Dio esiste e vive a Bruxelles
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Dio esiste e vive a Bruxelles
COMUNE DI BUCCINASCO Servizio Cultura e Comunicazione Associazione Culturale Teatrale GLI ADULTI in collaborazione con l’Associazione Culturale “Gli Adulti” CINEMA, MON AMOUR 18 novembre 2016 ore 21.00 - Auditorium Fagnana via Tiziano, 7 “Dio esiste e vive a Bruxelles” Le Tout Nouveau Testament di Jaco Van Dormael Interpreti principali: Pili Groyne, Benoît Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens, Yolande Moreau, Laura Verlinden, Serge Larivière, Didier de Neck, Marco Lorenzini, Romain Gelin, Anna Tenta, Johan Heldenbergh Durata 113 min - Lussemburgo, Francia, Belgio 2015 Egoista e bisbetico, Dio governa il mondo da un personal computer facendo letteralmente il bello e il cattivo. Il dio di questo film, che un po' richiama (ovviamente nel surreale ambito creativo del regista) quello del Vecchio Testamento, vive a Bruxelles in una casa di poche stanze, in una delle quali vi può entrare solo lui: un agghiacciante luogo claustrofobico, che tra le pareti, arredate con cassetti inaccessibili pieni delle memorie millenarie delle sue malefatte, ospita il computer grazie al quale progetta le peggiori catastrofi per l’umanità, quelle che, in seguito, per divertirsi, osserverà alla TV. È un dio molto strano, trasandato e sporco, prepotente e dispettoso, oltre che terribilmente maschilista: dopo aver creato il mondo, ha plasmato l’uomo a propria immagine, gli ha affiancato una donna affidandogli il compito di sottometterla, come ha fatto lui con sua moglie, una casalinga infelice, obbligata a ubbidirgli, sempre e comunque, senza alcun diritto, né sindacale, né di parola. Questa poveretta gli ha dato due figli: un maschio, JC che se n’era andato per agire di testa propria (infatti, con l’aiuto degli Apostoli si era permesso di scrivere un Nuovo Testamento) e una femmina, ancora piccola ma con idee ben chiare, ribelle e riottosa, di nome Ea. Vi sono dei film che godono di uno “condizione”molto speciale, quella che li fa “unici” nel panorama cinematografico. È il sogno di ogni regista e quando egli riesce a realizzarne uno, entra a pieno titolo nell'esclusivo club di quelli che hanno fatto un'opera irripetibile. Il film è stupefacente, ha un tema altissimo, un sottotesto profondo e un'ironia dolente. L'atmosfera, a casa del Signore, è tesa. Lui (Benoît Poelvoorde) è sempre arrabbiato, ha un carattere orrendo, si adira con la moglie e con la figlia piccola (interpretate rispettivamente da Yolande Moreau e dalla bravissima Pili Groyne) se provano a mettere le mani sul computer del suo ufficio, dal quale amministra l'ordine - o meglio il disordine - del mondo. Sarà proprio la piccola Ea a non poterne più e a decidere, per vendetta, di far scoppiare un gran pasticcio comunicando a tutti gli umani, via sms, le proprie date di morte e a decidere di scappare (attraverso la lavatrice di casa che comunica col nostro mondo). Su consiglio del fratello maggiore, inizia a compilare un Testamento tutto nuovo con l'aiuto di un barbone e parte alla ricerca di sei nuovi apostoli, scelti a caso dagli schedari del padre. Apostoli improbabili: c'è la bella ragazza triste che ha perso un braccio, un killer di inclinazione, un grigio impiegato, un ragazzino malato che scopre la sua sessualità, una signora bene trascurata dal marito (Catherine Deneuve), della quale si innamora ricambiato... un gorilla. Mentre la piccola Ea comincia a riscrivere le regole, suo padre, irato, la segue nel nostro mondo, cercando di riacciuffarla. Alla fine, sarà l'intervento provvidenziale della silenziosa moglie di Dio a rimettere a posto le cose, facendo di questo mondo un mondo più umano. Riporto a margine della scheda una nota di Wikipedia utile per avere un' idea dello stile del regista. A cura di Pino Nuccio Estetica e stile Van Dormael ha affermato in proposito: “Mi piacciono due cose della vita: essere vivo e fare film e queste due cose sono contrastanti perché nei film tutto ha significato mentre la mia vita è piena di buchi. Nella narrativa tradizionale dei film ci si occupa di rendere le cose semplici mentre io cerco di realizzare film complessi come la vita……. Credo che il cinema abbia ancora molto da scoprire in tal senso, perciò in genere preferisco i film che pongono domande a quelli che danno delle risposte consolatorie”. “Quello che mi interessa di più nel cinema non è dare un'immagine di realtà ma dare un'immagine più di percezione generale che permetta a tutti gli stili di raccogliersi e di saltare da una storia all'altra, da uno spazio e da un tempo all'altro proprio come succede a livello di pensiero”. Nei suoi film, Van Dormael riconosce tracce del lavoro di Federico Fellini, definendo pressoché identiche le strutture di Amarcord. Egli inoltre cita Andrej Arsen'evič Tarkovskij, René Magritte, Georges Méliès, Auguste e Louis Lumière tra le sue influenze. Le opere del regista spesso finiscono con la morte, la quale non è raffigurata come una tragedia, ma come un momento di felicità in cui il defunto osserva serenamente il mondo sottostante. La sceneggiatura di Sulla terra come in cielo, curata da Van Dormael, termina con una nascita, che raffigura il passaggio per un nuovo mondo. Questo schema viene utilizzato anche in Mr. Nobody, nel quale la morte e l'immediata rinascita poste alla fine del film trasmettono un senso di felicità. Van Dormael fa un importante uso di musiche pop classiche, come Boum! di Charles Trenet in Toto le héros, Mexico di Luis Mariano in L'ottavo giorno e varie versioni di Mr. Sandman in Mr. Nobody, usate come temi ricorrenti. Ogni opera del regista è caratterizzata da immagini surreali. Nei primi due film questi elementi sono relativamente pochi, ad esempio i fiori danzanti in Toto le héros o Georges che vola intorno a una stanza in L'ottavo giorno. Mr. Nobody è caratterizzato da un uso esteso di elementi surreali durante tutta la durata della pellicola. Sia in Toto le héros sia in L'ottavo giorno sono presenti personaggi con sindrome di Down, i quali vengono raffigurati con rispetto, evidenziando le loro caratteristiche infantili. PROSSIMO FILM 2 dicembre 2016 - ore 21 “La isla minima” di Alberto Rodriguez