Verso un paradigma olistico
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Verso un paradigma olistico
Tratto dall’introduzione al libro di E. Cheli Verso un paradigma olistico (in corso di pubblicazione) Verso un paradigma olistico Di Enrico Cheli Olos in greco significa "intero", "tutto" e l'olismo è un modo globale e sistemico di vedere la realtà, che considera i fenomeni fisici, biologici, psichici, linguistici e sociali nelle loro molteplici interrelazioni. Benché il concetto sotteso da questo termine sia presente già nella filosofia classica, è solo a partire dalla fine del Diciannovesimo secolo che si registra in ambito scientifico e filosofico una qualche elaborazione teorica e dottrinale al riguardo, ed è solo a partire dalla seconda metà del XX secolo che la visione olistica della realtà ha cominciato a diffondersi nei diversi ambiti della scienza dalla biologia alla sociologia, dalla medicina alla psicologia - acquisendo via via sempre maggiore credibilità e delineando i contorni di quello che possiamo oggi chiamare un nuovo paradigma scientifico,1 alternativo a quello riduzionista e meccanicista che da secoli predomina incontrastato in tutti i campi della ricerca scientifica. Un paradigma, quello dominante, che merita indubbiamente riconoscenza, poiché ha reso possibile uno sviluppo tecnologico ed economico senza precedenti, ma che presenta rilevanti limiti conoscitivi e pericolosi effetti collaterali. È proprio a causa di ciò che il suddetto paradigma è stato messo in discussione, prima da uno sparuto gruppo di pionieri e poi da un numero sempre maggiore di persone - anche al di fuori del mondo scientifico - preoccupate per i dissesti da esso direttamente o indirettamente prodotti. Due sono le principali obbiezioni mosse al paradigma meccanicista riduzionista: una di natura epistemologica, proveniente dall’interno della comunità scientifica, relativa ai limiti conoscitivi di tale modo di vedere la realtà e più specificamente alla sua scarsa capacità di comprendere i processi ad elevato grado di complessità; l’altra di natura etica, proveniente anche dalla società civile, riguardante i molti effetti collaterali negativi che l’applicazione indiscriminata e acritica di tale paradigma ha prodotto sull’ecosistema, sui sistemi socio-economici e sui singoli individui. È proprio a partire da tali obbiezioni che, nel corso del XX secolo, si sono andati configurando, in diversi ambiti disciplinari, alcuni modelli teorici alternativi che si caratterizzano per una visione processuale e globale della realtà: dalla fenomenologia alla psicologia della gestalt, dalla teoria dei sistemi all’ecologia, dalle medicine 1Il termine “paradigma” deriva dal greco e significa "schema" o "modello". In campo epistemologico si intende con tale termine un quadro di pensiero, un insieme di teorie, leggi e metodi sulla realtà, che può essere condiviso dalla maggioranza della comunità scientifica o solo da una parte di essa. Nel primo caso il paradigma si definisce dominante mentre nel secondo minoritario o anche emergente (se di recente definizione). La conoscenza umana si sviluppa di paradigma in paradigma, passando da una concezione della realtà ad un’altra, in conseguenza delle scoperte e delle intuizioni degli uomini (per approfondimenti cfr. Kuhn T., 1969). 1 olistiche alla PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia). Questi modelli alternativi , pur se tra loro distinti e spesso distanti, possono essere considerati sfaccettature diverse di un unico paradigma olistico emergente. Seppure ancora immaturo e applicato solo da una ristretta minoranza di scienziati, tale paradigma viene da molti considerato superiore a quello riduzionista e soprattutto portatore di assai minori effetti collaterali negativi. In considerazione di ciò sono in molti ad auspicare una rivoluzione scientifica e culturale che sancisca un passaggio dall’uno all’altro modello. Pur partendo dal riconoscimento dei limiti e pericoli del riduzionismo meccanicista e degli innegabili vantaggi dell’olismo, questo libro avanza tuttavia l’ipotesi che i due suddetti paradigmi non siano da considerare antagonisti ma