rassegna stampa - Associazione Agenti Allianz

Transcript

rassegna stampa - Associazione Agenti Allianz
RASSEGNA STAMPA
Lunedì 5 OTTOBRE 2015
Sede di Milano - C.so Italia 23
Sede di Trieste – Via Fabio Filzi, 21/1
DAL MERCATO ASSICURATIVO
IVASS, ATTIVO DAL 1° AL 31 OTTOBRE L’INDIRIZZO MAIL PER LA
COMUNICAZIONE DELLA PEC DA PARTE DEGLI INTERMEDIARI
ISCRITTI NEL RUI
Attraverso un comunicato diffuso nella giornata odierna sul proprio sito
istituzionale, l’IVASS – con riferimento al Provvedimento n. 36 del 13 luglio
2015 relativo alla comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica
certificata da parte degli iscritti nelle sezioni A, B e D del Registro Unico
degli intermediari assicurativi e riassicurativi – ricorda che l’indirizzo
[email protected], sarà attivo nel periodo compreso tra il 1 e il 31
ottobre 2015.
Con il provvedimento citato, l’Istituto ha definito le procedure per la
comunicazione obbligatoria, da parte degli intermediari assicurativi iscritti
alle sezioni A, B e D del RUI, dell’indirizzo di posta elettronica certificata
così come disposto dall’articolo 4 del Regolamento IVASS 8/2015
concernente la definizione delle misure di semplificazione delle procedure e
degli adempimenti nei rapporti contrattuali tra imprese di ass icurazioni,
intermediari e clientela.
IVASS ricorda che la comunicazione eventualmente effettuata in periodi
diversi da quelli indicati e a diversi indirizzi PEC dovrà pertanto essere
rinnovata e richiama l’attenzione sulla circostanza che il messaggio di posta
elettronica certificata non dovrà contenere alcun testo, né disclaimer né
allegati.
Nell’oggetto del messaggio, il numero di iscrizione dovrà essere inserito
prima del codice fiscale, secondo gli esempi sotto riportati:
Numero iscrizione Codice fiscale (separati da un solo spazio)

Esempio
per
Intermediario
ABCABC25A25A251A

Esempio per Intermediario persona giuridica: A000000000 12345678910
Intermedia Channel
persona
fisica:
A000000000
ASSICURAZIONI AUTO: L’IMPORTANZA DI UN CODICILLO
Le buone notizie in Italia rischiano di renderci contenti sempre a metà. Dal
18 ottobre non sarà più obbligatorio esporre il contrasse gno assicurativo sul
parabrezza della propria autovettura. Grazie alle innumerevoli telecamere
che seguono la nostra vita di cittadini, da quelle poste in autostrada, Tutor
e Telepass, a quelle in città, autovelox e Ztl, saranno loro a incrociare le
banche dati associando targa della vettura e polizza. Meno burocrazia per i
consumatori più rispetto delle regole perché in Italia sono quattro milioni le
auto (il 9% circa del totale) non assicurate. Peccato che nel Paese delle
norme scritte a metà, il comandante della Polizia Municipale di Verona, Luigi
Altamura, abbia rilevato come in realtà nessuna di quelle telecamere sia
abilitata all’emissione della multa. Ma che saranno necessari nuovi sistemi
omologati. Andrebbe quindi modificato il disegno di legge sull e
liberalizzazioni in discussione alla Camera affinchè si possa arrivare
all’attuazione piena della legge. Ma con quali tempi? A meno che il governo
non intervenga con un decreto legge che stralci la norma. Anche perché la
data è prossima.
Non si tratta di una vicenda che riguarda solo le assicurazioni e il come
evitare comportamenti impropri che ricadono sulla collettività. Si pensi alle
conseguenze sanitarie, e non solo, sui cittadini che dovessero essere
coinvolti in incidenti con auto non assicurate. E’ il sintomo di una mentalità
del legislatore e della politica che punta a scrivere leggi pensando che il
compito si esaurisca con l’approvazione della norma. Dimenticando che in
Italia spesso manca quella cassetta degli attrezzi che è fatta di applicazione
delle leggi stesse, di regolamenti e circolari attuative senza le quali le
migliori riforme restano solo fiori all’occhiello per il governo di turno.
