era un soggettaccio da non
poterlo nominare senza segnarsi tre volte. Fattoglisi cautamente
vicino, gli gettÚ al collo il suo cordone benedetto, e a furia di
croci lo costrinse a darsi per quel che era, e a portar calce, e
sabbia, e pietre quanto bisognava per l'edificio, di che prima di
notte vi fu d'avanzo ogni cosa. Il Santo non fu contento a tutto
quel
servizio, e dacchË il diavolo ci era cascato, volle giovarsi quanto
potË dell'opera sua. PerÚ menandoselo dietro a cavezza per lungo
giro
chiese che ad ogni passo facesse germogliare una quercia, o non
l'avrebbe sciolto mai. Il diavolo, nato per amare la libert‡ tanto
da
ribellarsi a Dio, non istette a perfidiare per la miseria di quattro
arboscelli: chË anzi San Francesco non chiedeva uno ch'egli non
desse
dieci e cento; e delle querce ne fece nascere tante che il Santo non
aveva finito di torgli il cordone dal collo, e il bosco era, come
fosse sorto da secoli, bello, diffuso e forte. CosÏ il popolo di
quelle parti dava ragione a sË stesso, del come quella selva fosse
sorta in mezzo al tufo brullo della collina.
Il convento poi, parlando sul serio, crebbe e durÚ pi˘ che cinque
secoli e mezzo; e forse durerebbe tuttavia se il generale Victor,
nel
1799 non v'avesse appiccato il fuoco; e Napoleone nel 1805 non ne
avesse cacciata la frateria, che rifatta ogni cosa v'era tornata a
star bene. I terrieri dissero che fu gran peccato, perchË i frati
erano buoni, l'edificio bello, e la chiesa anche pi˘. Questa era di
tre navate, partite in molte cappelle, tenute in patronato dai
maggiorenti del borgo di C..., larghi donatori ai frati e alla
chiesa.
Ognuna delle cappelle aveva nel pavimento un coperchio di tomba; e
la
prima in capo alla navata sinistra, diversa dalle altre per lo stile
e
per gli ornamenti, apparteneva ai Marchesi della terra, come Ë
mostrato dal coperchio della sepoltura, il quale reca un arme
coll'impresa di un carro e d'un'aquila imperiale a graffito. In
quella
tomba avvenne cosa, che se non ha che fare colla mia storia, nË coi
tempi di essa; ne ebbe molto coi teschi, raccolti l‡ dentro: poveri
teschi, che pur avendo portato elmo e corona, somigliano a tutti i
teschi umani; calvi, smascellati, hanno viso di ridere d'aver
vissuto
questa vita.
Faranno vent'anni, e un giovedÏ di quaresima, tre scolaretti
maninconiosi, erano andati a quel convento ruinato, col proposito di
rubarvi un teschio: avendo udito alle prediche di quei giorni, che
niuno ornamento migliore, e nulla di meglio contro il peccato
potesse
avere in camera un giovinetto. I tre adolescenti si fermarono sopra
la
lapide blasonata; trovarono a ridire sul cattivo latino
dell'inscrizione; poi fecero alle pagliuzze cui toccasse discendere
nel sepolcro in cerca del cranio. Come ebbero fatto, i due vincitori
recatisi in mano le campanelle del coperchio, lo levarono a gran
fatica sull'un dei lati, quanto il compagno potesse passare nel vano
la sua persona: e questi, messe le gambe nella buca, peritoso,
peritoso, si calÚ con forte batticuore, a frugare il sepolcro.
I teschi erano laggi˘ in fondo, raccolti come ad amarsi, a
consigliarsi; e alla poca luce che poteva l‡ dentro, biancheggiavano
in forme incerte. Pi˘ in l‡ si vedeva buio, e pareva che ne venisse
un'aria tetra, greve, umida, forse quella dell'eternit‡. Il
giovinetto
si spinse avanti carponi, e gi‡ stendeva la mano sopra uno dei
teschi;
quando i due del coperchio udirono una voce di donna gridare
arrangolata dando loro dei monelli, disturbatori di morti! Subito la
pietra del sepolcro ricadde con un tonfo pauroso; e i passi dei due
fuggenti compagni suonarono cupi, sul capo del tapinello, rimastovi
chiuso. Egli non osÚ movere un dito dalla paura d'urtare in qualche
morto, levatosi a vedere che fosse; ma nË allora nË mai, seppe
quanto
rimase a quella tortura. Il fatto finÏ, che i compagni ritornarono;
la
tomba fu scoperchiata un'altra volta; egli agile come un tigrotto,
ne
fu fuori di lancio; e gi˘ sui due menÚ tanti colpi e tanti n'ebbe,
che
se non fosse stata a chetarli a colpi di rastrello, quella donna
istessa ch'era cagione del guaio, qualcuno dei tre finiva ridotto a
mal partito. Ritornarono mesti, mogi, a mani vuote da quella
spedizione; e per lunga pezza non ebbero pi˘ pensiero nË di quei
crani, nË del convento.
Tornando al quale, ed alla chiesa, qual era in sul finire del secolo
passato: seguiterÚ a dire come fosse ricca di marmi, e avesse un
coro
di legno di ciliegio, lavoro antico d'un intagliatore Lombardo,
stralevigato dai dorsi de' frati a segno che i novizi vi andavano a
specchiarsi. V'era una cantoria angusta, tarmata, e un pulpito
pitturato, bigoncia e pilastro, di certi simboli rossi su fondo
giallo; ed io immagino che moltissime volte saranno stati scambiati
per papaveri, o per qualche altra pianta sonnifera, dai fedeli dei
tempi, in cui i frati vi salivano a predicare.
Dalla chiesa per una porticina, si passava nel chiostro. Questo come
tutti i chiostri, era bello davvero. Le sue colonnine di pietra
verdastra sorreggono ancora gli archi leggiadri e severi; a ognuno
dei
quali corrisponde nelle pareti intorno, sotto le volte, un affresco.
Ivi sono rappresentati i miracoli operati sulla terra dal Santo
Fondatore; piedi troncati colla scure e colla scure rappiccati;
uomini
storpi raddrizzati; ciechi illuminati, tanti che sarebbe lunga
litania, a voler descrivere tutti quei gesti maravigliosi.
Per un'altra postierla, aperta traverso un muro grosso come di
castello; si poteva entrare dal chiostro nella cucina: e il
visitatore
stupiva dell'ampiezza inaspettata di questa. Faceva contrasto
l'angustia delle finestre, munite di sode inferriate, le quali colla
poca luce che mettevano dentro, davano un aspetto tetro alla vÚlta e
alle pareti, tralucenti pel fumo venutosi aggrumando a guisa di
vernice nerissima: e pi˘ di tutto dava nell'occhio la smisurata
cappa
del camino, la quale aveva l'aria d'un mostro, che spalancasse la
gola
a divorare l‡ dentro ogni cosa. La porta maggiore della cucina, del
paro che quella del chiostro, mettevano sotto un portichetto, che
formava un angolo retto colla facciata della chiesa, e aveva dinanzi
un piazzale, dove i contadini si raccoglievano la domenica, a
chiaccherare del tempo e dei ricolti, fin che entrando le messe i
campanelli dalla chiesa ne li facessero avvisati. Stando sotto quel
portichetto, a sedere su d'una cassapanca di legno grossolano
lavorato
a colpi di scure, e vecchia di chi sa quanti secoli; i conversi, i
cuochi ricreavano la vista, in due lunghi e bellissimi pergolati; le
travicelle dei quali erano sorrette dai muriccioli degli orti, e da
due ordini di pilastrini; e in mezzo a questi correva la via, per
cui
dalla valle si veniva al convento. Sotto i pergolati solevano
passeggiare i frati coi loro amici delle terre vicine, che venivano
soventi a visitarli, per desinare assieme, per consigli, o per
deporre
il peso delle scrupolose coscienze: e se le pietre parlassero, quei
pilastrini ci potrebbero narrare chi sa che allegre cose, dette
all'ombra delle viti che vivono ancora assai rigogliose.
Il rimanente dell'edificio, era somigliante, in ogni parte, a tutti
i
conventi. Aveva due corridoi lunghi, incrocicchiati, ai capi dei
quali
si aprivano grandi balconi: e lungo le pareti porte di celle
anguste,
ognuna col suo santo, monaca o frate, a fresco sopra l'architrave.
Il
refettorio poi, (che io non lo dimentichi), era in sito delizioso; e
dava colle finestre su d'un orto ricco, d'alberi e di pozzi d'acque
limpidissime. Questi pozzi coperti di viluppi d'erbe, oggi paiono
poco; ma in fondo vi gracidano le rane, quasi per ammonire l'uomo
che
badi a non vi cascar dentro, essendovi l'acqua pericolosa, e di rado
v'ha qualcuno per averne aiuto.
I frati di questo convento erano la meglio parte delle terre di
Monferrato e delle Langhe. Ve ne venivano talvolta dalla Liguria; ma
gli uni e gli altri, a quel che intesi dai vecchi, vi si
accomodavano
assai bene, e se ne andavano a malincuore. Tenevano in mano molte
fila
della vita civile e domestica nei borghi vicini; predicavano,
confessavano, pregavano, parevano tanti santi e tra loro in gran
concordia; sebbene anche in quello come in tutti i sodalizi del
mondo,
covassero le invidie, le gelosie, gli odi; e si potesse
assomigliarlo
ad un lago quieto come specchio alla faccia, e gi˘ gi˘ nei fondi,
agitato da pesci d'ogni sorta, persino mostruosi. I loro cercatori
correndo i contadi raccoglievano copia d'ogni ben di Dio, n'avessero
potuto portare; e rivenivano ogni sera carichi come api ed allegri
sempre.
Costoro non si veggono pi˘ girare per le vie e pei campi, col sacco
della cerca in ispalla; e del vasto edificio avanza appena un'ala
che
si possa abitare da cristiani. Vi sta una famigliuola di coloni, che
mandano innanzi a podere le terre intorno. Corridoi e celle sono
crollati o offesi da larghe crepe: la chiesa non ha pi˘ tetto; gli
altari sono scalcinati; il campanile si regge a stento, e fa segno
di
non saper bene dove si abbia a coricare, o sulla terra, dell'orto, o
sul grembo erboso della chiesa. Ma non andr‡ guari e sar‡ anch'esso
confuso coi ruderi sconvolti come per terremoto; e nulla, pi˘ nulla,
parler‡ di quello che era il convento or sono settant'anni. A me
duole
assai di questo, ma pi˘ dei frati, chË tra loro neppure uno ha
lasciato memoria di sapienza, d'amore, o d'altre virt˘. Che importa
a
noi sapere che venivano coll'et‡ molto avanti? Forse gli Ë appunto
per
aver badato a vivere lunga vita, che sono morti del tutto: e sebbene
delle loro ossa siano piene quattro tombe; queste non han nulla da
dire al visitatore, che ascolta le coppie di colombi tubare dal
campanile i loro dolci amori, ricolmando di mestizia gli archi, le
vÙlte, quell'ingombro di ruderi, e quell'erbe lussureggianti.
Incontra
talora di vedere qualche personcina, sfatta, macilenta, gialla come
per febbre maremmana, fuggire per un bosco, far capolino da un
uscio,
o nascondersi dietro una colonna cadente. V'ha da rimanere attoniti,
come se fosse un'anima di frate venuta dall'altro mondo; e sar‡ un
figlio del colono, guasto, poveretto, dalla malaria di quelle ruine.
Il bosco Ë bello ancora, ma mostra qua e l‡ di larghe radaie; la
mano
del tempo e dell'uomo vi fanno a gara nel distruggere; tuttavia
l'occhio si posa da lontano, assai volentieri, su quella valletta,
come in luogo di pace.
Quando la cascinaia del signor Fedele giunse al convento, il padre
Anacleto era sul rialto, donde poche ore prima, il guardiano aveva
arringata la turba andata in guerra. Egli girava intorno a certo
pilastro sormontato da una croce di ferro, al fresco delle grandi
querce che ombravano il poggiolino. I frati solevano venirvi a
riposarsi in sul desinare, e a dire le barzellette alla gente che
passava, per la via appiË di quello. Essendo ancora mattino, il
padre
Anacleto vi stava solo soletto, teneva il breviario sotto il
braccio,
e colle mani una sull'altra, diceva passeggiando le ore.
Parve alla povera donna, che Dio l'avesse posto l‡ ad aspettar lei;
e
appressandosi peritosa, come potË chiamollo a nome sommessamente.
´Oh!....--sclamÚ il frate mettendosi sulla persona altezzoso;--sei
tu?
Ebbene? Tuo marito se n'Ë andato anch'egli col figlio maggiore
nevvero?
L'altra imbambolava a queste prime parole, e stava per fregarsi gli
occhi col dosso della mano; ma il frate accorto, soggiungeva:
´Hanno fatto bene! L'intenzione Ë santa..., ma io credo che non
avremo
mestieri delle loro forze; e quand'anche fosse, il Signore sa quali
sono i nostri....; bisogna avere fede in lui, e starsi di buona
voglia. Allegri!ª
E tornÚ a passeggiare, come, se con questo le avesse detto addio. Ma
essa con voce umile e timorosa:
´O signor padre, mi perdoni, sono venuta per parlare con lei....
´Con me? Allora son qui!ª rispose il frate fermandosi di nuovo; e
prese l'aspetto d'uomo che tiene una mano su in cielo e l'altra
sopra
la terra: certo che colei veniva con qualcuna delle noie, solite ad
essergli date dalle foresi, le quali erano lÏ ogni poco, a fargli
recitare il responsorio di Sant'Antonio per ritrovare la gallina
perduta; o con uno scrupolo da sciogliere; o con un sogno da
decifrare.
´Veniva per confessarmi--disse la campagnuola. Ed egli a lei:
´Ma se fa appena un mese che hai fatta la pasqua. Che ci hai di
nuovo?
´Peccati, no: ma ho certa cosa che mi pesa sull'anima; e mi pare che
se io non la dico, il mio povero uomo avr‡ la mala ventura. Son
venuta
qui parecchie volte...
´Spicciati, spicciati,--interruppe il frate.
´Ecco! Ella sa che i padroni sono in villa: ma ha da sapere che
quella
notte in cui ci vennero, voglio dire quando fu mattino, il signor
Fedele, prima di tornare a C.... mi disse che portando la colazione
alle signore, badassi bene a non parlare con esse, perchË alla
Bianca
voleva dar volta il cervello, e vedeva tutto, spie, nemici, Francesi
e
che so io....
´Caspita!--sclamÚ il frate, quasi maravigliando di quelle cose
seguite
a sua insaputa.
´Ascolti, ascolti!--continuÚ la donna pigliando animo:--portando la
roba io mi sono lasciata tirare dalla curiosit‡, e andai ad
origliare
all'uscio delle donne. Parlavano tra loro, e Bianca diceva cose...,
cose, poverina, da far piangere! Altro che impazzare! parlava come
un
libro; ma non ho potuto capire nulla, salvo che vuol farsi monaca, e
che non vuol essere sacrificata... Basta! Il fatto Ë questo, che da
quel giorno, in casa ci pare il mortorio; e il signor Fedele, quando
lo vedo, fa tremare anche me. » torbido come se gli si avesse tolto
il
pasto di bocca... Se ella ci andasse a vedere un poco... Ah!... gi‡
mi
dimenticava; il padrone sin da stamane s'Ë nascosto in cantina, e
non
c'Ë santi per farlo venir fuori: la palazzina Ë chiusa, ma dentro ci
si sente la disperazione!
´Allora vadoª--disse il frate; e la donnicciola ringraziandolo mosse
verso il convento a udirvi messa, spigliata come si fosse tolto di
dosso un macigno. Egli poi, stato un altro poco a girare intorno al
pilastro, si segnÚ due volte, e s'avviÚ alla villa del signor
Fedele.
Vi giunse che questi aveva scacciato con grandi minaccie Bianca e
Margherita, tornate a pregarlo si togliesse di quel brutto luogo,
che
quei furiosi se n'erano andati: ma le loro preghiere avrebbero mosso
a
piet‡ qualunque crudele, non lui. Scendevano e salivano dalla
cantina
alla stanza, dov'era la zia Maria, e con essa facevano le dolorose
querele; quando s'intese un picchio leggero all'uscio di sotto, e
Bianca affacciandosi sclamÚ: ´il padre Anacleto!ª
La cieca, credË, a quel nome, di ricevere un messaggio del cielo;
Bianca corse da non veder le scale, a suo padre, dicendogli del
frate;
e Margherita non aveva quasi avuto tempo di raggiungerla, che il
signor Fedele, come se una mano poderosa l'avesse afferrato per le
gambe; vergognoso di sË, in meno che non aveva fatto ad entrare in
quella sorta di tana, ne era gi‡ fuori. Ma ahimË, come concio!
Pareva
un masnadiero fuggito, per qualche fogna al bargello; per giunta un
nugolo di molesti moscioni, gli si turbinavano intorno al viso, ed
alla persona. Bianca si provava a nettarlo, e piangeva; Margherita,
aperta la porta, faceva venir dentro il padre Anacleto.
´_Deo gratias!_ª--disse questi facendosi oltre diritto, verso la
parte
onde veniva la voce del signor Fedele; ma vedendolo qual era--´che
fatto Ë questo--sclamÚ,--che ti veggo scompigliato a codesto modo?ª
Il
frate dava del tu a tutti, salvo che agli ecclesiastici pi˘ vecchi
di
lui.
´Eh! padre--rispondeva l'altro,--ella viene in casa a un ospite
sventurato! Ero disceso in cantina, per vedervi come sto a vini
stagionati; mi prese il capogiro, caddi, e buon per me che queste
mie
figliuole furono pronte ad aiutarmi.ª
Se l‡ dentro fosse stato un po' pi˘ di luce, il frate avrebbe visto
sui volti delle due fanciulle, i segni della maraviglia, in cui
l'infingimento del padre mise le loro anime semplici. Ma non ebbe
neanco tempo di dire al signor Fedele, che ringraziasse il Signore
di
avergli tenuta sul capo la sua santa mano; che costui scaricando su
Bianca il miscuglio tempestoso di passioni, che gli fiottava
nell'animo:
´E voi--le gridava--voi, che ci fate qui? Andate al vostro
posto!...ª
La povera giovane, che quasi s'era dimenticata d'ogni patimento,
solo
per aver potuto parlare quelle poche ore colla zia e colla sorella;
rimase a quelle parole, come se venuta tapina a chiedere la carit‡,
le
avessero chiuso in faccia l'uscio di casa sua. Di che, chinando gli
occhi mestamente, si volse addietro, salÏ le scale, ritornÚ nella
sua
camera, ai suoi silenzi. Margherita stette senza saper che si fare,
addolorata di veder ricominciata la trista istoria: poi usci
sull'aia
singhiozzando da sola.
Allora il padre Anacleto, capÏ che sotto quei portamenti v'era
qualcosa, di cui la cascinaia gli aveva fatti a ragione i grossi
misteri. E valendosi della considerazione, in cui sapeva d'essere
tenuto dal signor Fedele, presolo per la mano, con dimestichezza
paterna, gli disse:
´Fedele, tu sei pi˘ vecchio di me, ma io sono pi˘ di te esperto
della
vita. Sai che io ti sono amico, non t'ho mai veduto cosÏ severo
colle
tue figliuole; che t'hanno fatto? Non mi hai detto or ora, come
t'han
mostrato d'amarti? DacchË non ti ho riveduto, tu sei mutato in viso,
ma molto mutato: segno che non sei contento! PerchË non sei venuto
da
me? A dirti il vero qualcosa mi diceva qua dentro: ´egli non viene
da
te, e tu va da lui!ª e sono venuto, ed ecco che non m'ingannai. Che
posso per te? Noi siamo ai servigi dei felici e dei mesti, dei
ricchi
e dei poveri..... parla pure....
´Oh, padre!--rispose basso il signor Fedele--questa Ë la casa
dell'afflizione! Se dura cosÏ un altro mese, qualcuno di noi sar‡
portato al sepolcro!
´Oh!--sclamÚ il frate--dunque c'Ë a mezzo qualche seria faccenda?
´Seria! altro che seria!--proseguÏ sospirando il signor Fedele, che
stato in forse quei pochi momenti, aveva deciso di confidarsi al
frate
delle cose di casa sua:--i figliuoli de' nostri tempi, non
obbediscono
pi˘ i loro padri, e il mondo va per la via torta....
´Il mondo si sfascia come un cadavere--sentenziÚ il padre Anacleto;
ed
ambidue uscirono all'aperto, mettendosi sotto il pergolato tuttavia
poco ombroso. Buon pel signor Fedele che niuno lo vide, conciato
com'era; chË all'aspetto strano, gli avrebbe scemata la stima.
´Ecco--diceva egli continuando;--ella sa, padre, che le mie due
figliuole mi sono pi˘ care che le pupille. M'Ë capitato per la prima
di esse un partito, un partito da renderne invidiosa una
principessa.
La trista non vuole saperne.... e sono settimane che mi arrovello a
trovar modo di farle far senno. Baje! Essa mi si fa sempre pi˘
cocciuta, e quasi io perdo la santa pazienza. Non mi pare vero; cosÏ
dolce com'Ë....!
´Eh!--disse il frate--del vino dolce si fa l'aceto forte. Ma l'uomo
che tu le vuoi dare, le piace?
´Via!--rispose l'altro tentennando un tantino;--diciam gatta alla
gatta, pare che no.
´O allora, che vuoi? Farle forza? » tanto giovane, e non v'ha da
temere che ti rimanga in casa zitella. E colui del partito, non puÚ
aspettare?
´Che aspettare! Questo partito mi fa come la palla; mi balza in mano
e
se non le do mio danno! Mi sia segreto padre; questo partito Ë un
uffiziale alemanno, ricco come il mare; e la piglierebbe senza
parlar
di dote. CosÏ quel po' di ben di Dio che abbiamo al sole, mi
basterebbe a maritar la sorella pi˘ ricca....
´D‡ retta--interruppe il frate--sai di qualcuno quass˘ cui tua
figlia
voglia bene?
´Questo--rispose l'altro, tastandosi la nuca, e poi badando alle
dita
che gli rimasero piene di ragnatele:--questo sospetto nacque anche a
me... e... giacchË ci siamo, le dirÚ tutto. Sar‡ un mese, proprio il
giorno in cui l'alemanno mi chiese Bianca; venne da me una signora
di
D...: ella che fu laggi˘ a fare il quaresimale, la conoscer‡.... Ë
la
signora Maddalena.... venne, e quattro e quattr'otto, mi chiese
anch'essa la figlia per suo figliuolo che si chiama Giuliano....ª
Udire questo nome, aggrottare le ciglia, farsi indietro un passo; fu
pel padre Anacleto un solo atto. E appuntando l'indice della destra
nel signor Fedele.
´E tu,--sclamÚ--dovevi risponderle, che se suo figlio vuole una
moglie, se la vada a cercare nelle terre di Calvino, di Lutero, in
Turchia....!
´Turchia?--disse il signor Fedele--o che Ë questo, ch'ella mi fa
tremare le gambe?
´Bisognerebbe che tu fossi stato a D.... sar‡ giusto un mese, per
sapere ciÚ che dico! Bisognerebbe avere inteso le parole, che colui
osÚ dire al pievano di laggi˘. Cose da temere che gli si aprisse la
terra sotto i piedi! Ah Fedele, quale sventura, se tua figlia
volesse
bene a quell'empio!ª
´Oh Dio! che puÚ essere, e forse Ë!
´Non sai che colui Ë stato scolaro di don Marco?
´Sicuro!....
´E che dalla casa di questo matto benedetto alla tua, non v'ha di
mezzo che il vicolo?
´Gi‡!
´Credilo a me, quando quella signora venne, i due giovani avevano
bell'e fatto l'accordo.
´Eppure non si sono parlati mai....! disse il signor Fedele rotando
gli occhi.
´Oh! quanto a questo, pensa alla tua giovinezza. Fedele, questa
passione, se v'Ë, la levo io dal cuore di Bianca. Una ragazza non
deve
porre in pericolo l'anima sua.... dell'anime non ne abbiamo che una,
e
con un Volteriano per marito, essa non si salverebbe di certo.
Fammela
vedere.
´SÏ! sÏ! padre, e badi a convertirla; io poi farÚ il debito mio
verso
lei, e verso San Francesco....ª
CosÏ dicendo, mise dentro la palazzina il frate, e salirono in sala.
L‡ cortesie e accoglienze liete tra damigella Maria e Margherita e
quest'ultimo; il quale chiesto di Bianca, gli fu insegnato dalla
sorella la camera del piano di sopra, dov'era. Ed egli fece la scala
accompagnato dalle benedizioni delle due donne, cui pareva gran
ventura la visita d'un uomo, che forse veniva recando seco il
segreto
della consolazione.
Frattanto il signor Fedele, che s'era andato a ricomporre un tantino
i
panni in altra stanza, fattosi sull'uscio della sala, con certa
allegrezza nuova nella voce, diceva alla cieca:
´Cognata, pensate al desinare; lo voglio sontuoso, perchË terremo
con
noi il padre Anacleto: tu Margherita corri dalla massaia, che tiri
il
collo a un par di piccioni e a una gallina; con un sorso d'aceto che
io metterÚ loro in gola, diventeranno di buona cottoia lÏ per lÏ;
diamoci attorno leste, e se vi bisogna aiuto son qua io. Che? ridi?
ridete? In opera di cuocere vedrete chi sono!ª
A questo fare piacevole, mai pi˘ costumato da lui, la zia Maria e
Margherita, si sentirono proprio rinate. Che tutto questo mutamento
d'anima e di modi, venisse dal padre Anacleto? Che gli avesse
toccato
il cuore? Lo benedissero cento volte, nË la cieca avrebbe fatto di
pi˘, se il frate le avesse dato un barlume. La nipote valeva dieci
cotanti pi˘ degli altri giorni; e di s˘ di gi˘, una affaccendata,
l'altra in cucina; in un batter d'occhio le pentole bollivano, le
padelle friggevano; avessero potuto imbandire pupille di fagiani,
sarebbero loro parso poco pel frate; al quale, l'odore delle vivande
gratissimo, saliva dalla cucina fin nella camera di Bianca.
Egli v'era entrato, come a entrare nella propria cella; mentre la
fanciulla, appoggiata al davanzale della finestra, guardava fuori la
campagna, e i colli e i monti lontani. E a veder biancheggiare
qualche
campanile che accennasse un villaggio romito; si sentiva rapire il
cuore a quella lontananza, come se l‡ avesse potuto vivere felice.
´Bianca,--aveva detto il padre Anacleto, dopo essersi soffermato un
tantino
sulla soglia, a mirare la bella in quel suo raccoglimento:--Bianca,
tu stai
guardando i campi, come se attendessi da qualche parte un portatore
di
novelle liete...ª
La fanciulla, che s'era volta addietro alla prima chiamata; col
volto
chino, come temesse di lasciare scoperti i mesti pensieri; si fece
incontro al frate, per baciarli il cordone; ma questi le porse la
mano. Essa la baciÚ, e poi disse:
´Oh padre, come ha fatto bene a venire quass˘! Non l'ho pi˘ riveduta
da due mesi, sa? quel giorno che venne a C.... al mortorio di quella
povera mia amica.... Povera! io, povera, e non essa! ma faccio per
dire...
´O che hai con queste malinconie!--sclamÚ il frate,--lo so anch'io,
che a questo modo andrai a male colla salute!--E tenendole alta la
fronte colla mano, che essa aveva baciata, e guardandola maestoso
nel
viso, soggiunse:--dunque, tu non mi vuoi dire che cosa aspetti, o
che
cosa cerchi cogli occhi, da quella finestra?
´Nulla!--rispose Bianca--io non aspetto nulla. Guardava cosÏ, per
quei
campi; e pensava che sotterra si deve stare quieti quieti, in queste
lunghe giornate che non vogliono mai finire. Cercava, quale sarebbe
il
pi˘ bel posto per farvisi scavare il sepolcro.
´Bei pensieri!--disse il padre Anacleto:--pensieri che sono nella
giovent˘, come i tarli in legno prezioso!
´Eppure ci si prova una dolcezza, una soave dolcezza...!
´Un'amarezza che uccide lentamente, dovresti dire! Tu hai bisogno di
consolazioni, fanciulla; e se io potessi toglierti dal cuore le tue
malinconie, sarei lieto d'aver servito Dio nella sua creatura. Ma
gi‡
io non posso nulla....ª
A queste parole Bianca prese animo e disse: ´Oh! ella potrebbe
tutto,
se volesse farmi il bene che io le chiederei...!ª
´Parla son qui a posta!--s'affrettÚ a dire il frate--accostiamoci
alla
finestra, e parla: che hai, che ti hanno fatto? io sono un umile
consigliere, un povero mortale, ma alle volte Dio si compiace in
noi,
e parla colle nostre labbra.
´Ebbene,--cominciÚ Bianca, mostrando di volersi rimettere in
lui:--vidi soventi frati forastieri venire quass˘; se da qualcuno di
questi, si potesse sapere dove sia il monastero pi˘ vicino a noi; ma
un monastero che vi si entri per non uscirne pi˘, nË vivi nË
morti....
e se mi ottenesse da mio padre la grazia di farmi monaca in quello:
io
pregherei per la sua salute tutto il resto della mia vita, e mi
ricorderei di lei, padre, come del mio pi˘ grande benefattore....ª
Il frate aveva sorriso alla semplicit‡ di Bianca, la quale pensava
che
oltre la cerchia di quelle montagne, il mondo fosse anche per lui
ignoto. Ed essa, dicendo, aveva a poco a poco osato alzare gli occhi
negli occhi di lui; e lo sguardo le si era fatto cosÏ eloquente, che
egli vi lesse dentro tutto l'animo della donzella, decisa a quel
passo
di cui parlava. StimÚ buona cosa venir col discorso a seconda di
quei
desideri mesti e profondi; e dopo un tantino di silenzio, disse:
´E sta bene! Fanciulla che si manifesta inclinata a diventare sposa
di
Cristo, bisogna aiutarla, e t'aiuterÚ. Appena di l‡ di questi monti,
che abbiamo in faccia, nell'altra Bormida, in un luogo che pi˘ ameno
non potrebbe essere, v'ha un monastero dove tu saresti sempre la
benvenuta... Ma..., poni mente a quel che ti dico: quella che tu
vagheggi Ë una vita dura..., una vita di penitenze in cui si spegne
la
giovinezza; anzi si cerca di struggerla, come un incenso che si
brucia
per mandarne il profumo al cielo...ª
Bianca provava una volutt‡ amara a udire di quel martirio; e il
frate
continuava:
´Tu, lo veggo, gioisci a queste notizie, o anima eletta! Ma...,
quando
avrai fatto il gran passo, oltre quella soglia da cui non si esce
mai
pi˘; se tu venissi a sapere che tuo padre ne sar‡ rimasto accorato
da
morirne; se la tua Margherita, e la tua povera zia, che ti tenne
amorosa luogo di madre; perdendoti come tu fossi morta, non
potessero
darsi pace, e morissero anch'esse di dolore: tu sapendolo l‡ dentro,
(e lo saprai perchË, in quei chiostri solitari, dove non si fa altro
che patire e pregare per tutti i peccatori della terra, il cuore
parla
la verit‡); ebbene non ti sentirai pigliare dallo sgomento di aver
fatto tanto male, d'avere aperto tre tombe ai tuoi pi˘ cari?ª
La fanciulla ruppe in pianto, e le lagrime le caddero per le guancie
sul seno affannato. Di che il frate mutÚ subito la voce e gli atti,
e
fattosi dolcissimo, soggiunse:
´Vedi? Oh, io lo so molto bene come sono fatti i vostri cuori! La
solitudine, il chiostro, illusioni; ma l'obblio delle case nostre,
dei
nostri affetti, siamo sicuri di averlo acquistato? Non parlare pi˘,
per ora, di monastero. Se Dio ne' suoi consigli t'avr‡ chiamata;
quei
consigli non mutano, e te li significher‡ meglio, domani, tra un
mese,
tra un anno, quando a lui piacer‡... Oggi tu devi essere savia,
avere
pi˘ fiducia nel mondo..., voglio dire ne' tuoi..., in tuo padre...,
in
me se mi degni...: insomma se t'ho a dire la verit‡, io temo che tu
non mi dica nË tutto nË met‡ di quel che dovresti, ad uno cui
domandi
aiuto; e se debbo andarmene, io me ne vado...ª
E fece atto di partire.
´Oh! no, padre,--sclamÚ Bianca rattenendolo colle sue candide
mani;--non se ne vada, per amor di Dio! Adesso mi pare che avrei a
dirle tante cose; ma ho un cerchio al capo, un cerchio come di
ferro,
di fuoco, e tutte le mie idee mi sembrano svanite...
´Via,--disse il padre Anacleto, segnando col dito il cuore della
fanciulla;--le tue idee svaniscono, ma non svanisce quello che tu
hai
costaggi˘. Dimmi il vero, Bianca, dimmelo che darai gloria a Dio! E
perdonami se io entro in te, ma lo fo pel tuo meglio...; dimmelo, tu
vuoi bene a qualcuno...ª
Il fiore di melagrano appena sbocciato Ë una pallidezza, paragonato
al
rossore di cui la giovinetta si tinse. Ma non fece segno di voler
celar l'animo; chË anzi guardando il frate umilmente, e rifatta
pallida, pallida, chiese sommessa: ´» forse male?
´Male..., male no!--rispose il frate--anzi dirÚ che il voler bene,
come comanda Dio, viene da gentilezza di cuore... Ma alle volte,
questo benedetto cuore, inesperto, s'apre ad affetti, che poi si
mutano in pentimenti...; e ora che ti guardo meglio, mi pari cosÏ
diversa da quella di prima, che io temo tu non abbia posto amore in
qualche uomo indegno di te...
´Indegno?--proruppe Bianca facendosi tutta fuoco, e atteggiandosi
che
non pareva pi˘ una fanciulla timida ed oppressa, ma donna forte da
far
valere la verit‡:--Se ella conoscesse quel giovane, non avrebbe
detto
questa parola!ª
E rimase guardando il frate, le palpebre abbassate un tantino, e il
labbro sporto sdegnosamente, come chi ha detto, e non vuol udir
altro.
Ma il frate senza scomporsi:
´Questo tuo sdegno nobilissimo mi persuade ch'egli sia giovane
dabbene; e se le mie parole t'avessero offesa, me ne dorrebbe assai.
Ma noi si fa sempre e si dice in fin di bene, e se tu vuoi che io ne
parli a tuo padre, dimmi il nome...
´Oh! no, no, per carit‡,--interruppe la giovinetta--non dica nulla!
Mio padre mi ha detto un giorno che se sapesse che io voglio bene a
qualcuno, egli sarebbe uomo da farlo ammazzare...!
´Bah! Sono cose che si dicono nella collera! Sta di buon animo, la
mia
fanciulla, che tutto si accomoder‡ secondo il volere di Dio...
´Ma mio padre m'ha promessa ad un altro...!
´E tu fagli bel viso, che alla fine delle fini non Ë un tiranno!
Forse
io sono destinato a ricondurti la gioia in casa... Ma tu hai un
torto,
un torto grave...; non m'hai voluto dire quel nome... eppure me lo
dirai, lo saprÚ; oh! lo saprÚ e forse lo so fin d'ora...ª
Se il signor Fedele non fosse entrato a rompere quel discorso,
Bianca
avrebbe di certo finito per dire quel nome, che d'altra parte il
padre
Anacleto sapeva da sË. Ingenua e col cuore traboccante di dolore,
stava per isfogare la sua grande passione, messa in vampe dalle
parole
del frate, come brace sopra cui si scarichi improvvisa una buffa di
vento.
´Padre,--diceva il signor Fedele, facendosi sull'uscio della
cameretta;--oggi lo vogliamo a far penitenza con noi. Bianca, a
momenti s'entra in tavola, prega il signor padre a volerci degnare.ª
Bianca, che a veder comparire il padre suo, s'era rifatta sopra sË
stessa, rivolgendo timidamente gli occhi alla campagna; stupÏ del
modo
di quegli inviti, che tornava cosÏ diverso dai trattamenti avuti
un'ora prima. Il frate, scostatosi da essa, si fece far largo
dolcemente dal signor Fedele, per uscire, e gli susurrÚ
all'orecchio:
´M'hai disturbato; ma va e sii dolce; col miele si pigliano l'apiª-E
gradino, gradino discese in sala.
L'altro, che a quelle parole fece tra sË e sË conto di rimettersi
tutto nel frate; mosse verso Bianca, e vezzeggiandola, come non
aveva
mai fatto, le prese la mano, e menandosela dietro amorevolmente,
diceva:
´Vieni, Biancuccia, che tu hai a fare gli onori di casa al padre
Anacleto; mangeremo un boccone in santa pace ed allegria; poi sar‡
quel che Dio vorr‡. T'ho maltrattata stamattina, ma quei villani
m'avevano fatto perdere il capo..., vieni...ª
La fanciulla, si sentÏ come a cascar di dosso la gramaglia, e
mutarsi
in una veste di tutti i colori pi˘ belli. A lei sorrise l'anima, a
lui
sorrisero le labbra; e come se nulla fosse stato dei lunghi bronci,
discesero anch'essi in sala.
Trovarono la cieca, Margherita, col padre Anacleto che pareva stesse
dicendo loro le sue pi˘ dolci parole; ma costui quando li vide venir
dentro, bilicata tra l'indice e il pollice della destra la sua
tabacchiera, e facendole fare mulinelli, mutÚ discorso
giocondamente.
´Dunque,--diceva--oggi m'ho a fermare a far penitenza con voi? Sar‡
una penitenza assai dura a quel che sento nell'aria; ma cogli amici
ogni patire torna godimento...
´Sempre gaio il padre Anacleto!--diceva damigella Maria, la quale
chi
sa quel che avrebbe dato, per vederlo un istante in viso.
´L'animo lieto fa l'et‡ fiorita!--rispondeva egli: lo dice Salomone.
Ed essa:
´Mi vuole a lato?
´SÏ! e vedrÚ di raccontarvi qualche istoria che vi tenga allegri...
´Allora entriamo a mensa;--disse il signor Fedele--e ad uno ad uno
come fanno i frati: dico bene padre?
´Ad uno ad uno, a far penitenza...ª
CosÏ rispose il frate, ed entrarono nella stanza, dove avevano messo
in tavola. Questa era un po' angusta, ma ariosa, e per la gran luce
che vi veniva dentro da due finestre, pareva la sede
dell'allegrezza.
Pigliarono ognuno il suo posto; e Bianca quasi non rammentÚ
d'essersi
seduta l‡ tanti giorni, per inghiottire bocconi amari. A tutti
sembrava d'uscire da un inverno tetro e caliginoso, e che allora
appunto il tempo si mettesse alla pi˘ bella primavera del mondo.
Mangiavano, bevevano, chiacchieravano in un dolce abbandono d'ogni
cerimonia: e dissero a lungo della gente, mossa quella mattina
contro
i Francesi. ´Chi sa dove saranno...? a quest'ora avranno fatto sosta
qua, l'avran fatta l‡...; da C..., da M..., da A..., chi sa quanti
ne
saranno andati? Forse i tali..., forse i tali altri...?ª E poi
strologarono sul tempo che sarebbe durata l'impresa; e gi˘ altre
congetture, altri presagi, che tutti venivano chiusi, come i salmi
dal
gloria, con un: ´sar‡ fatta la volont‡ di Dio!ª detto dal padre
Anacleto devotamente. CosÏ l'ilarit‡, e le piacevolezze, durarono
tutto il tempo del desinare; il quale fu lungo e inaffiato di vini
deliziosi, che il signor Fedele teneva riposti chi sa da quanti
anni.
Ma come ogni cosa in cui si pigli diletto ha presto fine; cosÏ venne
l'ora di levarsi da mensa, e il frate si ricordÚ di aver da tornare
al
convento. Il signor Fedele volle accompagnarlo, e Bianca chiese di
seguirli. Allora preso commiato da damigella Maria e da Margherita,
il
padre Anacleto uscÏ con essi; e s'avviarono passo passo, al dolce
calore del sol di maggio, che tramontando alle loro spalle, stendeva
le loro ombre lunghe lunghe, ora sulla via, ora sulle prode dei
campi.
Come furono in parte, dove l'andare si faceva disagevole, si
congedarono a vicenda con inviti e promesse per l'indomani; e il
frate
volte le spalle, si mise a camminare spedito per un sentiero
traverso
che menava al convento. Bianca gli guardÚ dietro mentre egli
s'allontanava, e le pareva sentirsi venir meno un grande aiuto;
timorosa di rimanere sola col babbo, che forse le avrebbe chiesto
del
colloquio avuto da essa col padre Anacleto. Ma egli fu contento di
sbirciarla sorridendo, e nel tornare a casa, le parlÚ di tutt'altro
da
quel che essa temeva; non volendo rischiarsi a guastare l'opera, a
quel che pareva, bene intrapresa dal frate.
Intanto, Margherita dalla finestra stava a vedere, e diceva alla zia
i
loro passi. Quando il padre Anacleto fu per uscirle di vista, in
capo
a quel sentiero grigio, che si perdeva nel bosco, essa si volse alla
cieca dicendo:
´Ecco; il padre Anacleto non si vede quasi pi˘; entra nel bosco... Ë
scomparso.
´Santo uomo! che Dio lo benedica:--disse la cieca--proprio possiamo
dire, che se la pace e la concordia ci tornano in casa, Ë merito
suo.
´E babbo e Bianca, sono costaggi˘ che tornano; e discorrono
amorevolmente fra loro.
´» un miracolo, Margherita, un miracolo! E se dura vogliamo andare
di
notte, bell'e in mezzo al bosco dei frati, a far la novena intorno
alla cappelletta di San Francesco. Tu e Bianca mi condurrete...
´Di notte nel bosco? Vi sono l'anime dei morti che singhiozzano
sulle
querce?
´Sono assiuoli e non anime di morti! Chi ti mette codeste ubbÌe in
capo? Eppoi pregando non s'ha a avere paura di nulla, perchË
l'angelo
custode ci sta sempre allato...ª
In quel momento rientrarono Bianca e suo padre. La fanciulla era
malinconica; ma come persona uscita di malattia che cominci a
riavere
la salute, mostrava a tratti qualche movenza allegra. Egli parlava a
tutte e tre riguardoso, sempre temendo di rompere quella sorta
d'incantesimo fatto dal frate; e quel giorno principiato nei
trambusti
e nel pianto, finiva per le loro quattro anime come per l'erbe dei
campi e per gli augelli dell'aria, ai quali un tramonto dorato,
prometteva per l'indomani un mattino di luce e d'amore.
Il padre Anacleto poi, giunto al convento che era l'ora d'andare in
refettorio a cenare; per non farsi scorgere, s'andÚ a sedere al suo
posto: ma com'Ë da pensarsi non prese nulla. Per ingannare quei
momenti, si pose a guardare un affresco, che era in fondo alla sala,
sopra la sedia del guardiano; e doveva rappresentare una cena, fatta
tra San Rocco e non so quali altri santi. Dico cosÏ perchË di
quell'affresco, sopravanzano pochi bocconi, essendo caduto
l'intonaco
del muro su cui era dipinto: ma una testa pennelleggiata assai bene;
una spalla coperta di un sarrocchino sul quale spicca una conchiglia
che par vera; un boccale e un piatto di verde sulla mensa danno a
capire che in quella pittura si stava mangiando.
Pieno di pensieri, per la famiglia, dal cui desco s'era levato
poc'anzi, il frate lasciÚ correre la mente ai parchi desinari fatti
dagli Apostoli in casa d'amici, dove capitavano a consolare qualche
afflitto od a soccorrerlo di loro consigli. Quasi quasi osava
somigliare sË stesso ad uno di quelli; e di certo si tenne d'aver
fatto in quel giorno molto bene il debito suo. E si ringalluzzava
tutto, pensando che il pievano di D..., avrebbe potuto dire di
Giuliano, che la pena per lui, teneva dietro alla colpa assai da
vicino: e non vedeva l'ora di potergli scrivere che aveva scampata
dalle insidie del demonio una giovane innamorata di quel suo
parrocchiano senza legge e senza fede.
CAPITOLO VIII.
In iscambio don Apollinare si trovava a certi passi, che non era il
caso di poter pensare nË al padre Anacleto, nË a Giuliano.
I monti sui quali lo abbiamo lasciato colle turbe di Val di Bormida,
in capo a quattro o cinque giorni, formicavano, come vi si fosse
raccolto un esercito di barbari; pronti a calare dove loro fosse
venuta bene la preda, per portarsela a quelle sedi alpestri e
selvose.
Aveva durato a venirvi gente dalle pi˘ remote parti delle Langhe; nË
a
ricordo d'uomini nË di libri, s'era visto nulla di simigliante.
Lass˘
tutto era andato sossopra, rocce, zolle, alberi per far terrati e
ripari: e come a star all'aperto, dÏ e notte, si diventa
industriosi;
con certi graticci che sapevano intrecciare assai bene, i boscaiuoli
avevano fatto baracche pei capi, i quali dando pochi quattrini
cansavano le infreddature. E questi capi erano tanti, che le
baracche
crebbero di numero, quasi da togliere a quelle montagne l'antico
aspetto foresto.
Gli abitanti della marina l‡ sotto, avevano paura di quelle plebi
pi˘
che dei Francesi gi‡ vicinissimi; e ogni mattina guardavano se vi
fossero ancora, e mandavano sui monti messaggi d'amicizia, e saluti,
e
notizie grosse; per tenerle all'erta, che ad esse non venisse il
grillo di calare nei loro borghi, a farvi chi sa che tragedie. Le
turbe ricambiavano i saluti, e invece di pensare a discendere
laggi˘,
compiangevano chi vi stava.
Talvolta vedevano navi passare in vista facendo segni con bandiere;
ma
in quel pararsi di tanti colori non ci capivano nulla. I capi si
strappavano fra loro i cannocchiali, e per non essere scortesi
rispondevano a quei saluti, bruciando cataste di legna, da mandarne
le
fiamme alte come d'incendi.
Un di quei giorni erano capitati lass˘ alcuni uffiziali, dai campi
alemanni e piemontesi, posti lontano poche miglia gi˘ verso il mare.
Veduto in qual conto s'avessero a tenere quelle strane milizie, e
fatta correre la voce che fra breve tempo si sarebbero viste alla
prova; se n'erano ripartiti, a quel che si sapeva, ben edificati del
loro contegno. E in verit‡ quella lode soldatesca era meritata;
perchË
durava l'ardore col quale s'erano messe all'impresa di difendere il
trono e la religione: e la meglio parte di quella moltitudine,
allevata alla vita travagliosa dei solchi e delle selve, non badava
ai
disagi. Mangiavano i neri pani che s'aveano recati nelle bolge; le
quali portate, come usa da quelle parti, che una ne pende sul petto
un'altra sul dorso, e bianche di colore, avevano l'aria d'assise
bizzarre. Bevevano l'acqua pura delle fonti, per quelle montagne
copiose e frequenti; e se alcuni serbavano qualche goccia di vino
nei
barletti, era per berlo e confortarsi, dove per mala sorte avessero
toccata qualche ferita.
All'alba si levavano in piedi, liete come se nulla fosse stato della
guazza, e delle brine che talvolta anco in quella stagione, il vento
frizzante dell'Alpi porta nella contrada; dicevano ad alta voce le
orazioni del mattino; poi facevano d'ogni sorta d'esercizi, visti a
fare ai soldati. Due volte il giorno, i preti predicavano da qualche
poggio ognuno alla sua compagnia; e parlando di Dio e del Re,
tenevano
deste le ire, e il desiderio di dar dentro a menar le mani in guisa,
che dopo ogni predica le montagne suonavano di grida altissime, di
strage e di vendetta. Non sapevano bene, ma tutti accozzavano nelle
menti torbidi pensieri di religione, d'empiet‡, di re e di patiboli;
i
pi˘ ardenti aizzavano coi discorsi i compagni; chetarli era gran
fatica; e ad ogni tratto si tornava da capo. Presi cosÏ alla grossa,
s'accostumavano a quella vita assai bene.
Ma a don Apollinare, e a molti altri che avevano viso di
condottieri,
l'ore cominciavano a parer lunghe. Quattro giorni di disagi, erano
stati d'avanzo a fare dar gi˘ il bollore ai loro spiriti; e la
prontezza d'animo con cui s'erano mossi, cedeva un po' ogni giorno,
alla stanchezza in tutti, in molti alla noia, in taluni alla paura.
PerchË agli altri guai s'era aggiunta la vista di soldati regi ed
imperiali; i quali passavano per quelli alpestri sentieri, tornando
feriti o malconci dalle scaramuccie, che seguivano gi˘ gi˘, tra quel
d'Oneglia e quel di Loano. I poveretti camminavano da sË a fatica, o
portati da certi muli, spasimando, ogni poco, per i squassi crudeli:
ed erano quali mesti, quali baldanzosi, alcuni bestemmiavano, altri
mostrando le ferite toccate, dicevano a quelle genti affollate a
vedere, come laggi˘ laggi˘, di palle e di baionettate i Francesi ne
avessero in serbo anche per esse. Quelle parole non erano atte a
sgomentare la moltitudine; ma i capi ponendo gli occhi stupiti in
quelle piaghe mal fasciate, si sentivano frizzare le carni; e
pensavano alle famiglie, ai quieti piaceri, ai loro villaggi, nei
quali avevano vissuto sino a quel punto, cullati da quel buon popolo
che gli adorava e temeva, e lass˘ si sarebbe fatto in pezzi per
essi.
Volgendosi addietro, potevano vedere i loro campanili biancheggiare
lontani a poche miglia, e si lasciavano cogliere dalla nostalgia; la
malavoglia cresceva; ma non v'era chi osasse primo abbandonare la
spedizione, per non parere da meno del vicino o del rivale in amori
o
in averi. Pregavano, ognuno in suo cuore, che la ventura cui s'erano
messi, un po' per forza un po' per genio, volgesse in qualche guisa
al
suo compimento; pur di cavarsela colle ossa e colla riputazione
inoffese, quasi quasi avrebbero fatta la pace colla repubblica di
Francia.
Mattia mostrava in quei giorni d'aver animo pi˘ alto del suo
padrone;
e se ne stava lass˘ colla testa su due guanciali, come il maggior
pericolo fosse stato quello di vedere il mare levarsi a
quell'altezza,
e d'affogarvi dentro. Stato uomo da sbarragli tutta la giovinezza,
stimava cose da beffe le brighe presenti; e il suo pi˘ gran da fare,
era di reggere il cuore al pievano. Il quale per tenerselo amico,
gli
dava a mangiare i polli arrostiti, che il Rettore di Montefreddo
faceva portare dalla sua cura poco discosta; e il sagrestano ben
pasciuto, sempre lieto, sempre ritto, pareva l'anima dello stormo di
D.... Lass˘ nessuna molestia per lui, nË di famiglia nË di mestiere;
non campane da suonare, non ceri da accendere, non morti da
seppellire: e se pure di questi un qualche giorno ve n'aveva a
essere;
tra l'averli nudi, avvolti in un lenzuolo, e vederseli ai piedi
vestiti e non frugati, ci correva la moneta che avrebbe trovata
nelle
loro saccoccie. Eppoi lass˘ non aveva quella noia della moglie, e
quell'altra di gente cui dovesse roba o danaro; mentre a D...., eh!
a
D.... erano litanie che non finivano mai.
Stava egli adunque in barba di miccio; ma la quinta notte, dacchË
campeggiava lass˘ colle turbe, gli avvenne caso da fargli dire, che
proprio gente contenta sulla terra non ve ne puÚ durare.
Sedeva col dorso appoggiato alla capanna che aveva formata pel
pievano; e faceva la guardia, come l'altre notti, perchË questi
potesse dormire tranquillo. Tenendosi desto a fatica, guardava i
suoi
compatriotti addormentati l‡ intorno; e colla mente che gli pareva
avere avvolta di nebbia, pensava: ´Eh! Mattia, chi direbbe, che dei
parenti di costoro ne hai messi nelle buche le centinaia! Centinaia?
Altro che centinaia! di certo non durerai da seppellirsene
altrettanti...ª--E provandosi a contare, rammentandoli, i morti che
aveva sepolti in sua vita; non riesciva alle due dozzine che la
testa
cominciava a cascargli, or su l'una, ora sull'altra spalla, or sul
petto; e allora si scuoteva, tossicchiava, e badava alle stelle se
indovinasse l'ora.
Una di queste volte, alzando il capo, si vide l‡ ritto dinanzi un
uomo, che appoggiate le mani su d'un lungo e grosso bastone, sulle
mani reggeva il mento, anzi si poteva dire la persona, a vedere come
vi pesava sopra curvo ed intento.
´Fatti in l‡ che cosÏ desterai il pievano!--sclamÚ Mattia,
rabbioso--chi t'ha creanzato?
´Mattia, a qual giuoco abbiamo fatto sino ad ora?
´A qual giuoco? Ognuno secondo le carte, io per esempio faccio la
guardia al signor pievano....
´Ed io la faccio a voi; perchË i desinari, le cene, le paia di
capponi, ed anco le doppie che aveste da me, stanotte ve le farÚ
costar care, se non mi menerete a cavare il tesoro, che m'avete
promesso mille volte....!
´Oh! siete voi Zirione?ª--disse Mattia fingendo le meraviglie; e
levatosi in piedi fece segno di voler tirare in disparte il villano,
che don Apollinare non avesse a udire quei suoi imbrogli. Ma
l'altro,
piantato come era l‡ innanzi, mosse al tirar di Mattia come a un
soffio di vento, e soggiunse tentennando il capo:
´SÏ....! fate le viste di ravvisarmi adesso...! Io invece penso a
voi
da tre giorni; e non ho fatto che misurare cogli occhi le distanze
dai
nostri monti a questi; mi sono messo in tutte le posture, e ho
capito
alla fine, che noi siamo appunto su quelle cime che voi mi
additavate
dicendo che erano la nostra Spagna, che vi era un tesoro, e che un
giorno o l'altro ci saremmo venuti.... Eccoci.... ci siamo, e il can
per l'aia non lo meno pi˘.... Poche parole! se il tesoro l'avete
cavato voi, datemi la parte mia....
´Ah!--sclamÚ Mattia mostrandosi offeso:--se non mi stimate pi˘ per
un
galantuomo, allora....!
´Galantuomo? Ebbene se lo siete...., il tesoro l'andremo a cavare
insieme e adesso....
´Ma non pensate, che bisogna avere un palo di ferro, una marra, un
diavolo che ci porti voi e me?
´L'ho qua io l'arnese....; ci aveva pensato....ª
Mattia guardÚ il bastone su cui il villano si reggeva, e vide che
era
un badile. Si pentÏ allora della magra scusa trovata, e con aria di
voler capacitare l'altro, diceva: ´ma.... vedete, amico....
´Che amico!ª--interruppe costui, facendo mazzo delle dita e
picchiandosi sulla saccoccia del panciotto, dove aveva un gruzzolo
di
monete che suonavano assai chiaramente:--i miei amici sono questi! e
voi li conoscete, perchË a furia di merende e di presti, mi costate
pi˘ d'un paio di bovi....!ª
Al suono di quelle monete, Mattia aveva veduto i milioni di
scintille,
come se gli avessero dato le ditate negli occhi; e da uomo esperto a
trovar modo di scroccare il prossimo, nella mente le aveva gi‡ fatte
sue. NË sarebbe rimasto dal suo proposito, se lo stesso pievano
fosse
uscito dalla capanna, a pronosticargli che sarebbe morto
nell'impresa.
´Date retta,--disse al villano--quando si fanno le cose, ci si deve
aver pensato prima e bene. A trovare il tesoro, gli Ë come a trovare
gi˘ nella terra le sorgenti d'acqua... A questo son buoni i nati a
sette mesi....; a trovare il tesoro ci vuole qualche altra
virt˘....;
per esempio, la pietra del fulmine d‡ soventi nei campanili
nevvero?..... ecco..... cosÏ oro fa oro..... e a scoprir il punto
della terra dove si sa che dev'essere un tesoro nascosto, bisogna
avere oro in mano, perchË tra questo e quello corrono misteri che
ora
non vi posso dire...; basta! verremo un'altra volta.... porteremo
con
noi qualche collana, qualche anello, vostra moglie ne avr‡...ª
Il pover'uomo infinocchiato a questo discorso, pose la mano sulla
mano
di Mattia quasi per rattenerlo, e disse pieno di speranza:
´E se fosse oro di moneta?
´» sempre oro!--rispose grave Mattia.
´Eccone qua!--soggiunse l'altro affrettandosi a picchiar di nuovo
sulla saccoccia.
´E quanto avete?--chiese il sagrestano, cui cresceva in bocca la
saliva e la lingua.
´Dieci doppie!
´Possono bastare:ª--degnÚ di dire lo scaltro--ci proveremo...: un
momento e sono con voi....ª
E messa la testa nella capanna, udito che il pievano dormiva della
migliore, tolse l'aspersorio, e il breviario, se li cacciÚ sotto il
giubbone, poi data un'occhiata alla giumenta se fosse legata per
bene,
arzillo e gaio, disse al villano: ´andiamo.ª
Si misero in cammino che era l'ora di mezzanotte, cauti, e cansando
le
sentinelle che vegliavano ai varchi, all'usanza dei soldati. Mattia
aveva gran pratica dei luoghi, essendovi passato assai volte da
giovinotto, per servizio di quel tal marchese; il quale soleva
spacciarlo ai suoi nobili amici della riviera e massime d'Albenga,
con
presenti di selvaggina o di primizie dei suoi poderi. Di che non
durÚ
fatica a uscir dal campo inosservato, col suo compagno; e discesa la
costa meridionale del Settepani, andando ruzzoloni parecchie volte,
giunsero alle ruine d'una torre che guerniva una gola ai tempi degli
Spagnuoli, e si chiamava la torre di Melogno.
´Segnatevi--disse basso Mattia--qui v'ha sempre qualche spirito...ª
Il villano si serrÚ a lui segnandosi tre volte; ed egli strizzando
l'occhio, come a qualcuno che fosse d'accordo con lui nelle tenebre,
disse tra sË: ´l'uomo Ë nostro!ª
Di l‡ a pochi passi furono alle falde di Montecalvo; la vetta del
quale essendo deserta, Mattia l'aveva scelta per compiervi il
maleficio. Il monte a guardarlo da certi punti ha l'aspetto d'un
cranio smisurato; e forse aveva questa immagine in capo, chi prima
gli
diede il nome. Squallido, ignudo, con due cavit‡ che formano le
occhiaie, sembra contemplare il golfo di Genova che gli st‡ dinanzi.
Nell'ora in cui Mattia e il suo compagno camminavano; essendo la
notte
senza luna, non appariva altrimenti che una mole oscura, la quale a
chi avesse voluto salire in cima riusciva difficile e faticosa.
Cominciarono a inerpicarsi per un sentiero ronchioso, angusto, a
ogni
tratto ingombro di rovi; e si valevano quasi ad un modo dei piedi e
delle mani. Mattia raccomandava all'amico di star zitto e di tenere
il
fiato: il poveraccio, quanto al parlare aveva tutt'altra voglia e
obbediva; ma quanto al fiato gli si veniva facendo sÏ grosso, che
pi˘
non sarebbe stato se avesse patito d'asma.
Erano pi˘ che a mezza costa, quando udirono uno scoccar d'ore
dall'orologio della parrocchia di B...., piccolo villaggio che siede
sul fianco delle montagne dalla parte di mezzogiorno. Quel suono
improvviso fece dare un gran giro al sangue del contadino; il quale
osÚ chiedere a Mattia, da qual campanile venisse.
´Da B....--rispose questi--Come vi sentite? Riposiamo un tantino,
date
qua le monete, e non abbiate paura....ª
Il villano porse il borsellino, senza dire parola, poi ripresero a
salire: ed egli non udiva altro che la pedata di Mattia; il gran
battere del proprio cuore; e dietro, in lontananza, il grido
misurato
e lamentoso delle sentinelle paesane, che gli tornava dolce come di
voci amiche. Mattia, tenendo in pugno il gruzzolo, coll'unghia del
pollice contava le monete.
Alfine toccarono la vetta del monte; dove bisognando risolvere in
qualche maniera l'impresa, il sagrestano si fermÚ, e guardÚ l'amico
per capire di che animo stesse.
´Eccoci sul posto!--bisbigliÚ--ancora pochi passi e saremo sopra il
tesoro: ma vogliono essere fatti in punta di piedi..., animo, non
abbiate paura, venite....ª
Fatti que' pochi passi ch'ei volle, con gran rispetto come
camminasse
su l'ossa dei morti; si volse a un tratto al compagno, e con voce
commossa, gli disse: ´animo, animo! che tutto questo Ë nulla!ª Poi
lo
prese per un braccio, lo fece girare tre volte sopra sË stesso, e
colla mano tesa gli segnÚ intorno l'infinito tenebroso, soggiungendo
cupo:
´Siamo in mezzo a tre vescovadi: MondovÏ.... Albenga... e Savona.ª
Sagrestano da pi˘ che quarant'anni e seppellitore di morti, Mattia
sapeva, occorrendogli, pigliare un'aria mistica o paurosa. Aveva
udito
cento volte, alla spiegazione del Vangelo, come un giorno il
diavolo,
condotto Ges˘ sulla cima d'un monte, gli avesse mostrati i regni
della
terra; ed egli vecchio profanatore di tombe ed altari, prese
l'atteggiamento di Satana, quale se l'era sempre immaginato.
L'amico,
che aveva lasciato cadere il badile, lo guardava senza muovere
costa;
e sentiva farsi alla fronte e gi˘ per la schiena un senso, come
stesse
per pigliargli male. Mattia cavato di sotto i panni il breviario,
che
nell'oscurit‡ pareva un mattone, glielo pose aperto tra le mani
tremanti, e cominciÚ un brontolio di salmi, che guai a lui se
l'avesse
udito don Apollinare, tanto era scellerata la sconciatura delle
parole
latine. Il villano, credendo che Mattia leggesse davvero nel libro
che
ei gli teneva aperto dinanzi a mala pena; non osÚ neanco chiedergli
come potesse vedere in quel buio: la sua fantasia s'accese via pi˘;
le
orecchie gli fischiarono quasi ci avesse dentro due serpi; a tratti
avrebbe giurato di vedere bagliori grandi, e di udire qualcosa che
s'appressasse: e tremava a verga a verga.
Mattia s'avvide come il tapino stesse per isvenire; e levato in alto
l'aspersorio, per dargli il tuffo, segnava a destra ed a manca croci
e
crocioni, mormorando certe parole da incantesimi; quando un grido
come
d'uomo irato, gli ruppe l'atto e la voce. Quel grido, un rumore
d'armi
e di passi frettolosi, gli parvero la cosa pi˘ terribile che avesse
intesa in sua vita; e di subito, pensando d'essere cascato in mano
ai
Francesi, si buttÚ per disperato a fuggire, verso la parte per cui
era
venuto alla ribalderia.
Il compagno correva pi˘ di lui; ma erano inseguiti, e assai da
vicino.
´Ferma! ferma!ª gridavano alle loro spalle, molte voci straniere; e
alle voci s'aggiunse una schioppettata, e una palla fischiÚ tra i
due
malcapitati, che entrambi credettero d'averla nella nuca, nelle
spalle, nelle reni ad un tempo. Mattia aperse le braccia, cadde
sulle
ginocchia, chiuse gli occhi, e sclamÚ: m'arrendo! signori Francesi,
m'arrendo! Sono cristiano anch'io!ª
Egli s'era sentito afferrare, come da mano poderosa, per la lunga
coda, e udendo le pedate del compagno che fuggiva libero senza darsi
pensiero di lui, lo maledisse. Poi alzÚ gli occhi adagio adagio...,
e
non vide nessuno: fece atto di levarsi in piedi, nessuno lo
teneva...;
s'accorse che la coda gli era rimasta intricata in un roveto, la
districÚ; e raccogliendo nel petto tutta la forza e tutta la
baldanza
che potË:
´M'arrendo un fico!--proruppe--neanco se fosse qui tutta la Francia,
no!ª
E via, di quella gamba che Ë facile a immaginarsi ripigliÚ la fuga.
Ma
una bocca di schioppo gli chiuse la via; un'altra se ne vide alle
tempia; in un fiato si trovÚ affollato, agguantato nel petto,
squassato da averne schiantati i visceri fosse stato un elefante;
dieci voci gli suonarono intorno, e di quelle non capÏ altro che
d'essere caduto in mano agli Alemanni, e che era preso per uno
ispione.
´Io spione?--gridava arrangolato--io spione? Io sono il sagrestano
di
D.... e ho servito a mensa le loro signorie in casa al mio padrone.
Signori generali, badino per carit‡, io sono un amico..., sono qui
per
loro servizio.ª
Aveva un bel dire, ma quei feroci non capivano; e per farla finita
col
suo molesto vociare, uno d'essi che pareva il capo, dandogli una
gran
palmata sulla bocca lo fece star zitto. Egli tacque; e per non
buscar
la seconda, si lasciÚ trarre verso la banda opposta a quella, che
aveva pigliato fuggendo.
Erano davvero Alemanni, andati in pattuglia fuori del campo, che
(indietreggiando sempre coll'esercito Sardo) avevano posto, sul far
di
quella notte, vicino al Finale. Costoro smarrita la via per le
alture,
non sapevano neanch'essi in che modo erano capitati lass˘, a
cogliere
Mattia nel meglio dell'opera sua. Camminando un po' a spintoni, un
po'
trascinato, il pover'uomo apprese come il meglio a farsi, fosse
porre
il cuore in pace; e pensÚ che alla fin fine l'avrebbero condotto a
qualcuno dei capitani, dal quale si sarebbe fatto riconoscere per
quel
che era. Allora, alla peggio, stato un par di giorni fra gli
Alemanni,
potrebbe tornarsi libero a rivedere i suoi compaesani; e gi‡ pensava
le spacconate e i modi di ricattarsi dei disagi sofferti, colle
doppie
del compare scampato. Qui tremando non venisse in mente ai soldati
di
frugarlo, si faceva docile, bonino, pronto in tutto ai loro voleri.
Ma
poichË, fu nel campo Alemanno, il guardare oltraggioso dei soldati
che
erano ai posti staccati, fece vacillare le sue speranze. Sebbene non
facesse peranco l'alba, fu tratto al cospetto d'un generale,
raccolto
a consiglio coi capi, in una capanna da boscaiuolo. E questo
generale
era lo stesso che aveva svernato a C..., e desinato a D..., in casa
al
pievano. Mattia ravvisÚ lui e parecchi degli ufficiali che stavano
l‡
dentro; ma o la sua cera non piacesse al generale, o questi trovasse
buono scaricare sopra un poveraccio le molte ire, che gli si
andavano
raccogliendo nell'animo, pei rovesci patiti nell'infelice difesa
della
riviera; lo strapazzÚ nelle guise pi˘ aspre; e volle che lo si
giudicasse lÏ per lÏ, coi modi di guerra.
Povero Mattia! A vederlo pregare, piangere, proclamarsi pi˘ Alemanno
degli Alemanni, chiamando in testimonio i Santi e Dio; qualcuno
degli
astanti si sar‡ sentito annodarsi il cuore; ma niuno osÚ parlare,
par
salvarlo. E buon per lui che d'improvviso s'udirono cavalieri per
l'erta a spron battuto, venir annunziando, che laggi˘ oltre il
Finale,
i Francesi giungevano grossi all'assalto; e che le ordinanze Sarde,
impotenti a reggere, gi‡ balenavano. Egli benedisse i repubblicani,
pose in essi le sue combattute speranze, e quasi non credette a
quella
novella.
Ma era la verit‡: e l'alba che soleva vedere quel mare, coperto di
burchielli, governati da pescatori mattinieri; quella spiaggia viva
per frotte di donne intente a tirare le reti; quei colli popolati di
gente affaccendata all'opere degli olivi; per tutto pace, canti e
lavoro, a dar gloria a Dio padre! l'alba spuntava sopra quel lembo
di
terra, aspettata dagli uomini pronti a sgozzarsi.
Infatti gi˘ gi˘, verso il mare, era cominciato il trarre delle
artiglierie, cui rispondeva in guisa formidabile l'eco delle
montagne,
come si fossero accozzati l‡ sopra tutti i tuoni del cielo. Il suono
dei tamburi pareva un brontolio monotono; le trombe squillavano con
certa rabbia guerriera; i Piemontesi davano dentro nella mischia per
disperati. Gli Alemanni si schieravano, si serravano, guardavano i
viluppi di fumo che parevano segnare l'avanzarsi dei Francesi; in
breve ora furono anch'essi tirati nella battaglia; e tutto divenne
offese, strage, a ferro, a fuoco, a pietrate, di che quelle rupi
andarono sanguinose.
Mattia, sbalestrato di qua e di l‡, di su di gi˘, ora in mano degli
Alemanni, ora dei Piemontesi; sempre chiedendo giustizia e sempre
beffato e percosso: tentato a pi˘ riprese, e invano, di
sgattaiolare;
pesto, lacero, senza voce pel lungo sclamare, finÏ per cadere in man
dei Francesi, con altri prigionieri parecchi. Pensando alle tante
lame
che s'era visto balenare sul capo; alle tante palle uditesi
fischiare
rasente gli orecchi; e vedendo che la battaglia durava accanita;
tenne
per un beneficio del cielo l'essere prigioniero dei repubblicani: ai
quali, per dire il vero, avrebbe un'ora prima avvelenato il cibo,
l'acqua, e sino l'aria se avesse potuto. Menato lontano parecchie
miglia, al primo campanile che gli venne veduto torreggiare sopra
una
terricciuola della spiaggia, ricolse il fiato; diede un'occhiata
alle
campane e pianse, ma una lagrima sola; perchË i Francesi vincevano,
e
parevano risoluti quel giorno, a farla finita coi Sardi, cogli
Alemanni, col diavolo se loro si fosse parato innanzi; e da
prigioniero, sentiva di pericolare meno assai, che da libero colle
turbe, pronte a far testa sul Settepani.
Sul qual monte, sebbene confuso, lo strepito delle artiglierie era
giunto sino dal rompere dell'alba; e aveva riscossa la gente degli
stormi, che rimase in ascolto stupefatta, come di cosa mai pi˘
sentita. Io mi figuro quelle turbe quali fossero, rammentando l'atto
di tale che vidi curvo al cratere del Vesuvio, porgere l'orecchio ai
boati, che s'odono prorompere da quelle profondit‡ tenebrose.
Come furono certe che, essendo il mare tranquillo, quel mugghiamento
non poteva essere che cannonate, s'accesero gli animi; e chi aveva
schioppo si diede a rivedere la pietra, a rinfrescare la polvere
nello
scodellino, a contare le palle che teneva in serbo; e gli armati di
falci, ch'erano i pi˘, cominciarono a menare le coti, facendo uno
stridore, che aveva qualcosa di barbarico insieme e di grande.
´Dove sono? gridavano--dove sono gli scomunicati? Vengano, vengano!
A
noi toccher‡ finirli!
´Ed io--giurava uno altamente--se non avrÚ falciate le gambe a mezza
dozzina di quei basilischi, non tornerÚ pi˘ a casa...!
´Animo!--dicevano da tutte le parti molti che forse da giovani erano
stati soldati;--mettiamoci in ordine; vogliamo darci dentro come a
falciare il fieno! Sangue ha da essere! sangue da vedersi scorrere a
rigagni!
´OhË! e i signori...? Signori capi, che cosa fanno...? Si va
innanzi?
Si va innanzi? Si sta? Che staremo qui a grattarsi le ginocchia sino
al dÏ del giudizio...? All'armi, da bravi!ª
Quelle povere genti, avvezzate da quattro anni a pensare dei
Francesi
come di tanti malfattori; aizzate dal pulpito e dal confessionale,
avevano salutato l'avvenimento che s'appressava, come il giorno d'un
gran voto da sciogliere. Il vecchio sangue ligure, sebbene
assottigliato di molto traverso i secoli del feudalismo, tornava a
ribollire nelle loro vene; e le braccia poderose e i petti irsuti,
erano pronti a dare e a ricevere la morte con animo grande. Ma,
vergogna a dirsi! i preti i primi, poi i vecchi gentiluomini, da
ultimo i pi˘ giovani, cominciarono a parlar basso, tra loro, a
buccinare freddure, a dar sulla voce ai pi˘ volenterosi fra i
popolani: e quando sulle vette di Montecalvo, e nella gola di
Melogno,
apparvero i primi fuggiaschi Alemanni, i quali s'affannavano nella
fuga, confusamente; allora quei preti, quei gentiluomini, si
chiarirono donnicciolucce da rocca e da presepio.
´O che i soldati fuggono a quel modo?--sclamava uno che in C...,
aveva
carica di seniore.
´E se fuggono i soldati, dovremmo tener testa noi, senz'armi ed
inesperti?--Cosi un altro che in D..., era tenuto in gran conto; e
un
terzo a fargli eco:
´Soldati rape, che sanno guerreggiare com'io fare orologi...!
´Ci faremo ammazzar noi, perchË i loro generali non sanno altro che
mostrare i tacchi ai Francesi?
´I Francesi! I Francesi! Eccoli! Eccoli!....ª
E qui uno, due, quattro, a pigliarsi la via tra le gambe, chi a
cavallo, chi a piË, senza dare nË udire consigli: e tra i primi Don
Apollinare, il quale, chiesto di Mattia a mezzo mondo, chiamatolo
invano cento volte con quanta voce aveva in gola; aiutato da
qualcuno
della sua pieve montÚ sulla giumenta; e gridando: ´vado a far gente,
vado a far gente!ª diË gi˘ a rompicollo, pel primo sentiero che gli
si
offerse alla fuga.
Dato il mal esempio, le turbe stettero poco a diradarsi. Rimasero i
migliori per animo e per forza; ma anco tra questi, alcuni presero a
dire verit‡, chiare come il sole che avevano in faccia.
´Gli avete veduti i nostri padroni? Se ne vanno; e noi che utile
abbiamo a star qui?
´A farsi scannare! Forse che non troveremo pi˘ posto nelle sepolture
dei nostri vecchi?
´Respingere i Francesi!--sclamava un villano, forte a vederlo come
un
leone:--bella parola! Ma, che i Francesi vengono per far male a noi
soli?
´SÏ...! quell'ultimo pochino di male, che non ebbero tempo a farci
gli
amiconi Alemanni!
´E le donne?--diceva un giovinotto, che aveva viso di essere
ammogliato di fresco:--i Francesi le oltraggieranno!
´O allora--rispondeva un vicino--perchË non si diede addosso agli
Alemanni, che non le hanno rispettate?
´Incendieranno le chiese! uccideranno i preti....!
´Bravi i preti! Gli avete visti? Hanno spulezzato i primi...!
´To, to! guarda da quella parte l‡ di Montecalvo! E laggi˘ a quella
forra! Sono essi... i Francesi..., gli Alemanni... i Piemontesi...,
tutti! » finita, Ë finita... scampi chi puÚ... scampi chi puÚ!...ª
Fu l'ultimo grido! Quel popolo, cosÏ pronto, sofferente ai disagi ed
audace, abbandonato dai suoi capi, non accostumato ad amare la
patria,
pensando che la libert‡ di mangiare pan nero, di bere al pozzo, di
coricarsi sulla paglia, e d'assaettarsi dÏ e notte a lavorare,
Francesi, Piemontesi, o Alemanni che fossero i dominatori l'avrebbe
sempre avuta; era diventato come un'onda vituperevole di codardi.
Ruppero in fuga disordinata, recandosi tra loro ferite, che peggio
non
potevano toccarne dai nemici; non uno ne rimase neanco a vedere se i
Francesi fossero davvero mescolati cogli Alemanni vinti; e quelle
vie
fatte nell'andata gridando il finimondo, le affollarono nel ritorno,
portando le novelle pi˘ orribili che le loro fantasie potessero
creare.
Il pievano di D..., cavalcando come se avesse inforcato un prunaio,
galoppÚ, galoppÚ, galoppÚ senza dar tregua alla giumenta meschina;
tanto era il battisoffio e l'agonia di giungere al suo presbiterio.
TraversÚ i villaggi della vallata, non badando a che si parasse
innanzi; e le selci delle vie gettavano faville al suo passaggio, le
donne imprecazioni per i bimbi che rischiavano d'andare schiacciati.
Imprecazioni, inconscie d'essere scagliate a tant'uomo; perchË tale
era la foga di lui, tali gli strappi de' suoi panni; tanto aveva
arruffata la testa per essergli caduto (e non se n'era accorto) il
cappello, che niuno poteva discernere s'ei fosse un prete.
Non s'aspettava di rivederlo cosÏ sciamannato donna Placidia, alla
quale i quattro o cinque giorni passati dalla partenza di lui,
s'erano
fatti anni, sebbene a vederla paresse tranquilla. E della sua
solitudine, s'avevano preso pensiero la meglio parte delle donne del
borgo, e la signora Maddalena anch'essa, afflitta come era di suo,
aveva deciso quel giorno d'andarla a trovare. Dopo il desinare, non
pensando manco per ombra al ritorno del pievano, messasi in capo la
cuffia, e indosso una guarnacca cenerognola, s'era avviata passo
passo, con molta contentezza di Marta, seccata d'udirsi chiedere da
tutti, se la padrona, non uscendo quasi pi˘ di casa, fosse ammalata.
´Ges˘--diceva tra sË la signora, soffermandosi per l'erta del
castello, ogni tantino, a ricogliere il fiato,--Ges˘ come mi batte
il
cuore, e come gli occhi mi si fanno torbidi!ª
Quetato l'affanno, ripigliava la via. E cosÏ stentando giunta in
castello, s'accostÚ per riposare al muricciolo, che coronava la
volta
del colle e guardÚ l'orizzonte.
La vista dell'alpi le parve bella come non l'aveva vista mai. Oh!
quel
Monviso, che sembra il faro del Piemonte, e pare sempre vicinissimo
da
qualunque parte lo si scopra; quel Monviso come torreggiava sublime
nella luce del sole, che andava sotto! Come appariva pi˘ cupo il
solco, che ha nel fianco, e da lungi somiglia a una crepa, ed Ë
invece
una fondura ampia, selvosa e sonante di molte acque! La donna mesta,
pensava a suo figlio, che forse guardava in quell'istesso momento e
pi˘ da vicino il gran monte; e mandÚ a questo uno sguardo d'amore:
poi
come si sentÏ le lagrime negli occhi, se n'andÚ diffilata nel
presbiterio.
´O signora Maddalena!ª--sclamÚ donna Placidia venendole incontro, a
passi leggeri come d'un lepre, e tendendole le braccia che
apparivano
in tutta la loro esilit‡, nelle maniche della veste strettissime
secondo l'usanza d'allora:--ha fatto pur bene a venire quass˘ un
poco,
sono cosÏ sola che dalla gran noia mi butterei ai pesci....ª
E cosÏ dicendo, e ascoltando le scuse della signora, la condusse nel
salotto; dove s'era seduta pochissime volte con tanta libert‡, e da
padrona come quel giorno.
