Guerra in Afghanistan e operazione "Pretesto infinito"

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Guerra in Afghanistan e operazione "Pretesto infinito"
CSA Vittoria
Guerra in Afghanistan e operazione "Pretesto infinito"
domenica 31 marzo 2002
Zbygniew Brzezinsky (cosigliere di H.Kissinger),
La grande scacchiera:
"L'Eurasia
occupa la scacchiera sulla quale si svolge la lotta per il dominio sul
mondo. La maniera in cui gli Usa 'gestiscono' l'Eurasia è di importanza
cruciale. Il più grande 'continente' sulla faccia del pianeta ne
costituisce anche l'asse geopolitico. Qualunque potenza che la
controlli, controlla anche due delle tre aree più sviluppate e
maggiormente produttive. Il compito più urgente per gli Usa è
sorvegliare affinchè nessuno stato o gruppo di stati abbia la
possibilità di cacciarli dall'Eurasia o anche solo di indebolirne il
ruolo di arbitro." (scritto prima del 11 Settembre 2001)
Dichiarazione
di RAWA (Associazione rivoluzionaria delle donne afghane) per la
Giornata Internazionale delle Donne, 8 marzo 2000:
"Oggi,
con il sostegno svergognato dei loro padroni stranieri, i Talebani
ritengono che sia loro principale dovere negare alle nostre donne i
diritti più fondamentali e tenerle in catene medievali. Sfruttando con
cinismo le credenze popolari, giustificano la pressione sempre più
forte sulle donne in nome dell'Islam e della Sharia."
E' guerra.
Nella serata di domenica 7 Ottobre 2001 comincia l'attacco USA all'Afghanistan.
L'attacco
inizia con una serie di bombardamenti sulle città e su quelli che
vengono indicati dagli americani come obiettivi "militari". Cadono
bombe anche in zone densamente popolate oltre che su città e zone
residenziali.
Il fatto che, a pochi giorni dall'inizio
dell'attacco, il bilancio delle vittime civili sia molto alto, è
un'ulteriore conferma che i bombardamenti non sono altro che un'arma di
distruzione indiscriminata (altro che operazioni "chirurgiche"!).
Qualche
settimana fa, subito dopo la tragedia delle torri gemelle e dell'aereo
precipitato sul pentagono, mentre Bush si affrettava ad indicare Bin
Laden e il governo dei talebani (fino all'altro ieri fantoccio Usa e
fomentato per anni in chiave antisovietica) come responsabili e
mandanti della strage senza neanche uno straccio di prova, la
popolazione si accalcava alle frontiere dell'Afghanistan in cerca di
una disperata fuga da un nuovo scenario di guerra. Contemporaneamente
la popolazione palestinese vedeva l'ennesima incursione dei militari
israeliani con conseguenti morti tra i civili: dall'inizio della nuova
Intifada (circa un anno fa) si contano 800 morti. L'Iraq invece subisce
da oltre 10 anni una guerra economica e militare: bombardamenti ed
embargo hanno causato quasi 1 milione di morti tra i civili. Queste
sono soltanto alcune delle morti nella regione euroasiatica a
responsabilità diretta o "indiretta" degli Usa e dei loro alleati, con
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un bilancio complessivo che dalla seconda guerra mondiale a oggi ha
visto morire circa 30 milioni di persone in tutto il mondo. Popoli
stremati dopo anni di guerre e carestie, costretti a vivere in
condizioni disumane in campi profughi, vengono addirittura rifiutati
alle frontiere dei cosiddetti paesi "civilizzati": criminalizzati ed
espulsi come clandestini non viene quasi mai riconosciuto loro il
diritto di asilo politico.
Nonostante questo, nonostante i milioni
di morti tra i civili sparsi per il globo molti americani dopo la
tragedia delle torri gemelle stentavano a credere alla possibilità che
nel mondo ci potesse essere tanto odio cieco e indiscriminato nei loro
confronti, credendo forse che l'apocalisse della guerra potesse
rimanere lontano dai propri confini o tutt'al più fosse un fenomeno a
cui assistere davanti al teleschermo con tanto di pop-corn.
