LP-1962-questo mondo nuovo
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LP-1962-questo mondo nuovo
Lettera Pastorale per la Quaresima 1962 Questo nuovo mondo Diocesani carissimi, il Signore ci ha chiamati a vivere in un mondo nuovo che si staglia notevolmente dal passato. Ci troviamo infatti di fronte all'era atomica, le cui conquiste nel campo della scienza e della tecnica ci obbligano a rivedere e a ridimensionare i tradizionali concetti e sistemi di vita, in ogni campo, non escluso quello della Chiesa, almeno nei rapporti esterni con il mondo. Per convincerci di questa profonda rivoluzione, ormai in atto, basta pensare alle innumerevoli applicazioni scientifiche della forza atomica, alle meravigliose imprese degli astronauti, all'incessante moltiplicarsi e perfezionarsi delle vie terrestri ed aeree per un più efficace riavvicinamento fra i popoli; basta pensare al gigantesco e tormentoso fermento dei popoli Afro-Asiatici, che scuotendosi dal colonialismo stanno avviandosi sulla strada delle libertà politiche ed economiche; basta ancora pensare ai nuovi indirizzi nel campo sociale e culturale che interessano e impegnano i popoli di tutti i continenti, e interessano e impegnano quindi anche noi. L'impegno del cristiano Che faremo dunque davanti a questo «novus ordo» questo nuovo mondo? Il primo e fondamentale nostro dovere di fronte a qualunque avvenimento umano è quello indicatoci da Cristo, nostro Salvatore, nella preghiera ch'egli stesso ci pone sul labbro: «Venga, o Signore, il tuo regno; sia fatta in cielo e sulla terra la tua volontà». Per l'uomo qui è tutta la ragione del suo vivere e del suo operare: Dio, la sua volontà, il suo regno, in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni cosa. E perché dunque noi cristiani non vedremo, alla luce della fede, Dio anche nei prodigiosi progressi odierni della scienza umana, che è partecipazione della scienza divina? Perché non lo ringrazieremo di cuore il Signore per questo giganteggiare di scoperte che aprono al consorzio umano una sconfinata visione di nuove applicazioni e realizzazioni? Non c'insegna forse la stessa Sacra Scrittura che «Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza... per il dominio di tutti gli esseri e di tutte le cose che sono sulla terra»1, facendolo così partecipe delle sue divine perfezioni e quindi capace di continue conquiste? Cantiamo dunque con il Salmista: «O Signore, tu hai coronato l'uomo di gloria e nobiltà; lo hai fatto re delle opere di tua mano, a lui sottomettendo ogni cosa»2. Ma sia questo canto anche il riconoscimento della supremazia di Dio sull'uomo e sul mondo e conseguentemente il riconoscimento del primo fra tutti i doveri di ogni uomo: quello di conoscere Dio, amarlo e servirlo: quello di collaborare al suo regno, lottando energicamente contro tutte le insidiose forme del male. 1 Poiché il mondo di oggi è un po' - mi si passi il paragone - come Giano bifronte. Ha un doppio volto: quello della grandezza e quello della decadenza. Da un lato il meraviglioso progresso scientifico e tecnico, dall'altro un rovinoso cedimento di costumi. Questo squilibrio non è certo un fenomeno nuovo; ma non si è lontani dal vero affermando che esso non ha mai raggiunte nel passato così vaste proporzioni. Esame di coscienza Ora si può forse assistere indifferentemente alla invadenza delle forze del male e non avvertire le incessanti e paurose correnti avvelenatrici che insidiano le nostre popolazioni e le nostre famiglie? È forse lecito accontentarci egoisticamente del benessere materiale, di cui oggi godiamo, e chiudere gli occhi davanti alle gravi necessità di ordine spirituale e anche materiale dei popoli che affermano il loro diritto alla libertà e a più dignitose forme di vita economica e sociale? La risposta a queste domande non è certamente difficile e ci obbliga tutti ad un esame di coscienza, perché tutti abbiamo la nostra parte di responsabilità a riguardo della paurosa decadenza dei costumi. Confessiamolo sinceramente: questa generale decadenza è dovuta all'ateismo pratico, divenuto purtroppo norma generale di vita anche nelle nazioni cristiane, all'idolatria dei beni terreni e alla sfrenata ricerca del piacere. Il lamento espresso dal Signore per bocca del profeta Geremia è una dolorosa realtà anche per il mondo di oggi: «Due mali ha commesso il mio popolo - dice il Signore -: ha abbandonato me, fonte di acqua viva, per scavarsi cisterne: cisterne screpolate, incapaci di contenere acqua»3. L'abbandono di Dio «Ha abbandonato me, fonte di acqua viva». Non è forse abbandono di Dio il laicismo officiale di pressoché tutti gli