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Internet: una nuova patologia
Clarissa A. Albanese1
Per convenzione terminologica si usa il termine Internet Related Psychopathology (IRP)
per indicare disturbi e comportamenti online anche molto diversi tra loro ma comunque
di natura dipendente (Cantelmi et al., 2000).
Il primo studioso ad ipotizzare e parlare di Internet Addiction Disorder fu lo psichiatra
americano Ivan Golberg nel 1995, periodo coincidente con la sua tanto criticata e
provocatoria pubblicazione in rete di criteri diagnostici correlati.
Da allora nel panorama scientifico di riferimento si sono susseguite tantissime altre
definizioni accomunate dal desiderio di fornire una descrizione per tale sindrome, come:
• Internet Addiction(Young, 1996);
• Internet Dependency (Scheren, 1997);
• Compulsive Internet Use (Greenfield, 1999);
• Compulsive Computer Use (Potenza, Hollander, 2002).
Davis (1999), attraverso studi compiuti su modello cognitivo-comportamentale, propose
di utilizzare il termine Specific Pathological Internet Use (contrapposto a Generalized
Pathological Internet Use) come riferimento ad una qualsiasi forma di dipendenza online
specifica, mentre il termine Retomania definirebbe una sorta di esaltazione similmaniacale capace di culminare in fenomeni dissociativi (Cantelmi et al., 1999; Cantelmi,
2000).
Ulteriore spunto di riflessione non solo sul piano terminologico, deriva dalla Trance
Dissociativa da Videoterminale, disturbo indotto dalla tecnologia, già presente nel DSMIV con un quadro clinico sovrapponibile a quello d’intossicazione acuta da Internet
(Caretti, 2000; Cantelmi, 2001).
Dalla prospettiva psicodiagnostica il primo riconoscimento ufficiale si deve a Young che
nel 1996 propose dei criteri diagnostici.
Le linee giuda proposte da Shapira et al. (2000) analizzano con maggiore profondità gli
aspetti emotivi connessi alla perdita del controllo oltre che le inevitabili angosce e
preoccupazioni che si accompagnano all’utilizzo di Internet.
I sintomi legati a tale dipendenza sarebbero per loro natura overt (manifesti) e covert
(occulti), dunque, per una reale e fedele diagnosi è necessaria la presenza di almeno due
sintomi overt e almeno due sintomi covert per un tempo non inferiore ai sei mesi
(Cantelmi, Talli, 2007).
Le stime circa l’incidenza della IRP nella popolazione sono in costante aumento a seconda
della metodologia di rilevazione adottata (interne o esterne alla Rete) e dagli strumenti
impiegati, ma in generale è lecito affermare che gli studi effettuati utilizzando la rete
hanno il merito e vantaggio di raccogliere grandi quantitativi di informazioni in un tempo
relativamente piccolo, resta il fatto che tale somministrazione seleziona soprattutto chi
ritiene di avere un problema con la modalità di uso della rete, o la utilizza frequentemente
(Egger, Rauterberg, 1996; Eppright et al.,1999).
La metodologia più efficace ai fini della selezione di un campione che sia quanto più
rappresentativo possibile consiste in una selezione random non compiuta in rete, il
cosiddetto “random offline”.
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La letteratura scientifica fornisce circa tre principali teorie di riferimento considerando
come precursore il modello ACE (Accessibilità, Controllo, Eccitazione) della Young
(1998), il quale fornisce una sintesi dei fattori che tendenzialmente facilitano e/o
predispongono l’insorgere di disturbi Internet correlati:
• Accessibilità facile ed immediato utilizzo di ogni servizio, immediata
gratificazione anche dei più piccoli bisogni;
• Controllo esercitato elevatamente sulle proprie attività online non separato da
un’irreale percezione di onnipotenza;
• Eccitazione quantità di stimoli a cui è possibile sottoporsi e conseguire stati di
eccitazione facilmente raggiungibile.
Il modello di Davis (1999) utilizza un approccio cognitivo-comportamentale secondo il
quale il PIU (Pathological Internet Use) deriverebbe da cognizioni problematiche
associate a comportamenti che intensificano o mantengono la risposta disadattiva.
Tale teoria pone l’interesse sulle cognizioni e i pensieri propri dell’individuo, intesi come
principali fonti di un tale anormale comportamento; le cognizioni disadattive sarebbero,
dunque, innescate automaticamente in Internet e possono riguardare il Sé (con
rimuginazione sul valore personale, dubbi sul Sé, etc.) o il mondo (generalizzazioni o
pensieri tipo tutto-o-niente).
Da tutto ciò deriva un PIU che può essere specifico o generalizzato:
• Il PIU Specifico è legato ad una particolare funzione di Internet (Es. materiale
erotico, gioco d’azzardo, aste, etc.);
• Il PIU Genaralizzato comprende un sovra elevato multidimensionale e
generalizzato di Internet.
Il modello di Cantelmi et al. (2000) prevede un percorso caratterizzato dallo sviluppo di
livelli di sempre maggiore dipendenza, tale da condurre il soggetto a divenire
progressivamente un vero dipendente dalla Rete.