Le
popolazioni di diversi paesi del mondo colpite da guerre ingiuste e di
rapina, invece, hanno probabilmente smesso di chiedersi il perchè di
tanto odio nei loro confronti. Hanno capito e sperimentato sulla loro
pelle il significato reale della sporca guerra imperialista yankee;
sporca per gli interessi economici che la muovono ed i pretesti infami
che spesso vengono utilizzati per dispiegarla; sporca anche per gli
interessi padronali che rappresenta: sfruttamento indiscriminato delle
risorse naturali e del bisogno di lavoro; questa è da 50 anni la
"civilizzazione" da parte di America e alleati nei confronti di paesi
che lo "sviluppo" non lo vedranno mai.
Tornando a questa guerra,
vale la pena di analizzare più nel dettaglio come si è innescato e su
che binari sembra evolvere questo ennesimo conflitto.
Ovviamente
le ragioni di questa guerra non nascono da finte questioni
filantropiche e di buonismo umanitario come fu per la guerra in
Yugoslavia e, vale la pena di ricordarlo, ragioni alle quali il
centro-"sinistra" europeo si affrettò ad aderire; la risposta militare
americana va oltre il desiderio di giustizia nei confronti dei
responsabili degli attentati e viene spudoratamente utilizzata
dall'amministrazione Bush per andare oltre l'annientamento oramai
scontato di Bin Laden: perchè le bombe si sà sono benzina sul fuoco per
le questioni internazionali e come per i balcani servono per dividere
gli stati e controllarli meglio.
Per certi versi poi, questo
conflitto sembra disegnare uno scenario di guerra che, dilatandosi nel
tempo e nello "spazio", è utile agli americani a colpire e/o a
criminalizzare arbitrariamente chiunque gli si voglia opporre. La
"Guerra Infinita" dichiarata con rabbia da Bush, a poche ore
dall'attentato, risulta subito come apocalittica, totale, definitiva e
la si prospetta quasi come il "pretesto infinito" con cui innescare
conflitti ovunque nel mondo (vedi accenno di Bush sulle 68 nazioni in
odore di "terrorismo"); ad esempio in Colombia contro le FARC
ingiustamente accostate al narcotraffico... e poi in Iran o forse
ancora in Iraq, con in più la volontà di colpire chiunque; terrorista
viene indicato semplicemente come "chi rompe i coglioni": dal
fondamentalista islamico al noglobal.
Inoltre con la "guerra
infinita" e il famigerato binomio criminale a stelle e strisce fatto di
bombe e successiva ricostruzione, gli americani sperano di invertire la
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tendenza al ribasso del loro mercato, per dare respiro alla propria
economia, uscire dalla stagnazione, recuperare e valorizzare immensi
capitali. Gli Stati Uniti infatti vivono da anni una crisi di
sovrapproduzione/sottoconsumo alla quale rispondono con politiche
monetarie che attirano denaro dall'estero. Nelle ore immediatamente
successive all'attacco molti di questi capitali sono fuggiti
all'estero: in Svizzera e in Europa. La risposta Usa sembra quindi non
essere mirata "solo" ad accrescere il proprio controllo nell'area
euroasiatica che, dopo il crollo dell'URSS, rappresenta il crocevia
(come i Balcani) verso immensi giacimenti di idrocarburi e minerali;
sembra voler consolidare e ribadire che l'economia americana, la sua
moneta e la sua borsa siano il centro dell'economia mondiale.
