La piramide di Atlantide - 757948

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La piramide di Atlantide - 757948
LIBRO
IN
ASSAGGIO
LA PIRAMIDE DI
ATLANTIDE
DI THOMAS GREANIAS
LA PIRAMIDE DI ATLANTIDE
1
SEI MINUTI ALLA SCOPERTA
ANTARTIDE ORIENTALE
Il capitano di corvetta Terrance Drake, della U.S. Naval Support Force di stanza in
Antartide, si aggirava sul pack al riparo di una duna di neve in attesa che la tormenta si
placasse. Aveva un disperato bisogno di orinare, ma se lo avesse fatto all'aperto avrebbe
infranto le leggi internazionali.
Il gelido vento polare faceva turbinare i fitti fiocchi di neve prima che andassero a posarsi
su quella desolata terra di nessuno che sembrava stendersi all'infinito. Le dune di ghiaccio,
chiamate sastrugi, scolpite dal vento in forme fantastiche, si levavano dall'oscurità proiettando
ombre simili a quelle dei crateri del paesaggio lunare. ,
Questa è l'ultima frontiera del mondo, pensò Drake. E un luogo proibitivo, glaciale,
inadatto all'uomo.
Accelerò il passo per riscaldarsi, mentre sentiva sempre più pressante il bisogno di orinare.
Il Trattato Antartico prevedeva un rigidissimo protocollo per la protezione ambientale, che si
poteva sintetizzare in un'unica regola: «Nulla deve contaminare l'ambiente». Incluse le
minzioni sul ghiaccio. La National Science Foundation avvertiva che gli effetti dell'azoto
sull'ambiente potevano protrarsi per migliaia di anni. Pertanto, in un caso del genere, per
poter orinare avrebbe dovuto aprire un sacchetto di plastica delle razioni alimentari e
utilizzarlo come contenitore. Sfortunatamente, essendo uscito per un breve giro di ricognizione,
non aveva pensato di portare con se del cibo.
Si voltò per dare un'occhiata all'agglomerato di baracche in fiberglass con i tetti .a cupola
coperti di neve. Ufficialmente, la missione della «squadra di ricerca» americana consisteva
nell'indagare su un'insolita attività sismica al di sotto della banchisa polare. Tre settimane
prima, le vibrazioni originate da una di quelle lievi scosse subglaciali avevano provocato il
distacco di un iceberg allargo della costa antartica orientale, grande quanto Rhode Island.
Questo, sospinto dalle correnti oceaniche a una velocità di circa tre nodi al giorno, avrebbe
impiegato dieci anni a raggiungere acque più calde, dove si sarebbe completamente sciolto.
Dieci anni! riflette Drake. Era così lontano dalla civiltà? Là fuori poteva capitargli di tutto, e
nessuno avrebbe udito le sue invocazioni di soccorso. Si affrettò a scacciare quel pensiero
dalla mente.
Dopo aver accettato di partecipare alla missione in Antartide, un vecchio cuoco civile che
aveva un solo braccio e prestava servizio alla mensa ufficiali di Port Hueneme, in California,
mentre gli serviva una porzione di carne dall'aspetto poco rassicurante, gli aveva consigliato
di leggere le biografie di Ernest Shackleton, James Cook, John Franklin e Robert Falcon Scott,
tutti personaggi che ai tempi della regina Vittoria e di Edoardo VII avevano esplorato il Polo
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Sud per la gloria dell'Inghilterra. Il cuoco 10 aveva avvertito che doveva considerare
quell'incarico come una sorta di prova di resistenza, un rito d'iniziazione all'autentica virilità.
Gli aveva anche spiegato che un viaggio in Antartide - una terra esotica e inebriante equivaleva a un innamoramento, quasi spirituale, capace di cambiare profondamente la sua
personalità. E per finire, lo aveva messo in guardia: se avesse ceduto alla seduzione di quel
paradiso ostile, nel momento in cui fosse stato costretto ad abbandonarlo, lo avrebbe fatto con
la mone nel cuore.
Morte nel cuore, un accidente!
Fin dal primo giorno del suo arrivo, non aveva desiderato altro che andarsene da
quell'enorme continente di ghiaccio. Soprattutto dopo aver appreso che era stato proprio in
Antartide che il vecchio cuoco di Port Hueneme aveva perso il braccio, colpito da ipotermia.