piuttosto complementari: entrambi presentano infatti, se presi isolatamente, sia pregi che limiti, mentre assieme possono portare ad una comprensione assai più soddisfacente della realtà. Questa affermazione, che per molti potrebbe apparire di sano buon senso, non è però affatto scontata e incontra non poche resistenze ed anche vere e proprie opposizioni: le incontra tra gli scienziati più conservatori e ortodossi, perché mette in discussione alcuni dei fondamenti storici e metodologici della scienza moderna, e le trova anche tra gli intellettuali e gli scienziati più innovatori e radicali, che vorrebbero liquidare tout court il vecchio paradigma riduzionista a favore di una visione esclusivamente olistica della realtà. Come meglio si sosterrà nel capitolo IV, considerare i rapporti tra la visione olistica emergente e il paradigma riduzionista dominante in termini antagonistici è un modo distorto e conflittuale di affrontare la questione, che non favorisce certo una sua evoluzione positiva. Negli ultimi decenni sempre più studiosi (incluso chi scrive), dopo aver apprezzato e utilizzato a fondo i modelli e le metodologie riduzioniste e quantitative, sono giunti a scontrarsi con alcuni loro gravi e insanabili limiti; allora, superando un iniziale scetticismo, si sono orientati verso approcci qualitativi olistici, cogliendone gli evidenti vantaggi ma comprendendo poi che anche essi hanno dei limiti e che nessuna delle due strade, da sola, è realmente superiore all’altra. È nata così l’idea – per ora solo una ipotesi - che una proficua evoluzione scientifica e culturale potrà nascere solo da una collaborazione paritetica tra entrambi i punti di vista. Se si ammette la possibilità che possano coesistere modelli diversi della realtà senza che le loro differenze portino necessariamente ad una contrappositzione antagonistica, si può anche immaginare senza troppe difficoltà un paradigma che sia al contempo olisticoriduzionistico, definizione che in un passato anche recente sarebbe sembrata del tutto assurda, una vera e propria contraddizione in termini, ma che oggi, in un mondo sempre più globalizzato, multiculturale, multireligioso, suscita forse minori perplessità. Con questo libro ci si propone appunto di sviluppare la suddetta ipotesi, mostrando come un paradigma che aspiri a definirsi pienamente olistico debba necessariamente includere anche la visione riduzionista. A tal fine si traccerà una linea di demarcazione tra quelli che si chiameranno modelli olistici ristretti e ciò che invece si definirà paradigma olistico generale. Ciò con l’auspicio di contribuire ad un più equilibrato e costruttivo dibattito scientifico e culturale sui rapporti tra conoscenza e realtà e tra scienza ed etica. 2 Nel primo capitolo si ricostruirà brevemente il percorso storico che ha portato alla nascita del paradigma scientifico dominante, risalendo alle sue principali radici filosofiche e culturali e mostrando le conseguenze negative che l’assolutizzazione di alcuni suoi assunti iniziali ha poi prodotto sul piano ambientale, politico, socioeconomico, culturale ed esistenziale. Si parlerà di meccanicismo e riduzionismo, di sistemi complessi e di metodo analitico, di dogmi e di rivoluzione scientifica, di catastrofi ecologiche e di alienazione dell’individuo. Nel capitolo II si ricostruirà quindi brevemente il percorso storico che, dai primi tentativi di messa in discussione del paradigma dominante, ha portato poi all’emergere di modelli alternativi considerabili come “avamposti” di quello che qui verrà chiamato “paradigma olistico emergente”; tra questi la filosofia di Jan Smuts (il primo a usare la parola olismo), la psicologia della gestalt, la teoria del campo, la teoria sistemico-cibernetica, il costruttivismo e vari altri modelli. Nel terzo capitolo si formulerà più compiutamente l’ipotesi che sta alla base del libro, e cioè la possibile integrabilità dei due paradigmi, che determinerebbe una vera a propria rivoluzione scientifica nei confronti della quale, come si è accennato, si riscontrano nella comunità scientifica forti resistenze e numerose obbiezioni, alcune legittime, altre