Presentazione di Camilla Viscusi, a cura di Aurora De Luca

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Presentazione di Camilla Viscusi, a cura di Aurora De Luca
PRESENTAZIONE PER CAMILLA VISCUSI
Di Aurora De Luca
"Deboli poteri infatti sono diffusi per le membra; molti mali repentini, che ottundono
i pensieri. Scorgendo una misera parte della vita nella loro vita di breve destino,
come fumo sollevandosi si dileguano, questo solo credendo, in cui ciascuno si
imbatte per tutto sospinti, si vantano di scoprire tutto; così queste cose non sono
vedute, né udite dagli uomini, né abbracciate con la mente. Tu dunque, essendoti qui
straniato, non saprai di più di ciò a cui si solleva la mente umana". (Sesto Empirico;
in I Presocratici, testimonianze e frammenti; Laterza; 1994)
“La scrittura è per me, più di un’amica. E’ una sorella, una gemella.”
Con questa espressione inizia la raccolta “Amica mia, anima bella”, che si presenta ai
lettori come una “misticanza” di prosa e versi, di pagine di diario, flussi di coscienza
e riflessioni, io direi, allo specchio.
Avrò modo di spiegarmi più avanti, ma già l’immagine della Scrittura che prende le
sembianze di una gemella è uno spunto da cui partire: è quindi “altra da sé”,
somigliante nella forma, ma nel contenuto? Poste l’una di fronte all’altra, quale delle
due è e quale non è?
Camilla, però, fin da subito mostra questa idea di Mondo- idea sulla quale impronta il
suo cammino e il suo racconto- una sfera di energia che fluisce senza interruzione e
che scorre e che si reimmette
in tutte le cose, rendendole così combinazioni,
condivisioni o meglio sintonie.
Parole di panismo che mi hanno riportato alla mente l’idea di Mondo, o di Vita, di un
tale Empedocle: acqua, aria, terra e fuoco sarebbero le radici, che non hanno origine
ma che possono modificare le loro caratteristiche generanti attraverso due spinte, la
prima unificatrice, dell’Amore, l’altra disgregatrice, dell’Odio. Esse inverano la
realtà, le danno stabilità ed anche fine. Il loro processo è però privo di finalità ma
piuttosto retto dal caso, o meglio, secondo la preferenza semantica di Empedocle,
dall’armonia. Il cosmo stesso si configura ai suoi occhi come una totalità ordinata, di
armonia fra contrari e ciclica.
Dunque, seppur qualche anno sia trascorso da quel lontano V secolo a.C e svariate
teorie evoluzionistiche si siano di lì succedute, sempre più scientificamente fondate,
innegabile resta l’inscindibilità tra gli elementi, la loro complicità, là dove
l’opposizione è in realtà incastro, inscindibilità che è consequenzialità, ritmo e in fine
libertà d’essere ciò che si è.
E…Sappiamo cosa siamo?
Camilla pone sapientemente quindi l’accento sul termine evoluzione: siamo
un’evoluzione e lo è, da sempre, l’intero cosmo. Un’evoluzione che non si arresta e
anzi accelera e ci cambia, ci pone dinanzi all’ignoto esteriore ma ancor più all’ignoto
che abbiamo dentro, e che si relaziona con quanto facciamo, vediamo, sentiamo e con
ciò che omettiamo. Siamo cambiamento, esperienze e scelte d’essere: tutto si muove,
panta rei - “[..]quando gli incontri che facciamo li sentiamo vibrare da qualche
parte dentro di noi, vale la pena provare a non scappare ma rimanere in silenzio, a
respirare. In silenzio ad accordarcisi. Per svelare a noi stessi le nostre verità,
diventarle, crearle, immaginarle. Farne esperienza. Condividerle [..]”- scrive
l’autrice.
“In seguito ebbi modo di capire sulla mia pelle che cosa significa indossare una
maschera” continua La Nostra, in quello che è uno sviluppo del termine evoluzione,
la maschera. Pagine toccanti, a mio parere, queste e che si ricollegano al mio incipit e
alla questione dello specchio. Userò questa frase di Camilla per rispondere alla
domanda che ho volutamente lasciata in sospeso (parlando della scrittura come
gemella - è quindi “altra da sé”, somigliante nella forma, ma nel contenuto? Poste
l’una di fronte all’altra, quale delle due è e quale non è?) “[..]Quasi come a