´Ho pensato--diceva la signora mettendosi a sedere di faccia a donna
Placidia:--ho pensato anch'io, che ella si doveva annoiare, e dissi
tra me: lasciami andare a vedere come sta.... intanto potrÚ avere
notizie dei nostri paesani, che chi sa in quali acque si
troveranno...
´Non ne so nulla io,--rispondeva l'altra:--ma pensiamo un po'; sono
alla guerra e basta! Oh! chi l'avrebbe detto che anche al signor
pievano sarebbe toccato pigliare uno schioppo.... Per me quasi
pensavo
sin qui che le fossero cose da celia.... e invece....! E sapesse
quanti ammalati, hanno fatto chiamare mio fratello, di questi
giorni!
Pare proprio che si sian data l'ora.... e gi‡ ne son morti due lass˘
nei boschi, senza prete; e ad uno che era pi˘ vicino, sono andata a
raccomandare l'anima io stessa.... l'ho benedetto coll'acqua
santa....
gli ho messa la stola sul letto.... mi sono ingegnata....!ª
Proprio in questo punto, arrivava don Apollinare grondante sudore, e
colla giumenta ridotta che se avesse avuto a fare un altro quarto di
miglio gli sarebbe cascata sotto. SmontÚ a fatica, tanto aveva
indolenzite le gambe; e lasciata la bestia che andÚ da sË nella
stalla, si mise dentro la porta di quel presbiterio, che non gli era
paruto mai cosÏ bello, cosÏ agiato, cosÏ casa sua.
Donna Placidia, fattasi incontro a lui sulla soglia del salotto,
rimase a mirarlo trasecolata, come se egli tornasse dall'altro
mondo;
e la signora Maddalena, vedendolo cosÏ trafelato, in quell'arnese
gramo; sclamÚ spaurita: ´che abbiamo?
´Guai! guai! guai!--gridÚ egli lasciandosi
seggiolone;--guai pi˘ grossi di quelli del
Ma io non so nulla...! Io non sono uomo di
via...; perchË..., perchË.... da sacerdote
cadere sul suo
libro delle sette trombe!
sangue.... io sono venuto
non era al mio posto....
´Dunque i nostri saranno mezzi morti!ª chiesero le due donne ad un
tempo.
´Morti?--rispose il pievano--altro che morti! Scriva, scriva al suo
Giuliano, gli scriva che venga a benedire la rivoluzione di Francia!
Sciocchi! sciocchi! sciocchi!...... Basta! sia che Dio vuole, io non
me ne immischio; Placidia, io me ne vado a letto, che non mi reggo
pi˘...!ª
A quella tirata di Don Apollinare, la signora Maddalena, rimase
coll'anima come rannicchiata e timorosa. E stava per chiedere
licenza
d'andarsene; quando s'udÏ fuori sul piazzale un gridar forte di
donne,
e un piagnisteo di fanciulli, che parevano in grande desolazione.
´Che son gi‡ qui i Francesi?ª sclamÚ don Apollinare balzando in
piedi;
e Placidia:
´No..., sono donne che vengono a chiedere dei loro uomini....
´Non so nulla.... non so nulla io!.... aspettino e vedranno... vado
a
dormire..., non so nulla..., sono ammalato!...ª
E senza dire nË ai nË bai, alla signora Maddalena; s'andÚ a chiudere
in camera, si mise a letto, si coperse di quante coltri e panni potË
trovare; e colla testa tra due guanciali, stette come fosse mezzo
dicembre, non addandosi del calore, della fame, della sete, di
nulla.
La signora Maddalena prese commiato da donna Placidia, e lasciolla a
far spallucce colle mani e cogli occhi alzati al soffitto, come a
dire: ´rimettiamoci nel Signoreª. Fuori del presbiterio fu affollata
dalle donne piangenti, alle quali diede speranze e parole cortesi; e
tornÚ a casa sua pensando sempre a Giuliano; il quale, se un certo
guizzo visto negli occhi di don Apollinare, non mentiva, o prima o
poi
avrebbe avuto a fare col prete implacabile. Di che fu persuasa
ognora
pi˘, che le bisognava stare tutt'occhi, perchË costui non l'avesse a
cogliere in qualche maniera.
Quella notte poi, e l'indomani, e il giorno appresso, giunsero alla
sfilata quei della pieve, tornati dall'impresa infelice. Ne
spuntavano
da tutte le parti; e chi avendo gettate le armi, chi camminando
carico
di falci, di forcoli o d'altri arnesi in capo a quei due giorni,
tutti
erano rivenuti, salvo che Mattia. Del quale non si riseppe nulla:
perchË il villano che l'aveva visto cadere in mano degli Alemanni, o
paura o vergogna tacque di quella ventura. Pochi si dolsero per lui,
perchË ognuno aveva a rallegrarsi di sË stesso; nË lo pianse la
moglie. Costei, l'aspettÚ una settimana giusta; e quando le parve
d'avere aspettato invano, sedendo al telaio e pigiando le calcole,
cantÚ una sua frottola con questo ritornello strano:
E se non torna il cuculo in aprile,
» morto Ë morto, il povero animale.
Non v'era rima; ma essa pigliava diletto a cantare, perchË le pareva
di dire al mondo, che nulla le spiaceva d'essere al buio sulle sorti
di suo marito: dal quale aveva sempre buscato pi˘ ceffate che
carezze.
A poco a poco il terrore della calata dei Francesi si quetÚ; e si
rimase nella vallata con questa notizia, che gli Alemanni s'erano
tenuti in forza sui monti di San Giacomo, del Settapani e degli
altri,
i quali a foggia di cortina stanno tra le valli della Bormida e il
mare. A quel che si diceva, i Francesi sebbene vincitori, non
osavano
avventurarsi di qua dell'Apennino: i popoli respirarono; ognuno
attese
a mettere in salvo le cose di pregio; non si vedeva l'ora d'aver
tirato in casa i ricolti; i preti tornavano a predicare la crociata
contro gli invasori ma non erano creduti; e intanto si avanzavano i
grandi giorni d'estate.
CAPITOLO IX.
Sul pensiero che Don Apollinare non aveva peranco smesso il rancore
rimastogli contro Giuliano; nacque nella mente della signora
Maddalena
quest'altro, che Don Marco, non essendosi pi˘ fatto vivo, avesse
dimenticato lei, il suo figliuolo e il caso doloroso d'un amore, in
cui la sventura pareva aver posta la mano. Fosse stata a vedere come
il povero prete s'annuvolava ogni volta che pensava a queste cose; e
all'animo suo delicato sarebbe parso d'offenderlo, e di aggiungere
un
dolore ai tanti che gli contristavano la vita. Egli s'era messo in
via
almeno dieci volte, per andare alla villa del signor Fedele, e
vedervi
da sË quello di cui non avrebbe osato chiedere a chicchessia: ma non
era mai giunto sino a quella, non potendo vincere una ripugnanza
confusa, che gli nasceva appena arrivato a scoprire la palazzina. Si
soffermava a guardarla, ondeggiava un tantino tra il tirare innanzi
e
lo starsi; poi dava di volta e tornava a casa accorato. E in verit‡,
se il signor Fedele gli avesse chiesto in nome di chi veniva a
mescolarsi nelle cose sue; quale risposta, avrebbe potuto fargli,
sebbene fossero amici dell'infanzia? Forse che istruito di certe
istorie, andava a lui per consigliarlo? Ma questi consigli chi
glieli
aveva chiesti? O non v'andando da amico, doveva dire che da prete,
gli
recava la parola del Signore? Don Marco non aveva osato mai
chiamarsi
ministro di Dio, di cui sapeva tenersi da nominare invano insino al
nome. E cosÏ, aggiungendosi che forse la sua visita avrebbe nuociuto
a
Bianca; finiva sempre lasciando al tempo che facesse lui.
Quell'Alemanno, coll'essere lontano, si sarebbe fors'anco scordato
della fanciulla; e a conti fatti le gite intraprese verso la
palazzina, s'erano tutte mutate in passeggiate meste e solitarie.
Tornava appunto da una di queste, quando intese che le genti di val
di
Bormida rivenivano scompigliate dalla spedizione; e per non vedere
lo
spettacolo che doveva essere nelle vie del borgo, si ridusse a casa
per il senteruolo a piË delle mura, fatto altra volta in compagnia
della signora Maddalena. Si chiuse con diligenza, e udendo i briachi
cantare in brigata scempiatamente, accostÚ gli scurini; poi essendo
l'ora dell'imbrunire, si mise a letto e s'addormentÚ, con un cuore
che
gli diceva cose poco liete di sË, ma anche meno del mondo. SognÚ sin
verso il mattino mille mestizie; ma quando fu vicina l'ora in cui
soleva destarsi, vedeva i cieli nuovi e la terra nuova, promessi
nell'Apocalisse. Al rompere dell'alba gli si ruppe il sonno, e
aperti
gli occhi sorrise e disse: alle volte si sognano cose sÏ belle, che
peccato non dormire per sempre.
Si vestÏ alla lesta, e fattosi sul terrazzino, stette ad ascoltare
se
s'udissero ancora i rumori della sera innanzi. Suonava nei boschi un
ultimo corno, se pur non era il muggito di qualche giovenca, discesa
ad abbeverarsi al torrente. Ne fu quasi lieto; e guardÚ a lungo il
cielo, che in quei mattini di maggio pare tutto un primo amore, anco
le nuvole, se ve ne sono a veleggiarlo.
Ma abbassando gli occhi sulla casa del signor Fedele lÏ in faccia,
si
rifece pensoso, gli parve di vedere Giuliano tendere a lui le mani
da
lungi supplicando, e di udirlo dire: ´o maestro, e perchË mi ha
fatto
dire da mia madre che si sarebbe adoperato per me col signor Fedele?
Io non mi sarei mai allontanato dai luoghi dove mi si toglie la
donna
mia; maestro, se la sposeranno ad un altro, udir‡ parlare della mia
morte. PerchË m'ha tradito?ª
´Sicuro!--sclamÚ Don Marco--se un guaio avvenisse, io ne sarei in
parte cagione... Questa volta anderÚ ad ogni costo!ª
CosÏ dicendo uscÏ, stupito di non trovare alla porta il passeraio di
fanciulli che vi si raccoglievano ogni mattina, per andargli a
servire
la messa: ma tosto conobbe il perchË di quella assenza strana.
Dopo i fuggiaschi paesani, arrivavano i piemontesi e gli alemanni,
feriti due giorni innanzi dalle parti di Loano; e il popolo traeva
fuori le mura del borgo ad incontrarli, recando pannolini, ristori,
con quel pronto animo che in esso non muore mai.
Ai lamenti che venivano dal prato, dove quei miseri venivano deposti
di sui muli, e di sulle barelle, il buon prete si sentÏ schiantar
dentro dalla passione. Ne vide di tutti i gradi e di tutti gli
aspetti: visi robusti da star bene nei quadri di Salvator Rosa;
faccie
pallide, ed occhi come ne dipinse Schaeffer nelle sue meste tele:
qua
una voce di subalpino chiedeva aiuto; l‡ un tedesco invocava il suo
Got; e non era da ridere se qualche donnicciola rispondesse alla
invocazione, porgendo un gotto d'acqua, che il poveretto beveva,
inconsci dell'equivoco esso e l'altra.
Don Marco fattosi in mezzo a quel dolore, cominciÚ a darsi attorno a
spacciar uno di qua, a chiamar l'altro di l‡; e quale in questa,
quale
in quella casa, faceva ricoverare quei dolenti, che gli volgevano
occhiate piene di gratitudine e d'amore; perchË giunto lui pareva,
che
fosse capitato ad ognuno la madre od una sorella. Si diceva che dei
feriti, ve n'erano ancora molti tra via, sebbene paressero gi‡
troppi
quelli arrivati: e nella furia di torsi dai piedi alcuni che
morivano
lÏ di stento; parecchi se ne portavano a seppellire, che non erano
per
anco spirati. In un campicello a ridosso del borgo, cinque o sei
marrani lavoravano a scavar fosse: venivano i soldati coi morti e
coi
morenti sulle spalle, e li buttavano nelle buche, che poveretti
s'aggrappavano ancora alle prode per tornar fuori; ma una zappata
sul
cranio e una palata di terra sulla bocca, troncavano il grido
disperato e il pensiero della famiglia lontana. Se ne racconta
tuttavia ai nostri giorni, e si sanno le ultime parole di quei
miseri,
sin dai fanciulli; i quali, dopo scuola, vanno a ruzzare in quel
campicello; e la sera ne fuggono, spauriti dai fuochi fatui, che
scambiano per l'anime di quei sepolti vivi.
Nell'opera di misericordia, don Marco ebbe compagni alcuni preti del
borgo, e cinque o sei frati del convento venuti, all'annunzio,
volonterosi. Ma non era tra questi il padre Anacleto, il quale per
nulla al mondo si sarebbe staccato da Bianca; bisognosa di lui,
sanatore dell'anima sua. In quei pochi giorni, aveva fatto con essa
molto cammino sulla via della salute; e mi duole non poterlo
mostrare
che in fretta e quasi di scorcio, nei suoi portamenti. Si ricorda il
lettore, che l'avevamo lasciato in refettorio, a fantasticare sopra
un
dipinto? Ebbene; egli non aveva voluto por tempo in mezzo, e sin
dall'indomani era tornato alla palazzina. Trovata Bianca che
scerpava
erbe sotto il pergolato, e ne dava ad un agnellino nato di fresco;
s'era fermato a guardare la fanciulla e l'animaletto vezzoso, che
ora
le saltellava attorno; ora spiccava corse, sprigionando
un'allegrezza
tenuta dentro a fatica; ora ruzzolava in un fossato: e Bianca
sorrideva.
Appena vide il frate, la giovinetta si fece ad incontrarlo; e
rifatta
la storia del baciamano, gli diede notizie della famiglia, di che
egli
si rallegrÚ e disse:
´Bianca, tu mi sembri pi˘ contenta, o almeno quella tua tetraggine,
si
Ë risolta in una malinconia dolce, che se ti fiderai di me diventer‡
allegrezza.
´E di chi dovrei fidarmi pi˘?--rispose la fanciulla:--ho pensato
tutta
la notte a quelle cose che mi disse ieri; e l'idea del monastero, me
l'ho quasi levata dal cuore.
´Ah!... quello era il mal passo! E dire che una volta messo il piede
innanzi non lo si puÚ pi˘ ritrarre! Gli Ë come a sposarsi; cari o
no,
son nodi che stretti una volta, la sola morte puÚ sciorli...
´Oh sÏ...!--sclamÚ Bianca ponendo sË colla mente in ben altro campo,
che non era quello in cui il frate la voleva tenere; ma egli accorto
le troncÚ la parola, e riprese:
´SÏ! sÏ! sÏ! tu dici, ma non sai nulla. Voi giovinette, a udirvi,
conoscete il mondo pi˘ d'ogni vecchio...! E poi...; che sai tu?
neanco
la storia di quel nome, che ieri non mi volesti dire, e che adesso
io
so assai bene...; e ti debbo dire che, l'ira nobilissima da cui
fosti
presa udendomi chiamar indegno colui..., era mal consigliata da un
affetto malissimo posto...!ª
Questo dire sicuro e solenne, prostrÚ l'animo di Bianca, la quale a
prima giunta pareva volersi levare a nuova difese.
´Padre--rispose essa chinando il capo, e poco dopo alzando gli occhi
a
lui, nell'atto in cui vediamo dipinte le sante sofferenti estasi
dolorose:--io non so chi le abbia detto quel nome; io sono una
povera
creatura che diventer‡ scema; e non so che una cosa. Da un mese in
qua
mi si Ë oscurato il cuore; mi par d'essere in fondo a un abisso; a
momenti m'agguanterei, per uscirne, a ferri infuocati; a momenti
vorrei starvi per sempre, nË rivedere pi˘ il mondo, nË me stessa...!
´E di Giuliano... di questo giovane cui pare abbiano dato il nome
dell'apostata sin dal sacro fonte, presaghi di quello che sarebbe
diventato...; di questo Giuliano che legge libri proibiti, che non
va
in chiesa, non fa la pasqua, oltraggia i ministri dell'altare; e
deve
essere scritto a qualcuna di quelle Societ‡, in cui si beve sangue
facendo il patto; e s'impara il segreto infernale di mutarsi in
qualunque bestia per far malefici; e si giura morte ai sacerdoti e a
Dio: di questo Giuliano, tu non le sapevi le belle cose che io ti
dico, coll'anima che mi trema dentro, e colle labbra scottate dalle
parole che mi paiono carboni accesi?ª
A questo segno e senza quasi addarsene, il frate si trovava colle
braccia aperte, la persona curva, l'occhio intento su Bianca; la
quale
vinta a poco a poco, s'era lasciata cadere ginocchioni atterrita; e
teneva il viso alto, sicchË la barba di lui le ondeggiava sul collo
e
sul seno. L'agnellino li guardava coll'occhio stupefatto
dell'innocenza; e pareva un simbolo, in un quadro dove fosse dipinto
un esorcismo.
Oh! che pallidezza! che cuore era quello di Bianca! D'amare
Giuliano,
non s'era confidata mai, salvo che a Don Marco, alla signora
Maddalena, e alla zia Maria: ora il frate, come aveva saputo quel
nome, e come i segreti del giovane, gli orribili segreti, che erano
per essa pi˘ che la scoperta d'un cadavere di lebbroso, nel sito ove
credeva nascosto un tesoro?
´Alzati, va e piangi! le disse il padre Anacleto;--piangi che il
Signore lo vuole; ed io pregherÚ che ti perdoni d'aver amato un
empio;
e pregalo tu pure per lui come faresti per un'anima del purgatorio.
Domani tornerÚ.ª
E con passo spedito s'allontanÚ e disparve.
´Dio della misericordia!--sclamÚ la fanciulla--pigliatemi,
pigliatemi
che al mondo non ci faccio pi˘ nulla! O Giuliano, e che ci venivate
a
fare in chiesa, se avete giurato morte a Dio e ai sacerdoti...?
L'avessi saputo, e mi sarei nascosta fin nei sepolcri, piuttosto che
guardarvi...! Eppure..., egli mi pareva pi˘ buono di quel
bell'angelo
dipinto sopra l'altare, col fanciullo per mano che fugge al pesce
mostruoso.... Somigliare a quell'angelo, e sprezzar Dio...!ª--Qui
sentendosi lambire la mano dall'agnellino, gli prese la testa, e
parlando all'animale innocente;--mi uccidono, mi uccidono--diceva-come
faranno a te, e nessuno dir‡, povera Bianca!ª
Non potË piangere, ma lentamente si rimise a vagare su e gi˘; mentre
il signor Fedele che aveva visto ogni cosa dal buco d'una impannata,
la guardava e gioiva.
Il padre Anacleto tornÚ l'indimani, e il giorno appresso, e l'altro
e
l'altro; coll'accorgimento d'un medico di villaggio, che sappia
farsi
vedere in tempo acconcio dall'ammalato. Gli bastava una parola,
un'occhiata a sapere l'animo di Bianca; ed era lieto di sË, perchË
gli
pareva d'averla, in meno che non credeva, tirata alla riva, donde
rivolta addietro, avrebbe poi veduto l'acque pericolose, in cui
senza
lui sarebbe affogata.
Al quinto giorno, proprio quello in cui, se non avvenivano in C...
le
cose narrate qui sopra, si incontrava con Don Marco nella palazzina
del signor Fedele; egli ed il leguleio stavano a consigliarsi l'un
l'altro; ancora sotto quel pergolato di cui il lettore puÚ essere
sazio, ma che per essi era una delizia.
Avevano almeno dieci volte preso a parlare di Bianca; ma il discorso
uscendo di carreggiata, li portava sull'argomento della guerra, e
della spedizione, vista da essi moversi e tornare in quella guisa
vergognosa. Parlavano e sentenziavano ora da uomini di grand'animo,
ora facendo lor conti da femminette paurose; e mentre il signor
Fedele
diceva che quello di cui pi˘ si sentiva afflitto, era il non saper
nulla del barone; gli seguÏ un caso maraviglioso. Davano appunto di
volta in capo al pergolato, col nome dell'Alemanno in sulle labbra;
e
videro venire di buona gamba il procaccio di C..., il quale teneva
in
una mano una lettera, nell'altra il cappello che si era tolto di sul
capo, appena giunto in vista ad essi due. Costui baciÚ il cordone al
frate, inchinÚ tre volte il signor Fedele; poi mostrandosi affannato
pi˘ che non fosse davvero, disse a quest'ultimo:
´Signoria, don Marco mi manda con questa lettera; ho fatto come il
vento, ed eccomi, fui qui in uno sbadiglio di gallo...
´Don Marco! pensÚ tra sË il frate, mentre l'altro leggeva la
lettera;--o che vuole don Marco...?
Glielo chiarÏ il signor Fedele ponendogli sotto gli occhi il foglio;
e
gridando al procaccio: ´Corri, va, e dÏ a don Marco che volo; corri,
sei qui ancora, lumacone?...ª Il pover'uomo spinto da lui ripartÏ;
forse pensando da chi avrebbe toccata la mercede di quella sua
fatica;
chË quanto al signor Fedele non buscarla subito, voleva dire non
buscarla mai pi˘; piacendo al leguleio d'essere stimato, in queste
cose, uomo di corta memoria. La mancia l'avr‡ avuta da don Marco; il
biglietto del quale, diceva alla lesta, com'egli avesse in casa il
barone, ferito malamente; corresse a vederlo, che il poveretto non
voleva altri che lui!
´Sono segni del cielo! Corri tu pure,--disse il frate al signor
Fedele--e trova modo di portar qua il barone... Chi sa? La
compassione
puÚ dare l'ultimo ajuto a movere l'animo di Bianca... va.ª
In quattro passi il signor Fedele fu in casa; in altri quattro tornÚ
sul prato con panni da gentiluomo indosso: e stretta la mano al
frate
e dettogli che alle donne aveva nascosto il perchË della sua andata
al
borgo; rimasero che questi sarebbe stato attorno alla fanciulla, per
disporla a quelle accoglienze ch'essa doveva usare al barone; dove
per
buona sorte lo si fosse potuto trasportare alla palazzina. Con
questo
l'uno partÏ, e l'altro salÏ dalle signore.
Bianca e Margherita lavoravano di cucito, vicine alla zia Maria; cui
la gioia di riaverle, come essa diceva, sotto gli occhi, dava nel
viso
una bella rallegratura. La minorella era gaia, e Bianca silenziosa:
dire che non fosse mesta sarebbe troppa bugia, ma un po' pi˘ serena
la
pareva davvero; e se n'era accorta sin la cieca, la quale diceva di
conoscerla al colore del viso, ma in verit‡ l'argomentava dai
sospiri
di lei meno frequenti.
Il frate
farsi
posto in
traverso
si
vedevano
si mescolÚ alla buona nei loro discorsi; e studiando di
questi, per la faccenda che voleva dare a capire; guardava
la finestra, le belle ruine del castello di C... le quali
dalla sala assai bene.
´Che guarda, signor padre? uscÏ a dire Margherita, che vispa com'era
aveva gli occhi su tutto, e usava colle persone un ultimo avanzo di
dimestichezza infantile.
´Io guardo,--rispondeva egli, trovando da maestro quel che gli
bisognava, senza togliere l'occhio dalla bella vista in cui pareva
assorto--io guardo quei comignoli laggi˘ del castello, e penso che
darei un anno della mia vita, per poter vedere, non fosse che
un'ora,
il castello, i baroni, il popolo del borgo e tutte le cose,
com'erano,
per esempio, seicent'anni or sono...; quando le castellane vivevano
da
sante, e i cavalieri andavano e tornavano di Palestina, pieni di
fede,
carichi d'armi, a conquistare il Santo Sepolcro e il regno dei
cieli...
´Oh!... e come si possono sapere codeste cose?--chiese Margherita,
che
sempre aveva preso diletto a farsi narrare favole e leggende.
´Dai libri,--rispose il padre Anacleto;--ma sono libri latini, che
non
tutti li sanno leggere...ª
´Ci racconti qualcosa lei, ci racconti...ª entrÚ a dire damigella
Maria.
´SÏ, sÏ--padre, racconti:--incalzava Margherita. Bianca taceva; ed
egli con quell'aria che sanno pigliare anche i pi˘ volgari
favolatori,
cominciÚ a narrare.
´Fra i tanti fatti che si hanno dai libri di cui vi parlo, ne
ricordo
uno bellissimo, seguito proprio in quei tempi, che il nostro San
Francesco capitÚ quass˘ a fondare il convento, dove noi siamo. Che
felicit‡, nevvero, se vi fossimo stati anche noi? Ebbene, si diceva
in
quel tempo, che nelle montagne l‡ verso il mare, (vedete? da quella
parte dove si leva il sole in questa stagione); si diceva che in una
rupe cavernosa avesse vissuto una famigliuola, di cui niuno sapeva
bene come vi fosse venuta. Io quella caverna l'ho veduta, ed Ë su
per
gi˘ dell'ampiezza di mezza questa sala. Abitavano l‡ dentro marito e
moglie, colla benedizione di due bei fanciulli: il padre lavorava a
far carbone; la madre a filare lana e a far camicciole; i bambini a
cercare nidiate nelle selve, finchË fatti grandicelli poterono
aiutare
il babbo nel faticoso mestiere. E recavano sulle loro spalle sacca
di
carbone alla citt‡ di Savona; la quale come avete inteso a dire Ë in
riva alla marina, lontana dalle montagne dov'Ë la caverna parecchie
miglia. Partivano alla punta del giorno, tornavano la sera, e non si
stancavano mai. Una fra le tante volte che v'andarono soli, dice,
che
vennero carichi di balocchi, e senza quattrini, e quei balocchi
erano
pugnali, spade, elmi rugginosi che valevano un fico.
´Il babbo, sÏ che gli avr‡ sgridati!ª disse Margherita, cui pareva
di
veder i fanciulli, l'armi, la caverna, ogni cosa.
´Che! neanco per sogno! Anzi, fuori di sË dall'allegrezza, e
stringendo la moglie al petto: ´Adelasia,--sclamÚ--Adelasia! il
sangue
nostro, parla ai nostri figli dei loro avi e di noi....ª Una
vecchierella, la quale praticava in quella grotta, intese queste
parole; le ridisse maravigliata ad un'amica, l'amica se ne confidÚ
ad
un'altra, e via... via, ne venne a sapere tutta la montagna, insino
a
Savona. In quel torno venne l'imperatore d'Alemagna con grande
esercito, a guerreggiare contro i Saraceni in questi monti; ponete
come fosse ora, che abbiamo gli Alemanni a scamparci dai Francesi, i
quali sono peggiori di tutti i Saraceni del mondo. Ebbene, dice, che
quelle parole, quel nome d'Adelasia, giunsero all'orecchio del
potentissimo sovrano, che volle vedere la donna, il marito e i
fanciulli, e..., indovinate un po'...? La donna era la figlia
dell'imperatore; l'uomo era Aleramo, che se l'aveva portata via
dalla
corte molti anni prima! Povero cavaliero, amato da lei, non la
potendo
sposare, l'aveva rapita; e penando chi sa quanto, erano venuti
dell'Alemagna sui nostri monti, a passarvi quella misera vita.
´Oh! E poi padre, e poi? chiese Margherita vedendo il frate far
pausa;
racconti racconti ancora....
´No no,--egli rispose--non racconto pi˘, perchË Bianca non ist‡
attenta....
´Oh sÏ!--disse Bianca io l'ascolto....
´L'imperatore--proseguÏ il frate--roso da lunghi rancori contro il
rapitore della figlia, che cosa doveva fare? La credeva morta da
gran
pezzo; rivederla fu per lui come un miracolo. Non so dire quanto
penasse a perdonare lei e il marito, ma perdonÚ; e ad Aleramo diede
in
feudo il paese bagnato dalla Bormida, e da non saprei che altri
torrenti. Alla grotta che dicevamo, rimase il nome d'Adelasia; e
dovreste visitarla un qualche giorno, che il babbo sia contento di
voi. Vi si arriva in quattr'ore....
´Ma e San Francesco?ª tornÚ a chiedere Margherita, che rimasta
coll'ago in aria, non si poteva saziare di quei racconti.
E il frate, sempre cogli occhi in Bianca, la quale non aveva mai
smesso di cucire, ma a certi punti della narrazione, s'era o
abbuiata
o rischiarata in viso, ripigliÚ:
´Lascia che respiri, santa pazienza! La stirpe d'Aleramo crebbe, e
piantÚ castelli e torri per tutto, in queste valli; e della storia
d'Adelasia durÚ la diceria per secoli. Tutte le castellane, venute
col
tempo dalla sua schiatta, furono devote alla sua memoria, come a
quella d'una santa. La imitavano in tutto; volevano somigliare a lei
in tutto; massime in quel punto d'innamorarsi di chi loro piaceva.
Ora
accadde che una di queste, figlia del marchese di C... aveva preso a
voler bene ad un poveraccio, il quale d'armi e di cavalleria ne
sapeva
quanto ne so io, frate pacifico. E non c'era santi a farle sposare
un
barone, che aveva castelli e vassalli, e che la voleva, sto per
dire,
viva o morta. Il padre della zitella si prese termine d'un anno e un
giorno; e pregÚ lui d'andare in Terra Santa, a procacciarsi onori e
meriti in faccia a Dio. Egli intanto si sarebbe adoperato a
consigliare la figliuola, e alla fine le nozze si sarebbero fatte.
Il
cavaliero partÏ lasciandosi addietro il cuore: e fu in Palestina
dove
degli infedeli ne uccise tanti, che i menestrelli lo onoravano colle
loro canzoni, sotto le tende dei pi˘ gran principi della
cristianit‡,
ch'erano alla crociata. Ma..., (qui entra di mezzo S. Francesco) la
zitella non voleva saperne delle cento storie che il padre le andava
raccontando ogni giorno: questi la pregava, la minacciava, la teneva
chiusa. Che! veniva a dir niente. Appunto di que' giorni capitÚ S.
Francesco, e il marchese si raccomandÚ a lui. Date retta che il
bello
viene adesso. Un dÏ il Santo stava colla giovane addolorata
castellanina, lass˘ in una di quelle sale, che ora non sono pi˘ che
ruine; ed essa gli narrava le sue miserie, ed egli le parlava come
sapeva parlare un santo pari suo. Le parlava di quel cavaliere, che
per amore di lei era lontano a combattere e a patire. La giovinetta,
essendo come tutte le fanciulle bennate, molto pietosa, ascoltava il
Santo, e si sentiva rimordere delle fatiche e delle pene, alle quali
stava per cagion sua, quel valoroso barone. E gi‡ era vicina a
piangere; quando a un tratto, facendosi in vista come fosse stato in
mezzo ad una battaglia, il Santo proruppe: ´in questo momento, cade
il
prode dal suo cavallo e gli infedeli gli sono sopra per trafigerlo
con
cento lame.ª Signore Signore...!ª Un grido della fanciulla che
pareva
smarrirsi, richiamÚ il Santo dalla sua visione; ´o Dio, aveva
sclamato
essa, Salvatelo! Salvatelo! e sarÚ sua sposa!ª Questo era un voto
fatto col cuore: e la fanciulla stette settimane e mesi, ad una
delle
tante finestre che vediamo lass˘, ornate di quelle colonnine di
marmo
bianco; ad aspettare come in penitenza, sperando che qualcuno
venisse
di Terra Santa, a recar novelle del cavaliero. E questo qualcuno
venne, ma chi era? Il cavaliero in persona, che tornava colle ferite
appena chiuse; e le aveva toccate proprio in quel momento, che San
Francesco, per virt˘ divina, aveva avuta quella visione. Spirava
appunto il termine d'un anno e un giorno dalla partenza: e di l‡ ad
alcune settimane, fu nel castello un gran torneo; e i banchetti e i
festini non ve li so dire; tutto in onore della sposa e del
cavaliero
valoroso e pio. La storia non dice che S. Francesco fosse al
convito;
gi‡ noi poveri frati facciamo il bene, poi ci tiriamo in disparte:
dunque il santo non vi sar‡ stato. Vi piace?ª
Damigella Maria accennÚ col capo; ma il frate che non aveva
raccontato
per lei, non le badÚ. Gli pareva d'aver trovato cosÏ bene il filo di
cui aveva mestieri: Bianca s'era fatta ascoltando, sto per dire,
cosÏ
trasparente; egli aveva potuto leggerle cosÏ chiari in viso, i
confronti che essa faceva di sË con quella castellana favolosa, e la
sua secreta e mesta compiacenza in tanta somiglianza di casi: che
lietissimo dell'opera propria, neanco s'accorse di Margherita, la
quale insaziabile lo pregava a tirare innanzi, come se il racconto
non
fosse flnito.
´Dio mi ha proprio ispirato!--pensava,--chi avrebbe potuto disporla
meglio? Essa non ha pi˘ bisogno che d'un tratto; e se Fedele mena
quaggi˘ il barone, la cosa Ë fatta!ª
E il barone giaceva in casa a Don Marco, il quale nell'ufficio
pietoso
di quella mattinata, s'era imbattuto in lui fra i feriti. Pensando
al
gran bene che avrebbe potuto fare, avendolo in casa; il buon prete
gli
aveva profferta l'ospitalit‡, ed egli non s'era fatto pregare,
perchË
sapeva come Don Marco stesse di casa vicino a Bianca. Stupito di non
vedere il signor Fedele, non aveva osato chiederne; ma l'andarsi a
porre discosto due passi da lui, gli pareva la miglior ventura che
gli
potesse incontrare. Il prete, dal canto suo, era contento, perchË
sperava di pigliare dimestichezza con quel soldato; cagione di tanti
dolori a Bianca, alla signora Maddalena, e chi sa di quali guai a
Giuliano: il quale viveva lungi, accarezzando vane speranze, come
colui che innaffia una pianta morta, ingannato dalle poche foglie di
cui verdeggier‡ ancora per breve tempo.
´Io avrÚ agio di parlargli, di supplicarlo a dimenticare quella
poveretta: a far sacrificio del suo amore, per la felicit‡ di due
creature, che s'amavano prima che egli venisse quass˘. Gli dirÚ che
non gli sta bene lasciare memoria di sË come d'una bufera, passata a
schiantare gli alberi pi˘ gentili. Gli chiederÚ se nessuna donna
piange nelle sue contrade per lui; talvolta i soldati hanno spirito
di
cavalieri antichi, si commover‡, vedr‡ il bene che puÚ fare;
pregherÚ
tanto che mi dar‡ ascolto.ª
Con questi pensieri, conduceva, usando gran diligenza, il ferito; il
quale camminava da sË, pur reggendosi a lui e ad un vecchio
servitore,
che aveva menato seco dall'Alemagna. Questi tirava per le briglie il
cavallo, su cui il padrone tribolando molto, era venuto pei monti,
dal
campo di Loano, dove aveva toccata la ferita; e il povero animale
teneva dietro, a testa bassa, quasi umiliato di non averlo pi˘ in
sella. Legato ad un arpione dell'uscio da via, rimase a guardarlo
mentre saliva la scala, e gli mandÚ dietro un sommesso nitrito.
Come furono dentro, il servitore vedendo la prima stanza affatto
disadorna, arricciÚ il naso. Un lettuccio da sedervi sopra, perdeva
l'imbottitura per gli strappi del marocchino; e gli ridestÚ
l'immagine
dei cavalli visti di fresco sui campi, colle entragne uscenti dalle
pance squarciate. Nella stanza del terrazzino dov'era il letto di
Don
Marco, aggrottÚ le ciglia: e questi che se n'avvide, pensando che il
servitore avesse notato nel barone qualche segno di ripugnanza a
quella povert‡, disse tra sË: ´Pazienza! Ma che ci posso fare se io
non sono nË un vescovo nË un parroco ricco...?ª E quasi si pentiva
d'aver fatto quel passo; ma subito si consolÚ vedendo il barone
porsi
a giacere come su d'un letto d'amici. Allora si provÚ a parlargli
della ferita, che era tempo di rivederla; profferse ristoro di cibo
e
di bevanda; ma ebbe un bel dire; l'altro non voleva nulla. A udirlo
la
sua ferita non gli dava noia, non chiedeva che d'essere lasciato in
pace. A un tratto volti gli occhi al terrazzino, chiese a Don Marco:
´Quella casa l‡, Ë del signor Fedele, nevvero?
´SÏ, rispose il prete, abbuiando in viso.
´Ci sarebbe modo d'averne nuove?
´Non Ë in borgoª disse Don Marco, mettendosi pi˘ sul riservato.
Il barone tacque un istante, che parve assopirsi: poi levandosi sul
gomito ripigliÚ risoluto:
´Ah! voleva pur dirlo che, forse non era nel borgo. Don Marco, m'usi
questa cortesia, faccia chiamare il signor Fedele, o io anderÚ da me
a
trovarlo dov'Ë.ª
Il prete alzÚ gli occhi al cielo, quasi per dire addio alle speranze
fallaci, concepite poco prima; gli parve di non meritare l'amarezza
di
quel che le circostanze gli davano a fare: e scrisse quel biglietto,
che spacciato al signor Fedele, fece correre costui dalla villa al
borgo, pi˘ presto che il barone stesso non avrebbe creduto.
Questi, a vederlo apparire sulla soglia della camera, balenÚ in quei
suoi grandi occhi verdastri, d'una gioia ineffabile: e sebbene negli
abbracciamenti il signor Fedele lo urtasse col petto proprio nella
ferita, non fece cenno di dolore; ma quando si vide lasciato solo
con
lui, quasi continuando la dimanda che gli aveva fatta, il giorno in
cui era partito pei campi della riviera, gli chiese: ´e Bianca?
´Bianca?--riprese il signor Fedele--Bianca, non dico nulla, la
vedr‡.
Alla lesta; se la sente di far un altro po' di via? Alla villa ci si
aspetta.... ci aspettano tutti colle braccia aperte....
´Oh!--sclamÚ l'Alemanno--un ferito in casa...! Si recano tante
molestie....
´Molestie? In casa mia niuno sa che voglia dire questa parola. Alla
lesta, ripeto, si tenga pronto, io torno in dieci minuti con una
lettiga...
´Ma... no...--disse il barone pigliando la mano di lui per
rattenerlo;--sono venuto a cavallo sin qua.... ma se mi concedesse
di
guarirmi in casa a questo buon prete.....
´Storie! Non parliamone pi˘....ª
Il signor Fedele chiamÚ Don Marco; il ferito levatosi in piedi
ringraziÚ dell'ospitalit‡ avuta, e il prete mesto e quasi umiliato
stette, a vederli discendere, in capo alla scala. Poi quando furono
fuori, tornÚ nella sua camera e sclamÚ: ´» finita, Giuliano! Bianca
sar‡ sua!ª SedË, si pose gomitoni sul tavolino, chinÚ il capo e
pianse.
Intanto gli altri s'avviavano lentamente alla villa, dove il padre
Anacleto stava colle donne, stringendo i panni addosso alla povera
Bianca. Egli s'era affacciato forse la quinta volta, a vedere se il
signor Fedele tornasse; quando lungi un trar di schioppo apparve la
comitiva, tra le siepi di bianco spino, che facevano riparo ai
campi,
dove il grano vegeto di molto, mosso da un'aura dolce di primavera,
ondeggiava come quei laghetti che sovente incontra di vedere, a chi
cammina sulle Alpi.
Il frate chiamÚ alla finestra Bianca, la quale fu sollecita a
correre;
e additandole da quella parte, le disse: ´Parlavamo testË della
castellana e del cavaliero ferito in Palestina: chi ci avrebbe detto
che uno ve n'era tra via, cui manca una madre, una sorella, una
consolatrice; e fu ferito per nostra difesa...?ª
A queste parole Margherita discese sull'aia; la zia cieca fece atto
di
levarsi da sedere; ma ripigliato il suo posto, annuvolÚ come chi ha
ombra di qualche cosa.
Bianca s'era sentita a prima giunta, rappiporire la vita; poi in
quelle cose che aveva intese, e in queste altre che vedeva pur
allora,
le parve che qualcosa di miracoloso ci fosse. Padre Anacleto, da
uomo
avvisato molto, le bisbigliÚ che bisognava fare, come la castellana,
buon viso a chi soffriva; perchË la carit‡ era la corona delle altre
virt˘. La povera fanciulla si mosse, si rattenne, tornÚ a moversi;
allora egli la prese per la mano, e dicendole dolcemente: ´andiamoª
discese con essa.
Quale fu lo stupore del signor Fedele, quando vide Bianca venir
oltre
col frate; quella Bianca ch'egli temeva d'avere a scovare chi sa da
qual buco, arrivando coll'Alemanno! Si sentÏ addosso quella gioia
che
fa fare ai fanciulli le capriole; e gli crebbe la forza per modo,
che
bastÚ da sË ad aiutare il barone a smontare da cavallo. Questi dal
gran turbamento, si sentiva mancare, e penava a reggersi quei pochi
passi: di che il signor Fedele pigliandolo a bracetto, accennÚ al
servitore di tenersi pi˘ accosto. Quel frate che veniva incontro a
quel soldato ferito; quel vecchio che menava il cavallo a cavezza;
facevano un vedere assai pittoresco: ma l'occhio d'uno spettatore
gentile, sarebbe rimasto fisso su Bianca, la quale tenendo nella sua
la mano di Margherita; tinta d'un rossore leggerissimo in viso,
stava
sul ciglio dell'aia, dinanzi la palazzina; e pareva davvero una
delle
donzelle dei tempi antichi, nel punto che a piË del castello paterno
accoglievano il corteo, venuto d'un altro feudo, a chiederle spose.
L'Alemanno si scoperse il capo, e fece un passo verso di lei, per
chiederle scusa d'aver tanto osato; ma come colui che giunto su
d'una
vetta altissima veda il mare improvviso, ed esclama ´infinito!ª cosÏ
egli sclamÚ: ´Bianca!ª poi tra pel patimento e pel travaglio del
cuore, non vide pi˘ che un gran buio, vacillÚ e svenne. Felice se in
quel momento avesse inteso il grido sfuggito alla fanciulla; chË
sebbene fosse di piet‡, l'avrebbe creduto d'amore: ma bisognÚ
portarlo
sulle braccia nella palazzina, e come corpo morto fu deposto sul
letto
del signor Fedele.
DurÚ in quello stato, che nulla giovÚ spruzzarlo d'acqua o dargli
aceto a fiutare, quanto padre Anacleto ebbe tempo d'andare al
convento, e tornarne accompagnato da un laico; il quale recava un
cestellino pieno di bende e di barattoli, che pareva un barbiere.
Messosi all'opera in pochi momenti ebbe sfasciato il braccio
all'Alemanno, e si vide la ferita sopra il gomito, che pareva una
zannata di tigre. Il signor Fedele nascose il viso tra le mani, per
non dar degli occhi in quella piaga; e al colore delle carni e al
sito
che cominciavano a mandare, il frate rimase sgomento. L'Alemanno
guardava tranquillo; e i figli del cascinaio, che correvano dalla
camera alla sala per quel che bisognava; dicevano alle fanciulle
intente a far filacciche, lo spettacolo compassionevole della
ferita.
Esse tenendo a fatica i singhiozzi, chiedevano alla zia, qual santo
si
suolesse pregare, in simili casi.
´San Lazzaro, San Bastiano, tutti i Santi! ma lasciatemi in pace!ª
rispondeva la cieca: e le fanciulle, massime Bianca, tacevano
intimorite. Essa cominciava a raccapezzarcisi, in quella faccenda: e
mentre era donna da aver compassione d'un moscerino, per quello
straniero tribolato non provava punto piet‡.
Mezz'ora di poi, il barone medicato, lasciato solo a riposare nella
quieta oscurit‡ di quella camera, pensava alla sua casa, al mestiere
travaglioso dell'armi; e facendo proposito di smetterlo a guerra
finita, si poneva a piene vele nei lunghi anni di amore e di pace,
che
avrebbe vissuti con Bianca.
Porgeva orecchio al bisbiglio che veniva dalla sala, e si studiava
di
scernere la voce di lei. L‡ il signor Fedele, lieto come un bambino
alla mammella, fantasticava sopra l'Impero d'Alemagna, che quasi gli
pareva d'averlo in casa: il padre Anacleto si pavoneggiava, guardato
da Bianca reverente e pensosa: Margherita vicina alla zia pigliava
da
lei la malinconia taciturna: e di fuori s'udiva il cascinaio, il
quale
ammaestrato dal servitore, governava il cavallo del barone; con un
occhio alla bestia, e l'altro allo scudiscio, che il vecchio teneva
in
mano.
CAPITOLO X.
Staccia buratta, dal convento alla palazzina del signor Fedele, e da
questa al convento, siamo lÏ, direbbe un marinaio genovese, sempre
di
faccia a Pegli. Ma quello che non posso pigliar di spazio, piglierÚ
di
tempo; per dire, che in capo a quindici giorni, ognuno in quella
casa,
aveva intera nel viso e nei portamenti, l'impressione dell'animo in
cui s'era sentito all'arrivo dell'Alemanno.
Al signor Fedele, s'era fatta una cera di trionfo; non vedeva pi˘
che
Bianca, la portava in palmo di mano, era il suo occhio dritto.
Damigella Maria e Margherita parevano la istoria dell'olmo e della
vite; e stavano sole la meglio parte del giorno, scansando con ogni
cura il padre Anacleto. La cieca aombrava pi˘ sempre,
dell'avviamento
che pigliavano le cose; si coricava la sera disegnando per
l'indomani
di dire tutto il suo cuore; ma poi taceva dalla tema di ridestare le
collere del cognato; di far nascere qualche diceria sul conto della
nipote; e confidando nel senno di questa, tirava innanzi. Il frate
veniva sin due volte ogni giorno, e soleva passare di lunghe ore, o
vicino a Bianca o al letto dell'Alemanno; il quale aveva cominciato
a
migliorare tanto che presto si sarebbe sentito risanato.
E Bianca? Riacquistato l'affetto del padre, non s'accorgeva di
nulla,
neanco dei mutamenti avvenuti in sË stessa. La solitudine patita per
castigo, nei giorni andati, adesso la cercava da sË. In quell'ore
solitarie le accadeva sovente di trovarsi, non sapeva nË a che nË
come, vicino all'uscio dell'Alemanno; e l‡ origliando i discorsi
piacevoli del frate o del proprio padre, gioiva; e le pareva strano,
ma delle tre, la voce del ferito le cercava il cuore pi˘ dolcemente.
Pensava all'Alemagna lontana, ch'essa non sapeva immaginarsi diversa
da quella vallicella e da quei monti, che aveva sempre veduti
intorno
a sË. Le citt‡, le grandi vie, i giardini di cui udiva parlare, non
potevano essere pi˘ che le vie di C.... prolungate; non pi˘ che orti
come quello del convento, forse un po' meno foresti; la casa del
barone poi, se la figurava come quella dei marchesi di C..., tutta
sale e gallerie da trovarvisi spauriti. Egli parlava dei suoi, e pi˘
della propria madre, dando a capire come fosse di grande stato: e
Bianca sentiva piet‡ di quella donna lontana; e come un lampo, che
guizzando lascia nell'occhio una traccia luminosa, le passava
dinanzi
l'imagine della signora Maddalena. Gi‡, tutte le madri sono donne di
una certa et‡, quali pi˘ quali meno, ma tutte un po' meste; e la
fanciulla s'accostumava a confondere quella dell'Alemanno con quella
di Giuliano. A questo poi non pensava pi˘, se non come ad un peccato
di cui avesse fatta la confessione, e ne fosse stata assolta con
qualche rabbuffo. Se alle volte l'immagine di lui si veniva a porre
in
mezzo a' suoi pensieri, essa penava prima di poterla scacciare; ma
se
ne confidava al padre Anacleto, il quale la tirava su da quelle
corte
cadute, e la rimetteva in via benedetta. Le ore che passava col
frate
l'accostumarono alla sua compagnia; nË l'avrebbe pensato mai, ma una
volta ch'egli non comparve, capÏ che di lui non poteva fare a meno,
per difendersi dalle memorie pure e dolcissime, d'altri tempi ancor
freschi. Come mai non compariva, egli puntuale sempre come un
oriolo,
a venire, dopo aver detto messa? Che al padre guardiano fosse paruta
soverchia la frequenza di lui in quella palazzina, o gli avesse
vietato di tornarvi? Bianca cominciava a formare congetture e a
spazientirsi, s'affacciava ogni tantino a vedere se spuntasse da
qualche parte, si provava a farlo partire colla fantasia ora dalla
cella, ora dalla sagrestia; l'accompagnava contandone i passi,
´eccolo--diceva--dovrebbe esser qui,ª tornava ad affacciarsi....,
nulla. Allora ripigliava il suo lavoro, stizzita.
Un giorno essa era sola nella sala; il signor Fedele s'era recato al
borgo per sue faccende: damigella Maria e Margherita, essendo assai
di
mattino, non erano per anco venute fuori della loro camera; ed essa
poteva pensare, sospirare, piangere a suo talento, che nessuno
l'avrebbe turbata. Sfaldava tela, sebbene in tutti quei giorni,
delle
filacciche ne avesse fatte tante da bastare ad una intera coorte di
feriti; e si sarebbe detto che non pensasse, come alla fine dovesse
pur venire un giorno, in cui l'ospite non avrebbe pi˘ avuto mestieri
di quelle robe. E sÏ che sapeva come egli, da un par di giorni,
cominciasse a vestirsi, e stesse in camera coll'agonia di poter fare
due passi all'aperto!
In uno di quei momenti in cui stanca d'affacciarsi invano, pensava
al
rimprovero da farsi al padre Anacleto, un fruscio, come di sandali,
le
si fece sentire alle spalle; ed essa levandosi ritta, nell'atto di
volgersi a chi veniva, sclamÚ: ´bravo, il padre Anacleto!ª ma
facendosi nel volto di fuoco, poi come un panno lavato, chinÚ gli
occhi quasi persona colta in fallo, e giunse le mani tremando.
L'Alemanno, pallido, col braccio sorretto da una fascia annodata sul
collo, severo e quasi bello, sebbene paresse intimorito, con voce
impressa di gentilezza e d'affetto, le disse:
´Ed io?.... Io le fo paura? Veggo che ho osato troppo.... Ma, o
Bianca, se m'avesse visto qua dentro in questi giorni....! Essere in
casa sua, sapere che era sempre lÏ a due passi...., mia
fidanzata....,
e non vederla....! Ora..., l'ho intesa sospirare, son venuto per
dirle
che io non posso pi˘ reggere..., e veggo che le ho fatto paura...ª
´Oh no paura...! credeva fosse il padre Anacleto...ª rispose Bianca
cogli occhi bassi e colla voce tremante.
´Ebbene--ripiglio l'Alemanno--sono io..., sono io qui, per dirle
quello che sa, ma che non ho potuto dirle mai da me..., l'amo, e le
chieggo una grazia, quella di dirmi il giorno delle nostre nozze...ª
Essa che gi‡ era confusa e quasi smarrita, udÏ queste parole, come
fosse stata a camminare sul ciglio d'una rupe altissima, e un impeto
di vento l'avesse investita, in punto di mettere un piede nel vuoto.
Diede uno sguardo intorno a sË; e il suo pensiero urtÚ per tutto.
L'empio che aveva amato riputandolo un angelo; il frate che si era
adoperato a salvarle l'anima; la memoria dei trattamenti paterni del
mese addietro; tutto le turbinÚ in giro, togliendole la vista d'ogni
varco a scampare: e alzati un poco gli occhi in viso all'Alemanno,
vedendolo in certa guisa abbellito dallo struggimento, aperse le
labbra e le venne detto:
´Bisogner‡ sentire mio padre...
´Oh! benedetta la mia vita! Voi Bianca verrete a far meravigliare le
donne delle mie contrade, comparendo un momento in mezzo ad esse! Un
momento solo..., poi torneremo quass˘, e vi farÚ signora di tutto
quel
che vi parr‡ bello...! Io farÚ vostro quel castello, che vedeva l‡
dal
mio letto, e in questi giorni lo riedificai colla fantasia mille
volte...! E lo riedificherÚ per voi davvero..., vi chiameranno la
castellana, ed io sarÚ l'uomo pi˘ felice di questa terra...! Dov'Ë
vostro padre?
´Non Ë in casa... rispose a fatica Bianca.
´Non Ë in casa?--sclamÚ l'Alemanno turbato; poi sentendo dar gi˘
quel
bollore dell'animo, proseguÏ umiliato: ´allora.... perdonatemi....
mi
perdoni, Bianca, io non lo sapeva...ª
E salutando modestamente, lasciÚ lei che non mosse; discese le
scale,
uscÏ dalla palazzina, e aprendo il petto a quell'aria pura del
mattino, non pi˘ respirata da lunga pezza, temprÚ un poco quella
sorta
di sgomento in cui era caduto. ´O bei colli--sclamÚ--patria mia
dell'avvenire, io vorrei baciare ogni vostra zolla! Ma essa..., che
dir‡ di me...? Penser‡ che io stetti in agguato per coglierla sola?ª
Questo pensiero gli fece scottare la terra sotto le piante; vagÚ
senza
badare per dove; e alla fine s'abbandonÚ a piË d'un filare
d'avellani,
forse a un trar di mano dalla palazzina.
La fanciulla, rimasta un tratto come persona che pena a destarsi;
rinvenendo da quella sorta di stordimento, sentÏ qualcosa che poteva
essere rimorso e sdegno dell'Alemanno, di sË, di tutto; ma udendo la
zia che entrava in sala, fuggÏ paurosa in punta di piedi; prese le
scale, fu alla porta della cascinaia, la chiamÚ a bassa voce come
per
un brutto sotterfugio; e corse con essa difilata al convento.
´Bianca--diceva la cieca, mestissima nell'aspetto, venendo oltre per
la sala, colle mani tese verso la parte dove la fanciulla soleva
stare:--ho inteso... tutto... tu dunque lo sposerai? tu ci lascierai
qui sole, e andrai tanto lontana, che neanco sapremo di te se sarai
viva o morta? Non ti ricordi di quel giorno, di don Marco, della
signora Maddalena...? Oh tu singhiozzi...! tu non lo sposerai no,
tuo
padre non fisser‡ nessun giorno...! tu sei pi˘ mia che sua, nevvero?
Vieni... vieni Margherita... (e porgeva la mano a questa che veniva
dietro lentamente), vieni... preghiamola, povera Bianca... ti
vogliono
ingannare...
´O zia,--diceva Margherita--Bianca non v'Ë mica, non v'Ë...
--Come!--esclamÚ damigella Maria, corrugando la fronte; e il petto
le
si affannÚ, la gola le si gonfiÚ di singhiozzi l'uno incalzato
dall'altro, vacillÚ, si resse a Margherita, e tacque.
In questo mezzo Bianca giungeva al convento. Sotto il portichetto,
donde si godeva la bella vista dei pergolati, alcuni laici sedevano
sulla cassapanca colle mani in mano; di certo chiacchierando di pace
e
di guerra, che tale era di quei giorni l'oggetto d'ogni discorso.
All'apparire di lei, forse si misero a parlare della sua bellezza, e
ci avranno avuto il garbo, che avrebbe a suonar la cetra
quell'animale, di cui ricorre il nome quando tra uomini si vuol
dirsi
ingiuria.
Come la giovinetta fu vicina a costoro, dimandolli del padre
Anacleto,
dove lo si potesse vedere; ed uno, il quale alla colatura di cera
che
aveva sulle maniche del saio pareva il sagrestano, pose lei e la
cascinaia su di una viuzza che menava a trovarlo.
Bianca ringraziÚ appena, e si mise a camminare frettolosa, lasciando
quei laici addietro a fare le congetture.
Proprio bell'e in mezzo al bosco, vi era uno spianato erboso, sopra
il
quale i rami delle querce pi˘ antiche, erano infittiti per modo che
non vi poteva raggio di sole. Sorgeva a quell'ombra una cappella
modesta, quella se ci rammenta, a cui damigella Maria aveva fatto
voto
di venire di notte per ringraziarvi San Francesco, della pace
ricondottale in casa dal padre Anacleto. Il Santo era dipinto sul
muro
di quella cappella, a mani giunte dinanzi a un crocifisso, con a piË
della croce un teschio e un libro, i cui fogli parevano assai bene
agitati dal vento. Due lagrime gli colavano per la guancia scarna, e
le stigmate apparivano infiammate e sanguinose. La dipintura si vede
ancora ai nostri dÏ, e durerebbe intatta, se molte scalcinature non
mostrassero che vi furono tratte schiopettate, a prova o a
disprezzo.
Quelle palle le tirarono i Francesi nel 1794, nË so come non sia
stato
detto che il piombo rimbalzando uccise i profanatori. Nella vallata
lo
si avrebbe creduto; e sarebbe rimasta fama di malurioso al luogo
assai
bello. Il quale in un col convento minato, attende qualcuno che del
mondo n'abbia assai; e venga a farne la sede di piaceri tranquilli;
e
ad allevarvi figliuoli, robusti come i nodi di quelle roveri
solitarie, che videro il mio frate e la fanciulla che l'andava a
trovare.
Egli pigliava il fresco, seduto su d'una delle pietre che giacevano
a
piË della cappelletta; e lavorava a formare di canne un arnese, da
farne un presente al barone. Appena le due visitatrici l'ebbero
veduto, la cascinaia, da donna esperta, rattenne il passo; lasciando
che Bianca andasse oltre da sË. Questa che non bramava di meglio,
entrÚ sotto l'ombra delle querce, togliendosi la pezzuola che tra
via
s'aveva messa in capo; e il suo volto acceso dal caldo gi‡ forte a
quell'ora, espresse subito il ristoro della freschezza che era l‡
sotto.
Alle pedate leggere, il frate alzÚ il capo, e visto lei che discosta
pochi passi si peritava a venire innanzi; levossi in piedi e le si
fece incontro sorridendo:
´Che miracolo--le disse--che tu, figliuola mia, sia venuta sin qua
con
questo sole?
´Ci sarei venuta se anche avesse grandinato a baleni--rispose
Bianca.--O perchË stamane non si Ë fatta vedere?
´Eh! a casa tua ci verrÚ di rado d'ora in poi; tua zia si Ë fatta
capire che non le vado pi˘ a genio...
´Mia zia...? Ma le sar‡ parso, padre...
´Eh sÏ parso! E mi Ë parso che tiri dalla sua anche Margherita... Ma
finchË avete in casa un uomo che soffre io ci verrÚ... Vedi? Stava
appunto lavorando per lui quest'arnese, che Ë un'incannucciata da
reggervi il braccio, quando uscir‡ a passeggiare...
´Padre--disse Bianca chinando gli occhi, vergognosa di aver lasciato
che il frate entrasse pel primo a parlare di colui, che in parte era
la cagione di quella sua venuta,--egli Ë gi‡ uscito.
´Ebbene? che c'Ë da farti rossa per questo?
´Egli mi trovÚ sola, e mi chiese quale sar‡ il giorno che io
fisserÚ...
´Per le nozze, nevvero? Oh! E tu chi sa che avrai risposto...?
´Che bisognava parlare con babbo...
´Saviamente risposto! Ma... quella castellanina di cui parlammo una
volta, avrebbe avuto altro cuore.... E tu quando tuo babbo avr‡
fissato il giorno; tu testolina, avrai viso di rispondere che non lo
vuoi pi˘...
´Ma non ha visto padre, che gran signore egli Ë? Che dirÚ quando mi
condurr‡ nella sua citt‡, nel suo palazzo? E sua madre? Mi trover‡
fatta troppo alla buona...; e poi no... io non voglio andare cosÏ
lontano, voglio vedere sempre mia zia, mia sorella...
´Ah sempliciona! E tu una volta pensavi di andar monaca, di quelle
che
non escono pi˘ di monastero nË vive nË morte! Stai pure, che
coll'amore si vince, e potremo tirare il tuo sposo a stabilirsi
quass˘
da noi.
´Per codesto, disse che comprer‡ tutta la vallata, o il castello; e
che lo far‡ ricostruire per me...
´Vedi, vedi? Lascia fare a me, che dentr'oggi s'ha a a fissare ogni
cosa...
´Oh! padre... no cosÏ presto...
´Sta zitta: Tutta la valle sa che ti hai a sposare.... E se la
guerra
ce lo portasse via? Che si direbbe? Che t'ha piantata... Chi ha
tempo
non aspetti. Tu sarai la prima dama del borgo; avrai fanciulle che
ti
serviranno come una regina; ti faranno priora della confraternita di
Sant'Elisabetta; e quando sarai lass˘ nel tuo castello, a farti
fresco
col ventaglio, affacciata al balcone; e vedrai questo povero frate,
per l'erta, venire da te..., dirai: ´Sarei stata pur sciocca a non
dargli ascolto!ª Ed io sarÚ contento, come fossi io stesso al tuo
posto.ª
Bianca, ascoltando, fissava gli occhi nell'erba; e pareva le si
dipingesse su quella, la scena di cui il frate parlava. A un tratto
essa uscÏ in queste parole, che suonarono come un ultimo squillo di
tromba in mezzo alla sconfitta.
´Ma egli Ë soldato....
´E gli faremo smettere il mestiere!--sclamÚ il frate impettito come
chi ha superato l'ultimo riparo nemico:--gli faremo smettere il
mestiere: s'intende nË oggi nË domani, ma quando lo potr‡, colla
stima
dei gentiluomini suoi pari...
´Ma se venisse a sapere che io volli bene a quell'altro....
´E chi glie l'ha a dire....?
´E il Signore m'avr‡ perdonata...?
´Altro che perdonata!--interruppe il frate, prodigo di perdono,
appunto (per continuare la similitudine) come il vincitore di cure
al
vinto;--va in buona ventura..., anzi t'accompagnerÚ io stesso....
´Oh no!--pregÚ Bianca--ci venga pi˘ tardi: il barone potrebbe
credere,
che io sia venuta da lei a posta....
´E tu va... che io ti seguirÚ...ª
Bianca stette un altro poco, quasi avesse qualcosa ancora da dire;
poi
baciato quel benedetto cordone, che aveva avuti tanti suoi baci,
raggiunse la cascinaia rimasta sempre in disparte; e
s'allontanarono,
spedito com'erano venute, per un sentiero, che lasciando il convento
a
manca, metteva di l‡ alla palazzina.
PoichË le ebbe viste sparire, il padre Anacleto si volse a quel San
Francesco della cappelletta, e dall'allegrezza gli parve di vedere
il
diavolo, vestito alla foggia del paese, fatto della persona su per
gi˘
come quel Giuliano di D..., fuggire colle corna rotte e colla coda
tra
le gambe, pi˘ che se avesse avuto alle spalle una fiumana d'acqua
benedetta. Si prostrÚ dinanzi all'immagine del Santo e proruppe. ´O
San Francesco, sia vostra gloria, se io senza correre in contrade
selvagge, senza attraversare mari e deserti, ho potuto togliere al
diavolo l'anima di questa fanciulla! CosÏ il buon pievano di D...,
potesse acciuffare il giacobino che la voleva perdere; acciuffarlo e
guardandogli bene in viso, dirgli: ´ma chi t'ha posto in corpo la
legione di demoni che tu ci hai? Pentiti, pentiti, pentiti!ª e
dargli
intanto squassi e benedizioni, finchË gli avesse tutti vomitati...!
Nella foga del dire, per poco non tese la mano ai capegli dipinti
del
Santo, scambiandolo per un vivo, ma subito la rattenne proseguendo:
´San Francesco benedetto, tutta questa settimana e la ventura, dirÚ
messa al vostro altare...!ª
CiÚ detto, si mise di nuovo su quella pietra, si recÚ in mano
l'incannucciata che stava formando; e s'affrettÚ a terminarla cogli
occhi sull'opera, e i pensieri nel barone ed in Bianca.
La quale rientrando nella palazzina, udÏ la zia e Margherita che
parlavano tra loro in sala; e pur vergognandosi vinta dalla
curiosit‡,
intese queste cose.
´Dunque non c'Ë verso a trovarla?--diceva la cieca--Ma si fosse
almeno
certi della sua fuga...! Oh traditore! E colui? Affacciati, guarda
se
lo vedi sempre?
´SÏ--rispondeva Margherita--Ë laggi˘ all'ombra degli avellani...ª
Bianca udÏ; e quelle parole della zia le fecero come una fiammata
levatasi improvvisa dal cuore per tutta la vita. Non sapeva bene il
perchË, ma si sentiva ferita proprio nel vivo dell'anima; e fattasi
forza salÏ, si mise dentro la sala, severissima nell'aspetto.
´Eccola! eccola!--gridÚ Margherita, battendo le mani e correndo ad
abbracciarla.
´Donde venite?--chiese levandosi ritta, la cieca--E Bianca, pi˘
sempre
ferita da quel sentirsi dare del voi rispose:
´Dal convento.
´Questa Ë la prima, e sia l'ultima volta che v'avrÚ vista
allontanarvi.... da sola! Almeno, dico sin che io sarÚ qui....: dopo
farete il piacer vostro!
´Ah ziaª--sclamÚ Bianca, dandosi le mani nel viso; e col cuore alla
gola salÏ in camera. L‡ il pensiero le ritornÚ sui giorni passati
nella solitudine e nel pianto. Ma allora niuno aveva pensato di lei,
quello che le pareva d'aver indovinato, nelle parole della zia.
Adesso
l'ingiustizia le parve troppa; troppa verso di lei, troppa verso
l'Alemanno; e quasi per ricattarsi dell'offesa, si compiacque
amaramente nel desiderio, che il barone fosse vicino, per farsi
udire
dalla cieca a parlare con esso.
In questo mezzo, il padre Anacleto, s'era mosso anch'egli dalla
cappelletta, e per diverso sentiero da quel che aveva visto pigliar
da
Bianca, veniva alla palazzina. Quando all'uscire del bosco fu sopra
un
poggiuolo scoperto, dal quale si poteva godere la bella vista del
pian
di C...., che a quell'ora di mezza mattinata pareva una conca; si
fermÚ un istante, e gli cadde lo sguardo sopra un uomo, che giaceva
nel vigneto del signor Fedele, a piË d'un filare d'avellani. Il sito
era in parte, donde non si poteva vedere chi venisse dal convento
per
la via fatta da Bianca; ma il padre Anacleto, che teneva altro
sentiero, fu visto da quell'uomo, il quale subito si levÚ in piedi,
e
mosse ad incontrar lui, che facendosi solecchio colla mano procedeva
guardandolo.
Quell'uomo era il barone, stato quasi due ore a giacere sull'erba,
oprando poco da savio, uscito come era di malattia. Se n'avvide ai
primi passi che volle fare, perchË le gambe non lo volevano reggere,
e
gli pareva che il cervello andasse per aria. Allora s'appoggiÚ ad un
albero e attese il frate, che disviando un tantino, veniva diritto
verso di lui.
´Figliuolo,--disse questi arrivando e facendo vedere
l'incannuciata;--ecco tutto quello che ci rimane di quel che sapeva
fare San Francesco: egli risanava gli infermi con un soffio, io ho
potuto appena formare quest'arnese che l'aiuti a reggere il braccio
un
po' pi˘ agiato che codesta fascia....ª E presogli il braccio, glie
lo
acconciava, su quello strumento con molto amore.
´A me importa nulla guarire!ª--disse il barone con voce profonda.
Allora il padre Anacleto guardandolo in viso, sfatto come fosse
tutt'altro che in via d'uscir guarito, diede un passo addietro e
proruppe: ´O che la fa bestemmiare in codesta guisa? E che vuol dire
la faccia cosÏ smorta?ª
´Ho fatto una mala azione, padre; e meriterei che mi si spogliasse
della divisa, e mi si mandasse ai Francesi, che mi uccidessero!....
In
casa al signor Fedele io non c'entro pi˘, perchË uscii di camera,
trovai Bianca..., le parlai..., e suo padre non c'era....
´Oh ragazzo!--interruppe il frate;--uomini che con una spada in mano
affrontano la morte, tremano in casa d'amici, per una parola, per
uno
sguardo! O Bianca non Ë sua fidanzata? E quando non ci si trova niun
male noi, voi ve lo trovate?ª
L'Alemanno mise i suoi occhi verdastri, tra ciglio e ciglio al padre
Anacleto; e gli parve di non aver visto mai viso impresso di pi˘
sincerit‡. Non aggiunse parola, si lasciÚ pigliare a braccetto, e
condurre alla palazzina; discosta quanto un uomo destro lancierebbe,
in due tratti, una pietra.
L‡, il signor Fedele, tornato un momento prima da C... aveva
cacciato
il capo dentro la camera dell'Alemanno, ma vistola vuota, rimasto
col
piede sulla soglia, e col dito sul sali-scendi, chiedeva stupito
alla
cognata, che non s'era mossa dalla sala:
´E il signor barone?
´Il signor barone--rispose asciuttamente la cieca:--potete cercarlo
fuori; in casa non c'Ë, e cosÏ non vi fosse stato mai!
´Oh lo spensierato che io fui!--sclamÚ il signor Fedele dandosi una
palmata nella fronte:--spensierato che io fui a lasciarvi sole, a
non
tornare addietro, quando incontrai quel guasta capi di don Marco,
che
veniva da questa parte! Che c'Ë venuto a fare qui? Chi l'ha
chiamato?
dov'Ë? Ditelo, prima che vi ponga le mani addosso!
´Don Marco!--levossi a dire la cieca maestosa, mentre Margherita le
si
rannicchiava dietro, paurosa del padre imbestialito:--don Marco?
Fosse
venuto! ma egli non si cura di voi, nË di noi.., nË delle case come
la
vostra...!
´Zitta!--disse il signor Fedele tra denti:--udite? il barone
arriva..., guai a chi osa fiatareª.--E spingendo la cieca e
Margherita
verso la loro camera minaccioso, le chiuse; poi si fece sulla scala
a
vedere l'Alemanno che saliva aiutato dal frate.
Il barone era pallido, e pareva tornato ai giorni in cui la febbre
della ferita l'aveva pi˘ travagliato. Teneva, salendo, gli occhi nel
signor Fedele; e come fu in cima alla scala, li girÚ attorno,
cercando
con gran desiderio. Il frate fece per disopra le spalle di lui, un
cenno a quello, che era lÏ per prorompere chi sa in quali
esclamazioni; e fra tutti e due si diedero attorno a riporlo a
letto.
Egli si lasciava fare come un fanciullo.
Damigella Maria e Margherita spinte dal signor Fedele, in quella
guisa
brutale, nella loro camera, stavano questa sbigottita, quella cosÏ
offesa nel vivo, e incerta di quel che s'avesse a fare; che si
sarebbe
chinata a baciare i piedi, a chi fosse venuto a darle un consiglio.
E
non le pareva vero che don Marco fosse passato da quelle parti,
senza
rammentarsi di lei, e fantasticava, e si lagnava di lui colla
nipote.
A un tratto si levÚ in piedi, e giunte le mani: ´Oh guarda!-sclamÚ--e
non ci aveva pensato. Oggi Ë il natalizio di don Marco, e di certo
egli andÚ a dir messa laggi˘ a San Matteo. Non hai inteso la
campanella, che sar‡ un'ora, suonava! E sÏ che mi pareva d'udirla
dire: ´vieni! vieni!ª Margherita, dammi la mia pezzuola, poni in
capo
la tua, anderemo tanto che lo troveremo!
Margherita obbedÏ sollecita; e non viste nË udite dal signor Fedele,
uscirono guadagnando spedite la via, che sul margine d'un rigagnolo
detto dei frati, menava diritto a un gruppo di case, raccolte, come
famiglia concorde, intorno ad una chiesicciuola, in fondo alla
vallicella.
L‡ don Marco soleva andare il dÏ del suo natalizio, a dir messa e a
pregare pei suoi vecchi; che erano stati di quel casale. I villani
accorrevano dai campi e dai vigneti; reverenti a quel prete buono,
che
riveniva ogni anno, come la rondinella della gronda, a far sentire
la
sua parola d'amore nella chiesetta. Detta la messa, egli andava a
far
colazione con qualcuno di essi; poi se ne tornava a casa, e fino
all'altro anniversario non lo si vedeva pi˘ comparire.
La cieca pensÚ, che il meglio era aspettarlo a un bivio, a mezza
strada tra la palazzina e quel casale; e ivi si fermÚ appunto in
quella, che egli spuntava a una svolta della via, camminando colla
testa bassa, e forse pensando alla gente della palazzina, che vedeva
poco discosta.
´» qui--disse Margherita, e damigella Maria si sentÏ dare un gran
tuffo al sangue.
Appena le vide, don Marco affrettÚ il passo, e quasi turbato disse
alla cieca: ´grazie, o Maria, grazie! io da lei non mi sentiva il
cuore di venirvi!
´O don Marco! in casa nostra non ci si puÚ pi˘ vivere; ci comanda il
padre Anacleto, e Bianca pare che le abbiano mutato il cuore. Venga,
venga un po' lei, ci scampi tutti, per carit‡...
´Andiamo--disse don Marco: e Margherita che s'era tirata in
disparte,
e in quel mattino s'era indonnita pi˘ che non avrebbe fatto in un
anno; corse a dar in mano alla zia un po' della sua gonna, come
soleva, per aiutarla a camminare. CosÏ mossero, badando essa e il
prete, che la cieca ponesse a modo i piedi per quelle sassaie; e
s'avviarono alla palazzina.
Bianca che non s'era pi˘ tolta dalla finestra della sua camera, gli
scoperse improvvisamente. L'apparizione di don Marco, fu per lei,
come
se l'avessero posta dinanzi ad uno specchio, e di bellissima che era
stata, si fosse vista divenuta deforme. RipensÚ a quel giorno, in
cui
s'era andata a gittare a' piedi della signora Maddalena, in casa del
prete; sentÏ come un'eco lontana delle parole che aveva detto quel
giorno; e misurato l'abisso che gi‡ la disgiungeva da quella
d'allora;
provÚ dentro qualcosa a guisa dei fanciulli, i quali svegliandosi al
buio, colti da terrore, s'affagottano nelle coltri a segno
d'affogare.
La sua coscienza si fece codarda; e presa da uno sgomento
invincibile,
si cacciÚ su per una scaletta angusta, e si rifugiÚ in una torretta,
che spiccava alta sul tetto della palazzina. Alcuni colombi, che
annidavano lass˘, turbati fuggirono a stormo per la campagna; ed
essa,
pensando che quegli innocenti l'avessero in orrore, si rannicchiÚ in
quel luogo immondo, e non ebbe il conforto manco del pianto. Fu
quello
il momento pi˘ amaro della sua vita; ma pur di fuggire la vista di
don
Marco, sentiva che sarebbe stata lass˘ tutta l'eternit‡, come in
luogo
di penitenza.
Damigella Maria, Margherita e don Marco, giungevano intanto alla
soglia della palazzina; e questi veniva messo dentro dalla cieca, in
una stanza terrena, dove nella state si soleva raccogliere la
famiglia
a godere il fresco.
´Maria--disse egli--io aspetto qui suo cognato; vorrei parlargli da
solo, gli dica che col suo comodo ci venga un momento.ª
La cieca salÏ con Margherita, e trovato il signor Fedele che stava
mangiando col padre Anacleto gli disse: ´V'Ë di sotto una persona
che
vi vuole....ª
Al tono della voce severo, al silenzio di Margherita, egli si levÚ
da
mensa, ricambiÚ col frate alcuni sguardi, discese a terreno, e si
vide
innanzi a Don Marco. Se l'aspettava e non se l'aspettava; ma da quel
fino dissimulatore che egli era, non fece segno di essere scontento;
anzi, gli fu incontro colle braccia aperte, come chi accoglie un
amico
desiderato.
´Fedele--cominciÚ don Marco--fummo amici da giovani.
´Amiconi, diascolo! In che ti posso servire?...
´In una cosa...; dimmi, in casa tua siete tutti felici?
´Felici! Tu insegni che il Signore felici non ne vuole; ma per
quanto
si puÚ....
´Tu stai per maritare Bianca?
´Te lo voleva dire quel giorno, in cui venni in casa tua a pigliare
lo
sposo....
´Sposo! E tu pensi che Bianca lo ami, codesto sposo che tu vuoi
darle?
Bada, Fedele; al mondo, dei miseri ve ne sono gi‡ troppi; e pensa
che
degli affetti delle fanciulle, un cristiano deve farne altra stima
da
quella che si suole. La donna Ë abbastanza infelice da sË: e darla
contro il suo cuore, a chi piace a noi; Ë forse un aprire la via
della
fuga alla virt˘, che prima o poi se ne va. Tua figlia ama un altro;
lo
sai?
´Che ha il nostro Don Marco?ª--entrÚ dicendo il padre Anacleto,
disceso in quel punto, a porsi tra i due.
´Ho che qui si vuol rovinare una fanciulla inesperta!--sclamÚ Don
Marco all'improvvisa apparizione del frate:--ed ella dovrebbe
aiutarmi
a fare che non avvenisse!
´Ma Don Marco,--disse il signor Fedele, tutto cuore a sentirlo:--chi
ti fa credere, che io voglia maritare per forza mia figlia?
´Va--interruppe il padre Anacleto, sicuro del fatto suo:--va, falla
venir qu‡, che egli la vegga, la oda; certe cose non c'Ë che vederle
da sË... va....ª
Fedele salÏ, in cerca di Bianca; e il frate e il prete rimasero un
istante a guardarsi in viso.
´Don Marco;--disse alfine il padre Anacleto:--ella Ë il decano del
clero di C...; parliamoci chiaro: viene per intercedere a prÚ di
quel
suo scolare di D..., Giacobino e Volterriano, pi˘ prossimo al
carcere
che all'aule, dove d‡ a credere di stare a studio?
´Empio?--rispose Don Marco:--io, quanto a me, non so a qual uomo
getterei in faccia questa parola. Che io poi sia qui pel bene di
quel
giovane, Ë la verit‡....
´E poichË ella dice la verit‡, la dirÚ anch'io; sÏ anch'io son qui,
e
ci fui, e ci sto: lieto d'aver tolta Bianca al pericolo di perdere
l'anima sua, e d'averla tornata nell'obbedienza del padre....
´Oh se noi,--sciamÚ doloroso Don Marco--se noi ci immischiassimo
meno
della salute dell'anime; e si pensasse a fare che sulla terra fosse
un
po' pi˘ di giustizia! Si soffrirebbe meno, e si godrebbe abbastanza;
e
il fumo del peccato non s'innalzerebbe con quello degli incensi, che
noi abbruciamo ogni giorno! Padre Anacleto, abbandoniamo questa casa
ambedue, la luce del Signore vi discender‡ da sË....ª
A questo punto, il signor Fedele tornava con Bianca. L'aveva cercata
coll'aiuto di Margherita, ed anche di damigella Maria; e scovertala
in
quel nascondiglio, erano riusciti a cavarnela pi˘ a forza, che colle
preghiere. Di che stizzita, vergognosa, aveva dato in ismanie
dapprima; poi sbigottita al pensiero dell'Alemanno che poteva
udirla,
e disperando d'essere lasciata in pace; ´che si vuole da me?--aveva
sclamato--che chiede Don Marco? Mi cerca? dov'Ë? io non lo fuggo
mica!ª E mentre la cieca si sentiva rimpicciolire il cuore, il
signor
Fedele quasi in punto di battere le mani dall'allegrezza, menava la
figlia gi˘ per le scale a quella stanza, dove erano Don Marco e il
frate.
