STORIA DEL MOVIMENTO ULTRAS IN ITALIA – ANNI `80

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STORIA DEL MOVIMENTO ULTRAS IN ITALIA – ANNI `80
STORIA DEL MOVIMENTO ULTRAS IN ITALIA – ANNI ‘80
(fonte: http://padovasiamonoi.splinder.com/)
IL DOPO-PAPARELLI E L'ETA' DELL'ORO
La morte di Paparelli rappresenta per il movimento ultras una sorta di bivio: rialzarsi o sparire,
essere fenomeno da baraccone o vero e proprio movimento giovanile. In poche parole: il clima
repressivo che ne seguirà metterà per la prima volta gli ultras a dura prova, ed i ragazzi che in
seguito a quella prima, piccola (rispetto a quanto il “democratico governo italiano” combina
oggi) caccia alle streghe rimarranno al loro posto sulle gradinate diverranno delle vere e
proprie colonne portanti del movimento ultras italiano. Il governo se ne uscirà con la proposta
di vietare l’esposizione di striscioni che possano inneggiare alla violenza: i vari Commandos,
Brigate, Armata, ecc in voga all’epoca, in molti stadi diventano tabù; così come teschi, spade,
stelle a cinque punte, aquile… Ma se da un lato il “potere” cerca di togliere, dall’altro concede:
il neonato movimento, infatti, non è malvisto proprio da tutti, anzi molti Questori e qualche
Ministro dell’epoca vede lo stadio come una valida alternativa alla strada. Per capire meglio
bisogna sempre ricollegarsi alla difficile situazione sociale della fine degli anni ’70:
l’estremismo politico e la delinquenza comune andavano ormai di pari passo, così come i morti
in nome di ideali che si stavano sempre più svuotando del proprio significato sociale per
riempirsi solo di fanatismo; ormai non c’era manifestazione di piazza che non degenerasse in
autentici assalti alla forza pubblica ed al patrimonio (auto bruciate, vetrine infrante, ecc.). Di
conseguenza la nascita dei gruppi ultras era vista anche come un modo per incanalare il disagio
sociale e circoscrivere le bande giovanili sugli spalti, luogo in cui sicuramente erano molto più
controllabili. Fu così che lo stato, nonostante tentasse di combattere con provvedimenti farsa la
violenza negli stadi (i C.U.C.S. della Roma cambiarono nome in “Ragazzi della Sud” per qualche
anno prima di tornare alla denominazione originaria, ma di fatto la gente che componeva il
gruppo era sempre la stessa…), si guardò bene dallo sferrare il “colpo” decisivo. Gli ultras
stessi, passato il momento difficile, tornarono più forti di prima, e nel decennio che andava a
cominciare si affermarono definitivamente… In seguito al trionfo della Nazionale Azzurra ai
mondiali di Spagna nel 1982 ci fu poi un vero e proprio “boom” della passione calcistica
(peraltro già forte prima). Le fila dei gruppi ultras si ingrossano, il fenomeno arriva anche a Sud,
dove prima era appannaggio soltanto delle grandi città, e dove la passionalità della gente fa si
che venga ben presto colmato il divario con le tifoserie del Nord. Ogni squadra di ogni città,
dalla A alla C2 e molto spesso anche nelle categorie minori, ha il suo fedele seguito di ultras;
mentre nelle città che hanno dato vita al movimento, gli aderenti ai gruppi diventano centinaia,
a volte anche migliaia. L’organizzazione è ancora “ruspante” sotto molti punti di vista: le uniche
entrate arrivano dalle collette e dalle prime forme di tesseramento, le coreografie sono ancora i
fumogeni recuperati dai treni, in trasferta ci si appoggia ancora (fino ai primi anni ’80) ai clubs
