Storia della vita religiosa

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Storia della vita religiosa
Jean-Claude Guy
Storia della vita religiosa
Una lettura sapienziale
“È il tempo quando fiorisce il tiglio”
Lipa
Indice
© 1989 Centre Sèvres, Paris
© 2014 Lipa Srl, Roma
prima edizione: aprile 2014
Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
& 06 4747770
fax 06 485876
e-mail: [email protected]
http: //www.lipaonline.org
Autore: Jean-Claude Guy
Titolo: Storia della vita religiosa
(titolo originale: Histoire de la vie religieuse)
Sottotitolo: Una lettura sapienziale
Traduzione: Maria Campatelli e Samuelle Cheron
Redazione e note: Maria Campatelli
Collana: Pubblicazioni del Centro Aletti
Formato: 130x210 mm
Pagine: 264
In copertina: “Il mulino mistico”, capitello della basilica di Vézelay, Francia
Stampato nell’aprile 2014
Impianti e stampa: Graficapuntoprint, Roma
Proprietà letteraria riservata Printed in Italy
codice ISBN 978-88-89667-49-1
Presentazione .....................................................
7
INTRODUZIONE .................................................
10
I. IL
18
PERIODO DELLE ORIGINI ..........................
Prima sfida, 18; Seconda sfida, 20; Terza sfida, 20
A. La storia ...................................................
Il Basso Egitto .............................................
22
27
Come si organizzavano?, 29
L’Alto Egitto ...............................................
La Palestina..................................................
La Siria........................................................
Il Ponto Eusino ...........................................
Costantinopoli.............................................
L’impero d’occidente ...................................
La città di Roma .........................................
Il resto dell’occidente...................................
B. L’eredità ....................................................
L’ispirazione anacoretica...............................
33
35
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40
41
44
48
51
54
55
L’atto della candidatura, 56; La pedagogia all’opera, 59; Il
ruolo della parola, 67, Il ruolo della Parola di Dio, 69
La struttura della vita cenobitica ...................
71
Il cenobitismo pacomiano, 71; Il cenobitismo basiliano, 80
Due riprese di questa eredità ........................
92
Giovanni Cassiano, 92; San Benedetto, 100
II. LA MUTAZIONE CAROLINGIA........................
L’egemonia della Regola di san Benedetto ......
La carta di fondazione del monastero di Cluny ...
Cluny e l’espansione cluniacense ...................
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110
123
126
5
Note sulla vita monastica femminile ................
Cambiamenti nella Chiesa e nella società ........
136
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III. L’ESPLOSIONE DELLA VITA RELIGIOSA.
DALL’XI AL XIII SECOLO ................................. 148
L’ordine di Cîteaux ........................................ 150
Il patto dell’amore, 155
L’ordine dei certosini .....................................
La vita canonica .............................................
Gli ordini cavallereschi e ospedalieri...............
Gli ordini puramente ospedalieri......................
162
168
175
178
Alcune caratteristiche, 180
Gli ordini mendicanti .....................................
183
I frati predicatori, 184; I minori 194
IV. DAL XIII AL XVI SECOLO .........................
Gli antichi ordini monastici ............................
La devotio moderna ..........................................
Il Concilio di Trento ......................................
Qualche creazione maschile.............................
219
219
220
231
237
Gli istituti di sacerdoti riformati, 237; La Compagnia di Gesú, 238
L’emergere della vita religiosa femminile ........ 245
Angela Merici, 246; La Visitazione di santa Maria, 249; Le
Figlie della Carità, 252
V. APPENDICE: IL PERIODO 1789-1814 ............ 254
Gli antichi ordini ............................................ 254
Le nuove creazioni .......................................... 258
Il mondo maschile, 258; Il mondo femminile, 260
6
Le pagine che seguono sono la redazione di un ciclo di
conferenze che padre Jean-Claude Guy, studioso di storia
della spiritualità conosciuto particolarmente per lo studio del
monachesimo antico, ha dato a Parigi, al Centre Sèvres, ad
un gruppo di novizi, cercando di fare un rapido volo d’uccello sulla storia della vita religiosa. La morte gli ha impedito di rivedere il testo e di dare ad esso la forma compiuta di un libro.