Alla vista dei due, Bianca fu quasi colta da capogiro: sentÏ gli
ultimi pensieri di rispetto che aveva pel prete, cozzare coi nuovi
postile in mente dal padre Anacleto, e involarsi; appunto come
avevano
fatto poco prima i colombi alla sua apparizione. E Don Marco, con
voce
impressa d'affetto pietoso le disse:
´O Bianca; sono venuto a vederti, e tu non mi dici nulla..., che
pensi, che fai?...ª
Essa chinÚ gli occhi e rispose:
´Io non ho nulla a dire... faccio quello che il Signore comanda...,
obbedisco mio padre....
´Dunque tutto quell'affetto....
´Ho pianto abbastanza;--interruppe Bianca--e non voglio peccare, pur
col rammentare il passato...ª
Don Marco rimase come uomo che acciechi improvvisamente. Aperse le
braccia, guardÚ in alto, e senza pi˘ dire parola, uscÏ di quella
casa,
dove gli pareva di sentirsi strozzare. La famiglia del cascinaio lo
vide allontanarsi quasi fosse perseguitato da qualche nemico; e vide
anche il padre Anacleto venir sulla soglia, e fargli dietro una
croce,
per mandarlo segnato e benedetto. Questi, rientrando, stava per fare
le feste di quella sua nuova vittoria; quando tastoni, ansante,
pallida come una morta, veniva gi˘ della scala madamigella Maria.
´E voi--sclamava--voi avete scacciato Don Marco? Scacciate dunque me
pure!ª--E cosÏ dicendo faceva atto d'andarsene sola. SenonchË il
cognato, il padre Anacleto, la stessa Bianca le furono attorno, e
ingegnandosi di trattenerla, questa diceva:
´O zia, Don Marco se n'Ë andato da sË..., io gli dissi che farÚ
quello
che mio padre vuole, ed egli rimase contento che il Signore m'abbia
illuminata....
´Illuminata!--diceva singhiozzando la cieca: dunque tu andrai
lontana?... tu m'ingannavi?... Fu nulla tutto quello che io penai
per
te... o Bianca, Bianca!...ª E presa tra le mani la testa di lei, le
baciava i capelli, la fronte, la bocca, per tutto dove in quella
angoscia le cadevano le labbra.
La fanciulla piangeva; il signor Fedele era quasi commosso; il padre
Anacleto coglieva il modo di quetare la cieca, e diceva:
´Come! e tu Bianca non hai detto a tua zia, che lo sposo t'ha
promesso
di stare quass˘; di far tua, se vorrai, tutta la valle; di
riedificare
il castello..., e tante altre bellissime cose? Datti pace Maria, tu
starai sempre con essi, sarai l'angelo consolatore della loro casa;
ma
ora per carit‡ non facciamoci intendere da lui; che potrebbe
risentirne la sua salute.ª
Damigella Maria, solo a udire che Bianca sarebbe rimasta sempre in
C..., sebbene tutti quei giorni si fosse accostumata a fidarsi poco
del padre Anacleto, si quetÚ un tantino; e disse che pigliava un po'
di tempo per trovare il partito che pi˘ le conveniva. Fu lasciata
con
Bianca; e il signor Fedele salÏ dall'Alemanno il quale stando a
letto
aveva udito quel viavai, ma per buona sorte non ci si era
raccapezzato.
Nella palazzina si rifaceva la quiete, essendo quasi l'ora di
mezzogiorno; e il padre Anacleto tornando al convento guardava se in
qualche punto della vallicella scoprisse Don Marco; il quale dallo
sgomento di quelle sconfitte, doveva a sentir suo, avere smarrita
per
lo meno la via.
CAPITOLO XI.
Se altra fosse stata la vista del padre Anacleto, ed egli avesse
data
un'occhiata alla via, che di l‡ della Bormida, a seconda di questa,
menava a D...; avrebbe scoperto Don Marco, sotto i vecchi castagni,
avviato a quella volta.
Uscito dalla palazzina, che gli pareva di non aver pi˘ senso di
nulla,
il buon prete era andato alla ventura; ma a poco a poco rivenutigli
i
pensieri, aveva colto quello d'andare a D..., e l‡, detto
apertamente
ogni cosa alla signora Maddalena, porla in grado di sapersi
governare
col figlio. Il quale poteva capitare a casa da un giorno all'altro;
e
si sarebbe trovato ai fatti dolorosi, che s'andavano compiendo.
Per guadagnare la via che aveva a fare, gli era bisognato piegare a
manca, e varcare la Bormida su d'una palancola, la quale si
specchiava
in un lago verdastro, formato dalle acque vorticose e raccolte l‡
sotto, in un gorgo pauroso. Questo a chi vi passava sopra, dava le
vertigini, e ne riverberava l'immagine, rotta in cento maniere. Di
l‡
del varco, fatti pochi passi su per un macereto, si trovava la via;
e
Don Marco vi si mise di quell'andatura, che consentivano gli anni, e
la passione che lo turbava.
CosÏ, colle mani appaiate sulle reni, un passo innanzi l'altro, fu
in
un'ora al villaggio di R..., mezzo ancora sossopra per la passata
dello stormo di quei di D.... CansÚ le case, pigliÚ i traghetti, e
nascosto dalle siepi degli orti, si ripose pi˘ oltre sulla via
maestra. Quando giunse a scoprir D..., i vichi sulle riva del
torrente, il castello, il campanile, tutto parve sorridergli come ad
un amico, e dirgli che dei guai di Giuliano, e dei patimenti della
signora Maddalena, niuno sapeva nulla. Il suo sguardo si posÚ sulla
casa di lei, che spiccava fra l'altre, col suo piazzale ombrato di
viti prosperose; e a mirare quelle mura d'allegra vista, non sembrÚ
vero manco a lui, che lÏ dentro si fosse annidata la sventura.
A quel punto del suo cammino, udÏ un cavallo che gli veniva dietro
di
trotto; e tirandosi in sulla proda della via, si fermÚ per lasciarlo
passare. Il cavaliero era un ulano alemanno, di quei che avevano
svernato a C..., il quale come fu vicino al prete, rattenne la
cavalcatura, si scoperse, e facendo vedere un foglio, dimandollo
molto
rispettosamente:
´Signor prete, sarebbe lei il pievano di D....
´No,--rispose Don Marco:--Salga su quel monticello dove vede quel
campanile; il pievano abita lass˘; vada pur dritto che non puÚ
fallare....ª
Il soldato salutÚ di nuovo, e ripigliando il trotto, tirÚ innanzi.
Ma cosÏ non fece Don Marco; chË avendo cansato la terricciuola di
R.... per non imbattersi nel curato, il quale l'avrebbe annoiato col
volerlo seco qualche ora; adesso si studiava passare in parte da non
essere visto dal pievano di D.... nË da altri preti, che gliene
potessero dire. Si sentiva mal disposto verso gli ecclesiastici; e
disviando, discese sul greto del torrente, per guadare alla riva
sinistra, e quindi arrivare alla casa della signora Maddalena, che
giaceva su quella.
Al guado pi˘ agevole, sedette sul primo sasso che trovÚ, si scalzÚ
lentamente; e dando uno sguardo alle sue gambe insecchite, quasi per
confortarle a porsi nell'acque; sorrise, e pensÚ che tra non guari
le
avrebbe poste a riposare nelle buche dei morti. Entrato nell'acqua,
i
ciottoli del fondo gli scivolavano sotto le piante; ma sebbene ad
ogni
passo gli paresse di cadere, la freschezza dell'onda gli temperava
il
disagio, e guadagnÚ l'altra sponda. L‡ si rimise in gamba le grosse
calze di lana, che non erano pi˘ nere, ma d'un colore come di panno
strinato; poi contento del tepore che gli ravvivava le carni, prese
un
sentieruolo, il quale lungo l'argine d'una gora guidava al molino
del
borgo, donde in pochi passi, si saliva al piazzale della signora
Maddalena.
Tra l'andare e lo stare a ripigliar fiato, ora a quella, ora a
quest'ombra, aveva fatte quasi le ventidue; ed egli sapeva come
fosse
l'ora, in cui la signora soleva uscire per le sue passeggiate
solitarie. GuardÚ pei prati e pei campi vicini, ma non la vide;
perchË
s'erano mutate in quella casa di molte usanze, massime in quei due
mesi, ch'essa non usciva quasi pi˘. Amava la solitudine; un cerchio
plumbeo le si era venuto formando intorno agli occhi; dal tanto
patire, le carni le si erano fatte scure; talvolta, si lagnava colla
fantesca, d'avere le labbra arse, e nel cuore un caldo come d'acqua
bollente; tal'altra rabbrividiva, e poi parlava di mostri che le era
parso di vedere. Marta s'ingegnava di farle animo, diceva che di
quelle scosse di nervi n'aveva provato anch'essa; e parecchie volte
pigliava la via della montagna, e tornava carica d'erbe che
conosceva
per buone a quei mali; ma l'indomani le buttava via senza averle
adoperate.
A guarire la signora sarebbe occorso altro aiuto. Suo figlio in
casa,
Bianca per nuora, e la dolce quiete; questi sÏ che sarebbero stati
farmachi da giovarle! Ma di lui non si pregava che le notizie; di
Bianca non aveva pi˘ risaputo nulla; nË s'era mai rischiata di
chiederne a Don Marco per lettera o per altra via. Di quello che
aveva
inteso e veduto a C... le era rimasto qualcosa che la consigliava a
non si fidar nel futuro; e sebbene la fanciulla avesse promesso di
non
essere d'altri mai; si mescolava a quella memoria l'immagine del
signor Fedele, come quella d'un drago delle tante favole, che alla
fine l'avrebbe costretta.
Per togliersi un poco a quelle idee lugubri, aveva trovato un
passatempo che per quell'et‡, non era cosa da poco. Raccoglieva ogni
giorno tre o quattro fanciulle del vicinato, e loro insegnava a
leggere con molto amore. In questa impresa, essa e le alunne s'erano
cosÏ dilettate, che queste sino dalle prime lezioni avevano imparato
il _gesummaria_. Io non saprei con quale giudizio i pochi che allora
sapevano di lettere in quella valle, avessero dato all'_abicÏ_ quel
nome, che sempre Ë sulle labbra alla gente che sclama per dolore,
per
uggia o per paura: ma so che lo si chiamava ancora a quel modo, sar‡
poco pi˘ di vent'anni.
La novit‡ spiaceva a Marta, la quale ne mormorava tra sË ogni
giorno;
molestata dal monotono sillabicare di quelle donne: spiaceva a
Rocco,
perchË tra queste ci aveva la sua Tecla: e sopra tutti spiaceva al
pievano, il quale non s'era potuto tenere dal dire di sul pulpito,
che
qualcuno della sua pieve, lavorava a far roba pel diavolo. Ma la
signora Maddalena, pur avendolo risaputo non ci badava, e tirava
innanzi da brava maestra.
Quel giorno, all'ora in cui don Marco si avvicinava, essa aveva
seco,
delle alunne, la sola Tecla... Questa, chi non l'avesse pi˘
riveduta,
dal dÏ della partenza di Giuliano, a prima giunta non la ravvisava.
Faceva allora i suoi sedici anni; e prima, niuno s'era accorto che
fosse bella; perchË la sua faccia aveva patito il sole; e forse la
gran sanit‡, che fa parere le campagnuole sin troppo virili, teneva
nascosti i pregi delle sue forme. Ma da quando Giuliano le aveva
dette, sul prato, le afflitte parole che rammentiamo; i contorni del
viso e la persona le si erano risolti in molta bellezza: e a misura
che immagriva, si avrebbe potuto somigliarla ad una statua, sbozzata
alla grossa nella furia del creare, e poi condotta a fine con lungo
affetto. Di certo le era entrato qualche dolore, che assiduo ma
pacato
aveva fatto migliore l'opera della natura; e parlava in essa dagli
occhi neri e languenti, maestro d'un'anima nata con ali da volar
alta,
e tenuta in cambio, tutta l'adolescenza, nascosta e costretta come
gemma in seno alla roccia.
La signora Maddalena, cui quel mutarsi della fanciulla, dava gran
piacimento; stava, come ho detto, con essa in sala: e avendo
terminata
la sua lezione di lettura, diceva amorosa:
´Non ti puoi immaginare la dolcezza che provo! Prima che l'anno
finisca, voglio che tu sappia leggere a modo, e scrivere. CosÏ, se
un
giorno ti sposerai a qualche buon giovane, ti vorr‡ pi˘ bene. E
allora
ti ricorderai di me, nevvero?... Adesso provati a imitare questi
segni
che t'ho fatto in cima al foglio.ª
A Tecla, quelle parole suonavano piene di mesti presagi, e insieme
di
dolci promesse. Si appoggiÚ al tavolino, e cominciÚ a menare la
penna
di pollo d'India, sgorbiando certe lettere che un po' le riescivano
somiglianti a scorpioni, un po' a girini; e a tratti la penna
impuntando come bestia restia, schizzava inchiostro fin sulle dita
della signora.
In quella don Marco, giunto sul piazzale, si spolverava un tantino;
e
attraversato il corto andito, che dall'atrio metteva nella sala
terrena, battË all'uscio pianamente, quasi gli fosse piaciuto di non
essere inteso. Tecla corse ad aprire spedita.
´O Dio!--sclamÚ la signora, facendosi bianca come la baverina, che
dal
collo le si rovesciava sulla veste turchina carica; e movendo
incontro
al prete, rimasto a quel grido sulla soglia impacciato, gli prese la
mano lo guardÚ fisso, gli lesse negli occhi. A lui la lingua gli
andÚ
in fondo alla gola; essa non trovÚ la forza a dir altro.
Con questa sorta d'accoglienza s'andarono a sedere vicino al tavolo,
sul quale si vedeva il calamajo, la penna, il foglio sgorbiato da
Tecla, e allora soltanto, cosÏ per aspettare che alla signora si
quetasse quel rimescolo di sangue: ´qui,--disse don Marco--qui
abbiamo
una scuola?ª E pigliÚ in mano il foglio, ma non disse altro
all'alunna, nË lodÚ la bella impresa, come sarebbe stato da lui.
Tecla
intanto accorta d'esservi di troppo, chiesta timidamente licenza, si
tirÚ in cucina, sotto colore d'ajutarvi Marta in qualche faccenda.
´Dunque, tutte quelle promesse son divenute nulla!--disse la
signora,
certa d'avere indovinato quel che il prete portava.
´Le hanno fatto vedere che il mondo Ë vasto, bello, ricco di
piaceri;
Bianca ha dimenticato il suo paradiso. S'Ë fidanzata, bisogna
rassegnarsi.
´Rassegnarsi! noi rassegnarci, ma Giuliano? Ah quel giorno, glie
l'aveva pur detto che queste cose avrebbero trista fine...! O che
sono
le fanciulle dei nostri tempi? Come mai si puÚ mutarsi tanto,
com'essa, in sÏ breve tempo? E a udirla era pronta ad ogni
martirio..!
´Sono cose che chi non le ha viste, manco saprebbe
immaginarle:--rispose don Marco; e qui cominciÚ a narrare l'andata
improvvisa in villa del signor Fedele; poi dell'Alemanno capitato a
C.... ferito, e di nuovo di colui che se l'era venuto a pigliare per
portarselo laggi˘. Disse di quel tempo in cui non aveva avuto cuore
d'andare a quella villa, e quanto gli rimordeva; raccontÚ quel che
gli
era incontrato poche ore prima; e ripetË le parole di Bianca, che
gli
era parsa fresca e rossa, e aveva detto di voler fare in tutto la
volont‡ del padre suo, con tai modi, da non lasciare speranza di
vederla tornata all'antico proposito.
Diceva di sentimento, ma badando a dar meno dolore che potesse alla
signora; la quale a mano a mano che gli parlava, si abbandonava di
nuovo nella sua stanca malinconia. Ma come se per quel giorno, non
ne
avesse abbastanza, doveva capitarle in casa don Apollinare con
un'altra consolazione.
Chi fosse stato a vedere costui, scendere di castello, infilare il
ponte, passarlo, piegare a manca verso la casa della signora
Maddalena; avrebbe creduto che visto andarvi un prete forastiero,
corresse a lagnarsi dell'ospitalit‡ chiesta altrove, piuttosto che
nel
presbiterio. Ma egli veniva per tutt'altro, rosso in viso, e per
quel
che si capiva dal passo spigliato, con qualcosa nell'animo che lo
agitava di molto. Alla fine delle fini il suo giorno era giunto per
quel discolo di Giuliano; egli lo sapeva, e s'affrettava a dirlo
alla
povera madre, a farle dinanzi le grosse esclamazioni; proprio come
un
uomo tenuto sobrio gran tempo, che appena lo puÚ corre all'odor del
forno, con la voglia spasimata d'una buona satolla. Passando sotto
quell'arco, vedendo quell'orto, si rammentÚ di quella tal mattina
che
Giuliano glie ne aveva dette di cosÏ scolpite; attraversÚ in fretta
il
piazzale, l'atrio, l'andito; ma all'uscio della sala non istette a
picchiare, ed entrÚ da sË addirittura.
La signora Maddalena manco s'accorgeva di lui, se don Marco
andandogli
incontro, cosÏ per dire qualcosa, non gli chiedeva della sua salute.
´Io sto bene!--rispose il pievano:--ma non cosÏ tutti coloro che mi
stanno a cuore. Suo figlio, signora, a Torino si finisce di
rovinare.
´Che non l'Ë ancora abbastanza?--proruppe essa levandosi ritta:--ci
pigli una volta me e lui! ci mandi schiavi ai Turchi; peggio di qui
non istaremo!ª
Queste parole, il modo in cui furono dette, la guardatura di don
Marco, posero il pievano in gran confusione. Di che ripiegandosi un
tratto in sË stesso: ´io--disse--io che le ho fatto a lei...? Me ne
vado e ognuno s'ingegni...!ª
E fece atto d'andarsene; ma don Marco si pose tra l'uscio e lui per
rattenerlo; e stava per consigliarli maggior carit‡, per la signora;
senonchË questa aveva gi‡ presa la mano di don Apollinare, e
tenendola
umilmente e lagrimando diceva:
´No...! signor pievano, abbia compassione d'una povera madre, che
non
finir‡ di penare, sinchË non sia morta o impazzita! Mi dica
tutto...,
mi dica, e che io muoia se Ë tempo!
´Ecco!--sclamÚ egli spiegandosi di nuovo:--ecco che cosa le fruttÚ
l'aver taciuto, quando egli mostrava di perdere il timor di Dio!
Questa Ë una lettera, che ho calda calda da un soldato, spacciatomi
a
bella posta dal generale piemontese, che accampa dalle parti di
Ceva,
il quale l'ebbe da Torino, per la via di MondovÏ: e in essa mi si
chiede notizie di un Giuliano da D..., che studia laggi˘, che Ë mio
parrocchiano;... insomma si vuol sapere che soggetto Ë...! e se ne
immischia la polizia, la Curia... tutti!ª
CosÏ dicendo faceva vedere la lettera, battendola sul dorso della
mano
sinistra, e aspettando che l'un dei due parlasse. La signora teneva
il
capo chino, colla mente negli abissi in cui il figliuol suo
precipitava; don Marco, guardando il pievano, pareva studiare, come
un
sacerdote potesse aver cuore, di tormentare cosÏ fuor di maniera una
donna gi‡ troppo infelice.
´Che ne dice, ella che fu suo maestro?--gli chiese alfine don
Apollinare, vedendo che non gli si rispondeva nË dall'una nË
dall'altro.
´Eh!--rispose don Marco--io dico, che questo miscuglio di
monsignori,
di polizie e di generali, mi pare una torbida cosa: e mi duole di
vedere che noi preti, a quest'ora abbiamo lacerate mezze le pagine
del
Vangelo! Dia retta a me, faccia in pezzi cotesto foglio, li metta
per
segnacoli nel suo breviario; e ogni volta che li rivede, rammenti
quel
dettato che abbiamo sempre in bocca; non muove foglia che Dio non
voglia.
´Altro che foglie!--proruppe il pievano--va in aria la intera
foresta,
e il vento della rivoluzione l'amulinella!
´O allora, qual riparo vi possono fare la Curia, la polizia, il
generale di Ceva...? E Giuliano, un giovane che manco si vede sulla
terra, che cosa puÚ aggiungere alla grande bufera? Non gli faranno
nulla... vedr‡...
´No... nulla!--saltÚ su a dire la signora Maddalena, pigliando dalla
sicurt‡ di don Marco, un subito ardimento:--non gli faranno nulla,
perchË noi scriveremo, andremo, mi presenterÚ al Re!
´Il Re Ë stanco di perdonare--disse il pievano--e Dio non puÚ pi˘
vedere la religione calpestata, i suoi ministri oltraggiati! Io ho
qui
la lettera; farÚ il debito mio, da cristiano e da pastore; ella
scriva, mandi, vada, faccia quel che pare! l'ho avvisata!ª
CiÚ detto diË di volta, infilÚ l'uscio e scomparve, stizzito di non
avere potuto sfogarsi, per quell'importuno don Marco. Il quale,
rattenendo la signora, che voleva correr dietro al pievano per
supplicarlo:
´Stia,--diceva:--e non si sgomenti...! E la marchesa di G..., non
far‡
nulla per Giuliano? non l'avr‡ tenuto d'occhio?ª
A questo ricordo, la signora Maddalena si fece in faccia, come
sarebbe
a dire un fiore, su cui discenda un raggio di sole dopo un ribocco
di
pioggia. E da quel nome pigliando lena, si mise col prete a pensar
modo di chiedere alla gentildonna, che aiutasse Giuliano a scampare
dai pericoli ignoti, de' quali il pievano era venuto a parlare.
Ora la marchesa di G..., cui don Marco aveva raccomandato Giuliano,
sin dal primo anno della sua andata a Torino; era di quei tempi,
dama
d'altissimo conto, in corte ai reali di Sardegna. Nelle due valli
della Bormida, la si stimava onnipotente: e perchË vi veniva ogni
anno
a villeggiare, ora in quello ora in questo de' suoi molti poderi,
conosceva per quei borghi i primi casati. Rimase nelle Langhe
memoria
di lei onoratissima: e si parla tuttavia di giovani, scampati per
opera sua, nei due o tre giudizii di quegli anni, in cui per tutto
si
vedevano Giacobini e nemici di Dio e del Re, da torre di mezzo. Tra
l'altre si narra la storia d'uno scuolare, che carcerato con altri
molti, la marchesa gli fece dire non pigliasse altro cibo, salvo
quello che gli avrebbe mandato lei. Ogni giorno capitava in carcere
una dozzina d'aranci pel prigioniero, e in capo a una settimana,
egli
potË uscire, e tornarsi libero alle montagne native.
La signora Maddalena e Don Marco, stettero un pezzo a fare e disfare
disegni, discorrendo di Giuliano e della gentildonna: e appunto
concludevano con quello di scriverle, quando Marta venne a dire che
era l'ora di cena. La signora aveva pi˘ volont‡ di piangere che di
muoversi; il prete era uomo di poco cibo, che se aveva in cuore
qualche tristezza, di questa si nudriva come di vivanda succosa; ma
ambedue per usanza di cenare sull'imbrunire, passarono in quella
stanzetta oltre la sala, dove era la mensa apparecchiata.
Tecla, che s'era tenuta fino a quel punto in cucina, donde aveva
inteso i discorsi di Don Marco colla padrona, e quella notizia
portata
dal pievano, appena ebbe veduto libero il passo per la sala; uscÏ di
l‡ in punta di piedi, turbata che non pareva il caso di trovar la
porta, per cui andar fuori. PoichË fu sul piazzale diede intorno
un'occhiata, come una fuggitiva che cercasse la via pi˘ destra. Il
sole era andato sotto allora allora, ma se un ultimo raggio l'avesse
percossa negli occhi, si sarebbe franto in due lagrime, che non
potendo sgorgare, davano alla sua guardatura non so che addolorato e
selvaggio. A un tratto parve aver afferrato un pensiero, una
memoria:
e correndo difilata a casa di suo padre, salÏ per la scala di legno
sul pianerottolo che metteva nelle stanze, dov'erano i lettucci
della
famigliuola. EntrÚ guardinga; non vide nessuno: e fattasi vicino ad
una vecchia ed ampia cassa, in cui suo padre teneva il frumento;
disteso sul coperchio un fazzoletto, tirÚ gi˘ dalla stanga una gonna
d'indiana rossa, un giubboncello di panno azzurro, un grembiale
d'ugual colore, che cinto la copriva fin dietro le anche; poi
aggiunto
un fazzoletto da capo stampato d'alberi e d'uccelli, e gli
scarponcini
da festa; di tutto fece un fagottino, aggruppÚ in croce le becche
del
fazzoletto, e buttÚ gi˘ dalla finestra dietro la casuccia, in un
orticello. Discese, scantonÚ non vista, raccolse il fardelletto,
attraversÚ un vicolo, e fu sulla via che lungo la ripa del torrente,
menava a seconda dell'acque. Era quella presa da suo padre due mesi
innanzi, quando aveva accompagnato il signorino; e una volta in
viaggio essa aveva inteso dire assai volte, che per chi ha la lingua
in bocca ogni via va a Roma. Molti che tornavano dai campi, o che
gi‡
cenavano sulle soglie delle loro casette, la videro passare; ma come
erano usi a non le abbadare, cosÏ non fu chiesta da nessuno, che
cercasse o dove corresse.
In casa sua l'attendevano a cena; e sulla madia finiva di fumare
raffreddandosi la sua scodella di minestra; quando Rocco levando il
capo, e stando per imboccare l'ultima cucchiaiata, pose gli occhi in
quegli della sua donna, e le chiese: ´e Tecla?ª
´Chi lo sa dov'Ë?--rispose la moglie--ora che impara a leggere, non
la
si puÚ pi˘ comandare....!
´Vai a vedere dalla signora padrona!--gridÚ Rocco irato ad uno dei
figliuoli: e questi andato, tornÚ subito portando che di l‡ Tecla
era
uscita da un pezzo. Allora la donna, si fece sulla porta, e colla
voce
pi˘ acuta che potË chiamÚ; ´Tecla! Tecla!ª tre o quatto volte. I pi˘
discoli della ragazzaglia che ruzzava nel vicolo, risposero per
beffa
imitando la voce della fanciulla; e la donna ingiuriandoli in cuor
suo
proseguiva a chiamare. Ma Tecla di qua, Tecla di l‡, questa non si
faceva viva; ond'essa salÏ a veder nelle camere, e trovato che di
sulla stanga era stata tolta la veste cogli altri panni della
figliuola; tornÚ gi˘ cosÏ in furia, che manco non vide la scala, e
piantatasi di faccia al suo uomo, gli disse sgomenta ´Tecla Ë
fuggita!ª
Rocco balzÚ ritto, e ruppe a quella nuova in certe parolacce, che le
donnicciole del vicinato, affacciate a chiedere che fosse, si
turarono
le orecchie gridando: ´Gesummaria!ª Marta stessa, venuta alla voce,
ne
lo rimproverava! e intanto sull'aia, dinanzi la casa, si faceva
folla
come a vedere l'infortunio. Allora si cominciÚ a bisbigliare; e chi
aveva vista Tecla, con un fagottino, passare dinanzi la sua porta;
chi
s'era abbattuto in essa e gli era parsa stravolta; uno le aveva
tenuto
dietro coll'occhio sino al tale punto, un altro sino alla tale
svolta
della via; sar‡ andata di qua, avr‡ tirato per di l‡, l'avranno
maltrattata in casa; chi l'accusava, chi la compativa; e i pi˘
caritatevoli dissero che bisognava andare cercarla, trovarla
dovunque
fosse, perchË dei soldati Alemanni se ne incontravano da per tutto,
e.... non osavano dire di pi˘. CosÏ gli uni correvano a pigliar
lanterne, gli altri a munirsi di bastoni; la moglie di Rocco non
faceva pi˘ che pianti: ed egli affaccendato a rispondere, a
interrogare, ad allestirsi un lume; venne pi˘ volte a segno, che se
avesse avuto lÏ uno schioppo, se lo sarebbe scaricato nel capo.
La signora Maddalena e Don Marco, saputo da Marta la cagione di quel
tramestio, erano venuti fuori anch'essi; e quella tremava, e il
prete
accorreva pensando alle sciagure che in quel giorno facevano mazzo.
L‡
si diede attorno a porre un pÚ d'ordine fra quella gente; e
spacciandone per ogni banda, finÏ col mettersi insieme a Rocco ed a
parecchi altri, proprio per la via presa da Tecla.
Questa a loro sentire non poteva essersi allontanata di molto; e in
verit‡ non era lungi pi˘ d'un miglio, sebbene avesse avuto tempo di
far pi˘ cammino. Ma ad un bivio s'era fermata, incerta di qual parte
doveva pigliare, e un pÚ spaurita dalla notte che s'era fatta alta.
In
quel sito, su d'uno rialto, coperto di cespugli maluriosi, sorgeva
una
croce, e Tecla a piË di quello la guardava di sotto in su, pregando
con gran batticuore, ´Madonna Santa! mandatemi un'ispirazione! da
qual
parte si va a Torino? non vado mica a dirgli nulla no...., vado a
raccontargli che sua madre muore di dolore, s'egli non se ne viene
via
di l‡; che lo metteranno in carcere, che quella giovane...., ah...
Madonna Santa, non mi lasciate qui smarrita!ª CosÏ stando le si era
accesa la fantasia per modo, che le parve d'essere guardata da un
paio
d'occhi balenanti di dietro la croce; e raccapricciÚ, come avesse
avuto lo spasimo di tutto quel roveto nelle carni. E subito rammentÚ
che l‡ un viaggiatore era stato morto dagli assassini; credË di
vedere
i tristi acquattati, e i loro ferri luccicanti nei cespugli, e il
morto ruzzolare dalla ripa sanguinante a' suoi piedi. Si abbandonÚ,
si
rannicchiÚ, si fece piccina, e non osando fiatare: ´eccoli, pensava
porgendo orecchio affannosa--vengono, mi uccidono; ma.... se dicessi
loro quel che vado a fare a Torino? Chi sa che non mi ci menassero
essi stessi? Ne ho intese tante di masnadieri, che alle volte fanno
di
belle cose! oh, mio Dio, sono qui..!ª E si strinse vie pi˘; quasi
volesse farsi una buca nella terra; e un sudore freddo le correva
per
la persona.
Qualcuno veniva davvero, perchË lungo la via che essa aveva fatto,
s'udivano pedate e parole; e fra i tronchi scuri degli alberi si
vedevano due o tre lumi apparire e celarsi. Alla lentezza
dell'avanzare, si discerneva che coloro cercavano con diligenza la
riva del torrente; ma Tecla non potË badare a questo, perchË
provatasi
a fuggire, ricadde senza forza, e ravvolgendo la faccia nel
grembiale,
ruppe nel pianto pi˘ disperato che creatura umana possa versare.
Come la brigata fu al bivio, uno che precedeva di pochi passi vide
quella cosa scura a piË del rialto; e correndovi accostÚ la
lanterna.
Non ebbe tempo di vedere che fosse, e Tecla facendo uno sforzo, con
voce rotta dall'affanno gli gridava: ´signore, sono una povera
creatura, non mi faccia alcun male; vado a Torino a salvare il
signor
Giuliano...
´» qui, Ë qui,--urlava colui scoprendo il viso alla giovane mezza
morta dalla paura. ´Te lo do io il signor Giuliano!ª gridava Rocco,
smesso il rammarichio con cui si era venuto lagnando come un uomo
che
morisse svenato; e d'uno slancio fu sopra la figliuola sbuffando
feroce, e colle pugna levate. Ma un'altra mano incontrÚ le sue sul
capo della infelice; ed egli guardando chi osasse toglierli quello
sfogo di padre, vide don Marco in atto cosÏ dolce, che gli fece
cadere
quel primo furore. E ´ors˘ confessati--disse risoluto alla
figlia--confessati qui a don Marco, che qualche gran peccato ce
l'hai
di certo. Suvvia... a chi dico? Comando io, o chi comanda?ª e cosÏ
dicendo, e ridestandosi in lui l'ira, torceva alla fanciulla le
braccia.
´No Rocco--entrava a dire don Marco--questo non Ë fare da cristiano;
date mano a Tecla, essa Ë vostra figlia, e si confesser‡ a voi,
meglio
che a me, meglio che a chichessia.ª
E fatto raccattare il fagotto ad uno di quei villani, ai quali la
sua
parola tornava sÏ nuova e sÏ dolce; parlando di piet‡, d'amore, di
perdono, don Marco s'avviÚ con essi per tornare al borgo.
Vi giunsero che il ponte riboccava di gente, e chi una e chi
un'altra,
tutti in quella faccenda dicevano la loro. Don Apollinare anch'esso,
disceso di castello, dopo aver ben chiarito, che non era affare di
Francesi; alle congetture che ardiva fare, aggiungeva la sua, e
tenendosi in mezzo ad un capannello di maggiorenti, diceva.
´Tutte baie! Quella ragazza va a male da due o tre mesi in qua; ed
io
ne sono certo, e dico che ha pigliato il maleficio. Chi in una mela
chi in un garofano, ne ho viste molte che l'avevano preso; e tutte
finirono col fuggire improvvisamente di casa, come, salvo l'anima, i
cani che vanno in rabbia....
´Dice bene il signor pievano; salva l'anima, come i
cani!--rispondevano coloro:--eccola, eccola, l'hanno trovata, Ë
qui....ª E tutta quella gente si affollava, in capo alla via.
´Vieni qua... menala qua che la vegga...--diceva il pievano a
Rocco--fategli largo..... Eh? di queste ne ho a sentire nella mia
pieve?--E levando il bastone sopra la fanciulla, che veniva innanzi
trascinata dal padre;--ma se l'ho detto, continuava, Ë malefiziata!
non la vedete com'Ë stravolta? Va, tienila chiusa, mettile in bocca
una foglia d'olivo benedetto, falle bere un sorso d'acqua santa;
domani la condurrai in chiesa, faremo l'esorcismo; e se il diavolo
non
le uscir‡ di corpo, bisogner‡ condurla a Savona, a farla esorcizzare
nella miracolosa cappella del Cristo risorto.
´Ma signor pievano! interrompeva don Marco, che stanco com'era,
arrivava un po' dopo degli altri:--che parla di malefici, di
esorcismi... di diavolo...? Ho visto questa fanciulla a piË d'una
croce costaggi˘, e lei insegna che il diavolo fugge dalla croce....!
´» vero.... l'abbiamo sin per proverbio.... fuggire come il diavolo
dalla croce....! dicevano gli astanti.
´Oh! si persuada?--proseguiva don Marco pigliando a braccetto il
pievano, cui l'assentire dei suoi parrocchiani toglieva l'ardire: e
tirandolo via verso la salita del castello gli andava dicendo: ´ai
demoni e ai malefici, si crede meno di quel che pare; per carit‡,
badiamo a non nuocere a nessuno, e tanto meno a fanciulle povere e
senza difesa....ª
Rocco, colto il destro, s'allontanava con Tecla; i signori e i
popolani, chi lieto, chi mal sazio, si dispersero ognuno verso casa
sua; i due preti si fermarono a piË della salita del castello; e chi
fosse stato dietro a un oratorio che ivi sorge antichissimo, avrebbe
inteso don Marco continuare il suo discorso col pievano; il quale lo
lasciava dire, come quegli fosse stato un vescovo, ed egli un
chierichetto novizio.
´Le sarÚ grato--diceva don Marco--le sarÚ grato d'essersi persuaso;
d'avere smessa l'idea d'esorcizzare quella povera giovane, perchË
sarebbe morta di vergogna.... Ma ora ho un'altra cosa, per cui sarei
venuto domani mattina a pregarla: e giacchË siamo qui..., mi
dica....
a quella lettera d'oggi risponder‡....?
´E come no?--sussurrava il pievano.
´Risponderei anch'io; ma mi dimenticherei di qualunque corruccio.
Pensi, signor pievano, che l‡ in quell'angolo della sua pieve, vive
una povera madre, che non sa pi˘ a qual santo volgersi per un po' di
pace. Io credo che la trover‡ nella tomba, perchË non durer‡ pi˘ a
lungo. Ma un giorno quando gliela porteranno morta, a farla
benedire,
sotto le vÙlte della sua chiesa: e il popolo che le vuol bene, la
pianger‡ come una madre perduta; qual consolazione per lei, poter
dire: io le ho fatto un beneficio, e questa donna lo deve a me se
non
Ë morta da tempo....?
´La signora..... povera donna, Ë degna di rispetto....--rispondeva
don
Apollinare:--ma lui, quel suo figliuolo, quell'insolente che farebbe
ingiuria al paradiso...! Qui il pievano s'accendeva, ma don Marco
sempre con dolcezza:
´Senza macchia non v'Ë manco il sole! Eppoi, sia pure Giuliano quel
che le pare, ma sta bene a un prete giocar di vendette? Sta bene a
noi
essere i primi, a portar la lanterna al bargello? E se domani, se
fra
venti giorni la guerra ci portasse in casa i Francesi; e qualcuno si
pigliasse la briga di dir loro che ella ha perseguitato un giovane,
che la pensava un po' alla loro maniera? La vendetta rifiglia, ella
lo
sa; e se i Francesi ponessero le mani addosso a lei?
´Io....--disse il pievano sentendosi arricciare la pelle pi˘ assai
di
quella volta, in cui il padre Anacleto gli aveva dette a un dipresso
uguali parole:--io scriverÚ a Torino che Giuliano Ë un giovane....
sÏ,
un giovane.....
´Via.... un giovane dabbene, dica! Mi porto via la sua promessa,
signor pievano; e se non ci vedessimo pi˘, le sia dolce quanto a me,
pensare che l'ultima volta abbiamo fatto insieme un po' di bene....ª
CiÚ detto, e strettagli la mano con gran sentimento, lo lasciÚ a piË
della salita; e s'affrettÚ a casa di Rocco, dove non sapeva come
avrebbe trovata la povera Tecla. Sull'uscio della casetta s'imbattË
in
lui e nella moglie, che si bisticciavano, circondati dai figliuoli;
ma
la fanciulla non v'era, perchË la signora l'avea scampata a fatica
dalle furie della madre, e se l'era tirata in casa per tenervela
quella notte. Don Marco si fermÚ un tratto da Rocco per consigliare
a
lui e alla moglie pazienza e pace; poi fece quei pochi passi che
correvano di l‡ alla casa dalla padrona. Marta lo aspettava
nell'atrio, struggendosi dalla voglia di parlargli: e appena lo vide
gli si piantÚ in faccia, e gli disse:
´Mi perdoni; ci ha capito nulla lei nel fattaccio di questa sera?
No?
Ebbene, io invece ci ho capito che la ragazzona Ë innamorata del
signorino! Gi‡ me ne era accorta quest'oggi, mentre ella parlava
colla
padrona, e quando il signor pievano venne a dare quelle brutte
nuove;
Tecla pareva sul fuoco, e piangeva. Ora questa scappata.... quel
fagotto.... vorrei parlarne alla signora....
´Date retta, Marta, la signora lasciatela in pace.
´Ma se venisse il signorino a casa...? Questa ragazza....
´Lasciamo questi discorsi, Marta, e domani sarete pi˘ contenta
d'avere
parlato poco.ª
La fantesca tacque, gli aperse l'uscio, ed entrÚ dietro di lui. La
signora Maddalena scendeva da una camera, vicina alla sua, dove
aveva
posta Tecla a dormire; e fattosi incontro al prete gli chiese:
´Ebbene, che diceva il pievano?
´Il pievano? ParlÚ di malÏe, di malefici, di diavoli...; voleva che
Tecla gli fosse menata domattina per esorcizzarla....
´Oh! allora dovranno venirla a togliere di qui a forza! sclamÚ la
signora, lieta di potersi porre a qualche sbarraglio, ora che suo
figlio pericolava a Torino:--di qui Tecla non uscir‡ pi˘; alla fine
delle fini, baciar la polvere ogni volta che il signor pievano lo
vuole, non Ë manco da cristiani!
´Ma egli ha smessa l'idea;--aggiunse don Marco--ed anche mi ha
promesso di scrivere a Torino lodando Giuliano.ª
Discorsero un altro poco di Tecla, del signorino, del pievano; e
quindi si lasciarono colla buona notte. Don Marco fu accompagnato da
Marta nella camera di Giuliano, dove la signora faceva tenere il
letto
sempre rifatto, perchË a vederlo le pareva che il suo figliuolo non
fosse via: ed era una sua dolce illusione. L‡ il prete vide libri e
schioppi in bell'ordine; e avvicinatosi allo scrittoio trovÚ su
certi
fogli molti visi di donna abbozzati, che tutti somigliavano a
Bianca.
´Gran musa l'amore!ª disse tra sË, e sedutosi, cominciÚ a scrivere
la
lettera a quella gentildonna di Torino, molto raccomandandole il suo
antico scolaro. Poi si coricÚ, e don Apollinare, Giuliano, il signor
Fedele, l'Alemanno, Bianca e quella Tecla infelice, forse pi˘ di
tutti; gli uni con faccia di scherno, gli altri di dolore, gli
facevano nella fantasia una ridda, che gli metteva la febbre.
Meditando sul fatto di quella sera, e sulle parole dette da Tecla
nel
punto in cui era stata trovata; finÏ per credere che Marta avesse
ragione, e che la fanciulla fosse davvero innamorata del signorino.
Il
primo pensiero fu di immischiarsene pel bene di tutti, ma gli parve
di
sentirsi negli orecchi una gran risata del padre Anacleto, e la voce
di lui dirgli: ´prete, tu trovavi a ridire di me?ª Con questo,
contro
ogni sua speranza, gli venne il sonno; e in casa la signora
Maddalena
tutto fu quiete, come fosse stata non abitata.
CAPITOLO XII.
L'indomani un po' dopo l'alba, don Apollinare stava sotto il
portichetto della chiesa, con parecchie divote che avevano udito la
messa; lo speziale apriva la bottega, e uscito a vedere che tempo
facesse, si mescolava al crocchio: un uomo attempatetto, che era il
cerusico, montato su d'un cavalluccio per avviarsi a visitare i
malati, si fermava a barattar con essi qualche parola, sul fatto
della
sera innanzi: parevano l'ultima nuvola d'un temporale notturno,
risolto da un vento benefico, in un mattino quieto.
Marta, che manco per mezzo mondo, non avrebbe lasciata nella propria
vita la lacuna d'una messa perduta, perchË le sarebbe parso di non
si
poter pi˘ fidare tranquilla all'eternit‡; aveva penato a non
trattenersi a dire anch'essa la sua; ma si era fatta forza, e
discendeva di castello frettolosa, per giungere a tempo, se la
padrona
e don Marco levandosi, bisognassero di nulla. E camminando le pareva
di aver sognato, su quello che le era stato detto dalla signora, che
Tecla, da quel giorno in poi in cambio di andare a pascere il
branco,
e a spigolare dietro i mietitori, sarebbe rimasta in casa come una
figliuola. Il villano che per piet‡ prese la serpe a scaldarsela in
seno; al sentire di Marta non se n'era di certo pentito, come la si
sarebbe di poi la signora, inconscia del capriccio annestatosi in
capo
alla figlia di Rocco. Eppure non poteva avvisarla, non poteva dirle
che badasse bene. PerchË don Marco l'aveva consigliata a tacere quel
suo sospetto: e per essa contradire un prete, se proprio non v'era
tirata pei capelli, valeva quanto usare scortesia ad un angelo del
cielo, se l'avesse incontrato per la via, come ai tempi d'Abramo.
Giunta a casa, trovÚ che la padrona, don Marco e Tecla, facevano
colazione, sebbene non fosse peranco l'ora; e vedendo che la
fanciulla, servito il latte, ed affettato il pane, sedeva a mensa
con
essi, assai bene composta; capÏ con dolore, di non essere necessaria
l‡ dentro; ingelosÏ, corse in cucina, e forse pianse. Tecla s'era
accorta dell'animo di lei, e dalla confusione manco non aveva osato
levare gli occhi a guardarla. La signora e il prete non badarono ad
esse; occupati l'una a pregar l'altro di rimanere, mentre questi si
schermiva, e persisteva nel voler partire; e alla fine
s'accommiatava
che poteva essere un'ora di sole. Passando dinanzi alla casuccia di
Rocco, vide costui che dava dentro nel pestello, a fare un savoretto
d'aglio da spalmarne la polenta; e capÏ che il pover'uomo, mezzo
scornato la sera innanzi, stava sulla porta a pestare, perchË le
donne
del vicinato lo vedessero, e fossero persuase che in casa sua v'era
tutt'altro che guai, che anzi vi si scialava a mangiare. Lo salutÚ,
senza potersi tenere dal sorridere di quella semplicit‡; e Rocco e
la
sua moglie riconoscenti, per poco non gli chiesero la benedizione,
come ad un monsignore.
Indi a poco Anselmo, fatto chiamare dalla signora Maddalena,
giungeva
a cavallo in sul piazzale. Questa afflitta per l'addio di don Marco,
gli diede la lettera di lui da portare in Alba, al gastaldo della
marchesa di G...; coll'incarico di dire a costui, che la mandasse in
gran diligenza alla sua padrona in Torino. Anselmo avute le
raccomandazioni e alcune monete, levÚ il trotto allegro come il sole
di maggio; e poi che fu sparito, la signora, Tecla e Marta si
ritirarono in casa, ognuna pensando a Giuliano secondo il proprio
cuore; meste come se quella solitudine in cui rimanevano, non avesse
dovuto mai pi˘ finire.
E Giuliano? Avveniva di lui come di tanti, che mentre a casa loro si
sta dÏ e notte in pena per essi; cercano lontano gli spassi e la
lieta
vita, badando a fare i magnifici della roba sparagnata dai parenti?
Se fosse stato a D...., sotto gli occhi di sua madre, non avrebbe
potuto essere pi˘ raccolto, nË pi˘ severo di vita; e dal dÏ del suo
ritorno a Torino, che facevano appena due mesi, s'era cosÏ mutato,
da
mostrare qualche anno di pi˘. Seguiva di lui, come di certe
fanciulle,
che dall'oggi al domani ti capitano innanzi indonnite: e pareva un
uomo, che gi‡ avesse trovato il suo da fare nella vita. Non era
malinconico, sÏ che altri se ne accorgesse, ma schivava ogni spasso;
taciturno e solitario, invece d'uno scuolare, che non vedeva l'ora
di
potersene tornare medico alle sue montagne; lo si avrebbe creduto
uno
dei tanti fuorusciti francesi, che di quei giorni, andavano randagi
coi segni in viso di lutti domestici, o di sconfitte toccate alla
loro
parte. Faceva le sue passeggiate per le vie pi˘ deserte della citt‡;
desinava or qua, or l‡ nelle osterie pi˘ basse, per ascoltarvi i
discorsi dei popolani, i quali gi‡ osavano sussurrarsi qualche
parola,
e mostrarsi vogliosi di vedere i mutamenti del mondo: e il meglio
delle sue giornate, studiava nella camera, che aveva presa a pigione
sui lembi della citt‡, dalla banda della fortezza; luoghi memori
dell'eroismo di Micca, di cui non so se i discendenti rosicchiassero
sin d'allora il tozzo di pane, dato dai re di Sardegna alla schiatta
del prode. Di certo gli accadde pi˘ d'una volta, di meditare sul
gran
gesto del popolano Canavese, e di vederne l'ombra passare nelle
tenebre, colla face in mano, e coll'anima immortale tutta negli
occhi.
E pensando ai Francesi combattuti da lui, e a quelli che adesso si
affacciavano all'Alpi; gli parve che a mutare l'ire dei popoli in
fratellanze durature, non mancasse che un po' pi˘ di luce nelle
menti
delle moltitudini.
Il mattino e la sera, soleva salire sulla terrazza della casa; e di
lass˘ pasceva l'animo contemplando la natura, maestra sovrana di chi
sa capirne i divini linguaggi. E talora sprofondava lo sguardo nelle
valli delle Alpi, velate dall'azzurro vaporoso delle lontananze; e
colla fantasia trovava in seno ad esse, i villaggi, sorgenti in
mezzo
al verde dei prati irrigui, o fra macchie di pini. Sulle case vedeva
levarsi i campanili delle chiese; e all'ombra di queste, serene
figure
di vecchi parrochi, sedere fra i borghigiani, poveri e degni di
riverenza. Ma la memoria di don Apollinare, subito gli guastava
nella
testa la dolce visione. ´Illusioni, illusioni!--diceva--tali quali
si
fanno, i preti sono tutti d'una maniera; noi ce li figuriamo
sacerdoti, e in cambio non sono che uomini, i quali pi˘ o meno fanno
un mestiere.ª Spingeva allora quello sguardo dalle valli basse alle
altissime vette; e si pregava d'essere un pastore, d'avere lass˘ sua
madre e Bianca, per vivervi con esse d'amore, di meditazione e di
libert‡. Poi si volgeva dalla parte di mezzodÏ, cercando
nell'orizzonte gli Apennini nativi, sebbene sapesse di non li poter
scoprire; e colla guancia raccolta in una mano rimaneva in
quell'atto
sin che facesse notte, e la citt‡ e i colli che soggiogano il Po,
cominciassero a brillare d'innumerevoli lumi. Fantasticava su
questi,
quali rischiarassero le quiete cene delle famiglie; quali il
piacere,
lo studio, il dolore, e quali la morte. Allora lo coglieva un'onda
di
pensieri lugubri; e se qualche rintocco di campana gli veniva di
lungi
nell'orecchio, provava di quello un'amarezza soave, e pensava alla
religione della sua giovinezza come ad un bel sogno, che non gli era
dato rifare. Altrettanto gli accadeva, passando la sera dinnanzi a
questa o a quella chiesa. I suoni dell'organo gli avevano molte
volte
rotto il passo, e si era fermato. L'ombra che piena di misteriosi
inviti, avvolgeva i divoti; la luce tremolante che diffusa
dall'altare
si frangeva nel fumo degli incensi; la voglia dei ricordi infantili
serbati nel cuore; tutto gli faceva forza. Ma ecco il ricordo delle
sue vacanze di Pasqua; ecco l'immagine di don Apollinare affacciarsi
di nuovo alla sua mente; ecco quelle di tutti i preti a lui noti; e
sola tra tante la umile, mesta, quasi rifiutata figura di don Marco,
che gli paresse spirare qualcosa della religiosit‡ predicata dal
clero. Allora egli tirava oltre, pensando se mai fosse venuto sulla
terra un sacerdozio veramente cristiano; e finiva ricoverandosi
nello
spedale, cercando il letto dell'infermo che fosse pi˘ gi˘ della
vita;
e medico a un tempo e consolatore, vi stava la notte intera. E se su
quel letto discendeva la morte, le parole ´parti o anima
cristiana....ª suonavano all'orecchio del moribondo sentite, piene,
feconde; gli infermieri piangevano, e loro pareva di non averle mai
udite, nel modo che quel giovane, selvatico e fantasioso, sapeva
dirle. Egli credeva.
Quelle notti passate fuori di casa, avevano dato nell'occhio alla
vecchia che li appigionava la camera; la quale aveva notato, come
oltre a quelle, si ritirasse anche ogni altra assai al tardi.
Accostumata con giovani pigionali, che i pi˘ non si davano pensiero,
se non di far buon tempo; pensava che qualche intrigo di basso
amore,
lo tenesse fuori fino a quelle ore insolite; ed era stata pi˘ volte
a
un pelo di lagnarsi con lui, che non l'aveva posta di mezzo in tali
faccende. Se egli avesse indovinati i contacci, che colei faceva sui
fatti suoi; ne avrebbe preso sdegno, come fanciulla dabbene cui
venga
usata villania disonesta; e messo in fascio roba, libri, ogni cosa,
sarebbe tornato di casa altrove. Ma in tutto il tempo che era stato
l‡
dentro, non aveva barattato con essa quattro parole; non le aveva
mai
dato appicco di dire pi˘ che il buon giorno, o la buona notte;
augurio
sibilato tra i denti lerci da quella arpia, mentre gli porgeva la
lucerna, che egli pigliava camminando difilato in camera, senza
badarle. CosÏ ignorava di che tempera essa fosse, e come non avesse
saputo porre gli occhi sopra di lui, giovane e bello, senza
bruttarlo
coi suoi pensieri. Quella era una donna, che guardando il cielo
stellato; non vi avrebbe visto pi˘ di quello che vi vedono le
giovenche e gli altri animali: e Giuliano, casto come i veri forti,
e
pieno di amore per fanciulla lontana, cui si avvicinava col
pensiero,
ora per vie ridenti di fiori d'ogni generazione; ora per altre meste
come quelle dei cimiteri; non meritava d'essere giudicato da lei. Ma
questo era il minor male che gli potesse incontrare; perchË, guai a
lui, se essa avesse avuto naso pi˘ fino! Persona da saper fare
d'ogni
lana un peso, sarebbe andata ad accusarlo al bargello; e una bella
notte avrebbe fatto lume ai birri, venuti a levarlo di quella
cameretta; che allora valeva quanto essere spacciato. Egli s'era
scritto ad una di quelle compagnie d'uomini amatori di cose nuove; e
usava trovarsi con essi ai notturni convegni. Quelle compagnie erano
gi‡ numerose, e da quartiere a quartiere, da citt‡ a citt‡, si
cercavano, si davano l'intesa, si adunavano di segreto, crescevano
ogni giorno di speranza e d'ardire. In quelle fratellanze
misteriose,
egli si vedeva accolto di gran cuore, come giovane di alti pensieri,
d'animo pronto e devoto; stimato dai compagni di studio come uno dei
loro capi. E della scolaresca, i buoni s'ingegnavano di
somigliargli;
i chiassosi, diluviatori, sfaccendati, n'avevano soggezione; e nelle
ore pentite pensavano a lui, invidiandogli quella sua bella natura.
La
parola di Giuliano suonava in quei convegni, ricca di immagini come
sogliono averla i marinai ed i montanari; si capiva che tutto quello
che egli diceva lo credeva, e sarebbe morto per confermarlo, se
fosse
bisognato.
A lui si leggeva in viso qualche segno, come di una potenza che
dall'infuori gli governasse l'animo; ed era un occhio dolce di
donna,
che egli si vedeva dinanzi, intento, amico, ispiratore. Quell'occhio
lo accompagnava per tutto, sotto quella vista cresceva nell'arte
sua;
s'afforzava nei pensieri di ribellioni generose; s'avezzava sobrio
ed
austero; studiava, sperava ed amava: la scienza, la rivoluzione, sua
madre e Bianca, erano i suoi amori. Di questa, in tutto il tempo che
mancava da D...., non aveva avuto nË chieste novelle; non volendo
risicare la ricca illusione, per sapere cose che, delle due l'una, o
erano conformi a quella, o tali da struggerla tutta. Pure gli
incontrava sovente di non si poter levare dal cuore una mestizia,
che
gli recava in malaugurio ogni cosa. Il parentado con Bianca gli
pareva
stornato da lunga pezza; immaginava che l'Alemanno l'avesse sposata
in
quei mesi, o fosse lÏ per isposarla; voci misteriose lo ammonivano
dal
fondo del cuore; di pensiero in pensiero, di dubbio in dubbio,
andava
tant'oltre che vedeva il corteo nuziale, l'altare, il frate, i due
felici sorridentisi alla balaustrata della chiesa di C.... l‡ dove
fin
dai primi anni che aveva vista Bianca, egli s'era messo a sognare
d'inginocchiarsi con essa, a darle l'anello.
Se ne sentiva al cuore un dolor di morte; ma subito il dolersi, il
piangere, gli parevano uno sfogo dei dappochi, e gli balenava l'idea
del ritorno improvviso. Tornare, sÏ, a casa; correre a C...,
scendere
dal signor Fedele, e sposa o no, portarsi via Bianca. Ma.... ´se
fosse
gi‡ di quell'altroª gli chiedevano quelle voci misteriose; ´se la
fortuna ti pigliasse a gabbo, cosÏ che tu capitassi laggi˘ proprio a
vederli in chiesa, a udirli dire di sÏ...ª Allora gli si levava
dentro
un fiotto d'ira, e sin che non gli suonassero nella memoria le
promesse di Bianca, portategli da sua madre quando era stata a C...
in
quelle vacanze di Pasqua, meditava cose lugubri. Tornata la calma,
ripigliava lena a studiare; affrettava coi voti il giorno in cui
sarebbe partito da Torino colla sua pergamena da dottore in
saccoccia;
gli bisognavano poco pi˘ che due mesi, e poi il signor Fedele e il
suo
Alemanno l'avrebbero visto.
Con questo frequente mutarsi di timori, di dubbi e di speranze,
viveva
e scriveva a casa ogni quindici dÏ, quando la posta correva; e tra
bene e male veniva anche per lui la fine di quel maggio, nel quale
dalle sue parti era accaduta, la spedizione del popolo in armi al
Settepani; la conversione di Bianca; l'assunzione di Tecla a pi˘
nobile vita: quel maggio in cui per amor suo, la signora Maddalena
non
s'era manco accorta della bella stagione, nË aveva sentito quegli
inni
che il cuore canta anco ai pi˘ miseri, e il labbro non sa ridire, nË
il poeta ha mai scritto.
Un di quei giorni, che la lettera di don Marco alla marchesa di G...
era capitata al suo destino, meglio che da una settimana, Giuliano
stava alla finestra di quella sua cameretta, coll'occhio rivolto
alla
fortezza, dove era un insolito moto. Vedeva sugli spalti erbosi
molti
soldati, e sui vasti piazzali un addensarsi di schiere, un andare e
venire di messaggeri; con quell'aspetto strano che avrebbe un
villaggio dove non fossero nË femmine, nË fanciulli; e gli abitanti
vestissero tutti ad una foggia, e non sapessero camminare se non
armati, allineati in molti, stecchiti ed arcigni. Turbe di popolo
traevano dalla citt‡, e si fermavano a piË delle mura ferrigne; dal
ciglio delle quali sporgevano molti cannoni a guisa d'animali che
posassero, e luccicando al sole, parevano mandare biechi
ammiccamenti.
A un tratto comparvero, dentro quelle mura due uomini, accompagnati
da
un drappello di fanti sino a mezzo lo spazzo; e l‡ sederono su due
scranne, ciascuno con una persona nera allato, prete o frate.
Giuliano, sentÏ, come se fosse stato al posto d'un di quei due, il
peso degli sguardi di tutte quelle schiere; capÏ che erano
condannati
a morte, e sentÏ un rapimento dell'anima in alto; a guisa di aquila,
che turbata od offesa, va a nascondersi tra le nubi. La scena,
rimasta
silenziosa un poco, fu mutata da un suon di tamburo; la folla fuori
la
fortezza ondeggiÚ commossa da quel suono; i soldati fecero un gran
moto di braccia e d'armi; le sentinelle uscite dai casotti degli
spalti si atteggiarono a rispetto: qualche cavaliere corse su e gi˘,
dall'uno all'altro dei gruppi pomposi di pennacchi fluttuanti; poi
il
silenzio tornÚ lugubre. Allora un ufficiale s'appressÚ ai due
condannati; si vide all'atto che strappava ad essi le assise, mentre
un altro a cavallo pareva leggere un foglio, forse una sentenza:
quindi s'allontanarono e rimasero i preti, i quali bendarono gli
occhi
agli infelici, poi se ne staccarono anch'essi; e allora s'udÏ un
fragore di molti tamburi e uno squillar di trombe, un nembo di fumo
avvolse per un istante quei due; e subito dissipato dal vento, li
lasciÚ vedere a Giuliano distesi a terra...... Si levÚ dalla
finestra
collo scompiglio nell'animo; e quasi senza avvedersene, sbattË le
imposte e gli scurini in faccia alla luce, che non gli entrasse in
camera; adesso che aveva rischiarato l'orribile scena. Poi si buttÚ
sul letto bocconi, e colla faccia contro il guanciale, stette
tribolandosi in abissi di fantasmi, di luci stranissime, di
deformit‡
chimeriche. Indi a poco, irrequieto come per bevanda che lo
turbasse,
si levÚ da giacere, riaperse la finestra, provÚ un altro desiderio;
uscire, andare a una lunga passeggiata, fuori la citt‡: andare,
andare
dove che fosse, anco lontano fin dove il vento arrivava a soffiare.
UscÏ col fare d'un uomo che preso il broncio in famiglia, vada a
gironzare per isvagarsi; e discendendo trovÚ per le scale un tale,
che
aveva rondinato sulla via, mentre egli era alla finestra a guardare
la
scena descritta quass˘. Costui soffermatosi a fargli largo, si
scoperse il capo rispettosamente, e domandollo del suo nome.
´Giuliano.... da D....ª rispose il giovane che non badava ad andare
sconosciuto; e si fermÚ anch'egli a figurare quell'uomo, il quale
inchinatosi un'altra volta gli disse:
´S'Ë tanto mutata, da
ravvisarla. Come vede
marchesa di G...., la
giorni, e questa sera
quando non l'ho pi˘ riveduta, che penava a
dalla mia livrea, io servo la eccellentissima
quale mi manda a cercare di lei da parecchi
la vuole nel suo palazzo.
´Ditele in mio nome, che non dimenticherÚ di venire.ª
Il servitore fece la sua terza riverenza e s'accommiatÚ. Giuliano
gli
tenne dietro, strologando sull'avventura, e su quello che la
marchesa
di G.... poteva volere da lui; non tornato pi˘ a rivederla dalla
prima
volta ch'era venuto a Torino, due anni innanzi: e come fu sulla via,
si lasciÚ portare dalle gambe, senza por mente verso dove.
Per chi sa quali varchi, che a noi non importa conoscere, riuscÏ di
l‡
del Po; dove i margini del fiume reale, le colline, il monte dei
Cappuccini, gli parlarono delle rive modeste ed amene della sua
Bormida, e del castello di D...., al quale il monte ed il convento
somigliavano un poco per le conformit‡ e per la postura. Ma, non
sapendo neanch'egli qual fosse, desiderio suo, o invito che venisse
dall'aria; pigliÚ la via che saliva lass˘, e pareva quella che a
D...., per l'erta del colle, menava al presbiterio di don
Apollinare.
L'acciottolato, l'erba delle prode, l'ombra delle quercie, tutto
v'era
come a D...; senonchË l‡ si abbatteva in frati che discendevano, in
divote brigate che montavano; il colle pareva un luogo santo di
pellegrinaggio: al castello di D.... in cambio, salvo i dÏ di festa,
non si vedevano mai che le stesse persone, i signorotti della terra,
che menavano vita allegra e sconclusionata.
Giunto in cima, dove chi s'affaccia al muricciuolo che cinge il
sagrato, puÚ secondo la natura sua accontentarsi di guardare la
citt‡
sottoposta; o per quanto gli vale l'occhio, ammirare la vista
sterminata di pianure, di colli, d'acque e d'Alpi, che fantasia
umana
non saprebbe trovare pi˘ bella; si arrestÚ, crollÚ il capo, diede di
volta senza pur badare a quello spettacolo, in cui l'animo suo si
sarebbe ricreato altra volta lungamente. TornÚ a valle, infilÚ la
via
lungo la riva destra del fiume, verso Superga; andÚ su e gi˘ un poco
come smemorato; poi trovato un navicellaio, scese nel burchio e si
fece traghettare all'altra sponda. Di l‡ per campi e per vie
traverse,
andÚ a porsi in un'osteria campestre, vi mangiÚ vi bevË; s'allontanÚ
quindi nË tristo nË lieto pi˘ di quello che fosse stato tutto il
giorno; e per altra porta da quella che aveva passato ad uscire,
tornÚ
in citt‡ che il sole andava sotto.
Ridottosi in camera, si pose in gamba le meglio brache del suo
corredo; indossÚ un panciotto ed un giubboncello di seta, ornati
assai
bene di sopragitti lungo le occhiellature, alle pettine, ai
paramani;
calzÚ un paio di scarpini leggeri; e tornato fuori prese la via
verso
il palazzo della Marchesa. L‡ trovo una turba di servi a terreno,
una
turba su per le scale; e in cima a queste gli si fece incontro quel
domestico, che era stato il mattino ad invitarlo. Costui lo mise
dentro ad una vasta sala, illuminata che meglio non poteva essere se
vi fosse stato il sole; popolata come una chiesa in tempo d'uffici;
e
lo accompagnÚ coll'annunzio del suo nome alto e sonoro.
Giuliano si fermÚ sulla soglia un poco, e le orecchie gli
fischiarono
come ad uno che rompendo improvviso in una battaglia, capitasse nel
pi˘ fitto grandinare delle palle. Tutti quei crocchi, tutte quelle
teste bianche che non si lasciavano scernere le giovani dalle
vecchie
quegli occhi di donne, che si socchiudevano per isbirciare lui; gli
fecero un senso tale, che per poco non diede di volta frettoloso. Ma
la gentildonna padrona di casa gli mosse incontro, lo prese per una
mano, lo trasse in mezzo a quelle beate amicizie; le quali tutte
accennarono garbatamente di non disgradirlo; poi se lo fece sedere
allato, e mentre i crocchi ripigliavano i loro parlari, essa si mise
a
discorrere con lui.
Egli era preso in fra due: da una parte lo splendore dei doppieri,
la
magnificenza delle arazzerie e delle supellettili, in cui era
sfoggiato lo stile di non so quale Luigi; dall'altra le parole della
gentildonna, che lo assaliva con una procella di domande, e di
rimproveri, sul non essersi egli fatto vivo, da quella prima volta
di
due anni innanzi; sicchË essa aveva creduto ch'egli stancatosi di
stare a Torino, e tornato a D...., non fosse pi˘ rivenuto. Giuliano
a
trovar scuse, a darle contezza di sË, de' propri studi, di D..., di
tutto quello che la marchesa menzionava; e intanto i discorsi dei
crocchi si facevano pi˘ caldi, pi˘ confusi, pi˘ alti, sul fatto
seguito quel giorno nella fortezza, e sulla morte meritata dal
cavaliere di Sant'Amore, e da Mesmer; i quali comandando l'uno la
fortezza di Saorgio nell'Alpi marittime, l'altro quella di Mirabocco
dalla banda di Savoia, le avevano date in mano ai Francesi.
Moschettati per traditori, tutta Torino aveva parlato di loro; ma
adesso in casa alla marchesa se ne parlava ancora, come tra persone
che nelle faccende dello Stato avevano molto a ridire.
Giuliano teneva un orecchio alla gentildonna, l'altro a quei
discorsi:
e ad ogni poco il cuore gli si accapricciava. La disputa era venuta
innanzi cosÏ calda che gi‡ si cominciava a chiedere d'un arbitro,
che
sentenziasse fra le due parti; delle quali chi s'accontentava della
morte data col piombo ai due sciagurati, pur che fossero stati
moschettati nelle schiere; chi avrebbe voluto che gli avessero
appiccati alle forche, a guisa di coloro che assassinavano alle
strade. ProvÚ d'essere l‡ dentro uno sgomento indicibile; tutto
quello
splendore d'arredi, di vesti, di vezzi scintillanti dalle gole e dai
polsi delle dame, gli parve una cosa tetra; e quando una voce chiamÚ
giudice lui, quasi per fargli capire che egli solo non essendo
nobile,
poteva mostrarsi imparziale; purchË parlasse col dovuto rispetto, e
guardando da sotto in su; egli rispose:
´Di quel che corra tra i diversi modi di morte io non so giudicare:
questo so che sino a quando la morte sar‡ data in pena a chi fa il
male, essa parr‡ agli uomini se non una cosa turpe, almeno il
maggiore
dei mali. CosÏ se ne oltraggia la santit‡, si allevano gli uomini
codardi; e si fa della morte quel che si Ë fatto di tante cose
santissime...! E poi uno sia reo quanto si vuole...; pi˘ della colpa
mi stupisce questo, che i pi˘ caldi a volerlo morto, sono coloro che
credono esservi un luogo nell'altra vita, dove lo spirito nostro si
purga: ora se l‡, perchË non si potr‡ diventare migliori anche
qui...?ª
A queste parole si levÚ un bisbiglio, somigliante al ronzio che
farebbe uno sciame d'api, turbato improvvisamente nella sua pastura:
e
fu uno scontento, un volgersi di teste, uno scuotersi di code, uno
scarpiccio irrequieto, da non potersi dire. Giuliano da qual parte
mirasse, vedeva nasi agricciati, menti sporti, sorrisetti
schifiltosi;
ma non uno degnÚ di rimbeccare, come avrebbe meritato, quel plebeo;
il
quale aveva osato entrare l‡ con in capo certi pensieri; su per gi˘
come un villano, che vi fosse venuto colle scarpe inzaccherate.
Egli semplice nell'atto, sereno in viso, e nulla maravigliato,
stette
un poco a quella sorta di temporale: poi rivoltosi alla marchesa le
disse, che se nulla avesse a comandargli, gli bisognava partire; e
si
levÚ in piedi. La gentildonna accennÚ col capo, si levÚ anch'essa,
gli
dette a toccare la punta delle sue dita sottili e fredde; lo guardÚ
bene, quasi per accertarsi se egli fosse davvero quel Giuliano, di
cui
le parlava la lettera di don Marco; e avuto l'ultimo inchino, lo
lasciÚ che andasse.
I servi stupirono di vederlo partire cosÏ in fretta, ed egli quando
fu
sulla via, diede una grande rifiatatona. La notte era molto innanzi;
la luce dei fanali pallida e poca; l'aria quieta. Si sentÏ allora,
come un pesce che sguisciato di mano al pescatore, d‡ due o tre
saltelloni sulla spiaggia e si rituffa nell'acqua: andÚ a zonzo una
pezza, e si ritirÚ che era la mezzanotte. A vedere le pareti della
sua
camera, sciolte e senza ornamenti salvo che di alcuni quadri di
santi,
effigiati per modo da parere pi˘ alla tortura che fra le gioie del
paradiso; fece paragone di quella sua abitazione con la
sontuosissima
della marchesa; e coi soffittoni, dove il popolo della citt‡, allora
come oggi, nasceva e moriva, sopra poca paglia, coll'orcio
dell'acqua,
e il lumicino sepolcrale, in capo al giaciglio. Gli parve d'essere
agiato sin troppo, e pensando a D...., e alla propria casa, che si
poteva stimare una cosa di mezzo tra un palazzo e una catapecchia
plebea; pi˘ che ad abellirla, si sentÏ tirato a farla modesta.
Disegnando su questo a seconda dei pensieri che gli frullavano pel
capo, si coricÚ; per destarsi l'indomani a ripigliare la sua vita di
studio, di solitudine, di sogni d'amore: ma in casa la marchesa non
tornÚ pi˘. NË questa se ne dolse a lui per imbasciata, o in altra
guisa; solo volle tenerlo guardato per uno dei servi pi˘ fidi;
vogliosa di far servizio a quella buona signora Maddalena e a don
Marco. Seppe che nello studio, proseguiva ad essere riputato dei
migliori, sebbene menasse vita selvatica e da uomo di sua testa; ma
le
dolse chiarire come nei libri della polizia, il nome di lui fosse
notato assai nero: di che stette tutta occhi, perchË da quella parte
non gli seguisse niun male. Egli poi, nulla sapendo delle cure che
la
gentildonna pigliava di lui; diventava ogni dÏ pi˘ assiduo ai
ritrovi
misteriosi, che ho rammentato; e cogli uomini, che di quel tempo
erano
tenuti in sospetto, di voler un giorno dar dentro a rivoltare il
mondo, stringeva amicizia, ricambiava promesse; attirando sopra sË
stesso i tanti pericoli, da cui coloro erano minacciati.
Di questo andare entravano giugno e luglio, colle loro giornate
noiose
e mai pi˘ finite; e Giuliano si vide di pi˘ di manco, alla vigilia
di
fare i fardelli, per tornarsi medico a quel suo D.... sospirato. Di
sua madre ebbe in quel tempo due lettere, mute su Bianca, e perÚ di
cattivo presagio. Se ne doleva, fantasticando su quel silenzio; ma
ne
scusava la madre, come donna prudente, che non voleva mandar attorno
il nome della fanciulla, confidato alla carta: e gli erano di
qualche
conforto le notizie che essa gli dava di sË, della vita che menava
rassegnata, dello spasso preso in quelle sue lezioni date a Tecla,
della quale diceva, come se la fosse tirata in casa, e quanto ne
fosse
lieta, crescendo questa di gentilezza ogni giorno, sicchË egli nel
tornare non l'avrebbe pi˘ ravvisata. Queste cose piacevano al
giovane,
perchË s'accordavano coi suoi pensieri; e perchË Tecla gli era
sempre
paruta degna di vita men dura di quella, che pel suo stato, doveva
condurre: faceva conto di assecondare quel pietoso lavoro di sua
madre, una volta che avesse sposato Bianca; e godeva, al pensiero di
poterle dare questa villanella, che se la tenesse per compagna, e
proseguisse a tirarla su creanzata.
Venuto cosÏ in sugli ultimi di quel luglio, tornava una sera per
chiudersi a studiare e prepararsi all'esame; e sulla porta della
casa
dove abitava, trovÚ uno staffiere che teneva pronto un cavallo
bellissimo, vigoroso, sellato, come in attesa di chi v'avesse a
montar
su, per qualche viaggio non corto. Appena Giuliano gli fu accosto,
lo
staffiere si scoperse, e gli diede un biglietto della marchesa di
G..., cui il giovane lesse in un baleno, facendosi in viso come un
panno lavato.
´Vostra madre Ë morente;--diceva la scrittura--partite su questo
cavallo, ma subito: alla mia villa di B.... troverete altri cavalli.
Servitevi, partite, chi sa se farete a tempo....
´Un momento! sclamÚ Giuliano col cuore alla gola; e volato in
camera,
si pose in gamba un paio di stivali armati di sproni; poi cosÏ
com'era, senza badare a robe, a libri, a nulla di quel che lasciava;
discese e montÚ in sella.
´Badi--gli disse lo staffiere--appena fuori B.... a man destra, in
quella palazzina, trover‡ il gastaldo della signora marchesa....
´Mi rammenterÚ di voi--rispose egli mettendo in mano a colui qualche
moneta: dite alla signora marchesa che io terrÚ la vita per lei:
addio.ª
E spronando dalla parte di mezzogiorno, trovÚ la via del suo
destino,
e si mise su quella di trotto chiuso.
Lo staffiere pensando alle spalle
gambe di ferro del giovane; tornÚ
questi era partito come un razzo;
cielo, e pregÚ che Dio tenesse la
Giuliano,
per tutta la via.
riquadre, al corpo snello, alle
a casa la marchesa, a dirle che
e la gentildonna, ringraziÚ il
sua santa mano sul capo a
E in verit‡ il giovane ne aveva bisogno, perchË egli spronava di
maniera, che quanti s'imbattevano in lui, fossero a cavallo o a
piedi,
penavano a scansarsi, e gli davano dietro di basilisco e di peggio.
E
forse avr‡ trovato di tali, cui sarebbe piaciuto movergli contesa
per
quella furia; ma la bellezza del cavallo, dava a pensare all'alto
stato del cavaliere; e di quei tempi si avevano in grande reverenza
i
signori e le loro soperchierie. Fu soltanto in un piccolo borgo, che
si udÏ gridar dietro: ´fermatelo! fermatelo!ª ma una voce aveva
quetato la folla, dicendo che forse egli era una staffetta del Re, e
le grida erano cessate. Oh s'egli avesse potuto conoscere colui che
con quelle parole l'aveva salvato, se non da altro, dall'essere
fermato, indugiato, sÏ che forse non sarebbe pi˘ stato padrone di
sË,
per correre dove lo chiamavano le ultime voci materne! L'avrebbe
ringraziato in ginocchio; avrebbe chiesto perdono a quel popolo
d'essere passato fendendo l'aria come una saetta, risicando
schiacciargli i bambini; ma con tutto questo non rimise dal correre,
e
buon per lui, che fattasi notte, potË tirare innanzi senz'altri
incontri.
Giunse a B.... a mezza via tra Torino ed Alba, che rompeva l'aurora;
e
ai coloni che gi‡ a quell'ora si avviavano ai campi, chiese del
gastaldo della marchesa per mutare il cavallo. Quello che aveva
sotto
non poteva pi˘ reggere. Gli fu additato una sorta di maniero,
lontano
pochi passi dalla via maestra, dove un uomo stava sulla soglia,
quasi
avesse saputo di dovervi aspettare qualcuno. Costui era appunto il
gastaldo, il quale ravvisando il cavallo, si fece incontro al
cavaliero; e mentre guardava con occhio pietoso la povera bestia
com'era conciata; udiva da Giuliano che gli aveva a dare un'altra
cavalcatura. Smontare, togliere l'arnese di dosso al cavallo stanco,
e
sellarne un altro, zaino, accapucciato, di collo scarico e
all'aspetto
buon corridore; fu lavoro di poco tempo. I due animali barattarono
tra
loro un nitrito, come se il nuovo chiedesse allo stanco, se il
cavaliero fosse forte in arcioni; Giuliano gi‡ in sella spronÚ, e
forse senza salutare il gastaldo, ripigliÚ la via.
E tornÚ a traversare borghi e castelli, non provando molestia di
fame
o di stanchezza. Pi˘ camminava pi˘ gli pareva di diventar forte e
fresco; al sole non badava nË al polverio, nË ad altro: arrivare a
D.... ecco lo sprone che gli si era fitto nell'anima, pi˘ acuto, pi˘
tormentoso di quello, con cui egli insanguinava i fianchi al
cavallo;
il quale se gli fosse bastata la lena, quel giorno di certo non
avrebbe odorato biada nË fieno, prima d'essere a D.... Ma alla fine
se
non la compassione del cavaliero, potË la stanchezza; e il povero
animale rallentÚ da sË la gran corsa. Allora Giuliano si trovÚ come
riscosso da un sogno, che stesse facendo; e alzato il capo si vide
in
faccia e poco discoste le torri di Alba. La voce del Tanaro gli
suonÚ
all'orecchio, come quella d'un amico che gli parlasse, con dialetto
somigliante a quello dei suoi monti; e guardando la propria ombra
sulla via, gli parve sÏ corta, che stimÚ il mezzogiorno molto
vicino.
Passando il ponte di legno che metteva nella citt‡, pensÚ come
quelle
acque verdastre, spumanti, rumorose contro le barche; sarebbero
scese
pi˘ basso, a mescolarsi con quelle della sua Bormida; sentÏ l'aria
della sua terra; diede un'ultima occhiata dietro di sË alla pianura,
all'Alpi lontane, in quell'ora non tinte come a sera, di colori che
paiono dell'altro mondo; poi messosi dentro, badÚ innanzi la via per
dove andava.
