Duemilaventicinque

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Duemilaventicinque
Duemilaventicinque
di Lesley Lokko
www.sony.it/futurescapes
Benvenuti a
Come pensate sarà
la vita nel 2025?
FutureScapes è un progetto partecipativo che intende esplorare il potenziale
della tecnologia e dell’intrattenimento per creare, nel 2025, un mondo migliore
e più divertente. Non si tratta di prevedere il futuro, quanto di immaginarne le
possibilità. C’è un numero infinito di futuri possibili davanti a noi, ma una cosa
è certa: il mondo del 2025 sarà molto diverso da quello in cui viviamo oggi.
Partendo da ciò che sarà la nostra vita nel 2025, FutureScapes intende stimolare
un pensiero più creativo sul modo in cui la tecnologia potrebbe aiutarci a vivere
in modo sostenibile. Condividendo stimoli in forme coinvolgenti e divertenti, come
quella dei racconti, questa collaborazione invita un gruppo eclettico di futurologi,
pensatori, scrittori, designer, ma anche il pubblico, a contribuire in modo da
anticipare le opportunità e le sfide della vita nel 2025 e i ruoli potenziali che la
tecnologia avrà a quel tempo.
FutureScapes è progettato per essere aperto e collaborativo, ed è promosso
dall’ organizzazione no-profit sulla sostenibilità - Forum for the Future -,
in collaborazione con Sony, fra le aziende leader nell’elettronica di consumo.
Per maggiori informazioni, o per partecipare, visitate il sito
www.sony.it/futurescapes o seguiteci su Twitter
@better_futures e #futurescapes.
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Duemilaventicinque
di Lesley Lokko
Londra, 25 maggio 2025
Lesley Lokko è nata in Scozia
ed è cresciuta in Ghana.
Laureata in architettura, si è
costruita una casa in Africa con
il fango, ma ha poi abbandonato
l’architettura per scrivere a
tempo pieno romanzi su “sesso
e shopping" (parole sue). Foto:
Dieter Brandt.
Sera di inizio estate. Una donna dai capelli scuri e dalla corporatura magra, nonostante
l’avanzata gravidanza, è seduta accanto alla finestra, e guarda fuori. Gli uccellini
cinguettano ancora, mentre la luce filtra dal cielo color corallo. La primavera era
stata mite – le rose che costeggiavano il sentiero del capanno del giardino erano già
sbocciate e profumate. Per il terzo anno consecutivo, l’estate inglese prometteva di
essere lunga e calda.
Stacie Smalls e Hugo Hood
La invitano al loro matrimonio
che si celebrerà
Sabato 7 giugno 2025
a St Mary’s Church, Oldwood, Herefordshire
Stacie Smalls gira con delicatezza tra le mani il biglietto di carta spessa e goffrata.
Le dita sfiorano le lettere lucide e in rilievo, deliziandosi nella strana sensazione
trasmessa dalla carta, dall’inchiostro e dal cartoncino. Sorride. Era stata di sua
madre l’idea di inviare degli inviti “fatti con tutti i crismi”, come diceva lei, vecchio
stile. Insieme avevano rintracciato quella che sembrava l’ultima stampante rimasta
nelle Isole Britanniche, da un signore a Peebles, non lontano da Edimburgo. Le
erano costati un occhio della testa, ma, a vederli adesso, ne valeva la pena. Non
ricordava l’ultima volta che aveva toccato qualcosa di così piacevole e tangibile. I
bordi erano leggermente increspati, con una polvere dorata. Le salgono le lacrime
agli occhi. Stava per sposarsi, per la prima volta, a quarantanove anni.
“Sono belli, vero?”. La voce di sua madre. Si volta e la guarda.