Questo,
più che l'attacco subito, induce gli americani a compiere un'azione
"più solitaria" rispetto al caso dell'Iraq: Bush afferma che il nemico è spietato, agguerrito, provvisto di incredibili risorse, in
più dice
che pericolosi "terroristi" meditano attentati coperti da diverse
nazioni fiancheggiatrici e nonostante questo, paradossalmente, non
richiede da subito il coinvolgimento diretto delle altre potenze e
della NATO; molto probabilmente perchè in epoca di diffusione della
moneta europea e dei tentativi di "ribalta" di altre nazioni sullo
scenario internazionale (UE e altri), tenendo conto della fuga di
capitali, dei danni subiti, della crisi e della stagnazione economica
che colpisce gli USA da tempo, la torta della ricostruzione (con tutti
gli annessi e connessi) questa volta non hanno intenzione di spartirla
con nessuno.
Anche se non si può dire che allo stato attuale
l'Europa costituisca una reale minaccia all'imperialismo americano,
certamente i segnali del suo investimento su una strategia
economico/politica sempre più autonoma ed in particolare gli annunciati
processi di integrazione economico-monetaria dell'UE risultano
"preoccupanti" per gli USA nella corsa alla spartizione del globo. Non
si parla quindi solo del rafforzamento dell'identità militare europea
all'interno della NATO ma piuttosto di un crescente interesse
nell'allargamento dell'Unione Europea verso il sud-est del mediterraneo
(Magreb e Mashrek) perchè si trasformi in un'area stabile e "sicura"
(anche in questo senso vanno lette le dichiarazioni di finto
"pacifismo", "pacifismo" compatibile e in definitiva interventista di
alcune componenti della "sinistra" istituzionale), cioè in grado di un
"integrarsi" progressivamente con l'UE dal punto di vista
economico/giuridico/politico e permettere il decentramento di alcuni
settori di produzione con l'unico fine di sfruttare la manodopera
docile, ricattabile e soprattutto a basso costo di nord-africa e
eurasia: questa è la globalizzazione imperialista.
In
conclusione, si apre davanti a noi uno scenario internazionale di
guerra che oltre ad avere ricadute dirette sulle popolazioni colpite
(stranieri, profughi e migranti) ha pesanti ricadute anche sui
proletari degli stessi paesi imperialisti.
Non è un caso che i
governi occidentali si sentano legittimati ad approvare finanziarie "di
guerra" (per non parlare delle migliaia di licenziamenti annunciati ad
esempio da Agnelli) che sono vere e proprie ristrutturazioni: ulteriori
tagli allo stato sociale (per quello che c'è ancora da tagliare dopo il
centro-"sinistra" di governo), ancora attacchi ai diritti dei
lavoratori e a danno di tutti i proletari italiani e migranti. Ma non
basta. Per quanto riguarda l'Italia infatti, il governo Berlusconi, non
contento del morto e dei pestaggi di Genova, inaugura una nuova e più
pesante offensiva repressiva: compagni incarcerati con motivazioni e
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pretesti assurdi, sgomberi e inchieste per associazione
sovversiva (270bis).
Se questo è il quadro, è chiaro che
l'imperialismo, come manifestazione storica del capitale e del grado di
accumulazione da esso raggiunto, voglia rilanciare e superare l'attuale
fase di crisi (scalzando in anticipo possibili concorrenti) sulla pelle
delle popolazioni e a costo di pesanti ristrutturazioni, per portarsi
ad uno stadio di sviluppo superiore e nella direzione di una maggiore
internazionalizzazione di quello sfruttamento che i padroni, per
indorare la "pillola", in ogni parte del mondo chiamano globalizzazione.
Non un soldo, non una vita per l'ennesima sporca guerra imperialista!
A fianco del popolo palestinese: intifada fino alla vittoria!
Solidarietà con il popolo afghano vittima dell'ennesima guerra!
Contro la guerra imperialista sulla pelle di milioni di lavoratori e proletari italiani, migranti e stranieri!
Contro i terroristi e gli aguzzini di sempre:
Contro l'imperialismo americano, i suoi alleati e i suoi servi!
Contro Neoliberismo e Globalizzazione, internazionalismo Rivoluzione!
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