Lo stile del testo è allora quello parlato: una certa libertà
di tono, con qualche punta di ironia, la scelta delle prospettive o degli esempi che può sembrare arbitraria, un
certo numero di riassunti o di ripetizioni, talvolta un resoconto “da narratore” piuttosto che da storico di certi eventi, uno sguardo – se si esclude il periodo delle origini – tutto occidentale e forse un po’ sbilanciato sul versante francese, motivato dal pubblico che padre Guy aveva davanti…
Ma quelli che potrebbero sembrare limiti, si rivelano in
realtà grandi vantaggi, perché questo testo ci offre cosí, in
un modo agile e piacevole, una prima sintesi sapienziale, un
compendio di storia della vita religiosa che ogni religioso
dovrebbe conoscere.
In una manciata di pagine, padre Guy ci dà una prospettiva della storia plurisecolare della vita religiosa facen7
Storia della vita religiosa / J.-C. Guy
doci vedere anzitutto che esiste una unità della vita religiosa,
prima della molteplicità delle sue forme, e che pertanto tutte le forme precedenti hanno qualcosa da dire sul modo in
cui oggi cerchiamo di viverla. Allo stesso tempo, il suo occhio non è semplicemente quello dello studioso che analizza i fatti. La tradizione è una realtà viva, e quindi – come dirà a piú riprese – conoscerne la storia non ha come
scopo fare archeologia, ma neppure creare una raccolta a cui
attingere per sapere con chi poterci identificare, fosse pure
il proprio fondatore. Si cerca di conoscere la genesi delle cose perché ci sia di ispirazione, perché possiamo cogliere nelle origini quegli elementi fondamentali e irrinunciabili che
poi hanno bisogno di specificarsi per rispondere alle esigenze
dei tempi e dei momenti diversi della storia.
Con sguardo sapiente padre Guy ci fa vedere che, lungo i secoli, cresce una sorta di enorme radice sotterranea che
genera piantine, polloni, rami, alberi che si differenziano da
quelli precedenti sulla base della loro interazione con il terreno in cui spuntano, quando cioè le evoluzioni del contesto civile o ecclesiale fanno sorgere nuovi bisogni spirituali
a cui le antiche forme non sono piú capaci di rispondere.
Ma tutte queste piante, se crescono bene perché rispondono ai bisogni spirituali profondi del proprio terreno, contribuendo a cristianizzare la società intorno a loro, dal momento che sono nate nell’interazione con il proprio tempo, finiscono per portarne inevitabilmente anche i tratti. Ciò
significa che, quando cambierà il terreno circostante, o saranno capaci di riattingere alla radice per creare delle forme nuove, oppure moriranno.
Fra l’altro, tutto ciò è forse un invito anche ad attribuire un senso piú sfumato alla parola “carisma” (una delle piú
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Presentazione
inflazionate nella vita religiosa attuale), guardando con un
certo relativismo alla pluralità delle famiglie religiose esistenti
per cogliere ad un livello profondo la loro unità, “il carisma
della vita religiosa”. Ma ciò permetterà anche di individuare
come la pluralità dei carismi, se c’è, si genera anch’essa in
profondità, quando esiste una forte esperienza spirituale che
compagina diversamente dall’interno, dando luogo anche
a strutture della vita religiosa diverse, mentre oggi, a fronte di pretesi carismi individuati con “spiritualità” e devozioni
particolari, la maggior parte degli istituti vivono tutti allo
stesso modo e fanno tutti le stesse cose.
Il “mulino mistico” rappresentato nel capitello di Vézelay,
scelto per la copertina del libro, dove san Paolo macina il
grano dell’Antico Testamento che gli porge Mosè, può essere in senso piú generale un’immagine della tradizione viva che passa da una generazione all’altra, che tuttavia non
diventa farina senza la fatica di chi lo riceve. L’augurio è che
anche questo libro possa essere uno strumento per macinare
una storia secolare e aiutarci a cercare un futuro per la vita religiosa.
Nella redazione del testo, oltre a correggere gli evidenti errori dovuti alla natura della comunicazione o alla trascrizione, sono state aggiunte le note solo al materiale citato che è stato possibile identificare e che può avere un interesse per un lettore non specialista.
Maria Campatelli
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Introduzione
Introduzione
Comincio con due sottolineature, che è utile tenere a
mente per tutto il percorso.