CORRIERE ECONOMIA
IL 20% DI UNIPOL IN MANO ALLA NUOVA COOP ALLEANZA 3.0
A Coop Alleanza 3.0, la super cooperativa che nascerà dalla fusione di Coop
Estense, Coop Adriatica e Coop Consumatori Nordest, farà capo poco più del
20% di Unipol dopo lo scioglimento di Finsoe: lo ha spiegato Adriano Turrini,
futuro presidente della nuova realtà e numero uno della holding del gruppo
finanziario bolognese. «Coop Alleanza 3.0», ha chiarito Turrini, «avrà
direttamente il 9% circa di Unipol. Poi, ovviamente, abbiamo forme di
partecipazione indiretta, per esempio attraverso Fin soe che è il contenitore
principale. Riportando in trasparenza questi numeri, arriviamo a superare di
poco il 20%. Ragion per cui abbiamo chiesto l'autorizzazione alla Consob e
abbiamo messo in atto tutti i passi necessari per poter mettere in atto questo
processo».
Sull'azionariato di Unipol è in corso un processo di ristrutturazione che
prevede lo scioglimento della scatola in mano alle cooperative. Sui tempi,
Turrini ha assicurato che si è già a buon punto e «vedremo nei prossimi mesi,
senza fretta alcuna, l'epilogo di questo percorso. Il cantiere dello
scioglimento di Finsoe», ha ricordato il top manager, «si è aperto ormai otto
mesi fa. È chiaro che siamo di fronte a un passaggio molto delicato, che però
ha già avuto un primo step: i soci hanno sostituito tre quarti del debito
bancario con obbligazioni proprie».
Coop Alleanza 3.0 partecipa anche a Eataly, guidata da pochi giorni da Andrea
Guerra. In merito alla quotazione, il futuro presidente della super coop non
ha ancora valutato il da farsi: «Quando e se avverrà, decideremo cosa fare».
Coop Alleanza 3.0 nascerà ufficialmente quest'oggi, anche se bisognerà
attendere il 1° gennaio per la piena operatività.
Italia oggi
IL 18 OTTOBRE SPARISCE DAL PARABREZZA IL CONTRASSEGNO
ASSICURATIVO. COSA CAMBIA PER GLI AGENTI?
Addio al tagliando esposto sul parabrezza. Restano però certificato e
carta verde. In vista della prossima dematerializzazione del
contrassegno assicurativo Rc auto, cosa cambia per gli Agenti e come si
stanno preparando le Imprese
A partire dal prossimo 18 ottobre non sarà più obbligatorio esporre il
contrassegno di assicurazione sul parabrezza dell’autovettura. Carta
verde e certificato (e peraltro anche contrassegno stesso, almeno nella
fase sperimentale) verranno comunque consegnati materialmente ai
clienti – assicurati. Le agenzie continueranno dunque ad emettere i
contratti come prima ed i clienti a recarsi presso le loro sedi, oppure no?
Cosa cambia effettivamente per le Agenzie e come si stanno preparando,
se si stanno preparando, le Imprese a questa novità?
Lo abbiamo chiesto a Vincenzo Cirasola – presidente del Gruppo Agenti
Generali e di ANAPA – ed a Enrico Ulivieri, presidente del Gruppo Agenti
Zurich e vicepresidente di ANAPA.
Cirasola: In questa fase la Compagnia continuerà ad emettere tutti i
documenti da consegnare ai clienti e per loro, effettivamente, non
cambierà nulla.
Per migliorare il servizio, le Generali hanno predisposto un call center
dedicato agli incassi “fuori orario”, da considerarsi ovviamente
eccezionali. Questo per consentire ad eventuali clienti – assicurati
ritardatari di usufruire della copertura immediata, grazie all’inserimento
di data e ora del pagamento da parte di un operatore esterno quando la
cassa di agenzia è chiusa .
In questo modo il cliente potrà circolare ugualmente e se dovesse essere
fermato dall’Autorità per un controllo risulterà coperto nel database
generale.
Ad ogni modo, sarà necessario un cambio culturale e di abitudini anche
da parte del cliente, che dovrà imparare a pagare quanto prima il premio
RCA ad Agenzie e subagenzie durante l’orario di apertura. La
Compagnia, appena ricevuto la conferma di pagamento attraverso il
flusso informatico dall’Agenzia che attesta il pagamento, lo trasmetterà
alla Banca dati centrale; così, nel caso in cui un veicolo venisse fermato
di notte o di domenica, risulterà comunque in regola grazie alla
comunicazione on-line. Fino ad ora spesso le Forze dell’ordine
chiamavano in Agenzia per avere conferma della regolarità della
copertura, oppure concedevano al cliente – assicurato di portare il
certificato attestante la data esatta del pagamento il giorno feriale
successivo al controllo, al fine di evitare la sanzione. In futuro non potrà
succedere grazie alla contestualità fornita dall’on -line.
