rassegna stampa - Associazione Agenti Allianz
Transcript
rassegna stampa - Associazione Agenti Allianz
RASSEGNA STAMPA Lunedì 5 OTTOBRE 2015 Sede di Milano - C.so Italia 23 Sede di Trieste – Via Fabio Filzi, 21/1 DAL MERCATO ASSICURATIVO IVASS, ATTIVO DAL 1° AL 31 OTTOBRE L’INDIRIZZO MAIL PER LA COMUNICAZIONE DELLA PEC DA PARTE DEGLI INTERMEDIARI ISCRITTI NEL RUI Attraverso un comunicato diffuso nella giornata odierna sul proprio sito istituzionale, l’IVASS – con riferimento al Provvedimento n. 36 del 13 luglio 2015 relativo alla comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata da parte degli iscritti nelle sezioni A, B e D del Registro Unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi – ricorda che l’indirizzo [email protected], sarà attivo nel periodo compreso tra il 1 e il 31 ottobre 2015. Con il provvedimento citato, l’Istituto ha definito le procedure per la comunicazione obbligatoria, da parte degli intermediari assicurativi iscritti alle sezioni A, B e D del RUI, dell’indirizzo di posta elettronica certificata così come disposto dall’articolo 4 del Regolamento IVASS 8/2015 concernente la definizione delle misure di semplificazione delle procedure e degli adempimenti nei rapporti contrattuali tra imprese di ass icurazioni, intermediari e clientela. IVASS ricorda che la comunicazione eventualmente effettuata in periodi diversi da quelli indicati e a diversi indirizzi PEC dovrà pertanto essere rinnovata e richiama l’attenzione sulla circostanza che il messaggio di posta elettronica certificata non dovrà contenere alcun testo, né disclaimer né allegati. Nell’oggetto del messaggio, il numero di iscrizione dovrà essere inserito prima del codice fiscale, secondo gli esempi sotto riportati: Numero iscrizione Codice fiscale (separati da un solo spazio) Esempio per Intermediario ABCABC25A25A251A Esempio per Intermediario persona giuridica: A000000000 12345678910 Intermedia Channel persona fisica: A000000000 ASSICURAZIONI AUTO: L’IMPORTANZA DI UN CODICILLO Le buone notizie in Italia rischiano di renderci contenti sempre a metà. Dal 18 ottobre non sarà più obbligatorio esporre il contrasse gno assicurativo sul parabrezza della propria autovettura. Grazie alle innumerevoli telecamere che seguono la nostra vita di cittadini, da quelle poste in autostrada, Tutor e Telepass, a quelle in città, autovelox e Ztl, saranno loro a incrociare le banche dati associando targa della vettura e polizza. Meno burocrazia per i consumatori più rispetto delle regole perché in Italia sono quattro milioni le auto (il 9% circa del totale) non assicurate. Peccato che nel Paese delle norme scritte a metà, il comandante della Polizia Municipale di Verona, Luigi Altamura, abbia rilevato come in realtà nessuna di quelle telecamere sia abilitata all’emissione della multa. Ma che saranno necessari nuovi sistemi omologati. Andrebbe quindi modificato il disegno di legge sull e liberalizzazioni in discussione alla Camera affinchè si possa arrivare all’attuazione piena della legge. Ma con quali tempi? A meno che il governo non intervenga con un decreto legge che stralci la norma. Anche perché la data è prossima. Non si tratta di una vicenda che riguarda solo le assicurazioni e il come evitare comportamenti impropri che ricadono sulla collettività. Si pensi alle conseguenze sanitarie, e non solo, sui cittadini che dovessero essere coinvolti in incidenti con auto non assicurate. E’ il sintomo di una mentalità del legislatore e della politica che punta a scrivere leggi pensando che il compito si esaurisca con l’approvazione della norma. Dimenticando che in Italia spesso manca quella cassetta degli attrezzi che è fatta di applicazione delle leggi stesse, di regolamenti e circolari attuative senza le quali le migliori riforme restano solo fiori all’occhiello per il governo di turno. CORRIERE ECONOMIA IL 20% DI UNIPOL IN MANO ALLA NUOVA COOP ALLEANZA 3.0 A Coop Alleanza 3.0, la super cooperativa che nascerà dalla fusione di Coop Estense, Coop Adriatica e Coop Consumatori Nordest, farà capo poco più del 20% di Unipol dopo lo scioglimento di Finsoe: lo ha spiegato Adriano Turrini, futuro presidente della nuova realtà e numero uno della holding del gruppo finanziario bolognese. «Coop