La prima sottolineatura: quanto proveremo a fare non è una
lettura oggettiva, gratuita, della storia passata della vita religiosa. Il nostro scopo non è l’archeologia. La situazione attuale della vita religiosa – e nessuno lo può contestare – è una
situazione di esitazione, di crisi, nel senso migliore e allo stesso tempo piú triste del termine; non sappiamo piú esattamente le cose con una grande chiarezza. Una visione del passato può apportare una luce apprezzabile. Ciò tuttavia implica
che alla storia di ieri non domandiamo di fornirci dei modelli: la storia non è un repertorio a cui attingere per sapere
con chi possiamo identificarci. Non dobbiamo imitare i modelli passati, il che vale ugualmente per i nostri fondatori.
Domandiamo alla storia passata di darci una luce che ci aiuti per il nostro discernimento di oggi. Detto altrimenti, con
una frase che suona bene: la nostra genesi ci aiuta a capire chi
siamo oggi.
Del resto, ognuno di noi ha probabilmente fatto lo stesso percorso da un punto di vista personale. Forse in questo o quell’istituto religioso (dico “istituto” e non congregazione, perché il termine “congregazione” è un termine
caduto in prescrizione: dal 1983, il nuovo Codice di diritto canonico ha escluso “congregazione” e “ordine” a beneficio di “istituto religioso”) siamo stati aiutati a fare una
rilettura della nostra vita. È ciò che ci sforzeremo di fare per
la storia della vita religiosa.
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Dire questo implica due cose.
– Se c’è una linea di sviluppo dai primi anacoreti d’Egitto
fino a noi, nella diversità e nella molteplicità delle forme religiose, vi si possono trovare tutte le sfumature. Il che presuppone una convinzione: la vita religiosa, prima di essere
plurale, è una e una soltanto, e quindi tutte le forme precedenti hanno qualche cosa da dire sul modo in cui io mi
sforzo di viverla oggi.
– La vita religiosa non è dietro, ma davanti a noi; la sua
verità non è a monte, ma a valle; per questo gettiamo sul
passato un certo sguardo. A coloro che cercano il carisma
della loro fondatrice o del loro fondatore, va fatto notare che
il Concilio Vaticano II non ha mai detto che la vita religiosa
abbia un carisma. Ha detto qualcosa di molto piú forte: la
vita religiosa è un “dono divino che la Chiesa ha ricevuto
dal suo Signore”.1
Se il carisma c’è, non è per noi che va cercato, ma a beneficio della Chiesa, perché è alla Chiesa che è stato fatto
questo dono. Sarebbe allora meglio domandarsi: siamo dono?, siamo carisma? La storia della vita religiosa potrà forse permetterci di cogliere in quale modo Dio abbia dato alla Chiesa, tramite la vita religiosa, ciò di cui essa aveva bisogno nelle diverse epoche della sua esistenza. Dire che la
vita religiosa è un dono o un carisma per la Chiesa indica
una realtà nella quale non si può entrare che nella misura
in cui la si discerne all’opera nella storia. Ecco allora l’importanza di tutta la sua genesi.
1
Lumen gentium 43.
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Storia della vita religiosa / J.-C. Guy
Introduzione
Quando parlo di storia, non intendo semplicemente la
storia gloriosa della vita religiosa: vi sono dei momenti
meravigliosi, e ve ne sono altri oscuri, ma tutti fanno ugualmente parte di questa genesi che ci permette di cogliere meglio chi siamo.
Tutte le letture sono pertanto segnate dal contesto in cui
ci troviamo e anche dalla persona che le fa. Di conseguenza
anche quella che io propongo non ha niente di normativo e si può benissimo leggere la storia della vita religiosa
in un altro modo.
La seconda sottolineatura: poiché questa lettura è motivata da una preoccupazione per l’oggi – chi siamo?, chi dobbiamo essere oggi e domani? – la lettura del passato che propongo non è neutra. In altre epoche il passato è stato letto
in un modo diverso da come farò io. Ci si può divertire a
individuare i mutamenti di lettura della storia precedente anche nella storia della vita religiosa. Prendiamo la vita del fondatore o della fondatrice – o piuttosto le vite, perché generalmente, ogni 30, 40 o 50 anni questa vita si riscrive. Se
si leggono in fila, vediamo che non si tratta mai della stessa persona. Perché? Se scrivo la vita del mio fondatore, non
è semplicemente perché mi occupo di un’associazione per
la tutela dei monumenti. È perché è il mio fondatore ed ha
qualcosa da dirmi oggi. Quando scrivo la sua vita, ho allora con lui un dialogo in cui sono esistenzialmente coinvolto. Cosí, a seconda delle preoccupazioni, dei bisogni, dei diversi contesti culturali, socio-politici, economici, ecclesiali che attraversano le persone che si interessano alla vita del
loro fondatore, questi la leggeranno in modo diverso. Non
sarebbe concepibile oggi, ad esempio, scrivere la vita di un
fondatore di un istituto religioso senza dire che aveva un
amore appassionato per i piú poveri, i piú diseredati, i marginali della società, perché corrisponde alla nostra sensibilità attuale.