Poi aveva saputo che tutti i membri della sua squadra si erano lasciati abbindolare da quel
vecchio imbecille.
Ma ormai era troppo tardi per fare marcia indietro. E anche se ci fosse riuscito, non
avrebbe potuto ritornare a Port Hueneme, perchè la marina aveva chiuso il centro di
addestramento antartico poco dopo il suo arrivo in quell'inferno.
Quanto al cuoco con un solo braccio, probabilmente si stava godendo la pensione
erogata dal governo su qualche spiaggia affollata di belle ragazze in bikini. Drake, al
contrario, si svegliava spesso con la bocca riarsa e in preda a forti emicranie. Durante la notte,
l'aria rarefatta gli prosciugava i liquidi corporei; ogni mattina, si svegliava con i classici
postumi di una notte di bagordi, senza essersi neppure concesso il piacere di una bella
sbornia.
Rabbrividendo per il gelo, infilò in tasca una mano coperta dal guanto imbottito, e sfiorò la
zampetta di coniglio che gli aveva regalato Loretta, la sua fidanzata, pensando che presto
avrebbe penzolato sotto lo specchietto retrovisore della Ford Mustang rossa decappottabile che
avevano deciso di acquistare per la luna di miele, utilizzando i soldi della paga che stava
accantonando, non tanto perchè non avrebbe voluto concedersi qualche distrazione, quanto
perchè in quel posto non esisteva nessuna possibilità di spenderli. Infatti, la base di McMurdo,
principale avamposto americano in Antartide, era distante oltre 2400 chilometri. Lì i duecento
ospiti invernali potevano usufruire di alcune comodità: uno sportello automatico, una
caffetteria, due bar e una proporzione uomo-donna di dieci a una.
Il mondo civilizzato vero e proprio si trovava a 4000 chilometri di distanza, a Christchurch
detta «Cheech», in Nuova Zelanda. Come dire Marte.
Perciò, chi mai avrebbe potuto vederlo se avesse dato una spruzzatina di giallo alla neve?
Si fermò un istante, rendendosi conto che la bufera si era placata. Senza quei venti
catabatici il paesaggio era improvvisamente caduto in un silenzio terrificante, ma sapeva che
la cosa poteva essere di breve durata, perchè il vento poteva riprendere da un momento
all'altro, senza alcun preavviso, fino a raggiungere l'assordante velocità di oltre trecento
chilometri l'ora. La natura dell'Antartide, soprattutto nei deserti innevati dell'interno, era
assolutamente imprevedibile.
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Doveva quindi approfittare di quella tregua.
Aprì la cerniera della tuta termica e velocemente cominciò a liberarsi di quel peso che era
diventato pressante, mentre il gelo lo aggrediva come una scossa elettrica. A quelle
temperature, qualsiasi parte di corpo scoperta sarebbe congelata in meno di trenta secondi,
perciò, mentalmente iniziò il conto alla rovescia partendo dal trenta; a meno sette richiuse la
cerniera, e alzando gli occhi al cielo recitò una breve preghiera di ringraziamento. Le stelle
che formavano la cintura di Orione scintillavano luminose al di sopra della nuda distesa di
ghiaccio. I «re dell'Est», come amava definire i tre astri, erano stati gli unici testimoni della sua
marachella. I suoi re Magi, pensò sorridendo.
Improvvisamente, avvertì un leggero, breve brontolio nel ghiaccio sotto i piedi. Realizzò
subito che si trattava di una nuova scossa sismica: doveva andare a controllare le rilevazioni
dei sismografi.
Si affrettò verso la base, facendo scricchiolare la neve sotto gli stivali. Di norma, le cupole
arrotondate dei moduli abitativi avrebbero dovuto essere dipinte di giallo, rosso o verde per
essere più visibili, ma pareva che attirare l'attenzione fosse l'ultimo dei desideri dello Zio Sam,
anche perchè il Trattato Antartico proibiva la presenza di personale e attrezzature militari sul
continente della pace, se non «a scopo di ricerca».
