Maurizio Viroli, La libertà dei servi
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Maurizio Viroli, La libertà dei servi
Maurizio Viroli, La libertà dei servi - Filosofia.it Scritto da Redazione “Se l’obiettivo è trasformare dei servi liberi in cittadini liberi, non è possibile alcuna transazione morale con la corte .” Nel presentare questo acuto e stimolante pamphlet di Maurizio Viroli, La libertà dei servi (Laterza, Roma-Bari 2010), mi pare utile partire da queste sue parole scritte nelle pagine conclusive. Riescono, infatti, a compendiare bene contenuto e scopo del libro, perché la libertà dei servi è proprio quella che nasce e vegeta nel sistema politico della corte, dalla quale la libertà dei cittadini è, invece, lontana mille miglia. Viroli esordisce col riflettere sul concetto di libertà (chiamando in causa autori del calibro di Constant, Berlin, Savater) che, se intesa solo come ‘assenza di impedimenti’, non può che ridursi ad essere una ‘libertà di servi’ o di ‘sudditi’, e in proposito il riferimento d’obbligo, allora, è al Leviatano di Hobbes. La libertà dei cittadini o, anche, la libertà repubblicana consiste essenzialmente nel non essere dominati dal potere arbitrario ed enorme – da tener ben presente quest’ultima aggettivazione, ‘enorme’, per comprenderne il senso e la portata nell’attuale situazione politica italiana! – di un altro uomo o di un gruppo di uomini; un potere arbitrario è quello che, costruito su di un potere enorme, supera o, anche solo, può superare quegli altri poteri che sono stabiliti dalla legge: “Se condo la concezione corrente, la nostra libertà può essere soffocata soltanto dalle azioni degli altri uomini; secondo la concezione repubblicana, la libertà del cittadino muore per la semplice esistenza di un potere arbitrario o enorme .” (p. 8) Da notare qui come il non negoziabile valore della libertà repubblicana stia nella stessa possibilità che essa venga impedita, e non solo nella sua esplicita ed effettiva oppressione. 1/7 Maurizio Viroli, La libertà dei servi - Filosofia.it Scritto da Redazione L’istituzione repubblicana garantisce, pertanto, non solo dall’effettiva interferenza, ma anche dalla dipenden za intesa anche come mera possibilità: ecco perché, poi, quest’ultima (la mera possibilità) non va nemmeno valutata sulla base delle buone e/o cattive intenzioni di chi, per quanto affermi e declami un 'partito dell'amore', possedendo un enorme potere, ha comunque la possibilità di metterla in atto. D’altra parte, questa idea di libertà come indipendenza da poteri enormi o arbitrari è stata sostenuta e argomentata, ricorda Viroli, da molti pensatori, antichi e moderni: Cicerone, gli umanisti, Machiavelli, Locke, Rousseau … “In estrema sintesi: se siamo sottoposti al potere arbitrario o enorme di un uomo, possiamo essere liberi di fare più o meno quello che vogliamo, ma siamo servi. ” (p. 12). Insomma, è la libertà di Tr uffaldino che può sì soddisfare i suoi bisogni, soprattutto quello di mangiare, ma resta, pur sempre, la libertà del servitor di due padroni (cfr. p. 7). Il potere di Silvio Berlusconi è enorme perché “eccede di gran lunga i limiti del potere che un uomo ha mai avuto in un regime liberale o democratico .” (p. 17) Enorme ricchezza personale utile per realizzare una vasta rete di consenso, assoluto controllo di un partito di fedeli alla sua persona: “ il semplice fatto che esista un potere di tali dimensioni e con tali caratteristiche, trasforma i cittadini in servi .” (p. 19) Questo potere è l’inevitabile premessa del sistema di corte, e la più importante ragion d’essere della corte è servire: “ Cortigiani vil razza dannata! ” grida Rigoletto di Giuseppe Verdi. È quel sistema che ha trovato, guarda caso, la sua più emblematica realizzazione storica proprio in Italia, alla corte dei Medici di Firenze; infatti, pur restando nella forma una repubblica, Firenze, nel costume e nella sostanza istituzionale, non era che la corte del signore