stati europei? Non è forse abbandono di Dio la voluta esclusione del Signore da quasi tutte le manifestazioni pubbliche della vita sociale e culturale? Non è forse abbandono di Dio la generale dimenticanza della preghiera, l'estesa profanazione dei giorni festivi, il disinteresse per le pratiche del culto, la ignoranza colpevole dei problemi religiosi che sono intimamente connessi con gli altri problemi della vita familiare e sociale? Conseguenza deleteria di questo abbandono di Dio, di questo ateismo pratico è il disorientamento morale, anche fra i credenti, per cui i confini tra il bene e il male, fra il giusto e l'ingiusto, tra il vero e il falso, fra il lecito e l'illecito, sono pressoché annullati. Ha scritto giustamente Pio XII che il maggior peccato del nostro tempo è quello di non credere più al peccato, e cioè di non credere più all'esistenza di un ordine morale, di cui autore e custode non può essere l'uomo con i suoi sistemi filosofici e dottrinali, soggetti ad errori, ma unicamente Dio, somma Verità e sommo Bene. 2 L'idolatria dei beni della terra All'abbandono di Dio si aggiunga l'idolatria dei beni della terra. L'adorazione del vitello d'oro non è fenomeno nuovo nella umanità. La corsa ai beni terreni ha sempre avuto ed avrà sempre i suoi appassionati concorrenti, ed è specialmente per la conquista di questi beni che il sangue è stato versato a fiumi sulla terra, così nelle lotte fra i popoli come fra le famiglie e gli individui. Sull'umanità graverà sempre questa oscura ipoteca delle insaziabili passioni umane. E sarà ipoteca tanto più pesante quanto più l'uomo si dimenticherà che la vita terrena non è fine a se stessa per la conquista dei beni materiali, ma è il «talento» ossia la moneta che l'Autore della vita, Iddio, ci ha dato per acquistarci quel tesoro di beni eterni che, secondo l'espressivo linguaggio evangelico, «non vien meno nei cieli, dove il ladro non si accosta e la tignola non consuma»4. Nel mondo di oggi non è difficile costatare come in tutti i settori della società sia dominante l'«auri sacra fames». L'attività industriale e commerciale, favorita da nuovi mezzi e sistemi, investe, si può dire convulsivamente, tutti i paesi. La propaganda e la concorrenza negli affari non conosce più i limiti della discrezione e spesso dell'onestà. L'esercizio delle diverse professioni, il lavoro, sia intellettivo che manuale, non sono più per molti una nobile espressione di attività intese a collaborare al bene comune della famiglia e della società; sono esclusivamente un mezzo per far denari. Il guadagno immediato - onesto o meno poco importa - è divenuto l'imperativo del nostro tempo. Non il solo purtroppo. Vi si accompagna la morbosa ricerca del piacere. La ricerca del piacere Dispiace persino di parlarne, ma il triste fenomeno della «dolce vita» è troppo evidente e troppo universale per non denunciarlo come una paurosa piaga sociale dei nostri tempi. Non mi si fraintenda. Parlando dell'idolatria dei beni terreni e della ricerca morbosa dei piaceri non intendo condannare la legittima ricerca del benessere e tanto meno le giuste rivendicazioni economiche delle classi sociali meno fortunate. È troppo evidente il diritto dell'equa ripartizione dei beni terreni per non riconoscerlo. La dottrina e la prassi della Chiesa a questo riguardo è quanto mai eloquente. Lo conferma la recentissima Enciclica «Mater et Magistra» del Sommo Pontefice Giovanni XXIII. Il vostro Vescovo è ben lieto di salutare anche nel nostro Ticino un risveglio economico sconosciuto in un passato non lontano, quando molti figli della nostra terra erano obbligati dalle tristi condizioni di vita a emigrare in diversi paesi di Europa e oltre l'oceano. Aumenti pure il benessere anche da noi; migliorino per tutti le condizioni di vita; ma non si dimentichi che la vera prosperità si basa sull'onestà e sul sacrificio. 3 Doverose reazioni del cristiano Sono ben noti gli sforzi che oggi si compiono per scardinare i fondamenti della morale cristiana. La stampa, la letteratura, le produzioni teatrali e cinematografiche, la radio, la televisione gareggiano nel divulgare false teorie intorno all'istituto della famiglia; nel colpire con l'arma del ridicolo le virtù che ne sono il fondamento. È diventato ormai di moda l'oltraggio all'indissolubilità del vincolo matrimoniale e l'esaltazione della infedeltà, degli adulteri e dei divorzi. Non si rifugge neppure da certa stampa dall'esaltare i più pazzi disordini e le più gravi evasioni dalla legge morale. Tutto questo disordine morale trova purtroppo larga cittadinanza in questo mondo nuovo, a lato del progresso