di tifosi, e molti stadi (soprattutto nel meridione) sono assolutamente da evitare. La violenza,
nonostante i buoni propositi del periodo post-Papparelli, non accenna a diminuire (anzi!) e la
polizia nei primi anni del nuovo decennio è ancora latitante: “Fino al 1985, il servizio d’ordine
allo Stadio Appiani per una partita normale di serie B, era composto da una camionetta di
carabinieri posizionata nei pressi della Curva Nord, ed una camionetta di carabinieri posizionata
nei pressi della Curva Sud. La scorta per le tifoserie ospiti non era prevista, eccezion fatta per le
partite contro Vicenza e Triestina, le uniche considerate a rischio, il cui servizio d’ordine era
composto da un pullman di carabinieri,ed i tifosi ospiti venivano scortati dalla stazione allo stadio e
viceversa da un paio di volanti. In totale, circa una sessantina di carabinieri per partite che
all’epoca richiamavano 12-13.000 spettatori” (dalle parole di un ultras biancoscudato
dell’epoca). I “modelli” degli ultras nostrani rimangono gli hooligans d’oltremanica (che nel
1980 faranno la loro passerella ai Campionati Europei in Italia), e proprio sul loro esempio molti
gruppi nostrani si faranno un nome basandosi sulla propensione allo scontro, su tutti gli interisti
(protagonisti di un’autentica battaglia con i romanisti nel 1981, con oltre venti giallorossi feriti
per colpi da arma da taglio), atalantini e veronesi. Gli ultrà della Roma invece sono molto più
propensi al vandalismo gratuito (furtarelli e danneggiamenti vari) che non allo scontro vero e
proprio, ma in qualche maniera sono un punto di riferimento anche loro: per il tifo innanzitutto,
ineguagliabile sotto tutti i punti di vista; e per la capacità di muoversi in massa ovunque e
terrorizzare (quando anche non mettere a ferro e fuoco) intere città. Il loro atteggiamento
“zingaresco” darà origine ad incidenti gravissimi con i tifosi fiorentini nel 1983, in seguito ai
quali diversi arresti colpiranno esponenti di spicco della Curva Fiesole, decretando di fatto lo
scioglimento del gruppo storico degli “Ultras”. Le tragedie non finiscono di funestare il mondo
del calcio: nel febbraio 1983 Stefano Furlan, ultras della triestina, muore in seguito al pestaggio
da parte di un’agente di polizia dopo il derby di Coppa Italia contro l’Udinese, diventando così
idealmente una delle prime vittime della repressione (che verrà ben conosciuta da tutti solo
molti anni più tardi). L’anno dopo un tifoso rossonero, Fonghessi, muore prima di MilanCremonese accoltellato da un “collega” appena maggiorenne, che lo aveva scambiato per un
tifoso grigiorosso a causa della targa della sua auto. La nuova ondata di violenza preoccupa e
non poco, ed in molte città i clubs di tifosi cominciano a prendere le distanze dai gruppi ultras,
togliendo loro in pratica appoggi logistici ed economici, soprattutto per quanto riguarda le
trasferte. Ciò porterà ad un nuovo salto di qualità da parte del movimento ultras, più che altro a
livello organizzativo: la “colletta” di un tempo non basterà più, si cominceranno a stampare
adesivi, magliette e le prime sciarpe col logo ed il nome del gruppo. Inoltre i ragazzi che
appartengono ai gruppi ultras posseggono un’”arma” che non è certo appannaggio dei clubs: il
senso del gruppo, dell’amicizia, il cameratismo… Tutte cose che fanno si che un’intera
generazione di giovani si coaguli intorno alle curve, da cui piano piano verranno sfrattati i
clubs. Gli ultras stanno vivendo la loro “età dell’oro”….
