Tesina FIAT
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Tesina FIAT
FIAT S.p.A. La macchina degli italiani 1. Dalla fondazione alla seconda guerra mondiale • Nascita • Prima Guerra mondiale • Fascismo • Seconda guerra mondiale 2. Boom Economico • Migliaia di strade per 4 ruote • Sviluppo 3. Intervento dello stato • Fase di crescita • La prima repubblica 4. Il nuovo millennio • Sfida del mercato mondiale • Chrysler e FIAT • Obiettivi futuri • Rapporti tra governi e FIAT FIAT, La macchina degli italiani Fondazione FIAT, acronimo di Fabbrica Italiana Automobili Torino, è stata fondata l'11 luglio 1899 a Torino come casa produttrice di automobili. I soci, dopo aver ottenuto l'appoggio finanziario del "Banco di Sconto e Sete" di Torino, versano un capitale di 800.000 lire in 4.000 azioni (circa 10 milioni di euro attuali) ed affidano la presidenza a Ludovico Scarfiotti. La maggioranza relativa delle azioni (705 azioni) è in possesso del “Banco Sconto e Sete” gli altri azionisti detengono 150 azioni ciascuno. La fiat inizia la sua attività con Scarfiotti presidente e Agnelli amministratore delegato. Durante la prima seduta, il consiglio d'amministrazione della neonata FIAT delibera l'acquisto dell'"Accomandita Ceirano & C.", finalizzata alla costruzione della "Welleyes", liquidando Ceirano con la somma di 30.000 lire, per riassumerlo quale agente di vendita. La prima vettura costruita dalla FIAT fu il modello "3½ HP", di cui una curiosità è la mancanza della retromarcia, copia della "Welleyes" e prodotta in 8 esemplari nel corso del 1899. Due fattori permettono alla Fiat di raggiungere così rapidamente il predominio sulle aziende concorrenti, già prima delle ingenti commesse militari durante la grande guerra: 1. La spregiudicatezza di Giovanni Agnelli 2. La decisione di “fare come il ford”. Sul primo punto, l’episodio più noto è l’iperbolica crescita dei titoli automobilistici nel 1905-06 e il loro crollo improvviso nel 1907: numerose case devono chiudere o ridimensionarsi, mentre “stranamente” la sola Fiat a posteriori trae da questa rovina un vantaggio incolmabile. Altro elemento non trascurabile sono i forti sospetti che, nello stesso periodo di crescita chiaramente artificiale, la società torinese sia entrata nell’orbita e nella protezione della Banca Commerciale tramite un prestanome: ing. Attilo Bossi, che appare improvvisamente sulla scena nel 1906, detenendo il 30% del pacchetto azionario. Agnelli e i suoi soci, denunciati nel giugno del 1908 per illecita coalizione, falsificazione dei bilanci e aggiotaggio, sono poi prosciolti dalle accuse 4 anni dopo e in un secondo processo l’anno successivo, benché le perizie giudiziarie del 1909 avessero confermato di fatto tutte le accuse . Al vantaggio che la Fiat acquisisce dalla crisi del 1907, si aggiunse negli anni seguenti un effettivo e notevole aumento della produzione, grazie alla razionalizzazione del lavoro e all’applicazione parziale dei metodi tayloristici. Questo fondamentale “salto di qualità” avviene nel 1912, con l’introduzione della prima utilitaria Fiat in serie, la tipo “Zero”. Nello stesso anno Agnelli compie il primo viaggio negli Stati Uniti dove trae le decisioni che più incidono su questa nuova fase produttiva della sua azienda. A Detroit Agnelli, visitando le officine Ford, apprende quanto la lavorazione in serie possa abbassare i costi e rivoluzionare la produttività di una industria. Da qui nasce la parola chiave “fare come il Ford”. Sino al 1915 Fiat comunque mantenne medie dimensioni, poi la produzione bellica favorì l’impetuoso sviluppo dell’azienda: tra il 1914 e 1920 passò da 4000 a 40000 dipendenti, il capitale sociale salì da 17 a 200 milioni di lire, le auto prodotte da 9200 a 20000. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale l’automobile si dimostra prezioso strumento di comunicazione con il fronte, indispensabile per il trasporto di merci e uomini. Durante il conflitto Fiat produsse l’80% degli autocarri utilizzati dall’esercito, mitragliatrici e motori di aerei, diventando la terza industria italiana dopo Ansaldo e ILVA. FIAT iniziò la costruzione del famoso stabilimento produttivo denominato Lingotto nel 1916 ed entrò in funzione nel 1923. L'ingegnere meccanico Ugo Gobbato, esperto nella razionalizzazione delle attività produttive e chiamato alla FIAT da Giovanni Agnelli nel 1918, progetta e costruisce questo stabilimento coordinando il trasferimento di tutti gli impianti e macchinari delle varie officine in tutta Torino in questo stabilimento. Nel corso della propria vita, lo stabilimento produce decine di modelli di automobili, come la Torpedo, la Balilla e la Topolino. Nel 1927 Agnelli fonda IFI (Istituto finanziario industriale) allo scopo di riunificare sotto un’unica società le varie partecipazioni da lui acquistate, principalmente in settori industriali. La spinta internazionale è però rallentata dall’ascesa di Mussolini, che nel corso del suo governo adottò una politica protezionista allo scopo di incentivare la produzione della Fiat nel mercato italiano tanto che la Balilla per lui doveva essere la macchina di tutti gli italiani. Negli anni della grande depressione e crollo della borsa di Wall Street, Ansaldo, Ceirano, Chiribiri, Diatto, Itala, S.P.A. e Scat sono costrette a chiudere e spesso ad essere assorbite dalla Fiat. Infatti, nonostante uno sviluppo rallentato subito proprio dalla crisi economica, Fiat vuole re intraprendere il ruolo di guida per lo sviluppo economico del paese e della città torinese. Proprio per questo obiettivo, a maggio del 1939 viene inaugurato a Torino l’apertura dello stabilimento Mirafiori, che occupa 22 mila dipendenti. Con l’entrata in guerra dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Fiat deve convertire ancora la sua produzione per fini bellici, e si riduce drasticamente il numero delle auto costruite, da 53 mila del ’39 a 3.700 del ’45 e cresce di cinque volte quello dei camion. Con la fine delle ostilità, i dipendenti della Fiat sono 71 mila. Gli utili, azzerati dopo il ’43, ricominciano a crescere. La Fiat ritorna uno degli attori principali della ricostruzione del paese. Nel 1949 c’è una vettura ogni 96 abitanti, che diventa una ogni 11 nel ’63. In dieci anni (19491959) i dipendenti dell’azienda torinese arrivano a 85 mila e la produzione di automobili cresce di sei volte: da 71 mila a 425 mila unità l’anno. Gli anni cinquanta si chiudono con il raddoppio dello stabilimento torinese di Mirafiori e l’apertura di nuove fabbriche all’estero in Sudafrica, Turchia, Jugoslavia, Argentina e Messico (esternalizzazione). Boom Economico Il decennio successivo è caratterizzato da una forte espansione della Fiat: la produzione annua di vetture passa da 425 mila a più di un milione e 700 mila, segnando la motorizzazione di massa che sarà il principale artefice per il “miracolo economico”. Negli anni '60, mentre l'economia italiana cresceva ad alti ritmi, l'IRI era tra i protagonisti del "miracolo" italiano", perché permetteva una cooperazione tra capitale pubblico e capitale privato. Questa cooperazione porta molti vantaggi alla Fiat soprattutto grazie alla costruzione dell’Autostrada del Sole inaugurata nel 1964 e di moltissime altre strade. A questo punto l’Italia si trova con migliaia di strade che giocano un ruolo molto importante e la scelta di molti italiani di utilizzare la macchina invece di altri mezzi è decisiva per lo sviluppo della Fiat. Infatti in Italia le nuove Fiat 500 e 600 diventano ben presto un vero fenomeno di costume. Firmare le cambiali per la 600, abbandonare il tram o la Vespa e mettersi finalmente al volante per andare tutti i giorni in ufficio e per le prime uscite domenicali “fuori porta” con tutta la famiglia, rappresenta nella mentalità collettiva della borghesia medio-piccola “il” salto. Farsi la macchina è l'ossessione degli italiani. L'anno Valletta lascia il timone della Fiat al giovane Gianni Agnelli. Nel 1969 viene acquistata la Lancia e nell’anno successo la Ferrari. Il sogno di Gianni Agnelli, però, è l'internazionalizzazione della Fiat. Tenta di acquisire la Citroen, senza riuscirci per l’opposizione del presidente della repubblica francese, e il sogno si infrange. Intanto gli effetti dell'apertura dei mercati all'interno della CEE si fa sentire e la concorrenza straniera aumenta la sua penetrazione in Italia. Nella prima metà