I colori del Perù è la nuova newsletter mensile per i sostenitori

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I colori del Perù è la nuova newsletter mensile per i sostenitori
e
Testimonianze dal Perù
Newsletter n° 6 - 30 settembre 2007
In questo numero:
Conosciamo Rolando….
nuovo operatore SAD del Perù
L’istituto Maqueira:
educare i ragazzi attraverso
i filtri per l’acqua
La storia di Misael,
una testimonianza
dal Juan Pablo II
Storia di una adozione:
intervista alla
famiglia Pacchetti
Conosciamo Rolando….nuovo operatore SAD del Perù.
È con noi da un paio di mesi, si occupa del sostegno a distanza e della comunicazione
con voi sostenitori…..conosciamo Rolando.
Eccomi finalmente…
cari sostenitori, Vi porgo i miei saluti più affettuosi. Sono Rolando Coronado, un
ragazzo di Lima di 22 anni, il nuovo operatore del Sostegno a Distanza (SAD) in forze
alla staff di Ai.Bi. per rendere la comunicazione fra voi e i ragazzi che sostenete la più
fluida possibile.
Desidererei raccontarvi brevemente come ho conosciuto Ai.Bi. e testimoniarvi
l’esperienza di 2 mesi di lavoro in questa associazione italiana.
Poco prima di terminare il corso di italiano all’Istituto Italiano di Cultura una
professoressa, mia amica, mi è venuta incontro nel cortile della scuola e con la sua
singolare voce forte e stentorea mi ha chiesto: Hai lavorato? Stai lavorando? Vorresti
lavorare? Io le ho risposto di no, che stavo svolgendo un lavoretto ma che non era un
granché dal punto di vista professionale, e che avrei voluto lavorare sul serio in attività
più interessanti.
In quel momento mi ha parlato di una ONG italiana che lavorava in Perù con progetti di
carattere sociale….giusto quello che mi interessava dal momento che studio sociologia!
Mi ha consigliato di inviare il mio curriculum vitae, l’ho ringraziata e le ho assicurato
che mi sarei fatto sentire non appena avessi saputo qualcosa.
Così ho inviato il cv e atteso che mi richiamassero …finchè un giorno mi è arrivata una
mail da Daniele, volontario espatriato in Perù, che voleva incontrarmi. Un incontro,
un’intervista di lavoro! Il 14 luglio, dopo diversi contrattempi e posticipazioni, sono
finalmente entrato per la prima volta nell’ufficio di Ai.Bi.
Era arrivato il giorno tanto atteso! Ci siamo conosciuti e alla fine della chiacchierata mi
ha proposto di ritornare il lunedì successivo per cominciare a lavorare. Davvero una
stupenda opportunità per impegnarmi nel sociale!
A poco a poco ho imparato cosa significa gestire il Sostegno a Distanza, e la cosa
sicuramente più interessante è stata poter conoscere una realtà alla quale non mi ero mai
avvicinato: la realtà dei tanti bambini abbandonati nei numerosi istituti del Perù.
L’esperienza che più mi ha colpito è stata la visita alla casa hogar San Antonio, dove
risiedono molti bambini diversamente abili. Se già è difficile capire come un padre o una
madre possano abbandonare un figlio, per me è ancora più difficile capire come si possa
abbandonare un figlio diversamente abile, lo si lascia al mondo solo e nella necessità di
dover ricevere assistenza continua.
Ma il panorama per loro si rasserena quando ci sono persone che, superando le distanze
immense che separano l’Italia dal Perù, si preoccupano per loro e decidono di aiutarli.
Questo è quello che fa tornare il sorriso sui loro volti e che ci incoraggia a continuare nel
lavoro quotidiano.
L’istituto Maqueira: educare i ragazzi attraverso i filtri per
l’acqua.
Arturo, direttore dell’hogar Maqueira, ci presenta l’istituzione e ci racconta dell’ultima
attività realizzata.
L’Associazione Peruviana di Hogares Giovanili, Maqueira, è una istituzione che
presenta fra i propri obiettivi quello di raggiungere l’auto-sostenibilità dell’istituzione
per mezzo di un modello di lavoro che unisce lavoro sociale e lavoro “imprenditoriale”.
Riteniamo che questa sia l’unica possibilità affinché l’istituzione si possa auto-sostenere,
possa crescere e migliorare il servizio di assistenza ai bambini e adolescenti che vengono
ospitati, soprattutto in un sistema economico-politico in continua evoluzione, dove le
attuali norme che regolano le istituzioni di servizio sociale trattano quest’ultime come se
fossero imprese.