Tre chiavi di lettura
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Dopo queste due osservazioni preliminari, ecco le tre
chiavi di lettura che sottostanno a questa visione:
– Prima chiave: nella storia della vita religiosa, la progressione non è lineare, uniforme. Questa vita si sviluppa secondo un’alternanza di periodi non tutti identici gli uni agli
altri; vi sono dei periodi di grande creatività in cui, allo sguardo dello storico che osserva tutto con secoli di ritardo,
emergono forme nuove di vita religiosa veramente originali.
Questi periodi di grande creatività sono tre.
Il primo periodo di creatività: il IV-V secolo. È il momento in cui è nata la vita religiosa: è piú importante di quello che sembra. Come vedremo, la vita religiosa è nata in un
momento particolare nella Chiesa.
Il secondo periodo di creatività: a cavallo tra il XII e il XIII
secolo. È il periodo in cui si vede sorgere nella Chiesa un
nuovo tipo di vita religiosa piú strutturato, che si organizza e si radica nella società civile in un modo completamente
nuovo rispetto alle forme della vita monastica e che dà vita a quelli che si chiamano gli ordini mendicanti: ordine dei
minori, predicatori…
Il terzo periodo di creatività: il XVI secolo. È il momento
in cui nasce nella Chiesa la forma di vita religiosa che, in
modo improprio e deplorevole, si chiama “vita religiosa
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Storia della vita religiosa / J.-C. Guy
Introduzione
apostolica”. Improprio e deplorevole perché ciò implica che
quella dei due periodi precedenti non lo fosse. Ci fermeremo su due personaggi: Angela Merici e, qualche anno dopo, Ignazio di Loyola.
trebbero essere chiamati periodi di assimilazione. Quanto alla storia della vita religiosa oggi, non dobbiamo scriverla,
dobbiamo viverla. I nostri successori la scriveranno e ci diranno se siamo stati creatori o no.
Poi abbiamo altri periodi che non possiamo qualificare
bene perché non sono stati tempi di vere e proprie creazioni
e non hanno fatto nascere delle forme sociali precise, e tuttavia presentano dei cambiamenti cosí profondi che fanno
sí che tutto non sia piú come prima.
Il primo periodo di cambiamento: a partire dall’860-870,
quando l’impero carolingio si decompone, la vita religiosa, paragonata a quella di un secolo prima, non è veramente
piú la stessa.
Il secondo periodo di cambiamento, che possiamo ulteriormente specificare: 1789-1814, cioè il periodo della rivoluzione francese e dell’impero. In un modo storicamente significativo, non assistiamo alla nascita di nuovi istituti religiosi nelle loro forme, tranne qualche eccezione (cf padre
de Clorivière e le Figlie del Cuore di Maria e i Sacerdoti
del Sacro Cuore di Gesú), ma la vita religiosa dopo il 1815
non sarà piú identica a quella di prima.
Perché prendere in considerazione questi due periodi? In
quello dell’VIII-IX secolo, il potere politico – Carlo Magno
e suo figlio Ludovico il Pio – sono intervenuti nella vita religiosa per farle assumere questo o quel nuovo orientamento. Si sono considerati i responsabili della vita religiosa nella Chiesa. Piú tardi, il fenomeno è esattamente contrario: il
potere rivoluzionario o napoleonico agisce come se si fosse attribuita la responsabilità di sopprimere la vita religiosa.
Abbiamo dunque tre grandi periodi di creazione e due
grandi periodi di cambiamento. I periodi intermedi po-
– Seconda chiave: nella vita religiosa non ci sono nascite
miracolose. Quando si guardano le cose dalla distanza e non
si vedono i dettagli e i numerosi fallimenti, abbiamo sotto
gli occhi solo le riuscite, che allora ci sembrano straordinarie
e miracolose, una sorta di meteorite caduta dal cielo e che
Dio dà alla sua Chiesa! Ma, se si guardano le cose un po’
piú da vicino, vediamo allora che una nascita riuscita nella
vita religiosa è il risultato di un lavoro lungo e progressivo
di evoluzione e di maturazione. D’altra parte, per una creazione riuscita se ne possono contare centinaia di fallite. La
questione interessante è dunque sapere: perché quella è
riuscita e le altre no?