“Bellissimi”, mormora, sorridendo. Non riesce a credere di esserci già arrivata. Sarà
un matrimonio tranquillo: cinquanta invitati, un misto di amici dello sposo e della
sposa, e sua madre e suo fratello, naturalmente. I genitori di Hugo erano morti, e il
padre di Stacie di certo non era invitato. Eilidh, la figlia sedicenne che Hugo aveva
avuto dal primo matrimonio, era l’unica damigella. Era entrata in una lieta agitazione
da quando Hugo si era lasciato sfuggire che lui e Stacie finalmente si sposavano. Per
via del bambino, aveva spiegato lui – un po’ impacciato, pensò Stacie, divertita. Con
grande sorpresa di Stacie, l’altra persona eccitata all’idea del matrimonio, alla pari di
Eilidh, era sua madre. Strano, non solo perché Stacie e Hugo erano insieme da oltre
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dieci anni, ma anche perché il suo matrimonio con il padre di Stacie era naufragato
clamorosamente dopo trent’anni. Stacie non riusciva a immaginare che Margaret
fosse eccitata all’idea di qualcosa, figuriamoci un matrimonio. Il divorzio era avvenuto
cinque anni prima, e c’erano dei giorni in cui sembrava passato solo un giorno.
Almeno così pareva a Margaret.
“Ne è valsa la pena, se vuoi saperlo” dice Margaret con decisione.
“Mmm.”
“E hanno scritto il tuo nome in modo corretto”, aggiunge, sbirciando oltre la spalla di
Stacie.
Stacie sorride di nuovo. S-t-a-c-i-e, e non Stacy con la “y”, come di solito veniva
scritto. Fin da piccola aveva corretto tutti quelli che sbagliavano il suo nome e, anche
se era passato molto tempo, non era ancora stanca di farlo. Stacie Smalls. Un buffo
nome per un avvocato; spesso provocava un sorriso nella giuria, il che sovente
aiutava.
“Che ne dici, mamma?”, chiede, guardandola. “Hugo Smalls suona meglio di Hugo
Hood, non trovi?”.
La madre fa una smorfia. “Non dirmi che vuoi fare anche questo?” chiede allarmata.
“Cosa?”.
“Non puoi fargli cambiare nome”, protesta Margaret, “non mi sembra giusto”.
“Oh, mamma”. Stacie cerca di non alzare gli occhi al cielo. “Ne abbiamo parlato mille
volte. Voglio che questo bambino abbia il nostro nome. Lo stesso nome”.
“Non mi sembra naturale”, sospira Margaret.
Stacie trattiene un altro moto di irritazione. C’erano così tante cose che Margaret Smalls
riteneva “innaturali” in questo periodo che faceva fatica a tenerne il conto. E il bambino
era una di queste. “Alla tua età?” era stata la prima risposta scioccata di sua madre.
“Che c’è di male, alla mia età?”.
“Ma hai quasi cinquant’anni!”.
“E allora? Si può avere un bambino a qualsiasi età”
“Non è giusto”.
“Mamma… credevo fossi felice per me”, aveva detto Stacie, ferita e
sorpresa. Suo fratello Toby non le aveva dato nessun nipotino – e di certo
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l’idea di diventare nonna avrebbe dovuto superare le preoccupazioni antiquate
di Margaret. Dopotutto, aveva avuto Stacie a quasi quarant’anni. Nel 1976 era
considerata un’età avanzata per una donna che diventava madre per la prima volta,
o almeno così aveva sempre detto Margaret.
“È solo che…”
“Cosa?”
Ma Margaret non era stata in grado di spiegare.
“Senti, deciderà Hugo”, dice Stacie, sperando di tenere un tono di voce deciso. “Non intendo
cambiare nome. Non posso. Devo pensare al mio lavoro: sarebbe troppo complicato.”
“Be’ “, mugugna Margaret, “poi non dire che non ti avevo avvertito”. Si siede sul divano
e prende il telecomando. L’enorme schermo TV si accende con uno sfarfallio e riappare
il programma che stava guardando prima. Si mette gli auricolari, e scompare nell’etere.