Per questo la nostra istituzione ha proposto nel corso degli anni diverse attività affinché i
beneficiari delle stesse, i preadolescenti e gli adolescenti che vivono nell’hogar, possano
sviluppare le loro abilità e mettere a frutto le proprie capacità, così da potersi meglio
inserire nella società ed essere ben preparati per quello che vorranno fare al termine
degli studi.
Nel corso degli scorsi mesi abbiamo analizzato e valutato, su
richiesta del Rotary Club di Lima Sun Rice, la fabbricazione di
filtri per l’acqua che verranno distribuiti nelle zone più povere e
nelle provincie del Paese lontane dai grandi centri urbani.
Questi filtri permetteranno di ottenere acqua sufficientemente
pura ad una media di 30 litri all’ora, con un costo
approssimativo di 30/40 dollari l’uno. I filtri saranno destinati a
zone dove le malattie gastrointestinali e quelle cutanee, dovute
alla mancanza di acqua potabile, si sommano alla difficoltà di
cucinare con acqua che non sia contaminata. Questi filtri
possono quindi significare un grande aiuto nella prevenzione
delle malattie, a favore della crescita sana di bambini e adulti.
La realizzazione dei filtri è un lavoro interessante dal momento che dà la possibilità ai
ragazzi dell’istituto di realizzare attività destinate al miglioramento delle condizioni di
vita altrui, con il duplice beneficio di affinare la loro sensibilità e sviluppare le loro
abilità manuali.
I ragazzi dell’istituto stanno ora attraversando una tappa particolare della loro vita, nella
quale ricevono il sostegno di diversi benefattori, e con questa attività hanno la possibilità
di aiutare loro stessi persone che hanno bisogno.
Senza dubbio questo è un passo importante nella loro
vita e nel loro percorso di crescita, è un passo che
deve seguire ad un iniziale processo di assistenza,
importante per intraprendere il recupero del
bambino, ma che a lungo andare, da solo,
abituerebbe i ragazzi all’inattività.
Le attività che vengono proposte vanno di pari passo all’educazione che ricevono e al
sostegno emozionale che viene offerto, in questo modo imparano ad essere indipendenti
e possono adattarsi meglio alla società in cui vivono. Un programma simile non potrebbe
venire gestito senza il sostegno di istituzioni e persone che ci appoggiano in questo
difficile compito formativo.
Se fino a qualche tempo fa pensavamo di rischiare di perdere varie generazioni di
bambini e giovani, vedendoli cadere nella delinquenza, nell’uso di droghe o
nell’inserimento in bande giovanili, ora crediamo che con quello che facciamo
riusciremo a recuperare queste generazioni ad alto rischio.
Arturo Flores Pas-Soldàn
Direttore istituto Maqueira
La storia di Misael…una testimonianza dal Juan Pablo II.
La storia di un bambino sfuggito al terrorismo, cresciuto in istituto, che a dicembre
discuterà la tesi di laurea in infermeria.
Misael Sánchez Chávez venne accolto nella casa hogar Juan Pablo II nel 1987, all’età di
3 anni; i suoi genitori erano stati uccisi dai terroristi di Sendero Luminoso nel settembre
del 1984. Prima di questo tragico evento,
Misael viveva con papà, mamma e 4 fratelli in
Cochas, un piccolo pueblo nella provincia di
Ayacucho.
Alla morte dei genitori i bambini vennero
accolti dalla zia, la signora Toribia Santos,
scappata anch’essa per miracolo alla morte. Dal
momento che ad Ayacucho non rimaneva
nessun parente, la signora si trasferì a Lima con i nipotini, ma non potendo far
affidamento su risorse economiche sufficienti, non se la sentì di assumersi la
responsabilità di crescerli. La signora si rivolse così alla Commissione Episcopale della
Pastorale Sociale della Chiesa e per tramite di tale
commissione i bambini vennero accolti nella casa hogar Juan
Pablo II.
A partire da quel momento la storia di Misael e dei suoi fratelli
cambiò nuovamente. In istituto ricevettero la protezione che
era loro mancata, l’affetto delle persone che se ne prendevano
cura, educazione e attenzione medica. Misael ha potuto
crescere con i suoi fratelli e tanti altri bambini compagni di
istituto.