Drake aveva ricevuto l'ordine di scortare una squadra di scienziati della NASA nel cuore
dell' Antartide orientale, in una zona segnata sulle mappe grazie alle rilevazioni aeree, ma
mai esplorata da essere umano, seguendo un percorso tracciato niente meno che lungo il
meridiano della cintura di Orione. Una volta raggiunto l'epicentro delle recenti scosse ed eretto
il campo, gli uomini della NASA si erano immediatamente dedicati alle rilevazioni sismiche e
acustiche, per poi passare alle perforazioni. La «ricerca», quindi, doveva avere qualcosa a che
fare con la topografia subglaciale dell'antico territorio sepolto sotto tremila metri di ghiaccio.
Non avendo ricevuto spiegazioni al riguardo dal generale Yeats, Drake non riusciva a
immaginare che cosa la NASA sperasse di trovare sepolto là sotto, ne il motivo per cui la
squadra avesse bisogno di armi e di pattugliamenti regolari. L 'unica concepibile minaccia alla
missione poteva provenire dagli uomini della UNACOM (United Nations Antarctica
Commission) di stanza presso la Vostok Station, un'ex base russa abbandonata e riattivata
soltanto poche settimane prima. Ma la base era lontana oltre seicento chilometri, ad almeno
una decina di ore di distanza, via terra. Perchè mai la NASA si preoccupasse tanto della
UNACOM, per Drake era un mistero, così come lo erano le ricerche sotterranee.
Di qualsiasi cosa si tratti, deve trovarsi là sotto da almeno dodicimila anni, pensò,
rammentando di aver letto da qualche parte che a tanto risaliva lo strato di ghiaccio che
ricopriva quel gelido inferno. E doveva essere di vitale importanza per la sicurezza nazionale
degli Stati Uniti d'America, altrimenti Washington non si sarebbe mai lanciata in una
spedizione illegale come quella, col rischio di scatenare un putiferio a livello internazionale nel
caso fossero stati scoperti.
Il centro di comando era situato in un modulo di fiberglass sulla cui cupola spiccava una
serie di antenne e parabole satellitari puntate verso le stelle. Nel passare fra le dozzine di pali
metallici infissi tutto intorno alla base, Drake scatenò una sonora raffica di scariche. Povera di
umidità com'era, l'aria antartica trasformava gli esseri umani in ammassi di energia statica.
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Varcando la soglia, fu accolto dal calore generato dai radiatori piazzati sotto i banchi che
ospitavano l'equipaggiamento tecnologicamente all'avanguardia. Aveva appena richiuso la
porta a tenuta stagna, quando il suo radiotelegrafista lo chiamò con un gesto della mano.
Drake si scrollò di dosso la neve e si avvicinò, facendo scivolare la mano nuda sul profilo
metallico che correva lungo i bordi della consolle fino a terra, per liberarsi dell'energia statica.
Le fitte che avvertì per un attimo erano sicuramente preferibili al rischio di toccare
inavvertitamente i computer cancellandone i dati.
«Cosa ha trovato?» chiese.
«Le nostre indagini radioecologiche potrebbero aver smosso qualcosa.» Il tecnico batte un
dito contro la cuffia. «E’ troppo regolare per essere un fenomeno naturale.»
Drake si accigliò. «Metta in vivavoce.»
Non appena il radiotelegrafista ebbe girato una manopola, la stanza fu invasa da un
brontolio ritmico, cadenzato. Drake abbassò il cappuccio del parka scoprendo la sua criniera
di scarmigliati capelli neri. Tamburellando con il tozzo indice sulla consolle, tese l'orecchio.
Decisamente, sembrava un rumore di natura meccanica.
«Sono quelli della UNACOM che stanno venendo qui», concluse. «Probabilmente il rumore
che captiamo è quello dei loro Hagglund cingolati.» Già si figurava l'incombente incidente
internazionale; Yeats sarebbe montato su tutte le furie. «A che distanza, tenente?»
«Milleseicento metri sotto di noi, signore», replicò lo scombussolato militare.
«Sotto di noi?» Drake gli lanciò un'occhiata interrogativa, mentre il ronzio aumentava
d'intensità.
Una delle lampade appese sopra le loro teste cominciò improvvisamente a oscillare, poi il
terreno fu scosso da un rombo come quello prodotto da un treno merci in avvicinamento.