Sott'essi i porticati, che in Alba, come in quasi tutte le
cittadette
di quelle parti, sembrano essere stati fatti apposta per i signori;
stavano i maggiorenti aspettando l'ora del desinare; altri in
brigatelle allegre passeggiando, altri gomitoni sugli sporti delle
officine a chiacchierarsela cogli artieri alla buona. L'aspetto
della
citt‡, era allora pi˘ severo, e le torri brune parevano stare l‡
ritte, quasi per ammonire i cittadini, che dove non avessero atteso
a
procacciarsi ogni anno miglior ventura e vivere pi˘ civile; il
passato
con tutto il diavolio di baroni, di bravi, e di foderi medioevali,
avrebbe rifatto capolino dalle loro balestriere, e dai loro merli,
sto
per dire, imbronciati.
Giuliano attraversÚ la citt‡, e andÚ a smontare all'altro capo di
essa, a quell'osteria chiamata una volta dello scudo di Francia,
adesso dei tre Re; quasi per far le cilecche ai francesi, che l'anno
prima n'avevano tolto uno dal mondo.
´Questo cavallo ha fatto pi˘ di venti miglia!ª sclamÚ lo stalliere
cui
Giuliano diede le briglie, smontando nel cortile dell'osteria.
´Potete dire anche trenta--rispose questi--abbiategli curaª e
lasciando a colui l'animale, passÚ dal cortile ad una sala terrena,
dove si dava da mangiare ai viaggiatori.
Di quei tempi era un bel vivere! dicono i vecchi; e in verit‡ in
quelle cittadette mezze nascoste, e quasi dimenticate si stava in
apolline. Si desinava nelle osterie semplici e disadorne: e se il
viandante, seduto a mensa, levando il capo di sul piatto, non dava
dell'occhio in ampio specchio, a vedervi sË stesso sfigurato dai
moti
plebei del biascicare; in cambio di queste magnificenze, gli era
messo
in tavola gran bene di Dio, per poca moneta. I vigneti fruttavano a
dovizia; e se avesse usato lavare i piedi agli ospiti in
sull'arrivare, come ai tempi antichi; lo si avrebbe potuto fare col
vino, tanto ve n'era d'avanzo. I prati nudrivano le fienaie, per
modo
che carne e pane, stavano tra loro a spesa poco diversa; epperÚ lo
osterie erano formicai di gente paesana e di viandanti, sui quali
l'occhio materno dell'ostessa seduta al focolare, spandeva il dolce
ricordo domestico; e l'ospite si stimava in casa sua.
Giuliano andÚ diritto all'oste, il quale era un ometto tondo della
persona, lucente nelle guance, e tenuto in sussiego da tre o quattro
giogaie, che dal mento gli si digradavano alla sommit‡ del petto;
donde tra lo sparato della camicia, uscivano petulanti velli grigi,
a
guisa di gale. Nelle sue pupille pareva vi fossero due birri
appiattati; a mirarne il naso vergolato di mille venuzze accovate
sulla punta, si sarebbe detto che da uomo di coscienza, ei non
lasciasse uscire dalle sue botti un bicchiero di vino, senza averlo
assaggiato. Del rimanente era uomo avvisato molto, ma da mettersi a
brani per fare servigio.
´Oste,--gli disse il giovane--la marchesa di G.... ha poderi qua in
Alba?
´Poderoni!--sclamÚ l'oste, maravigliando come altri avesse mestieri
di
chiedere cosa, che doveva essere nota a mezzo il mondo.
´Ebbene--soggiunse Giuliano--ho un suo cavallo, che voi, se vi fa
comodo, manderete al suo gastaldo, appena sia riposato nelle vostre
stalle: poi se me ne troverete uno per un paio di giorni, saremo
d'accordo sul prezzo con pochi discorsi.
´L'oste dei tre Re serve chi lo comanda; e pel signorino ci ho un
cavallo morello, sfacciato, con quattro gambe da cervo...
´Appunto quello che mi occorre tra mezz'ora. Adesso vorrei
mangiare....
´Vuol salire di sopra...?
´No..., starÚ qui.ª
L'oste s'inchinÚ, affilando l'uno contro l'altro due coltellacci da
affettare le carni; e Giuliano andÚ a sedersi ad un deschetto,
nell'angolo pi˘ solitario di quella sala.
La quale era vasta, e vi stavano mangiando a diversi tavolini,
brigate
di mulattieri, dagli aspetti robusti; gente che soleva fare buon
tempo, quando le accadeva di trovarsi sicura dai gabellieri, coi
quali, su per gli alpestri confini tra il regno e la repubblica
genovese, faceva sovente a chi pi˘ ne toccasse; barattando anche
qualche schioppettata, per amor del danaro che guadagnava a manate.
Il giovane diede un'occhiata fra quei commensali, se ve ne fosse
qualcuno del suo borgo, o delle terre vicine, per chiedergli di sua
madre; ma non v'era faccia che gli tornasse nota. Stette gomitoni
aspettando il suo pasto, e pensava che se egli fosse stato in quel
luogo a mal fare, di cento volte novanta vi sarebbe stato un
testimonio delle sue parti; quando l'oste venne oltre, portando alto
un pollo lesso di tal fragranza, che avrebbe fatto gola ad uno,
tornato allora allora da un pranzo di nozze. Lo mise innanzi a
Giuliano, vicino ad una caraffa di vino paesano, e versatogli di
questo, additandogli il bicchiere gli disse:
´Questo le parr‡ sulla lingua il taglio di un rasoio. Se non fossi
importuno, vorrei chiederle una cosa. Ella Ë quel signore, smontato
al
mio albergo questa pasqua, o gi˘ di lÏ, con un suo servitore?
´Appunto.
´Ah! lo diceva pure io, che le fisionomie dei signori i quali mi
fanno
onore, non le dimentico! Anzi, ricordo che il suo servitore mi
disse,
che lei andava a Torino per farsi medico....
´Avete buona memoria:--disse Giuliano mangiucchiando; e l'oste
inchinatolo rispettoso, fece le viste di correre a un tintinnio di
bicchieri, che veniva dall'altra mensa.
Ma in cambio andÚ a parlare con un tale, vestito a modo; che subito
venuto a Giuliano lo salutÚ con certa dimestichezza, e facendo un
segno come per farsi conoscere. Il giovane si levÚ da sedere,
rispose
cortese a quel saluto, e a quel segno; al quale ne seguirono due o
tre
altri barattati rapidamente; poi si strinsero la mano, si
riconobbero
per essersi visti altra volta, sedettero e cominciarono a parlare
basso tra loro.
Erano gi‡ molto innanzi coi loro discorsi, ma niuno ne avrebbe
potuto
raccogliere parola, tanto badavano a non farsi udire: quando colui,
che ai portamenti sarebbe paruto a chicchessia un vecchio amico di
Giuliano, si mostrÚ stupito, e guardandolo negli occhi, gli disse:
´Come? Eppure da ieri in qua non si parla d'altro fra noi...! La
retata di scolari e dei nostri fu fatta, o la polizia di Torino, sta
per farla.--Via, pensate che io voglia rimproverarvi d'esservi posto
in salvo?
´Ma io--sclamÚ Giuliano balzando in piedi, avvampando nel viso, a
guisa d'uomo oltraggiato, per modo che tutti i mulattieri che
mangiavano l‡ dentro si volsero a guardarlo:--io non so nulla! Io
partii ieri sera, e vado a D.... a vedere mia madre morente.
Leggete.ª
CosÏ dicendo frugava per le tasche del giubboncello e cavato il
biglietto della marchesa di G.... lo dava a leggere a quello strano
amico,
´Saranno state false nuove!--disse costui, letto d'un'occhiata il
foglio, e stretta la mano al giovane nel ridarglielo:--andate
diritto
al vostro destino; finchË uno ha la mamma non sospiri, dice il
proverbio... Ma... via..., poichË non sapete nulla, nulla deve
essere
seguito; non vi lasciate cogliere dalla malinconia, e bevete alla
salute di vostra madre.ª
E gli mescË che bevesse, come fosse stato un suo ospite.
Giuliano posto da quella novit‡, in gran pensiero, non bevve nË
parlÚ.
La sua persona sedeva a quel desco, ma l'anima sua, lo si vedeva
chiaro dalla pupilla che pareva spenta, era altrove. Forse a Torino,
forse a D...; forse pensava a tornare addietro, chiarirsi se davvero
tanti giovani fossero stati carcerati come colui diceva; e poi rifar
la via una terza volta, per correre al suo borgo nativo. E la
marchesa
di G..., e la brigata che le aveva visto in casa, e quel biglietto,
e
sua madre morente e forse gi‡ morta; erano immagini accozzate nella
sua mente, a dargli un travaglio da non potersi patire. In
somiglianti
scompigli dell'animo, l'uomo si lascia governare dal consiglio
dell'amicizia, docile come destriero generoso in mezzo alla mischia,
che risponde ad ogni cenno del cavaliero: e Giuliano si mostrÚ
pronto
a dar retta al suo vicino, tosto che questi ripigliÚ, parlando basso
pi˘ di prima:
´Animo, amico, la sventura Ë madre dei forti; se vi Ë cara la
libert‡,
se vostra madre volete vederla ancora una volta, su a cavallo! e via
in buona ventura.
´SÏ,--rispose il giovane levandosi con piglio risoluto--a cavallo!
Oste...ª
L'oste accorse, ebbe lo scotto, e il nolo che volle del cavallo; e
Giuliano uscÏ, accompagnato nel cortile dall'amico. Dette con lui
altre poche parole di congedo, montÚ in sella; e mentre partiva
udissi
dire, con voce impressa d'affetto:
´Tornando, rammentate che la casa di Ranza Ë casa vostra. Addio!ª
Codesto Ranza, era della citt‡ d'Alba, caldo amatore di libert‡ e
delle cose di Francia, e molto addentro nelle cospirazioni, che si
formavano di quella stagione. Egli si scoprÏ di l‡ ad un paio
d'anni,
quando i repubblicani condotti da Buonaparte, furono nelle valli
della
Bormida e del Tanaro, dopo aver vinto a Montenotte e a Cosseria; e
diede lena a molti di chiarirsi contro il re. Di lui fa cenno il
Botta
nelle sue storie, e sebbene lo stimi cervello disordinato, e _capace
del pari di far perire la realt‡ per la ribellione, e la libert‡ per
l'anarchia_; Ë giusto alla sua memoria; lo chiama _uomo dabbene nË
senza lettere_; e di certo non disse troppo.
Giuliano l'aveva incontrato a Torino alcune volte, a quei convegni
notturni; ai quali di quando in quando, si recavano gli amici delle
citt‡ piemontesi, a fare accordi, a pigliar novelle, a conoscere
nuovi
compagni. Ora cavalcando e divorando colla mente, quelle altre sei
od
otto ore di cammino, che gli rimanevano a fare per giungere a D...;
sentendo in cuore la voce di Ranza suonare con qualcosa di paterno;
credeva che per tutta la vallata fossero uomini di quella sorta e di
quel pensare. SicchË l'aria gli pareva piena di spiriti generosi;
tutto gli tornava pi˘ bello a vedersi in quei luoghi noti: e sin
quel
dolore domestico, verso il quale correva, gli si faceva pi˘ mite.
Man mano che s'avvicinava a' suoi monti; l'aspetto della campagna,
era
come se la mano dell'uomo avesse affrettato l'opera della natura. I
fieni erano stati falciati; la mietitura fatta anco nei luoghi, ove
le
messi solevano venire pi˘ tardive; dovunque era un casolare, s'udiva
un rumore di correggiati, si vedeva un ventolar di biade, e nugoli
di
pula che andavano all'aria lontani. Appariva, per tutto, la furia di
tirarsi in casa i raccolti, anco immaturi; dalla tema dei Francesi,
dei quali si diceva che usassero predare, incendiare, struggere ogni
cosa. Chiese novelle del paese, e di grosse come quelle che gli
davano
i montanari, non ne aveva inteso mai. Seppe che di quei giorni erano
arrivati in Val di Bormida molti Alemanni, dicevano pi˘ di
centomila,
ma che i Francesi erano molti pi˘. Taluno osava chiedere a lui dove
andasse; e sentito che a D..., compiangeva il povero signorino,
perchË
i repubblicani erano di l‡ a poche miglia. Giuliano non badava a
quelle rustiche paure, e tirava innanzi bevendo a petto pieno l'aria
delle montagne native.
CAPITOLO XIII.
Sul vespro di quel giorno, mentre Giuliano cavalcando gi‡ vicino a
D..., scopriva tra il verde del castello il campanile, che pareva un
amico acquattato, per dar voce del suo ritorno; sul piazzale di casa
sua sedevano alcune donne del vicinato, intente a rammendare
camicie,
a filare, a fare ognuna qualcosa, ascoltando i racconti di Marta. La
quale, pigliate le mosse dai molti Alemanni giunti di quei giorni;
parlava delle guerre degli Spagnuoli, venuti sul principio di quel
secolo, pochi anni prima che essa nascesse, a devastare le valli
della
Bormida; dove erano passati come la maledizione di Dio. Dai racconti
di guerra, era caduta in quelli della fame e della peste; e ne aveva
sballate di quelle cosÏ grosse, che le povere contadine si pregavano
di morire, piuttosto che star al mondo a vedere altrettanto. Una
delle
uditrici era Tecla, che alle parole della vecchia badava poco o
punto.
PerchË i suoi pensieri erano lontani di l‡ molto: e vi avesse anche
badato, la sua mente aveva fatto, in quei due mesi, cosÏ lungo
cammino; che le cose strane dette da Marta, non potevano pi˘ nulla
sull'anima sua. Si era in tutto mutata e tanto, da non si ravvisare
a
prima giunta; e a poco a poco aveva pigliato nei portamenti e nel
viso, l'aspetto di fanciulla nata in istato migliore di quello,
donde
era uscita. La signora l'aveva sin da principio vestita de' panni
pi˘
fini; e sebbene la villanella si fosse trovata in sulle prime un
poco
impacciata, nelle foggie nuove di quelli; vi si era presto
avvezzata,
con gran maraviglia di Marta; che ormai non sapeva pi˘ sgridarla nË
tenerle il broncio, e parlava di essa benignamente. Nessuno del
borgo,
neanche lo stesso pievano, aveva pi˘ osato menzionare il fatto della
scappata notturna di lei; e sapendo che viveva raccolta, sempre alle
gonne della signora Maddalena, tutti la chiamavano fortunata; a
tutti
pareva uno di quei fiori, che dopo una fiera ventata, da cui siano
stati quasi divelti, crescono di bellezza, pi˘ desiderati quanto pi˘
s'ascondono nella siepe. Le donne del vicinato, che la vedevano
qualche volta alle finestre di quella casa, le si cominciavano a
mostrar rispettose; le fanciulle ne avevano invidia; suo padre e sua
madre si stimavano qualcosa da pi˘ di due o tre mesi prima, ma quasi
si peritavano a chiamarla loro figliuola. Essa, punto insuperbita,
diveniva ogni dÏ pi˘ dolce; e sebbene paresse che essendo giunta a
quella fortuna, dovesse stare allegra; una malinconia diffusa sul
suo
viso, rivelava che il cuore piangeva dentro; e il pensiero del suo
destino, e la tema d'una caduta, che forse sarebbe stata pi˘
dolorosa,
quanto pi˘ essa saliva, cominciavano a nascere in lei; sicchË
l'avvicinarsi del giorno, in cui Giuliano sarebbe tornato da Torino,
le pareva una montagna che fosse lÏ per franarle addosso a
schiacciarla.
Quel giorno, seduta in quel crocchio di donne, all'ombra del
pergolato, da cui pendevano i grappoli di lugliatica, gi‡ matura,
che
la signora voleva serbati intatti per Giuliano; badava poco o punto,
come ho detto, ai racconti di Marta; e questa che dal gran dire si
sentiva la gola di pomice, essendo in sul finire, sclamava:
´Oh! le mie care benedette, i flagelli di cui vi parlo li manda il
Signore; guerra, fame e peste, gli avremo tutti, uno dopo l'altro. E
ancora bisogner‡ ringraziare, se si morir‡ di due uno, come ho
veduto
io nella mia giovent˘. Ma se avvenisse come centocinquant'anni or
sono, quando da queste parti, i rimasti vivi erano come le mosche
bianche? Quella fu una morÏa! Io ho conosciuti due signori di C...,
che venivano qualche volta a desinare qua, dal padrone buon'anima,
ma
quello vecchio. Essi erano i figli dei figli d'uno dei soli quattro
uomini, che la peste d'allora lasciÚ vivi, in quel borgo di tremila
anime. Eh! se gli aveste intesi! raccontavano le cose udite dai loro
padri i quali le avevano avute dal nonno; e solo a rammentarle non
mi
sta in capo il fazzoletto, tanto mi si rizzano i capelli! E anche
allora si era detto che la peste nascesse dai tanti soldati morti in
guerra... Baie! Io so che a C..., l'avevano formata tre scellerate
sorelle coi loro unti..., una notte di sabato, in un loro podere,
dove
solevano trovarsi col diavolo... (qui Marta si segnÚ per l'ubbia che
menzionando il demonio, questi le facesse tre salti d'allegrezza
dinanzi). Ammanirono l'unto infernale, e tornate la domenica
all'alba
nel borgo, unsero le porte delle case e le panche in chiesa, e sin
da
quel giorno cominciÚ a morir gente per certi tumoracci tanto
fatti...
´No, Marta, non fate segni colle mani!--sclamarono quelle donne, che
credevano di malaugurio il mostrare col gesto la grossezza di
tumori,
di biscie, di piaghe e d'altre cose cattive.
´Le tre sorelle,--continuÚ Marta--allegre del fatto loro, partirono
per andarsi in casa a un loro parente del Genovesato; ma il podest‡
di
C..., fece dar loro dietro coi corni marini, e furono colte dalle
parti di Savona, l‡ dove la Vergine Maria era comparsa al Beato
Antonio. Legate, battute, menate a C... furono bruciate vive al
cospetto del popolo, tutte e tre insieme, come anime dannate... e io
ho visto dove.ª
A questo punto, dando un'occhiata intorno; Marta si avvide di Tecla,
che aveva sulle labbra un certo sorriso, come di compatimento a
qualche baggianeria, uscita di bocca a lei. Si sentÏ punta nel vivo,
da quel sorriso di incredulit‡, che in mezzo a tante credenzone
pareva
il simbolo dei tempi nuovi, e ´gi‡!--sclamÚ--quei dai vent'anni in
gi˘, ridono delle streghe, del diavolo, di tutto! Chi non crede al
diavolo, non crede bene neanche a Dio, dice il signor pievano; me
l'ho
appiccata all'orecchio, e penso anch'io come lui che se si va di
questa gamba, fra un altro po' d'anni, piover‡ zolfo acceso. Per me
avvenga che puÚ, e rida chi vuole, io sto col signor pievano, chi ha
da salvarmi Ë lui...ª
Le donne non guardarono che viso facesse Tecla alle parole di Marta;
ma pensarono alla profezia del zolfo, udita lanciare di sul pulpito
dal pievano. E cominciarono a parlare di lui, e a dirne tante lodi;
che se davvero uno si sente fischiar le orecchie quando Ë menzionato
in qualche luogo, don Apollinare dovË sentirvisi dentro le centinaia
di grilli.
Ma la bisogna in cui egli era occupato in quel momento, non gli
concedeva di badare a queste minuzie; e aveva la testa intronata da
ben altri rumori; suon di stoviglie, tintinnio di bicchieri, voci
alte, un'allegrezza chiassosa. Sedeva a convito nel presbiterio, una
grossa brigata d'ufficiali delle genti Alemanne, venute a
spalleggiare
l'altre della loro nazione, che in primavera ne avevano toccate
dalle
bande di Nizza, in parecchi combattimenti. Quelle genti, sebbene non
fossero centomila, come Giuliano aveva inteso dire tra via, pure
ingombravano la valle da D... sino alle sorgenti della Bormida; e
villaggi e casali ne erano zeppi. I popoli di quelle terre ne
avevano
gran disagio pei molti alloggi, pei viveri di che dovevano fornirle,
e
pi˘ per quel che esse si pigliavano, a mÚ di predoni; e fra i guai
che
pativano dagli Alemanni amici, e la paura dei Francesi, che
calassero
a far battaglia con essi di qua dei monti; vivevano col cuore tra
due
sassi. NË quella paura poteva chiamarsi ubbÌa, perchË dalle cime
dell'Apennino, a San Giacomo, al Settepani, dove avevano poste le
grosse guardie, i Francesi parevano spiare l'ora acconcia a ferire
qualche gran colpo; e a sera si vedevano tanti dei loro fuochi, che
su
quei monti pareva sempre la vigilia di San Giovanni. Don Apollinare
si
sentiva scottare da tutti quei fuochi; e l'idea della calata dei
Francesi, tornava ad essere per lui come un ariete di bronzo, che
gli
desse le gran capate nel petto. Sull'imbrunire, sempre chiudeva le
finestre del presbiterio, che guardava a mezzogiorno, non volendo
vedere quei monti d'amaro ricordo, coronati di quei fuochi maluriosi
e
maledetti: nË solo o accompagnato s'era mai pi˘ fatto sino al
muricciolo, che chiudeva il sagrato da quella parte. Anzi, se gli
accadeva di dover discendere di castello pei suoi affari, pigliava
un
sentiero a ridosso del colle, per non sentirsi in viso neanco l'aria
di quelle montagne; punto badando alla natura selvaggia di quel
sentiero, che pareva fatto per menare i cristiani a rovina.
Ma a mezzo luglio, venute quelle nuove schiere d'Alemanni, aveva
ricominciato a tornare in essere, come un lume che in sullo
spegnersi
venga riempiuto d'olio. Si mise di nuovo a pigliare i suoi pasti, a
dormire un po' pi˘ tranquillo; e quando potË farlo, dopo quindici dÏ
d'apparecchi, si condusse in casa, a banchettare, gli officiali
rimasti a campo nella sua pieve.
Donna Placidia, la quale aveva cosÏ in uggia la gente d'arme, che
solo
a vedere l'elsa d'una spada si segnava spaurita; s'era sfogata a
brontolare tutti quei giorni; e la vigilia del banchetto, pianse.
PerchË il fratello aveva tirato il collo a tanti capponi, che la
stia
era rimasta vuota; quella stia consapevole, dove nelle sue noie essa
era certa di trovare un popolo devoto, al quale volgeva la parola
eloquente, quanto quella del pievano, quando parla dal pergamo ai
suoi
parrocchiani. Ma da quella donna che penava poco a rassegnarsi,
perdonÚ al fratello lo strazio fatto; e badÚ che il desinare
riuscisse
a modo. Essa in cucina, essa in cantina, essa a dar in tavola le
vivande, facendo da scalco, faticÚ per sette: paga di non essere
conosciuta per sorella del pievano; perchË (questo senso d'orgoglio
l'aveva), l'essere in letto ammalata a morte, le sarebbe riuscito
men
duro che l'apparire agli occhi di tanti gentiluomini, in quel suo
stato di fantesca. Di tanti affanni patiti durante il banchetto, si
ricattÚ alfine, quando fu tempo di porre al fuoco la caffettiera;
chË
messo il naso sopra quell'arnese, l'animo suo si rifaceva sereno. Il
fumo della preziosa bevanda, poteva su di lei, come la musica su
certi
animi iracondi; e per dire a modo qual gusto vi ebbe anco quel
giorno,
bisognerebbe averla veduta farsi oltre nella sala portando il bricco
lucente, in cui specchiandosi la sua e le faccie rubiconde dei
convitati, parevano, a misura che essa avanzava, fare una ridda.
Avevano mangiato gagliardamente, e bevuto da far raccapricciare le
viti della pievania; e chiacchieravano de' fatti loro fumando,
annuvolando la sala, scoppiando in risa ai motti di qualche compagno
che avr‡ canzonato l'ospite, perchË senza Tersite la compagnia non
sarebbe stata intera. Ma quando videro il caffË, uscirono tutti in
uno
oh! lungo di maraviglia; e mentre donna Placidia deposto il bricco
se
ne tornava in cucina, compensata d'ogni sua noia; plaudirono don
Apollinare che mescendo il caffË, procacciava ad essi, su quei
monti,
di cosÏ fatte delicature. Egli mescË, zuccherÚ, si prese per sË una
chicchera; e rimenandovi dentro col cucchiarino, piantato sulle
gambe,
la persona un po' curva, il viso sporto:
´Il caffË--sclamava--il caffË vuol essere bevuto dai signori, stando
in piedi e mormorando...!--E levata la tazza ad una sorta di
brindisi,
cominciÚ a sorseggiare, movendo quelle sue pupille grigie, per forma
che pareva un volpone sotto una cesta.
L'allegra brigata fu tutta in piedi. I mustacchi dei bevitori
coprivano gli orli delle chicchere; e gli occhi scintillanti pei
vini
tracannati in gran copia, barattavano sguardi ed amiccamenti, per
disopra a quelle. I corpi satolli, mandavano il fumo ai cervelli;
chi
ne diceva una, chi ne sbottava un'altra; e per farla finita, bevute
in
sul caffË parecchie altre bottiglie, uscirono fuori a prender aria.
Ad uno, a due, a quattro gi˘ per la scala, uscivano dal presbiterio
come fosse da un'osteria. Donna Placidia, di sull'uscio della
cucina,
contemplava quella strana processione, e al silenzio che regnava
nella
sua stia, le pareva che i suoi polli cantassero in corpo a quella
gente contenta. La quale fu vista a gruppi scendere dal colle, col
pievano in mezzo, tronfio, acceso in volto, e, si sarebbe detto,
beato
d'aver pasciuto quei messeri, che lo menavano a zonzo. Ammirati,
salutati, invidiati dalla poveraglia, che andava in giro limosinando
alle porte: come furono al piano pigliarono la via pi˘ amena, che
era
quella in sulla riva del torrente; e sempre dell'istesso andare,
dissipando il fumo delle pipe e quello dei cervelli, s'allontanavano
dal borgo, a seconda dell'acqua.
Gli Ë quanto dire che movevano verso quella banda, per dove Giuliano
stava arrivando; e in verit‡ non erano discosti gran tratto, che
questi capitava di faccia ad essi, ad uno svolto della via,
cavalcando
di quell'andatura stanca, che la povera bestia dell'oste d'Alba
poteva, dopo sÏ lungo cammino.
La brigata si cansÚ sulle prode della via angusta; ed il giovane,
che
oramai avendo il suo borgo dinanzi, ondeggiava tra il desiderio e la
paura di saper alfine la verit‡ su sua madre; passÚ in mezzo senza
salutare, come non avesse veduto le splendide assise. Gli uffiziali
stettero a badare pi˘ che a lui al cavallo; ma don Apollinare
soffermatosi, colle mani appaiate sulle reni, la testa inclinata
sulla
spalla, mirÚ di sbieco; e col calcagno destro battendo il suolo,
sicchË il ginocchio e il polpaccio agitavano le pieghe della talare,
sclamava: ´pecora, pecora! se io volessi ci saresti capitata!ª
Alle parole strane, tutta la baraonda gli si fece intorno curiosa;
ma
il pi˘ vecchio e il pi˘ indorato di tutti quei soldati, se lo pigliÚ
a
braccetto, si mise a parlar basso con lui; e la comitiva tenne
dietro
ad essi, men gaia, meno ciarliera, quasi conscia dei discorsi che
correvano tra il pievano e quel vecchio ufficiale, che n'era il
capo.
Frattanto Giuliano aveva guadagnato il ponte, e sebbene s'imbattesse
in gente nota che lo salutava; egli che in Alba avrebbe chiesto
novelle di sua madre a un nemico giurato; adesso non si sarebbe
rischiato per nulla a dimandarne ai suoi paesani, e tirando diritto
infilÚ il vico. Alla vista dell'arco che metteva nel suo piazzale,
per
poco non si buttÚ di sella, per salutare le sue case, e star lÏ
fuori,
in attesa di qualcuno, che venisse non chiesto a dirgli la verit‡.
´Oh!--sclamÚ Tecla, che era ancora sotto il pergolato col crocchio
di
donne; e rimase, vedendo apparire Giuliano, colle braccia tese verso
l'arco, tinta nel viso di quel roseo, che si vede improvviso
diffondersi sulle guance a qualche giovane morente, e pare il
principio di un'aurora pi˘ bella. Le donne non ebbero tempo di
levarsi
in piedi, e gi‡ le zampe del cavallo le avevano coperte di sabbia, e
Giuliano balzato di sella chiedeva ansando:
´E mia madre?
´Santa Vergine!--gridava Marta rimescolata--capitate come i morti la
notte dei Santi...
´Mia madre? TornÚ a domandare Giuliano, e senza dar retta alla fante
nË all'altre donne, gittate le briglie mosse verso l'atrio; rapido
quanto lo fu il suo pensiero a ricorrere alla seconda sera di
Pasqua,
quando era giunto da C..., con altre cure, con altre speranze, e
aveva
trovato sua madre ad aspettarlo su quella gradinata. Ora non v'era
che
Marta. Ma se sua madre fosse stata davvero in fin di vita, o morta;
la
vecchia avrebbe potuto essere l‡ a svagarsi, e Tecla con essa?
Questo pensiero non ebbe tempo di formarlo, chË la signora Maddalena
comparve ad incontrarlo quasi pi˘ affannata di lui; ed egli col
piede
sul pi˘ basso gradino in atto di salire, essa sul pi˘ alto in atto
di
scendere, si abbracciarono come persone, campate da un naufragio, e
incontratesi sulla riva.
La donne del crocchio peritandosi a star quivi, si allontanarono;
durÚ il silenzio un tratto, poi la signora sciogliendosi da
quell'abbracciamento, di cui Giuliano pareva non potersi saziare;
´ecco tua madre!ª gli disse, e pigliatolo per la mano, lo trasse
dolcemente in sala. L‡ egli, sbalordito, e quasi la stanchezza lo
avesse colto improvvisa, si lasciÚ cadere di sfascio sulla prima
scranna che gli venne tra piedi; e fissando la madre, e cogli occhi
pieni di dubbio, d'allegrezza, di sbigottimento ad un tempo:
´Oh, mamma,--sclamÚ--credeva di non fare a tempo...! Ma che tempo?
non
Ë vero nulla non Ë...? Mi dica, fu un gioco, un inganno... che fu?ª
A che dissimulare? penso tra sË la signora mentre Giuliano diceva; a
che mentire, per dovergli poi dire domani quello che gi‡ sa? aperse
le
braccia in atto di chi sta per dare un grande squasso al cuore
altrui,
e insieme offre tutto sË stesso per confortarlo; e rispose:
´Ebbene? Tu, io, il mondo che ci possiamo? Leggi.ª
E frugandosi in seno, cavÚ un foglio, spiegazzato forse in un
momento
di fiero travaglio; e lo porse a Giuliano. Quel foglio era di don
Marco, il quale aveva scritto poche parole, per dire alla signora
che
si rassegnasse, e che Bianca si sarebbe sposata di quella settimana.
Giuliano lesse agrottando le ciglia pi˘ e pi˘ ad ogni verso; e poi
quasi riavutosi dalla sua spossatezza:
´Si sposi!--urlÚ balzando in piedi, bello d'ira improvvisa;--si
sposi
pure, e fosse gi‡ sposata! Ma che feci io di male al mondo, perchË
da
ogni parte mi si debba tirare addosso come ad un malfattore? Ah!
marchesa di G... fu un gioco, un brutto gioco il vostro, e Ranza...
aveva indovinato...! A quest'ora sono in carcere tutti!
´Ma che Ë questo?--gridÚ sbigottita la signora che in quelle parole
non ci capiva nulla.
´Mamma, m'hanno mandato qua facendomi credere che ella fosse
morente!
La marchesa di G.... m'ha ingannato!
´Ah capisco! Allora essa ti ha campato da qualche gran
guaio!--interruppe la signora, balenando di gioia e di gratitudine
alla gentildonna, e a don Marco, che a questa aveva scritto.
´SÏ!--sclamÚ Giuliano--per farmi chiamare fuggiasco, vile, e peggio!
Eppure sia benedetta!ª
E qui, ricadde a sedere dinanzi a sua madre; e le narrava del
viglietto avuto dalla marchesa, del viaggio fatto quasi senza sosta;
parlando con certa calma, di cui egli stesso stupiva; non sapendo
come
l'anima sua si sarebbe ridestata al dolore, non appena dissipata
quella sorta di pace, in cui per aver trovata viva la madre, si
sentiva tirato. NarrÚ tristamente, e parlÚ sempre lui, quasi pauroso
di lasciare, tacendo, il posto ad altri pensieri; finchË Marta fatto
riporre il cavallo, venne dentro recando la lucerna accesa, perchË
si
faceva notte.
´Il cavallo--disse essa per non istar lÏ a fare le accoglienze al
reduce peccatore;--il cavallo l'ho fatto legare in disparte, che
quelli degli Alemanni non gli possano tirare...ª
´Che Alemanni--saltÚ su a dire Giuliano col sangue a
cavalloni;--dunque, nemmeno in casa mia, potrÚ stare senza costoro
tra
piedi?...
´Per carit‡!--disse Marta--che essi non avessero a sentire, sono lÏ
sul piazzale....ª
´Giuliano abbi piet‡ di me!--pregÚ la signora--ci han dato due
uffiziali ad alloggiare; soffri in pace, e se ti volessero salutare,
sii buono.
´Non voglio vederli, sono stanco, casco dalla fatica...!ª
CosÏ dicendo, Giuliano partÏ sdegnoso, e senza lume prese la scala
che
menava alla sua stanza.
Marta sollecita accese una lucerna a mano, e gli tenne dietro; la
signora Maddalena rimase ritta un tantino in mezzo alla sala incerta
se dovesse seguirlo, o star lÏ a far buon viso agli Alemanni, se
venissero dentro. E siccome questo le parve il meglio, cosÏ
accostatasi alla porta, si mise ad ascoltare, tremando che essi
avessero intese le parole oltraggiose del figlio. I due, tornati
mezzi
avvinazzati dal banchetto del pievano, erano proprio sul piazzale,
come Marta aveva detto; e davano ordini ai loro servitori, parlando
imperiosi la loro favella. Essa in quei loro parlari non ci capiva
nulla, ma spiegandoli a sË stessa alla sua maniera, gi‡ si figurava
che davvero toccassero il suo figliuolo. SenonchË coloro, riveduti i
loro cavalli, e detto ai servi quel che avevano a dire, se ne
andarono
di nuovo; forse a godere la serata, per tornare tardi pieni di vino
e
di gioia; gioia che in quella casa non doveva pi˘ brillare che su
visi
stranieri.
Appena se ne furono andati, e sul piazzale non s'udÏ pi˘ che il
passo
dei servitori, e il cigolare dei secchi, e della carrucola del
pozzo;
la signora si provÚ a salire di sopra. Ma si fermÚ, perchË Marta,
lasciato il lume in camera a Giuliano, veniva gi˘ tastoni e
strisciando il piede per trovare i gradini.
´S'Ë buttato sul letto vestito e stivalato, com'era, e rimase
addormentato morto.ª CosÏ la vecchia; e la signora:
´Oh dorma! dorma! e che non gli venga in mente nulla, nË C.... nË
Torino...!ª e salendo in punta di piedi andÚ ad ascoltare e a vedere
da sË.
La stanchezza del corpo, aveva potuto pi˘ dello scompiglio
dell'animo,
e Giuliano dormiva sÏ fisso, che tutti i tuoni del cielo non
sarebbero
bastati a destarlo. Essa spinse l'uscio, entrÚ nella camera, appunto
come aveva fatto la notte prima della sua partenza, e al chiarore
della lucerna lasciata da Marta, stette a guardarlo. Giaceva supino;
il petto gli si gonfiava a lunghi respiri; le guance attenuate dalla
fatica erano pallide; le sopraciglia, i capelli, i panni aveva
polverosi; pareva un guerriero che riposasse dopo la battaglia. Oh!
se
essa avesse potuto vedere il cuore di lui; se avesse potuto
leggergli
traverso la fronte i pensieri! Eppure meglio averlo lÏ sotto gli
occhi, tribolato quanto si fosse, meglio lÏ che a Torino, nel
carcere,
da cui la Marchesa di G.... l'aveva forse campato.... Oh! la
gentildonna pietosa, che sÏ che l'aveva trovato il modo di farlo
partire!.... E la ringraziava dal fondo del cuore, e le pareva che
oramai si sentiva forte da poterlo difendere contro ogni nemico; i
birri, gli Alemanni, il pievano, chiunque volesse fargli male, gli
avrebbe visti in viso! Rimasta un altro poco a guardarlo, baciÚ il
guanciale su cui posava il capo, non osando baciar lui in viso; poi
si
tolse non sazia da quella vista.
Tornata in sala, trovÚ la fantesca gomitoni sul tavolino; e allora
soltanto, vedendola sola, si rammentÚ di Tecla.
´O Tecla?--chiese essa, rimescolata per l'assenza della giovinetta.
´Tecla?--rispose Marta con certa voce che pareva chiedesse
anch'essa--Tecla, questa volta ne sono certa, e non Ë pi˘ tempo che
io
taccia. Mi scaccer‡ se vorr‡, tanto in questa casa non ci sono quasi
pi˘ per nulla, ma voglio dire la verit‡. Ascolti, quando vedeva lei
usare tanti bei garbi a Tecla, e avezzarla a leggere a scrivere, a
parlar bene; ecco, diceva tra me, una signora che si apparecchia da
sË
il miele amaro! Ma dalla tema di farle male, mi teneva in gola
tutto....
´Ma, o Marta,--sclamÚ la signora, battendo forte col piede il
pavimento:--e che strazio Ë questo che volete fare di me?
´Tecla la strazier‡; non io...! Tecla, Tecla... vuol bene al
signorino!ª
Fu come se nella sala non vi fosse rimasto pi˘ anima viva, dal tanto
silenzio che vi si fece a quelle parole. La signora si abbandonÚ sul
suo seggiolone, raccolse la fronte tra le mani, e non fiatÚ. Marta
ritta, immobile, sbigottita, stava come se avesse, senza volerlo,
ucciso qualcuno. E sentendosi rimordere forte d'avere dato quel
tuffo
alla padrona, afferrÚ il primo pensiero che le balenÚ alla mente; e
senza stimare quanto valesse, fece come colui che lava la piaga
colla
prima acqua che gli viene alla mano, non badando se sia immonda da
farla inciprignire. Chinandosi a lei, quasi a parlarle nell'orecchio
sommessa, disse con ingenuit‡ maravigliosa.
´Ebbene? Che guaio c'Ë? E dacchË quell'altra di C... si marita...:
se
il bene che Tecla gli vuole, servisse di sfogo a Giuliano.ª
A queste parole, la signora Maddalena sollevÚ la fronte sdegnosa; ma
d'uno sdegno sÏ alto, sÏ generoso, che alla vecchia parve di non
avere
visto mai nulla di pi˘ potente, a farle chinare gli occhi
mortificati.
´E questo,--sclamÚ--questo, o Marta, Ë il pi˘ tristo pensiero che
abbiate concepito dacchË siete al mondo; voi, che come io, avete un
piË nella fossa!ª E preso un partito, lasciando la fantesca a
ingollare le parole che aveva detto, s'avviÚ sola, al buio, in casa
di
Rocco.
L‡ s'era rifugiata Tecla, sin dal primo apparire di Giuliano; senza
che la padrona, o Marta avessero badato a lei. E chiusa in quella
cameruccia, dove non aveva pi˘ posto piede da quella sera, in cui
era
salita a pigliarsi i panni, per andare a Torino alla ventura:
pensava
a Giuliano come ad una visione; pensava a Marta, che forse gli
avrebbe
detto, come essa fosse vissuta quei due mesi alla mensa della
signora
Maddalena; le veniva in mente quella fanciulla di C.... di cui aveva
inteso parlare da don Marco; provava uno sgomento profondo della
venuta del signorino, e insieme corruccio contro l'ingrata che non
lo
voleva pi˘ sposare. Oh! se la grazia di essere amata da esso, il
cielo
l'avesse fatta a lei! Qui arrossiva d'avere osato tanto pensiero; e
in
questa guisa, ora cadendo d'animo, ora levandosi, se ne stava
rannicchiata l‡ al buio; d'una cosa temendo su tutto, ed era che
prima
o poi la si venisse a cercare.
I suoi l'avevano veduta venir in casa cosÏ di furia che n'erano
rimasti spauriti; ma gi‡ accostumati a menarle buona ogni cosa,
dacchË
pareva portata in palma di mano dalla padrona; non s'erano manco
rischiati a chiederle che avesse. E tra quel fatto, e il ritorno
improvviso del signorino, ondeggiando turbati; non osavano
coricarsi,
e stavano a quell'ora ancora in cucina.
Non Ë a dire se fu grande lo stupore di Rocco, quando vide apparire
la
signora Maddalena, sola, al buio; essa che dopo l'avemaria, non
aveva
posto piede fuori la soglia, forse da dieci anni. TemË che venisse a
comandargli di pigliarsi in ispalla i bimbi, le masserizie, e Tecla
e
tutto, per andare in cerca d'altra casa e d'altri padroni; ma quando
la udÏ domandare della sua figliuola con voce dolce, sebbene
commossa,
gli tornÚ il cuore a posto; e preso un lume la menÚ diritta nella
cameruccia di Tecla.
Alla vista della padrona, la fanciulla aperse le braccia, quasi per
dire: ´sono qui, faccia di me quel che le pare!ª E quella mandato
via
Rocco:
´O Tecla--le disse--tu mi vuoi bene nevvero? Dimmi una cosa; se io
ti
dicessi, bisogna che tu te ne vada per un po' di tempo da qui... mi
daresti retta...?
´Oh sÏ!--sclamÚ Tecla--anche subito... come piace a lei...!
´Io ti verrÚ a vedere qualche volta; ti farÚ condurre a Santa G....
in
casa ai parenti di tua madre. V'Ë lass˘ una bella chiesa, sopra una
vetta, tu vi andrai a pregare per me.... Non temere, di sulla porta
di
quella chiesa vedrai D.... e la mia casa e la tua.... addio.ª
E prese le mani della povera giovinetta, le strinse con piet‡
grande;
poi si tolse di quivi, perchË se vi fosse rimasta un altro poco, il
singhiozzo l'avrebbe vinta.
Discesa a basso, raccomandÚ a Rocco di menare la figliuola in casa
ai
cognati ch'egli aveva a Santa G.... nË disse di pi˘; che dallo
sgomento le morivano le parole in bocca. Il buon uomo promise
d'obbedire, senza chiedere il perchË, ma su per gi˘ almanaccando,
gli
pareva d'averlo indovinato: e volle accompagnare la padrona quei
pochi
passi. Chi gli avesse visti a quell'ora, che era quasi di
mezzanotte,
forse avrebbe pensato che in quella casa fosse qualcuno all'ultime
fiatate. Una quiete altissima regnava in quella parte del borgo,
mentre in castello si vedevano molte finestre illuminate, e veniva
di
lass˘ un suono di strumenti; misto di quando in quando a un
prorompere
di voci allegre, proprio come nei festini del carnovale. La signora
udiva e sospirava, pensando ai casi suoi dolorosi: e giunta sulla
porta, pose la sua mano ardente nella fredda e callosa di Rocco; il
quale avuta la buona notte, commosso da quell'atto, tornÚ a
promettere, che all'alba sarebbe stato colla figliuola in cammino
per
Santa G.... Capiva che obbedendo pronto, faceva un gran bene alla
signora, a Tecla, a sË; e quasi dallo struggimento il pover'uomo
piangeva.
Tornata in casa, la signora Maddalena, si guardÚ bene dall'appiccar
discorso con Marta; la quale aveva detto poco prima quelle brutte
parole. E come dalla camera di Giuliano non si udiva nulla, disse
alla
vecchia che andasse pure a dormire, e v'andÚ anch'essa. Quella fu
una
notte, quasi peggiore dell'altra di tre mesi prima, che aveva
preceduto la partenza del suo figliuolo; e la povera donna ebbe un
bel
rimettersi in Dio, ma non le riuscÏ di riposare. Manco male, che per
la stagione, il mattino stette poco ad apparire, a guisa d'un
visitatore sollecito, che viene e s'affaccia timidamente ad
esplorare,
se Ë tempo da giungere gradito. Allora i tamburi batterono la diana
nel campo alemanno, rompendo la quiete soave della prima aurora;
quella quiete che non vorrebbe essere turbata da niuno, prima che
dagli uccelli dell'aria, ridestati al canto, all'amore,
all'innocenza
della loro libera vita. Quei tamburi accompagnavano l'andata di
Tecla
e di Rocco, su per la via che serpeggiando da D.... verso le alture
dei monti, i quali dividono le due valli della Bormida, mena al
villaggio di Santa G.... Salivano salivano, Rocco portando sulla
spalla il fardelletto di Tecla, infilato in un bastone; e Tecla
volgendosi addietro di tanto in tanto a guardare. A misura che la
veduta del borgo si faceva pi˘ bassa, e le case impicciolivano allo
sguardo, e il campanile del castello pareva assotigliarsi, Tecla si
sentiva crescere il cuore, e credeva di elevarsi a regioni piene
d'un'aura dolcissima di speranza.
CAPITOLO XIV.
Se in casa alla signora Maddalena s'era vegliato in quella notte
assai
al tardi; a C... in casa al signor Fedele, non tutti avevano
dormito:
e il sole spuntando bellissimo, visitava con uguale sorriso l'uno e
l'altro villaggio, salutando la madre di Giuliano tutta cordoglio, e
il padre di Bianca affaccendato, come un maggiordomo di famiglia
doviziosa, che abbia corte bandita.
Egli aveva ricondotte in C... le figlie e la cognata da sola una
settimana; perchË dal giorno in cui don Marco e il padre Anacleto,
s'erano bisticciati nella sua palazzina, e Bianca aveva detto
apertamente al primo, d'essere disposta a fare il volere del padre
suo; egli adagiato nelle dolcezze della campagna, s'era dilettato a
colorire i disegni che aveva nel capo. Di pi‡ti e d'ogni altro
negozio
dell'arte sua, non si era pi˘ dato pensiero, contento di quello che
teneva tra le mani grandissimo, il matrimonio di Bianca
coll'Alemanno.
In verit‡ questi due, guariti l'uno del corpo e l'altra dello
spirito,
mostravano oramai d'aver fretta; ne sarebbe bisognato di sapere i
discorsi, o di badare alla rallegratura, che il viso della fanciulla
pigliava sempre pi˘ viva; per indovinare come ogni giorno fosse atto
ad essere vigilia di quella festa, che alle volte pone l'uomo dentro
al tempio della Felicit‡, e alle volte gli fa sbattacchiare in
faccia
la porta di questa Dea.
A misura che la festa si appressava, damigella Maria pareva
restringersi con Margherita, tanto da fare con essa una sola persona
annuvolata e taciturna. Essa aveva fatto come colui, che vedendo
pieno
di crepe il muro della propria casa, s'industria di tenerlo ritto
con
puntelli d'ogni sorta; e tira innanzi dall'oggi al domani, finchË vi
rimane sotto schiacciato. Messa in disparte l'idea d'andarne di casa
al cognato; quetatasi nella promessa che l'Alemanno non avrebbe
menata
Bianca lontana; s'era acconciata a vivere l‡ dentro, dove tutto
pareva
farsi a suo dispetto. Il signor Fedele, poneva ogni cura, a non
darle
appicco di tornare a mezzo con quell'idea; badava bene a non
capitarle
tra' piedi; e le lasciava volentieri il sollazzo della compagnia di
Margherita, in cui la poveretta aveva posto la vita. CosÏ a poco a
poco, tra lo starsi e l'essere tenute in disparte, in quella
faccenda
del matrimonio; esse erano divenute a Bianca quasi straniere. Questa
poi, dal dÏ che s'era chiarita ben disposta verso l'Alemanno, non
aveva riparlato dieci volte con esse. Occupata di sË, delle cose
nuove
che si vedeva intorno, e delle tante che sapeva immaginare con
quella
sua fantasia, riscaldatale dal padre e dal fidanzato in mille guise,
si reputava felice; e vedendo esse accorate faceva spallucce, e
diceva
tra sË che nelle loro malinconie, non aveva a vedere nulla. Le
cansava
con accortezza, e quando non era col fidanzato, col babbo
amorevolissimo, o col padre Anacleto che veniva nel borgo a
visitarla;
se ne stava nella propria camera soletta; non come la primavera
addietro afflitta, taciturna, stanca di tutto; ma intenta ad aprire
e
a rinchiudere, cento volte, i cassettoni del suo canterano. E
pigliava
diletto a cavare e a riporre uno dopo dell'altro, vezzi d'oro, e
monili e collane; e poi sete, e trine, e vesti, e pettini, e
reticelle, e guanti di ogni colore e di molta spesa. Sovente aprendo
una scatola di lavoro sottile, che era da per sË una galanteria, ne
cavava certi fiocchi di piume di cigno, e accostandosi allo
specchio,
s'impolverava peritosa un po' di capelli sulla fronte, e un po' di
gota; e rimaneva a guardarsi nella spera, come per vedere se
incipriata tutta la testa, sarebbe parsa pi˘ bella. Oh! se la mala
ventura, che poneva Giuliano a sÏ dure prove per amore di lei,
l'avesse portato a vederla solo una volta, in quelle opere
solitarie;
che sÏ ch'egli avrebbe cacciato presto dal cuore l'affetto a quella
bellezza! E se le memorie prepotenti le riconducevano alla mente
quel
giovane scolare del terrazzino, quella donna che tre mesi prima
l'aveva baciata in viso: se pensava al dolore in cui forse vivevano
per essa; faceva come pel cordoglio della zia, si stringeva nelle
spalle e pareva dire: ´che colpa ci ho io?ª Buon per lei che don
Marco
non appariva pi˘ alle finestre rimpetto; perchË da parecchio tempo
si
era andato a ricoverare in certa sua casuccia sui monti, dove lo
rivedremo; ma se egli fosse stato nel borgo, le avrebbe qualche
volta
dato ad intendere con un solo sguardo, quanta era la colpa che essa
aveva nei dolori, sofferti dalla signora Maddalena e da Giuliano,
per
cagion sua. Tuttavia, essa non se ne sarebbe doluta molto, assordata
come era dalle ciance degli adulatori; i quali sparsasi la voce del
matrimonio, erano corsi a congratularsi a lei; e gli ufficiali
Alemanni, amici del fidanzato erano stati i primi. Costoro usavano
con
essa i portamenti pi˘ rispettosi; e quello stesso generale che aveva
rimbrottato il fidanzato, dandogli i fogli della licenza giunta da
Vienna; s'era rabbonito con lui per la bella maniera, con che aveva
toccata la sua ferita, e per la bellezza della fanciulla, che
francava
la spesa del suo amore. La prima volta che l'aveva veduta, le era
entrato di Vienna, di Corte, dello stato che l'attendeva: e Bianca
d'allora in poi, s'era sentita crescere l'orgoglio e i desideri; e
l'animo non aveva pi˘ cessato di farle dentro come vi avesse un
pavone. E gi‡ non poteva pi˘ reggere a stare in quella casa, che le
pareva umile da averne vergogna; e pur d'andarsene si sarebbe
acconciata a partire di notte, senza dire addio a niuno, col suo
Alemanno; il quale non era pi˘ per lei, l'uomo a prima giunta tanto
spiaciuto. A farlo bello agli occhi di lei avevano anche giovato le
minute dicerie e i motti delle zitelle del borgo; motti e dicerie,
che
raccolti con cura dal padre Anacleto, le venivano nell'orecchio come
prove dell'altrui invidia. CosÏ tra i benevoli e i malevoli, la
preparazione di quel matrimonio fu un lungo epitalamio, che finÏ
nelle
dolci parole con cui Bianca e il fidanzato, fissarono per le nozze
il
primo giorno d'agosto; quello stesso in cui Giuliano si sarebbe
ridestato nel proprio letto di D.... chi sa con quali propositi
nell'anima offesa.
Il signor Fedele, aveva dormito poco la notte, e sin dall'alba si
dava
attorno con un nugolo di fantesche e di servitori; tolti in casa lÏ
per lÏ, tanto che la faccenda della festa e del convito fosse
mandata
innanzi per bene. Le signore del borgo, anco quelle che del
matrimonio
avevano parlato pi˘ da maligne, andavano e venivano profferendo a
Bianca i loro servigi; l'una per essere stata l'amica di quella
buon'anima della signora Costanza; l'altra perchË in fatti di cosÏ
gran conto s'era sentito ribollire nel sangue la parentela; le pi˘
per
quello assillaccio della curiosit‡, in certe donne sÏ vivo, che tu
le
trovi dovunque tu vada, a festa, a funerali; ora prefiche, ora
pronube; sempre colle labbra mosse in guisa, che tu non sai se siano
per dirti una parola d'augurio, una di compassione, oppure una
facezia.
Bianca stava in una stanzetta che le teneva luogo di spogliatoio.
Non
aveva fatto altro in tutta la mattinata che aprire cofanetti e
cassettoni; sturar boccettine d'acque odorose e spruzzarsene; si
provava anella e pendenti di grandissimo costo, braccialetti e
collane; e gi‡ molto prima dell'ora fissata, essa era pronta per
andare in chiesa. Fattasi dinanzi ad uno specchio, che il fidanzato
aveva fatto portare sin dalla lontana Venezia, stette un tantino a
contemplarvisi piena di ammirazione per la grande bellezza che si
sentiva in tutta la persona; poi piegando il collo verso le signore
che l'avevano aiutata a vestirsi, disse altera come una regina:
´Ora possiamo andare.
´Ma lo sposo?ª--chiese una di quelle dame.
´O che modo Ë questo di farsi aspettare?ª--sclamÚ Bianca, battendo
dalla stizza l'ammattonato col piede, che fu visto in quell'atto,
chiuso in un scarperotto di raso bianco, stretto fin sopra la noce,
da
un intreccio di cordelline di seta, le quali si scernevano sulla
calza, traforata e di sottilissima fattura. E cosÏ dicendo cavÚ
dalla
cintura un oriolo tempestato di gemme, che mandavano dalle mille
faccette certi raggi, i quali somigliavano ai lampi onde brillavano
gli occhi di lei, per la collera cui s'era levata.
Le donne s'ingegnarono di quetarla; ed una di esse, a consumare
quell'altr'ora che rimaneva, prese a narrare, interrotta presto
dall'altre, i matrimoni illustri, che ai loro giorni avevano veduti
celebrarsi nel borgo. Bianca, messasi a sedere, ascoltava; e
proseguiva a vagheggiarsi nella spera, facendo paragone di sË colle
spose, delle quali sentiva dire.
Frattanto il signor Fedele aveva finito di far apparecchiare la
mensa,
in quella sala istessa, dove alcuni mesi prima, la signora Maddalena
s'era intrattenuta con lui. I convitati dovevano essere molti,
epperÚ
lo studio per far posto a tutti, era stato assai lungo. Il vasellame
di stagno forbitissimo, le bocce, le guastade, facevano un bel
vedere
sulla tavola foggiata a ferro di cavallo, e coverta di tovaglie
tessute ad opera, candide che avrebbero rimessa la voglia in un
ammalato agli sgoccioli. Le dipinture della Samaritana al pozzo, e
della scala di Giacobbe, con tutte le altre anticaglie, erano state
tolte; e la sala parata a nuovo non pareva pi˘ quella d'una volta,
neanco per l'ampiezza, tanti erano gli arredi, e tale il bell'ordine
con cui ve gli avevano assettati. Arazzerie e festoni d'edera,
appiccati ai travicelli del soppalco ed alle pareti, formavano sopra
la tavola una sorta di padiglione, che accordandosi coi trofei
composti dall'organista del borgo, parevano insieme simboli delle
nozze tra il guerriero e la montanina.
La povera Margherita provava di tutto quello sfoggio uno sgomento
che
non le lasciava aprir bocca; e dopo d'aver aiutato il babbo in
quelle
opere, non le era parso vero che questi le comandasse di andarsene
in
camera alla zia; perchË essendo zitella, gli usi del paese non le
concedevano di stare alla festa. Essa non se lo fece ridire, e passÚ
da damigella Maria; la quale s'era posta a letto per ammalata, tanto
da non essere costretta a sedere a mensa, quel giorno ch'essa
stimava
pi˘ tristo d'un funerale. Raccolta l‡ dentro con essa, Margherita le
raccontava le cose vedute in casa; e di quei racconti la cieca
sentiva
una molestia, come fa la malaria a chi cammina per luoghi palustri.
´Vengono, vengono!ª sclamÚ a un tratto la fanciulla rimescolata.
´Allora tu non ti muovere pi˘ di qui; e mentre andranno in chiesa,
noi
ce ne staremo coll'anima di tua madre, che certo a quest'ora Ë con
noi. Pregheremo che campi almeno te da queste cose; inginocchiati e
metti la tua faccia qui sul guanciale, vicina alla mia.ª
CosÏ dicendo, damigella Maria, da seduta com'era, si distese, e
coll'imboccatura delle lenzuola si coperse il capo per non udire.
Su per le scale, venivano con allegri clamori, ufficiali alemanni,
signorelli e dame; e passavano con belle cerimonie nella stanza,
dove
il signor Fedele soleva dare il suo ballonzolo in carnevale. Ivi i
parlari gai, le piacevolezze gentili, si mutarono in un bisbiglio
d'ammirazione all'aprirsi d'un uscio; d'onde tra le portiere verdi,
fu
vista apparire candida e sfavillante come un fiocco di neve, di
faccia
al sole; franca di passo, accompagnata dalle signore che l'avevano
vestita; quella Bianca felice, alla quale, pochi mesi prima, un
pittore avrebbe messa in mano una palma, e in capo una corona per
ritrarre una martire. Adesso un pËttine di gala raccoglieva quelle
sue
treccie, altra volta annodate cosÏ modestamente; e da esse,
impolverate e acconciate, come se Lucifero vi avesse posta la mano,
si
spiccava un velo bianco trinato, che le scendeva gi˘ pel collo,
ornato
d'una doppia filza di perle; e lambiva le spalle ignude e belle come
d'un torso di quelle statue, che si scoprono scavando le terre del
genio e del sole.
Per poco non fu uno scoppio d'applausi. Quei soldati stranieri, usi
alle corti, potevano aver veduto qualcosa di uguale; ma i convitati
del borgo non avevano visto nulla mai che somigliasse a quella
bellezza, la quale si spandeva da tutta la persona di Bianca; e
pareva, come una gran luce, ornare di qualche parte di sË fin la pi˘
vecchia delle donne, che la circondavano silenziosa e sorridente.
Allora l'Alemanno si fece innanzi, tenuto per la mano dal suo
generale; che vecchio ed arzillo, somigliava ad uno sparviero un po'
spennacchiato, che si volesse divorare la colombella che aveva in
faccia. Il fidanzato, ricuperata intera la sanit‡, aveva ripigliata
quell'aria altezzosa e fiera, di cui la signora Maddalena s'era
sentita turbata, quel giorno che l'aveva incontrato per le scale del
signor Fedele. Ma la gioia donde era impresso ogni suo sguardo, ogni
suo moto, lo faceva parere men duro; e per Bianca, all'ora che
correva, non v'era uomo sulla terra pi˘ bello di lui.
Il generale, poichË ebbe detto alla donzella, che facesse stima di
vedere in lui il padre dello sposo; pose le loro mani, l'una in
quella
dell'altro, e pronunziÚ queste parole, studiate parecchie ore, e
mandate a memoria:
´Questa Ë la prima volta che m'accade una ventura di questa sorta.
Signor Barone, se io avessi quarant'anni di meno, e fossimo ai tempi
dei tornei, vorrei chiedervi di rompere meco una lancia; adesso non
posso che applaudire, e narrare poi quando saremo tornati nel nostro
paese, che quass˘ delle ferite ne toccaste due; una nel braccio,
l'altra nel cuore. Che siano state toccate bellamente, diranno i
vostri commilitoni per quella del braccio; per quella del cuore, chi
vedr‡ la vostra Bianca, non avr‡ bisogno di testimoni. Ora, se vi
pare
tempo, andiamo in chiesa.
´Prego, un momento!--sclamÚ il signor Fedele, fra il giocondo
bisbiglio, suscitato dalle parole del generale;--liberemo alla
salute
degli sposi, ai quali siano propizi i destini, e le loro Maest‡
l'imperatore d'Austria e il re di Sardegna nostri sovrani!ª
Allora andÚ attorno un vassoio coverto di bicchieri colmi d'un
liquore
sÏ limpido, che pareva fosse rimasto imprigionato in ognuno di essi
un
raggio di sole. Tutti ne presero, salvo che Bianca e lo sposo, i
quali
dovevano ancora comunicarsi; e fu un tintinnio che venne inteso
dalla
via, e fece accapricciare il cuore di Margherita, che assettÚ meglio
il lenzuolo sul capo della cieca affinchË non sentisse.
Poi le dame si presero Bianca in mezzo; e gli uomini dietro di loro
discesero con esse le scale.
V'era alla porta una lettiga sontuosa, che l'Alemanno aveva fatto
pigliare a nolo nella vicina Savona; e quattro lettighieri in abito
di
gala e a capo scoperto, attendevano ognuno al suo posto. Bianca che
non sapeva di quella pompa, ne provÚ a vederla tanta maraviglia, che
non s'avvide neanche delle centinaia d'occhi, dalle finestre, dalle
porte, dalla via affollata; intenti, come dardi incoccati, sopra di
lei. Un drappello di soldati Alemanni, faceva siepe alla lettiga,
perchË il popolo non la investisse; la sposa fu messa dentro di
quella
con una delle dame, e subito si sentÏ levata da terra e portata. Un
suono di strumenti scoppiÚ improvviso ed allegro; le campane di
tutti
i campanili del borgo, s'accoppiarono a quel suono martellate a
festa;
e lo sposo e il corteo mossero in bell'ordine, dietro i lettighieri.
Quante fanciulle affacciate alle loro finestre, si saranno ritratte,
a
quella vista, stizzite; prorompendo in accuse contro sË stesse, e
contro i parenti, che non avevano saputo procacciare anche ad esse
sÏ
bella sorte! Quanti garzoni si saranno sentiti umiliati, pensando
alle
loro fidanzate, cui non avrebbero potuto recare tanto fasto; e che
forse in quell'ora facevano nel secreto dell'animo, indiscreti
raffronti!
Dietro al corteo incalzava la folla popolare e quando la lettiga
s'arrestÚ a piË della scalinata della chiesa, questa fu stipata come
fosse la domenica dell'ulivo. L'organo riempiva le volte delle sue
armonie; ma per quanto la mano del suonatore si studiasse di
trovarle
festose, non veniva a capo di cavarne una, che non fosse impressa di
malinconia. PerchË sebbene fosse un povero organista, le sue segrete
fantasie le aveva anch'egli: e forse non gli pareva giusto, che
quella
giovinetta si sposasse, per andarsene chi sa in qual terra cosÏ
lontana, che non sarebbe pi˘ mai tornata a udirlo suonare, neanco
nella sagra del Santo patrono del borgo.
Al primo passo che mosse dentro la chiesa, Bianca rimase tocca da
quei
suoni e impallidÏ per modo, che una delle dame a lei pi˘ vicine, le
chiese se per avventura la veste le stringesse troppo la vita, e se
si
sentisse male. La giovane sorrise, senza rispondere; ma quando si
vide
giunta al banco parato di damaschi rossi, dove s'aveva a
inginocchiare, le parve d'aver fatto un grandissimo acquisto, perchË
si sentiva venir meno. Si pose ginocchioni coll'Alemanno, che le
venne
allato; appoggiÚ i gomiti sui cuscini gallonati, raccolse nelle mani
la fronte, e stette ad ascoltare quel suono d'organo, che sembrava
avesse a dirle qualcosa. Oh! le ne aveva a dir tante, che nË
Giuliano,
nË la signora Maddalena, nË don Marco, avrebbero potuto di pi˘.
Quelle
armonie erano un linguaggio noto ed inatteso, che trovava le vie del
suo cuore, meglio d'ogni pi˘ dolce, o pi˘ acerba parola. Pareva che
gli angeli del cielo, ai quali nei primi tempi dell'amor suo per
Giuliano, aveva parlato colla fantasia tante volte, si librassero
tutti sotto le arcate della chiesa, e ognuno le ridicesse ad alta
voce, i pensieri mesti o lieti, che essa usava confidar loro che li
portassero allo scuolare di don Marco. Cadde a poco a poco, in
siffatto accoramento, che se l'Alemanno l'avesse potuta vedere in
viso, da quell'uomo leale che egli era, le avrebbe chiesto se fosse
pentita. Ma in quella il tintinnio di un campanello annunciÚ che
entrava la messa; e dall'uscio della sagrestia fu visto il
sacerdote,
parato con gran fasto, andare all'altare con passi gravi, e cogli
occhi bassi: maestoso, che pareva portare in mano le sorti
dell'universo. Egli diede uno sguardo verso il banco degli sposi,
inchinÚ il crocifisso inalberato sopra l'altare, salÏ i gradini, e
incominciÚ il suo ufficio; mentre la moltitudine s'inginocchiava con
un rumore sommesso e diffuso.
Quel sacerdote era il padre Anacleto. Il quale, avendo condotto
Bianca
a quel passo, si poteva dire, per le dande; per compiere l'opera
s'era
procacciato l'onore di dire la messa dello sposalizio. E sebbene i
preti del borgo glie lo avessero conteso, riputato com'era ed
esperto
ad uscir d'ogni passo, egli aveva ridotto il parroco a farlo pago di
quel suo desiderio.
Bianca sapeva come il celebrante avesse ad essere lui; ma assorta in
quelle voci misteriose della fantasia, non lo vide entrare. PerÚ
quando la parola sonora e profonda del frate, si mescolÚ a
quell'altre
che udiva essa sola; le parve un aiuto che capitasse valido ed
opportuno, si segnÚ e levÚ la fronte. Che valevano quelle note
dell'organo, e quegli angeli della sua immaginazione? Non era vicino
a
lei il padre Anacleto, la cui voce, nell'orare si levava ora ai
tuoni
pi˘ alti, ora scendeva ai pi˘ gravi; quasi di persona che parli un
po'
al cielo un altro poco alla terra? CosÏ man mano che s'appressava il
momento d'andare alla balaustrata, sentiva qualcosa che la staccava
per sempre dal passato; qualcosa come a dire la mano che tronca la
gomena, e scioglie la nave affinchË pigli l'alto a golfo lanciato.
Costumava anche su quei monti, che una zitella andando a farsi
chiedere dal prete se fosse contenta di sposarsi al suo fidanzato;
vi
si facesse accompagnare da un cugino o da altro congiunto, il quale
era quasi un testimone del parentado, contento di dare una delle
proprie donne, ad un uomo d'altra gente, che la facesse sua. Bianca
aveva dietro di sË questa sorta di ministro del sacrificio; il quale
quando vide essere venuto il tempo della cerimonia, la prese per una
mano e la condusse alla balaustrata, mentre l'Alemanno vi si fece
condurre dal generale. L‡ s'inginocchiarono di bel nuovo, e tutto il
corteo fece corona intorno ad essi. Il frate spiccatosi dall'altare,
accompagnato da una moltitudine di preti che recavano torce accese,
venne verso di loro. E per la chiesa era un silenzio solenne; la
moltitudine si premeva e ondeggiava; si vedevano le teste degli uni
sporgere sulle spalle degli altri, e molti salire ritti sui banchi,
e
i monelli arrampicarsi alle colonne; intenti tutti a raccogliere le
parole del frate e il sÏ che doveva uscire dalle labbra di quegli
sposi beati.
I quali furono comunicati dal frate, in quella cerchia d'amici, che
li
nascondeva agli occhi del popolo; poi a un cenno di chi sa chi,
l'organo tornÚ a suonare a gloria; fu vista la mano del padre
Anacleto, alta sulle teste dell'Alemanno e di Bianca, in atto di
benedire; questi si levarono, baciarono quella mano, diedero di
volta,
e scendendo da quei gradini, la sposa ebbe cuore di guardare la
moltitudine sino in fondo alla chiesa. Oh! se l'Alemanno non
prometteva invano, essa si sarebbe vista ammirata tutta la vita,
come
in quel momento. Le scintillava in dito una gemma di tanto prezzo,
mËssale pur allora dallo sposo, che le pareva d'essere stata
inannellata con una stella; un'altra gemma le brillava in fronte a
mo'
di diadema; ora la sua fantasia poteva spiegare i voli sicura; essa
si
riputava davvero la castellana del suo borgo natale! Che pi˘? Un
coro
di fanciulle tutte di men che dieci anni, vestite di bianco, si fece
dinanzi agli sposi cantando un inno cavato dalla Cantica di
Salomone;
e celebrando la belt‡ e l'amore di Bianca con quelle ardenti parole,
facevano far largo alla folla sino alla porta del tempio, perchË il
corteo potesse uscire. Quando questo fu sulla soglia, i suoni, le
grida, gli applausi proruppero altissimi: e l'Alemanno che si menava
al braccio Bianca ormai sua, aveva l'aspetto d'un eroe, che traesse
seco, dalla vittoria, il premio invidiato d'una regina prigioniera
volonterosa.
La lettiga non era pi˘ alla porta della chiesa, perchË gli amici e i
convitati del signor Fedele, volendo mostrare l'allegrezza che quel
matrimonio spandeva nel borgo, l'avevano fatta portar via;
costringendo in questa guisa gli sposi a lasciarsi ammirare. E
durante
la messa, spacciati fanciulli nei prati e negli orti, e garzoni nei
boschi vicini a sfrondar alberi; avevano fatta la fiorita per la
via,
e parati di fronde i muri delle case, come usava nella festa del
Signore. Di che l'aspetto del borgo, pigliava dalla chiesa alla casa
del signor Fedele, una sÏ bella e nuova allegrezza, che l'Alemanno
ne
fu lietissimo, e all'anima sua parve di inoltrarsi in una primavera,
promettitrice di dolcezze infinite. Procedeva a piedi con Bianca
allato, calpestando quei fiori, che a lui potevano sembrare emblemi
di
piaceri passati, a lei di affetti posti in oblio; ed ambedue
bisbigliavano parole d'amore, verecondi in vista, fra gli evviva del
popolo, e la grave andatura dell'accresciuto corteo: che lasciatosi
alle spalle il clamore festoso della turba, rifece alfine le scale
del
signor Fedele. Ultimi tra i convitati capitarono i preti del borgo,
col padre Anacleto, inchinato, lodato, atteso a dare il cenno, pel
quale tutti pigliarono il loro posto alla solennit‡ della gola; e se
il signor Fedele avesse avuto in mano un turibolo, avrebbe incensato
tre volte e quattro lui, che sedutosi in mezzo agli sposi, governÚ
coi
cenni e coll'esempio l'olimpico pasto.
Mangino e bevano i bicchieri arrubinati; ma almeno le loro
allegrezze,
non giungano nella stanza di damigella Maria. Essa e Margherita se
ne
stavano come due meschine, senza parenti nË amici al mondo, relegate
dalla sventura in luogo solitario. Le voci e le risa dalla sala del
banchetto, le percotevano come ventate furiose; e a misura che
cessavano o tornavano a suonare, esse ripigliavano le loro querele.
´Ma tu, Margherita, non farai come Bianca no, nevvero?--diceva la
cieca cercando colla sua mano attenuata e scolorita il capo della
fanciulla. E questa non ebbe tempo di rispondere, perchË appunto uno
scoppio di applausi fragorosi, le fece morire la parola sulle
labbra.
La cieca levÚ un istante il capo dal guanciale, porse orecchio quasi
spaurita, poi rimettendosi a giacere, parlÚ basso a Margherita.
´Mi pare che si debba essere vicini al tramonto...?
´SÏ--disse la fanciulla--il sole batte appena nel comignolo della
casa
di don Marco.
´Tua madre Ë morta a quest'ora.ª
E i convitati a quell'ora erano ai brindisi del padre Anacleto; il
quale aveva provocato quegli applausi con un primo discorso; e tutti
avevano bevuto con lui alla salute degli sposi, cui pregÚ tante
gioie
e tanti figli, quante erano stelle in cielo e arene nel mare, stile
da
frate.
´Ora un secondo brindisi!--tuonava egli colla sua voce, fatta pi˘
poderosa dal vino e dall'umore allegro:--un secondo brindisi, e sia
alla Francia immattita!
´Oh!--sclamarono i commensali interrompendo il frate con grandi
risa:
ma egli guardato un poco in viso ai pi˘ arditi; con occhi
scintillanti, e reggendosi alla spalliera della sua scranna,
proseguÏ
sullo stesso tono:
´Sissignori! un brindisi alla Francia matta e ai suoi giacobini! Mi
spiego. Se non fossero state le pazzie dei Francesi, questi gran
gentiluomini sarebbero venuti quass˘? No? E allora la coppia felice,
in mezzo a cui seggo indegnamente, sarebbe? Giacobini alla vostra
salute; non in questo, ma nell'altro mondo, se Dio vi perdoner‡...!ª
E fra
bevve
testa
e
dalla
un nuovo urtarsi di bicchieri, e un nuovo erompere di voci,
l'ultimo sorso che gli colmÚ la misura. Allora sentendosi la
lÏ per andare in volta; prese commiato da Bianca, dallo sposo,
comitiva, dando la mano a baciare a tutti, salvo che ai preti.
Lui partito, durarono i ricreamenti e gli allegri parlari, finchË
alcuni cominciarono a provar noia, altri desiderosi d'una boccata
d'aria s'affacciavano alle finestre, andando e tornando con uno
scarpiccio irrequieto. Gli ufficiali tastavano le loro pipe, bramosi
di farle fumare; Bianca aveva negli occhi l'agonia d'andar fuori; di
che non si stette guari a far parola d'uscire a diporto.
Lasciamo che si apparecchino, che si liscino, che partano a due, a
quattro, come loro verr‡ bene; e vadano a godersi il fresco della
bassa ora, o lungo i prati oltre il torrente, o sotto i filari
d'olmi,
sui quali cantano pi˘ felici di loro, i passeri a migliaia. Salgano
a
loro talento in castello, a rifare colla mente il vasto edificio; e
Bianca si pasca di sogni, e colla fantasia vegga sË stessa seduta al
balcone marmoreo, come le aveva insegnato a figurarsi il padre
Anacleto. Noi raggiungeremo questo, chË alla maniera in cui si Ë
veduto partire, qualcuno non se lo avesse a immaginare barcollante,
sulla via del suo convento.
Egli aveva veduto il fondo a molti bicchieri; ma la sua natura, era
da
non lasciarlo correre oltre un'ebrezza discreta. E se dava il primo
alla sete, il secondo al piacere, il terzo all'allegria; avrebbe da
poi potuto dare altri venti bicchieri allo stomaco, senza che gli
accadesse di perdere la tramontana. Ma fosse anche stato a questo
segno, non gli sarebbe seguito alcun male. PerchË s'aveva
procacciata
la compagnia di quattro giovani di buon casato, suoi penitenti; i
quali, sul vespro, andando a zonzo fuori del borgo, s'acconciarono
di
buon grado a fargli servigio.
Tra la via da C.... al convento, non rifiniva di lodarsi della
maestria, con cui aveva condotto a termine quel parentado; del quale
si sarebbe parlato lunghissimi anni in tutta la vallata; e dicendo
era
cosÏ lieto, che i quattro credevano ogni tratto, di vederlo buttarsi
in terra, a far capriole. I foresi che tornavano dai vespri, colle
bisacce ricolme di carni e di spezierie, pei desinari che solevano
imbandire l'indomani, (essendo quel giorno la vigilia della Madonna
degli Angeli, festa dei Minori Osservanti e di tutta la vallicella
dove sorgeva il convento); vedevano la brigata giuliva e ridevano,
allentando il passo o affrettandolo, per rispetto a quei personaggi,
nella gioia dei quali parevano avere anch'essi una particina. Padre
Anacleto salutava alla buona; e via cosÏ accompagnato e riverito
giunse al convento, se non sano, salvo.
Il cielo, a ponente, era colorato di quelle tinte, che i pittori
chiamano calde; e parlano all'anima di tante cose dolci; e fanno
parere che il sole, tramontato a malincuore, sia lÏ sempre per
riapparire. Al po' di luce riverberata dai tufi grigi dei colli che
sorgevano di faccia al convento, il campanile spiccava nella selva
scura che aveva a ridosso, e l'intiero edificio biancheggiando,
faceva
cosÏ placido invito, da invogliare della sua quiete il pi˘ felice
uomo
del mondo.
´Ed ora che mi avete accompagnato, ve ne vo' dare un bicchiere, che
mi
direte come lasci l'ugola.ª
CosÏ disse il padre Anacleto, facendo atto di mettere i quattro
giovani nel chiostro. E come questi si schermivano e mostravano di
non
voler entrare:
´No, no.... nessune cerimonie!--soggiungeva--qui comando io: e
giacchË
i padri stanno cenando, ed io per questa sera non ho nulla a vedere
coi loro radicchi; cosÏ vogliamo fare tra noi un brindisi a questi
colli, che danno i vini deliziosi; e ai contadini che mi portano
quanto basta, per fare un po' d'onore ad amici quali siete voi....
´Ma padre,--usciva a dire uno della comitiva:--non per rifiutare no,
non vede? fa notte, e a C.... siamo aspettati....
´Al ballo degli sposi, nevvero?--sclamÚ ridendo il padre
Anacleto:--eh! via, peccatori, farete sempre a tempo a mescolarvi
coi
diavoli; sÏ coi diavoli! Chi sta a vedere le danze n'ha in corpo
almeno un paio, chi danza, sette od otto. Pensate figliuoli a quel
che
dei balli, dice San Giovanni Grisostomo; pensate che passare per
scortesi, selvatici, poco amanti della compagnia, non vuol dire: e
anche quando sarete violentati ad andare ai balli, pensate che San
Francesco di Sales consiglia di metterci sassolini nelle scarpe,
acciÚ
quel dolore, che essi danno ci faccia ricordare dei tormenti
dell'inferno! Entrate, figliuoli, che se mi spazientizzo, vi tengo
prigionieri, e predico tutta la notte!ª
Con questa piacevolezza, pigiati attraverso la porta, i quattro
giovani furono nel chiostro; e per una scala angusta, in un
corridoio
di sopra, in capo al quale era la cella del padre Anacleto, dove
entrarono uno dopo l'altro. Ultimo, il frate chiuse l'uscio a due
mandate, e levata la chiave dalla toppa, se la cacciÚ sotto la
tonica,
forse nella saccoccia delle brache, sclamando:
´Animo! Ora, tirate in mezzo quel tavolino, a modo... senza far
rumore. Un momento, badate a non mandarmi in confusione queste
carte;
v'Ë scritto il panegirico che dirÚ domani...., v'aspetto ad udirlo.
Animo dunque, con garbo, cosÏ! Tra tutti si fa tutto...; d‡ una mano
a
questa panca, tu; e tu, accendi la candela; tÚ acciarino, esca,
zolfino.... oh! ora sta bene!ª
Con questa sorta di discorso, il frate alzÚ un lembo della coltre
del
suo lettuccio, e disse: ´vedete?ª
L‡ sotto, in quella mezza oscurit‡, rotta da un po' di luce che vi
scendeva dalla candela, alcuni fiaschi brillavano, come occhi di
belve
in una caverna.