mediceo; valga , allora, l'insegnamento di Machiavelli: “Deve pertanto una repubblica bene ordinata, aprire le vie a chi cerca favori per vie publiche, e chiuderle a chi li cerca per vie private .” (p. 23) 2/7 Maurizio Viroli, La libertà dei servi - Filosofia.it Scritto da Redazione La libertà dei servi è precaria perché si fonda sulla dipendenza di un altro uomo, a cui si deve obbedire e verso cui bisogna essere compiacenti. L'oppresso, pur essendo privato della libera azione, resta perlomeno libero nella sua mente e nella sua volontà, non così il cortigiano che, dipendendo da altri, accetta una servitù che, entrando nei suoi più reconditi pensieri, immiserisce ed annulla la sua dignità di uomo libero e di cittadino. Berlusconi domina la scena politica ormai da più di tre lustri, e la domina attraverso un'indiscussa capacità di teatralizzazione della sua immagine, resa possibile, peraltro, da un'enorme ricchezza economica: "la rappresentazione deve sempre fare intendere a chi vede che il centro è lui e che il suo potere è di gran lunga superiore a quello di tutti gli altri, comprese le istituzioni dello Stato ." (p. 36) Non è casuale, poi, che incontri di particolare rilevanza politico-istituzionale vengano effettuati nei palazzi di proprietà personale del premier: Palazzo Grazioli a Roma, Villa San Martino ad Arcore, Villa Certosa in Costa Smeralda. Anche " Machiavelli racconta che quando i Medici erano signori di Firenze, uno dei segni più evidenti del loro potere, e più offensivo della libertà repubblicana, era la pratica di trattare le questioni politiche non nelle pubbliche sale, ma nei loro sontuosi palazzi ." (p. 38) In questo modo Berlusconi "avvilisce la dignità e la maestà dei pubblici palazzi ed esalta la sua ricchezza e il suo potere ." (p.38) Il servilismo è la disposizione d'animo pervasiva e dominante nel sistema della corte, ed è sufficiente leggere alcune dichiarazioni dei fedeli sostenitori di Berlusconi (Bondi, Cicchitto, Gasparri, etc.) per rendersi conto di come il grado di autonomia etico-morale della politica sia caduto in basso (cfr. pp. 48-50), e di come, in quanto alle celebrazioni del Cavaliere, oltre a quelle di compiacenti giornalisti, si aggiungano, senza un minimo di pudore, le autocelebrazioni dello stesso. (cfr. pp. 51-52) D'altronde "la corte è il tempio della menzogna, intesa in senso proprio come deliberata volontà di nascondere la verità. I cortigiani mentono per accusare altri cortigiani, e soprattutto per offendere i nemici del signore o difenderlo dalle accuse. Essi sanno che più la loro menzogna è spudorata, più sarà gradita agli occhi del signore ." (p. 53) 3/7 Maurizio Viroli, La libertà dei servi - Filosofia.it Scritto da Redazione Sono, poi, tristemente noti gli attacchi di Berlusconi alla Costituzione, attacchi di inaudita gravità contro la Corte costituzionale,e, a proposito di servilismo, appare sintomatica la difesa d'ufficio di Fabrizio Cicchitto che, strumentalmente, paragona l'argomentazione di Berlusconi nientemeno che a quella di Piero Calamandrei (cfr. pp. 53-56). Sottolinea giustamente Viroli: "Il problema dei limiti del potere solleva la questione del proclamato e conclamato liberalismo di Berlusconi. Chiunque abbia letto anche solo poche righe di qualsiasi scrittore politico liberale sa che lo stile e il linguaggio di Berlusconi offendono il principio fondamentale del liberalismo, che consiste appunto in una profonda e ragionata diffidenza per i poteri enormi o arbitrari e nella strenua e convinta difesa dei limiti del potere sovrano ." (p. 56) E questo vale anche per il tanto affermato e conclamato consenso del popolo da parte di Berlusconi, al quale bisogna ribadire che il liberalismo non si compendia nel vox populi vox Dei. Ritenere che l'unico potere di uno Stato debba essere quello che proviene dal consenso della maggioranza del popolo significa non comprendere appieno, o non accettare, la concezione di uno Stato di diritto, ispirato ai principi