Prostituzione, destituzione Agente di polizia

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CONSIGLIO DI STATO
SEZIONE VI
Decisione nr.1022
dell’11 marzo 2008
Prostituzione, destituzione Agente di polizia
CONSIGLIO DI STATO
SEZIONE VI
Espulsione, sanzione, agente di polizia, prostituzione, legittimità
Consiglio di Stato - Sezione VI
Decisione 27 novembre 2007 – 11 marzo 2008, n. 1022
(Presidente Varrone – Relatore Giovagnoli)
Fatto
Con decreto 333-D/32874 del 4 marzo 2003, il Capo della Polizia, Direttore Generale della
Pubblica Sicurezza, ha inflitto all’Agente Scelto della Polizia di Stato M. T. la sanzione
disciplinare della destituzione dal servizio.
Tale sanzione è stata inflitta in quanto il T. “libero dal servizio veniva trovato dall’equipaggio di
una volante, in luogo noto per l’esercizio di attività di prostituzione omosessuale, in
compagnia di un giovane extracomunitario, con il quale, a seguito del rifiuto di questi di
sottostare alle sue richieste sessuali, era venuto a colluttazione”.
2. Contro tale provvedimento il T. ha proposto ricorso al T.a.r. Piemonte che, con la sentenza
impugnata, ha respinto il gravame, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di
giudizio liquidate in complessivi € 1.500.
3. Contro tale sentenza il T. ha proposto appello articolando le seguenti censure:
1) Violazione dei principi di cui agli artt. 24 e 113 Cost.;
2) Violazione degli artt. 11, 12, 13 D.P.R. n. 737/1981;
3) Erronea applicazione dell’art. 7 D.P.R. n. 737/1981;
4) Eccesso di potere in tutto le sue figure sintomatiche errore sui presupposti; Illogicità;
Sviamento; Difetto ed insufficienza di istruttoria; Ingiustizia manifesta; palese irrazionalità.
Motivi della decisione
1. L’appello è infondato.
2. Deve, anzitutto, respingersi la censura con la quale il T. lamenta che, nell’inviare al
Questore la nota del 24.10.2002, il dirigente del compartimento avrebbe formulato proposta di
applicazione della sanzione della destituzione, così violando dell’art. 12, comma 3, d.P.R.
737/1981, a norma del quale il rapporto non deve contenere alcuna proposta sulla specie e
sull’entità della sanzione.
3. Il rapporto in questione, come già rilevato dal T.a.r., non contiene alcuna proposta in ordine
all’applicazione della destituzione, ma si limita a fare riferimento ad un procedimento di
destituzione già in atto per una diversa violazioni disciplinari. Sotto questo profilo, non può
essere accolto l’assunto dell’appellante secondo cui fare riferimento ad un procedimento di
destituzione già in atto, senza specificare la motivazione dello stesso, equivale a proporre
una specifica sanzione.
Il Collegio ritiene, al contrario, che sia netta la differenza tra l’una e l’altra condotta. Non
sussiste, quindi, alcuna violazione dell’art. 12, comma 3, d.P.R. n. 737/1981.
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4. Gli altri motivi di appello possono essere esaminati congiuntamente.
Essi non possono essere accolti alla stregua delle seguenti considerazioni.
Il Collegio ritiene che i fatti addebitati al T. siano corrispondenti al vero e tali da giustificare la
sanzione disciplinare della destituzione.
4.1. In ordine alla ricostruzione dei fatti assume valore determinante l’annotazione dell’agente
scelto della Polizia di Stato Matteo Savoia (relativa all’intervento dallo stesso effettuato in
seguito alla segnalazione, giunta al centralino 113, di due persone in lite).
L’attendibilità di tale ricostruzione, della quale il Collegio non ha motivo di dubitare, non è
superata né dalle contraddittorie e divergenti dichiarazioni rese dal T. nel corso del
procedimento disciplinare, né, tanto meno, dalle dichiarazioni rese, per iscritto, e dopo molto
tempo dal verificarsi dell’episodio, dai sig.ri S., B. e F. .
4.2. Da tale annotazione emergono le seguenti circostanze:
a. il 27.9.2002, alle ore 00,15 il T. e A. H., cittadino marocchino, all’angolo di via Montano con
la via Pepe (a Milano), luogo noto per la fervida attività di prostituzione omosessuale, stavano
avendo una colluttazione;
b. la volante intervenuta sul posto trovava il T. con la patta dei pantaloni slacciata e con
diversi preservativi nella tasca;
c. l’intervento della volante avveniva su richiesta di un cittadino che udiva due persone
litigare, e, in particolare, una persona che chiedeva aiuto;
d. quando la Volante interveniva, la persona che chiedeva aiuto ed andava incontro al
personale operante era l’A, che cercava di attirare l’attenzione della Polizia, segnalando in tal
modo l’urgenza del soccorso;
e il T., solo nel corso della perquisizione effettuata dagli operanti, riferiva di essere un
poliziotto e presentava il tesserino identificativo;
f. a caldo e nell’immediatezza dell’intervento della volante, il T., dopo aver modificato più volte
la sua versione, riferiva in ultimo, che si trovava in quel luogo per consumare un rapporto
sessuale con l’A.; affermava, in particolare, di aver concordato una prestazione sessuale con
l’A., ma di aver modificato in corso d’opera la natura del rapporto sessuale, provocando la
reazione violenta del marocchino, che, per reazione, lo rapinava del denaro.