Per essere una persona che si lamenta tutti i giorni delle tecnologie del mondo moderno,
Margaret si è adattata benissimo. È fissata con il programma Libri raccontati, che
giornalmente non solo suggerisce alle persone come Margaret quali libri sono interessanti da
scaricare, ma li legge anche ad alta voce. Ad ottantasei anni, la sua vista si sta annebbiando
e l’artrite le rende difficile tenere in mano l’e-reader. Libri raccontati è la soluzione ideale.
Stacie getta un’occhiata allo schermo silenzioso. Ma quella è davvero Davina
McCall? Ma sì. Incredibile. Sembra una quarantenne, mentre in realtà ha
sessant’anni. Sorride tra sé, pensando che la situazione oggi è molto
migliorata per le donne. A parte tutti i meravigliosi progressi medici che
le persone come lei danno per scontato, c’è una serie di altri vantaggi
che rendono il fatto di essere una donna molto più semplice. Per
Stacie le cose erano andate bene, e Margaret glielo aveva fatto notare
molto presto. Tutto era diverso ai suoi tempi. Margaret era la figlia di
un minatore di Snaresborough, e non era andata all’università come
invece avevano fatto Stacie e le sue amiche. Un minatore. L’idea
la fece sorridere: sembrava un lavoro di un’altra epoca. E lo era.
Scavare sotto terra per estrarne le risorse è una cosa impensabile
adesso. Non aveva mai visto un pezzo di carbone e solo l’idea
le pareva, diciamo, sporca. L’energia in quest’epoca è pulita,
nel vero senso della parola. Vento, acqua, onde… quelle file
gigantesche di pale eoliche bianche che punteggiano la costa
dell’Inghilterra come uno steccato – un prezzo minimo da
pagare per fare in modo che nessuno dovesse mai più tornare
sottoterra. Non aveva mai conosciuto suo nonno, che era morto
prima che lei nascesse, ma Margaret le parlava spesso di lui.
Soprattutto dopo tutto quello che era successo con suo padre. Il
nonno non si sarebbe mai comportato come Jack Smalls.
Guarda di nuovo sua madre, completamente persa in chissà quale libro
Davina stesse leggendo. Sua madre aveva una conoscenza di notevole in campo
letterario – Tolstoi, Turgenev, Grisham, Keyes, e tutto quanto sta in mezzo. Nata
nel 1939 allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, aveva sempre lavorato,
nonostante non avesse mai avuto una “professione” vera e propria, come Stacie.
Stacie e Toby facevano parte di quella generazione definita dai giornali “i bimbi
abbandonati”, quelli che tornavano da soli a casa da scuola, si preparavano la
merenda da soli – o “cena” come Margaret preferiva chiamarla – e facevano da soli
anche i compiti. Margaret e Jack, decisi a dare ai propri figli tutte le possibilità che
a loro erano state negate, lavoravano sodo. Ci volevano due stipendi e tutte le ore
che Dio mandava in terra per gestire la casa. Scuole private, una bella casa grande
a Richmond con giardino e vacanze al mare due volte all’anno. Stacie non ricorda
neanche di aver biasimato i genitori per il fatto di non essere a casa. Non conosceva
nessuno i cui genitori non lavorassero, e in ogni caso, lei e Toby erano in collegio la
maggior parte dell’anno. Forse le sarebbe piaciuto vedere di più suo padre e, adesso
che tutto è chiaro e ha capito perché non lo vedeva, ha capito perché sua madre era
così amareggiata al riguardo. Ma lei cercava di rassicurare Margaret dicendo che
era difficile sentire la mancanza di qualcosa che non sì è mai avuto davvero. Ma la
madre non ne era convinta.
Lo sguardo le cade sul tavolino accanto. Il suo iD è capovolto, e la sua bella luce
turchese lampeggia. Lo prende e lo gira. Il viso sorridente di Hugo appare lentamente
davanti a lei.
“Ehi, ciao”, dice, appoggiando protettiva la mano sul rilievo della sua pancia. “Come
va?”.