Un esempio: c’erano tanti piccoli Francesco prima del
grande san Francesco d’Assisi. Un tentativo come la prima
fraternità francescana non aveva niente di originale. Ce
n’erano altre, numerose e di cui si parlava di piú, che sono
sparite. Quella di Francesco, al contrario, ha messo radici e
si è sviluppata come un albero straordinario.
Questo ci porta forse a modificare lo sguardo sul nostro
passato, perché certamente nella vita religiosa si ama dare alle proprie origini una piccola sfumatura un po’ miracolosa, dove l’intervento di Dio sarebbe stato diretto… Può essere commovente, ma è storicamente falso.
Un esempio molto antico? Quello delle comunità monastiche pacomiane, nelle quali, alla morte del fondatore, è
stata posta la questione dello statuto della regola: bisogna-
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Storia della vita religiosa / J.-C. Guy
va conservarla tale e quale, oppure adattarla e modificarla?
Ma cambiarne una sola norma non è, alla lunga, introdurre il rischio di un rilassamento generale? Era piú semplice
dire che la regola di Pacomio non si doveva toccare perché
non veniva da lui, ma da Dio. Fu un cedere alla tentazione di sacralizzare le origini e attribuir loro un riferimento
miracolistico: trent’anni dopo la morte di Pacomio fu inventato il mito secondo il quale un angelo avrebbe inciso
la regola su una tavoletta di bronzo e avrebbe detto:
“Pacomio, fa’ questo e vivrai”.2
Sappiamo bene che ci sono dei fondatori che, quando
hanno scritto il loro testamento spirituale, hanno detto di
essere stati istruiti da Dio solo. È il caso di Francesco, di
Ignazio di Loyola… della maggior parte. Ma questo voleva dire semplicemente che erano stati interiormente spinti a non entrare in solchi già tracciati, e che dovevano assumersi il rischio di una cosa nuova dietro la spinta dello
Spirito Santo.
Introduzione
nascere nuovi bisogni spirituali a cui le forme antiche non
sono piú capaci di rispondere. Vedremo che la povertà di
Francesco d’Assisi non si comprende che nel contesto
dell’apparizione dell’economia della moneta.
D’altra parte, queste nuove creazioni devono il loro
successo al fatto che esse rispondono ai bisogni spirituali
profondi della società del tempo. Di conseguenza, contribuiscono a cristianizzare la nuova società che si crea intorno a loro, fino a diventare una delle componenti di questa
stessa società e finire per identificarsi con essa. Ci fermeremo a lungo su Cluny, che ha cristianizzato la società feudale in un modo indiscutibile e straordinario. Ma, alla fine,
è Cluny a segnare la società feudale o è la società feudale a
segnare Cluny?
– Terza chiave: nella vita religiosa non ci sono generazioni
spontanee. Nessuna forma di vita religiosa può essere studiata o compresa astraendola dal terreno storico in cui ha
preso vita. In primo luogo, le nuove forme di vita religiosa non compaiono a caso nella storia. Francesco poteva apparire all’inizio del XIII secolo, ma non all’inizio del XII.
Esse fioriscono quando delle evoluzioni sufficientemente
profonde della società circostante, civile o ecclesiale, fanno
2
Cf Palladio, Historia lausiaca 32-34, testo greco e tr. it. nell’edizione a cura di Ch. Mohrmann e C. J. Bartelink, Fondazione Lorenzo VallaMondadori, Milano 1974.
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I. IL
PERIODO DELLE ORIGINI
È il periodo su cui ci fermeremo piú a lungo perché, tra
i tre periodi creativi che ho indicato cominciando, questo
mi sembra avere un’importanza decisiva per quanto viene
dopo; essendo il primo, è sempre stato di riferimento per
tutto ciò che è accaduto in seguito.
Prima sfida
Nella Chiesa, la mentalità religiosa o spirituale è stata
profondamente segnata da quanto viene inaugurato in questo momento. Prendo semplicemente qualche piccolo
esempio.