«Questo non proviene dal vivavoce», gridò Drake. «Si colleghi immediatamente via
satellite con Washington, tenente.»
«Sì, signore», rispose il militare digitando l'apposito codice. Dopo qualche attimo, disse:
«Non rispondono, signore».
«Provi sulla frequenza alternativa.»
«Niente da fare.»
Nello stesso istante si udì uno scricchiolio. Drake si girò di scatto, giusto in tempo per
vedere attraverso l'oblò del modulo che una frastagliata scheggia di ghiaccio si era staccata
dal tetto ed era scivolata a terra.
«Provi con la banda VHF.»
Il tenente scosse la testa. «I collegamenti sono interrotti, signore.»
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«Dannazione!» Drake si girò di scatto verso la rastrelliera delle armi, dalla quale prelevò
un M-16 rivestito di materiale termoisolante, poi si mosse verso l'uscita. «Si spicci a riattivare le
trasmissioni!» ordinò, prima di uscire.
Nel frattempo il rombo si era fatto assordante. Col respiro in affanno, avanzando a lunghe
falcate sul ghiaccio, raggiunse il perimetro esterno del campo.
Sollevò l' M-16 e scrutò l'orizzonte attraverso il mirino a infrarossi. Nulla, a parte uno
sfumato e irreale alone verdognolo animato dal turbinio del pulviscolo polare. Continuò a
osservare, aspettandosi di scorgere di lì a poco le sagome di una dozzina di mezzi pesanti
della UNACOM. A giudicare dal frastuono, si sarebbero detti almeno un centinaio. A meno
che, maledizione a loro, i russi non si stessero trasferendo da quelle parti con i loro mostruosi
trattori Kharkovchanka da ottanta tonnellate.
Il terreno vibrò proprio sotto i suoi piedi, lui abbassò lo sguardo e notò un'ombra saettare
zigzagando fra gli stivali: una fenditura nel ghiaccio, e si andava allargando sempre più. Fece
un balzo a lato e dopo essersi messo in spalla il fucile, corse verso la base tentando di
precedere la crepa. Prima ancora di arrivare sentì le urla dei militari terrorizzati dalle scosse, i
quali erano già usciti a precipizio dai moduli di vetroresina. D'un tratto, le loro urla furono
annullate dal sibilo del vento catabatico.
Una folata gelida investì Drake con tale forza da farlo scivolare sul terreno ghiacciato;
cadendo batte a terra la nuca e perse I sensi.
Quando rinvenne, il vento si era placato. Rimase immobile a terra per parecchi minuti,
prima di provare a sollevare la testa indolenzita e pulsante per far girare lo sguardo al di fuori
del cappuccio del parka spruzzato di neve.
Il modulo che era stato il comando della base era scomparso, inghiottito da un nero
abisso, una voragine ampia una novantina di metri, che si stava allargando sempre più. Si
augurò che il freddo gli stesse giocando un brutto scherzo, perchè avrebbe giurato che il
baratro fosse profondo chilometri.
Lentamente, si trascinò verso la fenditura per verificare che cosa fosse accaduto, sperando
di trovare dei sopravvissuti che avevano bisogno di aiuto. Mentre raggiungeva col cuore in
gola l'orlo dell'abisso, in quel silenzio innaturale l'unico suono che poteva udire era quello
prodotto dallo strofinio della sua tuta termica contro il ghiaccio.
Sbirciò oltre il bordo, puntando la torcia verso la buia voragine. Inondando le vetrose
pareti azzurrine, il raggio di luce penetrò in profondità.
Mio Dio, si disse, quel crepaccio sembrava inabissarsi per almeno un chilometro e mezzo.
Poi il fascio di luce della torcia illuminò dei corpi e ciò che era rimasto della base. Si trovavano
su una sporgenza ghiacciata, qualche centinaio di metri più sotto. Le candide tute termiche
degli uomini della marina si distinguevano a fatica dai pezzi di fiberglass e di metallo
contorto, mentre i corpi degli scienziati civili risaltavano facilmente grazie ai loro parka
multicolori. Uno di loro giaceva lontano dagli altri, riverso su una minuscola cornice di
ghiaccio, con la testa piegata in un'angolazione assurda, circondata da un'aureola di sangue.