della liberal democrazia occidentale, a cui, peraltro, Berlusconi ostenta di voler credere. Significa, altresì, non aver compreso la lezione di Luigi Einaudi: "Ove non esistano freni al prepotere dei ceti politici, è probabile che il suffragio della maggioranza sia guadagnato dai demagoghi intesi a procacciare potenza, onori e ricchezze a sé, con danno nel tempo stesso della maggioranza e della minoranza. I freni hanno per iscopo di limitare la libertà di legiferare e di operare dei ceti politici governanti scelti dalla maggioranza degli elettori. In apparenza è violato il principio democratico il quale dà il potere alla maggioranza; in realtà, limitandone i poteri, i freni tutelano la maggioranza contro la tirannia di chi altrimenti agirebbe in suo nome e, così facendo, implicitamente tutelano la minoranza. " (p. 58) Allora, i segni della servitù risaltano in modo chiaro ed incontestabile nella cronaca di tutti i giorni: presenza nel parlamento di una novantina di condannati, o imputati o indagati e, dunque, ecco spiegata la grande urgenza del governo Berlusconi di far passare leggi di impunità o, comunque, atte ad impedire indagini giudiziarie (leggi sul processo breve e sulle 4/7 Maurizio Viroli, La libertà dei servi - Filosofia.it Scritto da Redazione intercettazioni ); i casi dei ministri e dei sottosegretari che, nonostante la protervia della maggioranza, non hanno potuto fare a meno di dimettersi di fronte alla loro inequivocabile perseguibilità giudiziaria per corruzione aggravata, per concorso esterno in associazione mafiosa ... ma altri sono ancora lì a servire (per modo di dire) le nostre istituzioni o, magari solo per aspettare l'allargamento del lodo Alfano , che per ora garantisce la sospensione del processo penale solo alle alte cariche dello Stato; e, allora, le leggi ad personam (a cominciare da quelle sull'emittenza televisiva a favore delle reti di Berlusconi) resteranno come un marchio indelebile a segnare negativamente la vicenda berlusconiana nella storia politico-istituzionale del nostro paese. E pensare che " il presidente Obama ha rimosso tre suoi alti collaboratori per minime trasgressioni nelle dichiarazioni dei redditi "! (p. 70) Per la classifica di Trasparency International nel 2006 l'Italia si trova al quarantacinquesimo posto: nel 2005 i denunciati e gli arrestati per corruzione e per atti contrari ai doveri d'ufficio sono stati 580, ai quali si deve aggiungere 253 per concussione, 703 per peculato, 204 per malversazione ai danni dello Stato. Venendo a trattare dei presupposti della servitù, Viroli inizia col ricordare la lunga esperienza della servitù nella storia italiana, e sottolinea come il sentire servile si radichi nella poca stima e nel poco rispetto di sé e degli altri. E' il grande Giacomo Leopardi ad esprimere icasticamente questa non lusinghiera nostra caratteristica: "il popolaccio italiano è il più cinico dei popolacci." (p. 79) Viroli cita le orgogliose parole di Piero Martinetti, insigne filosofo e uno dei pochi professori universitari ad aver avuto il coraggio di non sottoporsi al giuramento di fedeltà al regime fascista, parole dedicate alla dignità morale dell'uomo libero, che sdegnosamente rifiuta di venir ridotto a gregge. Ricorda, inoltre, l'amara riflessione di Carlo Rosselli sull'abito servile che un servaggio di secoli ha istillato nell'animo degli italiani. 