L'HEYSEL
Nel maggio 1985 Juventus e Liverpool si contendono la Coppa dei Campioni nella finale di
Bruxelles. E’ un periodo in cui gli hooligans inglesi fanno molto parlare di se, e l’Uefa ha la bella
idea di scegliere come sede della finale lo stadio “Heysel”, che tutto è tranne un’impianto in cui
siano anche lontanamente rispettate le più elementari norme di sicurezza. Anche
l’organizzazione ci mette del suo: per la finale verrano inviati 17.000 biglietti in Italia più
altrettanti in Inghilterra. Gli altri verranno venduti sul luogo e molti ad immigrati italiani o tifosi
bianconeri, fra cui anche quelli di un settore dello stadio, lo “Z-side”, fatiscente e confinante
con la curva assegnata ai “Reds”. Morale della favola: gli inglesi alticci cominceranno il solito
lancio di oggetti verso il “Z-Side”, per poi tentare una carica che porterà al cedimento di un
cancello con conseguente schiacciamento di decine di persone. Molti altri moriranno poi nella
calca provocata dal panico della folla. Sarà un’autentica strage: ben 39 morti, uno dei disastri
calcistici più grandi del calcio europeo. Per ore l’Heysel sarà terra di nessuno, in cui la polizia
non ha più il controllo della situazione ed in cui gli ultras bianconeri tenteranno di farsi giustizia
sommaria. Poi la grande pagliacciata: si gioca per “motivi di ordine pubblico” (forse sarebbe
stato più onesto dire “per esigenze televisive”)! Così, mentre la Juve si porterà a casa la sua
prima Coppa dei Campioni e l’Inghilterra verrà esclusa per cinque anni dalle competizioni
europee per club, i governi di tutta Europa cominciano a studiare nuove norme repressive per
arginare il fenomeno del “tifo violento”: chiaramente ci vorrà il suo tempo per accertare le
responsabilità di chi a Bruxelles era preposto all’organizzazione dell’ordine pubblico, ed i
responsabili non pagheranno fino in fondo (senza nulla togliere alle responsabilità dei tifosi,
che comunque furono i primi colpevoli della tragedia)! In Italia il “Reparto Celere” della
polizia, che fino ad allora veniva utilizzato solo nelle manifestazioni di piazza, viene messo a
svolgere servizio negli stadi, e vengono imposte le scorte per tutte le tifoserie in trasferta. È un
cambiamento non di poco conto, ma gli effetti si vedranno solo negli anni a seguire: come già
detto in quel periodo il movimento ultras italiano attraversa la sua fase di maggior splendore, le
curve sono piene ed infuocate come mai più saranno, molti giovani e giovanissimi vengono
dalla strada ed hanno palle a sufficienza per confrontarsi (alcuni hanno anche molto poco da
perdere, va detto!) e la polizia comunque non è ancora sufficientemente organizzata. Molto
spesso basta prendere il treno prima dell’orario previsto, o spostarsi nella stazione vicina per
evitare la scorta e regalarsi così una giornata di puro divertimento. Inoltre c’è un altro fattore da
tenere presente: in quel periodo non esiste fra le tifoserie italiane la mentalità dello “scontro
con le forze dell’ordine”. La polizia è più che altro un “elemento di disturbo”, e gli scontri (con
le dovute eccezioni) sono fra opposte tifoserie, anzi molto spesso la pula arriva a giochi già
fatti… tutto questo porta chiaramente ad una visione ed un concetto di “mentalità ultras” molto
diverso da quello di oggi: il primo nemico è il tifoso avversario, il concetto di solidarietà fra
ultras è praticamente inesistente (anzi, in quel periodo in caso di “carica” dei P.S. verso gli
ultras nemici si usava aizzarli con cori tipo “UC-CI-DE-TE-LI!”, oggi non si usa più anzi si canta
contro le forze dell’ordine, ed in fondo è giusto così visto che gli anni sono troppo diversi e la
repressione l’hanno provata tutti sulla propria pelle…). Anche per gli scontri le cose sono molto
diverse: unica regola, OMERTA’ ASSOLUTA! Chi per pararsi il culo accusa i suoi amici in
Questura è un infame, per il resto tutto (quasi) è lecito, tanto che nelle curve a partire dalla
seconda metà degli anni ’80 comincerà ad esserci una paurosa diffusione delle armi da taglio,
una pessima abitudine che una volta sfuggita di mano creerà non pochi problemi al movimento
stesso….