All’ingresso nell’hogar Misael presentava un quadro di denutrizione cronica, ragione per
la quale sembrava più piccolo di quello che effettivamente era;
grazie al lavoro dei professionisti dell’istituto in collaborazione
con diverse istituzioni, fu possibile realizzare le cure necessarie
affinché il bambino crescesse fino ad un livello giudicato
normale per la sua età. Si temeva che non sarebbe più cresciuto,
però per fortuna non fu così.
Pensiamo sia interessante raccontare il caso di Misael perché
ripercorre gran parte della storia dell’hogar; Misael ha trascorso
quasi tutta la sua fanciullezza e adolescenza in istituto, con
momenti felici e moneti meno felici. A 14 anni si trasferì alla
casa di Oxampampa, un altro istituto gestito dalla stessa organizzazione, dedicato agli
adolescenti; lì visse 3 anni, concluse la scuola superiore e nel frattempo partecipò a
diverse competizioni sportive, specialmente calcistiche, sport per il quale presenta
un’ottima predisposizione.
Per la casa hogar Juan Pablo II, Misael rappresenta una storia a
lieto fine che auguriamo a tutti i bambini dell’istituto; il fatto
di terminare gli studi e raggiungere i propri principali obiettivi
è la meta principale verso la quale li
accompagniamo, e Misael passo dopo
passo ce l’ha fatta.
La sua carriera iniziò quando, una volta
finita la scuola superiore, Misael decise di
studiare inglese e interpretariato. Un benefattore degli Stati Uniti
aveva deciso di appoggiarlo e il ragazzo era pronto a trasferirsi in
America per iniziare i corsi, purtroppo l’ambasciata negò il permesso e per il ragazzo fu
un brutto colpo. Decise allora di iscriversi al corso di infermeria dell’istituto Josefina
Vanini di Monterrico, in Lima; alla fine del primo anno, visti i
buoni risultati, decise di intraprendere la carriera completa, che
prevede 5 anni di corso, e iniziò a frequentare la scuola Padre
Luís Tezza.
Misael ha affrontato gli studi con molta serietà, si è
identificato bene nella carriera che ha scelto e i risultati sono
buoni; attualmente segue lezioni pratiche presso l’ospedale
Guillermo Almenara, e nel mese di dicembre discuterà la tesi
di laurea.
Grazie all’appoggio offerto a Misael nel corso degli anni,
anche una volta uscito dall’istituto, il ragazzo ha potuto studiare i 5 anni previsti dal
corso e per lui è stata un’opportunità insperata e quanto mai gradita che ha sfruttato con
grande serietà.
Walquer Rojas Espinoza
psicologo Juan Pablo II
Storia di una adozione: intervista alla famiglia Pacchetti.
Sono atterrati in Perù il 15 agosto con il terremoto….tornano a casa in ottobre con 2
piccoli figli, Valentina e Omar. Ringraziamo Micaela e Simone per averci raccontano la
storia della loro adozione.
ROLANDO: signori Pacchetti, potete raccontarci di come avete conosciuto Ai.Bi. e
com’è stato il processo di adozione.
MICAELA: abbiamo conosciuto Ai.Bi. tramite un collega di
Simone che ha adottato in Siberia una bambina di 3 anni, e
siccome anche noi avevamo intenzione di adottare, ci siamo
informati da questo collega su come era la adozione, su
come partire. Adesso attraverso internet si trovano maggiori
informazioni su come è il procedimento, le tappe, come si
svolge; abbiamo deciso di frequentare un corso prima di
presentare domanda al tribunale, organizzato da una
associazione che opera vicino a Milano alla quale si era già rivolta una mia collega.
Abbiamo partecipato a questo corso, di 20 lezioni, una volta la settimana, che spiega
come funziona il processo di adozione, con i suoi lati positivi e quelli negativi, il tempo
che trascorre….
SIMONE:….gli aspetti psicologici, i lati più delicati,
l’approccio con i bambini, i bambini più piccoli, più grandi,
diciamo che è stato un corso che possiamo definire come una
infarinatura di quello che è la adozione per una coppia per la
prima volta all’adozione. Il passo successivo è stato quello di
fare domanda al tribunale dei minori per concretizzare questa
nostra scelta di adottare. Abbiamo presentato domanda per
l’adozione nazionale ed internazione e poi abbiamo iniziato a
cercare una associazione, giusto Micaela?