Una ventina di anni fa, uno dei grandi dibattiti tra gli storici di spiritualità – che non era semplicemente un dibattito
tra storici, ma rifletteva una nuova problematica – era: come
situarsi rispetto al mondo? In molti testi medievali e patristici si leggono affermazioni che per noi oggi, nel loro senso immediato, sembrano insopportabili: “Ogni volta che andai tra
gli uomini ne ritornai meno uomo di prima”,1 o cose analoghe che si leggono nell’Imitazione di Cristo.
Tali dibattiti su ciò che è stato chiamato “disprezzo del
mondo” ci riportano a questo periodo delle origini. Delle origini della vita religiosa, monastica, e non delle origini della
vita della Chiesa. Questo genere di espressione ha infatti cominciato a nascere con la vita monastica e si è sviluppato molto, soprattutto nel medioevo. Oggi ci ripugna. Ma che cosa
1
18
L’imitazione di Cristo XX, 1, che cita Seneca, Epist. VII, 3.
I. Il periodo delle origini
vuol dire? Si possono lasciar cadere completamente affermazioni del genere: “il mondo è disprezzabile se si paragona alla gioia celeste”? Siamo noi ad aver deviato e occorrerebbe tornare ad assumere tali visioni?
Per mostrare quanto sia importante esplorare il retroterra, prendo come esempio la discussione sugli studi tra i monaci benedettini del XVIII secolo. L’abate de Rancé, infuocato riformatore della trappa, e il dolce Mabillon, si sono affrontati come cane e gatto a questo proposito.
Per de Rancé gli studi prolungati induriscono il cuore,
distraggono l’attenzione da Dio, dalla ricerca della salvezza… Per Mabillon, al contrario, bisogna praticarne il piú
possibile e tutte le discipline intellettuali sono utili al monaco per permettergli di trovare la vera strada verso Dio. Chi
ha ragione e chi ha torto?
Quando si guarda piú da vicino, si vede che non dicono
la medesima cosa. Usano le stesse parole senza mettervi lo
stesso senso. A 12 anni de Rancé aveva tradotto le opere di
Anacreonte e le aveva offerte al cardinal Richelieu in un sontuoso salone parigino. Era un bambino prodigio che era stato allevato in una sofisticata vita intellettuale; quando, sul tardi, si è convertito al vangelo, ha dovuto abbandonare una
iper-intellettualità che occupava le sue aspirazioni e i suoi desideri, per liberare il suo cuore per Dio. A 12 anni, invece,
Mabillon era un piccolo contadino pio. Quando è entrato
dai benedettini, ha imparato a leggere e a scrivere sui libri religiosi, ignorando ogni senso profano. E, piú progrediva
nelle scienze, piú nutriva la sua fede.
Questo dimostra che non è sufficiente prendere le parole, bisogna sapere da dove vengono. Cosí è per l’espressione “disprezzo del mondo”.
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Storia della vita religiosa / J.-C. Guy
Seconda sfida
Il IV e V secolo – è un fatto indiscutibile – è il periodo nel quale è stata elaborata e formulata ciò che in linguaggio tecnico si chiama la “scienza spirituale”, quello che
Benedetto piú tardi chiamerà “arte spirituale”. Ciò significa che il cammino verso Dio non si fa non importa come, ma è sottoposto a leggi di crescita e di decrescita che
si possono individuare e descrivere con grande precisione.
Coloro che vengono chiamati padri spirituali – i vari Evagrio
Pontico, Giovanni Cassiano, Doroteo di Gaza, Isaia di
Scete... – hanno elaborato e codificato in quest’epoca la tecnica del discernimento degli spiriti. Da qui l’importanza di
questo periodo e di questo punto di vista. Oggi noi siamo,
felicemente d’altronde, molto fieri del nostro discernimento spirituale, ma va notato che c’è un filo storico che
si snoda da questa prima epoca, con i suoi tempi forti e i
suoi tempi deboli: il XVI secolo è stato evidentemente un
tempo forte; l’insieme del medioevo un tempo meno forte; il periodo primitivo del monachesimo fu un tempo di
una forza straordinaria.
Terza sfida
Aggiungo una terza sfida. Tutte le forme posteriori della vita religiosa si sono riferite, come loro fonte, a questo
primo sgorgare della vita religiosa. Ciò può sembrare paradossale perché generalmente, quando ci si sforza di fare
qualcosa di nuovo, nella Chiesa come altrove, si cerca di sottolineare le differenze con quanto ci precede. Può sorprenderci allora leggere qualcosa del genere alla fine della regola di san Benedetto:
20
I. Il periodo delle origini
Abbiamo steso questa regola perché osservandola nei
monasteri diamo prova di avere almeno un po’ di rettitudine nel nostro comportamento e un inizio di vita
di conversione. Per il resto, per chi si affretta verso il culmine della vita di conversione, ci sono gli insegnamenti dei santi padri, la cui osservanza può condurre
l’uomo all’altezza della perfezione.2
Non dobbiamo meravigliarci: Benedetto fa riferimento al monaco Cassiano.