In caso di sinistro sarà comunque necessario avere un documento scritto
di avvenuto pagamento della polizza in automobile.
Ulivieri: Da questa data cesserà l’obbligo di esposizione del
contrassegno cartaceo e lo stato della copertura Rc Auto verrà verificato
telematicamente in un apposito archivio informativo. Tale controllo sarà
effettuato direttamente dalle Forze dell’Ordine oppure mediante
dispositivi, appositamente omologati, di rilevazione automatica a
distanza delle targhe dei veicoli.
Tutto questo, nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe produrre una
significativa riduzione del numero dei veicoli circolanti privi di
assicurazione con conseguente vantaggio per il cittadino.
Poco cambia nell’operatività delle Agenzie, che continueranno a ricevere
i clienti ed a stampare i documenti assicurativi con le medesime modalità
sinora adottate: anche dopo il 18 ottobre resterà in vigore l’obbligo di
rilascio del certificato di assicurazione e dell’eventuale carta verde, con
il dovere degli Assicurati di esibire tale documento su richiesta degli
organi preposti. Le attuali disposizioni normative prevedono che
l’automobilista sia soggetto all’applicazione delle sanzioni pre viste
dall’art. 193 del Codice della Strada qualora non abbia a bordo del
veicolo il certificato di assicurazione attestante la validità della
copertura. In questo modo si è voluta mantenere la consueta modalità
di scambio di generalità in caso di incidente stradale.
La vera novità riguarderà le Compagnie assicurative, che dovranno
dotarsi di sistemi informatici idonei a garantire l’aggiornamento in
tempo reale dei dati contenuti nell’archivio digitale: infatti le Imprese
saranno misurate periodicamente e preventivamente dall’Organo di
controllo che potrà comminare loro pesanti sanzioni in caso di
comportamenti poco virtuosi.
Intermedia Channel
PREZZI RC AUTO, PER IVASS IN UN ANNO CALO DEL 7,8%
Continua il calo dei prezzi rc auto e aumenta ulteriormente la diffusione
della scatola nera, il dispositivo che rileva il comportamento degli
automobilisti ala guida. In base all’indagine periodica Ivass aggiornata
al 30 giugno scorso, nel secondo trimestre 2015 il primo medio era pari
a 450 euro, con un calo del 7,8% rispetto al corrispondente periodo
dell’anno scorso e dell’1,6% nel confronto con il primo trimestre 2015.
Fra le città medio-grandi il calo più accentuato è stato registrato a Bari,
con -13%, seguita da Napoli con il -9,2%, Palermo con -8%, Roma -7,5
e Milano con un calo del 7% rispetto ai primi sei mesi dell’anno scorso.
Rimane un’ampia variabilità dei prezzi a livello territoriale. I prezzi più
alti interessano in generale il Centro Sud, ma si riscontrano forti
differenze fra province all’interno della stessa regione: a Viterbo, per
esempio, il premio medio è inferiore di circa centosessanta euro rispetto
a Roma. Le dieci province più costose sono tre toscane (Massa -Carrara,
Pistoia e Prato), tre calabresi (Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia),
due pugliesi (Brindisi e Taranto) e due campane (Caserta e Napoli). Il
capoluogo campano è la provincia dove la rc auto costa di più, con un
premio
medio
di
727
euro
contro
i
302
di
Aosta.
Aumenta la diffusione della scatola nera. L’analisi dell’Ivass
evidenzia anche la presenza sempre più rilevante della scatola nera che
monitora il comportamento alla guida e consente di ottenere riduzioni
anche significative sul prezzo della rc auto. Con circa d ue milioni di
dispositivi installati, l’Italia è il paese al mondo con la presenza più
massiccia di questa tecnologia. I contratti con scatola nera sono passati
dal 10,7% a ottobre 2013 al 13,8% nel giugno scorso. Clausole di
riduzione del premio legate a questo dispositivo sono presenti nei
contratti di 22 su delle 46 compagnie monitorate dall’Ivass,. La scatola
nera è diffusa soprattutto nelle aree in cui la rc auto costa di più: in
Campania, Sicilia, Calabria e Puglia la percentuale supera il 20%, contro
percentuali comprese fra il 4,4% e il 7,2% in Trentino Alto Adige, Friuli
Venezia Giulia e Val d’Aosta. Il primato va a Caserta, con il 39% del
totale dei veicoli, seguita da Napoli con il 35%.
IO MI ASSICURO.
