Il ruolo del venture capital nel processo di trasferimento tecnologico
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Il ruolo del venture capital nel processo di trasferimento tecnologico
Documento preparato appositamente per Aspen Institute Italia Il ruolo del venture capital nel processo di trasferimento tecnologico delle start up di Giampio Bracchi Presidente AIFI Luglio 2010 Il Venture Capital Monitor Il venture capital, ossia l’attività di investimento volta a finanziare con capitale di rischio le fasi di avvio e di primo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali, dopo tanti anni di debolezza costituisce ormai una realtà consolidata anche in Italia, dimostrandosi oggi come il segmento forse più dinamico del mercato italiano del capitale di rischio, in un contesto economico-finanziario caratterizzato da rallentamenti in tutte le attività d’investimento. Questo quadro emerge dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Venture Capital Monitor - VeMTM, che opera presso l’Università Carlo Cattaneo LIUC in collaborazione con AIFI –Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital, focalizzandosi sul segmento early stage (seed e start-up financing). Le operazioni seed e start-up hanno, in effetti, conosciuto negli ultimi anni un notevole incremento sia dal punto di vista della domanda (numero di progetti interessati alla ricerca di un investitore finanziario), sia da quello dell’offerta (in termini di numero di operatori specializzati), aumentando in modo significativo il peso del venture capital sul totale del mercato. Anche in un momento difficile come quello attuale, il venture capital italiano è riuscito a limitare i danni, mostrando una maggiore solidità rispetto agli altri segmenti del mercato. Le ragioni di questo fermento risiedono nella presenza di un intero ecosistema che finalmente sembra coordinare il proprio lavoro a sostegno delle giovani imprese innovative: accanto agli investitori istituzionali si affiancano le Università, i centri di ricerca, gli incubatori d’impresa, i business angels e, non da ultimo, il settore pubblico. Anche la PA, infatti, ha cominciato ad impegnarsi per fornire un contributo che renda sempre più dinamico il sistema del venture capital, riconoscendo l’importante apporto che questo fornisce ai settori ad alto contenuto tecnologico, all’evoluzione delle giovani imprese e, di conseguenza, alla crescita dell’occupazione e della competitività italiane. Tutti questi soggetti sembrano, oggi più che mai, concretizzare le auspicate sinergie indispensabili al decollo di un settore che si nutre di ricerca, sviluppo e innovazione. © Document to be used exclusively for Aspen Institute Italia institutional purposes In questo ambito, la nascita nel 2009 dell’Osservatorio Venture Capital Monitor – TM VeM , ha risposto all’emergente esigenza di offrire al mercato uno strumento dedicato, al fine di comprendere ed interpretare l’evoluzione del settore e di sviluppare un livello di consapevolezza tra gli addetti ai lavori. Strumenti di comunicazione e fonti di informazione documentate, costantemente aggiornate e basate su metodologie internazionali di raccolta dei dati, quali il VeMTM, infatti, possono contribuire allo sviluppo del settore, fornendo, a professionisti del campo e a decisori pubblici e privati, spunti di analisi per comprendere le caratteristiche e le evoluzioni del mercato. Alcuni dati sul mercato italiano Il Rapporto 2009, che segue il primo studio relativo al periodo 2004-2008, evidenzia 20 nuove operazioni di venture capital, un dato che, se confrontato con la media di 18 investimenti annui nel quinquennio precedente, conferma la tenuta del segmento dell’early stage, pur in uno scenario di crisi. Con riferimento all’attività da cui ha avuto origine l’operazione, è importante sottolineare che la maggioranza (85%) delle società oggetto di investimento risulta riconducibile a nuove iniziative generate da imprenditori privati. Questo da un lato costituisce un segnale dello spirito innovativo che permea il nostro tessuto aziendale, dall’altro conferma l’anomalia del modello di innovazione italiano, dove l’attività di ricerca finalizzata a “fare impresa” per ora ha luogo solo marginalmente nel mondo accademico-universitario. L’attività di ricerca e sviluppo, infatti, secondo la cosiddetta formula di “innovazione senza ricerca”, viene principalmente svolta direttamente nell’ambito dell’operatività dell’impresa e non transita, se non in parte minoritaria, tra i canali di ricerca formalizzata. Al tempo stesso, è importante sottolineare che oltre la metà degli investimenti analizzati dal Venture Capital Monitor ha riguardato società ad alto contenuto tecnologico, operanti in settori quali l’Information and Communication Technology, l’industria farmaceutica e biofarmaceutica e il comparto dei nuovi media, a dimostrazione