Alleanza 3.0», ha chiarito Turrini, «avrà direttamente il 9% circa di Unipol. Poi, ovviamente, abbiamo forme di partecipazione indiretta, per esempio attraverso Fin soe che è il contenitore principale. Riportando in trasparenza questi numeri, arriviamo a superare di poco il 20%. Ragion per cui abbiamo chiesto l'autorizzazione alla Consob e abbiamo messo in atto tutti i passi necessari per poter mettere in atto questo processo». Sull'azionariato di Unipol è in corso un processo di ristrutturazione che prevede lo scioglimento della scatola in mano alle cooperative. Sui tempi, Turrini ha assicurato che si è già a buon punto e «vedremo nei prossimi mesi, senza fretta alcuna, l'epilogo di questo percorso. Il cantiere dello scioglimento di Finsoe», ha ricordato il top manager, «si è aperto ormai otto mesi fa. È chiaro che siamo di fronte a un passaggio molto delicato, che però ha già avuto un primo step: i soci hanno sostituito tre quarti del debito bancario con obbligazioni proprie». Coop Alleanza 3.0 partecipa anche a Eataly, guidata da pochi giorni da Andrea Guerra. In merito alla quotazione, il futuro presidente della super coop non ha ancora valutato il da farsi: «Quando e se avverrà, decideremo cosa fare». Coop Alleanza 3.0 nascerà ufficialmente quest'oggi, anche se bisognerà attendere il 1° gennaio per la piena operatività. Italia oggi IL 18 OTTOBRE SPARISCE DAL PARABREZZA IL CONTRASSEGNO ASSICURATIVO. COSA CAMBIA PER GLI AGENTI? Addio al tagliando esposto sul parabrezza. Restano però certificato e carta verde. In vista della prossima dematerializzazione del contrassegno assicurativo Rc auto, cosa cambia per gli Agenti e come si stanno preparando le Imprese A partire dal prossimo 18 ottobre non sarà più obbligatorio esporre il contrassegno di assicurazione sul parabrezza dell’autovettura. Carta verde e certificato (e peraltro anche contrassegno stesso, almeno nella fase sperimentale) verranno comunque consegnati materialmente ai clienti – assicurati. Le agenzie continueranno dunque ad emettere i contratti come prima ed i clienti a recarsi presso le loro sedi, oppure no? Cosa cambia effettivamente per le Agenzie e come si stanno preparando, se si stanno preparando, le Imprese a questa novità? Lo abbiamo chiesto a Vincenzo Cirasola – presidente del Gruppo Agenti Generali e di ANAPA – ed a Enrico Ulivieri, presidente del Gruppo Agenti Zurich e vicepresidente di ANAPA. Cirasola: In questa fase la Compagnia continuerà ad emettere tutti i documenti da consegnare ai clienti e per loro, effettivamente, non cambierà nulla. Per migliorare il servizio, le Generali hanno predisposto un call center dedicato agli incassi “fuori orario”, da considerarsi ovviamente eccezionali. Questo per consentire ad eventuali clienti – assicurati ritardatari di usufruire della copertura immediata, grazie all’inserimento di data e ora del pagamento da parte di un operatore esterno quando la cassa di agenzia è chiusa . In questo modo il cliente potrà circolare ugualmente e se dovesse essere fermato dall’Autorità per un controllo risulterà coperto nel database generale. Ad ogni modo, sarà necessario un cambio culturale e di abitudini anche da parte del cliente, che dovrà imparare a pagare quanto prima il premio RCA ad Agenzie e subagenzie durante l’orario di apertura. La Compagnia, appena ricevuto la conferma di pagamento attraverso il flusso informatico dall’Agenzia che attesta il pagamento, lo trasmetterà alla Banca dati centrale; così, nel caso in cui un veicolo venisse fermato di notte o di domenica, risulterà comunque in regola grazie alla comunicazione on-line. Fino ad ora spesso le Forze dell’ordine chiamavano in Agenzia per avere conferma della regolarità della copertura, oppure concedevano al cliente – assicurato di portare il certificato attestante la data esatta del pagamento il giorno feriale successivo al controllo, al fine di evitare la sanzione. In futuro non potrà succedere grazie alla contestualità fornita dall’on -line. In caso di sinistro sarà comunque necessario avere un documento scritto di avvenuto pagamento della polizza in automobile. Ulivieri: Da questa data cesserà l’obbligo di esposizione del contrassegno cartaceo e lo stato della copertura Rc Auto