ANTEPRIMA XIV INSURANCE DAY: LA POLIZZA? INTELLIGENTE
L’Internet of Things rivoluzionerà le assicurazioni, tanto che secondo
Accenture l’80% dei clienti è pronto a passare a una compagnia
tecnologicamente più evoluta. Se ne discuterà martedì 6 ottobre a
Milano
Saranno le tecnologie intelligenti, e in particolare l’Internet of Things, a
guidare la trasformazione del settore assicurativo nei prossimi anni. Una
rivoluzione che costringerà le compagnie a mettersi in competizione con
nuovi concorrenti ma anche a modificare il modo di approcciarsi al
mercato, spingendole ad adattarsi alle nuove regole del gioco. Per un
cambiamento il momento è propizio visto, che il settore, nonostante la
crisi economica, sta registrando buoni risultati: nel 2014 i premi
assicurativi complessivi raccolti in Italia sono aumentati del 20,6% a
143,3 miliardi. Il tasso di crescita è superiore a quello registrato in altri
Paesi europei, come Regno Unito (+0,9%), Francia (+4,5%) o Germania
(+1,8%). Inoltre la redditività è in crescita, visto che l’anno scorso il
return on equity è stato del 10,2%, superiore a quello del 2013. A tali
risultati ha contribuito il ramo Vita, la cui raccolta è cresciuta del 30%
a 110,5 miliardi di premi complessivi, con 90,6 miliardi di nuova
produzione. Mentre nel Danni la raccolta continua a diminuire (nel 2014
-2,7% a 32,8 miliardi), in particolare nel comparto Auto (-7%).
Per i prossimi anni le previsioni restano positive, ma le assicurazioni
devono guardare ad alcune innovazioni potenzialmente rivoluzionarie
per il comparto, sostengono gli esperti di Accenture, che sintetizzano
questo cambiamento guidato dalle nuove tecnologie con l’esempio
dell’Internet of things applicato alle polizze. La diffusione di oggetti che
«diventano intelligenti» grazie alla connessione alla rete (come sveglie
che suonano in caso di traffico oppure confezioni di medicine che
lanciano un allarme se si dimentica di prendere il farmaco) cambierà la
vita anche alle assicurazioni. Si pensi a tecnologie come i droni o alle
auto senza guidatore in fase di sperimentazione in diversi Paesi, Italia
inclusa. «Dalle nostre ricerche emerge che l’80% delle compagnie
assicurative mondiali ritiene che l’Internet on Things rivoluzionerà il loro
modo di fare business», segnalano da Accenture. Le rilevazioni mettono
in luce, per esempio, che «il cliente sta cambiando attitudini, passando
dalla ricerca di prodotti tradizionali» a un’esperienza estesa che includa
servizi che vanno oltre i confini di una classica copertura assicurativa» .
Di questo e di altri temi si discuterà nel corso della 14ª edizione
dell’Insurance Day, organizzato da MF-Milano Finanza e Accenture per il
6 ottobre al Centro Congressi Fondazione Cariplo di Milano, nel corso del
quale si confronteranno i protagonisti del settore e che vedrà la
partecipazione dei ceo dei principali gruppi assicurativi italiani ed
europei. «Quello cui stiamo assistendo è una significativa accelerazione
dell’innovazione nei piani delle compagnie, che ormai mettono al centro
della loro strategia la costruzione di ecosistemi, la mobility e l’utilizzo
degli analytics», sottolinea Daniele Presutti, managing director
Accenture e responsabile Insurance Italia. Il riferimento è per esempio
ai «tassi di crescita della telematica auto in Italia, che in due anni ha
quasi triplicato il numero di scatole nere installate sulle vetture» ,
aggiunge il manager. «Una simile accelerazione richiede alle compagnie
di assumere il ruolo di leader di questo ecosistema allargato,
trasformando i dati a disposizione in informazioni che consentono di
conoscere sempre meglio i clienti e di stabilire una relazione
continuativa, sempre connessa e sicura».
Anche perché pure l’assicurato sta modificando le abitudini ed è pronto
a chiedere nuovi servizi. Il 78% dei consumatori è disponibile a fornire
all’assicuratore i dati sul suo comportamento in cambio di servizi
personalizzati dal forte valore aggiunto. Insomma, la qualità dell’offerta
sembra superare le remore legate alla privacy e a vincere saranno le
compagnie che per prime si adegueranno. Sempre secondo le analisi di
Accenture, l’80% dei consumatori si dice infatti disposto a cambiare
assicurazione per ricevere un’offerta più in linea con i propri bisogni.