confermare il fatto che tutto ciò che ci serve lo abbiamo dentro di noi e che niente e
nessuno è mai davvero perduto.”
Dunque le gemelle, la Scrittura e lo Scrittore, non sono altro che Uomo e Specchio,
Maschera e Verità e né l’uno è, né l’altro non è, entrambe sono e si fondono e si
modificano, lottano ed, appunto, evolvono.
Molto bello e sintetico è questo estratto che vi propongo, che rivela cosa sia la
ricerca, quale l’evoluzione: ( un dialogo tra Calipso ed Odisseo)
«Calipso : L'ebbrezza, il piacere, la morte non hanno altro scopo. Cos'è stato finora
il tuo errare inquieto?
Odisseo : Se lo sapessi avrei già smesso. Ma tu dimentichi qualcosa.
Calipso : Dimmi.
Odisseo : Quello che cerco l'ho nel cuore, come te».
-Cesare Pavese, “Dialoghi con Leucò”
Ma questa ricerca sortisce paura, quasi follia. Sicché debolmente ci smembriamo, ci
scindiamo dall’unità che abbiamo con le cose, diveniamo solo contrari che non si
combinano, amore e odio perdono la loro struttura di regole morali connaturate, una
lotta che non produce armonia, non ci ritroviamo, ci perdiamo nell’idea di dover stare
in contesti settoriali per cui il tempo è scadenza, lo spazio è ad alta percorribilità, la
parola è slogan, il corpo è vendita. Non c’è altro né più posto per tutto ciò che è nel
mezzo: l’idea che vi sia un presente, un momento giusto per ogni cosa, un tempo per
avere paura, un tempo per avere coraggio, un tempo per sbagliare uno per imparare, il
momento di scoprirsi diversi; tutto si frantuma in ritmi non più naturali ma
marcatamente capitalistici.
Dice Julio Cortàzar in “Un tal Lucas”
«E dopo aver fatto tutto quello che fanno, si alzano, si lavano, si mettono il talco, si
profumano, si pettinano, si vestono, e così progressivamente tornano a essere ciò che
non sono».
Camilla traspone tutto sul foglio seguendo il corso “storico” della sua vita, passo
dopo passo, proprio come avviene in certe pagine di diario, che accompagnano la
presa di coscienza del mondo di chi le scrive. Usa vari generi, dalla prosa, alla prosa-
poetica, ai versi sciolti, dialoghi, aforismi . Una materia che, se ben sincronizzata,
può ben supportare il bel senso di questi scritti. Lo stile, per lo più colloquiale risulta
proprio come una voce fuori campo, che accompagna un viaggio, una di quelle voci
profonde che ascoltiamo di concerto ai fotogrammi di qualcuno che stupito si guarda
intorno e scopre, uno voce fatta per essere ascoltata piuttosto che letta, raccontata.
Bello è infatti il modo “giovane” con cui l’autrice “scopre” e si interroga, che lo
mantenga questo modo giovane, che le esperienze, la saggezza dell’età, le derive, i
giudizi di più severa critica, non la spengano. Lo mantenga, nel senso di “lo porti per
mano, con sé”.
Giovinezza che però non deve essere assenza di labor limae, di misura, di equilibrio
fra le parti, di accuratezza: la scrittura è lo specchio del Genio di fronte alle regole
della Parola.

Le anime hanno un loro particolar modo d'intendersi, d'entrare in intimità, fino a
darsi del tu, mentre le nostre persone sono tuttavia impacciate nel commercio delle
parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali. Han bisogni lor proprii e loro
proprie aspirazioni le anime, di cui il corpo non si dà per inteso, quando veda
l'impossibilità di soddisfarli e di tradurle in atto. E ogni qualvolta due che
comunichino fra loro così, con le anime soltanto, si trovano soli in qualche luogo,
provano un turbamento angoscioso e quasi una repulsione violenta d'ogni minimo
contatto materiale, una sofferenza che li allontana, e che cessa subito, non appena
un terzo intervenga. Allora, passata l'angoscia, le due anime sollevate si ricercano e
tornano a sorridersi da lontano.
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal

La nostra meta non è di trasformarci l'un l'altro,
ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparar a vedere e a rispettare nell'altro
ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro completamento.Hermann Hesse