verrà verificato telematicamente in un apposito archivio informativo. Tale controllo sarà effettuato direttamente dalle Forze dell’Ordine oppure mediante dispositivi, appositamente omologati, di rilevazione automatica a distanza delle targhe dei veicoli. Tutto questo, nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe produrre una significativa riduzione del numero dei veicoli circolanti privi di assicurazione con conseguente vantaggio per il cittadino. Poco cambia nell’operatività delle Agenzie, che continueranno a ricevere i clienti ed a stampare i documenti assicurativi con le medesime modalità sinora adottate: anche dopo il 18 ottobre resterà in vigore l’obbligo di rilascio del certificato di assicurazione e dell’eventuale carta verde, con il dovere degli Assicurati di esibire tale documento su richiesta degli organi preposti. Le attuali disposizioni normative prevedono che l’automobilista sia soggetto all’applicazione delle sanzioni pre viste dall’art. 193 del Codice della Strada qualora non abbia a bordo del veicolo il certificato di assicurazione attestante la validità della copertura. In questo modo si è voluta mantenere la consueta modalità di scambio di generalità in caso di incidente stradale. La vera novità riguarderà le Compagnie assicurative, che dovranno dotarsi di sistemi informatici idonei a garantire l’aggiornamento in tempo reale dei dati contenuti nell’archivio digitale: infatti le Imprese saranno misurate periodicamente e preventivamente dall’Organo di controllo che potrà comminare loro pesanti sanzioni in caso di comportamenti poco virtuosi. Intermedia Channel PREZZI RC AUTO, PER IVASS IN UN ANNO CALO DEL 7,8% Continua il calo dei prezzi rc auto e aumenta ulteriormente la diffusione della scatola nera, il dispositivo che rileva il comportamento degli automobilisti ala guida. In base all’indagine periodica Ivass aggiornata al 30 giugno scorso, nel secondo trimestre 2015 il primo medio era pari a 450 euro, con un calo del 7,8% rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso e dell’1,6% nel confronto con il primo trimestre 2015. Fra le città medio-grandi il calo più accentuato è stato registrato a Bari, con -13%, seguita da Napoli con il -9,2%, Palermo con -8%, Roma -7,5 e Milano con un calo del 7% rispetto ai primi sei mesi dell’anno scorso. Rimane un’ampia variabilità dei prezzi a livello territoriale. I prezzi più alti interessano in generale il Centro Sud, ma si riscontrano forti differenze fra province all’interno della stessa regione: a Viterbo, per esempio, il premio medio è inferiore di circa centosessanta euro rispetto a Roma. Le dieci province più costose sono tre toscane (Massa -Carrara, Pistoia e Prato), tre calabresi (Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia), due pugliesi (Brindisi e Taranto) e due campane (Caserta e Napoli). Il capoluogo campano è la provincia dove la rc auto costa di più, con un premio medio di 727 euro contro i 302 di Aosta. Aumenta la diffusione della scatola nera. L’analisi dell’Ivass evidenzia anche la presenza sempre più rilevante della scatola nera che monitora il comportamento alla guida e consente di ottenere riduzioni anche significative sul prezzo della rc auto. Con circa d ue milioni di dispositivi installati, l’Italia è il paese al mondo con la presenza più massiccia di questa tecnologia. I contratti con scatola nera sono passati dal 10,7% a ottobre 2013 al 13,8% nel giugno scorso. Clausole di riduzione del premio legate a questo dispositivo sono presenti nei contratti di 22 su delle 46 compagnie monitorate dall’Ivass,. La scatola nera è diffusa soprattutto nelle aree in cui la rc auto costa di più: in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia la percentuale supera il 20%, contro percentuali comprese fra il 4,4% e il 7,2% in Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Val d’Aosta. Il primato va a Caserta, con il 39% del totale dei veicoli, seguita da Napoli con il 35%. IO MI ASSICURO. ANTEPRIMA XIV INSURANCE DAY: LA POLIZZA? INTELLIGENTE L’Internet of Things rivoluzionerà le assicurazioni, tanto che secondo Accenture l’80% dei clienti è pronto a passare a una compagnia tecnologicamente più evoluta. Se ne discuterà martedì 6 ottobre a Milano