´Oh! benedetti,--urlarono i giovani a quella vista, correndo a fare
intorno al letto una genuflessione: ma il frate lasciando ricadere
la
coltre, zittÏ, rattenne il fiato, e fece segno ad essi di
rattenerlo.
I padri venivano appunto allora fuori dal refettorio, e v'era
pericolo
che udendo quell'urlare nascesse qualche gran chiasso.
La campana del convento suonava in quella l'avemaria a distesa;
annunciando la festivit‡ dell'indomani. Quella della parrocchia di
C...., entrava anch'essa a mandare il suo saluto alla notte: e a
quei
suoni s'aggiunsero subito quelli delle campane dei borghi, poco
lontani dal convento. Fra l'altre si discerneva assai bene quella di
D... a certo squillo, che imprimeva nell'aria una malinconia da far
pensare all'eternit‡. Quella sera gli squilli parevano lamentosi pi˘
dell'usato, al padre Anacleto; il quale, se fosse stato uomo d'altro
cuore, lasciati i fiaschi dov'erano, e accommiatati gli amici;
avrebbe
piegate le ginocchia e giunte le mani, chiedendo perdono al cielo,
d'essersi immischiato in un matrimonio, che ad un giovane allevato
al
suono di quella campana, aveva tolta la gioia forse per sempre.
CAPITOLO XV.
Difatti a D..., in casa alla signora Maddalena, la giornata era
corsa
mesta, come quello squillo di campana che la chiudeva; udito cosÏ da
lungi.
Giuliano, avendo le membra tronche dal gran cavalcare, non s'era
potuto togliere il sonno di dosso, sino a mezzodÏ; e poi destatosi,
aveva covato il letto a guisa di persona che medita e si riposa.
Fatti
e rifatti i conti, aveva veduto pi˘ chiaramente i casi suoi,
dolorosi
per ogni verso. Oramai non vi cadeva pi˘ dubbio: la marchesa di G...
l'aveva ingannato, pietosamente ingannato, ma per farlo fuggire da
Torino. E forse a quell'ora, i suoi amici erano tutti in carcere,
d'onde non sarebbero usciti che per essere appiccati alle forche; e
chi sa? qualcuno morendo in quella guisa, avrebbe lanciato a lui
lontano, l'accusa di codardo e di traditore. Che gli rimaneva a
fare?
Deluso dalla donna amata, non provÚ senso d'odio o desiderio di
vendetta; ma una sete di sventure, una volutt‡ di patimenti grandi,
lunghi, gli allagÚ il cuore; e colla fantasia vedendo sË stesso sui
gradini del patibolo, gli parve d'intuonare un inno, un inno che
avrebbe fatto piangere un mondo. Si levÚ col proposito di ripartire
per Torino prima di notte; e impresso di calma severa nel viso,
negli
atti, in tutto il portamento, discese in sala.
Sua madre, vedendolo venire, s'affrettÚ a far viso allegro; e Marta
uscita di cucina gli passÚ dinanzi colla tazza di latte, e colla
focaccia, che odorava lungi a venti passi, cotta per lui.
´SÏ--disse Giuliano--un sorso di latte, e il petto del montanaro Ë
ristorato!ª
E andatosi a sedere a mensa mangiÚ, quasi non si avvedendo di sua
madre, la quale gli spezzava il pane, e gliene poneva nella tazza
timidamente; paurosa di rompere quella quiete dell'animo, che gli
vedeva nell'aspetto sereno.
Quand'ebbe finito egli si levÚ in piedi; e tesa la mano a lei
rispettosa, le disse che andava a dar due passi pei campi.
´Ben pensato;--sclamÚ la signora, credendo che a un tratto egli si
fosse messo il passato dietro le spalle, disposto a non pi˘
pensarvi:--mi vuoi? vengo anch'io...ª
´Il caldo Ë troppo:--rispose Giuliano--ed io sento una smania di
camminare, una smania di correre tutte le montagne che abbiamo
intorno!ª
Queste parole dette con accento diverso da quel di prima, fecero dar
gi˘ l'animo della signora; la quale quasi per iscoprir marina,
soggiunse interrogando sommessamente:
´E intanto non potrei far trovare qualcuno, da ricondurre in Alba il
cavallo che hai menato?
´Lo ricondurrÚ da me, perchË stasera sul fresco ripartirÚ per
Torino.ª
La signora chinÚ il capo un istante, e quando lo rialzÚ tendendo le
braccia verso di lui, egli era gi‡ fuori. Ma essa non vedeva pi˘
lume,
e:
´Tu non partirai!--proruppe--non partirai, o verrÚ anch'io a vedere
qual misera fine tu vorrai fare! Che tu credi che io non abbia
capito;
e che per me non sia tutt'uno, mi scoppi il cuore in questa casa
tua,
o in mezzo alla via come una mendica?ª
CosÏ esclamando si metteva una mano sul cuore, e a sentirne lo
scompiglio dei moti la ritraeva, recandosela alla fronte lavata di
sudore. E allora Marta che dal dolore di veder la padrona in quello
stato, si sentiva la lingua in fondo alla gola, le veniva accosto:
´E glielo chiegga una volta;--diceva--gli chiegga se vuole vederla
morta; chË gi‡ da pasqua in qua, mi pare che non cerchi altro!
´Egli... egli vuol morire! vuol tornare a Torino; e di l‡, me lo
dice
il cuore, non uscir‡ pi˘...!ª
´Torino! Quanto a questo, noi faremo menare altrove il cavallo da
nolo, e la giumenta di casa. Se sar‡ viso da pigliarsela a piedi da
qui a l‡..., lo vedremo!ª
E cosÏ com'era, colle maniche rimboccate, uscÏ, fu nella stalla,
tolse
a cavezza le due bestie; e spigliata come un palafreniere, le
condusse
a Rocco, tornato un'ora prima da Santa G..., comandandogli di
menarle
alla cascina dei padroni, la pi˘ discosta dal borgo, di segreto
quanto
potesse. Il colono obbedÏ, strologando su questi fatti alla sua
maniera.
Marta, si rifece in casa a reggere l'animo della signora, la quale
da
quel partito della fantesca, pareva aver pigliato un poco di
sicurt‡.
E quando Giuliano, dato un lunghissimo giro, tornÚ; la trovÚ quieta,
intenta a mettere in tavola le tovaglie di bucato, il vasellame
della
festa, le boccie, che a vederle appannate al di fuori, si sentiva la
freschezza dell'acqua cavata allora. Su per gi˘ era l'ora del
desinare.
´Qui non si fa che sedersi a mensa!ª diss'egli, che, tornategli le
forze, se non di voglia, si sentiva disposto a mangiare per bisogno.
E
parlando delle biche, dell'aia, e dell'uve che aveva viste
copiosissime sui vigneti; faceva cuore a sua madre, che non si
lasciasse cogliere dalla malinconia e mangiasse.
Ma a un certo segno, il suo viso parve rannuvolarsi. Appoggiato un
gomito sulla mensa, e reggendosi colla mano la guancia, rimase fisso
a
guardare la tovaglia dinanzi a sË, e moveva le labbra come chi parla
con qualche sua immaginazione. La povera madre non osava dirgli
nulla;
ma alfine, vedendo come quel pensare durasse di troppo; lo toccÚ
lievemente nel braccio, chiamandolo a nome, come persona che volesse
destare.
´Ah!--sclamÚ egli riscosso--perdoni, mamma; pensava che il mondo Ë
tutto una commedia; e mi pareva d'essere a C..., ad una mensa
lautissima, e che il mio bicchiere urtasse in quello d'un'altra
persona.
´Ma falla finita con coteste tue fantasie! O che alla fine non
v'hanno
pi˘ fanciulle al mondo? D‡ retta: pensava qualche cosa anch'io. Di
l‡
dai monti, nell'altra vallata, in M..., ci ho una figlioccia.
Saranno
dieci anni che non l'ho riveduta; ma a quel che era, di certo a
quest'ora s'Ë fatta bella come un sole. Va a vederla..., odila... e
se
ti parr‡...
´Ah! non parliamo di matrimonio, mamma,--rispose il giovane--io non
mi
sposerÚ mai!ª
A queste parole la signora rimase muta. E intanto veniva Marta
recando
un cacio della parti di Santa G..., dove le greggie pascendo erbe
odorose e timi alpestri, danno latte a dovizia e squisito.
Mettendolo
in tavola, coperto d'alcune foglie di viti, disse:
´Quei parenti di Rocco, hanno accolto Tecla assai bene, e mandano
questo presente.
´Appunto,--uscÏ a dire Giuliano rischiarandosi un poco in viso-Tecla
non l'ho ancora veduta: mamma, non mi scriveva che se l'aveva tirata
in casa?ª
Marta che era lÏ appena fuori della stanza, strizzÚ l'occhio
nell'udirlo, e ricordando che la sua pensata di dar Tecla per isvago
al signorino, aveva mosso a sdegno la padrona; si fece tutta orecchi
per sentir questa, che pronta rispose:
´Non hai inteso? Tecla Ë a Santa G..., in casa ai parenti di sua
madre...
´Gi‡--disse Giuliano--ricchi o poveri son tutti compagni! Andate
pure,
o fanciulle fuori degli occhi delle vostre madri; l'innocenza Ë una
cosa, che una volta uscita, puÚ tornare a casa con voi sicura e
sempre...!ª
La signora Maddalena provÚ una stretta dolorosa al cuore, pensando
che
quelle parole toccavano in parte anche lei; e subito chiamÚ Marta.
La
quale umiliata dall'onesto dire del giovine, stava cosÏ ristretta in
sË e confusa, che pareva frugasse chi sa in qual fondo della sua
coscienza, e non vi trovasse tanta sicurt‡ da farsi avanti. Ma la
signora la chiamÚ una seconda volta; e come allo scricchiolar della
scranna parve alla vecchia che si movesse per venirla a cercare,
presentandosi sulla soglia, balbettÚ; ´comandi.ª
´Dite a Rocco, che prima di sera torni a Santa G..., e rimeni qui la
figliuola.ª
Giuliano pensava intanto a quell'ultima volta che aveva vista la
villanella sul prato a ricogliere la tela; e quel canto malinconico
alla rondinella, gli tornava nell'orecchio e nell'anima, come uno
dei
pi˘ soavi ricordi della sua vita. Oh! quanto gli si erano mutati i
casi da quella volta! E l'immagine di Tecla, mescolata alle sue
rimembranze d'amore, gli riusciva cara, come a dire un fiore, un
nonnulla avuto dalla donna amata; che lo si serba, lo si contempla,
lo
si porta sul cuore, e fin si pensa di farlo mettere nella bara, la
quale nelle mestizie della giovinezza, torna cosÏ spesso e cosÏ
desiderata alla mente. La signora Maddalena poi, pensava anch'essa a
Tecla, vi pensava con un desio strano; e se egli fosse uscito a
dirle:
´madre, voglio sposare la figlia di Roccoª forse gli avrebbe
risposto:
´se ti pare, domani.ª
Marta apparve di nuovo sulla soglia, ad annunciare rimescolata, che
qualcuno voleva la padrona.
´Chi Ë?--sclamÚ questa levandosi sollecita e correndo in sala.ª
La fantesca le additÚ in fondo; ed essa attraverso l'uscio
socchiuso,
vide nell'atrio donna Placidia, turata nella sua guarnacca, a guisa
di
persona che volesse andare sconosciuta.
´Oh...! ma venga, venga oltre...--disse alla sorella del pievano,
affrettandosi verso di lei per tirarla dentro.
Ma donna Placidia non si sarebbe risicata per nulla al mondo, a
porre
il piede dove di certo avrebbe incontrato Giuliano. ChË anzi, se non
fosse stata la tema di offendere la signora, l'avrebbe pregata di
chiudere quell'uscio, da cui, le pareva venisse fuori un odore di
zolfo. Tante ne aveva intese pur allora sul conto dello scuolaro,
che
essa, quasi non osava toccar le mani della signora. Ma vinta la
riluttanza, la trasse verso il piazzale, e in fretta in fretta
bisbigliÚ queste parole:
´Su nel presbiterio, ho lasciato il generale alemanno e il signor
pievano che si consigliano. Gli ho uditi parlare di molti
carceramenti, fatti non so se ieri o ieri l'altro a Torino; ho
veduto
per la toppa certi fogli, che il generale diceva di aver ricevuti
caldi caldi di l‡. Oh! quel che devono aver fatto i giacobini! Delle
chiese bisogna che ne abbiano incendiate, e dei preti ammazzati
molti... Basta!... Il generale e il signor pievano parlavano di suo
figlio, fuggito alla giustizia di laggi˘..., e questa notte
verranno... ad acchiapparlo. Io non so nulla, non dico nulla, lei Ë
avvisata...ª
E detto appena, come fossero state d'accordo, diedero di volta,
donna
Placidia per un verso a togliersi da quel luogo; la signora
Maddalena
a rientrare in casa, mezza fuori di sË. E se non fosse stata la tema
di far parere il figliuol suo colpevole davvero, sarebbe corsa a
gettarsi a' piedi del pievano e a chiedere pace, baciando la polvere
dove egli metteva le piante. Ma da questo lato non v'era nulla a
sperare; di che fattasi innanzi risoluta:
´Giuliano,--disse a lui, spaurito di vederla cosÏ mutata--sii
sincero,
che avete fatto a Torino, tu e i tuoi amici?
´Nulla!--rispose il giovane.
´Meglio! Ma se non vuoi vedermi morire prima che sia notte, parti...
e
non parlar pi˘ di Torino... Tu sai la via della montagna, a due ore
di
qui si varca il confine della repubblica di Genova...: l‡ ti
riposerai
a tuo agio... Non dirmi di no, perchË sono tua madre, e te ne
pentiresti tutta la vita... Rocco verr‡ con te, danari in casa ne
abbiamo...; o Giuliano, quella bella riviera vicino a Savona...! Io
vi
passai con tuo padre una volta, e mi rimase negli occhi quel
paradiso!
Dammi la consolazione di vivere alcuni mesi teco, in una di quelle
casette, sorridenti... affacciate tra quei cigli di rupi, tra gli
aranci e gli olivi, col mare in vista e il cielo! SÏ, sÏ, Giuliano,
tu
la cercherai una di quelle casette; non baderai a spese, e vedrai,
come vi staremo bene...: accontenta tua madre, perchË da un giorno
all'altro..., mi sento vicina a morire...!ª
Non le sarebbe bisognato che quest'ultima parola, per avere da lui
tutto quello che bramava. Al pensiero di doverla veder morire un
qualche giorno; Giuliano si era sempre sentito come un navigante,
che
rotta la nave in mare per fortuna, fosse sbattuto dall'onde sovra
uno
scoglio; e l‡, solo, assiderato, di notte, sentisse una voce tuonar
dall'abisso: ´tu aspetti il sole, e il sole non spunter‡ mai pi˘!ª
Questa immaginazione lo assaliva di quando in quando, e durava
fatica
a torsela dalla mente; sicchË molte volte ne aveva pianto. Adesso
udire quelle parole dalle labbra di sua madre, e dire addio a
Torino,
ai compagni, ad ogni disegno fatto, fu un punto solo, e rispose:
´PartirÚ.
´E che il Signore ti benedica!--aggiunse essa, e strettosi al seno
quel suo unico amore, lo baciÚ e ribaciÚ, come non aveva pi˘ fatto
da
quando era bambino. Poi salÏ con esso nella sua stanza, dove gli
diede
quant'oro aveva in serbo.
Marta, che s'era tenuta in disparte, e aveva inteso il discorso di
donna Placidia, e quello della signora; aveva fatto presto a correre
da Rocco, ma non per dirgli che andasse a Santa G..., a ripigliar
Tecla; bensÏ che venisse per accompagnare il signorino sul
Genovesato.
Il pover'uomo, tornato da menar i cavalli, credË questa volta
d'esser
pigliato di mira per canzonatura, e gi‡ perdeva la pazienza;
senonchË
l'aspetto di Marta lo accertÚ che si faceva sul serio. Pensando che
s'usciva dal territorio, e che il domani era festa, salÏ di sopra,
si
mise indosso i migliori suoi panni e in capo una sorta di
cappellaccio, che si poteva assomigliare a una filucca capovolta, e
sarebbe tuttavia paragone gentile. CosÏ conciato, prese congedo
dalla
moglie, e fu in casa alla padrona, dove sedette vicino all'uscio
della
sala; aspettando che essa e il signorino discendessero dalle stanze,
dove Marta gli aveva seguiti.
´Oh la bella musica!--diceva egli tra sË--si direbbe che in questa
casa non si puÚ vivere colla pace di Dio! Proprio, chi ha pane, si
cava da sË i denti per non mangiarlo...!ª
E volgeva gli occhi in s˘, come parlasse allo scarpiccÏo che s'udiva
nelle stanze sopra il suo capo.
Intanto Marta discese, ed egli, levandosi, le chiese se il signorino
avesse roba a portare.
´Credo che no--rispose la vecchia--perchË portando roba si farebbe
scorgere...ª
Rocco arricciÚ il naso, quasi a una ventata di cattivo odore, ma non
parlÚ; perchË gi˘ delle scale venivano Giuliano e la signora, la
quale
proseguendo il discorso fatto di sopra, diceva:
´Dunque siamo d'accordo: la casetta
ma
trovala in un bel sito; e la stanza
guardi
il mare. Spaccerai qualcuno a dirmi
raggiungerti...: ho proprio bisogno
cielo...!ª
sia pur modesta quanto vorrai,
dove mi metterai a dormire,
quando dovrÚ venire a
d'un'altr'aria... d'un altro
Rocco intenerito a quelle parole, andÚ fuori ad aspettare; e gi‡,
pensando alla casa della padrona disabitata, alle finestre, alla
porta
sempre chiusa, immaginava le meste risposte, che avrebbe dovuto dare
a
chi fosse per capitarvi.
Giuliano usciva colla madre e con Marta; e stringendo ad esse le
mani,
come a persone che di certo avrebbe rivedute di l‡ a pochi giorni;
lasciava che quella desse a Rocco gli ordini per quell'andata.
´Pigliate il sentiero lungo la gora--diceva essa--e fate come se
accompagnaste mio figlio a dare un'occhiata ai poderi; quando vi
sarete allontanati, trovate la via pi˘ corta, e state sempre con
lui,
finchË abbiate varcato il confine. Questo Ë un po' di danaro per voi
se vi abbisognasse...
´Mio padre era contrabbandiere:--rispose Rocco, brancicando le
monete
che la signora gli porgeva;--e le vie dei monti le so meglio del
lupo.ª
Mentre la povera donna aggiungeva a queste, parecchie altre
raccomandazioni; Giuliano stava aspettando sul balzo tagliato a filo
sopra il torrente, in capo al piazzale. Faceva notte, e il rumore
delle acque cadenti dalla pescaia del mulino, ridestavano in lui
memorie lontane e soavi. Soleva da fanciullo addormentarsi a quel
suono d'acque monotono e dolce, talvolta assomigliandolo al canto
d'una processione udito da lungi; tal'altra al rumore del mare, di
cui
aveva inteso dire da suo padre, come fosse maraviglioso. Avrebbe
voluto rimanere l‡ a pensare; ma ecco Rocco a dirgli che bisognava
porsi in cammino. In quelle corte notti d'estate, si torna a
rivedere
l'alba assai presto; e poteva incontrare di dover disviare chi sa
quante volte, per non dare nelle guardie alemanne, che guardavano
tutti i varchi. Di che giovava molto avere d'avanzo qualche ora di
buio; e a dirla schietta, avendo saputo dalla padrona che il
signorino
sarebbe cercato dai birri, Rocco voleva fare ogni sua possa, per
menarlo in salvo; ma intanto bramava di uscire dal territorio prima
di
giorno, per non essere visto a trafugarlo.
Mossero, e la notte era bella. Su pel cielo cominciava la pioggia di
stelle cadenti, copiosa, che pareva vi fosse lass˘ qualche gran
festa.
I grilli trillavano nei prati, i rospi gracidavano; e nelle
altissime
regioni dell'aria, si udivano le strida degli ultimi rondoni tardi a
migrare.
´Ode?--diceva Rocco a Giuliano,--i grilli cantano per farci maturare
le uve; e lass˘ tutte quelle stelle si staccano dal cielo, per
festeggiare la Madonna degli Angeli, che cade domani.ª
Il giovane non volle togliere all'uomo semplice di cuore, quel
tantino
di poesia che gli raggiava nell'anima; perchË sarebbe stato come
rubare ad un mendico il tozzo accattato per amor di Dio. Ma
quell'udir
menzionare la Madonna degli Angeli fu per lui un gran che; e
rammentÚ
come la prima volta ch'egli s'era aperto colla madre sull'amor suo,
questa avea detto d'aver visto Bianca appunto a quella sagra. Subito
l'immagine della fanciulla gli apparve bella e sdegnosa, a
rimproverarlo di averla creduta infida, senza essersi curato di
sincerarsi qual fosse pi˘, o colpevole o sventurata.
´E tu,--gli diceva quell'immagine--tu te ne vai con codesto amaro
nell'anima, spregiando o maledicendo la donna che amasti! Ma, chi ti
disse che tu non faresti a tempo per avermi tua?ª
Queste voci della fantasia, gli parvero dolci, come quelle d'un
usignolo, il quale gi‡ dal principio del viaggio, accompagnava i due
camminanti, avanzandoli di lunghi voli, e sempre fermandosi ad
aspettarli e salutarli col suo canto. Allora si pentÏ d'aver perduto
in casa quel giorno e la notte innanzi; sperÚ che Bianca non fosse
ancora sposata; e quel pensiero venutogli tante volte a Torino, di
correre a C... e sposa o rapita, portare, la fanciulla anco in capo
al
mondo; rinacque in lui cosÏ urgente, che tutto quel ch'era stato
sino
a quel punto, gli parve nulla.
Di questa guisa aveano varcato il torrente su d'una palancola, e
sulla
destra di questo s'erano innoltrati per la strada maestra, sin dove
si
spiccano da essa due sentieri; dei quali uno, piegando a mancina,
verso le montagne a levante, era quello per cui dovevano porsi.
Rocco
passÚ innanzi al signorino, per andare primo, ora che la via
diveniva
disagevole; ma quegli volgendo a destra, si mise nel sentiero
opposto,
pel quale si scendeva di bel nuovo al torrente, o a dirla in una
parola era lo scorciatoio per andare a C...
´Che fa?--chiese Rocco soffermandosi a guardare--cotesta non Ë la
nostra via.
´Venite--rispose il giovane--venite dietro a me.ª
Il colono capÏ all'accento che quello non era tempo da ridire al
signorino una cosa; e taciturno gli tenne dietro immaginando che la
signora Maddalena, gli avrebbe di certo seguiti col pensiero
sull'altra via; e provava di ciÚ una sorta di rimorso, come a
saperla
a quell'ora, sola in una boscaglia.
´Eccoci al ponte di San Giovanni!--disse il giovane, arrivando sul
ponte antichissimo, che Ë in un lato di quella campagna, dove
nessuno
dei vecchi o dei giovani ha mai capito a che vi fosse e per agio di
chi. I suoi archi e le sue pigne, sono uguali a quelle di tutti i
ponti, che per la vallata si specchiano nella Bormida; e pare sia
stato messo l‡ in serbo, a godersi l'ombra d'un pioppeto che lo
nasconde, e a servire intanto alle foresi, che vi passano in
autunno,
colle ceste in capo, colme d'uve deliziose, maturate sui colli
dell'altra riva. I quali subito s'innalzano, offrendo a chi vuol
guadagnarne la cima, una salita tutta a petto; che a Rocco ed a
Giuliano, sebbene gagliardi, diede quella notte tanto affanno, da
costringerli a sostare in sulla vetta per ricogliere fiato.
Di lass˘ se fosse stato giorno, s'avrebbero vista dinanzi la pianura
di C.... che fa di lontano un assai bello vedere; ma a quell'ora,
nulla invitava a star l‡, pi˘ di quanto bisognasse a ripigliar lena.
E
i due ripresero la via, lungo una costiera, che ad un certo punto
metteva ai lembi pi˘ alti della selva del convento di San Francesco,
a
quell'ameno sito, che noi sappiamo. Rasentando la selva, si
trovarono,
di l‡ a mezz'ora, ad essere discesi dove incominciano i prati, a piË
delle piaggie pi˘ basse. E l'edificio del convento biancheggiÚ, alla
loro destra, informe nell'ombra, come una nebbia che si levasse da
una
fondura paurosa; e i pilastrini dei pergolati, somigliavano ad una
processione di morti, che usciti di quella nebbia andassero in volta
per penitenza.
Giuliano si fermÚ a guardare. E se in cambio di Rocco avesse avuto
seco un uomo da poter discorrergli assieme; avrebbe parlato delle
alte
cose, che gli venivano in mente in quella quiete. Pensava con
affetto,
con doloroso affetto, a Francesco d'Assisi; il quale dalla sua
Umbria,
era venuto mendicando a trovare quel lembo di terra, a farvi sorgere
quelle mura; coll'opera volonterosa degli oppressi, colla promessa
del
regno dei poveri e di Dio. Pensava a quella promessa mancata, ai
secoli venuti dopo il Santo, ai frati vissuti in quel convento, che
subito furono pi˘ amici dei castellani oppressori, che dei popoli
languenti all'ombre di quei castelli; e vedeva l'immagine di
Francesco
andare afflitta, tra gli spiriti di coloro, che amarono gli uomini e
furono grandemente delusi. Quell'edificio che aveva dinanzi, al cui
nascimento avevano presieduto chi sa che alti pensieri; gli pareva
d'et‡ in et‡ venuto basso, quasi tempio che si muti in ricovero di
sfaccendati.
Rocco in piedi, dietro di lui, non osava disturbarlo, ma gi‡ gli
pareva, che un tratto qua un tratto l‡, si sarebbero indugiati tanto
da non poter passare, di notte, il confine: e cominciando a far
segno
di spazientarsi, stava per dire aperto di voler tirare innanzi.
SenonchË s'udÏ rompere un gridÏo confuso e discorde dal convento; e
lumi apparirono alle finestre, e lumi negli orti; indi subito un
rumore di pedate come di parecchie persone inseguite si fece
sentire;
e risa represse, e parole rotte, che venivano per un sentiero del
bosco, appunto verso il signorino e lui.
´Chi va di notte?--gridÚ Rocco, piantandosi dinanzi a Giuliano, e
levando in alto il bastone.
´Chetati, villano, o t'ha a coglier male!---rispose una voce; e
quattro giovani sbucarono dalla macchia, pronti per l'abbrivo che
avevano, a buttar a terra Rocco, Giuliano ed anco un par d'altri,
che
gli avessero voluti fermare. Ma riconosciuti da quest'ultimo e
chiamati a nome, gli si fecero attorno, molto stupiti di trovarlo a
quell'ora in quel sito; e interrogando, e rispondendo, e sempre
rompendo in risa che non volevano finire, stati un pezzo a vedere il
seguito della loro avventura, si unirono a lui, per guadagnare la
via
di C....
Erano quattro suoi condiscepoli, dei bei tempi in cui era stato
scuolare di don Marco; e gi‡ s'ha bell'e capito che uscivano dalla
cella del padre Anacleto; nella quale gli avevamo lasciati a fare
buon
tempo. Il frate aveva mesciuto, e tornato a mescere dei suoi
fiaschi,
sino a che i loro umori s'erano scaldati; poi da smanioso giuocatore
di tarocchi gli aveva costretti a giocar seco una partita. Ed essi
dapprima di mala voglia, quindi con ardore, gioca e bevi, ribevi e
gioca, erano andati innanzi parecchie ore; in capo alle quali il
frate
dormiva gomitoni sulla tavola, e due di loro non avevano pi˘ in
tasca
il becco d'un quattrino, ed era vicina la mezzanotte. Allora si
ricordarono di C.... della sposa, e del ballo cui erano aspettati.
´Ah frate! Tu mi hai fatto perdere il ballo e i quattrini; stai pure
che t'ha a costar cara....!--disse tra denti uno dei due
perditori:--amici, spegniamo il lume, facciamo le viste di continuar
la giocata, e vorremo ridere!ª
CosÏ dicendo, spense la candela, e rimasero come in gola a un lupo.
E
messisi a picchiare con garbo, a bisbigliare di semi e di figure, e
delle mille scioccherie di cui si parla giocando, fecero che alfine
il
frate si riscosse. AlzÚ la testa.... udiva...., e non vedeva
nessuno.
Si fregÚ gli occhi col dorso della mano, ma venne a dir niente...:
tornÚ a fregarseli.... buio. SentÏ per la schiena un sudore
ghiacciato; stette a bocca aperta un tratto, sperando che si fosse
in
sulla burla; poi colla voce e col cuore tremanti, osÚ dire:
´Figliuoli, accendete il lume.
´Abbia pazienza un tantino;--rispose uno dei quattro--si finisce la
partita e si va via.
´Che tu accenda il lume!--gridÚ allora arrangolato il padre
Anacleto;
e colle sue agguantÚ tre o quattro mani sul tavolino, stringendole
come fosse stato con una morsa.
´Ges˘ Maria!--sclamÚ quello dei quattro, che era l'autore della
crudele pensata:--o vedete il padre!... che cosa ha padre, che i
suoi
occhi paiono di cristallo?
´Ah!--urlÚ il frate dandosi due gran palmate nella fronte:--oh!
disgraziato a me! correte, chiamate il cerusico, il barbiere, venga
padre Anselmo, a cavarmi sangue...., l'ho tutto nel capo, me lo
sento
come un'otre.... sono cieco!ª
E rovesciando panca e scranne, e dalla rapina non accorgendosi dello
sbellicarsi che i quattro facevano; si trascinÚ fino all'uscio,
tempestando colpi colle mani e coi piedi, da parere un dannato.
Pei corritoi si sentirono i passi frettolosi dei padri che
accorrevano; e un aprirsi di celle, e un interrogarsi da un capo
all'altro che fosse; tutta la frateria fu in un baleno sossopra. Ai
quattro giovani, cominciarono a tremare le gambe, per lo sbarraglio
cui s'erano posti; ma fattisi animo, aprirono la finestra della
cella,
un dopo l'altro saltarono nell'orto, e all'ultimo mise l'ali un
grido
selvaggio, del padre Anacleto. PerchË un raggio di lume dal
corritoio,
si era posato per la toppa sul ventre del frate; il quale capita a
un
tratto la brutta canzonatura, si volse imbestialito per acciuffare
il
primo dei ribaldi che gli fosse caduto tra l'ugne. Ma i birboni non
v'erano pi˘.... AhimË! E la frateria affollava l'uscio; la voce del
guardiano, chiedeva al padre Anacleto che aprisse; i guatteri, il
cellaio, i cuochi, andavano di su, di gi˘, bracaloni pel chiostro; e
si fu appena a tempo di fermare il sagrestano che gi‡ entrava in
chiesa, per dare nella campana gridando: ai ladri!
Intanto che il padre Anacleto, aperto l'uscio, s'ingegnava a dare ai
frati chi sa qual ragione del caso suo; i quattro amici camminavano
verso C..., narrandolo a Giuliano per filo e per segno. E Rocco
ascoltando, annuvolava fieramente, e provava nelle braccia tale un
prurito, che se non fosse stata la tema d'offendere il signorino,
agguantati volta a volta due dei quattro nequitosi, gli avrebbe
sbattuti l'uno contro l'altro, come ciabatte vecchie e polverose.
Canzonare a quel modo un frate, gli pareva cosa da essere punita con
un buon abisso spalancato improvviso sotto i piedi; e a tratti si
turava le orecchie per non udire quel racconto. NË di questo
pigliava
diletto Giuliano, troppo occupato dalle proprie cure; ma quando in
riga di commiato alla narrazione, uno dei quattro parlÚ della festa
nuziale, seguita quel giorno, e pel padre Anacleto finita con quella
burletta; egli si sentÏ arricciare la vita. E udÏ da essi, che il
frate aveva menato vanto d'essere stato lui a raddurre Bianca
nell'obbedienza del padre; a farle preferire l'Alemanno a un tale
che
amava da morirne; e udendo, colla destra nello sparato della camicia
s'abbrancava le carni per modo, che maggior dolore non gli avrebbe
recato l'artiglio d'uno sparviero. Gli altri continuavano a dire
della
cerimonia, dello sposo e della sposa; parevano gli amici di Giobbe
intenti a straziare l'amico; ed egli guardando in alto, quasi a
chiedere consiglio a qualcuno di lass˘: pi˘ degli astri che
risplendevano silenziosi e tranquilli; pi˘ dell'inno che si levava
dalla natura verso il regno dell'anime; pi˘ dell'amore com'egli
l'aveva sempre inteso, gli parve bella la morte. Dunque, colui che
gli
aveva tolta la donna sua, non era quel soldato straniero, ma un uomo
della sua terra, della sua lingua, un frate; quel frate che aveva
predicato a D.... la quaresima, e che sua madre aveva tanto lodato?
Oh! se non fosse stato il pensiero di lei cui aveva gi‡ dati troppi
scontenti; se non fossero state quelle sue parole di morte, che solo
a
rammentarle gli toglievano ogni forza; che sÏ che sarebbe tornato al
convento, e aspettato tanto che quel frate venisse fuori, gli
avrebbe
insegnato a leggere nel vangelo! Ma sua madre...., sua madre l'aveva
nella fantasia, nell'atto in cui era rimasta sulla soglia di casa
sua,
ad accennargli colla mano di tirare innanzi; e ne udiva la voce
gridare: ´pace, pace, perdono; va alla tua venturaª e volle
obbedire.
´Vieni tu con noi, a vedere il ballo?--disse finalmente uno degli
amici a Giuliano, fermandosi a mezzo il borgo, in capo a un vicolo,
dal quale s'udiva venire un suono di strumenti festoso.
´O perchË no?--sclamÚ egli provocato da quel suono come da
un'ingiuriosa parola:--andiamo e vediamo la sposa!
´Signorino--disse Rocco, accostandosi a lui in guisa da non farsi
udire dagli altri:--sua madre mi raccomandÚ di accompagnarlo oltre
il
confine, prima che sia giorno....
´Ho io ucciso qualcuno?--rispose il giovine--stai pure, mia madre a
quest'ora Ë tranquilla.ª
Fosse stata a vederla; povera signora Maddalena! Una mano di soldati
Alemanni le mandavano in quell'ora la casa sossopra; chiedendole del
figlio, come se loro avesse avvelenato l'acqua e l'aria, e rubato la
corona al loro Imperatore. Ed essa, non badando allo strazio che le
facevano d'ogni cosa; camminava col pensiero dietro a Giuliano, e lo
stimava arrivato in terra della repubblica; e benediceva donna
Placidia, venuta a farle la carit‡ d'avvisarla.
Marta, non potendo altro, fece le corna agli Alemanni tutto il tempo
che stettero a frugare; e per la prima volta trovÚ che Giuliano non
aveva avuto torto a maledirli, quella tal sera della pasqua passata.
E
anche don Apollinare, le pareva scaduto di molto: ond'essa guardando
a
squarciasacco dalla banda del castello, pregava di tanto in tanto
ch'ei fosse nei panni della signora, egli che sapeva dire dal
pulpito
al popolo della pieve tante parole di carit‡.
In quell'istessa ora, il pievano seduto sul suo seggiolone, con una
gamba accavallata e dondollata sull'altra, se la faceva colla
sorella,
raccontandole come Sua Eccellenza il generale Alemanno, avesse
saputo
da Torino, che il figlio della signora Maddalena era fuggito alla
giustizia, la quale lo cercava per congiurato ai danni del re e
della
religione; e che confidatosi a lui del carico datogli di farlo
acchiappare se mai si fosse rifugiato a D..., egli l'aveva
supplicato
a far di notte, per minor vergogna, non del reo, ma di sua madre.
Queste cose, egli diceva a Donna Placidia; la quale ascoltando, un
po'
accennava col capo come a dire che sapeva; un po' niegava: come per
dire: ´Giuliano non l'acchiapperanno.ª
Un tratto queste due parole le fuggirono dette a mezza voce, di tra
le
labbra.
´Oh come non l'acchiapperanno, gridÚ don Apollinare levandosi in
piedi.
´Ma--rispose donna Placidia, vi fu chi ne fece avvisata la signora
Maddalena.
´E chi, se non voi, puÚ avere ascoltato ciÚ che il generale non
disse
ad altri che a me?
´E voi non dite sovente dal pulpito, che bisogna fare il bene al
prossimo? Ora la carit‡ non si fa tutta di pane.ª
Don Apollinare le diede un'occhiata bieca; e senza parlar oltre,
tolto
il suo lume da mano, s'andÚ a chiudere in camera, per non farsi
trovare dal generale. Il quale rimasto a mani vuote, chi sa come
sarebbe venuto a tempestare nel presbiterio bell'e a quell'ora.
´Tanto e tanto,--diceva spogliandosi in fretta--mi sapeva male che
uno
della mia pieve cascasse in mano a questi signori. Ma to! questa mia
sorella come me l'ha appioppata! Bella coppia essa e don Marco!
Proprio il dettato Ë giusto; ´chi fa quel che noi preti si dice...,
va
in paradiso diritto, come colomba al nido, e come io in questo mio
letto...ª
Si coricÚ disteso; e contento come quella sera, non aveva pi˘
giaciuto
da parecchio tempo.
CAPITOLO XVI.
Quello in cui a C... si ballava, era stato palazzo dei feudatari; e
abitato ai dÏ nostri da una famiglia per bene, sorge a piË della
roccia, dalla cui vetta il castello in rovina pare lo guardi
imbroncito; quasi chiedendo se sia cosa giusta, ch'egli debba stare
lass˘ a disfarsi alla pioggia e al gelo, mentre il palazzo sta ritto
qual era nell'et‡ fiera, in cui di ribalderie fatte dai loro padroni
ne videro entrambi d'ogni colore. Sullo scorcio del secolo passato,
vi
alloggiavano le genti del Re di Sardegna, messe a guardia del
confine
tra il regno e la repubblica di Genova; e perÚ il borgo fioriva pel
molto spendere degli uffiziali di quelle milizie, dei quali alcuni
lasciarono le ossa e il nome alle sepolture della chiesa
parocchiale;
altri le sembianze sull'insegna del caffË di Marocco, rimasta salda
sugli arpioni molti anni dopo che il povero caffettiere era morto,
ed
ora buttata ai tarli in non so quale solaio.
Per accedere alle scale ampie ed agiate, che di certo furono fatte
per
non affannare il petto alle baronesse; bisognava attraversare una
sorta d'atrio, che di costa aveva un cortile lungo quanta era la
facciata dell'edifizio. Da quel cortile parecchie viti, accompagnate
nei loro serpeggiamenti da mano amica, s'erano arrampicate cosÏ
alte,
che tra balcone e balcone, formando bellissimi tralciati, toccavano
colle vette le gronde del palazzo, a recarvi chi sa se noia o
diletto
alle rondini, che vi appiccavano i nidi. Bell'e in mezzo al cortile
v'era una cupoletta leggiadra, assiepata da gelsomini rigogliosi; ma
i
fiori d'alcune aiuole ben disposte qua e l‡ negli angoli, perchË il
sole vi poteva poco, erano pallidi come visi di monachelle, che se
anco belline hanno sempre sulle guance i segni dell'aria morta del
chiostro. Di l‡ dall'atrio si pigliavano le scale, che mettevano ad
un
ampio ambulacro, e pi˘ oltre ad un uscio, i cui stipiti e
l'architrave
erano stati condotti con gran maestria in marmo persichino, cavato
dalle montagne di quelle parti. E l'uscio poneva in una di quelle
sale
vaste, le quali, ad entrarvi da soli, danno un po' di sgomento; e
l'uomo vi si trova piccino e cosÏ leggero di panni, che per istarvi
bene avrebbe proprio mestieri d'essere vestito di ferro. L'altezza
della volta era molta sfogata, e aveva nel mezzo uno stemma recante
aquila bicipite, carro e cimiero, ad alto rilievo; e quando la sala
era illuminata scarsamente, e il venticello delle finestre faceva
ondeggiare le fiamme, alla luce ricevuta di sotto in su,
quell'aquila
dai rostri e dagli artigli dorati, pareva muoversi come cosa viva e
pronta a spiccare il volo. Di l‡ da questa v'erano due altre sale,
ed
oltre e sopra per lunghi giri, stanze e corridoi d'ogni conformit‡;
di
chË il volgo accostumato a vivere ammucchiato nelle sue catapecchie,
aveva mille ubbÏe su quell'edificio cosÏ vasto, e lo guardava quasi
con paura. Le femminette compativano i poveri soldati, costretti ad
abitare in quel luogo malurioso; e quando fu accesa la guerra in su
quel di Nizza, e le milizie lo lasciarono vuoto; parve a quelle
semplicione, che l'andare ai patimenti dei campi, e forse a morire
per
man dei Francesi feroci, fosse meno peggio dello stare l‡ dentro, a
farsi guardare nei sonni dagli occhi ardenti dei fantasmi, uscenti
la
notte dai trabocchetti.
Gli uffiziali Alemanni, volendo far onore alla sposa ed al loro
compagno d'armi; avevano stimato che il palazzo fosse il luogo pi˘
acconcio ad una festa da ballo; perchË vi si poteva invitare quanta
gente per bene viveva nel borgo e nei dintorni. E gi‡ alla una di
notte ne erano piene le stanze. Chi giocava, chi conversava, chi si
confortava ad una copiosa credenza: mentre nella sala grande si
ballava cosÏ di voglia, che non pareva d'estate.
Le pareti di quella sala, quasi coverte di quadri antichissimi,
rappresentanti caccie e tornei; erano a tratti adorne di specchi
posati su certi arpioni, che reggevano doppieri formati di molte
torce. E la luce riverberata dalle spere, si diffondeva in ogni lato
sÏ vivida, che si sarebbe potuto raccattare di terra una spilla; e i
cavalieri e le dame vedute e moltiplicate in quelle, parevano
migliaia. Qual festa per gli spiriti folletti, abitatori di quel
palazzo! Che sÏ, che quella notte delle burlette ne avranno fatte di
belle, alle madri sedute a vedere le figlie ballare, o passeggiare
di
su di gi˘ con quegli Alemanni, vestiti di magnifiche assise! Le
donnicciole delle casette vicine, potevano quella notte dormire tra
due guanciali se gli avessero avuti, chË nessuno di questi
spiritelli
si sarebbe tolto da tanta delizia d'acconciature, di gale, di code,
per venirle a fastidire; nË i mulattieri discesi all'alba ad
arnesare,
avranno trovato i bardotti o le mule colle criniere intrecciate da
doverne ammattire. O che avranno detto i ritratti dei due Monarchi
Carlo VI d'Austria e Filippo V di Spagna, incorniciati sopra gli
architravi di due usci, l'uno di faccia all'altro, e posti in modo
che
parevano sbirciare le donne e i cavalieri, quali fossero le pi˘
belle
ed i pi˘ cortesi? Quei due ritratti erano fattura d'un pittore del
borgo, che gli aveva dipinti dal vivo l'anno 1702; e si vedeva dalla
scritta che i due sovrani avevano dormito dai Marchesi Scarampi
proprio in quel palazzo. Un figlio del pittore, divenuto musico
riputato molto, sedeva quella sera sul palco a dirigere i suonatori:
e
rammentando d'avere udito dal proprio padre le meraviglie dei due
monarchi; guardava, suonando, i loro ritratti, come se aspettasse di
vederli sorridere, cavar di sotto le corazze una pizzicata di monete
d'oro, e chiedere a lui notizie del babbo che gli aveva dipinti,
pover'uomo morto da lunga pezza.
Chi fosse stato a quella ed a qualunque festa da ballo di quei
tempi;
e volesse farne paragone con quelle dei nostri, direbbe che gli avi
si
accontentavano di cose, alle quali noi piglieremmo gusto, proprio
come
a dormire su d'un monte a bocca aperta quando tira vento. Eppure
ballavano i nostri vecchi meglio di noi: ballavano gagliardamente,
per
mantenere agile la persona e l'animo lieto; e passi di terza e di
sesta erano segni di buona gamba. Pi˘ era stimato chi sapeva meglio
trinciar cavriolette, fare riprese, roteare a battuta: si ballassero
monferrine, furlane, gagliarde o correnti, bisognava aver petto sano
per non trafelare; e smettere prima dell'ultima nota dei suonatori,
sarebbe stato farsi canzonare da donne e da fanciulle. Le quali a
vederle reggersi colla punta delle dita un po' di gonna, tanto che i
piedi ne uscissero scoperti fin sopra la noce; e col capo chino
vezzosamente, strisciarne uno innanzi e l'altro volgere di lato,
modeste, agili, rapidissime a fare da un lato all'altro le sale,
dovevano essere un desÏo; e quello era ballare davvero.
Di balli a C... dopo la venuta degli Alemanni, se ne erano visti
molti; ma niuno si rammentava d'aver ballato con estro, come in
quella
sera. La mezzanotte era passata da un pezzo; e a quest'ora Giuliano
e
i quattro giovani, scampati all'ira del padre Anacleto, giunsero
alla
porta del palazzo, e si misero dentro.
Giuliano combattuto da desideri e da paura, si fermÚ peritoso
nell'atrio; lasciando che i compagni salissero quelle scale,
echeggianti di festoso bisbiglio. E forse pentito, avrebbe dato di
volta, per ripigliare la via che aveva a fare; ma sul muricciolo del
cortile stavano cavalcioni alcuni giovani popolani: i discorsi dei
quali si mescolarono, come gi‡ tante altre cose strane, nei fatti
suoi. Essi godevano accidiosi quel po' di festa che potevano vedere
attraverso i balconi aperti; parevano anime del Limbo tormentate
dalla
vista d'un lembo di cielo; e alla luce che loro pioveva addosso,
parlavano basso, quasi timorosi d'essere colti a godere di cosa non
fatta per loro. Ed uno diceva:
´E vedi la sposa, la sposa! Ci ho badato, e dei balli non ne ha
tralasciato neanco uno!
´Sfido io!--rispondeva un altro:--o che vuoi che si mostri di gamba
malata?
´E chi s'era mai accorto,--entrava a dire un terzo--chi s'era mai
accorto che fosse cosÏ bella! Quando noi si tornava da far legna, e
la
si incontrava con la sua zia, mi pareva un digiuno comandato.
´Hai a dire, che ne' suoi panni d'allora, pareva una santa che
parlasse cogli occhi! CosÏ rinfronzita somiglia una di quelle statue
che portiamo in processione, tutte trine, nastri, oro e che non
dicono
nulla.ª
A queste parole, dette da quel popolano, Giuliano si mosse e salÏ le
scale con passo sicuro. Rocco che nulla si curava di quegli
spettacoli, e forse voleva andare sconosciuto anche a C...; vedendo
che il padrone saliva di sopra, si sdraiÚ nell'atrio e si appisolÚ
un
tantino.
´Dov'Ë questa sposa?--chiese Giuliano ai compagni, i quali s'erano
fermati sull'uscio della sala, aspettando che fosse finita una
gavotta
gaia, spedita, vorticosa, che pareva un visibilio: e sfolgorante di
bellezza, di sdegno, di dolore, guardÚ. I suoi occhi videro, il suo
cuore provÚ uno squasso, e le mani gli si contrassero fieramente.
Vestita di raso candido, cangiante in un azzurro oltremarino
leggerissimo, che le rialzava la carnagione; Bianca ballava in mezzo
a
quella folla d'ebbri felici, pi˘ ebbra di tutti. Una bustina color
di
rosa le stringeva la vita, e le reggeva il seno tumido, voluttuoso,
appena coperto d'una modestina a trafori, che ne velava e non ne
velava la sommit‡. Le braccia ignude fino pi˘ in su del gomito,
agitavano le trine cadenti in moltissime pieghe dagli sgonfietti
delle
ascelle; e le smaniglie ai polsi, e il monile di gemme, mostravano
come quella fanciulla sapesse d'essere bella, e quanto fosse venuta
innanzi nella via delle vanit‡. I geni della innocente e timida
adolescenza si erano tutti partiti da lei; e gli occhi e le labbra
avevano gi‡ appreso l'arte dei sorrisi vezzosi. Che cosa erano quei
capelli acconciati in falsi cirri, e impolverati come di donna
invecchiata nei festini? E quel diadema scintillante in cima della
fronte; e quella penna candida, che innestata alle trecce insieme al
velo aereo diffuso sulle spalle, le ondeggiava superbamente sul
capo?
Colei dunque era Bianca?ª
Giuliano arrossÏ; sentÏ dentro un rimescolamento, come se qualcosa
vi
si struggesse, qualcosa vi si ricomponesse; ma gli parve di aver pi˘
sciolto il respiro, e potË reggere a guardare quella donna a lungo.
Il signor Fedele, che aveva visto il giovane apparire sulla soglia
improvviso, mentre che egli era lungi cent'anni dal pensarvi; tremÚ
che fosse per accadere del torbido: e date di qua di l‡ colla mente
parecchie capate, cercava modo di parare qualche gran colpo. Non
trovÚ
nulla di meglio che avvicinarsi ai musici, e accennare che
suonassero
con quella gi‡ incominciata l'ultima danza. Lo sposo di Bianca,
sebbene fosse coll'animo in luogo sÏ alto, da non poter badare a
tutte
le cose che avvenivano; tuttavia vide il turbamento del suocero, e
fattoglisi vicino a chiedergli che avesse, potË indovinare che
l'apparizione del giovane forastiero gli metteva addosso la smania.
Le
occhiate che colui dava alla sua sposa, gli fecero corrugare la
fronte, e fu lÏ per andargli a domandare che cosa avesse a vedere in
quella signora; ma appunto allora i musici mutarono la gavotta in
una
monferrina rapida e clamorosa, che doveva metter fine alla festa.
La monferrina era stimata per quei tempi una danza forastiera e di
gala; ma qualunque si fosse all'ultima suonata, si soleva mutarla in
una ridda, nella quale tutti venivano travolti come foglie in un
vortice, anche coloro che stavano a vedere, giovani e vecchi. E
quasi
a mostrare che non si smetteva dalla stanchezza, ognuno badava a
strepitare per sette; dond'avveniva uno scambiarsi di danzatori e di
danzatrici, un passar come razzi da un capo all'altro, un turbine,
un
tramestio, da far tremare le volte, e da schiantar i pavimenti.
Giuliano non ebbe tempo d'accorgersi di quella bufera, che
agguantato
coi quattro amici, fu trascinato nel ballo, spinto, rapito da catena
a
catena; finchË, quasi lo si avesse voluto schernire, gli fu posta
nella sua la mano di Bianca.
Era la prima volta che quelle due mani si toccavano ma ohimË! in
qual
guisa, e quanto diversa da quella vagheggiata dal giovane
sventurato!
E Bianca come fosse invasa dal genio d'una baccante, non si avvedeva
di lui, se a sentirlo restio, non gli avesse dato uno sguardo. Parve
alla bella donna, di sentirsi una fiamma accesa tra ciglio e ciglio;
e
un sorriso arido, amaro, spuntÚ sulle labra di Giuliano. Il quale
non
mosse piede; si tenne ritto e severo: e come l'ultime note dei
clarini
scompigliarono quella ridda finale; fuggÏ frettoloso, scese a
precipizio le scale; e passando vicino a Rocco che subito levandosi
gli tenne dietro, uscÏ in sul piazzale.
´Signorino--gli disse Rocco vedendolo uscir di l‡ dentro come ne lo
avessero scacciato--se le hanno fatto qualche torto, sono qua io...
´O Rocco!ª--rispose Giuliano, stringendosi al collo del contadino; e
forse avrebbe detto qualcosa, ma un bisbiglio, un rumore di passi
veniva gi˘ dalle scale del palazzo; tutta quella gente lieta del
festino, a coppie, a brigate, si versava nel piazzale; e l‡ auguri,
e
risa, e promesse; cortesie infinite che accompagnarono gli sposi
sino
alla casa del signor Fedele.
´Va--pensÚ il giovane guardando dietro al corteo:--va pure..., tu,
le
tue nozze, le tue gioie, tutte cose funebri da scolpirsi sopra i
sepolcri bugiardi...! O madre, amor mio, tu hai detto il vero;
questi
sono luoghi da fuggirli per sempre!ª
CosÏ dicendo si mosse; e Rocco dietro di lui, andava non pi˘ come un
servitore devoto, ma come uomo messo a guardia d'un infelice, cui
stesse per dar volta il cervello. Credeva che il signorino si
avviasse
per uscire dal borgo, ma stupÏ vedendolo pigliare per un vicolo che
menava proprio nel mezzo di questo. E tuttavia non osÚ dirgli che
forse sbagliava la via. Giuliano non la sbagliava punto; ma
camminava
diritto per andare in casa a Don Marco, dirgli addio, forse
parlargli
di quel che aveva visto, e averne conforto di quelle parole di cui
soltanto il buon prete conosceva il segreto. Giunto a quella porta,
agguantÚ il martello e fu lÏ per battere; ma si sentÏ rimordere di
venire a destare un vecchio a quell'ora, e non lo fece. Intanto gli
fuggÏ un'occhiata in su alla casa del signor Fedele, ch'era di
contro;
e vide illuminarsi la finestra di Bianca, quella finestra ch'egli
non
aveva mai osato di varcare colla fantasia, dalla tema d'offendere la
fanciulla che vi dormiva dentro. Ed ora...? Ebbe uno schianto di
cuore
non mai provato; mai neanche quando aveva inteso che Bianca s'era
sposata: lasciÚ il martello, e senza dir nulla, ripigliÚ la via per
allontanarsi. E a questa volta uscÏ davvero dal borgo, e sarebbe
andato innanzi chi sa quanto muto; se Rocco mosso da grande
curiosit‡,
non gli fosse entrato della via che voleva tenere, e a poco a poco
anche del padrone di quella casa, cui aveva voluto battere poco
prima.
A tutte le dimande del colono, Giuliano rispondeva breve come chi ha
altro da pensare; ma a quest'ultima il suo cuore si aperse, e quasi
provando un gran sollievo a pronunciare il nome di cui Rocco
chiedeva,
rispose:
´Oh... quella Ë la casa d'un giusto... Ë la casa di Don Marco...!
´Don Marco! Lo conosco, Ë un santo che ha fatto tanto bene alla mia
Tecla.
´A Tecla?--disse Giuliano mostrandosi ora voglioso di udire i
discorsi
di Rocco.
´Appunto,--rispose questi--una sera di questa state, quasi mi
vergogno
a dirlo, essa ci era sparita di casa...: uno spavento! si figuri...!
e
chi la voleva morta, chi rapita dagli Alemanni, chi annegata... ma
coll'aiuto di Dio la trovammo laggi˘ al passo del guai, proprio a
piË
della croce, sa...?
´E dove voleva andare?
´Ma...! quel giorno il pievano era venuto a dire a sua mamma, che
ella
era stata messa in prigione a Torino.
´E Tecla che c'entrava...?
´Ma... voleva venire a Torino a liberare lei: teste piccine di
donne...!
´Narratemi ogni cosa, Rocco;--disse Giuliano pigliando lena--perchË
non mi avete mai detto questi fatti...?
´Ma...ª--rispose Rocco; e cominciÚ la storia di quella notte, che se
non era Don Marco poteva costare a Tecla assai pi˘ lacrime che essa
non aveva versate. Giuliano ascoltava camminando a capo chino, ora
tocco nel vivo del cuore dalla piet‡; ora sdegnato, come quando udÏ
che Don Apollinare voleva che Tecla fosse stregata. E cosÏ pei
sentieri pi˘ foresti, un tratto in riva alla Bormida, un tratto in
mezzo ai campi, cansando le pattuglie Alemanne; s'affrettarono verso
il confine.
In un punto dove quattro mura mozze paiono ruine, e invece sono
d'una
cappella rimasta costrutta a mezzo, forse perchË fu chiarito che la
Madonna, cui si voleva dedicare, e che si diceva comparsa in quel
sito, non era stata che qualche villanella vestita da festa; il
giovane si fermÚ, e voltosi a Rocco, parlÚ in guisa che a costui
parve
di non aver pi˘ a fare col padrone, ma con un figliuolo.
´Rocco, fa giorno e potete tornare. Dite a mia madre che io sono
uscito dalla terra libero, tranquillo, e desideroso di trovar presto
quella casetta, nella quale vivremo con essa tutta la vita. Direte a
Marta che abbia cura di mia madre; e voi se mi volete bene, andate a
Santa G...: riconducete subito la vostra Tecla a casa; meglio che
sotto i vostri occhi, non istar‡ in niun luogo. Ve la raccomando...
ma
tanto...ª
E data una stretta di mano e alcune monete al pover'uomo, lo piantÚ
sulla via e tirÚ innanzi.
Rocco, strologando su quel pensiero che il signorino si pigliava di
Tecla, stette a guardarlo sin che gli uscÏ di vista, poi tornÚ
addietro. Di l‡ ad un'ora ripassava per C..., dove la gente era gi‡
fuori per le vie, con quella gaiezza mattutina che i giorni di festa
fa belli i villaggi. Le donne scopavano dinanzi alle case; gli
uomini
s'affacciavano allacciandosi al collo la camicia di bucato, e
chiedendosi da finestra a finestra, a qual'ora fosse finito il ballo
degli sposi; su certi balconi le madri pettinavano i bimbi per
mandarli netti a messa; e su certi altri le fanciulle spiccavano
garofani dal vaso, per farne un mazzolino al damo.
Il buon uomo vide queste cose, traversando il borgo, e di l‡ dal
ponte
trovÚ che gli Alemanni in sull'armi, ascoltavano devotamente la
messa;
celebrata sopra un poggiolino in mezzo ad un prato. Egli avrebbe
voluto fermarsi a sentirla; ma oltre che la era gi‡ innanzi di
molto,
detta cosÏ all'aperto gli parve cosa troppo da soldati; e tirÚ
diritto
col proposito di udirne una al Convento dei Minori Osservanti, dove
per andare a Santa G.... a pigliar la figliuola, aveva a passare.
Col‡ era giorno di grandi preghiere e di grande solazzo, in onore
della Madonna degli Angeli; e se dall'architrave della porta
maggiore
della chiesa, pendeva la tabella dell'indulgenza plenaria; nella
selva
e nei prati intorno v'erano ridotti e baracche da potervi mangiare,
cioncare, fare alle pugna, dopo aver data una ripulita all'anima,
con
un po' di perdonanza e un po' d'elemosina fatta al convento.
La via che menava a quella volta, era tutta una processione; e pi˘
s'avvicinava pi˘ uno stupiva delle numerose brigate, che facevano
pei
campi e pei colli un pittoresco vedere. Rocco si lodÚ d'essere
partito
da casa vestito da festa; perchË quanti incontrava avevano indosso i
meglio panni del loro vestiario. Le donne giovani o vecchie, se
maritate portavano la veste di sposa; che allora, bell'usanza,
serbavano per le festivit‡ di tutta la vita: le zitelle, quasi
tutte,
costumavano gonne d'indiana azzurra carica, che davano un po' pi˘
sotto della mezza gamba; e questa si vedeva chiusa in calzette
grigie,
o il piede calzato di scarponcini, cui niuno badava se fossero o no
grossolani, perchË le fanciulle s'aveva a guardarle modestamente in
viso. Un casacchino di tela casereccia stretto alla vita, ornato
alle
ascelle di crespe o sgonfietti; un fazzoletto in capo, rosso o
giallo;
un grembialetto anch'esso d'uno di questi colori; era tutto il loro
vestire. Vezzi non usavano portarne, oltre un par di campanelline
agli
orecchi; contente delle perle che avevano in bocca, e delle sincere
e
copiose capigliature. Belle su tutte erano le boscaiuole della riva
destra della Bormida, che si vedevano qua e l‡ guadare il torrente
ai
varchi pi˘ agevoli, per andare alla sagra. Erano e sono tuttavia il
miglior sangue di quei monti; bianche come latte, e ben colorite,
spigliate di forme, e in tutto da non parere gente povera e mal
pasciuta. Ma le sono mattiniere, e visitando le selve a palmo a
palmo,
e non per diletto; trovano forse il fiore misterioso di cui si
tingono, come nessun pittore saprebbe fare alle donne delle citt‡.
Degli uomini poi, non accade dire quali fossero le fogge dei loro
panni; ma si vuol lodare chi fu primo a smettere quei codini, quei
giubboncelli, quelle brache corte: sebbene queste sarebbero da
ritornarsi un tratto in onore, tanto che la giovent˘ badasse a
crescere a modo e men molle, per non andare derisa di troppo povere
polpe.
Tanta adunque era quel giorno la folla, che la sagra pareva un
giubileo; e sott'essi i pergolati del convento, gi‡ sin dal mattino
era una briga di mercanti d'ogni generazione, i quali si davano
attorno a porre i loro banchi, bisticciandosi alla buona tra loro.
Nel
piazzale della chiesa, giocolieri, storiai, vinai, contendevano per
un
posticino; ed il cerretano che ogni anno soleva venirvi, gi‡ faceva
gente strombazzando di su un tavolino, avuto a presto dal frate
dentista del convento, il quale si mostrava pronto a fargli servizio
per non parere invidioso. Pi˘ in l‡, dietro l'edificio, nel prato
che
sembrava fatto a posta, avevano formata una sorta di lizza, e ad un
palo pendevano guanti e palle di cuoio di parecchie grandezze, segni
di sfida tra i giuocatori dei contorni. Poco discosto, su
d'un'impalcatura, all'ombra d'una quercia, i suonatori d'un ballo
campestre cominciavano ad accordare gli strumenti. In fondo al prato
poi sorgevano le baracche, formate di lenzuola e di frasche; e gli
osti stavano a certi fornelletti cuocendo i polli, che le loro
fantesche sbuzzavano, pelavano, abbrustiavano, frettolose e tuttavia
bestemmiate per pigre. Fra tanta folla, che cresceva ognor pi˘, i
frati andavano colle labbra e colle tabacchiere aperte a dar
pizzicate
e sorrisi: per taluno avevano parolette d'invito a farsi vedere in
cucina o in refettorio, e il fortunato era di certo un benefattore
campagnuolo; o tale su cui la frateria, aveva messo gli occhi e le
speranze.
Rocco fattosi via fino alla porta della chiesa potË entrare e udir
la
messa. E pagato cosÏ il suo debito al Signore, tornÚ fuori colle
mani
nelle saccoccie delle brache, tastando le monete avute da Giuliano.
Accortosi d'aver fame, tirÚ il conto delle miglia che gli sarebbe
bisognato fare per giungere a Santa G.... e non gli tornando bene al
ventre nË alle gambe, s'avviÚ passo passo ad una baracca.
Ivi, si davano spasso bevendo e chiacchierando parecchi avventori; i
quali dopo aver mangiato non facevano segno nË di voler pagare nË
d'andarsene. L'oste non osava dir loro nulla, essendo essi
miliziotti
e soldati. I primi (armati di lunghi schioppi, che alle canne e ai
fregi apparivano di fattura spagnuola, raccattati forse sui campi di
battaglia di quelle parti, meglio che mezzo secolo prima); erano
stati
di quello stormo levatosi in armi il maggio di quell'anno. E avendo
pigliato diletto di vivere randagi, si soffriva dal magistrato che
andassero armati; perchË bisognando, facevano ufficio di guide agli
Alemanni, e campavano di questa professione e di picciole rapine. I
soldati poi erano gente dei vecchi reggimenti Sardi, pronti di
maniere
e soverchiatori, ma rispettabili par ferite delle quali portavano i
segni ancor freschi, e stavano a guarirsi nel borgo. Essi avevano
combattuto contro i Francesi pi˘ d'una volta, sull'Alpi marittime;
adesso colle gomita sulla mensa bevevano alla salute dei vivi e alla
memoria dei morti; giurando clamorosamente sugli scapolari che
avevano
di sotto i panni, molli di sudore e anneriti. E colle dita intrise
di
vino, descrivevano sulla tovaglia i campi e le ordinanze in cui
avevano combattuto. A udirli, questo era il colle di Raus,
quest'altro
quello di Milleforche; qui il capitano Zin co' suoi cannoni, aveva
mandati i sanculotti ruzzoloni gi˘ pei dirupi come sacca di carbone;
l‡ era caduto il capitano Maulandi, venerato da quei valorosi che
l'avevano veduto morire, e ne cantavano i versi scritti da lui sulle
montagne ove cadde, poeta e soldato. S'accendevano in viso parlando
di
lui, come si sar‡ acceso il Botta scrivendone le lodi in una mesta
pagina della sua storia: rammentavano le rive del Tanarello e della
Saccarda, di Colle Ardente e di Saorgio, i vili e i traditori: e qui
uno di que' soldati trovandosi ritto nella foga del dire, data una
vigorosa palmata sulla mensa, e guardando a cera prepotente quanti
erano nella baracca; giurava che il Re era tradito, e che se i
Francesi trovavano la via men aspra dell'anno prima, sebbene le
valli
fossero zeppe d'Alemanni; accadeva perchË da Torino insino
all'ultimo
villaggio del regno, v'era in ogni casa un traditore.
´Lo giuro!--sclamava egli invelenito su quell'idea, e si rimboccava,
dicendo, la manica fino all'ascella, scoprendo un viluppo di muscoli
poderosi:--questo braccio fu ferito, ma Ë forte ancora, e se mi
capitasse innanzi un Giacobino lo spaccerei con questo, fosse mio
padre. Chi Ë qu‡ dentro che non vuol gridare viva il Re?
´Evviva il Re!--urlarono quaranta o cinquanta gole mezzo ingozzate
di
lasagne: e all'urlo tenne dietro un rompere di tossi, di sternuti,
di
singhiozzi per contrazione; mentre il soldato sorridendo a tutti,
chiamando tutti amici, andava attorno toccando col suo gli altrui
boccali. Giunto a Rocco, che mangiava rincantucciato in fondo alla
baracca, e si sentiva tremare il cuore; il soldato gli si piantÚ
dinanzi: ´E voi--gli disse--che fate costÏ solo, che mi parete un
volpone sotto una cesta? venite qua in buona compagnia!ª--E pigliato
il piatto, i pani, il boccale del poveretto; lo tirÚ a quella mensa
dov'egli e i suoi facevano quel tanto baccano. L‡ Rocco dovË
rimettersi in loro; mangiÚ e bevve come essi vollero; chiese licenza
d'andarsene parecchie volte, ma gli tocco fare pi˘ di mezzogiorno;
ora
in cui potË uscire libero, pagando lo scotto di quei soldati, e
ancora
gli parve una grazia.
Quando fu fuori di quel passo, trovÚ che la folla era divenuta cosÏ
fitta, da non potersi muovere, uno che avesse fretta, a suo agio. Il
ballo campestre ferveva sotto la sferza del sole, e le foresi
danzando
coi loro dami gighe e gavotte, si struggevano in sudore. Ma al caldo
ci badavano punto. E bisognava vedere quei garzoni, come finita una
danza, facevano a chi fosse pi˘ spedito a ripigliar il posto sullo
spazzo, affollando il festaiuolo, empiendogli di spiccioli le mani.
Ed
egli pigliava e ringraziava per sË e pel convento, cui doveva pagare
la decima; poi diceva ai musici che tornassero a suonare, e
significava ammiccando che egli voleva suonate corte e frequenti.
La vista di quel ballo era la cosa pi˘ ghiotta della sagra, e i
signori vi si disfacevano dalle risa. Essi vi adocchiavano le belle
campagnuole, imparando a conoscere i loro amori. Onde accadeva
sovente, che dopo quella e altre feste compagne, qualcuno di essi si
mettesse di mezzo a far parentadi, tra giovani veduti appassionarsi
in
quegli strani convegni: e allora il pi˘ delle volte, virt˘ addio!
Mosso da curiosit‡, Rocco volle avvicinarsi a quello spettacolo; e a
forza di gomiti fattosi un po' di passo, ecco a quale incontro
inatteso egli riusciva.
Il zio di Tecla, che non era giunto a cavare a questa quattro
parole,
in ventiquatt'ore dacchË l'aveva in casa; messosi in testa di darle
un
po' di svago, s'era accompagnato con essa ad alcuni vicini, uomini e
donne; capitando al convento, forse un po' prima, forse un po' dopo
di
Rocco. Fatte le divozioni e pigliati anch'essi i ristori, in una
delle
tante baracche; i montanini avevano finito per mescolarsi alla folla
che faceva corona al ballo; e alcune giovinette della comitiva
presero
a danzare, mentre alcune altre, modeste e quasi mortificate, stavano
a
vedere; e tra queste Tecla.
Essa si teneva in mezzo alla calca, colle mani alla vita, una
sull'altra, guardando co' suoi grandi occhi l'agitarsi delle
danzatrici; e si sarebbe detto che ne provasse compassione. Ed era
l‡
forse da mezz'ora, stretta, pigiata; ma non si avvedeva di non aver
pi˘ allato nË le compagne, nË il zio col quale era venuta in quel
luogo. E neppure aveva badato al mutar di piedi che le era bisognato
fare, spinta lentamente ora indietro, ora di lato; sicchË discostata
a
poco a poco anche dai danzatori, non ne scopriva pi˘ che le teste.
Ma
badavano bene ad essa due giovani signori del borgo di C..., i
quali,
avendole posti gli occhi addosso sin da principio, s'ingegnavano a
quel modo, per trarla fuori della sua compagnia; di certo coi
disegni
che sanno fare i vili fortunati, che un tempo della loro vita
spendono
a svergognar donne; un altro tempo a rifare gli averi ponendo le
mani
nella roba altrui; e vecchi finiscono in chiesa a biascicare i salmi
penitenziali. I due avevano la fanciulla in mezzo, e sebbene
giovani,
un pittore avrebbe potuto fare dei loro visi i due vecchioni
cotticci
di Susanna. Gi‡ si rallegravano colle occhiate del buon termine cui
speravano condurre chi sa che ribalderia; quando s'udÏ un grido tra
la
folla, un grido come d'uomo che tastandosi sotto i panni si trovi
rubato.
´Tecla! Tecla!--e un volgere di teste, un mareggiare della gente, un
moto di braccia tenne dietro a quel grido; percossa dal quale, Tecla
si riscosse, e vedendosi allato i due sconosciuti, pieni gli occhi
di
non sapeva qual fuoco, si sentÏ al viso le vampe, e potË appena
rispondere; ´Son qui!ª
Colui che l'aveva chiamata era lo zio, accortosi improvvisamente di
non averla pi˘ vicina; ma primo a romperle attorno la calca fu
Rocco,
il quale capitando appunto, aveva riconosciuta la voce del cognato e
quella della figliuola.
´Largo! largo!--gridava egli lavorando di braccia;--cognato, Tecla
son
qua io!--E si mostrava di subito cosÏ indraghito che guai a chi si
fosse avvisato di rattenerlo; guai a chi aveva fatto male alla
fanciulla; guai a quei due, che non la stringevano pi˘, ma che non
si
poterono cansare, quando egli per disopra le loro spalle potË porle
la
sua larga mano sul capo, gridando: ´Ë mia!ª
´O chi ve la vuol mangiare?--sclamÚ uno dei giovani dalle male
voglie,
vedendosi guardato da Rocco a squarciasacco.
´So dir che sÏ!--rispose Rocco, cui l'istinto paterno ammoniva del
vero; ma ravvisando colui per uno dei quattro, che la notte innanzi,
fuggendo dalla cella del padre Anacleto, s'erano imbattuti in lui e
nel signorino: ´lei,--soggiunse--lei, lo so che cosa Ë buona a
fare...
ma...!--e si morse la lingua, perchË il giovane era di casato da
fargli sudar le tempia. BaciÚ come si suol dire il bastone; e gli
parve un bel che, poter uscire di quel passo colla figliuola.
La tirava cosÏ per mano fuori della folla, pallida che metteva
compassione; e il cognato veniva dietro trovando scuse, ed egli a
rimproverarlo con aspre parole.
Bisticciandosi, andavano verso il convento; quando a stornarli nella
loro lite, videro la gente sul piazzale della chiesa far largo, e
udirono sussurrare; ´gli sposi! gli sposi!ª Era Bianca, era
l'Alemanno, con parte dell'allegra accompagnatura del giorno
innanzi;
che avendo desinato nella palazzina del signor Fedele, venivano
adesso
strascicando in quel luogo, la festa nuziale.
Tecla vide, e intelletto d'amore le fece indovinare chi fosse quella
donna felice. OsÚ guardarla in viso, e le parve bella, ma non pi˘
della bellezza di cui aveva inteso parlare, tra la signora Maddalena
e
don Marco. Ne gioiva la povera giovinetta, e in quella un frate
fattosi dal portichetto del convento ad incontrare la comitiva,
salutÚ
la sposa con dimestichezza, e fu da tutti salutato reverentemente:
´padre Anacleto!ª
Padre Anacleto! Rocco si tastÚ se era vivo, vedendo gaio quel frate,
udito a predicare in D..., e che di certo doveva essere l'istesso,
di
cui aveva inteso la storia dai quattro capi scarichi la notte
innanzi... Ma pi˘ fu turbato quando vide sopraggiungere di quei
quattro, i due che poco prima s'erano messi ai panni della sua
figliuola; e tutti inchini e rispetti a quella dama, avere da essa e
dal frate strette di mano e sorrisi; come gente dabbene. A quei
portamenti non potendo pi˘ reggere fu a un pelo di correre dal padre
Anacleto, gridando:
´Oh che razza di frate Ë ella mai, che tutti i cattivi cristiani che
sono al mondo gli ha per amici?ª
SenonchË in un uomo del popolo com'egli era, gli sdegni generosi
nascevano sÏ, ma subito si rincacciavano in cuore; e Rocco
rattenendosi anche questa volta, tirÚ via con Tecla, accommiatandosi
dal cognato, dolente di vedersela tolta in quella dispettosa
maniera.
La fanciulla camminava dietro del padre, paurosa d'essere ricondotta
a
casa, di spiacere alla signora Maddalena, e d'incontrarvi Giuliano;
di
cui non sapeva che era partito; e Rocco, pensando a quei giovani,
alla
propria collera della notte innanzi, al fatto del padre Anacleto;
combatteva con un dubbio che sulla santit‡ dei sacerdoti, gli voleva
entrare nel cuore; nË per quanto fu lunga la via gli venne detta
parola.
CosÏ giunsero a D..., nell'ora in cui la signora Maddalena aveva
costume di sedere in sala, al balcone che guardava dalla banda
ond'essi arrivavano; perchË vi si godeva una bella vista, e il sole
non vi poteva, e un venticello che pareva mosso dall'acqua del
torrente, vi recava una deliziosa freschezza.
Essa stava l‡ appunto, donde non si era mossa in tutto il giorno,
piena ancora dello sgomento, cagionatole dagli Alemanni la notte
innanzi. E vedendo i due apparire, si levÚ coll'anima tutta negli
occhi.
´Ha passato il confine che appena era l'alba--disse Rocco arrivando
sul piazzale.
´Iddio lodato!--sclamÚ la signora; e togliendosi dal balcone venne
nell'atrio a incontrare il colono, che si fece passare la figliuola
dinanzi.
´E per via non aveste incontri?--chiese essa, tirandosi Tecla in
casa
col padre.
Egli, avvicinando nella sua mente la fanciulla e Giuliano, per le
raccomandazioni avute dal giovane, proseguiva: ´PassÚ franco come
una
doppia di Spagna; e mi disse che fra pochi giorni avr‡ trovata la
casetta: e prega lei di andarlo a raggiungere subito.....ª
La signora ruppe la parola in bocca al pover'uomo con un sorriso;
perchË a udir rammentato quel suo desiderio d'una casetta in riva al
mare, fece come l'uccello che migra, se giunto a scoprire la terra
del
suo riposo, misuri le forze, e non le trovi da poterla arrivare. Ma
non aggiunse parola a quel mesto sorriso, da mostrare la speranza
cosÏ
languita: bensÏ voltasi a Tecla:
´O Tecla,--diceva--dunque tu sei tornata...? Noi ripiglieremo le
nostre usanze, le nostre letture, le nostre penne... nevvero?
Perdonami sai, se t'ho fatta andare a Santa G...; hai fatto bene a
tornare, Marta ci dar‡ da cena, tu rimani qua.... Rocco, voi e
vostra
moglie verrete a mangiare con me un boccone, e mi racconterete
tutto....ª
Tecla sempre colla mano nelle mani di lei si sentiva tremare il
cuore,
e ringraziava il cielo che Giuliano non fosse a casa.
CAPITOLO XVII.
Giuliano detto addio a Rocco, s'era trovato solo, in parte dove
niuno
faceva guardia al rigagnolo, che partiva le terre del Re di
Sardegna,
da quelle della repubblica Genovese. Non gli rimanevano a fare che
pochi passi, e poi avesse avuto dietro di sË tutta la cavalleria,
che
lungo la vallata della Bormida, pasceva i cavalli ungheresi
coll'erbe
di quei poveri montanari; egli si sarebbe potuto volgere dall'altra
sponda, a riderle in faccia; sicuro come a essere a Genova in casa
al
Doge. Sino a quell'ora, la neutralit‡ della repubblica, era stata
rispettata dagli Alemanni.
Ma nell'atto di sconfinare, l'aveva preso un nodo al cuore, e si era
fermato come uomo che non puÚ reggersi ritto a tirare innanzi. Forse
i
proscritti dei tempi di mezzo, si fermavano in quella mesta guisa al
confine del loro comune; volgendo gli occhi alle torri, alle cupole
della citt‡ dond'erano sbanditi: e l'immagine di Guido Cavalcanti
sulla via di Sarzana, collo sgomento dell'esilio in viso, e colla
malinconia che gli ispirÚ la ballatetta afflitta e famosa; si forma
nella mia mente pensando qual fu Giuliano, in quell'ora.
Quante volte il giovane avr‡ voluto tornare, e quante avr‡ ritratto
il
piede, gi‡ mosso a valicare quella poca acqua, che gorgogliava tra i
macigni e le radici sterrate dei salici e dei pioppi; egli che aveva
corso da Torino a D... tante miglia, quasi senza abbadarvi! Ma in
quel
viaggio egli era venuto per terre, nelle quali era come essere in
patria: adesso, di l‡ da quel rigagnolo, donde pur si potevano
scoprire le cime dei monti a' cui piedi era il suo borgo, avrebbe
messo il piede sopra terra straniera. Straniera secondo i conti
d'allora, sebbene la gente vi parlasse su per gi˘ un dialetto uguale
a
quello di D...: ma l‡ si viveva sotto altre leggi; il popolo
v'obbediva altri magistrati; il rifugiarvisi dalla parte di qua ogni
sorta di perseguitati, dava a quella terra cattiva fama tra il
volgo:
e pur non credendo di capitare in mezzo a gente sbattezzata, gli
sapeva male di doversi gettare fuori del regno come un malfattore.
La
casa materna non gli era mai parsa lontana come in quel punto; e di
pensiero in pensiero si ridusse a pregarsi di potervi stare, non da
padrone, non da figliuolo della padrona, ma sconosciuto, da
servitore;
pur di poter vedere la madre, Marta, e Tecla ogni giorno; Tecla che
gli si affacciava da lungi, e pareva venirgli incontro sorridente,
amica, sicura: e massime dopo il discorso avuto poco prima con
Rocco,
gli si figgeva in mente come una cosa cui un giorno o l'altro
avrebbe
dovuto pensare.