di un crescente interesse da parte degli operatori italiani verso i settori più innovativi. Il venture capital tecnologico mostra dunque segnali positivi, confermando un importante potenziale di crescita. A livello geografico, inoltre, pur continuando a prevalere il Nord Italia e soprattutto la Lombardia, dove viene realizzata circa la metà delle operazioni, è importante evidenziare la crescita che nel 2009 ha caratterizzato il Sud Italia. Questo conferma l’interesse da parte degli operatori alla diversificazione geografica a favore del Mezzogiorno, coerentemente, peraltro, con la strategia di investimento di alcuni nuovi fondi, che si avvalgono anche dell’investimento pubblico, e che sono dedicati a finanziare valide opportunità nelle regioni del Sud Italia. © Document to be used exclusively for Aspen Institute Italia institutional purposes Il contributo del venture capital allo sviluppo economico L’investimento nel capitale di rischio di una società in un sistema economico evoluto ricopre un ruolo di considerevole importanza sotto diversi aspetti. Innanzitutto, la possibilità di ricorrere a operatori specializzati, con un orizzonte temporale di medio periodo (3-8 anni), consente all’azienda di reperire capitale sufficientemente “paziente”, che può essere utilizzato per sostenere la fase di avvio di piani di sviluppo e di nuove strategie. In secondo luogo, il ruolo dell’investitore istituzionale non si esaurisce una volta apportato il capitale finanziario, ma prosegue attraverso il know-how specializzato che l’operatore mette al servizio dell’impresa, che può utilizzarlo per il raggiungimento dei propri obiettivi di sviluppo. Infatti, l’investitore istituzionale provvede ad allargare l’universo delle conoscenze societarie attraverso contatti, collaborazioni con specialisti del settore esterni all’azienda, con altri imprenditori dello stesso settore, apporta esperienza nella scelta del timing per attivare le procedure di un’eventuale quotazione sui mercati borsistici e consente di migliorare l’immagine della società nei confronti del mercato. 1 Una ricerca condotta da Banca d’Italia e AIFI ha dimostrato che gli intermediari svolgono un ruolo attivo nella gestione dell’azienda, contribuendo soprattutto in termini di consulenza finanziaria e di definizione strategica. Essi, inoltre, facilitano la raccolta di mezzi da altri finanziatori, consentendo di migliorare i rapporti con le banche, e aiutano le imprese nel processo di internazionalizzazione, sia attraverso acquisizioni che grazie ad accordi di collaborazione con società estere. In particolare, sulla base dell’esperienza maturata dagli operatori di venture capital a livello internazionale, si osserva che il venture capitalist ricopre un ruolo importante dal punto di vista della creazione e dello sviluppo di processi di internazionalizzazione. Gli operatori, attraverso il proprio network di relazioni internazionali, forniscono un contributo in termini di contatti con altre realtà, agevolando, ad esempio, l’individuazione di partner esteri per acquisizioni o joint venture internazionali. Questo elemento, peraltro, assume un rilievo ancora maggiore in un contesto economico come quello italiano, caratterizzato da difficoltà di crescita internazionale. In generale, a livello empirico è stato poi evidenziato come alle imprese oggetto di operazioni di venture capital siano riconducibili performance economiche migliori rispetto ad altre realtà. In particolare, in Italia uno studio realizzato da 2 ha dimostrato come l’affiancamento da parte PricewaterhouseCoopers dell’operatore si traduca in media in tassi di crescita dei principali parametri aziendali, quali fatturato, EBITDA e numero di dipendenti, superiori rispetto alle altre realtà imprenditoriali. 1 2 Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, il private equity in Italia, febbraio 2009 PricewaterhouseCoopers, Economic impact of private equity, 2009 © Document to be used exclusively for Aspen Institute Italia institutional purposes Esistono, dunque, finalmente importanti segnali di positività e di crescita del venture capital italiano, dopo molti anni di debolezza strutturale, e questo testimonia come nel nostro Paese esista un sistema innovativo che si sta rafforzando nel territorio. Al tempo stesso, tuttavia, è ancora necessaria un’attività di sensibilizzazione e di maggior coinvolgimento di tutti gli attori che sostengono le imprese tecnologiche, per creare una filiera capace di generare importanti storie di successo, che siano capaci di attirare l’attenzione e invogliare più ricercatori ad intraprendere un percorso imprenditoriale, e che contribuiscano d’altra parte alla creazione di un track record positivo per i fondi di venture capital, necessario per attrarre più copiosi capitali. © Document to be used exclusively for Aspen Institute Italia institutional purposes