degli anni settanta Gianni Agnelli deve affrontare la prima grossa crisi della Fiat, la più grande forse a partire dalla prima guerra mondiale: l'autofinanziamento non è più possibile e la Fiat non può più fare a meno, come è stato fino a quel momento, di ricorrere massicciamente al credito. L'Avvocato si avvicina sempre più alla Mediobanca dovuto al fatto dei buoni rapporti che intercorrono fra di loro, risolvendo parzialmente l’esigenza di credito. Poi, trasforma la Fiat S.p.A. da un'azienda industriale in una holding finanziaria. Da questa dipendono tante holding di settore, una per ogni settore produttivo, alle quali saranno sottoposte le rispettive società operative. Il processo dura più di cinque anni e nascono così la Fiat-Allis, settore macchine agricole, l'Iveco, settore veicoli industriali, La Macchine Movimento Terra, la Teksid (fonderie, produzione metallurgiche) e ultima, ma solo in ordine di tempo, la Fiat Auto (autovetture e veicoli commerciali leggeri). Pochi anni dopo Gianni Agnelli strappa proprio alla Ford l'acquisto dall'IRI dell'Alfa Romeo, che il governo italiano ha deciso di vendere. Stato e FIAT Le fasi dei rapporti tra Fiat e Stato sono grosso modo due: La prima è quella che va dalla fondazione alla seconda guerra mondiale. La Fiat, come tutta la grande impresa meccanica, ma con dimensioni superiori, beneficia delle politiche di armamento di due guerre mondiali e delle continue commesse militari statali. Il primo dopoguerra segna per Giovanni Agnelli, come per tutti gli altri industriali, l’inizio di un forte timore di rivendicazioni sindacali. Come molti altri capitalisti, anche Agnelli finanzia le squadre fasciste che scongiurano qualsiasi rivendicazione sindacale, scioperi, rivoluzioni e qualsiasi tentativo di istaurare in Italia una dittatura comunista. Massima di Agnelli: “Noi industriali siamo ministeriali per definizione”; indica come il potere politico e il potere economico non possono che vivere in simbiosi, se non vogliono rovinarsi a vicenda. Agnelli lo sa benissimo come lo sa benissimo Mussolini. Quando quest’ultimo sale al potere, i primi provvedimenti del suo governo fascista non possono che essere graditi agli industriali infatti abolisce provvedimenti come l’innalzamento della tassa di successione, la nominatività dei titoli azionari e ritira il progetto di tassare i guadagni di guerra; tutti provvedimenti presi e proposti da Giolitti e il suo governo. Nello stesso periodo ad Agnelli arriva la nomina a senatore, attesa invano sotto il governo giolittiano. D’altra parte Agnelli sa ricambiare le cortesie, estromette Frassati dalla direzione del giornale La Stampa cessando così le polemiche col governo soprattutto dopo il delitto Matteotti. Non si inscrive al partito fascista, ma la tessera gli viene offerta honoris causa nel 1932. Nel frattempo la politica fascista di riarmo e il grande impulso dato all’attività aviatoria hanno consentito alla Fiat nuovi enormi guadagni. Quando nel 1945 Agnelli disse che la tessera fascista era stata per lui “una croce da accettare”, diceva la verità. L’appoggio che la Fiat diede a diversi settori della Resistenza, pur mantenendo ottimi rapporti con la Repubblica Sociale e con gli occupanti tedeschi, stanno a dimostrare come la morale fu, sempre, una sola: “Con chiunque, purché questo coincida col bene dell’ universo (Fiat)”. Il secondo periodo è quello che va dal secondo dopoguerra al 1998/1999, è la fase dell’egemonia della Fiat sul sistema economico e finanziario nazionale. La Fiat nel sistema misto italiano è stata un traino delle politiche di sviluppo e ha goduto di protezioni di ogni genere, riguardo all’ingresso di terzi nel mercato, al fisco che penalizzava le grosse cilindrate, agli incentivi per gli impianti, alla costruzione di un sistema di ammortizzatori sociali ritagliato sulle sue esigenze, fino alla prima ondata di incentivi della metà degli anni Novanta. Nel sistema misto rappresenta una gamba del potere economico, l’altra sono le partecipazioni statali. Ma è il traino di un sistema economico costruito sulla motorizzazione di massa. Il nuovo millennio Nel 2000 la Fiat incapace di affrontare da sola la sfida del mercato