Così
l’offerta
dovrà
allargarsi
per
includere
elementi
non
necessariamente assicurativi, ma vicini ai bisogni del cliente, e le
imprese sembrano esserne consapevoli. Per i prossimi anni i l 64% delle
compagnie ha infatti intenzione di stipulare partnership con operatori
digitali all’interno del mercato assicurativo e il 49% pensa di fare la
stessa cosa con partner non assicurativi. «La diffusione dell’Internet of
Things è il fenomeno che più trasformerà il settore nei prossimi anni»,
conclude Gionata Tedeschi, managing director Accenture e responsabile
Digital e Insurance Strategy. «Si tratta di una sfida non facile e non
esente da rischi, ma il pericolo di stare a guardare è molto più grand e
MILANO FINANZA
RISPARMIO GESTITO
LA PORTABILITÀ CONVIENE A BANCHE E ASSICURAZIONI
Il bacino di potenziali iscritti alla previdenza complementare è ancora
pressoché illimitato. A quasi nove anni dal l’avvio della riforma, la
previdenza integrativa non ha minimamente raggiunto l’auspicata platea
di aderenti. Eppure con una prateria a disposizione, assicurazioni e
banche preferiscono muoversi nel più fertile terreno di caccia dei
lavoratori già iscritti a una forma di previdenza complementare.
la
forza
delle
reti
di
vendita
Nel biennio 2013-14 il saldo netto dei trasferimenti dai fondi negoziali
ad altre forme pensionistiche è stato di oltre 15mila unità, di cui 11.700
sono passati ai Pip, i piani individuali pensionistici. Inoltre, su un
incremento complessivo di 312mila aderenti registrato dai Pip nel 2014,
oltre il 60% è stato “pescato” nel classico bacino di utenza dei fondi
negoziali, ovvero tra i lavoratori dipendenti. Un’espansione trainata da
reti di vendita diffuse in modo capillare sul territorio e remunerate in
base al volume di prodotti collocati. Nonostante ciò, le lobby finanziarie
continuano a portare avanti un’estenuante battaglia per consentire ai
loro prodotti (Pip e fondi pensione aperti) di competere ad armi pari con
i fondi negoziali, frutto della contrattazione collettiva. Nel Ddl
concorrenza varato dal Governo in febbraio, ma ancora in discussione in
Parlamento, è tornata a far capolino la portabilità del contributo
aziendale: oggi chi aderisce a un fondo aperto (che non abbia stipulato
un accordo con l’azienda) o a un Pip , non ha diritto al contributo del
datore di lavoro che di solito si aggira attorno all’1% della retribuzione.
Se la portabilità andrà in porto, per le reti commer ciali di banche e
assicurazioni sarà ancora più facile convincere gli iscritti ai fondi
negoziali a trasferirsi, invece di acquisire nuovi iscritti tra coloro che
non godono ancora di alcuna forma di previdenza integrativa: ciò
equivarrebbe per l’intero sistema a un gioco a somma zero, senza effetti
sul
rilancio
delle
adesioni.
chi
taglia
i
costi
e
chi
no
In linea di principio, la rimozione di tale vincolo determinerà una
maggiore competitività fra le diverse forme previdenziali. Tuttavia non
è altrettanto evidente che agli eventuali “spostamenti” di platee di
aderenti corrisponda un effettivo vantaggio per gli stessi in termini di
minori costi e maggiori rendimenti (vedi articoli e tabelle nelle pagine
seguenti). Oltretutto, anche in considerazione della significativa
diversificazione dei costi tra fondi negoziali, fondi aperti e Pip, sinora la
crescita dimensionale di queste ultime due forme previdenziali non si è
tradotta mediamente in una diminuzione dei costi a favore degli aderenti
(vedi grafico a lato). Soltanto per i “negoziali“ sono evidenti le economie
di scala: al crescere delle adesioni diminuisco no in proporzione i costi di
gestione pro capite, poiché vengono suddivisi tra più aderenti e anche
perché una maggiore adesione comporta un patrimonio più grande da
gestire; da qui ne consegue un maggior potere contrattuale nei confronti
delle società di gestione che consente di giungere a stipule di contratti
sempre più convenienti. Va sottolineato poi che, a fronte della marcata
crescita delle adesioni, le forme pensionistiche individuali (Pip e fondi
aperti) fanno registrare un significativo incremento della sospensione
dei versamenti contributivi, fenomeno che negli ultimi anni ha assunto
una
notevole
rilevanza.
il
futuro
caos
amministrativo
Infine non bisogna sottovalutare la complicazione e l’incremento dei
costi amministrativi che un’azienda sopporterà con la moltiplicazione dei
versamenti del contributo datoriale ai prodotti previdenziali indicati dai
dipendenti: ogni lavoratore potrebbe in teoria scegliere un fondo
pensione diverso dagli altri. E se per il momento le commissioni
parlamentari hanno stralciato la portabilità, con la volontà però di
discuterla assieme alle parti interessate in un tavolo tecnico, con l’arrivo
del Ddl concorrenza in Aula sono stati presentati tre emendamenti da
diverse forze politiche nel tentativo di ripristinarla (ved i box a lato). Un
continuo andirivieni che alimenta i dubbi di chi ancora deve effettuare
una scelta sul proprio futuro previdenziale.