“Stanchissimo”, ride. “E il piccolo?”. Vedeva la mano di lei che ruotava sul ventre.
“Scalcia. Come è andata la riunione?” Si trova a Shangai per la stretta di mano finale
di un affare al quale lui e i suoi colleghi hanno lavorato per quasi due anni. Spesso
Hugo scherza sul modo in cui, al giorno d’oggi, sono condotti gli affari: lui e Cliff
potevano passare settimane e mesi parlando con persone all’altro capo del mondo
senza incontrarli mai in carne ed ossa. Contrattavano, litigavano, ridevano, urlavano,
e imparavano a conoscersi per mesi ma poi, quando il contratto era pronto, tutti
insistevano per una stretta di mano, soprattutto i cinesi. Era un richiamo al loro antico
senso dell’etichetta e, siccome molta dell’economia mondiale dipende da loro, un
viaggio a Shanghai o a Pechino era in genere il punto finale.
“Ci siamo quasi, un’ultima firma ed è fatta”. Stacie si accorge che è stanco. Poi
preme “P”, e lo schermo si allarga sulla scena attorno a lui. Cliff gli sta seduto
accanto e giocherella con il suo iD. Probabilmente sta parlando con sua moglie
Janet. Il bar dell’hotel ha un bell’aspetto, pieno di luci e, in lontananza, si vede una
bella piscina che sembra galleggiare sulla città meravigliosamente illuminata. È
quasi mezzanotte a Shanghai. Preme di nuovo sullo schermo, dove immediatamente
appaiono le statistiche: 36°C, molto nuvoloso, vento N a 22kmh, umidità 70%.
“Trentasei gradi”, sorride, “ma è quasi mezzanotte!”.
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“Avresti dovuto sentire oggi pomeriggio, erano più di 40°”.
“È piuttosto caldo anche qui. La mamma si è di nuovo addormentata, non sopporta
queste temperature”.
“Hai controllato come sarà il tempo il sette?”.
“No, mi sono dimenticata, ma aspetta…”. Controlla velocemente il calendario sul suo
schermo. Sabato 7 giugno 2025. Alba: 04:45. Tramonto: 21:14. Temp: 24°C, sole,
vento SE a 5kmh, umidità 54%. Legge ad alta voce. “Direi perfetto, no?”.
“È per quello che l’abbiamo scelto, ricordi?”.
“Lo so. Mi dimentico sempre. Chi c’è accanto a Cliff?”, chiede. Aveva messo giù
il suo iD e stava parlando con una donna dai lunghi capelli biondi, seduta sullo
sgabello accanto al suo.
Profumo: Miss Dior. I sensori dell’iD di Hugo avevano colto il profumo della donna,
trasmettendo i dati per migliaia di chilometri fino a Stacie, che ascoltava sua madre
che russava.
“Boh, una donna che ha conosciuto ieri”.
“Ah”.
“Ehi, ehi…” Hugo ride, prendendola in giro. “Non iniziare, tesoro. Adesso vado, che
domattina ci svegliamo presto. Fammi baciare il pancione”.
Stacie mette l’iD verso la pancia. “Sbrigati a tornare a casa”, dice, mentre sente lo
schiocco del bacio che riempie la stanza. “Ci manchi”.
“Anche voi mi mancate, tesori. Ti chiamo domani, ti amo.”