E quando, in pieno medioevo, Bruno fonda l’ordine dei
certosini, non fa ritorno a san Benedetto. Al contrario, se
ne distingue tornando ai padri del deserto e a Cassiano.
Facciamo un piccolo passo ulteriore: Domenico, fondatore dei frati predicatori, di cui una delle ambizioni era
“demonastificare” la vita religiosa, dedica almeno una
mezz’ora alla lettura di Cassianoper tutti i giorni della sua
vita fino alla fine.
Ignazio, del quale anche si è detto che aveva “demonastificato” la vita religiosa – piuttosto l’ha “deconventualizzata” –, fa riferimento a Cassiano cosí come agli apoftegmi dei padri del deserto; due terzi delle sue letture vengono da questo periodo primitivo del monachesimo e assai poco dalla letteratura spirituale detta medievale.
Oggi molti tentativi rinnovati di vita religiosa si nutrono di un ritorno a questo zampillio primitivo. Ciò dice la
sua importanza.
2
Regola di san Benedetto LXXIII, tr. it. in Regole monastiche d’Occidente, a cura di E. Bianchi e C. Falchini, Torino 2001, 263-4.
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Storia della vita religiosa / J.-C. Guy
I. Il periodo delle origini
A. La storia
Su questo periodo delle origini, vorrei fondamentalmente che arrivassimo a cogliere la vita religiosa cristiana
nelle sue espressioni primitive: sotto quali forme, con quali motivazioni, secondo quale modo di funzionamento è cominciata nella Chiesa verso l’inizio del IV secolo?
Al contenuto di questa formulazione aggiungo una posizione personale.
Ho detto che la vita religiosa è cominciata verso l’inizio del IV secolo. Ma nessuno può dire esattamente quando. Questo è vero di tutte le vere creazioni: un giorno ci si
accorge che esiste e che ieri non c’era. La mia ferma posizione è che la vita religiosa è iniziata nel IV secolo o, al massimo, negli ultimi due decenni del III secolo, ma non prima. Non tutti sono d’accordo su questa datazione e alcuni dicono che esistevano nelle comunità primitive degli asceti, delle vergini consacrate che vivevano già ciò che potrebbe
essere definito come vita religiosa. È possibile, ma quello che
caratterizza la vita religiosa è una partenza: lasciare le condizioni di esistenza abituale. Una partenza per il deserto, cioè
per una vita di cui non abbiamo la padronanza, in cui si devono ricevere i mezzi di sussistenza (non parlo semplicemente dei mezzi materiali, che sono evidentemente simbolici) dalla misericordia di Dio e non dal proprio darsi da
fare. E una partenza con altri, in una comunità fraterna.
Non vedo chiaramente il legame tra le vergini e gli asceti delle comunità primitive e lo sviluppo dei primi anni del
IV sec. Altra cosa ancora piú problematica: i ragguagli storici che abbiamo su coloro che si possono considerare come i
primi monaci mostrano che non erano né vergini, né asce22
ti! Sant’Antonio ad esempio è dato come l’eponimo, il padre dei monaci, ma sant’Atanasio, il patriarca di Alessandria
che ha scritto la sua biografia, non spiega affatto che viveva
come un piccolo asceta nel suo villaggio.
La vita religiosa è dunque cominciata nel IV secolo. Con
ciò voglio dire che c’è stato un tempo in cui non esisteva nella Chiesa, la quale per questo non stava piú male. Quando allora il Concilio Vaticano II dice che la vita religiosa, anche
se non appartiene alla struttura gerarchica della Chiesa, tuttavia è intimamente legata alla sua vita e alla sua santità,3 ciò
significa che la Chiesa, per essere tale, non ha bisogno della
vita religiosa, che tuttavia le è stata data.
Perché?