Sarebbe rimasto su quella sponda chi sa quanto, se non badava al
sole
che intanto s'era fatto alto. Ond'egli, dato, sto per dire, uno
strappo a sË stesso, era disceso gi˘ dalla ripa e aveva varcato le
tue
acque, o ruscelletto modesto; le tue acque, che di quei tempi furono
di salvezza a tanti fuggitivi, come se san Giorgio il valente fosse
stato a galoppare, colla lancia in resta, lungo la tua sponda. E tu,
allora, non sorgevi vicino a quel ruscelletto, o modesto cimitero di
Carcare; nË tu che vi scendesti a riposare colla fede d'andare in
terra de' vivi, eri peranco nato, o maestro della mia giovinezza,
Atanasio Canata, povero Scolopio, cristiano antico. Ma le campane
del
collegio, che suonavano a doppio la messa, nell'istante in cui il
mio
profugo toccÚ il suolo della libert‡, erano le istesse che dovevano
poi governare la tua vita tanti anni, o dolce maestro mio; quelle
istesse di cui mi rimase negli orecchi la romba, cara come la voce
tua, e come la vostra, o amici dall'adolescenza; che, se mai vi
capitasse tra le mani questo racconto, prego vi rammentiate di me,
come io mi ricordo di voi con amore; e vi veggo sempre sulle memori
panche della scuola, coi visi di vent'anni or sono.
Nessuno mi si faccia severo per questo viluppo d'apostrofi, le quali
non sono poi troppe, per chi novellando si trova con uno de' suoi
personaggi, in luogo di memorie dolcissime. E tiri pur oltre, che io
baderÚ a non farlo uscire spedato per le vie dirotte, che Giuliano
ebbe a fare su d'un muletto, pigliato a nolo nella terra di Carcare;
piena allora di contrabbandieri, che facevano servizio con pronto
animo, a chi avesse viso di perseguitato e di largo spenditore.
L'Apennino, salito al passo lento della cavalcatura, era sembrato
interminabile al giovane, che per tutta la via non aveva aperto
bocca
a parlare colla sua scorta. Ma giunti in cima al giogo, il
mulattiere
vedendo il viaggiatore nulla maravigliato della bella vista che si
parava dinanzi, quasi per consigliarlo che alzasse il capo a vedere,
sclamÚ:--il mare!
Quando io ripenso a quel mattino d'autunno, in cui giovinetto vidi
la
prima volta il mare, di su quel colle; sempre si rinnova in me ciÚ
che
allora provai nell'anima e nella persona, che non seppi mai dire. E
perÚ non mi rischierei per nulla ad esprimere quello che provÚ
Giuliano; il quale essendo di tempera da sapersi prostrare collo
spirito, alle grandi bellezze della natura; accolta nel petto
largamente l'aria di quell'altezza, rimase a contemplare a lungo e
muto; poi prese la china come voglioso di correre a tuffarsi, a
smarrirsi, in quella lontananza sterminata.
A' nostri giorni la strada agevole e bella, menzionata sin dal
principio di questo racconto, scende da quella vetta, passando a piË
della torre di Cadibona; la quale mi ritorna nella mente colla croce
rossa di Genova dipinta sulla sua faccia, appunto come quella che io
vidi sul muro di non so qual edificio antico, che d‡ sul porto di
Bastia in Corsica; e che mi parve lasciata l‡, come promessa di
tornare, fatta dagli Italiani di Genova, nel vendere quella gemma
dei
nostri mari. Passando vicino a quella torre, Giuliano levÚ gli occhi
in su, a mirarne l'altezza; e ad una delle finestre vide una donna
soave, bionda, mestissima, che gli sembrÚ una sorella, affacciata
lass˘ per dargli la buona andata. TirÚ innanzi senza chiedere al
mulattiere chi fosse quella donna; ma si compiacque nell'immaginarla
figlia o sposa di qualche vecchio cannoniere della Repubblica, messo
l‡ a riposare e a custodire la torre. Mesta la era, egli la stimÚ
anche infelice; e cominciÚ a fantasticare sulle sventure di quella
sconosciuta. SenonchË le fantasticherie si mutarono in maraviglia,
quando si vide innanzi il gruppo di colli anfrattuosi soggiogati
dalla
torre. Su quei colli splendeva la virt˘ della forte razza ligure,
che
assale le rocce, le spËtra, le costringe a diventare feconde ed
amene.
Giuliano ammirÚ i vigneti, prosperosi e fitti sulle macÏe, murate
con
interminabili fatiche a reggere la poca terra, donde quei montanari
cavano il pane. La vendemmia essendo vicina, pei lunghi filari,
sovraposti gli uni agli altri nei ripidi fianchi dei colli; si
vedevano i rossi berretti dei vignaioli, e i corpetti bianchi delle
loro donne, intente com'essi a legar alti i tralciati, affinchË i
grappoli cogliessero meglio i raggi del sole. E lavorando cantavano,
con mirabili accordi, lo loro vecchie canzoni; dalle quali spirava
qualcosa che somigliava alla tristezza magnanima che ci viene dal
canto della servit˘ di Babilonia; e quella mestizia di toni che non
pareva da gente cosÏ gagliarda, si mescolÚ nei sentimenti di
Giuliano,
a farlo tornare col pensiero alla donna veduta poco prima e
compianta.
Se fosse stato un giovane dei nostri tempi, egli avrebbe pregato tra
sË, che venissero i popoli d'ogni parte d'Italia a visitare quei
colli, e a impararvi come si muoia meritamente d'inopia e di vilt‡,
sui pingui campi lasciati mutarsi in paludi; mentre che le rocce
dell'Apennino paiono per man dell'uomo, la terra promessa. Ma egli
tirÚ oltre senza pensare a questo; e per boschi selvaggi, continuÚ
la
sua via verso Savona; dove (tra il fermarsi a riposare, e a
rinfrescarsi, avendo fatto quasi notte) giunse colla sua guida,
all'ora in cui Tecla e Rocco erano comparsi a D..., a levar di pena
sua madre, come si Ë visto nel capitolo precedente.
Le vie della citt‡, anguste e tetre per l'altezza delle case, erano
affollate di gente; e alle cantonate turbe di donnicciuole e di
marinai cantavano le litanie, ginocchioni dinanzi a madonne
sorridenti
da belle nicchie, d'ardesia e di conchiglie di mille generazioni;
inghirlandate di fiori, con attorno le centinaia di lumicini. Le
botteghe dei mercanti, dalla pi˘ ricca dell'orafo, a quella dal
cenciaiolo, erano tutte chiuse; ma sovra le porte, avevano ognuna la
propria Madonnina, col beato Antonio Botta inginocchiato a' piedi;
uomo fortunato cui anticamente era apparita la Vergine, come i
Savonesi sapevano tutti. Le padrone delle botteghe, grasse e
sfolgoranti di vezzi d'oro agli orecchi, al collo, ai polsi, a
somiglianza di statue cariche di voti, cinguettavano dalle finestre
colle comari di faccia; preti, frati, monache d'ogni colore,
andavano
e venivano, inchinati dalla gente devota: in mezzo alla quale
Giuliano
ebbe molto a penare per farsi far largo, coll'aiuto del mulattiere,
che alfine lo fece scendere ad un'osteria, che dava sul porto. Di l‡
si vedeva un poggio, su cui sorgeva un edificio, che al sito ameno
ed
al campanile donde era sormontato si conosceva per un convento; ed
era
dei Capuccini, che appunto come a C.., festeggiavano la loro Madonna
degli Angeli anch'essi. La luminaria di lass˘, riverberata
dall'acqua
del mare sottoposto, dava all'altura un aspetto meraviglioso; e la
cittadinanza vogliosa di piacere ai frati, menava per le vie la
festa
che Giuliano aveva veduto arrivando.
Fosse la tristezza dell'animo, le memorie di casa sua, o il suono di
cento campane, che facevano parere la citt‡ tutta una basilica; egli
provÚ un senso di scontento, e quasi gli dolse d'essere arrivato. E
ancora si aggiunse che dall'osteria d'Alba, a quella lÏ dov'era, ci
correva di molto; perchË subito si sentÏ fra gente
nei
visi, nei detti, mostrava di non badare che a sË e
e
sino le voci gli rendevano un suono come di monete
contate
in fretta. CenÚ di mala voglia col mulattiere, che
propria
mensa; poi pagatolo largamente, s'andÚ a coricare.
che negli atti,
ai propri negozi;
che fossero
volle alla
All'alba del giorno appresso, egli era gi‡ in cammino, uscito dalla
citt‡ per la via che menava a Nizza; e potË, andando a piedi e a suo
agio, confortare la vista in quel teatro di spiagge e d'alture. L‡ i
borghi, a vederli di lontano, pajono navigli posati colle vele
sciolte
in attesa di vento; o greggi calati dall'Apennino per abbeverarsi, e
rimasti sul greppo spauriti dalle troppe acque. Non erano tutti
lieti
quei borghi; e passandovi, (alla vista che fanno le casette nane dei
pescatori, e certi fortini mezzi diroccati) il viaggiatore d‡ anche
adesso un'occhiata a questi, un'altra al mare; donde si direbbe che
stiano per scendere dalle loro barche, stuoli di Barbareschi, a far
scempio della povera gente. Ma quelli avevano a essere senza fallo i
luoghi piaciuti alla signora Maddalena, l'unica volta che era uscita
dalla terra di D... per cosÏ lontano paese; quelli i luoghi di cui
essa aveva parlato, pregando Giuliano di trovarvi una casetta, di
quelle, che tanto la erano rimaste nella memoria. Egli si mise
all'opera sin da quel giorno, sperando di dar del capo in una delle
palazzine, sulla quale si fosse posato il desiderio antico di sua
madre; e quasi giunge a credere che non avrebbe sbagliato, e che
essa
venendovi ad abitare, l'avrebbe a prima giunta riconosciuta.
GirÚ quel giorno e quattro ed otto appresso, dando due passi innanzi
ed uno indietro; e fece quella vita sinchË si fu innoltrato quasi a
Finale, senza aver concluso nulla, nË stretta dimestichezza con
alcuno; essendo gli abitanti di quelle marine gente cosÏ allevata
alle
proprie faccende, da parere coi forastieri la pi˘ disamorata che
fosse
al mondo. Delle case ne aveva visitate parecchie e bellissime, ma
ora
per una causa ora per un'altra, non gli erano parse da poter
accontentare la madre; e soltanto al decimo giorno, gira e torna, ne
trovÚ una, che stimÚ facesse benissimo al caso suo. Era una casetta
pitturata a liste scure e gialle, nascosta in una macchia d'olivi,
in
fondo ad un valloncello deserto, a bacÏo; alla quale si giungeva per
una viuzza torta, fuori mano, chiusa tra due macÏe mezze diroccate;
e
si vedeva chiaro, all'erba ond'era ingombra questa e ingombro il
piazzale dinanzi alla casetta, non visitata che assai di rado.
L'aveva
murata un fantasioso, mortovi dentro per passione paturniosa molti
anni prima; nË di l‡ in poi era pi˘ venuto in capo ad alcuno di
tornarvi a stare. E in verit‡ pareva pi˘ da rinchiudervi uno cui si
volesse far morire di malinconia; che luogo da menarvi una donna
bisognosa di svaghi e di allegrezze; ma al figlio della signora
Maddalena, le cose seguitegli i giorni addietro, avevano formato un
umore sÏ tetro; che egli trovÚ tutto di suo genio. E gli tardÚ
d'avere
seco la madre, cui gi‡ udiva fare le grandi lodi della casa, del
sito,
e del mare, del quale non si vedeva che un lembo traverso una gola
angusta; un lembo come di cosa vietata.
S'affrettÚ allora a chiedere del padrone di quel podere; e trovatolo
nel vicino borgo di N... s'accomodarono per il fitto. Due giorni
appresso la palazzina era arredata, Giuliano vi dormiva dentro la
prima notte, contento della profonda solitudine che vi si godeva: e
il
mattino alzatosi per tempo, scritta una lettera, uscÏ per trovare
uno
che la portasse a sua madre. Non ebbe bisogno di scostarsi molto dal
suo romitaggio, che trovÚ un ortolano o vignaiolo che fosse; uno di
quei liguri robusti che da una certa et‡ in su non ricevono pi˘
niuna
impronta degli anni; lavorano gai ed arzilli tutta la vita; e il
giorno in cui muoiono fanno stupire tutta la parrocchia, a udire
quanto hanno vissuto. Lo guardÚ un istante piantar la vanga, gli
piacque all'atto pronto e alla niuna cura, che si prese di lui; di
che
avvicinandosi gli disse:
´Quell'uomo, sapreste dirmi dove potrei trovare uno da mandarlo
alcune
ore lontano? Gli darei una bella moneta.
´Per una bella moneta son qua io?--rispose il vignaiolo rimanendo
con
un piË sul vangile.
´Sta bene!--disse Giuliano... E la via di D... di l‡ del giogo, in
Val
di Bormida, la sapete?
´Chi lingua ha, a Roma va...
´Eccovi un colonnato per beveraggio. Ma avete a partire subito, e
giunto a D... chiedere della signora Maddalena, che tutti vi
insegneranno dove sta di casa. Le darete questa lettera; e tornando
mi
cercherete a quella palazzina qui oltre...ª
L'ortolano prese la moneta e la lettera, chiese licenza di andare
sino
al suo tugurio, discosto di l‡ un trar di pietra: e Giuliano
lasciatolo con molte altre raccomandazioni, tornÚ alla palazzina.
Indi
a poco, di sulla porta, vide il suo messo con in capo la berretta
rossa, colle scarpe legate alla coreggia delle brache in sulle reni,
e
colla giacchetta in sulle spalle, inerpicarsi a piedi ignudi per gli
scorciatoi, dilungarsi e sparire: ma non vide la donna di costui
appena ch'ei fu partito, andare al borgo a vuotare il gozzo. E sin
da
quel giorno le femminette di N... cominciarono a mandare attorno le
novelle sul conto del giovano forastiero, che avea tolto a pigione
la
casa del malaugurio; e chi lo diceva un uomo fastidito del mondo;
chi
un peccatore confinato l‡ a far penitenza; chi un soggetto da
badarsene come dalla peste. Egli intanto, volendo ingannare il tempo
finchË il messo tornasse, disegnÚ di fare una gita di l‡ dal Finale
a
vedervi i Francesi: i quali stavano a campo da quelle parti, e su
pei
monti avevano le guardie fino alla vetta del Settepani.
CamminÚ parecchie ore sulla riva del mare, e s'abbattË alfine, quasi
stanco, in un posto di cavalieri, male in arnese, d'aspetto
squallido
e misero, ma di sembiante magnanimo, come a vincitori si conveniva.
Tali li descrive il Botta, perchË pativano di grandi penurie: ma i
loro portamenti avevano quasi cancellate le brutte memorie, lasciate
due anni prima per l'eccidio d'Oneglia; di che i popoli di quelle
marine, cominciavano a mostrarsi con essi meno selvatichi, sebbene
li
reputassero sempre nemici. Piacque a Giuliano la vista di quei
soldati
sciolti, operosi, niente burberi; dissimili tanto dagli Alemanni,
che
camminavano come gente curva sotto un gran peso. E negli anni che
era
stato a Torino, avendo imparato un po' della lingua Francese,
appiccÚ
discorso con un giovane uffiziale, che badava ad un drappello di
lancieri intenti a governare i cavalli; mentre alcuni fanti
cuocevano
il mangiare, o ruzzavano coi monelli della terra vicina; ai quali
insegnavano giuochi e forze e tratti d'armi, con un'amorevolezza
quasi
infantile. Quell'uffiziale aveva veduto la presa della Bastiglia, il
turbine popolare rovesciatosi sulla reggia, re Luigi prigioniero e
poscia morto; e tra l'uno e l'altro di questi fatti aveva combattuto
sul Reno, in Vandea, sull'Alpi; adesso innamorato del cielo
d'Italia,
pareva lietissimo di poter barattare qualche parola con un giovane
italiano, che parlava la lingua della rivoluzione.
Giuliano tornÚ da quella gita collo scompiglio nel cuore. Oh! quelle
assise, quelle lance conficcate nelle arene, quelle lunghe spade!
Averne a fianco una, e una lancia nel pugno, e un cavallo tra le
ginocchia; e in ischiera con quei valorosi, accozzarsi quando che
fosse coi soldati Alemanni, di l‡ dei monti, forse nei proprii
campi!
E tra i nemici intoppare forse colui... no! questo pensiero non gli
si
formava intero nella mente, e si mutava nell'immagine di Bianca che
guizzando come lampo che illumina e passa, gli lasciava negli occhi
scolpito, vivo, il viso di Tecla! L'indomani tornÚ al campo, rivide
l'uffiziale Francese, che pareva essere stato l‡ ad aspettarlo per
fargli accoglienza, e con esso conobbe parecchi altri di quella
nazione. Gagliardi erano, d'onesta baldanza, e di maniere pronte e
cosÏ cortesi, che a parlare con essi uno si credeva cresciuto di
qualche spanna. Ed egli, di primo acchito, piacque tanto alla
compagnia, che lo vollero trattenere tutto il giorno: nË lo
lasciarono
senza la promessa che sarebbe tornato, nË senza averlo menato su
d'un
poggio, donde gli additarono i campi di loro gente, distesi lontano
per quella fuga di grotte, di greppi, di promontori; i primi scuri,
gli altri azzurri, gli ultimi vaporosi, nelle lontananze che
formavano
col mare una bellissima scena. Egli poi, come potË, tornÚ col
visibilio del giorno innanzi, cresciutoli in capo di tre doppi: e
giunse alla sua casetta che era vicina la notte. Si sentiva
rimordere
d'essersi tanto indugiato, mentre l‡ vi era forse il messo colla
risposta di sua madre ad aspettarlo; ed in fatti il brav'uomo,
rivenuto da D... parecchie ore prima, giaceva sull'erba del
piazzale,
non sapendo neanch'egli che si pensare.
Appena costui ebbe visto il signorino, spuntare da una svolta della
via; si levÚ in piedi e si frugÚ sotto i panni sclamando:
´Per questa volta Ë fatta; ma laggi˘ non tornerei per tutto l'olio
che
butteranno questi oliveti! O che dalle sue parti, a un povero
diavolo
che va per la sua via, perchË porta una berretta rossa in capo gli
danno dietro coi sassi gridando, al genovese? E non siamo tutti
cristiani?...ª
Mentre l'omicciattolo diceva, Giuliano affrettato il passo arrivava,
e
pigliando il foglio dalle mani di lui, senza badare a quei discorsi
chiedeva:
´Dunque che mi manda a dire?
´Ecco,--rispondeva l'ortolano, componendosi come uno che deve badare
a
non essere colto bugiardo:--sua madre dice che non potr‡ venire in
qua
prima di quest'altra settimana, perchË vuole lasciare le cose di
laggi˘ avviate in modo, da poter poi star qui quanto le piacer‡,
senza
pensieri della casa nË della campagna. Essa prega vostra signoria a
starsi tranquilla, e a non farsi venire in mente d'andare l‡,
perchË... perchË..., il perchË non me lo disse, ma ne deve parlare
codesta lettera, che mi ha molto raccomandata, coi saluti d'una
vecchia e d'una giovinetta che aveva seco....ª
Giuliano aveva fissato il messo tra ciglio e ciglio, tutto il tempo
che costui aveva parlato; e allora aperse con gran furia la lettera,
sperando di trovarvi chi sa che cosa. Ma non vi erano scritti che
pochi versi. I caratteri erano della signora Maddalena, ed
apparivano
rotti, intricati, sto per dire arruffati, come di mano che avesse
scritto tremando e a disagio. Dicevano come la casa fosse stata
cercata dagli Alemanni per ogni verso, proprio la notte della
partenza
di lui, e come molte pattuglie erano state mosse a cercarlo per la
campagna: che non tornasse, non tornasse per l'amor di Dio, se non
voleva vedere sua madre morir di dolore.
Finito di leggere Giuliano tornÚ guardare in viso il messo, e colla
voce tronca dal batticuore: ´ditemi il vero--sclamÚ:--ditemelo, se
no
mal per voi...; mia madre Ë ammalata..., l'avete veduta?
´Malata no, che io non tocchi altra carne battezzata in mia vita!ª E
cosÏ rispondendo il pover'uomo metteva peritoso la mano sul braccio
del giovane, e trangugiava qualcosa, come avesse avuto in gola il
nodo
d'una bugia.
´Dio voglia... ma voi non rispondete franco!--soggiunse Giuliano
annuvolato molto.
´Gli Ë che lei mi... pare un giovane fiero... e poi non ho pi˘
mangiato da D...
´Vedremo!ª sussurrÚ il giovane, e porse due colonnati al messo, che
se
li lasciÚ porre in mano, senza mostrare d'essere contento, come
anch'oggi usa dalle sue parti, dove i manciaioli non sono mai paghi,
nË ringraziano mai di nulla. Tuttavia profferÏ i suoi servigi per
ogni
caso, e accommiatatosi se n'andÚ accarezzando fra il pollice e
l'indice le belle monete che aveva in tasca.
Rimasto solo, Giuliano rilesse due o tre volte la lettera di sua
madre; e sebbene gli si destasse in mente una guerra di dubbi
fortissima, a poco a poco si quetÚ nella promessa, che di l‡ ad una
settimana sarebbe venuta. CosÏ gli aveva detto il messo, ed egli
quasi
per sincerarsi della verit‡, volÚ col pensiero a sedersi vicino a
lei.
Se la immaginÚ in tutte le guise, sana, inferma, malinconica, lieta;
parlÚ con essa e con Marta di mille cose, e la presenza di quella
giovinetta che l'ortolano aveva menzionata, e che di certo era
Tecla,
finÏ di metterlo in pace. PerchË gli parve che se qualcosa di guasto
fosse stato laggi˘, Tecla non era cuore da tenerglielo celato; e
gliene avrebbe mandato a dire per via dell'ortolano stesso, o
spacciando il proprio padre. Con questi pensieri gli veniva soave
nella fantasia la vista di sË stesso e della famiglia in tempo non
lontano; in cui quella fanciulla teneva luogo di sposa a lui e di
figlia alla signora Maddalena: una visione su per gi˘ come quella
avuta a D... il dÏ che sua madre era andata a chiedere per lui la
mano
di Bianca. Vedeva Marta affaccendata correre di qua e di l‡ per la
casa, col viso lieto mostrato in quel giorno, poichË egli le aveva
detto che stava per isposarsi: e sua madre gli pareva contentissima
di
Tecla, tirata su da lui, e gi‡ colta e gentile come donna allevata
nel
miglior casato, che si potesse pensare. Soffermatosi a lungo in
queste
immaginazioni sorrideva come chi accarezza un disegno; e tornava a
pensare alla degna opera che sarebbe stata quella di menare per
donna
una contadina; alla dolcezza di istruirla, di educarla, di vederla
crescere come fiore selvatico trapiantato in un orto a prosperare;
si
compiaceva a figurarsi le dicerie del volgo, le maraviglie dei suoi
pari, e fin la stizza di don Apollinare; al quale un matrimonio di
quella fatta, sarebbe parso di certo una nuova scelleratezza,
foggiata
su qualche modello venuto di Francia.
DurÚ questa sorta di visione tutto il tempo che egli stette a
coricarsi, e fu lunga ed anco lieta; se nonchË ogni tratto, senza
volerlo, rompeva in un sospiro, e gli usciva sclamato: ´povera madre
mia!ª come se vi fosse stato qualcosa in lui, che dalle illusioni
non
potesse essere sviato. E non Ë a dire se egli penÚ a pigliare il
sonno; e se il dimani fosse uscito a farsi vedere nel borgo, anco i
bimbi avrebbero indovinato che egli non era felice. Ma alzatosi
tardi,
non mosse se non per andare sino al tugurio dell'ortolano, cui mandÚ
pel cibo; poi rimase chiuso in casa, colle proprie malinconie, ad
aspettare che quella settimana benedetta volesse passare.
Pel borgo poi tornarono a correre le dicerie, sui fatti del giovane
abitatore della villetta maluriosa: e si disse che egli era d'un
ricco
casato di l‡ dal giogo, medico novizio, e che la sua signora madre,
donna di gran conto, non istava bene della salute. Ma di questa
voce,
Giuliano non seppe nulla; come non aveva saputo delle chiacchiere
gi‡
mosse attorno sull'essere suo.
Quando fu finita la settimana, tanto gli si allargÚ il cuore, che
gli
parve d'essere uscito di sepoltura. Tutte le cime dei monti,
sovrastanti alla villetta, egli le salÏ per iscoprire le vie, se
qualche comitiva si vedesse venire; almanaccÚ, girÚ, sperÚ fino a
sera; vegliÚ tutta la notte; corse ad ogni rumore, che sorgesse di
fuori o nella sua fantasia; ma non fu nulla. Allora egli buttÚ da
parte l'obbedienza dovuta ai voleri della madre, e pensÚ di porsi in
cammino per lungo giro di montagne; facendo conto di poter capitare
a
casa di notte, a vedere quell'indugio che fosse. Era in sul partire,
quando per un procaccio di quelle parti, gli venne un'altra lettera,
spedita da parecchi giorni, e passata per molte mani, come appariva
al
modo in cui era gualcita. Scritta in nome della signora Maddalena da
persona poco esperta, non recava di lei altri segni che il nome a
piË
della scrittura, nella quale lo si confortava di nuovo a stare di
buon
animo, nË a darsi pensiero di quello che avveniva a casa sua.
PerchË,
diceva la signora, non le pareva di potersi muovere, se la caldura
della stagione non avesse dato gi˘ un poco; onde il viaggio non
avesse
a tornare molesto a Marta, caduta di quei giorni ammalata, perÚ non
da
impensierirne. Quanto a sË, aggiungeva di star bene, e che si
svagava
ogni giorno, continuando a insegnare a Tecla un po' di leggere e
scrivere, con quel frutto che egli avrebbe visto dalla lettera,
vergata dalla fanciulla. Aspettasse in pace, e sovratutto badasse a
non porsi allo sbaraglio di tornare, che, guai a tutti; aspettasse,
ed
essa e Marta sarebbero giunte, facendosi precedere da Rocco e da un
po' di roba: non dubitasse, cercasse svagarsi, insomma stesse
dov'era.
´Pazienza!--sclamÚ Giuliano, fermandosi coll'occhio a lungo su
quella
scrittura:--aspetterÚ... aspetterÚ sin che sarÚ stanco!ª Ma allora
la
sua tristezza si accrebbe; solitudine, noie, disegni fatti e
disfatti
lÏ per lÏ; furono la sua vita; e quella esclamazione: ´povera madre
mia!ª gli uscÏ pi˘ frequente a qualunque cosa ei pensasse.
Procacciatisi alcuni libri leggeva, meditava, scriveva, per sollievo
dell'animo: e spesso era veduto dai terrazzani, intenti ai vigneti
ed
agli orti, arrocciarsi pei greppi men destri; discendere al mare,
tuffarsi, durar sommerso tanto, che taluno stimando che petto d'uomo
non potesse quello sforzo, accorreva per aiutarlo; ma egli tornava a
galla un istante, poi si rituffava; quasi in tale sorta di gioco
studiasse di qual cosa fosse fatta la morte, di spasimo o di
piacere.
Per questi suoi portamenti, gi‡ quei della terra lo chiamavano
pazzo,
pur avendolo in grande rispetto, perchË lo sapevano medico; e poteva
loro accadere di aver bisogno dell'opera di quel signor magnifico;
come di quelle parti usano anche adesso salutare i medici dei loro
villaggi.
L'ortolano, che a poco a poco era entrato con lui in qualche
dimestichezza, e lo serviva di quel che gli bisognava dal borgo; un
giorno che Giuliano aveva la noia sino alla gola, gli recÚ la novit‡
di certe voci che correvano, secondo le quali, a Torino, molti
giovani
carcerati poco tempo innanzi, erano stati messi a morte per mano del
carnefice. Il pover'uomo aveva inteso la cosa nella spezieria del
borgo, dove il parroco e i signori ne avevano parlato con diverso
giudizio; ma egli che a quello del parroco si accostava pi˘
volentieri, diceva che quei giovani, essendo stati appiccati alle
forche, dovevano aver vissuto da cattivi soggetti. Giuliano a quella
novella si sentÏ schiantare il cuore. Coloro cui quella trista sorte
era toccata, egli sapeva chi erano; e dal raccapriccio non gli stava
il cappello in capo. Non istette a correggere l'opinione
dell'omicciattolo, che tanto sarebbe valso come dire al muro; ma
quel
giorno decise di tornare al campo Francese, dove qualcosa avrebbe
potuto sapere di pi˘ certo. E siccome la venuta di sua madre non gli
pareva che dovesse accadere sÏ presto; chiuse la villetta, diede le
chiavi all'ortolano, rimase d'accordo, che se qualcuno fosse
capitato
a cercarlo, egli corresse subito al campo dei Francesi, che in
qualche
modo l'avrebbe trovato; poi per la via pi˘ corta s'incamminÚ verso
Loano.
Era il settembre gi‡ molto innanzi, e di Francia giungevano ai campi
della Liguria nuove armi, e nuovi armati. Di su di gi˘ per quei
borghi, era un moto confuso, un andare e tornare di messi, un
ridestarsi come di gente che riposatasi un tratto, stesse per
mettersi
ad altre imprese. E i soldati della Repubblica cominciando a fiutare
imminenti battaglie; cantavano a cori quella Marsigliese
maravigliosa,
che nelle guerre d'allora, dovË toccare profondamente i cuori, tanto
di chi voleva la libert‡, quanto di chi la contrastava con egual
furia. Giuliano non aveva udito mai nulla di pi˘ alto; e in quei
canti, gli pareva suonassero insieme le note dell'organo che
l'avevano
fatto piangere bambino; la voce di don Marco quando traduceva alla
scolaresca il _coeli enarrant_, cogli occhi levati e gonfi di
lagrime
e di desÏo; il grido di tutte la generazioni passate nella sventura,
udito da lui nello studio della storia; e la bufera, e il sereno, e
l'odio, e l'amore, tutto vi trovava ascoltando da lungi: mentre il
mare col suo flottare a tratti, parea rispondere a ciascuna pausa
dell'inno una voce, voce dell'infinito che dicesse: ´Ë vero!ª Allora
provava una smania di correre, e il primo generale Francese che gli
venisse fatto d'incontrare, pregarlo d'un'arme, d'un'assisa, d'un
posto in quelle schiere: senonchË l'immagine della madre gli si
mostrava in quei furori generosi; mesta, timorosa, cogli occhi
bassi,
come un'amante offesa, e gli sussurrava dolcemente: ´tu in battaglia
potresti sfogarti e morire; ma io a saperti armato per queste nostre
contrade come un nemico, io che farei?ª Subito egli sentiva dar gi˘
l'animo, e sclamava: ´ahimË! fummo pur allevati dappoco; ed ecco
perchË un prete come don Apollinare, ha potuto mettermi in fuga,
soltanto coll'aggrottare le ciglia!ª Non aveva mai osato dire cose
di
questa sorta, che potevano anche toccare la madre sua; e forse si
sarebbe pentito di averle dette, ma non ebbe il tempo da farlo,
perchË
appunto allora arrivava in mezzo ai Francesi. Chiesto degli
uffiziali
che l'avevano trattenuto l'altre volte, fu menato a trovarli: e le
belle accoglienze furono molte, ma le maraviglie perchË egli non
s'era
fatto vivo da tanto tempo, furono anche pi˘. Egli si scusÚ come potË
meglio; e quegli uffiziali, che come i soldati usano verso chi va
loro
a genio, gli si erano legati di sentimento, lo vollero a mensa con
loro, sebbene ei si schermisse. Nei parlari amichevoli di quella
brigata, venne a conoscere la verit‡ sul fatto dei giovani messi a
morte in Torino; e le gazzette che capitavano di Francia a quei
campi,
n'erano piene. Giuliano lesse i nomi degli sventurati, e alcuni
erano
di amici, altri d'uomini noti per odio ai governi d'allora, per
amore
alle cose nuove. Il suo cuore pianse; arrossÏ d'essere scampato alla
loro sorte; ripensÚ con rammarico al beneficio che la marchesa di
G...
aveva voluto fargli, traendolo con pietoso inganno a partir da
Torino;
e pi˘ di tutto si sentÏ umiliato all'idea che forse quei generosi
morti, avevano dubitato di lui, della sua fede, o del suo coraggio,
nel momento in cui la corda del carnefice gli aveva strozzati. Da
quel
punto si fece in lui un gran mutamento; disse ai Francesi che se il
loro generale l'avesse concesso, esso si sarebbe scritto soldato con
loro; e che pregava qualcuno a volergli procacciare quella licenza.
Non uno, ma due, ma sei di quei giovani, si profferirono pronti a
scriverlo: con certezza repubblicana, promettendo che l'indimani il
generale l'avrebbe accolto.
E l'indomani fece presto a venire, perchË mutatasi la cena in
festino
per onorare l'ospite, la notte se ne andÚ, che non parve manco fosse
venuta. Ma non se n'era andato con essa il proposito di Giuliano, il
quale al primo che s'intoppÚ tra quegli uffiziali che glielo avevano
promesso, chiese d'essere condotto dal generale. Era questi il
vecchio
Dumorbion, che aveva il quartiere in un convento di frati, rimasto
vuoto sin dal primo apparire dei Francesi, la primavera innanzi.
All'ora in cui Giuliano arrivava da lui, n'uscivano tutti i
colonnelli
e i generali dell'esercito repubblicano. L'uffiziale che
l'accompagnava lo trattenne sul piazzale della chiesa a vederli
passare, e glie ne diceva, cosÏ di volo, i nomi e le gesta. Quello
era
il Laharpe, svizzero di nazione, giovanissimo come si vedeva
all'aspetto, prode, sapiente e giusto; quell'altro Massena, a udir
l'uffiziale, venuto su da piffero in un reggimento, a quell'altezza
di
onori e di fama. Cervoni ed Arena gli tenevano dietro parlando tra
loro; quei due che ai panni si conoscevano per gente non di spada,
erano Albit e Salicetti rappresentanti del popolo; e via via. Ne
nominÚ molti, dolente di non potergli additare quello che era il pi˘
illustre di tutti. ´Ma lo troveremo forse dal generaleª: disse
l'uffiziale, e pigliato Giuliano a bracetto lo mise dentro al
convento. Questi si lasciava fare come un fanciullo; perchË a vedere
quei personaggi gli pareva di non aver mai vissuto. Essi non avevano
aspettato d'avere le rughe sul viso per essere uomini; e gi‡, poco
meno giovani di lui, empievano l'Europa dei loro nomi!
Entrati dal generale Dumorbion, lo trovarono che stava ritto dinanzi
ad un ampio tavolo, sul quale un colonnello d'artiglieria, gli
segnava
col dito teso certe sue diavolerie, scritte su d'una carta
geografica
o itineraria che fosse. Era costui quel personaggio, che l'uffiziale
aveva sperato di vedere l‡ dentro: giovane, a giudicarlo, di forse
ventiquattro anni, magro, malazzato, che non pareva vivere che cogli
occhi, ma di volto bellissimo e maestoso. Egli non levÚ gli occhi
dalla carta, e parve attendere ad un tempo a questa, ai due
sopravenuti e a Dumorbion; il quale cominciando senza cerimonia,
chiese all'uffiziale chi fosse il giovinotto che aveva seco.
´Generale--rispose Giuliano in lingua francese, senza dar tempo al
compagno di parlare per lui:--io sono il tale dei tali, medico di
D.... in Val di Bormida, e vengo....
´Val di Bormida?--interruppe Dumorbion, che appunto allora aveva
levati gli occhi di sulla carta, su cui era segnata quella
vallata:--e
che cosa si fa laggi˘?
´Laggi˘?--rispose Giuliano--il popolo soffre, i ricchi godono, gli
Alemanni spadroneggiano....
´O perchË non gli avete scacciati a quest'ora?--sclamÚ il
generale:--vedete la Francia? L'anno passato ebbe addosso gli
eserciti
di mezzo il mondo, che venivano da tutte le parti come lupi
affamati!
Ed ora dove sono? Ingrassano i nostri campi, o sono tornati alle
loro
case, a dire che in Francia non ci si entra per Dio, o vi si
lasciano
l'ossa!
´Generale, da noi non si hanno armi; e quand'anche se ne avesse, i
preti che possono tanto sul nostro popolo, non lo menerebbero di
certo
a combattere contro gli Alemanni!
´Lo so! Lo menerebbero piuttosto contro i Francesi, a dar di volta
solo a vederli ballare la carmagnola, come hanno fatto in maggio
costass˘, dalle parti di Garessio.
´Spero generale, che per questo voi non vorrete avere i miei
compaesani in conto di vili!--disse Giuliano con calma mirabile e
con
gran sicurezza:--e voi sapendo la storia, m'insegnate che essi sono
i
discendenti di quei Liguri, che i Romani vincitori da pertutto, non
hanno mai potuto domare per bene!
´Lo sappiamo!--entrÚ a dire il colonnello, parlando la lingua
italiana, con accento italiano, e levando allora soltanto il capo
dalla carta, su cui era venuto studiando tutt'occhi con Dumorbion:-ma
se invece di declamare le pagine vecchie della vostra storia, voi
italiani badaste a farne scrivere di nuove e gloriose, meglio per
voi,
per noi, per tutti!....--E qui mutando il linguaggio in francese, e
voltandosi al vecchio Dumorbion, proseguiva:--Cittadino generale,
questo giovane viene a parlarvi in nome de' suoi compatrioti....?
´No--rispose Giuliano, non aspettando d'essere interrogato, e
parendogli d'aver trovato a dar di cozzo in un uomo a modo suo:--io
vengo da per me, a chiedere uno schioppo....!
´La repubblica francese--disse il generale--porta ai popoli libert‡
e
pace, e ve lo dar‡.
´Ma se ho bene inteso,--tornava a dire il colonnello--questo giovane
Ë
medico: cittadino generale, non lo potremmo adoperare pi˘ utilmente
colla sua professione?ª
E Dumorbion a Giuliano, facendo suo questo pensiero: ´benissimo!
Giovinotto un posto di chirurgo vi garberebbe?
´In quanto a me,--rispose Giuliano--quello in cui vi sembrerÚ pi˘
utile, ed io lo farÚ.
´Sta bene! Voi sarete scritto tra i nostri chirurghi, e darÚ ordine
che vi si provegga di un foglio di libero passo, in mezzo a noi.
Cittadino capitano, fategli gli onori del nostro campo; domani potr‡
girare da sË. Andate pure.ª
CosÏ Dumorbion all'uffiziale che aveva accompagnato Giuliano. Il
quale
non era peranco uscito del tutto da quella stanza, che fattosi ai
panni del compagno, disse colla voce tronca dall'ansia: ´E chi Ë
colui
che mi ha parlato cosÏ bene la mia lingua?
´Quello--rispose l'uffiziale--Ë il CÙrso che ha fatto cadere Tolone.
Qui dove Dumorbion comanda su tutti, egli, non pare, ma comanda su
Dumorbion.
´E come si chiama?
´Si chiama Bonaparte....
´Bonaparte!--mormorÚ Giuliano;--mi piace anche il nome.ª
E da quel giorno non si tolse pi˘ da quei luoghi. Oggi dall'uno,
domani dall'altro, in poco tempo fu conosciuto ed amato da tutti gli
uomini di spada e di lancetta di qualche conto: e lieto come allora
non si sentiva d'esserlo stato mai. Gli pareva d'aver vissuto sino a
quel punto da ottuagenario, e di essersi rinvigorito ad un tratto: e
tirava innanzi, tastando il polso ai repubblicani ammalati, e
passando
mattana coi sani; finchË si cominciÚ ad avvertire quel moto d'uomini
e
di cose, quello sfogo di struggere, quella smania di nulla lasciare
addietro, che precede le mosse d'un esercito, vicino a volersene
andare. Allora gli entrÚ un'angoscia nuova, quella di vedere forse
sua
madre capitare a mezza via, nell'accozzarsi dei Francesi cogli
Alemanni; dove mai la sventura che pareva essersi allogata in casa
sua, l'avesse fatta movere appunto in quei momenti. La coscienza
sorse
ad accusarlo, l'amore a spingerlo, l'onore a rattenerlo; ed egli non
sapeva pi˘ dove dar del capo, per avere un consiglio in quelle sue
tribolazioni.
Un di quei giorni, andando solo a gironi per gli accampamenti, da
una
voce non nuova, ma che pareva d'uomo, non certo d'azzeccarla, udÏ
chiamare: ´Signor Giuliano!ª Egli si volse, e si vide guardato da un
acquavitaio, che l‡ vicino, colle maniche rimboccate fin sopra il
gomito, cinto i fianchi di un grembiale di tela azzurrognola,
mesceva
a destra e a manca la sua zozza ai soldati, che gli affollavano il
negozio.
´Mattia!--sclamÚ Giuliano rallegrandosi come avesse veduto uno del
proprio sangue: e facendosi oltre verso il banco dell'acquavitaio,
il
quale si ripuliva le mani nel lembo del grembiale, per stringere la
destra che gli veniva sporta, soggiunse: ´Come qui?
´Eh!--rispondeva l'altro--il mondo gira a tondo, e di qua e di l‡,
una
volta ci si ritrova!--E preso la mano del giovane con quella sua,
nocchiosa come una mazza da portare in battaglia, rinnovÚ con lui le
accoglienze due o tre volte.
I monti stanno, gli uomini vanno; e costui era proprio Mattia,
grasso,
fresco che a petto di quello d'alcuni mesi addietro, pareva un sole
di
maggio. Egli in quella notte terribile, della primavera antecedente,
aveva dato del ceffo nella fossa, e in mano degli Alemanni e in mano
dei Francesi; ma questi ultimi, o fosse compassione, o l'avessero
stimato tutt'altro che spia; passati i primi furori se l'erano
tenuto
caro, forse per giovarsi quando che fosse della pratica che egli
aveva
di l‡ dai gioghi, nelle loro imprese future. Pur non perdendolo
d'occhio mai, l'avevano lasciato sciolto pei campi; ed egli da uomo
che sapeva navigare a tutti i venti, aveva fiutato quello della
buona
fortuna. E trovato che soffiava dalla parte dei Francesi, non si
sarebbe pi˘ allontanato da loro, manco a esserne cacciato a nerbate.
´Servi e non badare a chiª, aveva detto fra sË: e con quel po' di
doppie scroccate al suo paesano, nella notte che per poco non gli
era
costata la vita; accozzato quel suo negozietto, all'ora in cui
Giuliano s'intoppÚ in lui, era con un avviamento da farsi ricco.
Egli
non diede tempo al giovane d'insospettire, ma gli narrÚ alla lesta i
casi che l'avevano condotto a quella vita, e gli mostrÚ un gruzzolo
di
luigi d'oro guadagnati con sudore e giustamente. ParlÚ d'un suo
disegno di comperarsi con quelli un poderetto, non volendo pi˘
battersi il petto a quel mestiere di campanaro e di seppellitore: e
qui per non so quali accoppiamenti d'idee, rammentandosi del
pievano,
chiese sorridendo:
´E don Apollinare, che cosa dice di me?
´Non so--rispose Giuliano--io a D.... vi passai alla sfuggita; e poi
tra me e lui, lo sapete, non si era troppo d'accordo.
´Se lo so! Ma io, vede, il torto l'ho sempre dato a lui. Sicuro che
non l'andava a dire in piazza: ma so che cosa vale il pievano, e
quanto pesano quei di D...... uno per uno..... Oh! se i tempi si
mutano! Se questi signori Francesi san fare davvero quello che
dicono!
Allora sÏ che ci torno laggi˘, e vedranno Mattia.....
´Appunto, vorreste farmi un servizio?
´Tengo la vita per lei, io.....
´Ebbene, voi dovete andare infino a D.... senza aspettare nË
Francesi
nË altro....
´E il negozio qui, chi me lo tira innanzi?
´In due giorni potete andare e tornare....
´Gesummaria, tornare! Allora sÏ che me le pianterebbero sei palle in
petto!
´Oppure potete rimanere l‡. L'importante si Ë che andiate da mia
madre
a dirle, che quella sua idea di venire a stare da queste parti la
smetta, perchË la guerra rincomincia, e potrebbe trovarvisi in
mezzo.
Pensi a stare di buon animo e tranquilla sul conto mio; ditele che
tornerÚ in tempi migliori e vicini; ma badate a non dirle che io
sono
qui al campo dei Francesi.
´Ma, e se io do un calcio alla baracca, e parto fin da questa sera?
´Il denaro paga, e il poderetto a D.... lo troveremo vicino ai miei.
´Lasci fare a me.... se domani non mi vedr‡ pi˘ qui a vendere
acquavite, s'immagini che io sono a D....
´E dite ancora a mia madre che le raccomando Tecla....
´Tecla.... ah....! sta bene.
´E che se le occorre qualcosa, spacci Rocco. A questo poi in ogni
caso
insegnerete come avr‡ a trovarmi...... Siamo d'accordo?
´D'accordissimo...! stanotte parto; ma per carit‡.... zitto!...
´Buon'andata, Mattia, e non dubitate.
´E lei si tenga riguardato dalle disgrazie, e a rivederlo a D.....ª
Con questo si lasciarono; Giuliano per andarsene in riva al mare,
col
cuore alleggerito e tranquillo come la faccia delle acque che si
stendevano azzurre al sorriso del firmamento: Mattia per tornare al
banco, che non aveva mai perso d'occhio. L‡ affaccendandosi a
servire
la folla dei soldati, pensava quanta ragione aveva don Apollinare,
il
quale da tanti anni dava di Giacobino al figliuolo della signora
Maddalena; e faceva i suoi conti sul modo di sgabellarsi della sua
merce, senza dar nell'occhio, e su quello di partire, non visto, da
quei luoghi per servire Giuliano. Del quale aveva capito il latino,
quando aveva detto che il podere l'avrebbero trovato a D..... vicino
a' suoi. Intanto veniva la notte chetamente, come suole in sul cader
della state; la notte che sola poteva aiutarlo a compiere
destramente
i fatti disegni.
CAPITOLO XVIII.
Quel gran pregare Giuliano di starsi lungi da D..., fatto dalla
signora Maddalena, nelle due lettere che gli aveva mandate; non
veniva
soltanto dai pericoli che gli potevano incontrare per via degli
Alemanni, sempre occhiuti a cercarlo; ma ancora da cosa, che essa
non
gli avrebbe menzionata per nulla al mondo.
Poteva essere una settimana che egli era partito, e gli Alemanni che
accampavano a C..., venuti gli aiuti grossi di Lombardia, erano
stati
tirati indietro alla retroguardia; perchË avevano avuto sulle
braccia
tutti i travagli di guerra dei mesi innanzi. E la meglio parte
alloggiavano in D..., dove lo sposo di Bianca aveva menata questa
sua
dolcezza; alla quale i giorni passati nella casa paterna, dopo le
nozze, erano parsi mille anni; e i commiati presi da quelle due
piagnucolone della zia e di Margherita, una noia da finirsi alla
lesta, per non arrossirne. Tanto era stato il suo desiderio di
allontanarsi, che non aveva manco pensato che D... era la patria di
Giuliano; e giunta in quel luogo, s'era messa a tutt'agio, in casa
ad
una delle famiglie pi˘ riputate del castello. Riverita, ossequiata,
invidiata, credeva ogni giorno di salire pi˘ in alto: e il signor
Fedele che veniva a visitarla sovente, si mostrava rispettoso verso
di
lei, da non parere pi˘ suo padre. Lo sposo si serbava beato come il
primo dÏ delle nozze; ma a poco a poco, le usanze del vivere
diverso,
e quel non avere un linguaggio da poter barattare gli affetti e i
pensieri chiaramente nella dimestichezza coniugale, nocquero a
Bianca;
e i silenzi dolcissimi ed eloquenti da fidanzati; da marito e moglie
cominciarono a parerle freddezze. S'aggiungeva che egli, per sue
bisogne di soldato, era costretto a star fuori molte ore della
giornata; e Bianca rimanendo sola, s'infastidiva di quella sorta di
libert‡; s'annoiava talvolta, talvolta piangeva, e pigliava un amaro
diletto ad accusare il marito di quelle assenze, che per lui erano
doveri compiuti tra due amori; quello della donna sua, e quello
della
sua spada onorata. Essa allora pensava alle tante promesse avute da
lui prima del matrimonio; e rompeva sovente in querele, chiamava lo
sposo mancator di parola, persino disegnando di fuggire a C... per
fargli dispetto. Tuttavia quelle sue collere, quei suoi disegni
finivano in nulla; ed il marito non s'era ancora accorto del
mutamento
cominciato a farsi nel suo umore.
Una sera, che quel mutamento era gi‡ innanzi, essa sedeva al balcone
ricreando la vista nelle montagne azzurre dell'orizzonte, le quali a
vederle dal castello di D... parevano lÏ per dileguarsi nell'aria.
Al
venticello che veniva soave su dalla valle, quel torrente che si
vedeva immiserito nel suo letto arido e biancheggiante; quei
pioppeti
delle rive, e i campi, e le case dei due vichi giacenti al basso; a
poco a poco pigliarono agli occhi suoi un aspetto cosÏ domestico,
che
sembravano volerle dire qualcosa: e come avessero vaghezza di
tentarla, le rammentavano un viso d'uomo, che essa sapeva qual
fosse.
Si schermiva alla meglio contro i pensieri che l'assalivano; ma
questi
come i malanni, uno sull'altro nascevano nella sua mente; ed essa
dopo
molto lottare, si lasciÚ alfine occupare dai ricordi del suo primo
amore. In quella era entrata la fante della casa per qualche
servigio:
e da donna fatta alla buona, aveva chiesto a Bianca come le piacesse
il paese.
´Molto!--rispose Bianca, e quasi senza badare alle parole che le
cascavano dalle labbra, domandÚ a colei--la casa di quella che voi
chiamate la signora Maddalena, dov'Ë?
´Costaggi˘,--s'affrettÚ a rispondere la fante, additando il vico
sulla
riva sinistra del torrente--costaggi˘, quella bellina e pi˘ alta
delle
altre, che ha quei comignoli murati con garbo, e quell'arco che
mette
su un piazzale. Il bello Ë vederla dentro! sale, arredi, specchi, Ë
una ricchezza!ª
Bianca non aggiunse parole, non ringraziÚ colei neppure cogli occhi,
nË le pose mente quando se n'andÚ: ma guardando verso quella casa,
sentÏ nel cuore qualcosa che si ridestava come da un lungo
assopimento, e sciolse del tutto il freno alla memoria e alla
fantasia. Rammentando quel che era stata, e immaginando quel che
avrebbe potuto essere; le pareva di vedere una donna bellissima
uscire
di quella casa, venire nel borgo a braccetto di quello scuolare di
don
Marco, che aveva chiesto lei in isposa: e tutti coloro che
passeggiavano sul ponte a godere il fresco, sembravano lieti di
poter
salutare la coppia avventurata, che essa coll'immaginazione
accompagnava attorno, e riconduceva in quella casa, della cui vista
non si saziava. Che amore, che pace, dovevano avere quei due sposi,
sotto la tutela dolcissima della signora che viveva l‡ dentro, e
ch'essa aveva conosciuta a C... in tempi sÏ poco lontani! E vedeva
la
casa come era fatta, e le sale e gli appartamenti; e le massaie
venir
la domenica a riverire la padrona; e gli amici raccolti a veglie e a
banchetti; e il vicinato consolarsi d'una persona nuova cosÏ bella,
cortese e felice. Felice! Gli era verissimo che essa non la era meno
di quella immaginata e di ogni altra donna; l'orgoglio glielo faceva
pensare: ma quel potersi dire tante cose soavi nel linguaggio nativo
collo sposo; e avere per tale un uomo cui nessuno potesse tenere
lontano da casa, nË comandarlo! E poi il suo aveva certi modi
soldateschi anco in casa! Glieli avrebbe fatti smettere sÏ, ma
intanto... quel Giuliano... oh quel Giuliano! E sospirava seguitando
a
fantasticare; e chiedeva a sË stessa se questi era in D..., che cosa
avrebbe fatto, se passeggiando si fosse abbattuta in lui;
ondeggiando
tra il desiderio e la tema, che questo incontro, un giorno o
l'altro,
accadesse davvero. Quella sera il marito stette pi˘ dell'altre volte
a
tornare, ma essa non se ne accorse, nË pensÚ a lagnarsi d'essere
rimasta sola troppe ore; e quando egli se ne scusÚ con parole
affettuose, fu facile a perdonare. Ma indi in poi, o sola o con lui,
bastava che fosse in parte donde si potesse scoprire la casa della
signora Maddalena, sempre il suo sguardo posava sopra quella; e i
suoi
pensieri v'entravano tra confidenti e guardinghi. Il marito, pur non
sembrando, aveva avvertita tra sË la cosa: ma si peritava a
chiederle
che vedesse di cosÏ bello da quella parte. Anzi voglioso
d'accontentarla in tutto, o forse di scoprire da sË l'animo della
donna; un giorno, disceso con essa dal colle per andare a diporto,
l'accompagnava verso quell'arco, di cui pareva tanto invaghita.
Bianca
si lasciava menare, con un batticuore crescente, man mano che
s'accostava all'arco; e camminava leggera come temesse che qualcuno
udisse i suoi passi, dolendosi seco di quelli del marito troppo
gravi
e sgarbati. A un tratto giunti a scoprire l'atrio in fondo al
piazzale, essa diede volta quasi spaurita, ed egli rimase a
guardarla,
impensierito: poi le tenne dietro, la raggiunse, le chiese che cosa
avesse visto, ed essa rispose, che nulla. Mentiva la giovane donna,
e
s'egli in cambio di crederle, accagionando di quella sua
fanciullaggine cose lontane dal vero le mille miglia, si fosse
pigliata la libert‡ d'entrare in casa alla signora Maddalena; forse
avrebbe colto il filo di quella storia. La madre di Giuliano stava
appunto nell'atrio mentre che gli sposi erano comparsi vicino
all'arco; e subito ravvisata Bianca, s'era rimescolata come persona
cui venga fatto un oltraggio improvviso. Senza badare se i due
venissero innanzi; entrata in casa aveva detto a Marta s'andasse a
porre nell'atrio, e se qualcuno chiedesse di lei, rispondesse che
non
si sentiva il caso di far accoglienze. Marta uscÏ, e trovando il
piazzale deserto, corse insino all'arco, donde vide gli sposi che
s'allontanavano pel vicolo lentamente. Si mise in capo di sapere chi
fosse la giovane compagna di quel soldato: e fattasi oltre finchË
trovÚ le comari del vicinato, raccolte a chiaccherare, intese da
esse
che quella era la figliuola d'un signore di C..., sposata a
quell'Alemanno; il quale a lor parere sarebbe stato un bellissimo
uomo, se avesse avuto sulle spalle una testa un po' meno da far
paura.
Marta tornÚ in casa studiandosi di far viso allegro, e in verit‡
molto
afflitta, avendo capito che quella doveva essere la donna stata
carissima a Giuliano: l'accusÚ tra sË per trista e sfacciata; disse
che in sul piazzale non v'era nessuno; sentÏ l'amarezza delle
lagrime
che la padrona aveva negli occhi; ma non cercÚ d'appiccare discorso,
nË di consolarla. La signora non si lagnÚ, ma anche quest'altro
dolore, di vedersi colei ronzare attorno alla casa, l'offerse in
cuor
suo a chi ha in mano le bilance d'una giustizia pi˘ alta di quella
degli uomini. E allora, benedÏ la persecuzione degli Alemanni, che
avea costretto Giuliano a partire; perchË s'ei fosse stato in D...
essendovi anche Bianca, non sapeva qual guaio sarebbe potuto
seguire.
Appunto in quel giorno capitÚ l'ortolano genovese colla lettera di
Giuliano. La signora Maddalena fattosi raccontare dal messo, quanto
ei
sapeva del suo figliuolo; molto lo pregÚ di non dirgli come l'avesse
vista sofferente; lo pagÚ da donna larga del suo; lo chiamÚ amico di
sentimento; e gli confidÚ la risposta che abbiamo visto, certa che
Giuliano l'avrebbe obbedita. CosÏ contando i giorni, e tribolandosi
la
vita coi pensieri mesti e tremando sempre; la povera donna finiva
l'estate senza pi˘ avere novelle di lui; e non osando manco
affacciarsi a guardare il cielo dalla parte dove egli era, dalla
tema
di rivedere quella Bianca, che in verit‡ non comparve pi˘, ma che le
pareva venuta l‡ per ischerno. Le donnicciuole del vicinato, non
vedendola pi˘ da tanto tempo, chiedevano a Marta se la signora fosse
a
letto ammalata: e la vecchia non rispondendo nË si nË no, faceva
spallucce e alzava gli occhi al cielo, quasi volesse dir loro che ne
chiedessero a quello. Esse sospiravano, badando a tenere lontani i
fanciulli, che non facessero chiasso intorno alla casa; e se a
qualcuna bisognava qualcosa da Marta, s'accostava alla porta, e
batteva riguardosa, per non dare molestia.
Ma una volta tra l'altre fu battuto da una mano che, s'udÏ al suono,
non aveva tanti rispetti. Era l'indomani di quel giorno, in cui
Giuliano e Mattia, incontratisi nel campo dei Francesi, il
sagrestano
aveva pigliato l'incarico di venire a D... piantando il negozio e
ogni
cosa, per far servigio al giovane fuggitivo. E per monti e per
borri,
cansata la via lungo la vallata, in riva alla Bormida, ingombra di
soldati, che per allora o Francesi o Alemanni gli tornavano
pericolosi
all'istessa maniera; costui giungeva alle ventidue, a scoprire il
borgo, dalla parte pi˘ aspra a venirvi. Non Ë da credere che alla
vista di quel suo luogo quasi nativo, egli cadesse ginocchioni
sclamando: o patria, o dolce paese! perchË a questa sorta di affetti
non ci aveva fatto il cuore; e per lui la casa e la patria, erano
dove
si stentava meno il boccone. Ma un tratto che parve stesse
contemplando, lo spese invece a risolvere cui avesse a presentarsi
prima, o al signor pievano, il quale chi sa di qual occhio l'avrebbe
riveduto; o alla signora Maddalena, che di certo gli sarebbe stata
gratissima delle novelle che ei le portava. Gli uomini hanno sempre
caro di essere tenuti dabbene e generosi; e Mattia messo da parte il
pievano, deliberÚ di visitare la signora. Di che, passo passo, per
certi orti, tra siepi e fossati, giunse non visto sino al torrente,
in
quella stagione quasi secco; lo varcÚ, fu sul piazzale a noi noto, e
appressatosi battË alla porta, in guisa, che ne rimbombÚ la sala, le
stanze, e la cucina nell'angolo pi˘ lontano della casa. Qual fu la
sua
maraviglia quando gli si aperse, e si trovÚ dinanzi una persona, che
per poco non gli fece recare le mani agli occhi, dalla tema d'avere
sbagliato! Colei che l'invitava ad entrare con tanta cortesia era
proprio la figlia di Rocco? Proprio la figlia di Rocco, che a lui
apparito a quel modo, mentre lo si credeva morto da tutto il borgo,
sapeva domandare donde venisse con parole che parevano dette da una
signora? E quella veste, che egli rammentava d'aver veduta molti
anni
prima, foggiata altrimenti, indosso alla signora Maddalena; come
stava
bene a quella fanciulla! E l'acconciatura com'era di garbo; e le
mani
come le si erano fatte bianche! Un forastiero l'avrebbe creduta
figlia
della padrona; ma Mattia aveva buona la memoria, e nel suo stupore
tempestÚ le domande: ´o tu, tuo padre e i tuoi, che cambiamenti
vedo?
´E voi chi vi ha insegnato a battere alla porta come su un tamburo,
e
a dar del tu alle zitelle?ª disse Marta sopravvenendo a troncare le
parole del sagrestano: ma visto costui, mutÚ la cera e tacque,
maravigliata di quell'apparizione d'un uomo creduto morto.
´Meritereste,--disse Mattia altezzoso--che mi voltassi addietro, e
le
novelle che porto me le tenessi per me...
´No... no! Mattia!--pregÚ Tecla, cui il cuore aveva gi‡ promesso
assai
cose solo a vedere il vecchio,--venite, venite... se sapeste come la
signora Ë ammalata...!
´Malata!--sclamÚ Mattia quasi parlando seco stesso:--allora gli Ë
inutile che egli le mandi a dire che la aspetta l‡....ª
Tecla si fece di fuoco in faccia, poi come un panno lavato; capÏ che
Mattia non poteva recare altre novelle che di Giuliano; e corse
volando di sopra, a dirne alla signora Maddalena.
´Dunque portate notizie di Giuliano?--sclamÚ Marta rimasta lÏ sulle
brage:--O Santa Vergine! e perchË non lo avete detto subito?
Levatemi
di quest'agonia; dove l'avete visto?ª
Qui Mattia cominciava a sballarne di grosse; e chi sa quante lune
nel
pozzo avrebbe fatto vedere a Marta; ma buon per questa che Tecla,
scendendo la scala da non toccarne i gradini per la gran fretta,
chiamava lui dalla signora. E vi salirono tutti e tre, Marta
raccomandando pianamente a Mattia di parlar basso, per non dare
molestia alla povera donna, la quale di nulla si sentiva far male.
La signora Maddalena non discendeva pi˘ dalla scala da parecchi
giorni; perchË non era pi˘ il caso a salirla, senza pigliarne un
affanno, da durare oppressa delle ore. E perÚ usava stare nella sua
camera, dove poteva coricarsi in certi languimenti che la coglievano
di quando in quando; e nelle ore men tribolate sedeva sul divano, di
contro al ritratto del marito, di cui parlava con Tecla a lungo ogni
giorno, narrando la dolce vita avuta con esso.
A vedersi dinanzi Mattia seppellitore di morti, e creduto morto egli
stesso da lunga pezza; la povera donna sebbene non fosse ubbiosa,
provÚ un senso, come se la morte glielo mandasse, chiedendo per esso
se fosse pronta. Tuttavia fece segno di volerglisi fare incontro, ma
rimase seduta, perchË alle forze non le riuscÏ.
´Mettetevi a sedere:--gli disse dolcemente--non vi chiedo nulla di
voi, che dovete essere abbastanza felice di rivedere i vostri...; ma
il mio Giuliano? che dice? che vita mena....? Mi aspetta sempre?ª
Mattia sedutosi timidamente, la guardava; e tanto era il mutamento
che
la vedeva aver fatto, che quasi gli pareva di udire la voce di
persona, la quale avesse sperimentata la morte e l'eternit‡. E
stette
cosÏ senza rispondere; finchË la signora sclamÚ spasimata:
´Ma dunque voi mi portate qualche trista nuova?
´No signora--rispose Mattia al quale era rimasto nell'orecchio il
suono dell'altra domanda:--egli non la aspetta pi˘...; anzi mi manda
a
dirle, che ella si levi il pensiero di andarlo a raggiungere; perchË
il disagio della via Ë grande; la guerra sta per ricominciare;
potrebbe capitarvi in mezzo...
´E come sa egli che la guerra sta per ricominciare...?
´Eh!... chi l'ha a sapere se non lui...?
´Dunque s'Ë fatto soldato?--gridÚ la signora levandosi a mezzo
esterrefatta.
´Soldato no!--rispose Mattia dolendosi d'aver detto troppo:--ma al
campo dei Francesi Ë ben veduto, e tutti lo vogliono, persino i
generali... Insomma... io debbo andarmene.... non tema, egli spera
di
vederla qui e presto...ª
E si levava in piedi per andarsene davvero; perchË gli pareva che di
quel passo sarebbe uscito col dire alla signora, quello appunto che
Giuliano gli aveva imposto di tacere. Ma lo rattenne Marta, perchË
la
signora diceva:
´Mattia, una cosa; di qua ai luoghi dov'Ë mio figlio, qual'Ë la via
pi˘ corta, e come si puÚ fare a trovarlo?
´Si va a Savona;--rispose Mattia--di l‡ si tira oltre verso Finale,
finchË si trovano i campi dei Francesi: si chiede del signor
Giuliano,
e tutti sanno dire dov'Ë... Ma se manda qualcuno da quelle parti,
non
gli dica che io ho detto...
´Non temete, Mattia; mio figlio non sapr‡ che voi m'avete detto pi˘
ch'egli non volesse. Marta, cercate nel cantarano... datemi
quell'involtino che sapete...ª
E Marta avendo obbedito, la signora cavÚ una moneta d'oro e
porgendola
a Mattia gli disse:
´Non per pagarvi, ma perchË vi ricordiate di me...
´Grazie--rispose Mattia pigliando la moneta:--e se posso servirla mi
comandi...
´Eh!... forse presto--rispose la signora sorridendo mestamente; e
tolti gli occhi da lui che usciva accompagnato da Tecla, nascose il
viso nelle mani e disse a Marta: ´io non so che stanchezza mi venga
indosso: fate un po' pi˘ scuro, mi par di morire...ª
Marta corse alla finestra, guardÚ nel cielo splendido laggi˘
all'occidente che pareva tutto una gloria; e tentennando leggermente
il capo, alzÚ il pensiero dolendosi a Dio con un confuso timore. Poi
accostati gli _scurini_, tornÚ a sedere; e rimase zitta accanto alla
padrona, pensando a quest'altro mal passo di Giuliano.
Tecla intanto, accompagnato Mattia fino all'atrio, gli poneva
anch'essa in mano alcune monete, avute gi‡ in dono dalla signora; e
fissandolo con occhio che sarebbe stato impossibile mentirle, chiese
al vecchione:
´Dunque Ë proprio vero che egli verr‡?
´Verissimo. Ma poveretto, a vederlo come Ë accorato c'Ë da
compatirlo.
Oh! ora che mi ricordo, mi ha detto di raccomandarvi tanto a sua
madre...
´Addio, Mattia,ª--disse la giovinetta arrossendo; e piantandolo
confusa e piena di fantasie, tornÚ su dalla padrona. In punta di
piedi
s'accostÚ a Marta; questa le accennÚ di sedere e di tacere, ed
entrambe stettero mute, che si sarebbe inteso un moscerino a volare.
Mattia dato il primo passo fuori del piazzale, fu scoperto da alcuni
monelli che ruzzavano al piË d'un muricciolo, giocando alle palle di
piombo. Avessero visto ciascuno il suo nonno tornare dalla fiera
colle
chicche, coloro si sarebbero mostrati meno allegri, che vedendo
Mattia; e subito gli furono quali addosso, quali dinanzi; correndo e
facendo capriole; dando voce pei vicoli di quell'arrivo improvviso.
´Il malanno ai ragazzi!ª tempestÚ tra sË il sagrestano; e non potË
andar oltre a suo modo, perchË di qua, di l‡, due, quattro, dieci
paesani gli si fecero attorno sclamando, chiedendo, stringendo: in
pochi istanti si vide affollato di maniera, che a dare una risposta
a
tutti, non sarebbe arrivato in castello insino a sera.
Lass˘ don Apollinare avea in casa l'Alemanno e Bianca; i quali,
tornando dalla loro passeggiata, solevano andarsi a posare da lui,
quasi ogni giorno. E Bianca conversava con donna Placidia, alla
quale
pareva persona di poco cervello, tanto era sempre assorta e tarda
alle
risposte: lo sposo se ne stava in un altro lato del salotto con don
Apollinare, ascoltando i racconti che questi gli faceva, sulla
caduta
dei feudatari di quelle parti. Accertava il prete, che gli uomini
non
erano vissuti mai tanto felici, quanto ai tempi di quei buoni
signori;
e affermava che delle anime ne andavano salve in una di quelle
generazioni, pi˘ che in dieci dei tempi di poi. Intanto per
rallegrare
l'ospite, gli narrava dell'ultimo signorotto di certo castello, che
si
vedeva diroccato su di un poggio poco discosto. Diceva raccontando
che
colui aveva saputo essere uomo pio e insieme buontempone; e che era
arrivato cogli anni vicino agli ottanta, senza un dolor di capo. Ma,
quasi agli ultimi mesi di sua vita, gli si era innestato il
capriccio
di non volere certe grinze in sulla faccia, che sapeva lui di che
danno gli fossero, e quanto avrebbe dato per potersele levare. E si
lagnava di questo guaio in guisa cosÏ noiosa; che alfine un suo
servitore si mise in capo di uccellarlo e beccarsi i quattrini. Un
giorno, mentre che il messere era nel buono del lamentarsi, gli
disse
in gran segreto, che egli sapeva d'un certo unto, che gli poteva
rifare le guance fresche come a vent'anni; ma che per averlo
occorreva
sciogliere i legacci alla borsa. Pigliati la borsa intera! rispose
il
messere, fuori di sË dalla gioia; e dato al servitore quello che gli
parve, n'ebbe l'unto. La sera del sabbato se ne fece spalmare la
faccia per bene, proprio da lui, prima di coricarsi. Il ribaldo lo
lasciÚ colla buona notte, e col divieto di specchiarsi per quattro
giorni, pena di perdere il frutto del filtro: e il messere dormÏ
sognando il bel viso che avrebbe avuto l'indomani, giorno appunto di
festa. Uscito di buon mattino, fu grato in cuor suo al servitore,
che
aveva preso cura di portar via gli specchi; e subito andÚ in chiesa,
a
farsi ammirare dal contadiname raccolto alla messa. Gongolava
vedendosi guardato con meraviglia, e pensava che quasi non lo
ravvisassero dal tanto che era mutato: ma il cappellano quando si
volse la prima volta a dire il _dominus vobiscum_, e vide il
feudatario nero in faccia come la pece; diede in una risata cosÏ
pronta e sonora, che uomini e donne stati fino a quel punto colle
labbra tra denti, dalla tema di ridere e buscarsi dal padrone chi sa
che pena, fecero coro al sacerdote; e, salvo il rispetto dovuto al
luogo, fu una vera scenata. Il feudatario strabiliÚ, imbestialÏ,
seppe
com'era concio; e quando intese che il servitore se n'era fuggito
sin
dalla notte alle proprie montagne, dove egli non avrebbe potuto
nulla
contro di lui, per poco non iscoppiÚ dalla rabbia. Ma quasi pi˘ del
mal gioco, gli spiacquero le risa del cappellano; e passata la
collera, studiÚ giorno e notte per trovar modo di ricattarsene con
usura. Non venendone a capo, pensÚ nulla essere meglio del
promettere
e giurare perdono al servo gabbatore; patteggiando per via di messi
che l'avrebbe ripigliato in castello, se egli riuscisse ad uccellare
il cappellano, ma in guisa da ridere un anno. Il servitore, avuto il
giuramento, rivenne; e stette poco a macchinare una ribalderia
peggiore della prima. Abitava il cappellano in una casetta, accanto
alla chiesa a pie' del palazzo; e soleva andare a veglia dal
signorotto, donde usciva ad ora tarda, dopo aver giocato e bevuto
molto. PerÚ prima di ritirarsi, non mancava mai di passare in chiesa
a
dire l'orazione, e ad aggiungere olio nella lampada se bisognava. La
sera fissata tra il servitore e il feudatario ai danni del
cappellano;
fu fatto alzare il gomito al poveretto, il quale uscito da veglia
vicino alla mezzanotte, volle tuttavia andare in chiesa; dove, fosse
o
paresse, vedeva pei finestrelli i ceri tutti accesi. Appena ebbe
aperto, e messo il piede sulla soglia, fu colto da un religioso
terrore, e corso a pie' dell'altare, cadde ginocchioni adorando. I
ceri erano proprio tutti accesi; e sopra il tabernacolo, vestito di
bianco, stava coll'ali aperte un angelo, che al cappellano parve
disceso dal paradiso. ´O Santo uomo--disse colui dopo essere stato
un
tantino a vedere:--tu hai abbastanza pregato, ed in premio hai da
venire con meª--´Sia fatto il vostro volere!ª rispose il prete, con
un
filo di voce, sebbene pensasse d'andarsene in paradiso. ´Ma prima,
tu
lo sai, bisogna morire;--soggiunse l'altro dall'altare--perÚ non
temere di nulla, che vedrai come la morte sia dolce.ª--Il prete
s'inchinÚ; un'ondata di sudore gli colÚ dal dorso in sulle reni;
diede
una capata sui gradini dell'altare e svenne. Allora il servitore del
signorotto, buttÚ via le ali e i panni bianchi; e fattosi adosso al
cappellano, lo ficcÚ in un sacco, ve lo legÚ dentro per bene, e se
lo
recÚ sulle spalle; poi lesto lesto lo portÚ nel pollaio. Entrato l‡
appunto, tornava la vita al poveraccio; il quale udendo il gran
svolazzare dei polli, turbati nel bello dei loro sonni, credette
d'essere a traversare i regni dei dannati; perchË le chicchiriate,
il
fetore, il buio ch'erano l‡ dentro, gli parevano cose proprio
d'inferno. Ma qual fu il suo terrore, quando si sentÏ deposto in
quel
luogo, e udÏ un passo allontanarsi, poi farsi silenzio! Un tratto
credË di morire: ma subito ricordandosi d'essere gi‡ morto una volta
poc'anzi; fu preso da tale spasimo, che menando calci e spingendo le
pugna dentro il sacco, creduto a prima giunta una nuvola in cui
l'angelo l'avesse avvolto, urlÚ disperato: ´San Pietro, San Pietro,
aprite le porte!ª Allora una gavotta suonata da strumenti noti;
un'apparire di lumi, che egli vedeva, attraverso il tessuto del
sacco;
risa sgangherate e voci di gioia sguaiate, tra le quali si
discerneva
alta, piena, soddisfatta quella del feudatario; fecero accorto il
cappellano ch'egli era pi˘ vicino al castello che all'inferno.
AmmutolÏ, prese il broncio; sciolto e cavato dal sacco, al cospetto
di
mezzi gli abitanti del castello, se n'andÚ difilato in casa, dove si
chiuse, rodendosi dal dolore. Ma pochi giorni di poi ebbe anch'egli
a
perdonare, perchË il castellano morÏ, forse per la gran satolla di
risa che s'era fatta.
Qui don Apollinare scoppiÚ in una risata; ma la novella che sebbene
grossolana d'ordito, era stata detta assai giocondamente, non potË
far
muovere le labbra dell'Alemanno manco a un sorriso. Egli dal giorno
in
cui Bianca aveva fatta quella misteriosa voltata, alla porta di
quella
casa, guardata con tanto desiderio; s'era sentito calare sull'animo
un
velo di malinconia mai pi˘ provata. Aveva stimato cosa men degna di
sË
e della sposa, il tornarle a chiedere il perchË di quell'atto; ma
alla
ciera, ai silenzi, allo spesso aggrottare delle ciglia, mostrava
d'avere dentro qualche rodimento segreto. Si doleva il pievano, e
quasi era mortificato di non essere riuscito a ricrearlo; e forse
stava per cavarne qualcun'altra delle tante che si udivano da quelle
parti, stando d'inverno vicino al fuoco, col bicchiere in mano: ma a
un tratto s'intese un gridÏo venir su dal colle, e una folla
invadere
il piazzale dinanzi al presbiterio: e ´Mattia, Mattia, Ë tornato
Mattia!ª erano le parole che suonavano pi˘ alte, urlate a
squarciagola
da mezza la ragazzaglia della pieve.
´Mattia!ª sclamÚ balzando ritto il pievano; e affacciatosi d'un
salto
alla finestra, vide, rimase colle braccia aperte, stralunato;
coll'alito mozzo; poi dato un grido, corse in cima alla scala,
affollato da donna Placidia, da Bianca, dall'Alemanno. E vedendo che
il campanaro stentava a farsi far largo, urlÚ: ´Via di costÏ i
monelli, via! e voi Mattia chiudete l'uscio!ª
La voce del pievano fu come lo scoppio d'un'archibugiata, vicino ad
un
passeraio. Tutta la baraonda spulezzÚ ammutolita; e Mattia potË
salire
la scala accolto da don Apollinare, benedetto da donna Placidia, e
guardato da capo a piedi dall'Alemanno, cui non tornava nuovo quel
viso sgherro.
´Signor pievano,--sclamÚ Mattia come fu in cima, facendo segno di
volerlo abbracciare:--io non mi credeva mai pi˘ rivederlo...!
´NË io voi,--rispose il pievano tenendolo discosto colla mano, tanto
che in faccia all'Alemanno, non avesse a vedersi usata quella
confidenza.
´NË noi voi--ripeteva donna Placidia facendo eco al fratello; e
soggiungeva di suo:--che Dio vi benedica, quante volte vi sognai
morto
nella spedizione del maggio passato!ª
Don Apollinare avrebbe voluto far tornare in gola alla sorella
queste
parole; perchË potevano dare appicco a Mattia per qualche discorso
da
rimanerne svergognato; ma in quel mezzo l'Alemanno, riconosciuto il
campanaro per quello sciagurato tratto come spione dinanzi al suo
generale, la notte prima del fatto d'arme in cui egli aveva toccata
la
sua ferita, gli chiese parlando aspro:
´Voi, da quella volta che foste preso per spia, dove siete stato?ª
A quella voce, a quelle parole che gli fecero tremare le vene,
Mattia
credette d'essere tornato in mano dei crudeli che l'avevano
maltrattato, e l'avrebbero moschettato quattro mesi prima, se non
sopravvenivano i Francesi, a salvarlo per caso. E dato un tuffo
colla
mente per cercare qualcosa da rispondere, si trovÚ a dire la verit‡,
rispondendo:
´Oh, eccellenza! lo dica il signor pievano, se io era una spia;
mandi
a chiedere alla signora Maddalena, se non le ho portate notizie del
suo Giuliano, se non sono stato fino a ieri prigioniero dei
Francesi!
´Birbante!--urlÚ il pievano, a cui quelle parole fecero cigolare gli
orecchi, come per un tizzo ardente messovi dentro;--scommetto che
voi
siete di balla con quel giacobino, vergogna della mia pieve...! Guai
a
lui, e guai a voi, Mattia! se mai avreste fatto meglio a non venirmi
tra piedi...ª
E cosÏ dicendo era lÏ per dire all'Alemanno, che quel Giuliano di
cui
si parlava era stato tanto audace da innamorarsi di quell'angelica
Bianca; ma vedendo il modo con cui egli la guardava, abbuiato nel
viso, non ebbe cuore di farlo. La povera donna, al nome della
signora
Maddalena e poi a quello di Giuliano, s'era fatta pallida come una
morta; e cogli occhi bassi, tremando come colomba che sente il nembo
addensarsi, stava cosÏ che, vorrei dire, le pareva d'essere un libro
aperto in cui il marito leggesse, vicino a trovarvi la parola, che
l'avrebbe fatto rompere in una sfuriata improvvisa e tremenda.