Plus24
PREVIDENZA E DINTORNI
AUMENTANO LE COPERTURE ACCESSORIE CON IL RISCHIO DI
DISPERDERE I PREMI
Non si occupano solo di creare una pensione di scorta. I Pip e anche alcuni
fondi pensione aperti contengono talvolta pure altre garanzie accessorie
come maggiorazioni in caso di premorienza o invalidità, o talvolta anche
delle coperture di tipo long term care (perdita di autosufficienza).
Insomma il premio pagato viene utilizzato non solo per rinforzare il primo
pilastro traballante ma anche per proteggere gli individui dagli eventi
negativi della vita. Un intento opportuno in un Paese come il nostro dove
viene ancora demandato molto a un welfare che si rivelerà sempre più
avaro. Anche queste coperture hanno un costo che impatterà sulla
prestazione finale ossia sulla pensione.
Non solo, spesso le coperture risultano deboli per la finalità prospettata;
inoltre i benefici si perdono di fronte a sospensioni del piano. Insomma il
rischio è di rendere più fragile il pilastro pensionistico e di fornire un
supporto insufficiente per incidenti della vita dai quali si pensava di essere
già coperti a sufficienza.
Da formule facoltative c’è chi è passato anche a coperture obbligatorie (che
non si possono in sostanza rifiutare). Dei Pip ancora in collocamento, circa
12 prevedono garanzie accessorie sempre facoltative, se non per quattro
prodotti.
Tra i più innovativi c’è il Pip Generafuturo con una copertura accessoria
obbligatoria long term care (Futuro Care) e il premio relativo a questa
copertura ammonta a 30 euro annui, un importo che sembra contenuto
ma che su premi di dimensioni ridotte incide notevolmente, in particolare
per chi non fosse interessato a tale garanzia. Inoltre Generafuturo offre
anche la possibilità di scegliere una copertura accessoria facoltativa
(Futuro Double Care), che si attiva al pagamento di un premio di 60 euro
annui. Il fatto che per tali coperture non venga fatta alcuna valutazione in
relazione all’età dell’assicurato o alla sua situazione sanitaria si traduce in
un vantaggio soprattutto per chi è in là con l’età e che sul mercato
pagherebbe maggiormente polizze di protezione di questo tipo. La
copertura è annua e si sospende in caso di mancato pagamento del premio.
In caso di regolare pagamento premi dura sino al termine della fase di
accumulo del Pip, interrompendosi in ogni caso al 67° anno dell’assicurato.
Il modello Generali potrebbe essere seguito da altri gruppi viste che le
coperture in questione (in particolare la tcm e invalidità) se inserite in un
pacchetto di secondo pilastro (quindi in un Pip) godono della deducibilità.
Mentre se fossero stand alone o vendute in una polizza Vita tradizionale
diventerebbero detraibili (al 19% del premio pagato) con un tetto massimo
di premio annuo che per invalidità e tcm è sceso a 530 euro annui.
PLUS24
PREVIDENZA COMPLEMENTARE, PRIMA DI FIRMARE OCCHIO
ALL’ISC
L’indice sintetico dei costi mostra la convenienza dei fondi negoziali nei
confronti di Pip e fondi pensione aperti
Il futuro delle nostre pensioni di scorta dipende anche dal prezzo del
biglietto pagato per arrivare a destinazione. Un costo non sempre
proporzionato al servizio offerto. A differenza di quanto avviene nei
trasporti, in finanza viaggiando in prima classe si rischia di raggiungere la
meta con il vitalizio decurtato. I maggiori soldi incamerati dalle forme di
previdenza più onerose vanno infatti a detrimento della prestazione finale.
La Covip, authority della previdenza, non sa più come dirlo ma,
evidentemente, a causa della scarsa attenzione e del basso tasso di
educazione finanziaria, il messaggio non arriva.