COPERTINE E SCISSIONI
Ma a partire dalla metà degli anni ’80 una nuova tendenza si diffonderà sempre di più
all’interno della società italiana, trasferendosi da li alle curve: l’immagine! Siamo nell’epoca dei
paninari e della disco-music, in cui al contrario del decennio precedente l’”apparire” comincia
a prendere il sopravvento sull’”essere”. Di conseguenza anche nelle curve cominciano a
perdersi di vista molti valori che avevano fatto grande il decennio precedente: i vecchi
fumogeni non bastano più , è il periodo delle coreografie su vasta scala. Si parte con i
bandieroni copri-curva per poi passare ai cartoncini, le bandierine… spettacoli sempre più
elaborati che portano alla ribalta i ragazzi ultrà per le capacità organizzative ed inventiva. Sul
campo coreografico tifoserie come romanisti, sampdoriani e napoletani verranno copiate ed
imitate un po’ in tutta Europa. Dall’altra parte ci sono “gli integralisti” (veronesi, bergamaschi,
ecc), privi di capacità coreografiche particolari ma portati a cantare ed a scontrarsi secondo
tradizione. Inoltre in quegli anni sia Verona che Atalanta conosceranno la scena europea
permettendo alle rispettive tifoserie di farsi conoscere e rispettare sui campi più caldi del
Vecchio Continente: durante una trasferta a Belgrado con la Stella Rossa, ultras del Partizan
aiuteranno le Brigate Gialloblù ad uscire dallo stadio nonostante il lungo assedio dei “Delije”
della Stella Rossa. Questo fatto darà inizio ad un’amicizia fra le tifoserie dell’Hellas e del
Partizan, tanto che in più di un’occasione sugli spalti del Bentegodi si potrà vedere lo striscione
“Brigate sez. Belgrado”. Anche a Salonnico le Brigate Gialloblù se la vedranno brutta; mentre
nel 1988 l’Atalanta arriva addirittura alla semifinale di Coppa delle Coppe, mentre Brigate
Nerazzurre e Wild Kaos imperversano nei campi di mezza Europa, dal Galles alla Grecia al
Portogallo fino alla semifinale di Mechelen in Belgio, dove 6.000 supporters nerazzurri faranno
il bello ed il cattivo tempo, scontrandosi anche con la polizia locale che sarà costretta a
respingerli a colpi d’idrante. Tre anni più tardi i bergamaschi si confermeranno come una delle
migliori tifoserie d’Europa, presentandosi a Zagabria in 400 a pochi giorni dallo scoppio della
guerra civile nell’ex-Jugoslavia, tutti muniti di baschetti da minatore nerazzurri! Chiaramente in
Italia queste due tifoserie avevano ben pochi rivali, se si escludono i gruppi delle grandi città o
i vicini di casa bresciani, all’epoca relegati però in categorie inferiori. Entrambe erano forse le
uniche tifoserie del Nord Italia a seguire la propria squadra anche nei più pericolosi campi del
Meridione, mentre le stesse Brigate del Verona più di una volta hanno fatto numeri impensabili
per qualsiasi gruppo dell’epoca presentandosi in stadi come Roma e Milano senza scorta a
cercare lo scontro…
Verso la fine del decennio cominciano anche le prime scissioni all’interno del movimento:
dapprima nelle curve delle grandi città, poi piano piano anche nei piccoli centri, gruppi
sempre più vasti cominciano a non riconoscersi più nella guida dei cosiddetti “gruppi storici”,
accusando i capi di aver tradito la mentalità ultras originaria per vendersi al business ed ai
compromessi. Nelle curve prendono piede una serie di scissioni e di gruppuscoli che vanno
controcorrente rispetto al resto della curva, spesso anche in senso ideologico(anche se la
politica all’epoca è ancora molto lontana dall’entrare “di forza” negli stadi…). Una delle prime
piazze a conoscere queste scissioni sarà la Roma giallorossa: nel 1987 viene acquistato
Manfredonia, giocatore ex-bandiera della Lazio odiatissimo dal pubblico romanista. Il
Commando Ultrà si spacca fra favorevoli e contrari all’arrivo del giocatore: quelli fedeli alla
linea dura manterranno la denominazione originale, gli altri prenderanno il nome di “Vecchio
CUCS”; una spaccatura che finirà per rovinare per sempre quella che all’epoca era considerata
unanimemente la “curva più bella d’Europa”… a sua volta l’ala più radicale del CUCS darà vita