mondiale (fra il 1990 ed il 2001 la quota di mercato Fiat in Italia si è ridotta da circa il 53% a circa il 35% ed in Europa da poco più del 14% a meno del 10%), conclude un accordo con la General Motors (GM). Questa intesa prevede che la GM acquistava il 20% della Fiat Auto pagandolo con azioni proprie e la Fiat otteneva una clausola put, cioè il diritto esercitabile dopo due anni ed entro gli otto successivi, di cedere a GM il rimanente 80% della Fiat Auto ad un prezzo da determinarsi con certi criteri predefiniti e che GM sarà obbligata ad acquistare. L'accordo si rompe quattro anni dopo (sia FIAT che GM si trovano in grosse difficoltà) con un risultato opposto a quanto ipotizzato originariamente: non è la Fiat Auto che viene interamente ceduta a GM, bensì è GM che paga per evitare l'esercizio del diritto di cessione (clausola "put") da parte Fiat, cedendo a quest'ultima anche le quote GM di Fiat Auto. La crisi economica del settore auto viene superata dall’avvento di una nuova squadra: ai vertici del Gruppo vengono nominati presidente Luca Cordero di Montezemolo, vice presidente John Elkann e amministratore delegato Sergio Marchionne. Questa squadra artefice di una profonda trasformazione culturale del gruppo avvia un rigoroso piano di contenimento dei costi e di rilancio industriale che permette nel 2005 il ritorno all'utile netto per il Gruppo. L’ottimo andamento economico degli ultimi anni è stato confermato dai risultati conseguiti nel 2007: il fatturato ha sfiorato i 59 miliardi di euro. Il simbolo e l’emblema della rinascita e dell’affermazione del Gruppo è la nuova “Cinquecento”. Il 2008 è stato segnato da una profonda crisi economica che ha avuto la sua origine negli Stati Uniti e si è poi diffusa in tutto il mondo. Una delle industrie che maggiormente ha risentito di questo fenomeno è stata quella automobilistica. Il Gruppo Fiat per cercare di uscire da questa crisi firma un accordo con Chrysler Group LLC, un’alleanza strategica globale, infatti grazie a questa intesa Fiat può utilizzare le piattaforme Chrysler per i suoi modelli di punta, mentre la società USA può estendere la propria gamma di prodotti anche a vetture a basso impatto ambientale. Entrambe le case automobilistiche poi sfrutteranno le reti commerciali dell'altra per espandere la propria presenza geografica. Nel frattempo cambia la presidenza di FIAT Group: John Elkann è il nuovo presidente e assicura la continua collaborazione tra Marchionne e Luca Cordero di Montezemolo. Attualmente Fiat Group ha circa 190.014 mila dipendenti, 188 stabilimenti produttivi, di cui una novantina all' estero e ha fatturato 50,102 miliardi di ricavi nel 2009. Nel 2010 i nuovi obiettivi sono illustrati da Marchionne attraverso il piano strategico industriale. Un programma intitolato “Un Lingotto II”, che contiene tutti gli elementi per superare la crisi con l’occhio puntato alla completa internazionalizzazione, tra cui l’apertura dei nuovi prodotti FIAT a nuovi mercati, scorporo di FIAT Group con due industrie: Fiat Group e Fiat industrial dove confluiranno tutte le attività non automobilistiche; miglioramenti della produttività degli stabilimenti e il rinnovo di 6 prodotti e il lancio di nuovi 10 modelli. Nel corso della sua gestione Marchionne ha stilato una lista di stabilimenti Fiat da chiudere o, comunque, ridimensionare. Tra questi il più conosciuto è, certamente, quello di Termini Imerese, che ad oggi occupa quasi 2.000 dipendenti. Su questo argomento c'è stato un aspro dibattito tra i vertici della casa automobilistica torinese ed il governo italiano, in merito sia all'opportunità di tenere aperto lo stabilimento siciliano, destinato alla chiusura, che agli incentivi statali al settore auto. Marchionne a questo proposito ha sempre ribadito che Fiat, da quando è nell’amministrazione, non ha mai ricevuto del denaro pubblico, e ha aggiunto che gli incentivi dovrebbero essere eliminati. Ma comunque rimane il fatto che Fiat nel corso della sua storia è sempre stata in qualche modo “protetta” e inoltre gli incentivi sono ancora presenti. Gli incentivi più comuni sono sulla rottamazione dell’auto usata o incentivi per l’acquisto di veicoli verdi (GPL).