Così a fare la parte del leone nella raccolta del secondo pilastro sono
ancora i Pip, i piani previdenziali individuali, che dalla riforma del 2005
hanno raccolto ben il 60% delle nuove iscrizioni nonostante la minore
convenienza economica rispetto ai fondi negoziali. Questi ultimi sono
particolarmente competitivi: l’Isc medio (indice sintetico dei costi) è dello
0,9% per periodi di partecipazione di 2 anni e si abbassa fino allo 0,2 su
un arco temporale di 35 anni. Sugli stessi orizzonti temporali, l’Isc medio
dei fondi aperti passa dal 2,1 all’1,1 per cento mentre per i Pip si va dal
3,5 all’1,5% per coloro che vi permangono 35 anni. Tra l’altro in questa
categoria è molto ampia la forbice tra piani meno cari (venduti magari
dalle compagnie dirette e in Posta) e Pip più onerosi: vi sono formule che
hanno costi percentuali medi annui superiori al 3,8% (sui cinque anni) per
scendere al 2,5% su 35 anni. Un vero salasso che in uno scenario come
l’attuale, dove i tassi del settore obbligazionario sono prossimi allo zero,
rischia di impoverire le future generazioni di pensionati. È vero che i Pip
sono gli unici strumenti per accedere alle gestioni separate assicurative
(agganciandosi di fatto a dei salvadanai caratterizzati da peculiari forme di
valorizzazioni degli attivi che sterilizzano la volatilità e stabilizzano il
portafoglio), ma è anche vero che tra Isc e altri costi magari per
frazionamenti nel pagamento del premio, l’importo investito realmente
nella gestione ai fini previdenziali rischia di scendere rispetto a quanto
pagato.
«Su orizzonti lunghi, differenze anche piccole nei costi producono effetti di
rilievo sulla prestazione finale», ha ribadito in audizione alla Camera
Francesco Massicci, presidente della Covip. Davanti ai deputati, Massicci
ha sottolineato che, ipotizzando un periodo di accumulazione di 35 anni,
la pensione complementare ottenibile attraverso la partecipazione a un
fondo pensione negoziale sia in media di 5mila euro all’anno; ebbene il
maggiore costo medio delle altre forme si traduce, a parità di altre
condizioni, in una prestazione finale che scende del 16% a 4.200 per i fondi
pensione aperti e a 3.900 (-22%) per i Pip.
L’avvertenza è anche contenuta nelle note informative degli stessi piani
assicurativi, laddove si illustra cosa sia l’indicatore sintetico di costo: «è
importante tenere conto che differenze anche piccole di questo valore
possono portare nel tempo a scostamenti anche rilevanti della posizione
individuale maturata. Ad esempio, un valore dell’indicatore dello 0,5%
comporta, su un periodo di partecipazione di 35 anni, una riduzione della
prestazione finale del 10%, mentre per una differenza dell’1% la
corrispondente riduzione è di circa il 20%», specifica una frase contenuta
nella nota informativa del Pip Valore Pensione. Di fronte a tali
affermazioni appare poco razionale che ci siano lavoratori iscritti a fondi
negoziali che si trasferiscano su formule più care, perdendo tra l’altro il
contributo datoriale. Probabilmente c’è ancora poca cultura e
consapevolezza e anche per questo Covip intende investire nell’educazione
finanziaria e «adotterà misure per aumentare il livello di informazione e
accrescere la trasparenza e la comparabilità dei costi tra le diverse forme
pensionistiche,
integrando
la
nota
informativa
con
adeguate
rappresentazioni, anche grafiche».
L’industria assicurativa e gli stessi consulenti che operano nel settore
(agenti e promotori) giustificano i maggiori costi con un servizio di
consulenza che naturalmente ha un suo valore e un suo prezzo.
Osservazione giustissima. Tuttavia va segnalato che «a fronte della
marcata crescita delle adesioni, le forme pensionistiche individuali (Pip e
fondi aperti) fanno registrare un significativo incremento della sospensione
dei versamenti contributivi – come spiega il presidente Covip nell’audizione
informale alla Camera –, fenomeno che negli ultimi anni è venuto ad
assumere una notevole rilevanza». Un dato fisiologico in un contesto di
difficoltà economica come l’attuale. Ma è probabile che se ci fosse un
adeguato servizio post-vendita e di consulenza reale, anche nella fase
successiva alla stipula del contratto, forse gli iscritti ai Pip e ai fondi aperti
sarebbero più motivati a proseguire il piano pensionistico.