Ricordava egli colla mente i mesi passati; le lunghe riluttanze di
Bianca a concedergli la sua mano; e all'idea che si formava di quel
Giuliano a lui sconosciuto, s'univa la memoria di quel giovane
capitato a C... in sul finire delle danze la sera delle sue nozze; e
il senso fatto allora da colui su Bianca, gli pareva ora una stessa
cosa col turbamento da essa provato a udire quel nome. Combattuto in
guisa dolorosa dai ricordi, dai sospetti, dalla certezza che i
sospetti non erano mal fondati, egli non badava pi˘ ai discorsi del
pievano nË a quei di Mattia.
Il quale continuando a raccontare la vita fatta in mezzo ai Francesi
e
il suo incontro con Giuliano, diceva gesticolando:
´E non conto storie, no; di l‡ dai monti pare la valle di Giosafat!
I
Francesi vi sono come le formiche; un andare e tornare da far paura.
Se ne veggono di tutti i colori; hanno cannoni, cavalli e generali,
che, io non me ne intendo, ma ho udito dire che sono terribili: e
quando comincieranno da capo a menar le mani, fanno conto d'essere
qua
in quattro e quattr'otto! Allora sar‡ una grande tragedia; perchË
dovunque arrivano, i primi a toccarne sono i preti.
´Ode, signor barone?--diceva don Apollinare collo spasimo in faccia,
agguantando il braccio dell'Alemanno:--i Francesi verranno, e i
primi
a toccarne saranno i preti!
´E vengano!--proruppe l'Alemanno con voce, che parve d'uomo cui
l'annunzio di grandi pericoli torni lo spirito; e presa la donna sua
per la mano e stringendogliela forte, soggiunse tra ironico e
addolorato, ma pi˘ basso:--vengano pure i Francesi, signor pievano,
e
stia di buon animo, chË al mondo ci siamo a posta per morire, per
ammazzare, per far posto ad altri! Bianca, andiamo ad aspettare i
Francesi.ª
E senza dir altro si mosse tirandosi dietro la sposa; in fondo alla
scala si volse a salutare senza cerimonie il pievano e donna
Placidia,
rimasti in cima stupefatti; ed uscÏ. Poi condusse Bianca verso il
muricciolo che faceva riparo al sagrato, dond'essi potevano vedere
la
borgata gi˘ a piË del colle, e le chiese:
´Dove abita quella signora Maddalena?
´Laggi˘--rispose Bianca timidamente, additando la casa vicino alla
quale egli l'aveva una volta menata.
´E voi--diss'egli sfolgorando collo sguardo di sotto le ciglia
agrottate:--voi in questo borgo non ci eravate venuta mai, nevvero?
´Mai!--sclamÚ Bianca imprimendo questa volta la voce, di tutta
l'offesa sentita dall'anima sua.
´Ritiriamoci,--mormorÚ il marito;--stassera dovrÚ montare a cavallo,
e
star fuori forse tutta la notte.
´Ma che volete farmi morire?--disse la donna angosciosa.
´E che--rispose egli severo--non ho io una spada cui debbo qualche
parte di me? » una gran lama che io stimai di buona tempera la prima
volta che la vidi in Vienna dal mio spadaio; e quando l'ebbi in mano
provai che non m'era ingannato all'aspetto. Ma io vi parlo d'armi e
di
tempere e vi faccio ridere...ª
Bianca capÏ, ma non disse nulla: e lasciandosi condurre silenziosa,
si
ritirÚ con lui nella casa dove alloggiavano. Il vecchio servitore,
che
dal giorno in cui l'Alemanno s'era allogato nella palazzina del
signor
Fedele, s'era tenuto in disparte; per non mettere di suo manco un
pensiero, in quel matrimonio; vedendoli entrare annuvolati a quel
modo, si ritirÚ nella stalla, dove, quasi parlando ai cavalli
brontolÚ: ´siamo finalmente a' guai!ª
Intanto Mattia, rimasto nel presbiterio a sbrigarsela col pievano,
detto e ridetto dei Francesi e di Giuliano da averne secca la gola;
finÏ promettendo che non si sarebbe pi˘ scostato dal presbiterio, e
se
ne andÚ diffilato verso la sua catapecchia. Ponendo il piede sulla
soglia si volse addietro, allo scalpito d'un cavallo; e vide
l'Alemanno partire spronando per una via dietro la chiesa, senza
dare
uno sguardo a Bianca che si era affacciata al balcone, forse per
supplicarlo con un ultimo atto. A lui quell'andata non faceva nË
caldo
nË freddo, ma non potË stare senza consolarsi per questo, che grandi
o
piccini, tra marito e moglie tutti avevano i loro guai. E pensava
alla
gran briccona che era la sua, la quale di certo aveva saputo del suo
ritorno, e non si era mossa ad incontrarlo, anzi teneva l'uscio
accostato contro il costume. Stava essa al fuoco cuocendo un po' di
polenta, e appena Mattia ebbe aperta la porta e messo il piede sulla
soglia, la megera si volse strillando:
´Chiudete codest'uscio, che il vento mi porta via la fiamma di sotto
la pentola...!
´O moglie--diss'egli sempre ritto in sulla soglia--e non sai dirmi
altro?
´Io dico che potevate stare dove siete stato sinora!
´E un po' di polenta non me la darai?
´Mangereste il bene di sette chiese voi!
´Ah!--urlÚ Mattia alzando le mani, e correndo per darle le pugna nel
capo: ma si rattenne, non per paura del materello che la moglie gli
misurÚ fumante sulla gota; bensÏ pel ricordo che gli venne in quel
punto di aver visto un soldato Francese, vituperato pi˘ che alla
berlina, per uno schiaffo dato a una donna. Si rattenne, e cavando
di
saccoccia le monete d'oro messe in serbo quei mesi:
´Vedi--le disse--vedi il bene delle mie sette chiese quant'Ë? E ne
avrei di pi˘ molto, ma il meglio l'ho perduto nell'ottava chiesa,
che
Ë quella dove il diavolo mi ti ha condotta sposa!
´Oh il mio Mattia!--sclamÚ la donna a quella vista--come vi piace
pi˘
la polenta? con su un po' di cacio un po' di pepe, d'agliata, dite?
´Polli! hanno a essere bestiaccia!--gridÚ egli, e fatta la pace
mangiÚ
come piacque alla donna, stupita di non aver avuto in faccia, un
paio
almeno degli antichi ceffoni.
Quella sera l'avemaria suonÚ all'istess'ora dell'altre volte: ma
sebbene non fosse vigilia di qualche gran festa, le campane
suonarono
un doppio cosÏ bello, che sin dove giunse la loro voce, si capÏ che
niuna mano, se non quella di Mattia, poteva concertarlo. Il
campanaro
mandava in quella guisa la novella del suo ritorno pel contado. E
chi
sa in quante case della campagna dove si era parlato di lui colla
piet‡ dovuta ai morti; si pensÚ, dicendo l'_ave_, alle preghiere
sciupate per l'anima sua!
Chi dimandasse qual fu il rimprovero o il castigo inflitto da don
Apollinare a Mattia, per quel disordine; mostrerebbe d'aver
dimenticato, che il prete solo a udire parlar di Francesi, perdeva
l'appetito, l'amore alla carica, la forza di farsi temere. Avessero
appiccato fuoco al presbiterio, sarebbe stato grato all'incendiario,
che gli avrebbe cosÏ porto il pretesto a cercare un asilo lungi da
quei monti, dove ogni tratto si era lÏ col coltello dei repubblicani
alla gola. Ma quanto al doppio delle campane, neppure lo intese.
Placidia glie ne volle parlare, ed egli le fece tremare il cuore in
corpo con un boato, come a dire ´silenzio!ª La poveretta tacque e si
ritirÚ nella sua camera, dove spese mezz'ora a chiedere perdono a
Dio
pel sagrestano, pel fratello, per sË, di quello scampanÏo, che a suo
sentire doveva aver fatto su in cielo cattivo senso.
CAPITOLO XIX.
Lo sposo di Bianca, veduto da Mattia partire a quel modo cruccioso
sul
suo cavallo; aveva pigliato la via, che sulla cresta dei monti, a
ridosso del castello, menava a Montenotte; e che si vede anche ai dÏ
nostri, angusta ma piana e ombrata di bei castagni. Egli ne aveva
corso un tratto, poi gi˘ per un traghetto era disceso a valle, non
ruzzolando pi˘ per le buone gambe della bestia, che per
l'avvedutezza
propria; e s'era messo in sull'altra, alla volta di C.... in riva al
torrente. Cavalcava cosÏ raccolto e pensoso, che pi˘ non l'era stato
Giuliano tornando da quel borgo, occupato la testa e il cuore
dell'amor suo, quella prima sera descritta in sul principio di
questo
racconto. Passando vicino agli alloggiamenti delle soldatesche, non
rispondeva al saluto delle guardie, nË a quello dei compagni; e
tirando diritto, ora di trotto ora di galoppo, attraversava il
villaggio di R..., che il sole era andato sotto del tutto. Allora
spinse un po' pi˘ la corsa, per giungere a C.... prima che fosse
suonato il _deprofundis_; sapendo per pratica, che a quell'ora
ognuno
di quelle parti soleva chiudere la porta di casa sua. Il borgo, dove
non era pi˘ tornato da quasi un mese, gli apparve dinanzi nell'ombra
dell'antico castello, sul quale un quarto di luna posava la sua luce
di striscio e poca, come la guardatura d'un occhio socchiuso e
bieco.
´Non t'avessi mai visto--sclamÚ egli pi˘ coll'anima che colla
voce,--non t'avessi mai visto, villaggio malaugurato!ª
E trapassato il ponte, che suonÚ cupo come per rispondere a quelle
afflitte parole; fu sotto l'androne che metteva dentro al borgo; poi
di l‡ per la via pi˘ destra alla porta del signor Fedele.
I tempi erano tornati a correre grossi; e il capo supremo
dell'esercito Alemanno, che alloggiava in C.... aveva bandito di
quei
giorni, che all'avemaria della sera gli abitanti del borgo si
fossero
ritirati, e badasse a non andar fuori senza recarsi in mano un lume,
chË guai! Di che non Ë a dire se le vie dopo le ventiquattro
rimanessero deserte; e fu proprio sorte, se il cavaliere, appunto
fermandosi, vide venire un tale che portava una lanterna affumicata
per modo, che si vedeva appena; quasi egli avesse voluto obbedire e
insieme far dispetto a sua Eccellenza il generale dell'Impero.
´Fatti in quaª disse a colui il cavaliere smontando; e dategli in
mano
le briglie del cavallo, piantando lui e la bestia a spaurirsi a
vicenda, salÏ dallo suocero, franco di passo.
Gli speroni e la guaina della sciabola battuta contro i gradini,
stridevano come voci di malaugurio. Il signor Fedele, che sedeva in
sala facendo certi suoi conti colla memoria, al lume d'una
lucernetta,
la cui fiamma per essere nudrita d'olio di noce, s'agitava fumicosa
spandendo intorno un odore molesto; balzÚ in piedi a quel suono,
corse
sul pianerottolo, e levandosi alta la lucerna sopra la spalla, si
chinÚ per vedere meglio chi fosse colui che saliva.
´Oh! siamo noi!--sclamÚ ravvisando l'Alemanno, al quale non voleva
pi˘
dare del lei, e non sapeva per anco dare del tu:--chi desse retta al
cuore non isbaglierebbe mai! ci pensava or ora.... Ma siamo soli?
´Solo!--rispose l'Alemanno arrivando in cima alla scala e fissando
in
viso tra ciglio e ciglio il signor Fedele. Il quale vedendosi
guardato
a quel modo, mostrando grande ansiet‡ nella voce e nell'atto, gli
chiese:
´O che abbiamo, genero, che siamo cosÏ annuvolati?
´Nulla!--rispose l'altro; e mettendosi da sË dentro la sala,
soggiunse:
´Vorrei parlare colla zia.
´Ma che Ë avvenuto qualche malanno a Bianca?--gridÚ il signor
Fedele,
rimanendo colla lucerna in mano, curvo e colla faccia illuminata di
sotto in su malamente:--se Ë diciamolo a dirittura; che sebbene
padre,
so accettare dal Signore il bene e il male, e benedire la sua
santissima mano!
´Vorrei parlare da solo a sola colla zia:ª pregÚ l'Alemanno.
´Allora passiamo da lei, che Ë sull'altana con Margherita, a
pigliare
le infreddature:ª disse il signor Fedele un po' insospettito; e
accompagnÚ il genero attraverso l'andito che metteva in sull'altana.
L‡, chiamata Margherita, le fece salutare il cognato
rispettosamente.
Poi lasciÚ che questi se n'andasse da sË dov'era la zia Maria, e
deposta la lucerna in un lato dell'andito, se ne tornÚ in sala colla
figliuola, tutta rimescolata di quel mistero.
Damigella Maria sedeva al suo posto usato, sotto la cupoletta dei
luppoli, mesta per certo fruscio di foglie secche, che il vento le
faceva sentire intorno. Quel fruscio le parlava dell'inverno; il
quale, sebbene non fosse che mezzo settembre, gi‡ su quei monti
s'annunziava vicino. Oh il tristo inverno che sarebbe stato
quell'anno! Non potersi pi˘ sedere in quel posto, a udire la gente
passare allegra pel vicolo; chiudersi in una stanza a canto al
fuoco;
udire l'ore scoccate con suono spento, dalla campana coperta di
neve;
vivere come sepolta viva, e non avere pi˘ Bianca! Pensava a queste
cose, e gi‡ le pareva di patirle tutte; quando udito il passo
dell'Alemanno, che veniva a lei, e la voce del cognato che chiamava
Margherita, provÚ non seppe neanch'essa qual contentezza. Questa
volta
si sentiva il caso di dirgli tutto l'animo suo; egli capitava
proprio
in buon punto! Se non si risolveva a tenere la promessa, lasciando
che
Bianca tornasse a vivere vicina a lei; se non la rimenava a C..., se
non veniva a starvi anch'egli per sempre, poveretto lui!
Egli le si fermÚ dinanzi, e alla poca luce che la coglieva traverso
le
foglie della cupoletta, vedendola starsi col viso sporto, come per
chiedergli che volesse, cominciÚ a dire rispettoso:
´Signora zia..., se qui niuno ci puÚ ascoltare, io vorrei dirle una
cosa....
´Parli,--rispose subito commossa damigella Maria, esperta a
conoscere
ogni pi˘ secreto moto dell'animo altrui, solo a udirne la
parola:--niuno qui puÚ ascoltarla, parli, comandi....ª E cosÏ
dicendo,
cercava colla sua la mano di lui.
Tanta cortesia della cieca, riusciva nuova e dolcissima
all'Alemanno;
perchË dal giorno in cui essa s'era chiarita, che egli ospite ed
infermo nella palazzina, coll'aiuto del padre Anacleto, aveva vinto
l'animo di Bianca, e stabilito il parentado; pi˘ che parole aspre
non
s'era inteso mai dire. Ora forse la donna mite, indovinava
nell'accento di lui, pi˘ assai dolore che ei non volesse mostrare: e
in cambio di sorgere superba e rimprocciosa, vedendo avverati i suoi
tristi presagi; s'addolcÏ tutta e provÚ per lo sposo di Bianca,
misto
a compassione, il primo senso d'affetto.
Egli sedË, vinto dai modi di lei, che gli tornava in quel momento
cara, quanto gli era parsa uggiosa e molesta altra volta; e parlando
pi˘ basso che potË, le disse:
´Io comincio col chiederle perdono d'averle tolta la sua nipote, e
so
quanta consolazione fosse per lei l'averla vicina. Mi accordi questo
perdono, chË se no non oserei pi˘ parlare, svergognato d'una colpa,
che forse Ë la pi˘ nera della mia vita....
´Che dice mai?--interruppe la cieca--che dice mai, colpa! Ella ha
cercato la felicit‡, e al mondo ve n'Ë cosÏ poca, che per averne noi
dobbiamo toglierne agli altri. Mi spiacque che Bianca abbia sposato
uno non dei nostri luoghi, sÏ...! ma poi..., pi˘ di lei ci ha colpa
il
Padre Anacleto.... che gli ha ingannati ambedue!
´O zia,--sclamÚ sospirando l'Alemanno--proprio non le spiaceva che
io
sposassi Bianca per altro pensiero?
´Pensiero...!--rispose la cieca, che alla maniera con cui veniva
interrogata da lui, non avrebbe nË mentito nË taciuto per nulla al
mondo:--V'era anche questo, che Bianca si voleva bene con un
giovinetto quaggi˘ della nostra vallata; e mi pareva che sposando
uno,
quando il suo cuore era gi‡ d'un altro, potesse andare incontro a
qualche mal passo....
´Oh! no.... no....--proruppe l'Alemanno--mal passo per cagion mia
mai!
Ma quel giovane era degno di lei?
´Se degno!... Era del primo casato di D....
´Proprio di D....?ª
Queste parole furono dette in guisa, che damigella Maria ne rimase
tutta rimescolata; e presa la mano dello sposo di Bianca, parve che
non potendo leggergli negli occhi, volesse sentire al tatto,
indovinare al respiro, che cosa ei pensasse.
´E lei--disse poi tremando--lei perchË m'ha colta alla
sprovveduta...?
Appunto...! quel giovane era di D.... e Bianca Ë a D...; che fu, mio
Dio, che fu? Per carit‡ badi, essi non s'avevano mai parlato, glie
lo
dico io....
´Le credo....
´Mai.... non saprei mentirle, non faccia a Bianca niun male!
´Un soldato non fa male a una donna mai...!--rispose
l'Alemanno;--eppoi il torto fu mio... e basta!ª
CiÚ detto si levÚ e partÏ, lasciando la povera donna che non sapendo
che farsi per rattenerlo, o piangere o pregare; sperÚ che si sarebbe
fermato in sala dal signor Fedele. Ma egli attraversato l'andito, vi
si fermÚ tanto da stringere la mano a Margherita, dandole uno
sguardo
con cui pareva volersela portar via; strinse anche quella dello
suocero ma un po' lentamente, e senza dir nulla si mise gi˘ per le
scale. TrovÚ alla porta il cavallo abbandonato dal borghigiano, che
non parendogli vero di potersi levare la briga di quel focoso
animale,
l'aveva legato a una campanella lÏ fuori; montÚ in sella e partÏ
frettoloso.
Il signor Fedele rivenne dallo stupore in cui l'avevano messo i
portamenti del genero, udendo lo scalpitare del cavallo
sull'acciottolato della via. Ma mentre si lanciava alla finestra per
chiamarlo chi sa con qual grido, si vide dinanzi damigella Maria,
venuta in sala a gran fatica; avendo pel turbamento quasi perduta la
pratica della casa.
´Ed ecco--sclamÚ essa, poichË si sentÏ vicina al cognato;--ecco a
che
ne siamo colla vostra ambizione!
´SÏ--gridÚ il signor Fedele, guardando a squarciasacco la cieca, e
spaurendo Margherita che tremava a verga a verga:--Fatemi le
tragedie
anche voi, che mi stanno bene! A che ne siamo via, dite?...
´Ne siamo a questo--proseguÏ damigella Maria--che quella povera
sventurata della vostra figliuola, se l'aveste lasciata sposare chi
voleva essa, non finirebbe come finir‡....
´Tisica; ammazzata o peggio!--urlÚ il signor Fedele;--capisco! Vi
sar‡
a D..., quel suo giacobino sciagurato, cui Dio mandi tutti i
malanni!
Ebbene..., se essa avesse osato disonorarmi....
´Cognato!--interruppe la cieca, troncandogli la parola colla maest‡
dell'atto; e poi dolcemente disse alla nipote:--Margherita, vattene
in
camera....ª
La giovinetta obbedÏ lagrimosa, e i due stettero zitti finchË i
passi
di lei furono uditi lontani. Allora damigella Maria ripigliÚ severa:
´Cognato, io non avrei creduto mai che voi foste tal padre da
pensare
brutte cose del sangue vostro!
´Io?--rispose il signor Fedele, inarcando le ciglia quasi
maravigliato, e tenendosi l'indice della destra appuntato al petto,
proprio come avrebbe fatto dinanzi al giudice dei fatti suoi, che
avesse potuto leggergli in faccia.
´Voi, sÏ! e se io non v'interrompeva, non avreste avuto rispetto,
neanco per quella innocente, che era qui ad udirvi...
´O voi--disse egli risolvendo l'atteggiamento in cui era rimasto, in
una crollata di spalle stizzosa,--voi dunque che sospetti mi siete
venuta a ficcare in capo...?
´Io dissi onestamente; e giusto!--sclamÚ la cieca; e narrÚ in breve
il
colloquio avuto coll'Alemanno, nulla aggiungendo, nulla tacendo. Il
signor Fedele ascoltava, rischiarandosi in faccia man mano ch'essa
diceva.
Come gli parve che avesse finito, proruppe:
´Donne! E voi volevate perdere il conoscimento per simili freddure?
Via, datevi pace, cognata; andate a dormire quieta, che domattina di
buon'ora io me ne andrÚ a D...ª
E presa la lucerna, se n'andÚ a chiudere l'uscio da via, piantando
(stava per dire al buio) la povera cieca; la quale avrebbe data la
vita per poter essere a D..., per potervi andare anche camminando
sopra le spine. Ma debole, infermiccia, con quella sua disgrazia
degli
occhi, che avrebbe fatto gi˘ per quelle strade, di notte, se anco si
fosse preso in compagnia qualcuno del vicinato? Si ritirÚ nella
camera
dove soleva dormire con Margherita, pensando che quella sarebbe
stata
una notte pur lunga.
L'Alemanno frattanto cavalcava di buon passo, gi‡ vicino a D... e
per
dire il vero aveva molto combattuto seco stesso per tenersi dal
passare al convento, chiamare il padre Anacleto, e gi˘, senza tanti
discorsi, pagargli con una sciabolata sul cranio, il servigio fatto
a
lui ed a Bianca. Ma quella sua smania s'era risolta in un pensare
doloroso alla scoperta del primo amore di Bianca; scoperta che per
lui
nasceva come una nube levatasi in un bel giorno di primavera, ad
offuscare il sole, quando si ha tanto desiderio di calore e di luce.
E
rifacendo colla memoria la vita dei mesi passati, rivide sË stesso,
quale doveva essere stato da principio, allora quando preso d'amore
e
non essendogli dato d'avere uno sguardo dalla donna amata; s'era
sentito venire addosso tanta malinconia, da non essere pi˘ quello
d'una volta agli occhi dei commilitoni maravigliati. RammentÚ come
avesse tribolato molto per cavarsi dal cuore quella montanina, la
quale aveva fatto a lui un senso, che da nessuna donna gli era stato
mai fatto; e la ostinatezza in cui s'era messo per ottenerne
l'amore,
mentre essa non badava a lui, gli pareva adesso la maggior colpa che
avesse commesso in sua vita, proprio come aveva detto alla zia
Maria.
´Folle che io fui--sclamava--a non pensare che in Italia le
fanciulle
a diciott'anni, hanno il cuore preso da un pezzo! L'ho voluta e mi
sta
bene. E qual dritto ho io di rimproverare una donna perchË serba
memoria d'un uomo che amÚ, quando i luoghi dove nacque l'amor suo,
le
stanno sempre dinanzi...!ª In questi pensieri l'animo gli ribolliva,
e
penava a non lasciarsi pigliare dall'ira; ma gli tornavano
nell'orecchio le parole della cieca, la quale gli avea accertato che
Bianca e quell'altro non si erano parlati mai. CosÏ gli si abbelliva
a
poco a poco l'immagine della donna sua; e l'amore puro da essa
custodito finchË egli non era venuto a turbarla, cominciÚ a parergli
la dote pi˘ nobile che Bianca gli avesse portato. Si sentiva quasi
disacerbato; si lodava di essere andato dalla zia Maria a sincerarsi
l'animo; e col capo pieno di disegni e di pentimenti, non vedeva
l'ora
di essere a D... per baciare la mano alla sposa e chiederle perdono.
Vi giunse che mancavano poche ore all'alba; e trovÚ Bianca seduta a
piË del letto, in atto che pareva inconsolabile. Al vederla cosÏ
mesta, egli si fermÚ sulla soglia un tratto; ma non potË tenersi che
non corresse colle braccia tese verso di lei; e levandola dolcemente
in piedi, e guardandola nel volto pallida e segnata di pianto
recente,
colla voce che seppe fare pi˘ dolce, le disse:
´Bianca, e non parli?
´E chi oserebbe parlarvi? Un'altra volta, prima di partire in quella
guisa crudele, cacciatemi di casa che sar‡ meno spregio!
´Odi--rispose il marito--se ho provato il bisogno di correre
se ho voluto parlare alla zia; se torno chiedendoti perdono,
non lo chiederei a nessuno offeso da me, e piuttosto morirei
punirmi colle mie mani; vorrai che m'inginocchi davanti alla
mia? Bianca, abbandoniamo e presto queste montagne; soltanto
di
qui potremo vivere pienamente felici...!
a C...;
io che
per
donna
lungi
´Questi non furono i nostri discorsi!--sclamÚ Bianca:--gi‡ me ne
sono
accorta; prima il paese dove io sono nata, poi vi verrÚ a noia io
stessa...!
´Mi verr‡ a noia la vita!--proruppe egli allora rifatto severo: e fu
l'ultima parola, perchË Bianca non osÚ pi˘ aprir bocca; nË a lui
parve
di poter pi˘ dire senza cadere col discorso sopra l'antico amore di
lei; amore che non avrebbe mostrato di conoscere a nessun prezzo,
pi˘
apertamente di quel che aveva gi‡ fatto.
Mentre essa tornava a rannicchiarsi timidamente, egli si affacciÚ al
balcone; e il suo sguardo per quella oscurit‡ andÚ a posarsi sul
vicolo della riva sinistra del torrente, dove a quell'ora si
vegliava
in una sola casa, come si vedeva alle finestre or l'una or l'altra
illuminate. ´Pare fatto per dispetto!ª pensÚ tra sË; e toltosi dal
balcone chiudendone le imposte con mal garbo, si ritirÚ nella sua
camera senza pi˘ dir nulla alla sposa.
Quella ove aveva visto i lumi era la casa della signora Maddalena,
la
quale stava in quell'ora aspettando Anselmo, che venisse a pigliare
col calesse Marta e lei; per portarle verso i luoghi della marina,
dov'era Giuliano. PerchË dopo le novelle recate da Mattia, la
signora
si era sentita entrare una smania, che le pareva di non poter pi˘
vivere senza andar a raggiungere il suo figliuolo. La partenza era
stata fissata per l'alba; ed intanto che Marta preparava un po' di
roba da portar via, Tecla la aiutava, sentendosi crescere lo
sgomento
di rimanere sola.
CosÏ le poche ore che mancavano all'alba, passavano volando per la
giovinetta, e facendosi secoli per la signora gi‡ pronta; la quale
guardando Marta affaccendata e rinfronzita, aspettava e sorrideva.
La vecchia vestiva certa sua vesta d'indiana scura, tempestata di
fiorellini rossi e minuti, ornata alle ascelle di rigonfi, ai quali
si
innestavano molti svolazzetti somiglianti ad ale di pipistrelli. Le
maniche della veste erano cosÏ strette, che le braccia sebbene
aduste
vi capivano a fatica; un grembiale ampio, d'altra indiana meno
scura,
le cingeva i fianchi fin sulle reni; e due fazzoletti stampati di
frutta e di fiori a colori, assai vivi, le coprivano l'uno il capo,
l'altro le spalle, facendo una strana cornice alla sua faccia,
massime
alla fronte, sulla quale si vedeva un pensiero, piccino ma sempre
desto, ma sempre in moto come uno sgricciolo, dare il guizzo tra le
grinze che facevano mazzo lÏ verso le ciglia, in cima a quel suo
nasetto, curvo come un rostro, e di espressione diversa da quella sÏ
dolce de' suoi occhi.
Alfine il calesse arrivÚ sul piazzale. La signora udendolo si levÚ
in
piedi; e voltasi a Tecla le disse: ´Mi sento cosÏ forte che proprio
sarebbe peccato se io non andassi:.. Tu Tecla sta da buona
figliuola... tu rimarrai al mio posto. La farai da padrona, e
accoglierai i forastieri, se qualcuno ne capiter‡, mentre io sarÚ
lungi. Ecco, queste sono le chiavi..., tu le conosci tutte. Dormirai
nella camera che ti piacer‡ meglio, e tuo padre e tua madre ti
terranno compagnia. Userai d'ogni cosa come fosse tua; ritirerai la
roba dai coloni, ne terrai conto sul libro di casa, darai gli ordini
per la vendemmia..., impara a diventar massaia, che quanto a noi chi
sa quando ritorneremo. Se col‡ si sta nulla nulla bene, non ci verr‡
in mente di rivenire quass˘, no. Allora scriverÚ che tu mi mandi
quello che mi bisogner‡, e potrai venire con tuo padre a portarlo.
Vedrai i bei paesi! L‡, quando noi si muore dal freddo, dalla noia,
chiusi in casa dalla neve, l‡ sempre un sole, sempre un'aria dolce,
e
il mare... Addio Tecla.ª E presa tra le mani la testa della
giovinetta, che pareva non aver pi˘ senso di nulla, la baciÚ in
fronte, e s'avviÚ verso il piazzale.
Marta rispettosa pi˘ che non fosse mai stata tutta quel tempo, in
cui
i suoi riguardi verso Tecla erano cresciuti ogni giorno, le disse:
´Avete inteso? il Signore vi vuol proprio bene! Pregate per la
padrona
e per me. Addio.ª--E datole anch'essa un bacio, andÚ a raggiungere
la
signora, recando una sporticella, nella quale aveva raccolto cacio
paesano, pane, frutta, tanto da potersi rifocillare tra via, come se
fuori di casa fosse stato il deserto.
Tecla sin dalle prime parole della signora s'era sentita uno
sbalordimento, e si reggeva al tavolo, perchË le gambe non volevano
tenerla ritta. Ma quando lei e Marta furono scomparse dall'uscio,
quel
vedersi sola la scosse, e a passi concitati andÚ fuori per
raggiungere
la signora. Il calesse partiva in quel punto, portando le due
viaggiatrici, le quali si volsero addietro, videro la giovinetta
colle
braccia tese; la salutarono colla mano, e subito trapassarono l'arco
che loro la tolse di vista.
Allora Tecla diede uno sguardo a suo padre, che tutte quell'ore era
stato ad aiutare Anselmo ad arnesare; un altro ne diede alle chiavi
avute dalla signora, e lasciandole cadere: ´no, no!--sclamÚ--io non
voglio, non voglio... O signora Maddalena, o padre mio, rimenatemi a
casa vostra!
´Via--diceva Rocco raccattando le chiavi, e non sapendo capire come
tanto onore tornasse sgradito alla figlia,--via, che tu sei pazza e
tiri i calci al pan bianco... andiamo.ª
E la menava dentro, lieto di quella ventura, parendogli di essere da
colono diventato gastaldo copioso d'averi per i belli occhi di lei;
e
gi‡ pensava alle cento cose che avrebbe fatto mentre che la signora
sarebbe rimasta lontana; ed in cuor suo tornava ad augurarle la
buona
andata.
Questa in verit‡ non poteva da principio essere migliore, e il sole
s'era alzato di poco, che gi‡ il calesse aveva oltrepassata la terra
di R... intorno alla quale giostrava una grossa banda d'Alemanni,
che
sciupavano i prati altrui, immollandosi nella guazza a procacciarsi
doglie per la vecchiaia. A un certo punto dove l'aspetto della via
era
pi˘ selvaggio, sorgeva su d'una roccia un pilastrone, nel quale era
cavata una nicchia, e un pennello onesto vi aveva dipinto una
Madonna
Addolorata, che sovrastava ad un viluppo di fiamme e di teste, messe
l‡ dal pittore a spasimare nel purgatorio. Quella dipintura sta anco
ai dÏ nostri, che par fatta ieri; e gli abitanti della terra non vi
passano dinanzi senza inchinarsele, pensando che in et‡ pi˘ tristi
toccÚ chi sa quanti cuori di ribaldi, che facevano guerra alle
strade.
L‡ le viaggiatrici si abbatterono in due personaggi che venivano
cavalcando dalla parte di C..., ma non erano due ribaldi; bensÏ uno
frate francescano su d'un'asina lenta, l'altro gentiluomo su d'un
muletto, che pareva stizzito d'essere tenuto a paro e sÏ tardo con
quella.
Costoro si scansarono per lasciar largo il passo al calesse, e il
gentiluomo alla vista di chi vi era dentro, diede un guizzo,
arrossÏ,
nË potË stare che passando oltre non si recasse la mano al cappello.
Il frate salutÚ chinando la testa reverente.
´Oh! oh!--sclamÚ Anselmo--son mattinieri il signor Fedele di C..., e
il predicatore che avevamo a D..., la quaresima passata!ª--E girata
un
tantino la gota sulla spalla, e tenendo un occhio al cavallo e
l'altro
alla signora Maddalena, soggiunse:--´Forse il signor Fedele va a
visitare quella sua figliuola maritata ad uno di quei generali
Alemanni, che abita in castello...ª
La signora Maddalena, cui la vista del padre di Bianca aveva tornato
a
mente l'apparizione di costei all'arco del suo piazzale, s'era
sentita
correre un gelo per la persona. Ora le parole d'Anselmo le fecero
pensare quanto pi˘ lieto di lei, doveva essere quel padre che andava
a
visitare la sua figliuola felice; e non potË frenare un sospiro,
Anselmo temendo di darle noia, schioccÚ la frusta, e tirÚ diritto al
fatto suo: ma ahimË! quella donna che partendo di casa aveva trovato
cosÏ bello il cielo, i campi, la compagnia; parve ad un tratto
condotta a forza e rassegnata a qualche mala ventura. Gi‡ tutta
l'allegrezza di mezz'ora prima, si mutava nello struggimento degli
altri giorni.
Marta, pur non osando dir nulla, vedendo in faccia alla padrona i
segni dell'animo scompigliato, stava tutta occhi, temendo che le
pigliasse male. E per questo non badava a un rumore come di tuono
lontano, che veniva non si poteva dir bene da qual parte; e quasi
non
udiva certe esclamazioni, in cui usciva Anselmo, come parlasse a sË
stesso.
´O che adesso siamo al temporale?--diceva egli--eppure non veggo una
nuvola larga come un luigi d'oro, chi la volesse pagare!ª E alzava
gli
occhi a guardare il cielo, terso da un capo all'altro come uno
specchio. Ma quel rumore, quel mugolÏo, cresceva cresceva; il
pover'uomo stupiva sempre pi˘; e ad ogni svolta donde si potesse
scoprire pi˘ lontano, avrebbe giurato di vedere spuntare
all'orizzonte
le nuvole malvagie piene di tempesta.
Mentre egli pensava all'uve, alla grandine e al ricolto pericolante;
la signora toccando Marta leggermente col gomito, le additÚ di l‡
del
torrente una viuzza aspra, che menava ad un casale, accovacciato in
fondo a una valletta squallida e brulla. Marta guardÚ, e vide una
compagnia di contadini, i quali facevano corteo ad un feretro
coperto
d'un lenzuolo bianco, e portato da quattro disciplinanti.
´L‡ c'Ë un morto; disse segnandosi Anselmo, che forse udendo qualche
verso delle litanie dette dietro quel feretro, aveva posti gli occhi
addosso alla comitiva: ´il Signore abbracci l'anima sua.ª E si mise
a
bisbigliare qualche preghiera.
L'ora, la vista che facevano quei camminanti, le pietose parole
d'Anselmo, rozzo uomo, e buontempone, aggiunsero tanto allo stato
della signora Maddalena, che il suo pensiero si arrestÚ lÏ. In
cambio
del morto vide colla fantasia sË stessa al gran passo, e una voce
interna le disse: ´colui se non altro ebbe il conforto di spirare
tra
i suoi; ma tu quando sar‡ la tua ora, dove morirai e come; e in man
di
chi?ª Morire per essere sepolta nella chiesa del suo villaggio, l‡
dove erano stati chiusi suo marito, il suocero, la suocera, tutti i
parenti ch'essa non aveva conosciuti, e che avrebbe trovati nel
sepolcro e nell'eternit‡, era cosa cui pensava talvolta anche con
certa gioia; ma andare a giacere in altre tombe, quale sgomento!
Essa si sprofondava in questi pensieri; e il calesse giungeva l‡
dove
la valle s'allarga improvvisa nella pianura di C..., ampia e
deliziosa, com'Ë descritta in sul principio di questa istoria; e nel
lato opposto a quello donde il calesse arrivava, chiusa dai monti di
San Giacomo, del Settepani, da tutta la giogaia; sui fianchi della
quale, gli uni di l‡, gli altri di qua, si fronteggiavano da mesi, e
assai da vicino, gli imperiali e i repubblicani.
Le selve di quei luoghi aspri, parevano in quel momento incendiate;
e
al fumo che sorgeva a viluppi in parecchie parti, s'indovinava una
battaglia, della quale non si udiva che quel mugolio, parso ad
Anselmo
di tempesta vicina.
´Oh! oh!--sclamÚ egli, fermando il calesse cosÏ d'un tratto, che le
viaggiatrici n'ebbero scossa la persona--altro che temporale! Vegga,
vegga, signora Maddalena, non vede che guerra su quei monti lass˘?ª
La signora Maddalena strappata a' suoi pensieri lugubri dalla scossa
e
da queste parole, sporse il capo guardando da quella parte, verso la
quale Anselmo teneva tesa la frusta: e Marta balzata in piedi sul
calesse, si faceva colla mano solecchio per vedere meglio quello
scompiglio lontano.
´Oh poveretti noi! di lass˘ a qua non vi sono sette ore di
cammino...ª
cominciava a gridare Anselmo.
´Correte, frustate, chiedetemi il sangue, purchË s'arrivi!-interruppe
la signora--mio figlio Ë lass˘... lo sento... lo so... me
l'uccideranno! correte..., o Anselmo, non mi volete portare? Oh la
guerra! la guerra! anderÚ da me...!ª
E fece atto di discendere dal calesse, ma non le riuscendo ricadde
sul
sederino, cogli occhi fuori di punto, colle labbra aperte, come se
volendo gridare non lo potesse.
Marta, che in quell'abbandono le aveva cinta la vita colle braccia
tremanti, la guardava e non sapeva trovare una parola da dirle. E la
signora alzando gli occhi in lei si lamentava con un filo di voce;
´ah
veramente, io fui sempre una donna malvagia, nevvero Marta? Io ho
afflitto mio padre, mia madre, mio marito, non ho santificato le
feste, uccisi, rubai..., perchË se no, il Signore non mi
tormenterebbe
in questa maniera!ª E fissando il cielo colla rampogna nello
sguardo,
abbandonava la gota sulla spalla della fantesca sbigottita, e le
sussurrava acconciandovisi come una bambina! ´oh! come mi sento
male!ª
Marta accennÚ ad Anselmo che desse di volta pian piano; dubitando
forte di portarla viva a D... tanto era il martellamento che le
sentiva dal cuore: e Anselmo obbedÏ. Coll'anima tutta negli occhi, e
nelle mani, reggeva le briglie del cavallo, facendolo cansare ogni
ciottolo, ogni fondo, che fosse per dare al calesse qualche
scossone:
e fu tanta la sua gentilezza di cuore in quel ritorno doloroso, che
in
un punto della via, in cui la persona della signora rimase tutta
irraggiata dal sole gi‡ alto e cocente; discese, strappÚ da certi
castagni della ripa molte fronde, e di queste si mise a fare sul
capo
dell'infelice un poco di rezzo. La signora capiva, e stando sempre
col
capo appoggiato in sulla spalla di Marta, cogli occhi chiusi,
tendeva
la mano per ringraziarlo, non si sentendo di potergli parlare.
S'adoprava egli in questo fatto con gran cura, quando vide comparire
il padre Anacleto: solo, mogio, curvo sull'asina; non gli sarebbe
bisognato altro che cavalcare colla coda di questa fra le mani, per
parere invece che da D..., tornato dalla berlina.
´Oh! il Signore ci manda quel buon frateª bisbigliÚ Marta cui
s'allargava il cuore, e affrettava col desiderio il passo dell'asina
che era assai lento; ma il frate venuto innanzi, passÚ senza badare
al
calesse, e forse anche senza rammentarsi della storia del
Samaritano.
´Sorte che il Signore ci ha fatto un buon par di braccia anche a
noi!--disse Anselmo--che se no costui non ci darebbe una mano, manco
a
pagarlo...!ª e avendo finito di intrecciare le frasche, tornÚ a
sedersi al suo posto e il calesse ripigliÚ la via.
Di l‡ ad un'ora, Anselmo fermava il cavallo sul piazzale della
signora
Maddalena, che sarebbe stato affollato da quanti vedevano quel
ritorno
e offrivano servizio; se Marta non avesse pregato la gente di
starsi,
perchË non era nulla. E la gente si ratteneva rispettosa, ma andava
pel borgo a spargere la mesta novella della signora.
Tecla che se ne stava in sala dove s'era seduta il mattino nË si era
pi˘ mossa, sbigottita della propria solitudine; udito il rumore
delle
ruote, corse verso l'atrio, di che animo si puÚ immaginarlo. Il suo
primo pensiero fu che la signora avendo incontrato tra via Giuliano,
se ne rivenisse con lui; ma ohimË! la vide come era abbandonata
sulla
spalla di Marta, e le parve morente. Se non proruppe in un grido, fu
perchË la fantesca glielo spense coll'atto della mano; e la povera
signora fu portata da loro, da Rocco, dalle persone amiche arrivate
affannose, nel proprio letto. Vedeva, udiva, avrebbe potuto parlare,
ma provava una dolcezza ineffabile, a lasciarsi vincere da certa
stanchezza accidiosa, che le si diffondeva per la persona, e sentiva
come una nebbia che l'avvolgesse. Sorrise a tutti..., accomiatÚ
tutti
collo sguardo; e rimasta sola con Marta e con Tecla, fissÚ il
ritratto
del marito che pendeva alla parete di faccia all'alcova, e parve
cominciare con lui un discorso, e dirgli che era venuta indietro,
per
morire nel letto su cui anch'egli era morto.
CAPITOLO XX.
Il padre Anacleto era parso assai disumano ad Anselmo; ma nei suoi
panni, avrebbero avuto il capo alle opere di misericordia ben pochi.
Quel mattino egli aveva appena finito di cingersi il cordone, e gi‡
il
laico portinaio gli aveva battuto all'uscio della cella, dicendo che
il signor Fedele lo voleva gi˘ sul piazzale. Disceso in fretta,
aveva
trovato costui venuto a cavallo per menarselo a D...; ed egli
pensando
che s'andasse a fare un po' di buon tempo dagli sposi, fatta mettere
la bardella all'asina della comunit‡, vi s'era accomodato sopra alla
meglio: ma nË partendo, nË tra via quando incontrarono il calesse,
nË
dopo, il signor Fedele gli aveva detto la cagione vera di quella
gita.
Chiacchierando della signora Maddalena, e compiangendola d'essere
madre di quel Giuliano, sui fatti del quale tiravano gi˘ a distesa;
giungevano a piË del castello, che gi‡ l'Alemanno aveva accompagnata
in chiesa la povera Bianca, come ogni mattina, a udire la messa. E
venutosi a sedere colle gambe spenzolate dal muricciolo del sagrato,
stava osservando certe nuvolette, che parevano proprio nascere sulle
lontane cime dei monti verso il mare. Erano le stesse nuvolette, che
avevano fatto fare ad Anselmo l'improvvisa fermata, che abbiamo
veduto. Capiva l'Alemanno che quello era il fumo d'una battaglia, e
guardando pensava: ´ieri il sagrestano ha pur detto il vero; lass˘ i
miei amici combattono, ed io sto qui inoperoso! Ma questi sono tutti
luoghi fatti a posta perchË gli uomini vi si ammazzino tra loro; e
un
palmo di terra per esservi sepolto, ve lo posso trovare anch'io da
oggi a domani. CosÏ resta finita ogni cosa.ª Assorto in questi
pensieri, egli non aveva badato ai due strani cavalieri, che
venivano
su per la via torta del castello; e non li vide se non quando furono
lÏ, per arrivare sulla spianata. All'agitarsi delle loro mani
levatesi
a salutarlo; alla vista del padre Anacleto, che gli sorrideva con
aria
paterna; il sangue gli andÚ da capo a piedi come un fuoco; dovË fare
uno sforzo per rattenersi dal maltrattarlo; e toltosi dal
muricciolo,
aiutÚ lo suocero a smontare, ma al frate non disse nulla, nË lo
guardÚ
punto.
´O che non mi conosce pi˘?--sclamÚ questi stendendogli la mano.
Allora
l'Alemanno si fece pi˘ torvo, e rispose asciutto: No!
´Come!--disse il signor Fedele, guardando il genero ma dal naso in
gi˘
soltanto, perchË fissarlo negli occhi non avrebbe potuto:--che non
conosciamo pi˘ il padre Anacleto?
´Che siamo gi‡ sulle baie cosÏ di buon'ora?--aggiunse il frate, sul
medesimo tono del signor Fedele.
´Io,--gli rispose l'Alemanno severo--non credeva mai di trovare in
Italia un frate della sua sorta. La prego di lasciarmi in pace.ª
E preso il suocero pel braccio, lo trasse con sË. Questi teneva la
testa bassa pi˘ che non la tenesse il muletto che si menava dietro a
cavezza; e quando osÚ alzarla un tantino, fu per dare alla sfuggita
un'occhiata al frate, quasi per dirgli che per carit‡ se n'andasse.
Non gli pareva manco vero di non sentirsi anch'esso scacciato; e gli
si accaponÏ la pelle, quando il genero di su la soglia della chiesa,
additandogli Bianca inginocchiata dentro gli disse: ´Essa Ë l‡, ma
in
questo momento non prega per me!ª
Non sapendo che rispondere a questo lamento, il signor Fedele si
volse
a guardare indietro, ma il padre Anacleto non v'era pi˘. Costui
aveva
capito che proprio l'Alemanno non faceva per celia; e indovinando
cosÏ
alla grossa la cagione del suo cruccio, s'era ingegnato a voltare
l'asina, la quale dopo molte strappate, riuscita a porsi cogli
orecchi
a quella volta dove aveva la coda; discese di castello con molto
travaglio; trapassÚ il borgo a pie' di questo; e infilÚ la via che
non
credeva dover rifare cosÏ presto, con quel po' di peso sopra la
groppa.
´Ah! l'ingrato scortese!--borbottava il frate fuggendo--se questa Ë
la
creanza che t'hanno insegnata dalle tue parti, tu devi essere uno di
quei baroni, che in dodici non ne fanno uno dei nostri! Io mi sono
stillato il cervello per darti una moglie, mi metto a questi passi
col
po' di sole che c'Ë, con questo po' di marrani paesani tuoi che
farebbero ingiuria al paradiso; tutto per venirti a vedere...: e tu
mi
fai l'accoglienza del lupo? Scacci come uno straccione un frate, che
ha dette per te tante bugie...? vai, che ho lavato la testa
all'asino;
ma nulla nulla che la palla mi balzi destra, se io non le do mio
danno, vedrai!ª
Facendo queste ed altre querele, il frate s'allontanava da D...,
invelenito per quell'accoglienza inattesa. Tirava anche i suoi conti
sul bel guadagno avuto in quel negozio; e oltre l'ingratitudine
dell'Alemanno, gli sommavano l'inimicizia di quel Giuliano, il quale
avrebbe potuto trarlo chi sa in che guai, massime se le cose dei
giacobini finivano a bene... Questo pensiero gli faceva sudare le
tempia; e Marta che lo credette occupato d'alte cose, quando lo vide
la seconda volta passare vicino al calesse, senza dire nË ai nË bai;
forse gli fu pi˘ giusta di Anselmo, che gli tirÚ dietro a campane
doppie, come abbiamo visto! Al primo guado che trovÚ varcÚ il
torrente; e maledicendo la propria ventura, e macchinando di
ricattarsi sul signor Fedele, si ridusse mortificato al convento.
Intanto il padre di Bianca, rimasto sulla porta della chiesa di D...
se la discorreva col genero, che gli aveva fatto riporre il muletto
da
quel suo servitore, il quale diveniva sempre pi˘ afflitto e
taciturno,
a misura che gli pareva di vedersi dar ragione dal tempo, su quel
matrimonio riuscito male. Aspettavano essi che la sposa uscisse di
l‡
dentro, dove non erano che due altre donne, inginocchiate lontane
tra
loro, quasi fossero state gelose di non far indovinare l'una
all'altra, la grazia che chiedevano al cielo. L'Alemanno non aveva
detto parola sul fatto della sera innanzi, e il signor Fedele non
era
stato sÏ matto da entrargliene; anzi temendo d'esservi alfine
tirato,
finse di spazientirsi del vedere la figliuola star tanto in chiesa;
e
chiese licenza di salire dal pievano, per una ambasciata che disse
d'avergli a fare. Dando gli ultimi tocchi ad un suo disegno, fatto
lÏ
per lÏ, s'avviÚ frettoloso al presbiterio.
Don Apollinare aveva finito allora la colazione, facendosi dire da
Mattia, la terza o la quarta volta, quel che gli era seguito in
tanti
mesi; e parlando di Giuliano, tanto gli tirava su le calze colle
dimande, che il sagrestano per ricattarsi di quella noia, pigliava
un
diletto crudele a narrargli quanto il giovane fosse ben voluto dai
Francesi. Accertava che egli non era buono a far male a un pulcino,
ma
mostrava di conoscere certi suoi sdegni, certi nemici che
l'avrebbero
visto all'opera, se mai gli riusciva di tornare a D..., con una mano
di quei Sanculotti, i quali parevano pronti a servirlo in ogni suo
volere. Il pievano avrebbe voluto mentir per la gola Mattia, delle
lodi che dava al giovane; ma sentendosi il cuore appeso a un filo,
si
ratteneva; e si sarebbe acconciato a barattare i panni con lui, se
coi
panni avesse potuto pigliarne la sicurt‡, e la buona grazia che egli
mostrava d'avere da Giuliano.
Donna Placidia ascoltando anch'essa quei racconti, se ne stava colle
mani appaiate fra le ginocchia, cogli occhi nel fratello tra pietosa
e
annoiata: e pensando che i Francesi potevano capitare dall'oggi al
domani; lasciava sul tavolino la chicchera, il bricco, tutte le cose
di cui il pievano s'era servito; perchË le pareva tempo perduto
rigovernarle, avendo forse ad essere uccisa fra un par di giorni, e
sentendosi dentro un'anima da salvare.
Mattia era in sul bello delle sue spacconate; quando s'intese su per
la scala un passo domestico, e subito apparÏ sull'uscio del salotto
il
signor Fedele.
´Ohe!--esclamÚ balzando ritto il pievano--che sono gi‡ a C...?
´Chi?
´I Francesi!
´Manco per sogno!
´Dio lodato!--sospirÚ il pievano dando un'occhiata di traverso a
donna
Placidia, la quale nË s'era turbata prima, nË rassicurata poi; e
ripigliato animo, tirÚ l'amico a sedere, in sulla sua poltrona,
soggiungendo:--allora segga qui, dove siede sempre la sua
figliuola...
´Appunto sono venuto a vederla per essa, e mi abbisogna un
servizio...
´Ma due, se posso!--rispose don Apollinare; e allo sguardo dato
intorno dal signor Fedele, avendo capito che costui voleva non
essere
ascoltato da altri, fece un cenno a donna Placidia e a Mattia, i
quali
se ne andarono di l‡ in cucina.
´Ecco!--prese a dire il signor Fedele, tenendo la persona sporta un
tantino verso il pievano, come soleva tenerla verso i clienti, che
sempre si faceva sedere di faccia:--jeri sera al tardi capitÚ a C...
mio genero, a farmi una mezza scenata; e ripartÏ piantandomi come un
matto. Io voleva venire qua subito, ma ho aspettato fino a stamane,
perchË mi sarebbe parso di dargli appicco a credere che io credessi,
quel che egli crede... cioË... che la mia figliuola... basta!
Brevemente... questa mia figliuola voleva bene ad uno quaggi˘ di
D...
´Lo so! lo so! lo so! Il figlio della signora Maddalena!--disse il
pievano facendo una brutta smorfia, in cui compendiÚ tutto quel
male,
che per prudenza non aveva detto, parlando del giovane con Mattia.
´Appunto! Ma io l'aveva promessa, e sebbene essa in sulle prime si
mostrasse restÏa, si mise di mezzo il padre Anacleto...
´Ma se so tutto!...ª tornÚ a dire il pievano.
´Tanto meglio! Si fecero le nozze... le feste parevano voler durare
un
anno e un giorno, come quelle dei principi...: ma to! il diavolo se
ne
immischia, lo sposo porta qui mia figlia... e chi sa? Qualche
occhiata, qualche rossore... siamo deboli..., e tra persone che
s'abbiano voluto bene... Insomma... signor pievano, ella puÚ
rimediare
a tutto... quel suo parrocchiano, me lo disse il padre Anacleto, Ë
un
giacobino...: se ella lo chiamasse... se lo ammonisse... e sin che
mia
figlia sta in D... gli vietasse d'uscir di casa...
´E temo che egli chiuder‡ noi in casa nostra:... e ci brucier‡
corpo,
beni, e ogni cosa...!ª sclamÚ il pievano levandosi in piedi.
´Corpo, beni, ogni cosa!--proruppe il signor Fedele, levandosi
anch'esso, cogli occhi strabuzzati e col fiato grosso.
´Egli verr‡ coi Francesi che se l'han pigliato per guida! Ah! amico,
lo vuole un consiglio da fratello? stia pronto a fuggire..... o si
tenga l'olio santo in tasca..... chË s'egli viene quaggi˘ e ci
acchiappa, guai!
´Grazie, signor pievano,--disse tremando il signor Fedele, e uscito
a
furia dal presbiterio, per poco non montÚ sul muletto tenuto l‡
pronto
dal vecchio servitore, senza risovvenirsi di Bianca nË dello sposo.
Ma
questi discendeva appunto, ed appariva sulla porta del suo
quartiere,
respingendo dolcemente la giovane donna, la quale si teneva stretta
a
lui, e pareva non lo voler lasciare. Egli si spazientiva, e chiamÚ
il
suocero, vergognando d'essere veduto in quell'imbarazzo dai
commilitoni, che cominciavano a passare frettolosi e affaccendati, e
si raccoglievano intorno a una casa, sulla quale sventolava un'ampia
bandiera imperiale.
´E adesso che c'Ë?--sclamÚ il signor Fedele, correndo verso il
genero.
´I Francesi hanno assalito i nostri sui monti del Finale....
´O Dio!--soggiunse il signor Fedele--e farÚ a tempo a correre insino
a
C...?
´PurchË si spicci...ª disse l'Alemanno scioltosi alfine da Bianca;
la
quale s'avvinghiÚ al padre, per non cadere di sfascio: e ´deh!
gridava
dietro lui, non andare, non andare!ª ma il marito disparve.
Allora essa si volse a pregare il signor Fedele, ed egli invece
facendo ogni sforzo per levarsela dai panni, rispondeva:
´O tua sorella, tua zia, ti pare che le possa lasciar sole...? Non
sai
chi viene coi Francesi? quel giacobino rabbioso che tu stimavi un
santo...! E ci vuole tutti morti, ci scanner‡ tutti...! m'hanno
avvisato...ª
Bianca udendo rammentare Giuliano, rimase spossata. Ond'egli
riuscito
a sciogliersi dalle braccia di lei, corse al muletto, vi fu sopra
aiutato alla meglio dai soldati che arnesavano in fretta pei loro
ufficiali; e gi˘ pel colle senza badare a pericoli, fu al piano
appunto in quella che il calesse della signora Maddalena tornava nel
borgo. Non si fermÚ coi curiosi, ma lavorando di garetto contro i
fianchi della povera bestia, prese la via di C... cosÏ di buon
passo,
che se al generale Alemanno fosse bisognato spacciare un messo a
quella volta, in gran diligenza; niuno l'avrebbe potuto servire
meglio
di lui. A mezza via abbattutosi in un ulano che veniva da C... a
briglia sciolta; egli ebbe tanta paura del rumor della spada, del
lucicar della lancia nel nembo di polvere che si levava attorno a
quel
cavaliero, che fu a un pelo dal ribaltare; e se il muletto avesse
assentito alla strappata che gli diede per cansarsi, sarebbe andato
a
fiaccarsi il collo gi˘ dalla ripa. Ma come Dio volle, giunse a C...
sano e salvo, a vi trovÚ un bolli bolli mai pi˘ veduto. Gi‡ n'erano
partiti il parroco, il clero, i maggiorenti, e per le vie la folla
era
stupefatta, come trib˘ di selvaggi che stesse guardando un eclisse.
Smontato alla porta di casa sua, legÚ il muletto al martello
dell'uscio, e salÏ tempestando la scala. Appena fu dentro, e vide
ogni
cosa a suo posto, egli che aveva temuto di trovar la casa gi‡
saccheggiata dai birboni del borgo; diede una grande rifiatatona, e
chiamÚ damigella Maria con tal voce, che i vetri delle finestre
n'ebbero a stridere come per uno squillo di tromba. La cieca e
Margherita comparvero, ed egli affannato: ´animo, mettete insieme un
po' di roba, e si parte... son qua i Francesi.
´E Bianca?--chiese damigella Maria.
´Sta meglio di noi! animo! la roba e si parte!--e cosÏ dicendo passÚ
difilato nello studiolo; ivi aperse un armadio, ne cavÚ l'oro, i
fogli, le cose di prezzo, e messo ogni cosa in un sacchetto, se lo
nascose sotto l'abito, stringendolo al petto come un bambino.
´Eccole qui!--sclamÚ tornando in sala, e vedendo che la cognata e la
figliuola non s'erano mosse--eccole qui, che stanno a fare le
scimunite...! animo, a chi dico? chi comanda qui? Partiamo senza
roba!
´Cognato--rispose la cieca dolcemente--io e Margherita si resta in
casa.
´Ma non sapete che coi Francesi, viene pure quello scellerato di
D...ª
In quel momento s'udÏ un suono di tamburi che schiantÚ le viscere
del
signor Fedele, e fece impallidire Margherita e la zia.
´O Dio!--disse egli affacciandosi alla finestra--ed io sto qui
predicando ai porri...! Se vorrete seguirmi fino a stassera, sarÚ al
Convento.... pi˘ in l‡ non so....
E infilata la scala, in un lampo fu al fondo, a cavallo, in cammino;
e
il passo del muletto, si perse lontano negli altri rumori.
Margherita
s'affacciÚ per vederlo, e ruppe in pianto.
Passavano per la
bella
e grossa schiera
in
armi all'alba di
campagna; adesso
via maestra i fanti di T¸rkeim e di Colloredo,
che da quasi un mese alloggiava nel borgo. Usciti
quel giorno, avevano corsa per tutti i versi la
coperti di polvere, mezzi morti dalla fame,
attraversavano il borgo colle bagaglie, coi carri, colle vivandiere,
strascico infinito e molesto.
´Se tu piangi--disse la cieca alla nipote--vai pure con tuo padre:
ti
farÚ accompagnare da qualcuno...
´Ma non si poteva andare con esso anche noi?
´L'ho obbedito una volta, e mi basta... CosÏ non l'avessi fatto, e
Bianca sarebbe forse felice. Io di qui non mi muovo, fossi certa di
dovervi morire.
´O zia, io morirÚ con lei! sclamÚ Margherita, stringendosi alla
cieca.
´Eh via che non moriremo...! I Francesi non saranno peggiori degli
Alemanni. Andiamo a chiudere la porta, e niuno ci dar‡ noia.ª
I fanti continuavano a passare, facendo rimbombar le volte della
scala
in guisa lugubre; ma il loro aspetto non aveva ancora nessun segno
di
rotta patita. Soltanto gli uffiziali, vedendo chiudersi le case, e
le
genti del borgo fuggire, parevano addolorati di non poterle
difendere.
Poi fu silenzio sin verso l'ora di desinare; silenzio, dico, d'armi
e
d'armati, perchË i borghigiani rimasti tirarono innanzi a fare per
le
vie, i capannelli, i lamenti, i sinistri presagi. Ma pi˘ sul tardi
furono viste altre schiere, venire innanzi spingendo sui muli, sulle
barelle, una moltitudine di feriti; e a mirare come erano scomposte,
e
come correvano ora alla sfilata, ora affollandosi, si capiva che
tornavano dalla battaglia seguita il mattino verso Settepani.
Affrontate dai Francesi furiosamente, avevano abbandonato le difese
dei monti; e rotte, perseguitate, afflitte di molte morti, si
rivolgevano anch'esse a D..., dove il generale Alemanno, chiamava
tutto l'esercito per messi a cavallo, che venivano come razzi;
avendo
egli disegnato di far la massa in quel luogo.
CosÏ dalle creste pi˘ alte dell'Apennino al piano di C.., la via
rimaneva aperta ai Francesi, i quali parevano risoluti di ferire
qualche gran colpo in val di Bormida; e calavano con ardire
inestimabile, rapidi, improvvisi, nuovi nei modi di guerra, come se
il
fulmine li guidasse.
Finito lo strascico degli infermi, dei malconci, degli spedati, le
vie
di C... rimasero mute davvero e deserte. Le famiglie rimaste, si
turarono in casa, aspettando ogni minuto di udire i Francesi sfondar
le porte. Ma passa un'ora, passane un'altra, questi non arrivavano;
nË
i pi˘ animosi affacciatisi all'abbaino dei proprii tetti, videro
gente
venire gi˘ per la valle, o polverio o altro segno che l'annunziasse.
A
poco a poco qualche finestra s'aprÏ, qualche porta stridË sui
cardini,
qualche domanda fu scambiata da casa a casa; poi alcuni monelli
furono
visti farsi cenni da via a via, correre, raccogliersi camminando in
punta di piedi, e parlar basso tra loro, come temessero di turbare
il
sonno a qualcuno. Si consigliavano, s'animavano, facevano alle
pagliuzze chi dovesse andare fuori le mura, fino ad un certo punto,
a
scoprir paese: e uno, due, tre partivano, sparivano, tornavano,
recando nulla. Allora presero a lagnarsi ad alta voce degli Alemanni
partiti, e dei Francesi non venuti; e fatto gruppo intorno al pozzo
della piazza, parevano essi i padri del villaggio, deputati a far le
accoglienze alla soldatesca nemica.
Di questo andare il giorno volgeva alla bassa ora; e gi‡ nelle case
si
pensava con pi˘ spasimo, al gran tafferuglio che sarebbe stato, se i
Francesi fossero capitati di notte: quando tra quei fanciulli del
pozzo, qualcuno con viso maravigliato, additÚ il castello; e tutti
si
volsero a guardare da quella parte, con tanto d'occhi, silenziosi,
gli
uni accostandosi agli altri, come i pulcini all'apparire del nibbio.
Tra i ruderi di lass˘, si vedevano uomini strani, sporgere il capo,
mostrarsi dal petto in su, arrampicarsi fin sugli alti comignoli,
agitando armi e fogli che spiegavano al vento, chiamando coi cenni i
monelli. Questi consigliatisi tra loro un poco; parte spulezzarono
paurosi, parte confortati da qualche adulto, che parlava dalle
finestre socchiuse, mossero verso il colle, dapprima alla sfilata,
quindi pigliando sicurt‡; da ultimo facendo a chi arrivasse primo.
Pareva che andassero non a vedere quegli stranieri, creduti
mangiatori
di bimbi, ma a far galloria; come i dÏ della settimana santa, che
dopo
gli uffizi, solevano salire in castello a frotte, suonando un
diavoleto di nicchi, di tabelle, di raganelle, per imitare i Giudei
andati dietro Ges˘ in sul Calvario.
Accozzatisi con quei soldati, che erano scorridori Francesi, venuti
lass˘ a spiare la terra; alcuni rimasero sul ciglio del colle a
chiaccherare e a ricevere carezze; altri tornarono al basso a
portare
certi fogli, che, letti dai sapienti, dicevano ai popoli delle
Langhe
stessero di buon animo, accogliessero i repubblicani per fratelli,
perchË tali essi volevano essere a tutte le genti, cui portavano
libert‡ e pace.
Rinfrancatisi alle belle parole del generale Francese, alcuni
borghigiani si fecero cuore e salirono in castello. Chi l'avrebbe
mai
pensato? Di lass˘ guardando verso mezzogiorno, le colline popolate
qua
di vigneti baldanzosi, l‡ di castagni antichissimi, scintillavano
d'armi percosse dal sole che andava sotto. Il bagliore di quelle
armi
atterriva; ma se quei Francesi che le portavano, erano come quelli
venuti sino al castello, gente pi˘ cortese e alla buona, non si
poteva
immaginarla mai pi˘. Le accuse che loro si facevano da parecchi
anni,
erano adunque fatte a torto; e cosÏ pensando, quei borghigiani si
lasciavano menare verso le alture, dove le bande appena arrivate,
gi‡
lavoravano a far terrati, abbattute, ripari; allegre, pronte,
maravigliose a vedersi tanto erano industri.
Su d'una collina, alla quale alcune case leggiadre davano aspetto
pi˘
domestico; i Francesi avevano fatto sosta in gran numero, e ponevano
il campo. Una di quelle casette, ornata la porta e le finestre d'un
bugnato di pietra verdastra, e cinta di mortelle che facevano siepe
alla spianata; era la villa di don Marco. Il poderetto che le si
stendeva a piË gi˘ pel colle, formava il patrimonio ecclesiastico
del
povero prete; il quale lo coltivava a sue mani, coll'aiuto di
qualche
giovane dei dintorni, chiamato a far giornata. Egli soleva ritirarsi
in quella casetta alla stagione dell'uve; ma quest'anno vi si era
confinato gi‡ da due mesi, proprio quel giorno, in cui era tornato
da
D.... dopo aver data alla signora Maddalena la trista nuova del
mutamento di Bianca. Quei mesi erano passati; della signora e di
Giuliano, non aveva pi˘ risaputo nulla; del matrimonio di Bianca
gliene avevano parlato i villici, ma egli non ci badÚ; e siccome
quell'anno i vicini non erano venuti a villeggiare lass˘, perchË coi
tempi che correvano si stava pi˘ sicuri nel borgo, pareva al buon
vecchio d'essere in una solitudine, proprio come l'aveva sempre
desiderata.
Quel giorno della venuta dei Francesi, egli se ne stava, sul vespro,
leggendo nel breviario, e pascendo il cuore nella mestizia dei
salmi,
coll'animo pi˘ nell'altro mondo che in questo.... A un tratto udÏ un
vocÏo intorno alla casa, e affaciatosi vide sulla spianata una mano
di
soldati, nuovi all'assise, all'armi, al portamento leggiadro e
guerriero.
´Chi siete?--chiese don Marco un po' turbato.
´Viva la repubblica! viva la Francia!--urlarono quei soldati
agitando
le armi, e levando in alto i loro cappelli a due punte.
´Viva l'umanit‡!--rispose don Marco, alzando le mani e gli occhi al
cielo; e i soldati a coro--´viva l'umanit‡!ª
Allora il prete discese, portando le chiavi di certo ripostiglio
dove
teneva in serbo un po' di vino. Ed ebbe da fare un bel che, cogli
abbracciamenti, colle strette, coi baci di quei soldati; i quali,
sebbene l'avessero riconosciuto ai panni per un prete, l'acclamavano
di gran cuore, e qualcuno forse per canzonatura. Frattanto i pi˘
ghiotti invasero la casetta; tra quattro o cinque tirarono fuori un
caratello dal ripostiglio, e postolo sulla tavola di pietra in mezzo
alla spianata, vi furono attorno avidi, come uno sciame d'api ad un
alveare.
Don Marco guardava sorridendo, quando fu visto aprirsi un varco fra
i
mirti della siepe, un giovane che gli si strinse al collo dicendo:
´Buon dÏ, maestro, mi dia nuove di mia madre!
´Tu?--sclamÚ don Marco rivenendo dalla sorpresa, e ravvisando a
fatica
Giuliano che s'era lasciata crescere la barba, e si aveva tagliata
la
coda;--Tu? Meno male che non entri nel tuo paese coll'armi alla
mano!
Ma donde vieni.... dove sei stato sino ad ora, che cosa sei?
´Servo da chirurgo la repubblica francese. Mi dica per carit‡, di
mia
madre sa nulla?
´Nulla, ma ne sapremo, e come ci stai con costoro? e quelli l‡ chi
sono?ª
´Sono uffiziali che accompagnano un generale.....
´Andiamo da loro.....ª
E tirando Giuliano, s'avviÚ con lui verso una vetta, alla quale
saliva
una brigata di cavalieri, alcuni con sÏ bei pennacchi sui cappelli,
che dal tempo dei feudatari i boschi di lass˘ non avevano pi˘ veduto
nulla di sÏ leggiadro.
Quei cavalieri andavano a porsi su d'un poggio, donde si scopriva
tutta la valle sino a D....., di cui si vedevano biancheggiare
nell'ultima luce del giorno i tre vichi. E guardando verso quelli
con
grossi cannocchiali, gesticolavano parlando tra loro, forse del
brulichÏo d'Alemanni, che coll'aiuto di quegli strumenti, vedevano
farsi in quel luogo.
Giuliano giunto sul poggio con don Marco, subito pose l'occhio su
quei
lembo di terra. Ah! lo scoprire da lontano la casa paterna, e colla
fantasia e colla memoria figurarsi quello che vi si fa dentro, Ë
pure
la dolce cosa! Ed egli volÚ laggi˘ coll'anima, e quasi
s'inginocchiava
colle mani giunte; ma in quella don Marco mettendogli la mano sul
braccio, gli accennÚ di porgere l'orecchio a quel che si diceva da
quei cavalieri.
Esplorando coi cannocchiali la valle, essi avevano visto alcuni
uomini
armati di schioppi, entrare ed uscire dal convento dei Minori
Osservanti, lontano di lass˘ meno che un miglio; e accompagnati da
frati che spiccavano bruni sul tufo biancheggiante dei colli, quegli
uomini andavano e tornavano con portamenti sospettosi.
´Spacciate una compagnia a quel covo di ladri laggi˘!--diceva il
capo
della brigata, levandosi il cannocchiale dall'occhio e segnando con
quello il convento:--fucilino quanti coglieranno armati, monaci o
villani. Le donne, i vecchi, i fanciulli, se ve ne saranno, guai a
chi
torce loro un capello!ª
Un cavaliere partÏ come un razzo, a far l'ambasciata.
Quel fiero comando, quel pronto obbedire, posero don Marco in gran
turbamento.
´Faranno davvero?--chiese egli a Giuliano spasimando la
risposta.....
--Sicuro!--rispose Giuliano--ma non dubiti, correrÚ io al
convento......
´Bravo!--proruppe don Marco--io t'accompagnerÚ.....
´Che! bisogna andar cauti, chË costoro non sono gente da pigliar a
gabbo. Piuttosto ella se ne vada gi˘ nel borgo, persuada gli anziani
a
mostrarsi amici ai Francesi. Fra poco arriver‡ il grosso
dell'esercito
che lasciammo a due miglia di qui.....: vada, ma cauto, le ripeto;
al
convento ci penso io.ª
Mentre essi parlavano, la cavalcata s'era tolta dal poggio; i colli
si
coprivano di fuochi; e i repubblicani cominciavano a cantare la
Marsigliese, salutando la sera e la vigilia d'una battaglia odorata
nell'aria.
Don Marco pareva ringiovanito, e separandosi da Giuliano, si fece
promettere che si sarebbero riveduti nel borgo. Il giovane partÏ;
pigliando cautamente la via dei boschi, e ora gi˘ per una ripa, ora
su
per una costa, giunse vicino al convento, certo d'avere fatto assai
presto. Ma udendo, nell'arrivare, a un trar di schioppo, un rumore
di
lamenti, di guai, di voci irate e minacciose, s'arrestÚ ad
ascoltare.
Che vi fossero gli Alemanni? Tutt'altro! Lo colse un brivido, gli
rimorse d'essere venuto per un giro troppo lungo, si slanciÚ innanzi
risoluto, seguisse quel che poteva seguire. Infilando i pergolati,
s'udÏ spianare in faccia uno schioppo, e una scolta francese
gridargli
chi fosse.
´Viva la repubblica!--rispose Giuliano cogliendo a fatica fiato
bastante, e passÚ. Giunto in cima di corsa, per la porta allato alla
chiesa entrÚ nell'orto, donde il rumor delle voci veniva pi˘ alto;
scantonÚ dietro il coro, e l‡ come un baleno che gli desse negli
occhi, vide tre uomini legati in fascio da una grossa fune, un
drappello di soldati spianar gli schioppi, una vampa, una nube, e
col
tuonar di quell'armi udÏ un grido alto: ´oh signor Giuliano!ª
Dall'orlo d'un calcinaio dov'erano stati posti, i tre caddero sugli
avanzi della calce spenta, e la tinsero di sangue: il lume delle
torce
prese in sagrestia e portate da' soldati, rischiarava in funebre
guisa
quei corpi, le mura del refettorio, della chiesa, del campanile che
dal mezzo in su torreggiava nel bujo; e sulla cima, allo scoppio
delle
moschettate, un gufo s'era taciuto, senza osare, povera bestia,
pigliare il volo.
Giuliano si arrestÚ, si asciugÚ la fronte, e gli parve di sentirsela
fra uno strettoio. Di chi era quel grido che pi˘ doloroso non lo
avrebbe potuto gettare un'anima, voltasi addietro dalla soglia
dell'inferno, a chiedergli aiuto? PassÚ dinanzi ai soldati che
ricaricavano l'armi severi, balzÚ nella fossa, e guardÚ i morti. Un
d'essi era Mattia.
´Che fate?--gridÚ l'ufficiale francese, correndo verso il calcinaio
colla spada sguainata.--Ah! chirurgo, siete voi? Vi paiono morti per
bene?
´SÏ.....--ma..... e quello lÏ che cosa aveva fatto?--chiese Giuliano
additando Mattia.
´Costui? Era uno spione cui abbiamo gi‡ perdonata la vita una volta.
FuggÏ dal nostro campo due giorni or sono; fu colto qui, i nostri
l'hanno riconosciuto..... e si capisce.....ª
Questo era un fatto da perderci la mente. Ma come mai Mattia s'era
fatto cogliere in quel convento? Era o non era ancora stato a
D.....?
O forse non poteva essere venuto di l‡ mandato dalla signora
Maddalena? Oh! avesse potuto dare met‡ degli anni che gli
rimanevano,
per averlo vivo un'altr'ora, Giuliano l'avrebbe fatto, e di che
cuore!
Con questi pensieri che gli si azzuffavano nella mente, e col cuore
trambasciato, Giuliano si volse per chiedere all'uffiziale ancora
qualcosa. Ma questi se n'era andato, e i soldati con lui, nel
convento; dove scale e corridoi suonavano di passi e di colpi menati
co' calci degli schioppi, a sfondare gli usci alle celle. Allora
egli
si avviÚ da quella parte, e affacciandosi ad una porticina che
dall'orto, per un andito, metteva nel chiostro; vide come il terrore
della morte scolorava i volti d'una moltitudine di frati, di
villani,
di donne e di gentiluomini, che parevano cadaveri, tenuti ritti
l'uno
dall'altro tant'erano stipati. Costoro erano la pi˘ parte persone
che
s'erano venute a rifugiare nel convento; e sebbene sapessero dei
Francesi arrivati in C..., credendo che anche per costoro la notte
fosse fatta per dormire, s'erano lasciati cogliere, come uno stormo
d'allocchi presi alle paretelle. E non avevano avuto tempo
d'accorgersi che i repubblicani venivano a quella volta, che gi‡ gli
schioppi dei villani erano stati strappati dalle loro mani e rotti
ai
pilastrini dei pergolati; le schiene rimbombarono percosse dalle
pugna; le bocche cessarono i guai, per le grandi palmate che vi
calarono sopra. A urti, a spintoni erano stati chiusi tutti nel
chiostro, dove il rumor delle schiopettate che avevano morto Mattia
e
i due compagni; loro era parso il segno della fine imminente.
Giuliano guardÚ quella folla dolorosa, e (non per profanare una
credenza) gli pareva d'essere giunto al Limbo, tanti furono gli
occhi
che si volsero a lui pieni di speranza, forse per qualche segno di
somma dolcezza e di mestizia che aveva nel viso. A un certo moto che
egli vide farsi in un punto fra quei miseri, ne scoprÏ due che si
stringevano e si turavano nei panni, quasi per nascondersi a lui.
Erano il padre Anacleto ed il signor Fedele, i quali avrebbero dato
la
loro parte di paradiso, pur di non vedere l‡ in mezzo quel giovine,
terribile a loro pi˘ d'ogni francese. L'aveva pur detto il pievano
di
D...! Colui veniva a pigliarsi una vendetta, che niuno, salvo uno
scellerato par suo, avrebbe saputo pensare! CosÏ sussurrava il
signor
Fedele al frate; il quale osando allora fissare un tantino Giuliano,
credette di vederlo fare il viso d'un beccaio, che affilando i suoi
coltellacci, cercasse nel branco un par di pecore, da scannare le
prime. Tremavano come foglie di pioppo; fiato non ne avrebbero avuto
tanto da levarsi un bruscolo dalle labbra; e il cuore faceva loro
tali
schianti nel petto, che sarebbe stata crudelt‡ non ucciderli d'un
tratto, o non mandarli liberi a dirittura.
Un senso, che non seppe mai dire di poi se fosse pi˘ di piet‡ o di
spregio, si dipinse sul viso a Giuliano; perchË occhi pi˘ umiliati
non
s'erano mai chinati dinanzi a lui. Se gli archi del chiostro,
squallidi come oggi sono, serbassero alcun segno delle occhiate di
chi
in quella notte credË vederli l'ultima volta, certo sarebbe dei
quattro occhi del frate e del signor Fedele. Il giovane si rivolse
all'uffiziale francese che stava anch'egli in mezzo alla folla, e
gli
disse: ´Capitano, se me li date, questi due gli acconcio io.ª
´Ah! ah!--rispose il Francese--avete le vostre vendette da fare? Gi‡
siamo nei vostri paesi! Accomodatevi; due pi˘, due meno non fanno
caso.ª
Giuliano, in mezzo a un gran bisbiglio, prese quei due, li trasse
fuori, attraversÚ la cucina saccheggiata; e uscendo per la postierla
di questa, si mise con essi sulla via che menava alla palazzina del
signor Fedele. Camminavano muti, essi dinanzi, egli di dietro; e i
disgraziati credevano ad ogni passo di sentirsi dar nelle spalle
qualche arma, veduta con certo occhio che loro pareva d'aver nella
nuca. A un tratto Giuliano si fermÚ e disse:
´Chi sa dirmi che cosa fosse venuto a far qui quel Mattia che fu
fucilato?
´Era venuto per me...,--cominciÚ il signor Fedele.
´Anzi per me;--interruppe il padre Anacleto--mi portÚ una lettera...
´Una lettera che parlava di me--ª protestÚ il signor Fedele, subito
mordendosi la lingua per l'imprudenza che stava per commettere.
´E per avventura, disse nulla di mia madre...?--incalzÚ Giuliano,
troncando quella brutta gara.
´Oh..... sua madre la vedemmo noi stamane, che veniva a fare una
scarrozzata verso C...--rispose il frate facendo la voce rispettosa.