5/7 Maurizio Viroli, La libertà dei servi - Filosofia.it Scritto da Redazione Particolarmente acuto e illuminante è poi il parallelo (citato da Viroli) che Ernesto Rossi ha evidenziato tra i precetti del Sermone della Montagna e le pratiche chiesastiche del cattolicesimo che, spesso e volentieri, si rivelano essere diametralmente opposte rispetto ai suddetti precetti; purtroppo " gli italiani sono moralmente deboli perché non riconoscono l'autorità della coscienza " (p. 83), e, per Gaetano Salvemini, ciò dipende appunto da una pratica di cattolicesimo, in particolare quella della confessione, che in genere favorisce una deresponsabilizzazione della coscienza individuale. Ma, tornando ad una realtà più immediata e contingente, la fortuna di Berlusconi è stata anche quella di non aver trovato una classe politica preparata e determinata a contrastargli il passo, e qui risulta ineludibile una chiara ed esplicita critica alle forze politiche della sinistra; efficace poi la sintesi che Viroli propone della vicenda berlusconiana partita con le amicizie e le connivenze politico-istituzionali degli anni ottanta per arrivare all'attuale strapotere (cfr. pp. 88-103); e questo dovrebbe offrirci una lezione storica che è possibile sintetizzare in questi termini: "L'asp etto forse più tragico della realtà italiana è che molti nemici della corte non sono amici della repubblica. Non hanno la più pallida idea di cosa sia la libertà dei cittadini e non possono di conseguenza né disegnare né perseguire una politica alternativa alla libertà dei servi ." (p. 105) Viroli, nell'ultimo capitolo intitolato La via della libertà, non rinuncia a proporre qualche riflessione su quale dovrebbe essere l'impegno a sconfiggere il sistema della corte, e a favore della rinascita della libertà repubblicana del cittadino; sono, perlopiù, riflessioni di natura etica e, quindi, annota tristemente Viroli, quanto di più lontano rispetto alla mentalità corrente e alla sensibilità pervasiva dell'Italia odierna: " Se davvero si vuole sconfiggere la corte, occorrono scelte coraggiose ispirate da una profonda devozione all'ideale della libertà repubblicana. La sola alternativa alla libertà dei servi è la libertà dei cittadini e soltanto un leader politico che capisca in che cosa consista questa libertà e l'ami con tutto se stesso o se stessa potrà costruire in Italia le condizioni politiche e di costume che renderanno difficile la rinascita di un sistema di corte. " (p. 111) Oltre all'ineludibile tensione etico-ideale e in piena coerenza con questa, la libertà repubblicana va garantita e difesa attraverso precise ed inequivocabili scelte politiche, come quella, ad esempio, di impedire, con una seria legge sul conflitto di interessi, l'accesso in politica a chi possieda un enorme potere economico-finanziario, quale quello posseduto da Berlusconi. 6/7 Maurizio Viroli, La libertà dei servi - Filosofia.it Scritto da Redazione Ma, per tornare sul piano etico-politico, la stella polare della libertà dei cittadini è ancora rappresentata da alcuni imprescindibili articoli della nostra Costituzione: artt. 2, 4, 30, 52, 53, 54, 67, 98, dove chiaramente si ricava il concetto della reciprocità fra diritti e doveri (Giuseppe Mazzini); articoli che Viroli cita e commenta, con l'intento di contrastare i modi di pensare e di fare così diffusi e scontati nella odierna società italiana, e che sono così miseramente impregnati di cinismo, di furbizia, di menzogna, di servilismo; contro questo degrado morale Viroli ricorda la toccante testimonianza, di alto valore etico-civile, che emerge dalla lettera, scritta pochi mesi prima di venir assassinato dalla mafia politica, alla moglie da Giorgio Ambrosoli, l'indimenticabile eroe borghese. (cfr. pp. 114-15) Questa lucida e appassionata analisi della politica italiana di Maurizio Viroli che, pur mettendo a fuoco delle precise responsabilità personali, non lesina critiche ad alcuna parte politica, ha anche il pregio di mantenere, nonostante tutto, una viva tensione etica e civile, attraverso un costante richiamo ai più bei nomi della nostra cultura liberale e democratica, in direzione di una repubblica che ancora non c'è. Nella deriva politica, civile e morale in cui ci troviamo ad annaspare, questo prezioso saggio di Viroli vale certamente come una salutare boccata d'ossigeno per riguadagnare o, quantomeno, per aspirare un'aria nuova, un'aria di rinnovata libertà, non quella dei servi, ma quella che si può respirare solo in uno Stato in cui ci sia una vera cittadinanza repubblicana. Alfio Fantinel 7/7