OLTRE 400MILA PENSIONI SONO LIQUIDATE ALL’ESTERO
L’Inps eroga all’estero poco meno di 400 mila trattamenti pensionistici
all’anno, per un importo complessivo di oltre un miliardo di euro. E
aumentano anche i pensionati italiani che si trasferiscono in paesi dove la
vita è meno costosa. E’ quanto risulta da un recente Rapporto pubblicato
dall’ente di previdenza. Se storicamente il beneficiario era l’emigrante
italiano, quell’attuale è sempre più lo straniero immigrato che ha lavorato
in
Italia
ed
è
tornato
nel
Paese
di
origine.
I numeri. Il 61% delle pensioni pagate all’estero nel 2014 è di vecchiaia
o anzianità, il 4% d’invalidità e il 35% sono erogate ai superstiti. Di queste,
più del doppio delle pensioni di anzianità/anticipata sono erogate a favore
di pensionati uomini, a conferma del fatto che l’emigrazione maschile è
stata più numerosa di quella femminile e della circostanza che, per il loro
tradizionale ruolo nell’organizzazione familiare tradizionale e per le
difficoltà ad accedere al mondo del lavoro, non sempre le donne hanno
maturato contribuzione utile per accedere alla pensione. La presenza di
pensionati Inps è concentrata nelle aree continentali verso cui
storicamente si sono indirizzati i flussi migratori dal nostro Paese, come
Europa (Svizzera, Francia e Germania) e America (Usa e Canada). In Asia
e Africa risiedono invece solo poche migliaia di pensionati Inps, fenomeno
presumibilmente collegato anche al rientro dei lavoratori extracomunitari
già
emigrati
in
Italia.
Dove si vive meglio. Benché si tratti di un fenomeno di portata ancora
limitata in termini assoluti, negli ultimi anni un numero sempre crescente
di pensionati italiani si trasferisce in paesi in cui il costo della vita è più
basso e dove il peso del Fisco incide in misura inferiore sulle pensioni.
Accanto alla “fuga dei cervelli” inizia quindi ad evidenziarsi anche una “fuga
dei pensionati”. Questo fenomeno ha riflessi economici e sociali: il
pagamento di una pensione all’estero rappresenta una perdita economica
per l’Italia perché l’importo erogato non rientra sotto forma di consumi o
investimenti e genera un minor volume di imposte. Fra l’altro, nei paesi
che hanno stipulato una convenzione in materia fiscale con l’Italia, le
pensioni vengono erogate al lordo e, per evitare una “doppia tassazione”,
le ritenute vengono applicate solo nel luogo di residenza. Questo
comporta, per il nostro paese, un minore incasso in termini d’imposte
indirette. In totale, i pensionati italiani espatriati negli ultimi cinque anni
sono 16.420, di cui 5.345 nel solo 2014. Un numero che nell’ultimo
quinquennio (dal 2010 al 2014), è più che raddoppiato, con una brusca
accelerazione nell’ultimo anno (+65%).
Io mi assicuro
FPA
FINE CORSA PER IL FONDO PENSIONE AGENTI? PARTE 2: ANAPA E
UNAPASS CHIEDONO UN REFERENDUM
Alla luce del botta e risposta tra lo SNA ed il Commissario straordinario Ermanno
Martinetto nella giornata in cui si attendeva una risposta definitiva da parte del
Sindacato Nazionale guidato da Claudio Demozzi sul piano di riequilibrio del Fondo
Pensione Agenti, i presidenti di ANAPA e UNAPASS, Vincenzo Cirasola e Massimo
Congiu, scrivono al Commissario una lettera contenente una proposta che
rappresenta “un estremo tentativo, a tutela dei nostri Associati e di tutti gli Agenti
di Assicurazione, attivi e pensionati, per evitare conseguenze gravi e irrimediabili
per il Fondo Pensione Agenti e per ogni singolo aderente”.
Cirasola e Congiu sottopongono quindi all’attenzione del Commissario
straordinario e del Consiglio di Sorveglianza del Fondo la possibilità “di far
esercitare agli aderenti al Fondo, sia pensionati che attivi, la facoltà di esprimersi
a mezzo di un ‘Referendum’ da attuarsi eventualmente anche a mezzo di Posta
Elettronica Certificata”, considerato che “il Sindacato Nazionale Agenti ha rifiutato
ostinatamente ed irresponsabilmente ogni possibile soluzione condivisa e che tra
gli aderenti al FPA oltre il 50% non risulta iscritta ad alcuna Associazione di
Rappresentanza degli Intermediari”.
“Il database e gli strumenti in possesso degli uffici del FPA – evidenziano inoltre
i presidenti di ANAPA e UNAPASS – renderebbero realizzabile questa opzione in
tempi relativamente brevi”.
Intermedia Channel