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Con la mente in subbuglio, Drake contemplò i resti del primo comando che gli era stato
affidato. Doveva controllare tutti quei corpi per verificare se qualcuno respirava ancora.
Doveva procurarsi qualche attrezzo, cercare aiuto. Fare qualcosa.
«Riuscite a sentirmi?» urlò, la sua voce spezzata rimbalzò tra le pareti della voragine.
Rimase in attesa di qualche flebile risposta, poi ebbe l'impressione di udire una sorta di
scampanellio, ma subito dopo si rese conto che aveva origine dalle oscillazioni degli strumenti
frantumati. Allora ripete il richiamo verso il fondo: «Qualcuno mi sente?»
Non ricevette nessuna risposta, solo il sordo sibilo che sembrava pervadere l'abisso.
Chinandosi per vedere meglio, Drake notò qualcosa sporgere dal ghiaccio. Non era un
frammento di fiberglass o di metallo, o qualcosa che avesse a che fare con il campo base. Si
trattava di un oggetto compatto che gli parve quasi incandescente.
Che accidenti può essere? si chiese.
Tutto intorno, era sceso un silenzio spaventoso. Con lucido sgomento, Drake si rese conto
di essere rimasto completamente solo.
Disperato, prese a frugare fra i detriti che non erano precipitati nella voragine, sperando
di trovare un telefono satellitare. Se fosse riuscito a lanciare un messaggio, avrebbe potuto
informare Washington dell'accaduto. Soltanto la speranza che dalla base di McMurdo o dalla
stazione Amundsen-Scott potessero arrivare soccorsi poteva dargli la forza di cercare un riparo
qualsiasi per affrontare la nottata.
Improvvisamente fu investito da un rabbioso colpo di vento e, contemporaneamente, sentì il
terreno cedere sotto i piedi. Senza riuscire a respirare precipitò a capofitto nell'oscurità e
atterrò di schiena con un tonfo sordo, avvertendo dentro di se uno schianto devastante. Tentò
di spostarsi, ma non riuscì a muovere le gambe; quando provò a gridare per chiedere un
improbabile aiuto, dai polmoni non gli uscì che un sibilo prolungato.
Nel cielo sopra di lui, le tre stelle della cintura di Orione scintillavano mute e indifferenti. A
un certo punto, captò un odore particolare, o meglio, un cambiamento nella qualità dell'aria.
Sentiva il cuore battergli in petto a ritmo regolare, ma insolito, come se stesse per perdere il
controllo del proprio corpo.
Tuttavia scoprì di riuscire ancora a muovere le mani.
La torcia che era precipitata con lui gli giaceva accanto; per fortuna non si era fracassata
ed era ancora accesa. Faticosamente allungò il braccio e riuscì a prenderla, quindi diresse il
fascio di luce attorno a se nell'oscurità, facendolo scorrere lungo la parete traslucida. Ci volle
qualche istante per mettere a fuoco quello che vedeva, ma quando infine ci riuscì, stentò a
credere ai propri occhi: nella parete davanti a se, due punti neri, come due pezzetti di
carbone inglobati dal ghiaccio, sembravano fissarlo. Socchiuse un po' le palpebre per metterli
maggiormente a fuoco, e d' un tratto si rese conto che erano gli occhi di un volto femminile,
forse di una bambina, che lo fissava da dietro la parete di ghiaccio, trasparente come vetro.
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Emise un gemito d'orrore, ma rimase per un attimo a contemplare quel volto, prima di
riuscire a distogliere lo sguardo, solo per rendersi conto che nelle pareti di ghiaccio tutt'
intorno a lui c'erano centinaia di esseri umani perfettamente conservati che tendevano
disperatamente le mani verso la barriera del tempo.
Sempre più inorridito, stava per urlare quando il rombo riprese vigore e una valanga di
schegge scintillanti si riversò su di lui.
© 2005 by Thomas Greanias
© 2006, Longanesi & C. S.p.A.
Titolo originale: Raising Atlantis
Edizione Mondolibri S.p.A., Milano
su licenza Longanesi & C. S.p.A.
www.mondolibri.it
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