Saranno le tecnologie intelligenti, e in particolare l’Internet of Things, a guidare la trasformazione del settore assicurativo nei prossimi anni. Una rivoluzione che costringerà le compagnie a mettersi in competizione con nuovi concorrenti ma anche a modificare il modo di approcciarsi al mercato, spingendole ad adattarsi alle nuove regole del gioco. Per un cambiamento il momento è propizio visto, che il settore, nonostante la crisi economica, sta registrando buoni risultati: nel 2014 i premi assicurativi complessivi raccolti in Italia sono aumentati del 20,6% a 143,3 miliardi. Il tasso di crescita è superiore a quello registrato in altri Paesi europei, come Regno Unito (+0,9%), Francia (+4,5%) o Germania (+1,8%). Inoltre la redditività è in crescita, visto che l’anno scorso il return on equity è stato del 10,2%, superiore a quello del 2013. A tali risultati ha contribuito il ramo Vita, la cui raccolta è cresciuta del 30% a 110,5 miliardi di premi complessivi, con 90,6 miliardi di nuova produzione. Mentre nel Danni la raccolta continua a diminuire (nel 2014 -2,7% a 32,8 miliardi), in particolare nel comparto Auto (-7%). Per i prossimi anni le previsioni restano positive, ma le assicurazioni devono guardare ad alcune innovazioni potenzialmente rivoluzionarie per il comparto, sostengono gli esperti di Accenture, che sintetizzano questo cambiamento guidato dalle nuove tecnologie con l’esempio dell’Internet of things applicato alle polizze. La diffusione di oggetti che «diventano intelligenti» grazie alla connessione alla rete (come sveglie che suonano in caso di traffico oppure confezioni di medicine che lanciano un allarme se si dimentica di prendere il farmaco) cambierà la vita anche alle assicurazioni. Si pensi a tecnologie come i droni o alle auto senza guidatore in fase di sperimentazione in diversi Paesi, Italia inclusa. «Dalle nostre ricerche emerge che l’80% delle compagnie assicurative mondiali ritiene che l’Internet on Things rivoluzionerà il loro modo di fare business», segnalano da Accenture. Le rilevazioni mettono in luce, per esempio, che «il cliente sta cambiando attitudini, passando dalla ricerca di prodotti tradizionali» a un’esperienza estesa che includa servizi che vanno oltre i confini di una classica copertura assicurativa» . Di questo e di altri temi si discuterà nel corso della 14ª edizione dell’Insurance Day, organizzato da MF-Milano Finanza e Accenture per il 6 ottobre al Centro Congressi Fondazione Cariplo di Milano, nel corso del quale si confronteranno i protagonisti del settore e che vedrà la partecipazione dei ceo dei principali gruppi assicurativi italiani ed europei. «Quello cui stiamo assistendo è una significativa accelerazione dell’innovazione nei piani delle compagnie, che ormai mettono al centro della loro strategia la costruzione di ecosistemi, la mobility e l’utilizzo degli analytics», sottolinea Daniele Presutti, managing director Accenture e responsabile Insurance Italia. Il riferimento è per esempio ai «tassi di crescita della telematica auto in Italia, che in due anni ha quasi triplicato il numero di scatole nere installate sulle vetture» , aggiunge il manager. «Una simile accelerazione richiede alle compagnie di assumere il ruolo di leader di questo ecosistema allargato, trasformando i dati a disposizione in informazioni che consentono di conoscere sempre meglio i clienti e di stabilire una relazione continuativa, sempre connessa e sicura». Anche perché pure l’assicurato sta modificando le abitudini ed è pronto a chiedere nuovi servizi. Il 78% dei consumatori è disponibile a fornire all’assicuratore i dati sul suo comportamento in cambio di servizi personalizzati dal forte valore aggiunto. Insomma, la qualità dell’offerta sembra superare le remore legate alla privacy e a vincere saranno le compagnie che per prime si adegueranno. Sempre secondo le analisi di Accenture, l’80% dei consumatori si dice infatti disposto a cambiare assicurazione per ricevere un’offerta più in linea con i propri bisogni. Così l’offerta dovrà allargarsi per includere elementi non necessariamente assicurativi, ma vicini ai bisogni del cliente, e le imprese sembrano esserne consapevoli. Per i prossimi anni i l 64% delle compagnie ha infatti