Otto mesi in APNEA poi sono rinata
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Otto mesi in APNEA poi sono rinata
1O Camilla Capponcini, 16 anni. Ha vinto la sua malattia, ma torna come volontaria dai piccoli pazienti dell’ospedale dove è stata curata. M milla ha a C i n n a 2 1 A emia. c u le la e r e v a saputo di chiedeva. Poi «Morirò?», razie ai medici, è guarita. G ella sua famiglia ai sacrifici d osciuta, e a una sconoggi cerca su che ancora er dirle grazie Faceboopkei chp di M a r in a S A E N P A n i i s e m Otto a t a n i r o poi son 9 orirò?», Camilla Capponcini aveva 12 anni, capelli lunghi biondo cenere, una passione per la danza e gli One Direction. Al medico che, seduto accanto a lei, le stava spiegando la sua malattia, è riuscita a chiedere solo questo. Lui si chiama Franco Locatelli, è oncoematologo pediatrico e il suo lavoro è sostenuto dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, che l’11 maggio celebra le mamme italiane con l’Azalea della ricerca (vedi riquadro sotto). Camilla era stata ricoverata all’Ospedale Bambino Gesù di Roma a causa di un mal di pancia anomalo e di esami del sangue che certificavano 28 mila piastrine, dato al limite della sopravvivenza. La diagnosi era incomprensibile: leucemia mieloide acuta. «Tumore al sangue», le hanno spiegato. È dovuta rimanere in ospedale per un mese, in una stanza asettica. Niente più scuola, amici, danza. Sua mamma Federica ha smesso di lavorare per assisterla. Suo padre Paolo ha passato 40 giorni accanto a lei al momento del trapianto. Il tumore non colpisce solo il malato, ma anche la sua famiglia. «Morirò?», chiedeva Camilla. «No. Basta che tu faccia quello che ti dico. Andrà tutto bene», le ha risposto Locatelli. E ha avuto ragione. «Camilla è guarita in otto mesi. Quattro cicli di chemioterapia ad alte dosi. Poi un trapianto di cellule staminali di midollo osseo da una donatrice anonima», ricorda la madre. «In famiglia nessuno era compatibile. L’ha salvata una ragazza israeliana. Oggi mia figlia la cerca su Facebook. Forse, un giorno, la troverà per dirle grazie». In ospedale che cosa vi ha aiutato ad affrontare la malattia? «Fare una vita normale in una situazione anormale», risponde subito Camilla. «Quando ero ricoverata, le mie amiche non potevano venire a trovarmi: le sentivo via Skype o su Facebook. I professori venivano ad aiutarmi a studiare, mentre la mia insegnante di danza filmava ogni lezione e mi portava i video. La vita continuava: tutto questo mi aiutava a essere dentro, ma anche “fuori” dall’ospedale, dalla malattia». Emotivamente è stata un’esperienza molto forte per sua madre, Federica: «Otto mesi vissuti in apnea. Gli altri miei due figli, due gemelli di cinque anni, erano diventati “invisibili”. Per non contagiare Camilla, non potevano andare all’asilo, fare sport, giocare al parco. Stavano con i nonni. Io non ero mai a casa, neppure il papà. E la loro sorella era sparita. Sono cresciuti in fretta». Chemioterapia vuol dire perdere i capelli: «Per due giorni non ho voluto guardarmi allo specchio», ricorda la ragazza, che oggi di anni ne ha 16. «Avevo paura di non riconoscermi. Poi mi sono abituata. Buttarti giù è inutile. L’unica cosa che conta è sapere che sei abbastanza forte per sconfiggere la malattia». n l’11 maggio in piazza per la 64 ricerca In 3.600 piazze italiane, domenica 11 maggio, vengono vendute le azalee dell ’Airc, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Le pian te sono diventate il simbolo dello stud io e della lotta dei tumori e quest’anno l’obiettivo è di raccogliere 9 milioni di euro per sostene re oltre 90 progetti di ricerca sulle neoplasie fem minili. Per conoscere gli indirizzi delle piazze e sostenere la ricerca ci sono il sito internet airc.it oppure il numero speciale 840001001 .