Il percorso alla dipendenza sarebbe dunque scansionato in diverse fasi:
• Tossicofilica caratterizzata da una costante e crescente attenzione alla e-mail e
persistenza nella navigazione degli innumerevoli siti della rete;
• Tossicomanica con un’iperfocalizzazione su applicazioni interattive come chat e
Mud che comportano la costruzione di un’identità sempre più multipla e
sfaccettata (Cantelmi et al. 2000).
I soggetti affetti da tale disturbo sono più frequentemente dei nuovi utenti della rete poco
abituati al sistema tecnologico, al punto da rimanerne “incantati”, diversamente da quanto
verificato nei soggetti che utilizzano frequentemente e per motivi lavorativi la rete; in
questi ultimi, infatti, il disturbo può manifestarsi nel caso in cui i soggetti scoprano una
nuova applicazione considerata attraente (Grohol, 1999).
Con il termine Trance Dissociativa da Videoterminale si definisce una delle possibili
conseguenze della dipendenza patologica dal computer e dalle sue applicazioni, tale
disturbo comporta uno stato involontario di trance con alterazione dello stato cosciente,
depersonalizzazione e perdita dell’abituale senso d’identità personale con sostituzione di
questa con un’identità alternativa in grado di influenzare quella abituale (Caretti, 2000).
Dal punto di vista prettamente psicodinamico l’Internet Addiction si evolve ricorrendo a
tre livelli evolutivi, ciascuno caratterizzati da precise sintomatologie.
1)
Dipendenza
• Ipercoinvolgimento di tipo ritualistico con il computer e le sue applicazioni;
• Relazione di tipo Ossessivo-Compulsivo con esperienze e realtà virtuali;
• Tendenza a “sognare ad occhi aperti” come modalità che prevale sulle azioni reali;
• Vergogna conscia e inconscia come tratto peculiare di dipendenza dell’Io;
• Tendenza fobica alla vita sociale.
2)
Regressione
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Tendenza a relazioni immaginarie che compensano le scarse relazioni oggettuali;
Ritiro autistico;
Fantasia autistica come modalità difensiva dell’Io.
3)
Dissociazione
• Io dai confini labili;
• Dispersione del Sé;
• Depersonalizzazione intesa come distacco ed estraniamento da se stessi fino alla
perdita del vitale contatto con la realtà (Cantelmi, 2003).
Un modello speculare nasce dall’idea secondo la quale nell’uso “normale” della rete vi
sia un aumento progressivo delle esperienze a cui segue un parallelo uso di sempre
maggiori strumenti e servizi online.
Il primo approccio alla rete è mediato dall’uso del Web (zapping da un sito all’altro) o
delle e-mail alle quali seguiranno altre applicazioni più complesse e sofisticate, divenendo
speculare nel momento in cui l’uso della rete diventa “patologico”.
Nonostante i precedenti collegamenti contribuiscano positivamente al background
esperenziale, l’utente tenderà a restringere progressivamente l’uso della rete
contrapponendolo ad un cospicuo aumento del tempo di permanenza online.
S’individuano e distinguono ben quattro fasi evolutive tali da condurre l’utente a divenire
rete-dipendente:
• Ingresso nella Rete attraverso il Web o la posta elettronica l’utente entra in rete
mostrandosi disorientato e curioso stabilendo sul piano relazionale un rapporto
del tipo “uomo-macchina”;
• Uso della Rete l’utente utilizza un’ampia varietà di strumenti e servizi
muovendosi in rete con sicurezza sufficiente rimanendo consapevole dei pericoli
insiti in una tale tecnologia; sul piano relazionale stabilisce un rapporto del tipo
“uomo- macchina-uomo”;
• Abuso della Rete l’utente seleziona le applicazioni della rete a seconda di quelle
maggiormente soddisfacenti, per tale motivo incrementa la sua permanenza
online;
• Dipendenza dalla Rete l’utente restringe ulteriormente l’ambito di utilizzo
dedicando il suo tempo a pochissime applicazioni, per lo più chat e Mud
(Cantelmi, Talli, 2007).
Non è ancora del tutto facile tracciare un quadro di tutte le caratteristiche psicologiche in
grado di fornire un dettagliato profilo dei dipendenti utilizzatori di Internet, certamente è
sostenibile, però, che presenti difficoltà psicologiche (problemi familiari, relazionali, etc.)
o psichiatriche (disturbi di personalità, fobia sociale, etc.) sono senz’altro un forte fattore
di rischio (Cantelmi, 2000).
Alcuni soggetti ammettono di ricorrere al Web mossi dalla ricerca di un’identità del tutto
nuova ed eccitante, altri perché mossi dalla prospettiva esaltante dell’anonimato, altri
soltanto per ridurre la tensione e lo stress che li attanaglia nella loro quotidianità, altri
perché desiderano intraprendere nuove amicizie o perché trovano che la rete sia per loro
un luogo sicuro protettivo, ma nonostante sia varia la tipologia dei fruitori di internet e le
motivazioni che spingono tali soggetti a ricorrere a tali nuove realtà, le personalità IRP,
secondo alcuni autori, sarebbero accomunate dalla presenza del tratto schizoide
(Marcucci e Lavenia, 2004).