intenzione di stipulare partnership con operatori digitali all’interno del mercato assicurativo e il 49% pensa di fare la stessa cosa con partner non assicurativi. «La diffusione dell’Internet of Things è il fenomeno che più trasformerà il settore nei prossimi anni», conclude Gionata Tedeschi, managing director Accenture e responsabile Digital e Insurance Strategy. «Si tratta di una sfida non facile e non esente da rischi, ma il pericolo di stare a guardare è molto più grand e MILANO FINANZA RISPARMIO GESTITO LA PORTABILITÀ CONVIENE A BANCHE E ASSICURAZIONI Il bacino di potenziali iscritti alla previdenza complementare è ancora pressoché illimitato. A quasi nove anni dal l’avvio della riforma, la previdenza integrativa non ha minimamente raggiunto l’auspicata platea di aderenti. Eppure con una prateria a disposizione, assicurazioni e banche preferiscono muoversi nel più fertile terreno di caccia dei lavoratori già iscritti a una forma di previdenza complementare. la forza delle reti di vendita Nel biennio 2013-14 il saldo netto dei trasferimenti dai fondi negoziali ad altre forme pensionistiche è stato di oltre 15mila unità, di cui 11.700 sono passati ai Pip, i piani individuali pensionistici. Inoltre, su un incremento complessivo di 312mila aderenti registrato dai Pip nel 2014, oltre il 60% è stato “pescato” nel classico bacino di utenza dei fondi negoziali, ovvero tra i lavoratori dipendenti. Un’espansione trainata da reti di vendita diffuse in modo capillare sul territorio e remunerate in base al volume di prodotti collocati. Nonostante ciò, le lobby finanziarie continuano a portare avanti un’estenuante battaglia per consentire ai loro prodotti (Pip e fondi pensione aperti) di competere ad armi pari con i fondi negoziali, frutto della contrattazione collettiva. Nel Ddl concorrenza varato dal Governo in febbraio, ma ancora in discussione in Parlamento, è tornata a far capolino la portabilità del contributo aziendale: oggi chi aderisce a un fondo aperto (che non abbia stipulato un accordo con l’azienda) o a un Pip , non ha diritto al contributo del datore di lavoro che di solito si aggira attorno all’1% della retribuzione. Se la portabilità andrà in porto, per le reti commer ciali di banche e assicurazioni sarà ancora più facile convincere gli iscritti ai fondi negoziali a trasferirsi, invece di acquisire nuovi iscritti tra coloro che non godono ancora di alcuna forma di previdenza integrativa: ciò equivarrebbe per l’intero sistema a un gioco a somma zero, senza effetti sul rilancio delle adesioni. chi taglia i costi e chi no In linea di principio, la rimozione di tale vincolo determinerà una maggiore competitività fra le diverse forme previdenziali. Tuttavia non è altrettanto evidente che agli eventuali “spostamenti” di platee di aderenti corrisponda un effettivo vantaggio per gli stessi in termini di minori costi e maggiori rendimenti (vedi articoli e tabelle nelle pagine seguenti). Oltretutto, anche in considerazione della significativa diversificazione dei costi tra fondi negoziali, fondi aperti e Pip, sinora la crescita dimensionale di queste ultime due forme previdenziali non si è tradotta mediamente in una diminuzione dei costi a favore degli aderenti (vedi grafico a lato). Soltanto per i “negoziali“ sono evidenti le economie di scala: al crescere delle adesioni diminuisco no in proporzione i costi di gestione pro capite, poiché vengono suddivisi tra più aderenti e anche perché una maggiore adesione comporta un patrimonio più grande da gestire; da qui ne consegue un maggior potere contrattuale nei confronti delle società di gestione che consente di giungere a stipule di contratti sempre più convenienti. Va sottolineato poi che, a fronte della marcata crescita delle adesioni, le forme pensionistiche individuali (Pip e fondi aperti) fanno registrare un significativo incremento della sospensione dei versamenti contributivi, fenomeno che negli ultimi anni ha assunto una notevole rilevanza. il futuro caos amministrativo Infine non bisogna sottovalutare la complicazione e l’incremento dei costi amministrativi che un’azienda sopporterà con la moltiplicazione dei versamenti del contributo datoriale ai prodotti previdenziali indicati dai dipendenti: ogni lavoratore potrebbe in teoria scegliere un fondo pensione diverso dagli altri. E se per il momento le commissioni parlamentari hanno stralciato la portabilità, con la volontà però di discuterla assieme alle parti interessate in un tavolo tecnico, con l’arrivo del Ddl concorrenza in Aula sono stati presentati tre emendamenti da diverse forze politiche nel tentativo di ripristinarla (ved i box a lato). Un continuo andirivieni che alimenta i dubbi di chi ancora deve effettuare una scelta sul proprio futuro previdenziale. Plus24 PREVIDENZA E DINTORNI AUMENTANO LE COPERTURE ACCESSORIE CON IL RISCHIO DI DISPERDERE I PREMI Non si occupano solo di creare una pensione di scorta. I Pip e anche alcuni fondi pensione aperti contengono talvolta pure altre garanzie accessorie come maggiorazioni in caso di premorienza o invalidità, o talvolta anche delle coperture di tipo long term care (perdita di autosufficienza). Insomma il premio pagato viene utilizzato non solo per rinforzare il primo pilastro traballante ma anche per proteggere gli individui dagli eventi negativi della vita. Un intento opportuno in un Paese come il nostro dove viene ancora demandato molto a un welfare che si rivelerà sempre più avaro. Anche queste coperture hanno un costo che impatterà sulla prestazione finale ossia sulla pensione. Non solo, spesso le coperture risultano deboli per la finalità prospettata; inoltre i benefici si perdono di fronte a sospensioni del piano. Insomma il rischio è di rendere più fragile il pilastro pensionistico e di fornire un supporto insufficiente per incidenti della vita dai quali si pensava di essere già coperti a sufficienza. Da formule facoltative c’è chi è passato anche a coperture obbligatorie (che non si possono in sostanza rifiutare). Dei Pip ancora in collocamento, circa 12 prevedono garanzie accessorie sempre facoltative, se non per quattro prodotti. Tra i più innovativi c’è il Pip Generafuturo con una copertura accessoria obbligatoria long term care (Futuro Care) e il premio relativo a questa copertura ammonta a 30 euro annui, un importo che sembra contenuto ma che su premi di dimensioni ridotte incide notevolmente, in particolare per chi non fosse interessato a tale garanzia. Inoltre Generafuturo offre anche la possibilità di scegliere una copertura accessoria facoltativa (Futuro Double Care), che si attiva al pagamento di un premio di 60 euro annui. Il fatto che per tali coperture non venga fatta alcuna valutazione in relazione all’età dell’assicurato o alla sua situazione sanitaria si traduce in un vantaggio soprattutto per chi è in là con l’età e che sul mercato pagherebbe maggiormente polizze di protezione di questo tipo. La copertura è annua e si sospende in caso di mancato pagamento del premio. In caso di regolare pagamento premi dura sino al termine della fase di accumulo del Pip, interrompendosi in ogni caso al 67° anno dell’assicurato. Il modello Generali potrebbe essere seguito da altri gruppi viste che le coperture in questione (in particolare la tcm e invalidità) se inserite in un pacchetto di secondo pilastro (quindi in un Pip) godono della deducibilità. Mentre se fossero stand alone o vendute in una polizza Vita tradizionale diventerebbero detraibili (al 19% del premio pagato) con un tetto massimo di premio annuo che per invalidità e tcm è sceso a 530 euro annui. PLUS24 PREVIDENZA COMPLEMENTARE, PRIMA DI FIRMARE OCCHIO ALL’ISC L’indice sintetico dei costi mostra la convenienza dei fondi negoziali nei confronti di Pip e fondi pensione aperti Il futuro delle nostre pensioni di scorta dipende anche dal prezzo del biglietto pagato per arrivare a destinazione. Un costo non sempre proporzionato al servizio offerto. A differenza di quanto avviene nei trasporti, in finanza viaggiando in prima classe si rischia di raggiungere la meta con il vitalizio decurtato. I maggiori soldi incamerati dalle forme di previdenza più onerose vanno infatti a detrimento della prestazione finale. La Covip, authority della previdenza, non sa più come dirlo ma, evidentemente, a causa della scarsa attenzione e del basso tasso di educazione finanziaria, il messaggio non arriva. Così a fare la parte del leone nella raccolta del secondo pilastro sono ancora i Pip, i