´Grazie!--disse Giuliano; e con quelle due consolazioni di sapere
che
sua madre stava bene, e che Mattia non era venuto a morire al
convento
mandato da lei; dava di volta per piantare quei due. Ma allora
avvenne
cosa che gli fece alzare gli orecchi subitamente.
I colpi di moschetto da cui erano stati uccisi Mattia e gli altri
due
miseri, avevano messo in sospetto una grossa avvisaglia d'Alemanni,
che velettavano i monti di l‡ del convento verso D..., ed erano
corsi
a quel tetro richiamo. Buon pei Francesi, che avevano posto assai
innanzi le loro scolte, le quali diedero voce del nemico vicino:
perchË appunto in quella che Giuliano era lÏ per allontanarsi dal
frate e dal signor Fedele, che quasi gli erano cascati ai piedi
dallo
stupore; le schioppettate incominciarono, le fiamme si levarono alte
sopra il convento cui i Francesi avevano appiccato il fuoco, e non
si
udirono pi˘ che grida d'Alemanni accorrenti, grida di Francesi che
si
ritiravano; voci di poveracci che si chiamavano tra loro fuggendo
dal
chiostro; e dai monti vicini, urli di villani, e persino qualche
suono
di nicchio marino, ma rado e restio. Parte degli Alemanni si
arrestarono a spegnere l'incendio, parte inseguirono i Francesi, i
quali facendo testa quando potevano, rispondevano di grandi
schioppettate; e ai lampi di queste si capiva dov'erano gli uni e
gli
altri; e per l'aria scura solcata da tante palle era un sibilio, che
pareva una zuffa di serpenti foiosi.
Giuliano non avendo pi˘ nulla a fare in quel tafferuglio, pigliÚ la
via di C... Il signor Fedele e il padre Anacleto, sebbene non
invitati, gli tenevano dietro come due bambini timorosi di essere
abbandonati in un bosco; e per vigneti e per campi inciampando,
ruzzolando, ma sempre alle sue calcagna, in capo a un'ora videro le
porte del borgo.
Il grosso dell'esercito Francese vi era giunto sul far della sera,
ed
aveva posto il campo sul greto del torrente, sotto gli olmi intorno
alle mura, come per stringere d'assedio la terra. E riposava sicuro,
essendosi buon nerbo di cavalli spinto innanzi sulla via di D..., a
fronteggiare gli Alemanni, se qualcosa avessero voluto tentare.
Per certi chiassi a lui noti, Giuliano mise nel borgo quei due
paurosi; poi se ne scompagnÚ per cercare don Marco, col quale erano
d'accordo di rivedersi la notte.
Essi non osarono ringraziarlo; ma muro muro il signor Fedele
condusse
il frate alla porta di casa sua. Salendo le scale, udirono damigella
Maria, Margherita e don Marco che parlavano del cognato, del
convento,
dei Francesi che erano andati a farvi chi sa che tragedia. Esse
parevano disperarsi; e il prete si studiava di confortarle, dicendo
che anche Giuliano era andato laggi˘, ma con animo generoso.
´Margherita, Maria, son qui! son qui!--entrÚ gridando il signor
Fedele; e la fanciulla e la cieca si lanciarono verso di lui; e
abbracciamenti e baci e lagrime mescolarono a parole d'affetto, mai
pi˘ dette l‡ dentro.
´E sono qui per lui!--proseguiva il signor Fedele:--son vivo per
quel
bravo giovane di D... che mi ha salvata la vita tre o quattro
volte!...ª
´Oh!... alla fine delle fini,--interruppe il padre Anacleto,
stizzito
da certe occhiate di trionfo dategli da don Marco:--lodare Ë bene,
ma
se non fosse stato colui, tanto ci salvavano gli Alemanni...
´Ingrato!--urlÚ il signor Fedele; e per la collera non potË manco
accorgersi di don Marco, che se n'andava di quella casa, per non
dire
al frate le amare parole che meritava.--´Dio perdona tutti, ma agli
ingrati no!ª
E qui cominciÚ tra loro una contesa, in cui si dissero a vicende
parole acerbe, risentite, ingiuriose; rifacendo la storia, dal
rabbuffo toccato al frate quel mattino dallo sposo di Bianca, sino
alle prime cure poste da lui, a stornar l'animo della fanciulla
dall'amare Giuliano.
Intanto don Marco coll'anima piena di gioia per il bel fatto del suo
scolaro; giungeva in piazza, dove alla luce di lanternoni e di
schiappe di pino accese, vide alcuni cavalieri splendenti d'oro,
semplici negli atti e fieri nei volti, i cui lineamenti risaltavano
illuminati vivamente da quelle torce strane. Uno di essi discorreva
imperioso con qualcuno, che doveva stargli dinanzi, ma che non si
vedeva, per essere di certo a piedi e corto della persona.
´Voi non siete venuto ad incontrarci;--rimproverava il Francese,
continuando un discorso cominciato prima che Giuliano arrivasse--voi
vi ho dovuto scovare come un lupo; voi avete lasciato fuggire la
gente
dal borgo come se noi si venisse a divorarvi; e forse i paesani
vostri
che corrono la campagna, gli avete armati voi. Ma ho gi‡ fatti
punire
i frati del vostro convento di laggi˘, che invece di Cristi
maneggiano
tromboni: e se ne ricordino bene, la repubblica Francese vuol bene a
tutti, ma guai a chi le contrasta! Voi intanto sarete custodito,
finchË mi abbiate fatto trovare cinquanta bovi, cento botti di vino,
ventimila pani...
´E in grazia,--rispose ardito
don Marco riconobbe alla voce
pagarlo un quattrino, sarebbe
grazia,
signor generale, tutta questa
colui che non si poteva vedere, ma che
pel Sindaco; un omicciattolo che a
parso buttar via la moneta;--in
roba dove la piglio?
´Ingegnatevi!
´Ma il buono e il migliore, se l'han portato via gli Alemanni!
´Dovevate opporvi...
´Gi‡... per farmi accoppare da loro, perchË tutt'una mi accopperete
voi...!
´Arrestatelo! domani la roba, o faccio appiccar il fuoco al
villaggio!
´Ed io vi porterÚ il tizzo![1]
[1] » storia.
´Bravo!--fu lÏ per esclamare don Marco, ammirando il Sindaco che se
la
sbrigava cosÏ da valent'uomo; ma buon per costui che Giuliano
capitava
a porsi di mezzo, che se no il Francese l'avrebbe conciato come si
poteva immaginare alla rabbia, che gli sbuzzava dagli occhi. Il
Sindaco e il Francese che si lasciÚ chetare da Giuliano, rimasero,
che
uno avrebbe dato, l'altro si sarebbe accontentato, di quel che si
poteva trovare; e quando quella adunanza si sciolse, il giovane si
sentÏ pigliare per la mano, e dire: ´ora poi, mi pare che tu abbia
fatto anche troppo. Andiamo a casa mia, che tu caschi della
stanchezza.ª.
Chi gli parlava a quel modo era don Marco, che di maraviglia in
maraviglia, cominciava a provare per lui un po' di venerazione.... E
Giuliano si lasciava menare non badando dove; ma quando fu nel
vicolo
del prete, come fumea di bevande acri e stupefacenti, sentÏ levarsi
le
immagini delle cose vedute di fresco, mescolate alle memorie
rinascenti alla vista di quella casa. Entrando da don Marco
s'abbandonÚ spossato sul vecchio divano; e il prete si diede attorno
per ammanirgli un po' di cena, con pane ed uva, che s'era
procacciato
a fatica. Ma quando ebbe apparecchiato e chiamÚ l'ospite, per
offrirgli quella grazia di Dio, e farsi raccontar meglio le cose
avvenute al convento; lo trovÚ addormentato di sonno cosÏ profondo,
che manco una cannonata l'avrebbe svegliato. Egli allora s'ingegnÚ
ad
assettare i cuscini del divano, in guisa che non dormisse a disagio;
poi fatto coll'indice un cenno, come per fare star zitto qualcuno,
tolse di l‡ il lume, e in punta di piedi andÚ a porsi nella stanza
vicina. Ivi chiuse gli occhi anch'esso, e come li riaperse, credË di
avere dormicchiato forse un'ora. Ma se gli fosse venuto in mente
d'affacciarsi a guardare il tempo, avrebbe udito un rumore venir di
lontano, somigliante a quello di mare che si franga tranquillo alla
riva. Era l'esercito della repubblica, che ripigliate le armi, si
riponeva in via alle sue grandi venture.
CAPITOLO XXI.
Al primo rompere dell'alba, Giuliano e don Marco, erano gi‡ sul
ponte;
non essendovi stato verso pel giovane, di persuadere il prete a
rimanersi dal seguire lui e i Francesi.
Quello era il primo giorno d'autunno. Una nebbia densa occupava
l'aria; e la Bormida faceva quei fumacchi, che quando io era
fanciullo, mi parevano d'acque scaldate di sotto dal demonio. Pochi
borghigiani usciti a pigliar lingua dei Francesi, andavano di su di
gi˘; ma niuno osava allontanarsi dal borgo due tratti di pietra.
Vedendo i due passar frettolosi, e don Marco ingegnarsi per istare a
paro con Giuliano, diedero loro di matti; perchË a mettersi gi˘ di
quella via con quel po' di soldati innanzi, non vi si poteva
rischiare
se non chi cercasse pan migliore che di frumento. Ma don Marco non
udÏ, nË Giuliano era il caso di badare a quei bisbigli, per la gran
furia d'arrivare i Francesi. Dei quali discosti dal borgo un trar di
schioppo, cominciarono a trovarne alcuni riversi nei fossati; o
intenti a rialacciarsi le uose e le scarpe; o che pur reggendosi
assai
bene, facevano le viste d'essere spedati, e d'avere addosso qualche
malanno. ´Avanti cittadini--gridavano costoro, baldanzosi--diamo
addosso al nemico, avanti animo!ª--´Non dia retta, maestro:--diceva
Giuliano a don Marco, che gi‡ era lÏ per rispondere a quei
soldati:--costoro sono poltroni, primi sempre ad annunciare le
sconfitte, ultimi a sapere le vittorie: non combattono mai, e
frugano
i morti.ª
Don Marco non fiatÚ pi˘; e cosÏ tirarono oltre silenziosi sino a
quella cappelletta, dove il signor Fedele e il padre Anacleto,
s'erano
incontrati colla signora Maddalena il giorno innanzi; non sognando
che
l'indomani fosse per passarvi tanta briga d'armati. L‡ trovarono la
gola, per cui varcava la via, assiepata di grossa compagnia di
Francesi, i quali davano loro le spalle; e viste biancheggiar nella
nebbia, le bandoliere delle daghe e delle patrone, che si
incrociavano
sulle loro schiene, ponevano in cuore un po' di sgomento. Don Marco
e
Giuliano si arrestarono a pochi passi da quella schiera, piantata l‡
in silenzio solenne: e spinsero lo sguardo, se nulla si potesse
scoprire pi˘ oltre. Ma la vista era impedita dalla nebbia che
incominciava appena a risolversi; nË di lontano nË da vicino veniva
nessun rumore, salvo che quello dei goccioloni di guazza, cadenti da
foglia a foglia di sui castagni. Giuliano si sentÏ pungere dal gran
desiderio di andare innanzi; ma non gli reggendo il cuore di tirar
seco don Marco a chi sa quali sbarragli; voltosi a un tratto a lui,
gli disse:
´Maestro, dia retta a me....ª
´Io faccio tutto quel che ti pare.
´Si lasci accompagnare indietro.
´Ora poi mi offendi--disse dolcemente don Marco, ti ho detto sin da
C..... l'animo mio; e se tu non puoi stare con me, mi raccomanderÚ a
quest'uffiziale che ci viene incontro.
´Allora tiriamo innanzi.ª
Con questo discorso s'avvicinarono ai Francesi, e tra le faccie di
quei soldati volte di sopra le spalle a guardare chi venisse; il
prete
ne vide di cosÏ dolci, tranquille e giovanili, che gli parve
d'essere
in mezzo alla sua scolaresca. Altre erano fiere come di centauri;
altre segnate di certi sberleffi, che egli non le poteva guardare
senza stupore.
´Oh! ancora qui, voi signor chirurgo?--sclamava, con clamorosa
piacevolezza, l'uffiziale visto da don Marco venire incontro a lui a
al suo scolaro:--ieri sera mi coglieste a quel convento del diavolo,
che non ho potuto bruciare del tutto; adesso mi trovate qui alla
retroguardia: pazienza! CostÏ il vostro compagno, che all'abito mi
pare un prete, m'insegna che gli ultimi saranno i primi, e i primi
gli
ultimi, anco in paradiso.
´E che novit‡ abbiamo?--chiese Giuliano, per finirla colle freddure
del Francese.
´Ve le saprÚ dire stassera, se avrÚ ballato di gamba sana. Oh! a
proposito, noi dobbiamo essere poco discosti dal vostro paese?
´Men che tre miglia.
´Buona cosa a sapersi: stassera vi invito a cenare in casa vostra,
che? i suonatori accordano i clarini....... signor chirurgo,
buonaventura.ª--E cosÏ dicendo il capitano tornÚ al suo posto.
Appunto alcune schiopettate, come d'una caccia mattutina, s'udirono
in
quell'istante, gi˘ gi˘ nella valle; e il sole levandosi, illuminava
le
vette dell'ampio semicerchio d'alture, che chiudono il pian di D...
dalla parte di tramontana. Allora nei vigneti e nelle macchie, si
vide
uno scintillar d'armi; e basso nei prati e nei campi, diradata la
nebbia, apparvero le colonne Francesi, intente ad attelarsi, nel
silenzio altissimo che regnava sulla campagna. Quel silenzio pareva
stupore degli uomini e della natura: e lo rompeva a tratti qualche
squillo di tromba, come voce mandata da qualche genio guerriero a
significare al pi˘ destro dei due capitani, quali fossero i luoghi
pi˘
acconci all'offendere, alle difese, a guadagnar la giornata.
´Era imminente una battaglia, nella quale da una parte dovevano
combattere un ardire inestimabile, e l'incentivo di vittorie
fresche:
dall'altra una grande costanza, una stabilit‡ provata negli ordini,
i
luoghi forti ed affortificati, ed un'artiglieria elettissima.ª E per
poco, questa battaglia io non la ricopio di netto dalla storia del
Botta; il quale ne parla come di cosa veduta, e il campo descrive a
puntino, come fosse stato un podere suo. Chi legge Ë messo da lui
cosÏ
nella mischia, che gli pare d'assalire i colli, guadagnare le vette,
correre tutto un giorno il piano da un capo all'altro; a portare gli
ordini dei capitani, a raccogliere i feriti, a chiudere gli occhi ai
morti; ognuno secondo la propria natura. E chi parteggia pei
Francesi,
vede con dolore la vittoria inclinare da principio sulle due ali, a
favore degli imperiali; e il passo in cui consiste l'importanza del
fatto, assaltato e difeso con ammirabile costanza. Torna umiliato
colle fanterie, che non hanno potuto superare quel passo, munito di
due cannoni, tra il fumo dei quali una grossa squadra d'ulani guata
ghignando: ma finalmente gli si snoda il cuore, applaude alla
cavalleria Francese che si fa avanti, s'accende, spera; e si lancia
con essa, contro la cavalleria Alemanna, a investirla, a fugarla, a
farla finita.
Fra i nostri personaggi, quella che meglio degli altri vide le cose
descritte dal Botta, e il gran cozzo dei cavalieri, fu Bianca; la
quale non aveva pensato a quella sorta di tornei, quando il padre
Anacleto, dirizzandola al matrimonio, le empieva la mente di oblÏo,
di
castelli e di fole. La povera donna, lasciata il giorno innanzi dal
babbo e dallo sposo, nel modo che il lettore ricorda; era caduta in
tale scoramento, che al vecchio servitore, e a donna Placidia corsa
ad
aiutarla, era parso di poter far Ges˘ con tre mani, essendo in capo
a
parecchie ore riusciti a tirarla un po' su, e a capacitarla, che
colle
querele non rimediava a nulla. Poi il pievano l'aveva servita,
scrivendo al nome di lei, la lettera portata da Mattia al padre
Anacleto; e siccome in quella essa aveva pregato il frate a far sÏ
che
il babbo, la zia, Margherita, si rifugiassero a D..., per campare
dai
giacobini; s'era rassegnata ad aspettare, e a dar retta alle
consolazioni di donna Placidia. Ma passato il giorno, passata la
notte, aspetta e sospira, Mattia non fu pi˘ visto tornare: spuntÚ il
sole di quel mattino, e lo sposo anch'esso non si facendo rivedere;
Bianca si lanciÚ al balcone come per buttarsi gi˘ disperata; e vide
i
due eserciti occupar la campagna, ponendosi lenti di fronte.
CapÏ....
accusÚ il padre, il frate, sË stessa tutti, salvo che l'Alemanno; e
dal sentirsi sola, pigliÚ la forza di tenersi ritta, finchË la sua
sciagura fosse compiuta. Rimasta a quel balcone, non tolse pi˘
l'occhio dalla cavalleria Alemanna, che tutto il giorno volteggiÚ di
su di gi˘, di qua di l‡, per i campi; e verso sera la vide salire un
dolce pendÏo, e porsi sul lembo della pianura, che s'allargava dalla
parte donde venivano i Francesi. Le migliaia d'uomini azzuffatti in
ogni parte, erano nulla per lei: sapeva che il marito conduceva
quella
cavalleria, e non cercava che lui in mezzo a quel nugolo di cavalli,
avvolti a tratti nel fumo della battaglia, che il vento soffiava
loro
addosso. I pennoncelli delle lance tremolavano come fossero
drappellati a festa sul capo dei cavalieri, e parevano esprimere i
moti dei loro cuori, spazientiti del troppo indugio a rompere nella
mischia.
´Eccolo--pensava--egli Ë laggi˘.... e si direbbe che non aspetti
altro
che il segno, per correre a farsi uccidere, come se io non fossi pi˘
viva.... Io...! ma che gli importa di me? Non m'ha pi˘ cercata da
ieri...! La gloria.... la gloria egli vuole; e che io triboli
pure!.... AhimË!... padre Anacleto, dove m'ha condotta! E se
quell'altro fosse davvero nel campo di l‡...? se s'incontrassero? Oh
venisse notte; benedetto sole va sotto, va sotto...! ave Maria...!ª
A un tratto, e mentre appunto cadeva il sole, essa vide partirsi di
lontano, e come turbine venir cacciandosi innanzi la polvere, una
squadra di cavalieri Francesi; e quelli condotti da suo marito,
calar
le lance, curvarsi sul collo ai cavalli, spiccarsi ad incontrarla; e
urtarsi, confondersi, fare un viluppo, su cui si levÚ un polverÏo
denso e diffuso. Allora parve alla povera Bianca d'essere afferrata
pei capelli, levata in alto, e precipitata di lass˘; le mancÚ il
cuore, diede un grido, cadde riversa sul pavimento; e forse colla
fantasia delirante, continuÚ a vedere quello che avvenne nella zuffa
tremenda.
Al primo urtarsi delle due cavallerie, era stato un tempestar di
spade; un rombar di lance rotate in molinelli abbaglianti; un
mescolarsi di valentuomini che mai il pi˘ fiero. E ognuno dei
cavalieri faceva per sË molto bene la bisogna di menare e parare
colpi
terribili; ma tutti avevano visto alla sfuggita, i due comandanti
azzuffarsi tra loro, calar fendenti non pi˘ veduti, dacchË le
armadure
della vecchia cavalleria erano state smesse; e vibrare di punta,
proprio colla volutt‡ feroce, ognuno di sparar l'avversario, e
passarlo fuor fuori, spingendogli fino all'elsa nel petto. I cavalli
assentivano ai moti dei due capitani, come avessero intelletto
d'odio
quanto essi; e inveleniti lavoravano di morsi, e nitrivano
selvaggiamente, quasi a spaurire i vicini che facessero largo ai due
prodi. Gi‡ le lame intaccate avevano mandato schegge e faville; e
molte lance spezzate cadevano di mano agli ulani; gi‡ tra le due
parti
si scambiavano parole ingiuriose di resa, e molti erano caduti. Ma
se
fosse bisognato una parola o una goccia di sangue dell'uno o
dell'altro di quei due, a cessare la zuffa; pareva che avrebbero
potuto sterminarsi a loro agio tutti, tanta era la loro maestria nel
pararsi e lo sdegno del darsi vinti. SenonchË in quel volteggiare
l'Alemanno si trovÚ un istante colla fronte volta al borgo, e
un'occhiata al castello non potË non darla, forse a cercare se la
sua
sposa sventolasse di lass˘ qualche segno di saluto o di plauso. Fu
come se egli avesse detto: ´guai a me!ª perchË appunto un fendente
del
Francese gli ruppe il berrettone, gli spaccÚ il cranio, gli empiË
gli
occhi di sangue. Egli aperse le braccia, diede del petto sul collo
del
cavallo, il quale alla corsa in cui ruppe, parve lo volesse portare
in
salvo; ma non ebbe fatti due lanci che il misero stramazzÚ di sella,
piombando morto.... E gli passÚ sul petto la furia dei suoi,
fuggenti
ai ripari del borgo; e l'onda dei Francesi fatti sÏ arditi ad
inseguirli, che la terra pareva gi‡ presa. Ma trentasei cannoni,
cominciarono a trarre da quella contro di loro, e a farne tale
strazio; che furono costretti a tirarsi in parte, dove quelle
artiglierie non gli potessero arrivare.
In un momento fu notte, e nella terricciuola di R.... sott'essi i
porticati, dove i coloni sogliono tenere i loro arnesi, nelle
stalle,
nella chiesa, per tutto: cessato il fragore della battaglia, i guai,
il pianto, le voci dolorose dei feriti, volte nel delirio alle
patrie,
alle persone care e lontane; empievano a quell'ora l'aria di
malinconia. Don Marco e Giuliano nell'adoperarsi intorno a quella
miseria, s'erano scompagnati sin dal mattino: e verso la mezzanotte,
insanguinato e stanco, Giuliano finiva di fasciare un ultimo ferito,
proprio alle pi˘ avanzate guardie, l‡ dove le due cavallerie s'erano
azzuffate. Il suolo era ingombro di morti; e forse i suoi piedi
calpestarono le zolle, che avevano bevuto il sangue dello sposo di
Bianca; forse tra i cadaveri inciampÚ in quello ch'era stato il suo
rivale felice. Ma egli non vi pose mente, perchË l'anima gli si era
raccolta tutta negli occhi. Il borgo di D.... si vedeva lÏ rimpetto;
veniva da quello un rumore sordo di carra; forse erano le
artiglierie
che facevano rimbombare gli archi del ponte, passandovi sopra; forse
l'esercito Alemanno che si moveva. Le scolte francesi stavano tutte
orecchi; un gruppo d'ufficiali avvolti nei mantelli e raccolti su
d'un
poggiuolo, parlavano basso tra loro; alcuni cavalieri andando e
tornando cauti, e traditi soltanto da qualche nitrito, esploravano
la
campagna tra le scolte francesi e il borgo.
All'idea che in sull'alba sarebbe ricominciata la zuffa, Giuliano si
sentÏ al cuore uno schianto. Si pose colla fantasia vicino a sua
madre; e si vergognÚ d'aver tanto aspettato, che altri gli aprisse
le
porte di casa sua. Risoluto si mise in un ruscello coperto di grossi
cespugli: camminÚ cauto in guisa, che potË cavarsi dalla corona di
sentinelle francesi; e dopo molto stentare, giunse a guadagnar
l'argine della gora, che sappiamo come lungh'esso il piË d'una
roccia
quasi tagliata a filo, corresse ad un molino, cosÏ poco discosto dal
suo piazzale, che talora la spruzzaglia cacciata in aria dalle ruote
andava a innaffiarlo. L‡ poteva essere per lui il malpasso, perÚ che
gli Alemanni gli stessero sopra poche braccia, sul ciglio di quella
roccia; e ne udiva il gran darsi attorno, il bisbigliare concitato,
e
le parole imperiose. Ma la casa materna non era pi˘ che a quaranta
passi, e nelle tenebre pareva pigliar forme vive e fargli cenni per
incuorarlo. TirÚ innanzi colla buona ventura quegli altri passi
rischiosi; ma quando si sentÏ sotto i piedi il suolo del suo
piazzale,
e provÚ quel che forse prova un naufrago uscito nuotando alla riva;
il
cuore gli batteva sÏ forte; che gli bisognÚ fermarsi a ricogliere il
fiato. E fu per lui gran ventura, perchË se tirava innanzi, s'andava
a
porre da sË in mano di quegli Alemanni, che un mese prima, l'avevano
fatto cercare, come un malfattore. Due, quattro, dieci, ne vide una
processione venir fuori dall'atrio, trascinando le sciabole; e a
badare come camminavano, come parlavano concitati, di certo frullava
loro in capo qualcosa di grosso. Al raggio di lume, che dalla porta
della sala, li coglieva nelle schiene, man mano che scantonavano
dall'atrio in sul piazzale, Giuliano li conobbe per uffiziali; e
lesto
si rannicchiÚ all'ombra del muricciuolo, dove stette finchË furono
tutti passati. Udiva il martellamento del proprio cuore: udiva i
discorsi concitati di quegli uffiziali; e da mano manca dove erano i
suoi poderi, veniva un rumore cupo di calpestÏo. PensÚ che
l'esercito
Alemanno, si apparecchiasse ad un attacco notturno, ma di questo non
si curÚ punto; e come potË farlo non visto, si lanciÚ nell'atrio, e
di
qui nella sala, illuminata da quante lucerne erano in casa. Sul
tavolino, vide carta, penna e calamai alla rinfusa; capÏ che i
generali Alemanni vi si erano raccolti a consiglio; e la gatta
balzata
l‡ sopra pur allora, si stirava le membra, dimenando la coda e
fiutando, come se gli uomini usciti poco prima, vi avessero lasciato
odore di sangue. Il giovane stette ad ascoltare un istante: dalla
cucina nulla, dalle altre stanze terrene nulla, silenzio per tutto.
´Saranno di sopraª disse tra sË, e non badando manco a pigliarsi un
lume, salÏ. Si fermÚ nel corridoio, dubbioso.... gli si affacciÚ
l'orribile idea che sua madre e Marta fossero state uccise.... ma
subito vide un barlume dall'uscio della camera materna, e udÏ la
voce
cara pi˘ d'ogni cosa al mondo. Ma ohimË! come fioca, come ridotta ad
un filo!
´Dunque--diceva quella voce--Marta, il saio, il cordone, il
crocefisso
da pormi fra le mani, vi Ë tutto?
´Che Ë questo!--sclamÚ Giuliano, ad alta voce senza avvedersene; e
l'affanno gli crebbe.
´Oh! non l'avete udito?--seguitÚ al suo grido la voce di dentro:-Dio
della misericordia, egli viene il mio figlio, aprite; oh mio figlio!
ª
La signora Maddalena ebbe appena parlato, che Giuliano era gi‡ nella
camera, ginocchioni a piË del letto: e tiratosi sul capo la mano di
lei, la vi si teneva colla sua, come a non lasciarsi sfuggire quella
benedizione. Marta stretta da Giuliano contro l'inginocchiatoio,
stava
l‡ sbigottita; Tecla, all'apparire di lui fattasi come una morta di
tre dÏ, s'era ritratta sino alla tenda dell'alcova, e mezza avvolta
in
quella, pareva una statua posta ivi per divozione.
Peritandosi a volgere la parola a Giuliano, quasi temesse di rompere
una visione; la signora guardava Tecla e diceva:
´Proprio come te nevvero? Tu pure, oggi hai tenuto qui il tuo capo,
sotto la mia mano.... qui.... ma questo... oh! questo Ë il suo!
Giuliano, Giuliano, se tu stavi un'altr'ora, io non poteva pi˘
aspettarti!ª
Il giovane le copriva di baci la mano; e al lume che di
sull'inginocchiatoio le rischiarava di traverso la faccia, la fissÚ
avidamente. Essa mezzo seduta ed appoggiata ad un mucchio di
guanciali, gli sorrideva. Le guance smunte, le labbra aride, gli
occhi
scintillanti, il collo oramai ridotto da non parere pi˘ che un
viluppo
di nervi; non fecero sospettare a lui, quello che a segni men chiari
avrebbe indovinato in ogni altra persona: e Marta e Tecla, che
stavano
lÏ come a un mortorio, gli parevano due disamorate che volessero
fargli paura.
Certo la signora Maddalena si avvide del pensiero del figlio; perchË
dolcemente gli disse:
´Me ne voleva andare davvero, sai. Tu sapessi che orribili cose
abbiamo sentite oggi! I soldati vennero sin quass˘.... Tu non
v'eri.... ma ora, ora non voglio pi˘ morire. O Marta, datemi la mia
veste.... voglio levarmi.... voglio partire.... Giuliano andiamo....
la casetta Ë quella laggi˘? Come Ë bella! Che fai? E perchË non mi
lasci andare?ª
Vinta dall'affanno, la povera donna cadde col capo rovesciato sul
guanciale, in atto di cosÏ stanco abbandono, che allora Giuliano
capÏ
a quale estremo si trovasse. Si chinÚ sopra di lei per dirle
qualcosa;
ma la parola gli si annodÚ nella strozza: alzÚ le mani come per
chiedere aiuto a qualcuno di lass˘; e toltosi dal letto andÚ di qua
di
l‡ per la camera, coll'animo d'uomo offeso da' suoi simili, dalla
natura, da Dio. Lo assalÏ, misero, la smania di rivolgersi contro sË
stesso; e si rampognÚ di non essersi dato in mano agli Alemanni, un
momento prima, che l'avrebbero fucilato sulla soglia di casa sua. Ma
lo addolcÏ la vista di Tecla; la quale fattasi a reggere il capo
della
signora, gli parve una cosa celeste. Allora egli tornÚ al letto, e
parendogli che sua madre, passato quello smarrimento, mormorasse
qualche parola: ´o madre--diceva--madre, mi guardi: e perchË non mi
ha
mandato a dire il suo stato? Che cosa dice, mamma; mi parli, mi
dica.
´Vorrei--bisbigliÚ essa che appena potË udirsi--vorrei.... dormire
un
sonno.... dolce....; ma tu veglia, e se mai....
´Che cosa?--chiese egli con ansiet‡ grande, vedendo che essa si
peritava, a dire; ma non gli riuscÏ di raccogliere altra parola.
Allora Marta fattasi animo, gli si accostÚ, e asciugandosi gli occhi
col dosso della mano, gli disse:
´Giuliano, essa vuol forse pensare alle cose della chiesa.ª
Il giovane, scosso alle parole della vecchia, le sbarrÚ gli occhi in
viso; ondeggiÚ un istante; poi si avvicinÚ all'orecchio della madre
e
sommessamente le disse: ´mamma, mi dica, forse.... se fosse qui il
signor pievano....ª
Fu come se in quel punto la signora avesse visto il pi˘ bel sole del
mondo, innondare la camera di luce. ´E sÏ--disse, facendo segno di
volersi rassettare sul guanciale:--il pievano, il viatico, il
Signore
che ti benedica!ª
Giuliano, manco pensando che il pievano avrebbe ghignato, a vederlo
capitare da lui; si mise gi˘ pel buio della scala, e fu nell'atrio
in
un lampo. L‡ si abbattË in don Marco, il quale partitosi dalla
terricciuola di R.... appena finita la battaglia; in quattr'ore di
cammino, per largo giro di monti, era riuscito alle spalle degli
Alemanni; e veniva a preparare il cuore della signora Maddalena,
all'improvviso ritorno del suo figliuolo.
´Come tu qui?--diss'egli, fermando Giuliano--dunque tu sapevi che
gli
Alemanni se ne fuggono, e che la guerra Ë finita?
´O maestro, mia madre muore! vada... la assista.... io corro pel
viatico....ª E ripigliÚ la corsa.
´Don Apollinare, Dio t'empia il cuore d'umilt‡!ª sclamÚ don Marco,
dando a queste parole l'espressione dolorosa dell'animo suo, colpito
dalla triste nuova; ed entrando in quella casa del lutto, trovÚ
Marta
discesa a torre i candelieri di sul camino della sala, per portarli
disopra e porvi i torcetti della Candelara.
La vecchia vedendo il prete, fu lÏ per salutare in lui il pievano;
ma
ravvisato don Marco, fece le maraviglie e il saluto, pi˘ cogli occhi
che colle parole; e diË di volta coi candelieri in mano, per portare
alla padrona la consolazione di quella notizia.
´Dunque sta proprio male?--chiedeva don Marco tenendole dietro.
´Oh!--rispondeva la vecchia--tanto male! Si fermi qui un
momento....ª
Essa entrÚ, e aveva appena detto alla signora il nome di lui,
ch'egli
s'accostÚ al letto, dolce come venisse recando novelle dal paradiso.
´Sono venuto a pregare con lei:--disse all'inferma, che gli parve
qualcosa di santo, cui bisognasse rivolgersi per averne la
benedizione.
´Oh, don Marco--sospirava la povera donna:--ella e mio figlio, in
questa notte! Che due consolazioni mi manda Iddio! Si avvicini, mi
senta, io voglio confessarmi a lei.
Don Marco sin dai primi tempi del suo sacerdozio aveva smesso di
confessare; ma al letto dei moribondi, sapeva porgere ascolto ai
racconti del peccatore che parte, coll'umilt‡ del peccatore che
rimane: e trovava parole, che davano al morente la certezza
dell'altra
vita. Egli si inginocchiÚ, prese una mano della signora tra la sue,
e
appoggiandovi sopra la fronte, disse con dolcezza: ´parliamo
dell'infinita bont‡ di Dio!ª
Tecla e Marta s'allontanarono, e l'inferma cominciÚ a parlare del
suo
passato.
Frattanto Giuliano, giungeva in castello. Aveva messo a salirvi
assai
pi˘ tempo che non bisognasse; essendo il ponte e la via ingombri
dell'ultime schiere di Alemanni; i quali premendosi gli uni dopo gli
altri, e volgendosi addietro come avessero i Francesi alle reni, si
arrampicavano anch'essi su pel colle. A lui poco importava a
quell'ora, l'aspetto confuso di quella moltitudine; e quando potË
sboccare per un rotto del muricciuolo, sul sagrato della chiesa, gli
parve d'aver toccato il cielo. Lass˘ era un formicare da non potersi
descrivere. Gli Alemanni sfilavano, tenuti un po' in ordine dalle
piattonate degli uffiziali; e le bestemmie dette tra i denti,
rispondevano agli spintoni, che nelle strette si davano gli uni
cogli
altri. Una donna ritta, sola, colle braccia spenzolate, pi˘ lÏ per
cadere di sfinimento che viva, stava a vedere quel passaggio.
Giuliano
nello scantonare verso il presbiterio, quasi la toccÚ, senza
badarle;
e fermandosi ansante in fondo alla scala di don Apollinare, gridÚ:
´signor pievano!ª
´Chi lo vuole?ª rispose di dentro la voce dolce di donna Placidia.
´Mia madre! Lo mandi a casa mia, mia madre muore.
´Chi siete, che madre dite?
´La signora Maddalena...! Lo mandi col viatico...! C'Ë laggi˘ don
Marco....
´Oh che caso, Maria Santissima, che caso!--esclamÚ donna Placidia; e
si levÚ frettolosa dalla finestra, mentre Giuliano senza attendere
risposta, diede di volta correndo, a rifare la sua via.
Di certo egli non intese un altissimo grido, che in quel momento
mandÚ
la donna, vista e non ravvisata da lui arrivando; perchË, anche
occupato com'era di sua madre, per la piet‡ si sarebbe fermato a
offrire aiuto. E allora avrebbe trovato Bianca, la povera Bianca,
che
finita la sfilata degli Alemanni, senza che suo marito comparisse;
appunto mentre Giuliano aveva detto a donna Placidia che la signora
Maddalena era morente; essa vedeva passare il cavallo del barone,
menato a mano da uno degli ultimi ulani, che chiudevano quella fuga
notturna. IndovinÚ da sË che l'Alemanno era morto; provÚ spavento di
non sentirsi uccidere dal dolore; le rimorse di provare un senso,
come
di chi apre la braccia alla libert‡; le parve di destarsi da un
sogno,
d'essere tornata la fanciulla di pochi mesi innanzi; ma la chiamata
di
Giuliano a donna Placidia, fu come un urto ricevuto nel petto, che
la
ricacciÚ nell'abisso, da cui le sembrava di uscire. Rifinita,
strozzata dall'angoscia, sola, si trascinÚ sotto il portico della
chiesa, e l‡ cadde, gettando quel grido, da diacciare il sangue
addosso a chi l'avesse udito.
Ma in castello non v'era pi˘ anima viva, salvo che, donna Placidia;
la
quale non potË udire quel grido, perchË alla chiamata di Giuliano,
si
era messa in volta pel presbiterio, come persona che non sa dove dar
del capo. Si sarebbe detto che cercasse il pievano, ma non era vero;
sapendo essa che dopo aver cantato tutto il giorno in coro il _Te
Deum_ per le armi vincitrici; avuto sentore della ritirata degli
Alemanni, egli era montato sulla giumenta, e senza dire a lei nË ai
nË
bai, aveva preso la via del Monferrato. Essa l'aveva visto andare,
senza dolersi di essere piantata a quel modo: e forse mentre
Giuliano
la chiamava, si preparava pregando a ricevere la morte dai Francesi.
Ma ora che sventura era la sua! La signora Maddalena aveva bisogno
di
suo fratello, ed egli non v'era! Stata cosÏ un tratto a pensare il
da
farsi, rammentÚ che il giovane le aveva detto, che a casa sua v'era
gi‡ don Marco; le parve d'uscir d'imbarazzo, e preso un lume,
discese
in sagrestia. L‡ aperto un armadio, ne cavÚ il libro delle
preghiere,
una stola, un amitto; s'avvolse con questo la destra, corse
all'altare, s'inginocchiÚ; e parlando proprio di sentimento al
Cristo
inalberato l‡ sopra, gli disse: ´lo faccio a fin di bene.... laggi˘
vi
Ë don Marco, e la povera signora Maddalena vi aspetta.ª Si segnÚ,
aperse il ciborio, vi spinse la mano avvolta nel pannolino....
tastÚ.... non v'era pi˘ nulla. ´Oh Dio!--esclamÚ essa--eppure
soldati
qui non ce ne sono venuti! Oh il Signore non vuole che io commetta
sacrilegio?ª SpalancÚ gli occhi, un sudore freddo le lavÚ la faccia,
e
avendo pronunziate ad alta voce le ultime parole, udÏ rispondere
dalle
volte della chiesa: ´sacrilegio.ª Allora la sua mente fu per
ismarrirsi; non vide pi˘ che fuoco: il ciborio, l'altare, il Cristo,
tutto fuoco, anche l'amitto da cui le parve di sentirsi scottare; lo
gettÚ, guardandosi attorno; e via, colla stola e col libro delle
preghiere, fuggÏ per la chiesa, paurosa del rimbombo che i suoi
passi
facevano sulle sepolture... Non le parendo vero di toccar viva la
porta, agguantÚ la grossa chiave; il terrore le diede forza di
girarla
nella serratura, e aperto un battente, si lanciÚ fuori come un
fantasma.
Bianca che era l‡ sotto il portico, si levÚ ginocchioni a quella
vista, e giungendo le mani: ´o Madonna--disse--vi ho tanto pregata!ª
´O signora Bianca!--gridÚ donna Placidia, riconoscendo la giovane
alla
voce;--taccia per carit‡, che io non sono la Madonna! Sono io, e ho
gi‡ troppo peccato.... m'aspetti qui un tantino, vado dalla signora
Maddalena.
´Lasci venire anche me.... che io possa morire sulla sua
porta...!--pregÚ Bianca, tendendo le mani dietro a donna Placidia,
passata oltre: e levatasi, la seguÏ come una pazzarella, gi˘ per la
stessa china fatta da Giuliano.
Pareva che le due donne s'affrettassero per raggiungere il giovane;
ma
egli rientrava in quel punto nella camera della morente.
´Giuliano,--diceva don Marco vedendolo tornare:--tua madre ha
qualche
cosa da dirti.
´Dica, dica, mamma!--esclamÚ Giuliano; e correndo vicino al
guanciale,
si chinÚ quasi a toccar colla sua, la testa della povera donna.
´Oh, figlio mio,--diceva essa stentando;--non lasciarmi morire,
senza
avermi detto che cosa sar‡ della povera Tecla. Tu glie lo darai un
poderetto dei nostri? Tu ne piglierai cura come fosse tua sorella?
´Sorella, figlia, donna; Tecla sar‡ per me quello che lei, madre,
vorr‡!
´Donna....? Tu la piglieresti per donna? Oh! ne sentirei la gioia
fin
nel sepolcro!ª
Giuliano corse all'uscio, chiamÚ Marta e Tecla, e tornÚ a
inginocchiarsi al guanciale della madre. Le due donne, che stavano
nella stanza l‡ presso, vennero e s'inginocchiarono anch'esse a piË
del letto. Tra la signora Maddalena e il suo figliuolo, correvano
occhiate lunghe; e in quel silenzio pareva che la madre facesse
ancora
al figlio qualche secreta raccomandazione. Alfine essa accennando
alla
fanciulla d'avvicinarsi, dalla banda del letto di contro a Giuliano,
pigliÚ la destra di lei e le disse:
´Tecla, se un giorno sposerai un uomo di cui tu sei degna, ricordati
delle cose che io diceva.... e pensa che io sarÚ sempre con te....
sempre. Giuliano ti benedico.... Marta amate, servite questa
fanciulla: noi due saremo le prime a rivederci in cielo. Ma e il
pievano non viene?
´Si dia pace!--entrÚ a rispondere, umile e quasi vergognosa donna
Placidia, che arrivata in quel punto, era venuta da sË nella camera,
colla confidenza che usano i preti in casa ai moribondi.
´O donna Placidia...,--disse la morente--guardi mio figlio come si
affligge...! Giuliano, non vedi i nostri amici che vengono a
trovarci?... E a momenti, sar‡ qui anche il pievano, nevvero?
´Signora Maddalena,--disse don Marco, che in quel mezzo aveva saputo
da donna Placidia la fuga del pievano:--pensi ai mille morti che
giacciono per i campi in faccia a questa casa: nessun prete gli ha
visti, eppure essi sono gi‡ tutti nel seno di Dio!
´Oh sÏ! sÏ! li veggo!--mormorÚ la signora, cui l'immagine di tanti
morti fece uscire di conoscimento:--quante palme, quante corone! Li
veggo salire, salire, fin sopra le stelle; o benedetti, attendetemi;
siete morti per ricondurmi mio figlio! Tecla, Giuliano.... li
seguo.... li seguo! Oh...! che dolce morire!ª
CessÚ la voce, sorrise, rimase cogli occhi fissi; e ai bagliori di
essi, don Marco indovinava gli spazi infiniti, in cui si
sprofondavano
quegli ultimi sguardi.
Allora donna Placidia pose la stola sul petto della moribonda, e
porse
il libro delle preghiere a don Marco, il quale dolcemente le accennÚ
di star zitta.
La signora era entrata nell'agonia. Essa che aveva pensato sempre,
con
mesta dolcezza, al giorno in cui, udendo i rintocchi della sua
agonia,
tutta la gente del borgo, si sarebbe inginocchiata a pregare per
lei;
e in quel pensiero aveva goduto di non avere mai fatto male a
nessuno:
essa doveva partirsi dal mondo, mentre il villaggio era deserto!
Ebbe
pochi istanti d'affanno, pochi sospiri: disse ancora alcune parole
rotte; poi le sue mani s'allentarono del tutto; la sua persona fece
un
moto, come per adagiarsi meglio; e finÏ quasi addormentandosi in un
sonno tranquillo.
Don Marco s'avvide pel primo che essa era morta. Allora andÚ alla
finestra, la spalancÚ e guardando il cielo, che gi‡ faceva l'aurora,
disse: ´o Maddalena, te beata, che ora almeno tu sali!ª
A quelle sue parole, venne su dal piazzale un singhiozzo. Egli si
curvÚ per vedere che fosse, chiedendo: ´chi piange costaggi˘?ª
´Dunque anch'essa Ë morta?ª rispose Bianca venuta dietro donna
Placidia, e rimasta a piË dei gradini dell'atrio, tremante come si
sentisse rea di quella morte.
´Essa vive!--proruppe don Marco, non riconoscendo quella voce:--ecco
la sua glorificazione! Udite?ª CosÏ dicendo, volse la faccia verso
l'alcova, tenendo le braccia tese fuori della finestra, la testa
alta,
la persona ritta che pareva ringiovanito. Un suono di strumenti
guerrieri, un concento di migliaia di voci che cantavano l'inno dei
Marsigliesi, si levava in quel punto dai campi Francesi cosÏ alto,
cosÏ di sentimento, che la valle n'era commossa, come da qualche
cosa
di sovrumano.
Giuliano, caduto in tale stupore che pareva coll'anima
nell'eternit‡;
udendo i canti e i suoni Francesi avvicinarsi a invadere il borgo;
provÚ uno spasimo grande, si levÚ ritto, baciÚ in fronte la madre, e
uscÏ di casa a furia. Marta, che appena spirata la signora, presa da
chi sa quale pensiero, era corsa mezzo soffocata dai singhiozzi, a
nascondere gli schioppi del giovane in cucina; incontrandolo nella
sala terrena cosÏ stravolto, ebbe nel suo dolore tanta forza di
lodarsi della sua pensata. E provandosi a rattenerlo, corse dietro
lui
sin nell'atrio; ma l‡ si fermÚ, per un'altra scena dolorosa, in cui
a
prima giunta non capÏ nulla. Vide donna Placidia che s'affaticava a
trascinar una giovane, lontano da quella casa: e la giovane si
difendeva, pregando per carit‡ di essere lasciata lÏ, che essa non
faceva male a nessuno. Ma appena spuntÚ Giuliano dall'atrio, parve
che
a colei fossero stati troncati i nervi; e cadde, poveretta, di
sfascio
gridando:
´Giuliano, Giuliano, per la morte di vostra madre, non mi maledite!ª
Egli stette un istante, come colto da vertigine; si cacciÚ le mani
nei
capelli; fu per prorompere in un fiero lamento; ma fattosi forza,
quasi avesse a rompere una catena che gli si stringesse ai polsi,
tirÚ
diritto senza dire parola. Gli pareva d'aver uno alle spalle, che
gli
gridasse: ´cammina, va, piglia la via dei monti--le selve, le
solitudini, il cielo.... l‡ troverai tua madre!ª E cosÏ senza
scegliere, tirando innanzi come uno che si rimetta in una guida che
non puÚ fallire; traversÚ il torrente, guadagnÚ una vetta
dell'opposta
sponda, poi un'altra ed un'altra; salÏ, salÏ non sentendo fatica,
non
affanno di petto; e giunse in cima al pi˘ erto dei gioghi di
Montenotte. Oh se avesse potuto struggersi, dileguarsi, svanire come
ombra, lass˘! Vi regnava una pace! Il mare splendeva poco lontano,
azzurro, liscio, solitario; e gli parve che nulla di pi˘ bello
dell'esser sepolto nel silenzio eterno di quei fondi. Ma spuntava
dall'orizzonte una vela bianca, sottile, che procedeva come cosa
impavida; il mare era bello, ma quella era la vita! Le foreste lÏ
sotto a lui stormivano incurvate dal vento, mandando suoni di voci
misteriose. Quelle foreste verdeggiavano, prosperavano da secoli,
godevano forse; ma che lutto se pei loro folti non si fossero intesi
i
colpi delle scuri, i canti dei boscaiuoli, i tintinaboli delle
mandre
alla pastura! Giuliano ascoltava, contemplava sentiva il pregio
infinito del poter vivere per onorare in sË stesso la madre morta; e
nel cuore gli veniva la calma che i dolori dello spirito danno al
sapiente.
CAPITOLO XXII.
Marta, da noi lasciata sbalordita nell'atrio, non ebbe bisogno di
farsi dire chi fosse la giovine donna, gittatasi ai piedi del
signorino. Essa l'indovinÚ alle parole di lei, all'atto di Giuliano;
e
lanciatasi nel piazzale coi pugni stretti, le si sfogÚ contro con
voglia crudele.
´Coraccio di tigre! E ancora osa di venire a piangere qui? Dio, Dio
di
misericordia, sviatemi la mente da queste tristizie; ma non so chi
mi
tenga ch'io non la sbrani! Vada, vada a piangere altrove, che qui
per
lei non v'Ë posto..! vada, che del male che ci ha fatto, le ne
chieder‡ conto Dio al suo tribunale!ª
E cosÏ dicendo, dava sdegnosa le spalle alla giovane e a donna
Placidia, trasecolata a quello scoppio d'ira della fantesca. Bianca
presa dall'affanno, teneva gli occhi nella vecchia, che volgendosi
bieca a guardarla ancora, tornava in casa. L'infelice si pregava di
potersi umiliare tanto, che il disprezzo di quella donnicciola, le
cadesse sul capo come dall'altezza d'un trono. Ma in quella usciva
dall'atrio don Marco, dicendo a Marta: ´Non cosÏ.. Marta... un po'
di
carit‡... la signora Maddalena non avrebbe detto tante brutte
parole!ª
Egli, dalla camera della morta, aveva inteso Marta sclamare a quel
modo; aveva capito che le parole di lei non potevano esser volte che
a
Bianca; e indovinato alla grossa il fatto, veniva a mescolarsi a
quest'altro dolore.
Lo vide appena, e Bianca si levÚ in piedi, come le fosse rinata la
speranza: ma la prima parola del prete, le tornÚ a stringere il nodo
che le faceva l'angoscia.
´Bianca... come?--diceva egli--e tuo marito?
´» morto--rispose per essa donna Placidia:--lo hanno ucciso i
Francesi.ª
Don Marco giunse le mani: stette pensoso un istante, forse dubitando
che tanti guai non fossero possibili cosÏ a un tempo; forse
avvisando
a quel che poteva fare per la sventurata: poi disse a donna
Placidia:
´allora l'accompagneremo a suo padre.ª
´Ah no...! no!--esclamÚ Bianca; ma il prete interruppe:
´E vorresti rimanere qui, dove gli infelici sono gi‡ tanti?ª
Bianca chinÚ gli occhi, assentendo coll'animo al volere di don
Marco:
il quale rientrÚ in casa, a dire a Marta e a Tecla che non si
movessero, che avrebbe raccomandata la casa ai Francesi amici di
Giuliano; che sarebbe presto tornato; poi rivenuto a Bianca, se la
prese in mezzo con donna Placidia, e mossero verso il vicolo, che
metteva al ponte.
Arrivavano in quella i Francesi, sempre con quei suoni e con quei
canti, scoppiati nell'istante che la signora Maddalena era spirata.
Un
corteo di cavalieri, raccolti a piË del colle su cui sorge il
castello, parevano star a vedere i soldati, che andando a porsi a
campo oltre il borgo, passavano dinanzi a loro, col trionfo negli
occhi. Ma in verit‡, da quel posto, miravano la campagna e i colli,
su
cui avevano combattuto il giorno prima; maravigliati del come gli
Alemanni avessero abbandonate le inespugnabili strette del borgo, e
facendo i conti al sangue, che sarebbero loro costate per
conquistarle.
Don Marco si accostÚ senza tema a quei cavalieri; e da uno di essi
si
fece dire qual fosse il capo.
´Siete il curato di questo borgo?--chiese questi con brusca maniera,
vedendosi il prete dinanzi colle due donne.
´Io no--rispose don Marco--sono un prete di C... e venni ieri con
quel
giovane medico che serve i vostri feriti.
´Oh! appunto... egli Ë di questo borgo,--soggiunse il generale fatto
umanissimo:--e la sua casa qual'Ë?
´Quella l‡:--rispose don Marco additandola--ma la madre del povero
giovane, Ë morta che sar‡ mezz'ora.
´Capitano,--disse il generale, volgendosi ad uno dei cavalieri, che
aveva di dietro:--pigliate quella compagnia l‡ che viene, e ponetela
a
far la guardia alla casa di quel valentuomo.ª Il cavaliero si spiccÚ
al galoppo, a eseguire l'ordine del generale, il quale non dando
tempo
a don Marco di ringraziare, proseguÏ: ´signor curato, quella casa
sar‡
sacra per noi: e codeste donne sono forse parenti del vostro amico?
´No--rispose don Marco--questa Ë la sposa d'un uffiziale di
cavalleria
Alemanno, che deve essere morto ieri.ª
I Francesi si scopersero tutti il capo, guardando or Bianca
pietosamente; ora uno dei loro compagni, che a quella novit‡ si fece
mestissimo. Egli era quel desso che aveva ucciso il barone. Ma di
questo non si avvide don Marco, il quale stava paragonando tra sË
con
altrettanta mestizia, quei segni di rispetto dei Francesi, con
quelli
usati a Bianca dai compagni di suo marito: nË se n'avvide donna
Placidia, che si tastava se era viva, non parendole vero d'essere
dinanzi a quei mangiatori di carne umana, che non la facevano
neanche
calpestare dai loro cavalli: Bianca poi non era pi˘ il caso di
badare
a nulla, nË a vita nË a morte.
Intanto il generale, lasciato ad un altro uffiziale che servisse il
prete e le due donne, in quel che loro potesse bisognare; mosse con
tutta la brigata e salÏ in castello. Allora don Marco disse al
cavaliero che egli aveva da ricondurre la giovane donna a suo padre,
in C...: e subito colui gli trovÚ un carro da bovi, di quelli tolti
nei villaggi della vallata, per le bagaglie; ed egli stesso si
offerse
d'accompagnarlo, con altri due soldati a cavallo. CosÏ montati su
quel
carro, Don Marco, donna Placidia e Bianca; si misero in via alla
volta
di C.... muti, pensosi, tanto diversi dal gaio aspetto dei tre
Francesi, da parere persone condotte a prigionia.
Attraversarono le case dell'altro vico lentamente, per la gran briga
di soldati, che ingombravano la via; e appena usciti da quelle,
cominciarono a vedere i primi morti, bocconi, supini, atteggiati
nella
guisa in cui la morte gli aveva colti. Ve n'erano che parevano
addormentati dalla stanchezza, vicino ad altri attrappiti, travolti
nelle sembianze ancora impresse dell'ira, che gli aveva agitati
nell'ultima loro corsa. Quelli erano quasi tutti Francesi, caduti
sulle soglie del borgo, dove avevano osato inseguir gli Alemanni; ma
quando il carro, tirando innanzi fu nel bel mezzo dei campi dov'era
stato il forte della battaglia; i morti delle due nazioni, giacevano
quasi in ugual numero confusi tra loro. A un tratto il Francese
accennÚ a donna Placidia di coprire il viso di Bianca. La quale le
si
era abbandonata col capo in grembo, e a misura che si allontanava da
quei luoghi, le pareva di rinascere al suo antico amore; di poter
ancora sperare. La sorella del pievano, capÏ il desiderio
dell'uffiziale; e con una sua pezzuola coperse la faccia di Bianca,
accusando il sole, che spuntava in quel momento. Giungevano appunto
allora nel sito dove s'erano azzuffati i cavalli Alemanni e i
cavalli
Francesi; e gi‡ i due soldati cominciavano a parlare del fatto; ma
l'uffiziale li fece star zitti, dalla tema che la giovane donna,
capisse i loro discorsi. Il carro passÚ discosto pochi passi dal
cadavere del barone; il quale giaceva ancora dove era caduto. I suoi
grandi occhi erano aperti, e parevano fissi in chi passava; ma con
uno
sguardo pieno di pace e di noncuranza.
Don Marco guardÚ quel morto, e sentÏ dentro tanta piet‡; che se
Giuliano gli fosse stato vicino, avrebbe pensato d'essere compianto
da
lui meno che il barone. Donna Placidia lo vide anch'essa, e diË
un'occhiata a Bianca, pensando alla propria gran ventura di non aver
mai avuto il capo all'amore; e tornÚ a guardare piena di stupore pel
campo. Qua e l‡ costretti dai soldati Francesi, gruppi di contadini
lavoravano a scavar fosse o a seppellire i morti; facendo cosÏ alla
stracca che, anco da lungi, si capiva di che animo obbedissero. Del
rimanente non v'era pi˘ nulla sulla terra o nell'aria, che portasse
traccia degli ardimenti, delle ostinatezze, dell'ire della
battaglia;
un silenzio lugubre regnava per tutto, turbato soltanto dallo
schiamazzo, che veniva a ventate dal borgo di D...; dove i
repubblicani cominciavano a darsi spasso, e a far le satolle di roba
alemanna.
Verso le quindici ore d'Italia, il carro che portava Bianca, vedova
ed
umiliata, alla casa paterna, giungeva sul ponte di C..; e alla vista
dei Francesi che l'accompagnavano, i tre o quattro borghigiani
curiosi
che andavano a zonzo, cercando le notizie, si allontanarono paurosi.
Don Marco ne provÚ la contentezza, di cui poteva essere capace il
suo
cuore trambasciato; e quando fu alla porta del signor Fedele, gli
parve di aver finito la via crucis. Fatta discendere Bianca, aiutato
da donna Placidia, la menÚ su per quelle scale, che essa aveva
discese, l'ultima volta, felice. Ora la povera donna si lasciava
tirar
su da quei due, che parevano pi˘ afflitti di lei; ma quando furono
all'uscio, e il prete tirÚ il cordoncino del campanello, e s'udÏ di
dentro un rumor di passi, e sulla soglia comparvero il signor
Fedele,
la cieca, Margherita e il frate Anacleto, che s'era piantato in
quella
casa come fosse sua; si gettÚ nelle braccia del padre, quasi egli
gi‡
sapesse tutta la sventura in cui era caduta, per cagion sua, e
avesse
bisogno d'essere perdonato.
´Che Ë stato? ahimË! Bianca, don Marco, come torni cosÏ? tuo marito
dov'Ë?ª--tempestÚ il signor Fedele, ingegnandosi di sciogliersi da
Bianca.
´Il barone Ë morto!ª disse don Marco.
´Morto!ª proruppe il signor Fedele, e stese le mani come per
afferrare
qualcosa; diede il capo addietro, cogli occhi socchiusi; tremÚ: poi
senz'altro che con un ruggito, cadde nelle braccia del padre
Anacleto.
Allora fu uno scompiglio compassionevole. Il frate e don Marco,
aiutati da qualcuno del vicinato corso alle grida, portarono il
signor
Fedele nel proprio letto. La cieca, Margherita e donna Placidia,
trascinarono Bianca, nella camera pi˘ appartata della casa.
Credevano
esse che il signor Fedele si fosse soltanto smarrito, per
l'improvviso
dolore di vedersi la figliuola tornata a casa, in quel modo pietoso:
e
s'affaccendavano intorno a questa che pareva instupidita. Ma egli
giaceva sul suo letto, uscito del tutto di conoscimento; il suo
volto
si era fatto pavonazzo, i suoi occhi erano aperti, ma nuotavano nel
buio; le sue mani si facevano diacce; e del rantolo durato alcuni
istanti, non gli avanzava che un filo di fiato. Don Marco, e il
padre
Anacleto, stavano in capo a quel letto, uno per parte; e di tanto in
tanto levando gli occhi dal signor Fedele si guardavano tra loro. Ma
il primo a riabassarli era sempre il frate, nel quale cominciava a
entrare una gran confusione. A un tratto don Marco non perchË avesse
perso ogni speranza di vedere l'infermo riaversi; ma pensando a
quello
che l'aspettava a D...., accennato al frate di seguirlo, si trasse
con
esso in disparte, sulla soglia della camera. E ´padre,--gli disse
dolcemente;--io vengo da D.... dove ho due morti da seppellire, il
barone e la madre di quel Giuliano che ella conobbe; e torno laggi˘.
Mi pare che questa storia di guai non sia per finire cosÏ presto....
e
se mai, le raccomando questo nostro amico. Prenda cura di questa
famiglia.... lei ed io siamo oggi al nostro posto. Badiamo a non
stancarci....ª
Il frate chinÚ il capo, promettendo coi cenni di non allontanarsi da
quella casa; e don Marco passÚ nella stanza dove erano le donne,
colla
sorella del pievano di D.... fattasi domestica con loro, in quel
momento d'afflizione, quanto non la sarebbe divenuta in un anno.
S'ingegnava di confortarle con una meravigliosa trovata, che le
pareva
d'aver fatto; dicendo che forse il barone era in quell'ora coi suoi
commilitoni sano e salvo, e soltanto addolorato d'aver la sposa
addietro, in man dei Francesi.
´No.... no.... non c'inganniamo,--disse don Marco, entrando appunto
mentre donna Placidia diceva queste cose;--non ci inganniamo col
rifiutare i dolori.... essi vengono un dopo l'altro, e non dobbiamo
essere crudeli a noi stessi, cercando di allontanare un calice, che
bevuto a poco a poco sar‡ pi˘ amaro. Maria, Margherita, coraggio...,
alzate i cuori.... Bianca, tu sei vedova da ieri, e forse fra
qualche
ora sarai orfana anche del padre....ª
Un urlo come di naufraghi che si veggano le acque alla gola, e
sentano
sotto le piante mancar la barca che affonda; potrebbe somigliarsi a
quello che alle parole del prete, si levÚ in quella stanza. Egli non
tentÚ neppure una parola di conforto; donna Placidia si sentÏ
rimordere di non pi˘ trovare neanch'essa qualcosa da dire: e poichË
dall'altre stanze furono corsi alcuni dei pochi venuti al soccorso;
i
due abbandonarono senza commiati quella casa dolorosa, per andare a
quell'altra, dove sapevano da quali afflitti erano attesi.
´Bisogna farsi animo,--diceva il prete a donna Placidia
discendendo:--noi due dobbiamo fare il viso fiero ai dolori, come
questi bravi soldati, che non si sono mossi di qui.ª
A don Marco veniva giusto il paragone, perchË i tre Francesi erano
ancora col carro a quella porta; e da gente accostumata per mestiere
alla dura obbedienza; pur lamentando l'indugio e il doversi stare a
udire il piagnisteo che empieva quella casa; non s'erano scostati un
passo. Sulle loro faccie, impresse dei segni vigorosi, stampativi
dalla vita travagliata dei campi, non si vedeva punto curiosit‡ di
sapere quel che fosse avvenuto: ma dopochË il prete e donna Placidia
furono rimontati sul carro, partirono mostrandosi lieti d'essere
tolti
da quella noia.
Affrettando col desiderio, il passo lento e rassegnato dei bovi; la
piccola brigata giungeva a rivedere D... avendo tra l'andare e
tornare
fatte le venti e un'ora. Pel campo non si vedeva pi˘ anima viva;
l'opera del seppellire era compiuta; e il corpo del barone era
nascosto sotto uno di quei cumuli indistinti di terra, che qua e l‡
rendevano il suolo ineguale. Ma entrando nel borgo, pareva di
capitare
in un altro mondo. I Francesi avevano cavato dalle canove le grasce,
le farine, i vini, tutto il ben di Dio lasciatovi dagli
abbondanzieri
Alemanni; e dopo aver diluviato tutto quel giorno, e fattesi ognuno
le
provviste per altri due o tre da venire; sperdevano la roba, che a
vedere metteva raccapriccio. Torme di avvinazzati andavano
ciondoloni
per le vie cantando; in castello suonavano le musiche intorno
all'albero della libert‡, piantato dinanzi la chiesa: e i pochi
abitanti, che per vecchiaia o per non aver fatto a tempo a fuggire,
erano rimasti; se ne stavano turati in casa, col cuore tra due
sassi.
Don Marco pensÚ arrivando, che le ore dovevano essere parse assai
lunghe a Marta ed a Tecla; e disceso dal carro con donna Placidia,
corse difilato alla casa di Giuliano, quasi senza ringraziare i
Francesi della buona compagnia avuta. Appena fu sul piazzale diede
un'occhiata all'atrio, e vide l'uffiziale messosi a guardia sulla
cassapanca sin dal mattino, fermo a quel posto. Gli si allargÚ il
cuore per la certezza, che niuno poteva aver turbato la pace
religiosa, che si conveniva a quella casa; e diede una stretta di
mano
riconoscente al Francese, che entrÚ con lui e con donna Placidia,
nella sala terrena. L‡ Marta, aiutata da parecchi altri uffiziali
amici di Giuliano, finiva d'ornare la morta, gi‡ bella e vestita del
saio, e adagiata dentro la bara. Tecla accompagnava collo sguardo
l'opera della vecchia, come persona che non sa perchË sia lasciata
al
mondo. Don Marco stupÏ di vedere a quel segno la mesta bisogna; ed
uno
dei Francesi, che riconobbe appunto per quello da lui inteso il dÏ
innanzi, con piacevolezza domestica parlar a Giuliano; gli si fece
incontro e gli disse:
´Spero che l'amico nostro, mi scuser‡ d'aver fatto fare questa bara,
da due dei miei soldati....
´Ma, e di Giuliano sa nulla?---venne interrompendo Marta--Poveri
noi,
va a finire che da un'ora all'altra sentiamo che anch'egli Ë
morto...!
´Oh! no.... Marta;--rispose don Marco--i forti addolorati cercano la
solitudine....
´Come i leoni del deserto:--aggiunse il Francese. A cui don Marco:
´E il vostro Generale, ci conceder‡ di fare i funerali?
´Anche a questo ho pensato:--rispose il Francese;--e il generale mi
ha
detto che far‡ onorare dall'esercito, la madre di quel valente
giovane, che io gli presentai pel primo; e il trasporto sar‡ fatto
da
quattro soldati dei nostri.
´Che Dio lo benedica!--esclamÚ don Marco; e poi volgendosi a donna
Placidia:--allora, troveremo qualcuno, che ci aiuti in chiesa a far
quel poco che potremo.
´Oh! per codesto basto io:--rispose donna Placidia:--solo che mi si
accompagni lass˘, lasci fare a me.
´La accompagnerÚ io stesso;--disse il Francese: e rimasti d'accordo
con don Marco, che il corteo funebre si sarebbe mosso di l‡ a
mezz'ora; si avviÚ al castello con donna Placidia, che andava
innanzi
confidente e sicura, come fosse stata con suo fratello. Giunta
lass˘,
fece le meraviglie di vedere la chiesa non rubata, il presbiterio
non
saccheggiato. Non poteva capacitarsi, che quei soldati diavoli in
carne, che pur avevano lanciato qualche motto a veder la sua gonna
passare in mezzo a loro, fossero cosÏ rispettosi; e accomodandosi
con
alcuni di essi assai bene, mise a segno meglio che potË le cose del
funerale; fece scoperchiare la tomba della famiglia di Giuliano; poi
ne mandÚ due a dare nelle campane a morto.
Allora, gi˘ nella casa di Giuliano, si fece folla di soldati, e di
borghigiani, tornati alla notizia dolorosa, quasi fosse stata pegno
di
pace tra loro e i Francesi: e la bara partÏ, portata sulle spalle
poderose di quattro soldati. Seguita da don Marco, da Marta, da
Tecla,
e da una processione che la pi˘ lunga non si era mai veduta; la
morta,
col capo scoperto su d'un guanciale, pareva salire al trionfo verso
il
castello. Al suo passaggio tacevano le clamorose brigate, si
scoprivano, e si mettevano nel corteo: e intanto le campane,
proseguivano a mandar lontani nei monti, i loro suoni lugubri, a
turbare, a commovere, a mettere in pensieri i borghigiani fuggiti,
che
ignoravano per qual morto suonassero i funerali.
Ma non l'ignorava Giuliano, il quale andato errando di montagna in
montagna, riveniva per selve e burroni al mesto richiamo; e
dirigendosi a corsa verso la chiesa, giungeva che le benedizioni
erano
state fatte da don Marco, la bara gi‡ calata nel sepolcro, e udiva
ancora la pietra di questo ricadere, sonando cupa, nella
incastonatura.
´Per carit‡, un momento!ª gridÚ egli, fendendo colle braccia la
folla;
ma arrivato a fatica dove don Marco, donna Placidia, Marta e Tecla,
si
erano inginocchiati a dire l'ultime preghiere; cadde vicino al
prete,
baciÚ la lapide e rimase con essi a pensare in silenzio.
Marta provÚ vedendolo un gran sollievo, il cuore di Tecla si turbÚ,
e
don Marco e donna Placidia scambiavano tra loro sguardi pietosi.
Intanto l'uffiziale Francese che si adoperava in quei fatti, come
fosse uno della famiglia di Giuliano; faceva sgomberare la chiesa
dal
popolo e dai soldati, parendogli che il raccoglimento di quelle
persone, fosse cosa da non essere vista da tanti. Indi venuto a lato
del giovane, lo toccÚ leggermente nella spalla e gli disse: ´ora vi
prego di venir via; il vostro dolore sar‡ grande altrove quanto qui,
e
eterno; perÚ non deve essere noto che a chi l'intende...
´SÏ--rispose Giuliano--andiamo a nasconderlo altrove.ª
E a braccietto dell'uffiziale, seguito da don Marco, che
accompagnava
Tecla e Marta, uscÏ di chiesa avviandosi gi˘ dal colle. Donna
Placidia, non volle pi˘ staccarsi da quel suo posto, dove le pareva
che qualcuno, o lei o il pievano, avesse il dovere di stare; e li
salutÚ, per tornare nel presbiterio, a farvi gli onori di casa ai
Francesi, che gi‡ vi si erano posti a lor agio, senza la licenza di
lei.
Come la comitiva fu al piano, ed ebbe passato il ponte, l'uffiziale
fece segno di voler tirare innanzi verso la casa di Giuliano. Ma
questi gli disse: ´amico, ho pensato.... ho deciso: accompagnatemi
ancora un tratto con queste donne, e lei don Marco, mi perdoni, ma
ho
bisogno di lei sin lass˘, alla cappella di San Giovanni.
´Per me ti seguo sin dove ti pare:--rispose il prete, cui parve di
indovinare il pensiero che il giovane volgeva in mente; e senz'altre
parole, si misero per una viuzza, attraverso ai vigneti dei poggi,
che
sorgono baldanzosi a sinistra del borgo.
La cappelletta cui accennava Giuliano, si vede tuttavia su d'una
vetta, ombrata ora da una quercia, che per farsi gigantesca com'Ë in
suolo arido e magro, deve essersi nudrita dei molti Francesi e
Alemanni, caduti l‡ intorno, la vigilia di quel dÏ. PerchË sin l‡
appunto si era stesa l'ala destra dell'esercito imperiale; l‡ era
stato uno dei pi˘ stretti gruppi della battaglia; ma a quell'ora
anche
l‡ era scomparsa ogni traccia di lotta; e soltanto ne rimanevano i
segni nella porta della chiesuola sfondata, e negli arredi
sconvolti.
´Io vi ho fatto venir qui,--disse Giuliano al Francese, che a quelle
parole parve riscotersi da un sogno, essendo venuto su pel colle,
pensando alle cose del giorno innanzi:--io vi ho fatto venir qui,
perchË mi siate testimonio, che io dinanzi a Dio e a questo mio
maestro, offro la mia vita a questa fanciulla, se essa si contenta
d'essere donna del figlio di quella santa, che l'ha tanto amata....
´Tecla, vuoi essere sposa di Giuliano?--chiese don Marco, brillando
nelle pupille d'una gioia divina, alla giovinetta rimasta lÏ quasi
trasfigurata. Essa chinÚ gli occhi e all'atto della persona e al
rossore di cui si tinse, parve rispondere: ´ecco, o Giuliano, la
vostra ancella.ª
Don Marco prese le mani dei due giovani, se le strinse al cuore e
disse: ´Figliuoli, Ges˘ Ë morto da diciotto secoli promettendo
vicino
il regno de' poveri. Se il regno de' poveri Ë cosa di questo mondo;
tu, o Giuliano, che hai capita la parola di Ges˘, e tu Tecla che hai
visto adempiersi in te la sua promessa; ricordatevi che al mondo vi
sono molti afflitti, che ne aspettano dai felici il compimento per
tutti.
´Ed ora addio Tecla,--disse Giuliano stringendo tra le sue le mani
della giovinetta:--tu starai nella casa di nostra madre, finchË io
tornerÚ. Marta, voi servirete la mia sposa, come serviste mia madre:
lei don Marco, se vuol farmi un gran bene, stia con queste due
creature, finchË i tempi sieno pi˘ quieti.
´Ma e tu?--chiese don Marco con ansia.
´Io vado alla casetta, dove mia madre sperÚ di vivere con me qualche
tempo. TornerÚ di laggi˘, quando lo spirito di lei mi consiglier‡ a
farlo. No... no... maestro, Marta... nessuno mi contrasti con
preghiere... io debbo andare. E voi--soggiunse volgendosi al
Francese:--proteggete la mia casa, e pregate per me il generale a
proteggere il mio povero borgo.ª
L'ufficiale non potË rispondere se non con uno sforzo, per far il
viso
fiero; tanto per non mostrare la tenerezza, che si sentiva dentro a
quello spettacolo.
Ancora pochi detti, poche raccomandazioni, pochi sguardi
d'intelligenza tra quelle anime; poi don Marco si pigliÚ Tecla e
Marta
una per lato; il Francese gli tenne dietro e si misero a discendere
il
colle.
Giuliano li accompagnÚ collo sguardo gi˘ per la china, fin che
furono
giunti nell'atrio della sua casa che si vedeva di lass˘ assai bene.
Quando essi si volsero a cercare cogli occhi, s'egli fosse ancora
sopra quella vetta, lo videro sparire scendendo dall'altra china. Il
suo ultimo sguardo si era posato su due tetti di D...; quello di
Tecla
fatta sua, e quello della chiesa parocchiale, sotto le cui volte
posava sua madre.
COMMIATO.
Queste cose io le ebbi da un vecchio ottuagenario, morto da parecchi
anni, il quale me le dava stando al fuoco colle molle in mano. Egli
mi
diceva che erano tutte vere verissime: ma rammentando ora certo
sorriso che gli veniva sulle labbra, ogni volta che io notava in un
mio libercolo qualche fatto: temo forte, che con alcune sue
immaginazioni sia riuscito a infinocchiarmi. E voleva il buon
vecchio
piantarmi senza pi˘ dir nulla, alla morte della signora Maddalena;
protestando di non voler venire col suo racconto pi˘ in qu‡ della
fine
del secolo, per non far conoscere i personaggi sopravvissuti. Pose
anzi cura nel togliermi di mano le fila, tanto che nel cercare da me
non mi raccapezzassi: aggiungendo che sarebbe stata opera vana,
perchË
nulla mi avrebbe aiutato, neanco l'aspetto dei luoghi, mutati del
tutto dai nuovi abitatori. A stento aggiunse le poche cose che ho
scritte: e avendogli io chiesto qual fine avessero fatto don Marco,
padre Anacleto, Bianca e gli altri personaggi; mi rispose che se io
voleva vedere a spegnere i ceri l'un dopo l'altro, andassi in chiesa
la settimana santa. Io tacqui: ma se quel che raccolsi da altri, si
accorda con quello che ebbi da lui; don Marco deve essere vissuto
sino
all'anno in cui capitarono la seconda volta i Francesi condotti da
Buonaparte. Quella volta don Apollinare, tornato col suo comodo alla
sua Pieve, non fuggÏ pi˘. Stette invece saldo al suo posto, aiutando
i
buoni a tener la pace tra paesani e Francesi; con molte lodi di
Giuliano, tornato anch'egli, dopo un anno di lontananza a casa sua.
PerÚ non si parlarono tra loro che quella sola volta; sebbene paia
che
il giovane medico e Tecla e la famiglia che venne su, non siano
stati
infelici. Marta morÏ l'istess'anno in cui donna Placidia cessÚ di
parer viva; consolata, povera vecchia, d'aver visto nascere in
quella
casa un bambino della terza generazione. Ma fino alla morte, non
cessÚ
di dolersi d'essere venuta al mondo, in tempi in cui di matrimoni
tra
una villanella come Tecla, e un giovane signore come Giuliano, non
usava vederne. In quanto al signor Fedele durÚ ancora parecchi anni,
senza vivere nË campare; assistito da quell'angelo di bont‡ che era
la
cieca Maria; ma nË l'uno nË l'altra videro il loro secolo finito. Di
Margherita non seppi mai che cosa avvenisse nË di Bianca; se pure
questa non fu una signora, morta prima del venti, vissuta tutta
chiesa
e casa, consigliata sino all'ultimo da un prete che era stato frate
nel convento dei Minori Osservanti di C... spiantato dai Francesi,
otto o dieci anni dopo le cose narrate. Chi sa che quel frate non
fosse il padre Anacleto secolarizzato? Se fu, povera Bianca!
Comechessia, io finisco, sazio del nome di quel frate, come non
vorrei
che fosse del mio racconto, chi chiude ora il libro con una grande
rifiatata.
FINE.
INDICE
DEDICA
CAPITOLO PRIMO
ª
II
ª
III
ª
IV
ª
V
ª
VI
ª
VII
ª
VIII
ª
IX
ª
X
ª
XI
ª
XII
ª
XIII
ª
XIV
ª
XV
ª
XVI
Pag. 3
7
25
45
61
85
102
121
144
164
182
201
219
242
257
274
291
ª
XVII
ª
XVIII
ª
XIX
ª
XX
ª
XXI
ª
XXII
COMMIATO
310
333
352
369
394
410
423
NOTE DI TRASCRIZIONE:
Sono stati corretti i seguenti refusi:
d'avventori paesani, che l'avrebbero tenuto sobrio obrio.
pareva un matone, glielo pose aperto tra le
grondante sudore, e colla giumenta ridotta che sei
avesse avuto a fare un altro quarto di miglio gla
sarebbe cascata sotto. SmontÚ a fatica, tanto avevo
indolenzite le gambe; e lasciata la bestia che andi
tiriamo in disparte: dunqne il santo non vi sar‡ stato.
quello, che era lÏ per prorompere chi s‡ in quali esclamazioni;
la marchesa menzionava; e intando i discorsi dei crocchi
ogni giorno, sicchË egli nel tortare non l'avrebbe pi˘
quella furia; ma la bellezza dal
cavallo, dava a pensare
del castello pareva assotigliarsi, Tecla si sentiva crescera
vigilia della Madonna degli Angeli, festa dei Minori Orservanti
Mentre l'omicciatolo diceva, Giuliano affrettato il passo
lagnava di questa guaio in guisa cosÏ noiosa; che alfine
da averne secca la gola; finÏ promettendo che non si sasarebbe
Quella sera l'avemaria suonÚ all'intess'ora dell'altre
la corea, per giungere a C.... prima che fosse suonato il
del borgo si fossero ritirati, e badasse a non anandar
alla finestra per chiamarlo chi son con qual grido, si vide
del Settapani, da tutta la giogaia; sui fianchi della
gli uomini; vi si ammazzino tra loro; e un palmo di
alzarle un tantino, fu per dare alla sfuggita un'occhiata
sË in mano di quegli Alemanni, che un mese prima, l'avano
oh! questo Ë il suo! Giuliano, Giuliano, se tu stavi un
altr'ora,
all'orecchio della madre e sommessamente le disse?