Gli individui con questo tratto tenderebbero ad isolarsi a causa della loro difficoltà nella
formazione di relazioni sociali stabili; ne sono un vivido esempio i loro interessi e
passatempi maggiormente rivolti alle cose che alle persone.
I soggetti di sesso maschile potrebbero avere una maggiore predisposizione allo sviluppo
di una dipendenza da internet, per via del particolare uso che essi ne fanno, oltre che per
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il loro essere più dediti ad attività ad elevato “gradiente tossicologico” come videogames,
gioco d’azzardo e sesso virtuale (Morahan-Martin, 2000; Chou, 2000).
La letteratura sull’IRP presenta tendenzialmente l’internet-dipendente come un soggetto
motivato al rifugio in internet per non pensare ai propri problemi, ma nonostante questo
si cerca di dimostrare che spesso i soggetti Internet-dipendenti scelgono di collegarsi alla
rete per differenti ragioni e spesso proprio le applicazioni scelte ed utilizzate acquisiscono
conseguenze e significati diversi per il soggetto (Cantelmi, Talli, 2007).
Ecco perché si distinguono due principali tipologie di internet-dipendenti o retomani:
• Retomane per fuga;
• Retomane per azione.
Il Retomane per fuga si adatta allo stereotipo di internet-dipendente poiché utilizza la rete
come principale mezzo per scappare dai propri vissuti depressivi visto che nella vita reale
tali soggetti manifestano problematiche oggettive, senso d’impotenza e di estraneità
sociale, dunque, la rete è utilizzata quasi come fosse un analgesico per combattere il
dolore reale, senza alcuna prospettiva di cambiamento o successo personale dovuto al non
riuscire a credere di poter cambiare la propria condizione psicologica.
Solo la Rete permette di eccitarsi e stordirsi per cui nei casi d’intossicazione acuta si tende
progressivamente a sostituire la vita reale con la dimensione virtuale avvicinandosi così
a drammatici fenomeni di disturbo dissociativo e/o autistico.
Il Retomane per azione non utilizza internet per un’eccitazione fine a se stessa poiché
intende il cyberspazio come un serbatoio ricco di stimoli oltre che lo spazio ideale per la
concretizzazione delle sue aspettative di riuscita in ambiti quanto mai disparati che vanno
dal sociale online fino ad estendersi al di là della dimensione virtuale, al gioco d’azzardo
inteso come ottima possibilità di successo economico. Nei casi d’intossicazione acuta il
Retomane per azione arriva a eseguire e produrre obiettivi così ambiziosi e disancorati
alla realtà da arrivare a sconfinare nella mania (Cantelimi, Talli, 2007).
Così come le dipendenze indotte da sostanze, anche quelle comportamentali sono
subordinate a molteplici cause, le quali scaturite da diverse situazioni, creano una
pericolosa associazione capace di generare simili disturbi:
DIPENDENZA = FATTORI PREDISPONENTI + FATTORI SCATENANTI +
FATTORI PERPETUANTI
I comportamenti dipendenza trovano una loro possibile accettazione attraverso il ruolo
della “dissonanza cognitiva” in grado di frammentare l’esperienza, per cui generalmente
l’individuo si trova a dover fronteggiare ad una notazione discordante dovuta al desiderio
di collegarsi per stare meglio e parallelamente osservare l’apparizione di segni di
malessere prima inesistenti (ibidem).
A questo punto il soggetto tende a modificare il proprio comportamento trasformandolo
in uno più compatibile con l’uso di internet, nonché corrispondente all’instaurarsi della
dipendenza e naturalmente sul piano clinico tali dissonanze si evidenziano nella
propensione del soggetto a mentire agli altri e, nei casi più gravi, anche a se stesso.
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Riferimenti Bibliografici
Cantelmi, T., Lambiase, E., Sessa, A. (2004). Le dipendenze comportamentali.
Psicobiettivo, XXIV.
Cantelmi, T., Talli, M. (2007). Anatomia di un problema, una review sui fenomeni
psicopatologici Internet-correlati. Psicotech, 2.
Cannizzaro, S., La Barbera, N., La Barbera, D. (2009). “La dipendenza da tecnologie
della comunicazione”, in Caretti, V., La Barbera, D. (a cura di), Le Nuove
Dipendenze: diagnosi e clinica, Carocci Editore, Roma.
Young, K. S. (1996). Internet Addiction: the emergence of a new clinical disorder.
CyberPsychology and Behavior, 1, 237-244.
Young, K. S., Rodgers, R. C. (1998). Internet Addiction: Personality Traits Associated
with its Development Paper. 69° annual meeting of the Eastern Psychological
Association.
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Istituto per lo Studio delle Psicoterapie
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