piani previdenziali individuali, che dalla riforma del 2005 hanno raccolto ben il 60% delle nuove iscrizioni nonostante la minore convenienza economica rispetto ai fondi negoziali. Questi ultimi sono particolarmente competitivi: l’Isc medio (indice sintetico dei costi) è dello 0,9% per periodi di partecipazione di 2 anni e si abbassa fino allo 0,2 su un arco temporale di 35 anni. Sugli stessi orizzonti temporali, l’Isc medio dei fondi aperti passa dal 2,1 all’1,1 per cento mentre per i Pip si va dal 3,5 all’1,5% per coloro che vi permangono 35 anni. Tra l’altro in questa categoria è molto ampia la forbice tra piani meno cari (venduti magari dalle compagnie dirette e in Posta) e Pip più onerosi: vi sono formule che hanno costi percentuali medi annui superiori al 3,8% (sui cinque anni) per scendere al 2,5% su 35 anni. Un vero salasso che in uno scenario come l’attuale, dove i tassi del settore obbligazionario sono prossimi allo zero, rischia di impoverire le future generazioni di pensionati. È vero che i Pip sono gli unici strumenti per accedere alle gestioni separate assicurative (agganciandosi di fatto a dei salvadanai caratterizzati da peculiari forme di valorizzazioni degli attivi che sterilizzano la volatilità e stabilizzano il portafoglio), ma è anche vero che tra Isc e altri costi magari per frazionamenti nel pagamento del premio, l’importo investito realmente nella gestione ai fini previdenziali rischia di scendere rispetto a quanto pagato. «Su orizzonti lunghi, differenze anche piccole nei costi producono effetti di rilievo sulla prestazione finale», ha ribadito in audizione alla Camera Francesco Massicci, presidente della Covip. Davanti ai deputati, Massicci ha sottolineato che, ipotizzando un periodo di accumulazione di 35 anni, la pensione complementare ottenibile attraverso la partecipazione a un fondo pensione negoziale sia in media di 5mila euro all’anno; ebbene il maggiore costo medio delle altre forme si traduce, a parità di altre condizioni, in una prestazione finale che scende del 16% a 4.200 per i fondi pensione aperti e a 3.900 (-22%) per i Pip. L’avvertenza è anche contenuta nelle note informative degli stessi piani assicurativi, laddove si illustra cosa sia l’indicatore sintetico di costo: «è importante tenere conto che differenze anche piccole di questo valore possono portare nel tempo a scostamenti anche rilevanti della posizione individuale maturata. Ad esempio, un valore dell’indicatore dello 0,5% comporta, su un periodo di partecipazione di 35 anni, una riduzione della prestazione finale del 10%, mentre per una differenza dell’1% la corrispondente riduzione è di circa il 20%», specifica una frase contenuta nella nota informativa del Pip Valore Pensione. Di fronte a tali affermazioni appare poco razionale che ci siano lavoratori iscritti a fondi negoziali che si trasferiscano su formule più care, perdendo tra l’altro il contributo datoriale. Probabilmente c’è ancora poca cultura e consapevolezza e anche per questo Covip intende investire nell’educazione finanziaria e «adotterà misure per aumentare il livello di informazione e accrescere la trasparenza e la comparabilità dei costi tra le diverse forme pensionistiche, integrando la nota informativa con adeguate rappresentazioni, anche grafiche». L’industria assicurativa e gli stessi consulenti che operano nel settore (agenti e promotori) giustificano i maggiori costi con un servizio di consulenza che naturalmente ha un suo valore e un suo prezzo. Osservazione giustissima. Tuttavia va segnalato che «a fronte della marcata crescita delle adesioni, le forme pensionistiche individuali (Pip e fondi aperti) fanno registrare un significativo incremento della sospensione dei versamenti contributivi – come spiega il presidente Covip nell’audizione informale alla Camera –, fenomeno che negli ultimi anni è venuto ad assumere una notevole rilevanza». Un dato fisiologico in un contesto di difficoltà economica come l’attuale. Ma è probabile che se ci fosse un adeguato servizio post-vendita e di consulenza reale, anche nella fase successiva alla stipula del contratto, forse gli iscritti ai Pip e ai fondi aperti sarebbero più motivati a proseguire il piano pensionistico. OLTRE 400MILA PENSIONI