“Anch’io”. Si sente un leggero “ping” mentre la sua immagine scompare dallo
schermo. Fissa lo schermo vuoto per alcuni secondi, con le dita che ci passano
sopra. Forse dovrebbe….? Pam, la sua migliore amica, ci ha installato Trax un
paio di settimane fa. Si tratta di un’app fantastica, progettata, naturalmente, da una
donna. Usa il sistema telefonico GPS per rintracciare i movimenti del proprietario,
senza che questo se ne accorga e - sta qui il colpo di genio – senza che l’iD sia
neanche acceso. Sensori microscopici riescono a inviare tutti i tipi di dati: il suono
della conversazione, la temperatura corporea, l’odore di alcol nell’aria, profumi …
tutte quelle cose che possono far capire con chi stia parlando una persona, cosa
stanno facendo, dove si trovano… fino all’ultimo centimetro. Addio ai periodi in cui
si rimaneva seduti a casa chiedendosi dove o con chi fosse il proprio partner o
addirittura se fosse proprio dove aveva detto di essere. Se solo Trax fosse esistito
quando c’era da controllare Jack Smalls… forse le cose sarebbero andate in maniera
diversa. Almeno Margaret non avrebbe sofferto l’umiliazione della menzogna – e per
quasi vent’anni. E da parte della sua migliore amica. Non deve stupire che fosse così
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amareggiata. Un’altra famiglia, per venti anni, che viveva dall’altra parte della città.
Le dita di Stacie erano ancora incerte se cliccare su Trax. No, non doveva. Non c’era
nessun motivo per seguire i movimenti di Hugo, né sospettarlo in alcun modo. Era
sempre stato onesto con lei, e lei non aveva mai dubitato di lui, mai. Non sapeva
neanche perché aveva lasciato che Pam installasse Trax. Certo, non era un’app che
servisse solo a ficcare il naso negli affari del proprio compagno. Dalla sua uscita,
un paio di anni prima, erano cambiate molte cose, e in meglio. Le persone non
sparivano così all’improvviso. I tassi di rapimenti e omicidio erano più che dimezzati.
I bambini non scomparivano più – ciascuno di essi aveva un piccolissimo chip, che
gli adulti installavano nel suo iD infilato sotto la pelle del polso, che lo proteggeva in
maniera invisibile, ventiquattr’ore al giorno, trecentosessantacinque giorni all’anno.
I bimbi potevano andare dove volevano, in un modo impensabile ai tempi di Stacie
e Toby. I genitori non si preoccupavano più. Ben presto, pensa Stacie, non avrebbe
più avuto un lavoro. Sorrise in modo sarcastico. La maggior parte dei suoi casi
riguardavano la frode, non le lesioni personali. Non riusciva a ricordare l’ultima volta
in cui aveva difeso un caso di omicidio.
Sua madre fa uno di quei sobbalzi tipici di quando si passa da una fase all’altra
del sonno. Il braccio le trema per un attimo, e poi cede. Mormora qualcosa di
incomprensibile, con un tono di voce basso. Stacie viene colta da un moto inatteso
di tenerezza per la sua vecchia mamma. È buffo, pensa. Alla fine, nonostante tutta
la tecnologia sofisticata a disposizione di tutti, si fa affidamento ai propri istinti più
umani – compassione, tenerezza, fiducia. I cinesi avevano ragione. Per concludere
un contratto, si devono stringere le mani, guardare l’altro negli occhi, stare spalla a
spalla, insieme, non attraverso uno schermo. Lo stesso valeva per lei e Hugo. Un
colpetto su Trax e si sarebbe aperta per lei – e per lui, senza che sapesse, il che è
persino peggio – una vita fatta di controlli e doppi controlli, un’esistenza di dubbi e
sospetti. Sì, Trax avrebbe potuto risparmiare a Margaret un po’ del dolore dovuto
all’infedeltà di suo marito, ma non avrebbe salvato il matrimonio. La fine sarebbe
solo arrivata un po’ prima, tutto qui.
Allontana da sé il suo iD, rimettendolo capovolto. La sua mano torna sul pancione.