qualche anno più tardi a “Opposta Fazione”, formazione fortemente elitaria. I cugini laziali da
questo punto di vista non stanno meglio: da una costola degli “Eagles Supporters” quello stesso
anno nascono gli “Irriducibili” (oggi alla guida della curva laziale); che seguono uno stile ed un
modo di tifare più “all’inglese”, senza tamburi, con striscioni di dimensioni più ridotte (rispetto
a quelli lunghissimi in voga all’epoca), bandiere a doppia asta, cori secchi e potenti. Proprio
loro anticiperanno quello che sarà lo stile del futuro, ma per il momento rappresentano solo una
“spina nel fianco” che creerà una spaccatura mica da ridere in Curva Nord. A Milano, sponda
nerazzurra, vedono la luce gli “Skins”, gruppo che in soli tre anni sarà protagonista di autentici
macelli; mentre dalla parte rossonera viene fuori il “Gruppo Emergente” che in seguito
cambierà nome in “Gruppo Brasato”, altri “gioiellini” niente male… A Bergamo sono già attivi
da tempo i “Wild Kaos”, mentre a Firenze è l’epoca degli “Alcool Campi”, altro gruppo che
avrà vita breve ma che riuscirà a lasciare un bel segno nella Fiesole… Bisogna tener presente
anche un altro particolare: in quel periodo nelle curve è molto diffusa l’eroina (di stato?), che
farà vittime anche fra i capi storici, elementi che in qualche maniera avevano tenuto in piedi la
baracca fino ad allora. Queste “defezioni” unitamente alle spaccature in atto, porteranno ad una
lenta disgregazione delle curve, di cui all’epoca ancora non si vedono gli effetti…
INIZIA L'EPOCA DELLA REPRESSIONE
Anche questo decennio, come il precedente, si chiuderà nel segno della tragedia: nell’ottobre
1988 Nazzareno Filippini, ultras dell’Ascoli, rimarrà ucciso al termine di Ascoli-Inter: della sua
morte verranno accusati alcuni capi degli “Skins” nerazzurri. Il 4 giugno 1989 a San Siro prima
di Milan-Roma, Antonio De Falchi viene aggredito da alcuni ultras milanisti facenti parte del
“Gruppo Brasato”e morirà per arresto cardiaco (ma sulla vicenda non è mai stata fatta piena
luce…); lo stesso giorno una bomba molotov lanciata d amembri dell’”Alcool Campi” contro il
treno speciale che trasportava a Firenze gli ultras bolognesi provoca il grave ferimento di Ivan
Dall’Oglio, appena 14enne. Tutto ciò non gioverà alla salute del movimento, anzi darà un
contributo determinante alla militarizzazione degli stadi ed alle nuove leggi che il governo
emanerà (come sempre!!!) sull’onda dell’emergenza e della spinta dell’opinione pubblica.
Certo, non tutti se ne rendono conto subito, ma questo sarà solo il primo passo verso lo “stato di
polizia” presente oggi negli stadi. Il Consiglio dei Ministri, prendendo spunto da una
precedente sentenza del Tribunale di Rimini (che nel 1982 aveva condannato un ultras
romagnolo a non seguire le partite del Rimini per un periodo di un anno, caso unico in Italia
all’epoca), emana una direttiva secondo la quale ai tifosi arrestati o denunciati a piede libero
per episodi di violenza da stadio viene applicato il divieto d’accesso a tutti i luoghi ove si
svolgano manifestazioni sportive per un periodo di tempo variabile da un mese ad un anno, a
seconda della gravità dei casi. Tale provvedimento potrà essere applicato a discrezione della
Questura, e si tratta di un provvedimento amministrativo. Cosa significa? Significa che se da un
lato ha lo stesso valore e la stessa rilevanza penale di una multa per divieto di sosta, dall’altro
può essere applicato in assenza di prove e senza un processo. In parole povere un ultras può
essere condannato a non seguire la propria squadra per un periodo di tempo, senza che abbia
la possibilità di difendersi in un regolare processo, basandosi semplicemente sulle supposizioni
e sulla discrezione del questore di turno! Molte volte gli stessi processi non si svolgeranno mai
per decorrenza dei termini, e molto spesso vedranno l’assoluzione stessa degli imputati che nel
frattempo hanno scontato un anno di diffida da innocenti!passeranno diversi anni prima che
“l’inghippo” relativo alla diffida diventi materia di studio per avvocati, nel frattempo se ne
vedranno le conseguenze nelle curve…