MICAELA: sì, abbiamo fatto i primi colloqui con psicologi e assistenti sociali, e nel
frattempo abbiamo valutato tramite internet quante e quali associazioni ci fossero in
Italia e nella zona di Milano che facessero adozioni. Abbiamo sentito sia Ai.Bi. sia un
altro ente, per fare un confronto, e alla fine abbiamo scelto Ai.Bi., anche per quello che
ci aveva raccontato il nostro collega che aveva adottato in Siberia. (…) Abbiamo fatto il
corso di preparazione con Ai.Bi. (…) e alla fine abbiamo deciso di dare loro mandato.
ROLANDO: mi avete spiegato il processo, come funziona l’adozione, ma chi vi ha
supportato in questa decisione…la famiglia, gli amici, il desiderio di avere figli?
MICAELA: la volontà è stata nostra, la decisione è sempre della coppia, comunque è
stata approvata da tutti, amici e parenti. Ovviamente quelli che all’inizio abbiamo messo
al corrente di questa decisione erano i parenti e gli amici più stretti, anche perché,
essendo la tempistica piuttosto lunga, anche loro vivono questo periodo con ansie e ogni
giorno ci chiedono “Allora, sapete qualcosa?” “Ci sono novità?”…insomma, è difficile
anche gestire i familiari. Noi siamo una coppia tranquilla e abbiamo vissuto bene questi
mesi, però è chiaro che c’è sempre un po’ di ansia, magari non ci pensi tu, ma te lo
ricorda qualcuno, comunque siamo riusciti a gestirla abbastanza bene…
SIMONE: (…) tornando a quello che chiedevi prima, sulle motivazioni, è stato anche un
po’ l’incontro di due bisogni, il bisogno nostro, come coppia, di avere figli, e l’idea di
poter dare un futuro a dei bambini che purtroppo, vista la loro situazione, non ce
l’hanno.
ROLANDO: e com’è stato l’incontro con i due figli in Perù?
SIMONE: rifacendoci un attimo a quello che diceva lei (Micaela) prima, che siamo una
coppia equilibrata e tranquilla, fino al momento di arrivare in istituto non ci sono stati
grossi problemi a livello emotivo, ma quando ci siamo seduti nella sala della direttrice
dell’istituto, proprio un attimo prima di conoscere i bambini, ecco lì c’è stato un attimo
di…., insomma, quello è il momento più importante della tua vita, lì c’è stato un attimo
di smarrimento, confusione, però quando sono entrati tutto è scomparso, abbiamo
pensato solo a loro, ….è stata un’emozione bellissima. E una esperienza molto bella e
anche toccante è stata quella di visitare tutto l’ambiente dell’istituto, conoscere i bambini
che vivono lì in attesa e nella speranza che un giorno possano incontrare un papà e una
mamma….è stato possibile visitare la struttura e conoscere gli amici che giocavano con i
nostri figli, e secondo noi è stato molto importante perché un giorno potremo raccontarlo
ai nostri figli, fargli ricordare situazioni che hanno vissuto; secono noi è stato molto
positivo, purtroppo non in tutti i paesi è così.
ROLANDO: com’è cambiata la vostra vita? Siete passati per questo processo lungo e
stressante con la speranza alla fine di conoscere i vostri figli…e così si arriva ad oggi,
con la felicità di stare qui con 2 bambini. Com’è cambiata la
vostra vita?
MICAELA: diciamo che forse siamo ancora in una fase di
passaggio, non essendo ancora a casa nostra la situazione è un
po’ particolare, di transito…
SIMONE: …dall’inizio di tutto il processo, siamo ora in una fase
di transito perché, supponiamo, che forse solo a casa nostra, nel
nostro ambiente, con i nostri amici e parenti, potremo finalmente dire concluso questo
nostro cammino. Però è innegabile che la nostra vita è cambiata, ma questo lo sapevamo,
abbiamo avuto 3 anni di tempo per pensare a questo, e già allora la vita iniziava a
cambiare, perché ti metti nella mentalità e nell’ottica di accogliere questi 2 bambini.
Anche se questi 3 anni sono lunghi, però ti permettono di meditare, pensare e prepararti
bene a questa nuova vita, a preparare quello che sarà il futuro dei tuoi bambini. Alla fine
i 3 anni sono passati e siamo qui a raccontare la nostra storia.
Micaela e Simone Pacchetti
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