g. il T. riferiva, inoltre, che nella serata del 26.9.2002, si era portato presso la piazza Duca
d’Aosta, che è solito frequentare perché ritrovo di persone dedite all’attività di prostituzione
maschile omosessuale, al fine di contattare qualcuno per un rapporto sessuale;
h. sempre nell’immediatezza del fatto, il T. ammetteva che aveva contattato l’A., che
conosceva di vista, al fine di consumare un rapporto sessuale di tipo orale; che, nel farlo,
aveva reso edotto l’A. di non aver denaro con sé; che, poiché, quest’ultimo non rispondeva
nulla, aveva interpretato tale silenzio come tacito assenso ad un rapporto sessuale non
mercenario;
i il T. riferiva ancora che, una volta appartatisi, sulla scala sita in via Pepe, aveva manifestato
all’A., la volontà di non consumare più un rapporto orale, bensì di volerne uno anale, come
parte attiva; in detto contesto l’A. colpiva con una testa al naso il T.; successivamente
estraeva un coltello e minacciandolo gli intimava di dargli tutti i soldi che aveva; ne nasceva
una colluttazione, ove il T., veniva derubato del giubbotto, della camicia e della maglietta;
j. l’A. dava agli operanti una versione diversa degli accadimenti: riferiva di essere stato
avvicinato nella serata del 26.9.2002 dal T. nella Piazza Duca d’Aosta, con la scusa di andare
a fare una passeggiata e consumare hascisch; l’A. accettava l’invito. L’A. riferiva, ancora,
che, raggiunta via Pepe, dopo aver consumato hascisch, il T. avanzava delle proposte di tipo
sessuale (nello specifico rapporto anale); l’A., non consenziente, iniziava a colpirlo, cercando
di allontanarsi, cosa che non gli riusciva in quanto il T. gli si era avventato cercando di
bloccarlo.
4.3. Orbene, a prescindere dalla discordanza tra la versione resa dal T. e quella resa dall’A.,
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non vi è dubbio che, dall’annotazione degli operanti intervenuti sul posto e dall’istruttoria
successivamente effettuata dall’Amministrazione, emerge, al di là di ogni ragionevole dubbio,
che l’odierno appellante si è reso colpevole di una condotta (l’aver accompagnato un
estraneo in un luogo noto per l’esercizio della prostituzione, il non essersi prontamente
qualificato con i colleghi intervenuti, il trovarsi con la cerniera dei pantaloni abbassata in luogo
pubblico) contraria ai doveri di ufficio istituzionali e, nel caso specifico, in grave contrasto con
le norme di contegno corretto e di condotta irreprensibile che gli appartenenti alle Forze di
Polizia debbono osservare.
4.4. Giova precisare, al riguardo, che nella specie, come emerge chiaramente dal verbale di
delibera del Consiglio provinciale di disciplina, la giustificazione della sanzione espulsiva non
è stata individuata dall'Amministrazione nel fatto che l'episodio in questione fosse indicativo di
un particolare orientamento sessuale del T. (circostanza questa che – è bene ribadirlo – è
assolutamente irrilevante ai fini disciplinari, e non solo), ma nella mancanza del senso della
lealtà che avrebbe contraddistinto il comportamento dell'agente in relazione ai fatti commessi.
La sanzione è stata inflitta al T. in quanto egli “non ha gestito con le dovute cautele e con la
necessaria professionalità una vicenda che ha finito per rendere disciplinarmente rilevanti una
serie di circostanze inizialmente attinenti la sfera privata. L’incolpato ha dimenticato i suoi
doveri di poliziotto quando le circostanze, orami divenute critiche, gli avrebbero imposto di
qualificarsi oppure di abbandonare il luogo della rapina in attesa della Volante. […]. L’inquisito
non ha saputo fornire una versione credibile del suo volontario accompagnarsi allo straniero
(non è stato ben chiarito chi glielo avesse presentato, da chi si stesse recando quando decise
di dargli un passaggio, perché non abbia fatto valere il proprio ruolo giuridico per interrompere
l’azione delittuosa successivamente creatasi), né giustificare le circostanze di tempo e di
luogo che sottendono l’intera vicenda” (verbale della deliberazione del Consiglio di disciplina,
pag. 2, punto 3).
4.5. La causa determinante dell'irrogazione della sanzione è stata, dunque, il complessivo
comportamento tenuto dal ricorrente in quest’episodio, comportamento che, per un verso, ha
dimostrato la mancanza di senso della lealtà, e, dall’altro, ha cagionato un grave pregiudizio
all’immagine dell’Amministrazione.
4.6. Ne discende l’infondatezza dei motivi con cui di denuncia l’eccesso di potere, sotto
diversi profili, nell’esercizio del potere disciplinare.
4.7. L’appello è infondato anche laddove lamenta la carenza di istruttoria, la violazione del
diritto di difesa, e le discriminazioni subite dall’appellante.
E’ stata svolta, infatti, un' ampia istruttoria, nel corso della quale è stato dato ampio spazio
alle giustificazioni fornite dall’inquisito al funzionario istruttorie e a quelle ulteriori e integrative
presentate davanti al consiglio di disciplina; i fatti, a differenza di quanto sostiene l’appellante,
sono stati ricostruiti in maniera attendibile sulla base della puntuale annotazione redatta dalla
“Volante” nell’immediatezza del fatto.
4.8. Non pertinente è, infine, il motivo con cui si lamenta il difetto di istruttoria in relazione ad
alcune circostanze (l’asserita minaccia armata, la detenzione a l’abituale uso di sostanze
stupefacenti, la presunta violenza sessuale) che non sono state nemmeno oggetto di
contestazione disciplinare.
4.9. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello deve essere respinto.
4.10. In considerazione della peculiarità e delicatezza della vicenda, il Collegio ritiene che
sussistano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello n.
11477/04.
Compensa le spese del giudizio di appello.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
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