SONO LIQUIDATE ALL’ESTERO L’Inps eroga all’estero poco meno di 400 mila trattamenti pensionistici all’anno, per un importo complessivo di oltre un miliardo di euro. E aumentano anche i pensionati italiani che si trasferiscono in paesi dove la vita è meno costosa. E’ quanto risulta da un recente Rapporto pubblicato dall’ente di previdenza. Se storicamente il beneficiario era l’emigrante italiano, quell’attuale è sempre più lo straniero immigrato che ha lavorato in Italia ed è tornato nel Paese di origine. I numeri. Il 61% delle pensioni pagate all’estero nel 2014 è di vecchiaia o anzianità, il 4% d’invalidità e il 35% sono erogate ai superstiti. Di queste, più del doppio delle pensioni di anzianità/anticipata sono erogate a favore di pensionati uomini, a conferma del fatto che l’emigrazione maschile è stata più numerosa di quella femminile e della circostanza che, per il loro tradizionale ruolo nell’organizzazione familiare tradizionale e per le difficoltà ad accedere al mondo del lavoro, non sempre le donne hanno maturato contribuzione utile per accedere alla pensione. La presenza di pensionati Inps è concentrata nelle aree continentali verso cui storicamente si sono indirizzati i flussi migratori dal nostro Paese, come Europa (Svizzera, Francia e Germania) e America (Usa e Canada). In Asia e Africa risiedono invece solo poche migliaia di pensionati Inps, fenomeno presumibilmente collegato anche al rientro dei lavoratori extracomunitari già emigrati in Italia. Dove si vive meglio. Benché si tratti di un fenomeno di portata ancora limitata in termini assoluti, negli ultimi anni un numero sempre crescente di pensionati italiani si trasferisce in paesi in cui il costo della vita è più basso e dove il peso del Fisco incide in misura inferiore sulle pensioni. Accanto alla “fuga dei cervelli” inizia quindi ad evidenziarsi anche una “fuga dei pensionati”. Questo fenomeno ha riflessi economici e sociali: il pagamento di una pensione all’estero rappresenta una perdita economica per l’Italia perché l’importo erogato non rientra sotto forma di consumi o investimenti e genera un minor volume di imposte. Fra l’altro, nei paesi che hanno stipulato una convenzione in materia fiscale con l’Italia, le pensioni vengono erogate al lordo e, per evitare una “doppia tassazione”, le ritenute vengono applicate solo nel luogo di residenza. Questo comporta, per il nostro paese, un minore incasso in termini d’imposte indirette. In totale, i pensionati italiani espatriati negli ultimi cinque anni sono 16.420, di cui 5.345 nel solo 2014. Un numero che nell’ultimo quinquennio (dal 2010 al 2014), è più che raddoppiato, con una brusca accelerazione nell’ultimo anno (+65%). Io mi assicuro FPA FINE CORSA PER IL FONDO PENSIONE AGENTI? PARTE 2: ANAPA E UNAPASS CHIEDONO UN REFERENDUM Alla luce del botta e risposta tra lo SNA ed il Commissario straordinario Ermanno Martinetto nella giornata in cui si attendeva una risposta definitiva da parte del Sindacato Nazionale guidato da Claudio Demozzi sul piano di riequilibrio del Fondo Pensione Agenti, i presidenti di ANAPA e UNAPASS, Vincenzo Cirasola e Massimo Congiu, scrivono al Commissario una lettera contenente una proposta che rappresenta “un estremo tentativo, a tutela dei nostri Associati e di tutti gli Agenti di Assicurazione, attivi e pensionati, per evitare conseguenze gravi e irrimediabili per il Fondo Pensione Agenti e per ogni singolo aderente”. Cirasola e Congiu sottopongono quindi all’attenzione del Commissario straordinario e del Consiglio di Sorveglianza del Fondo la possibilità “di far esercitare agli aderenti al Fondo, sia pensionati che attivi, la facoltà di esprimersi a mezzo di un ‘Referendum’ da attuarsi eventualmente anche a mezzo di Posta Elettronica Certificata”, considerato che “il Sindacato Nazionale Agenti ha rifiutato ostinatamente ed irresponsabilmente ogni possibile soluzione condivisa e che tra gli aderenti al FPA oltre il 50% non risulta iscritta ad alcuna Associazione di Rappresentanza degli Intermediari”. “Il database e gli strumenti in possesso degli uffici del FPA – evidenziano inoltre i presidenti di ANAPA e UNAPASS – renderebbero realizzabile questa opzione in tempi relativamente brevi”. Intermedia Channel