Il fatto che nasca all’inizio del IV secolo è evidentemente interessante e illuminante, perché questo secolo è stato segnato dalla conversione di Costantino, e per la Chiesa tutto
è cambiato. Proprio in tale momento si vede emergere questo dono che Dio ha fatto alla sua Chiesa e il motivo di questo dono. È sorprendente, d’altronde, vedere come le formulazioni del Vaticano II facciano luce per aiutarci a comprenderlo. È un controsenso dire che la vita monastica cristiana ha le sue origini non solo nei terapeuti di Filone, ma
anche in tutto il monachesimo buddhista. Certo, ciò non significa che non ci sia la minima dipendenza. Tra gli esseni
di Qumrân, di cui ora disponiamo dei documenti che regolavano e organizzavano la loro vita, e le comunità pacomiane o altre, esistono paralleli impressionanti… Ma quando 80 persone vivono insieme in una casa, c’è bisogno di
3
Cf Lumen gentium 44.
23
Storia della vita religiosa / J.-C. Guy
qualcuno che governi perché, se non ne viene nominato uno,
spunterà un leader naturale; bisogna che ci siano delle campane che avvertono che è l’ora del pasto o dell’eucaristia. Ma
questo non significa ancora che ci sia il minimo influsso.
Esistono semplicemente delle parentele, come tra la religione ebraica e quella cristiana.
Prenderemo in esame le forme della vita monastica cristiana cosí come sono apparse nella storia, cioè, allo stesso
tempo, come realtà sociali e spirituali, perché non c’è mai
esperienza di Dio che non faccia nascere un’organizzazione sociale.
Vorrei pertanto ricordare il contesto ecclesiale e politico in cui è nata la vita religiosa. Bisogna partire dal fatto che
quella che è stata chiamata la “pace costantiniana” non va
considerata un’immagine stereotipa. Per tre secoli c’erano
state persecuzioni, due delle quali molto forti, spesso localizzate nello spazio e nel tempo. Ciò che faceva problema
era la religione di stato, che tutti dovevano praticare.
Altrimenti detto, si poteva far carriera nello stato solo se si
adottavano, se non nella coscienza almeno nella pratica, i rituali di questa religione. Se voglio diventare ufficiale superiore, quadro amministrativo o funzionario delle dogane dello stato, il giorno della mia presa di potere devo offrire un
sacrificio a Bacco e, nell’anniversario di nascita dell’imperatore, un sacrificio religioso all’imperatore-divinità.
Ma siccome come cristiano, non posso dire “san Bacco,
prega per noi”, “san Costantino, prega per noi”, non posso
sacrificare agli idoli, allora sono messo ai margini della società.
Questo spiega in particolare che, anche se a partire dal III secolo le comunità cristiane hanno iniziato a diventare piú numerose, per lungo tempo il cristianesimo si è poco sviluppato,
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I. Il periodo delle origini
malgrado dei tentativi missionari molto piú coraggiosi e inventivi di quanto noi pensiamo. Se siamo capaci di sacrificare
la carriera, e dunque l’esistenza della propria famiglia, del proprio gruppo, per la fede, ciò significa che si crede fortemente
e che le comunità sono assai vigorose.
A partire dal giorno in cui Costantino si converte – che
la sua conversione fosse sincera o no… – ai cristiani non è
stato piú chiesto di sacrificare agli idoli. Verso la fine del IV
secolo uno dei successori di Costantino, Teodosio, che figura nel martirologio, ha rovesciato completamente il meccanismo: è il cristianesimo ad essere diventato la religione
ufficiale dell’impero; per poter far carriera nell’impero bisognava portare una piccola croce. Per molti era una liberazione: la fede non deve essere affannosa ed eroica come
lo era stata precedentemente; per altri, essa facilita la carriera;
le comunità cristiane si possono diffondere di piú, ricevere doni, ecc.
Ma si intuiscono le conseguenze di questa situazione: un
afflusso di nuovi candidati al cristianesimo che bisognerà sostenere, delle strutture ecclesiali che bisognerà adattare alle nuove condizioni… Prima, quando in una città di media importanza c’era un piccolo gruppo di cristiani che si
incontravano frequentemente, tutto era facile da gestire, ma
quando in questa stessa città ci sono quattro o cinque gruppi e a dieci chilometri ce ne sono ancora altri, i problemi
di gestione, di formazione, di istruzione cristiana sono evidentemente molto diversi. Soprattutto, la Chiesa come tale diventa una forza nella società. Al primo concilio ecumenico, il Concilio di Nicea, i vescovi che non avevano un
patrimonio personale sono stati presi in carico dallo stato,
e non c’è da sorprendersi.
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