Il piccolo, come se avvertisse il suo umore, dà un piccolo calcio. E un altro. Sono
qui. E poi la sua mano destra fa qualcosa di inatteso. Si dirige verso il seno, in
quel punto dove immagina si trovi il cuore. È quella la cosa, no? Sì, tutti sanno
che quel muscolo noto come “cuore”, responsabile di pompare sangue lungo i vasi
sanguigni tramite contrazioni ripetute e ritmiche, si trova in tutti gli animali dotati di un
sistema circolatorio. Questo è un modo per descriverlo. Ma il cuore è anche il posto
dell’amore, quel sentimento intangibile e inafferrabile impossibile da vedere, udire,
toccare o assaggiare… ma tutti lo sanno. Lei sa di amare sua madre, sa di amare
Hugo e il loro bambino. Lo sa. Un iD, nonostante i suoi strabilianti ed eccezionali
poteri, non può sostituire questo, né insegnarglielo. L’amore. Qual era quella
canzoncina degli anni ’60 che Margaret canticchiava sempre? It makes the world go
round. O era la Coca Cola? Sorride, incapace di ricordare.
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Sony
Forum for the Future
Sony è un’azienda leader a livello mondiale, produttrice di innovative apparecchiature
audio, video e di Information & Communication Technology destinate al mercato
consumer, alle aziende e ai professionisti. Con la sua offerta HD 3D completa e con la
sua attività nei settori dell’elettronica, della musica, dell’immagine, dei videogiochi e del
commercio online, Sony si colloca tra le aziende leader nel campo dell’intrattenimento
digitale, con circa 170.000 dipendenti in tutto il mondo.
Forum for the Future è un’organizzazione no-profit che lavora a livello mondiale con
aziende e governi per creare un futuro sostenibile. In 15 anni di esperienza, abbiamo
ispirato nuove idee, creato collaborazioni creative e sviluppato innovazioni pratiche per
cambiare il nostro mondo. Il nostro obiettivo è quello di trasformare i sistemi fondamentali
da cui tutti noi dipendiamo, come cibo, energia e finanza, in modo che siano pronti per le
sfide del 21° secolo.
Siamo consapevoli che le nostre attività hanno un impatto diretto e indiretto
sull’ambiente, e per questo consideriamo la sostenibilità come un’aspetto fondamentale
dell’etica dell’azienda. La collaborazione con ONG come WWF, UNICEF e Save the
Children garantisce l’impegno di Sony per la sostenibilità. Il nostro piano ambientale
“Road to Zero” prevede, come obiettivo a lungo termine, quello di raggiungere un
impatto ambientale pari a zero (tramite il controllo del cambiamento climatico, la
conservazione delle risorse, il controllo delle sostanze chimiche e la biodiversità) per
tutto il ciclo di vita dei nostri prodotti e delle nostre attività commerciali entro il 2050, oltre
a traguardi specifici a medio termine, in linea con il primo obiettivo.
Forum collabora con più di 100 partner nel settore aziendale e pubblico. Siamo
specializzati in un approccio di “innovazione del sistema” alla sostenibilità, e usiamo
strumenti potenti come l’innovazione e lo sviluppo di un modello di business sostenibile
per aiutare il progresso delle aziende. Comunichiamo e condividiamo le nostre idee
e i nostri strumenti in vari modi, incluso un Master per futuri leader, e pubblicando la
principale rivista sulle soluzioni aziendali e i futuri sostenibili, i Green Futures.
Sony crede fermamente che la tecnologia possa fornire un contributo positivo
nell’affrontare le questioni sociali e ambientali, adesso come nel 2025. Abbiamo una
grande esperienza nell’innovazione per la sostenibilità, grazie alle nostre iniziative
Forest Guard e Open Planet Ideas.
www.forumforthefuture.org
Il ruolo di Forum for the Future in FutureScapes è quello di progettare e realizzare i
processi del futuro e fornire la sua competenza nell’ambito della sostenibilità.
Il ruolo di Sony in FutureScapes è quello di sfruttare la forza del marchio e la
competenza nei settori della tecnologia, dell’immaginazione e dell’innovazione per
coinvolgere un pubblico sempre maggiore in un progetto collaborativo che si propone di
aiutare tutti a comprendere meglio - e a cambiare – un futuro incerto.
Per saperne di più sulle nostre attività in tema di sostenibilità, visitate:
Per saperne di più sulle nostre attività di sostenibilità aziendale,
visitate: www.sony.it/eco
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Illustrazioni di Sciberia
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