scientifico e tecnico. Ma non si potranno sfuggire le più disastrose conseguenze, se non si ritornerà ai criteri di vita cristiana, che la Chiesa richiama ai fedeli con materna insistenza. Nessuno può rimanere indifferente davanti a tanto incalzare di malcostume. Ogni cristiano e particolarmente i genitori e gli educatori devono difendersi e difendere la famiglia, la fanciullezza da questo imperversare della immoralità. La Quaresima e il «Sacrificio dei cattolici svizzeri» Diocesani carissimi, siamo entrati nella Quaresima: tempo di raccoglimento e di preghiera, di ripresa e di penitenza, che ci deve preparare, con menti e cuori purificati, a celebrare la Pasqua del Signore e la nostra risurrezione spirituale in lui. Specialmente durante il periodo quaresimale la Chiesa rinnova i suoi inviti al cristiano perché rifletta bene sulle sue responsabilità; perché riordini le cose dello spirito, abbandonando ciò che deve essere abbandonato e riprendendo energicamente la strada retta dei doveri ai quali troppo facilmente si vien meno. È tempo di penitenza la Quaresima, ossia di volontaria rinuncia al godimento di beni e piaceri terreni per sé leciti, a scopo di espiazione e mortificazione e anche di sacrificio a sollievo di fratelli che sono nel bisogno. L'Episcopato Svizzero, nella sua recente Conferenza tenuta a Soletta il 29-30 gennaio scorso, ha preso l'importante decisione del «Sacrificio quaresimale dei cattolici svizzeri», affidando così a tutti i fedeli della Svizzera cattolica un compito squisitamente cristiano: quello di continuare alle Missioni e alle opere caritative del nostro paese l'aiuto di cui le une e le altre hanno imperioso bisogno. L'anno scorso il popolo cattolico svizzero ha, con una entusiastica partecipazione alla colletta missionaria, dato prova di un profondo spirito di sacrificio. I vostri Pastori diocesani anche quest'anno sollecitano da tutti i fedeli comprensione e generosa collaborazione. Il «Sacrificio quaresimale», che il popolo cattolico svizzero è invitato a compiere, è praticamente un ottimo mezzo di penitenza quaresimale. La Chiesa ha mitigato le penitenze corporali, un tempo molto severe, fino a ridurle a espressioni poco più che simboliche. Al contrario sono oggi assai migliorate le condizioni economiche. E allora perché non approfittare del tempo quaresimale per aiutare, con qualche sacrificio di minuti piaceri, opere destinate a sollevare spiritualmente 4 e materialmente tanti nostri fratelli? Perché non conciliarci il Signore con il sacrificio volontario dell'elemosina, che trova nella Parola di Dio la più valida consacrazione? Dice infatti il Signore per bocca del Profeta Isaia: «Non conoscete il digiuno da me preferito?... Rompere le catene dell'iniquità, sciogliere i legami della schiavitù; liberare gli oppressi spezzare ogni giogo; dividere il pane con l'affamato; ospitare i poveri e i senza tetto; vestire l'ignudo e non volgere le spalle al proprio fratello... ecco il digiuno ch'io gradisco»5. E chi non vede che oggi, con il moltiplicarsi delle relazioni e dei contatti fra i popoli di tutti i continenti, è più che mai necessario allargare anche gli orizzonti della carità? Si pensi solo agli immensi bisogni delle vastissime terre di missione, che la Chiesa è chiamata ad evangelizzare e dove urge provvedere agli ospedali, alle scuole ai centri sociali, agli istituti professionali, a tutto quello insomma che è estremamente indispensabile per un regime di vita più umano e più decente, e ci si convincerà facilmente che l'iniziativa profondamente cristiana ed educatrice del «Sacrificio quaresimale» merita il consenso e l'appoggio più generoso di tutto il popolo cattolico svizzero. Aggiungerò ancora che quest'azione si inserisce molto bene anche negli scopi del prossimo Concilio Ecumenico Vaticano II, voluto dal Sommo Pontefice Giovanni XXIII- «per ridonare nuovo splendore alla giovinezza della Chiesa, per promuovere lo sviluppo della fede cattolica, il rinnovamento morale della vita cristiana secondo i bisogni e i metodi del nostro tempo e l'accrescimento dell'apostolato sociale e missionario». Accogliete con gioia, diocesani carissimi, questo appello al «Sacrificio quaresimale». Impreziosite con la carità, che «copre la moltitudine dei peccati»6, questo sacro tempo. Ricordatelo: quanto più saprete essere generosi tanto più sarete sicuri che la vostra fede e il vostro amore saranno vivi e operanti e tanto più voi sarete buoni cristiani. Il Signore ci benedica tutti. Lugano, 3 marzo 1962 + Angelo Jelmini, Vescovo Note 1 2 3 4 5 6 Gen. 1, 26. Salmo 8, 6-7. Ger. 2, 13. Lc. 12, 32. Is. 58, 6-7. I Pt. 4, 8. 5