pretestuose. Vedremo, seguendo Kuhn, come tali resistenze caratterizzino ogni fase di transizione da un paradigma scientifico ad un altro e come sia necessario che tra i sostenitori dei due paradigmi si attui un dialogo paritetico e costruttivo, non inficiato da pregiudizi o da motivazioni di potere o di rivalsa. L’ipotesi che qui si avanza è infatti che si possa superare la logica competitiva che ricerca il predominio dell’uno o dell’altro paradigma, per puntare ad una soluzione di sintesi, ad un terzo paradigma in grado di comprendere e conciliare gli aspetti migliori di entrambi. Nei capitoli IV e V si sposterà il fuoco del discorso dal macro al micro, dalla scienza alla mente, dai grandi modelli scientifici agli schemi e processi percettivocognitivi mediante i quali gli esseri umani conoscono la realtà. Lo scopo sarà quello di evidenziare i collegamenti tra i due livelli, partendo dal presupposto che il modo in cui la realtà ci appare non dipende mai solo dall'oggetto o fenomeno osservato ma anche dalla "posizione" – spaziale e soprattutto bio-psico-socio-ambientale – di colui che osserva: dai suoi vincoli neurofisiologici e dai suoi schemi mentali, sociali, culturali. Nel capitolo IV si vedrà che gli esseri umani "costruiscono" la propria immagine della realtà in un modo o in un altro a seconda del tipo di "occhiali" che indossano, e questo vale non solo per l'uomo comune ma anche per lo scienziato. Si sottolineerà inoltre che la realtà può apparire sia come oggetto sia come processo (corpuscolo vs. onda nella terminologia della meccanica quantistica) a seconda del modo in cui la si osserva, e si vedrà come questo apparente paradosso apra la strada ad una proficua collaborazione tra riduzionismo e olismo basata su una concezione multidimensionale e sistemica della realtà. Nel capitolo V ci si spingerà fino alle radici più profonde della conoscenza umana, sostenendo che essa non è univoca, come finora sia la filosofia (occidentale) sia, più recentemente, anche le scienze cognitive hanno creduto, ma duplice (anzi, triplice): insomma, non è corretto parlare di "conoscenza umana" al singolare, in quanto esistono 3 più modalità (o processi) attraverso le quali è possibile “percepire” la realtà, sicuramente due e forse - questa è appunto la tesi che qui si sostiene - addirittura tre. La supposta ed erronea univocità nasce dal fatto che solo una delle tre modalità percettivocognitive è stata finora accettata come valida e quindi studiata, quella analiticorazionale, mentre la seconda modalità, che sarà qui definita sintetico-intuitiva, è stata poco considerata e ancor meno studiata e la terza, che potrebbe originarsi dalla integrazione delle suddette due, risulta addirittura del tutto ignorata dalla filosofia e dalla scienza occidentali (mentre vi sono cenni a riguardo in alcune “teorie psicologiche ed epistemologiche” orientali).2 Nel capitolo in questione si prenderanno in esame le tre modalità conoscitive suddette e le loro rispettive implicazioni, partendo dalla questione della dualità, che si trova, come vedremo, alla base di quella modalità conoscitiva per separazione che - attraverso la filosofia greca, per un verso, e la religione giudaico-cristiana, per l'altro - si è in Occidente affermata storicamente sulle altre fino a divenire l'unica degna di considerazione, sfociando infine, attraverso Galileo, Cartesio, Bacone e altri nella scienza moderna. Il sesto capitolo sarà dedicato al modello sistemico-cibernetico, che presenta caratteristiche sia riduzionistiche sia olistiche e può pertanto costituire – anzi di fatto già lo è stato, almeno su certi piani – un ponte tra queste due diverse visioni. Esso poggia infatti sulla stessa visione oggettuale-corpuscolare tipica del riduzionismo, ma tenta al contempo di superarne i limiti attraverso i concetti di interdipendenza e di feedback loop. Pur non potendo essere considerato un vero e proprio paradigma integrato olistico-riduzionistico nel senso auspicato in questo libro, tale approccio, opportunamente rivisto, potrebbe fornire un metalinguaggio utile per far dialogare tra loro studiosi e operatori di diverso orientamento ed estrazione disciplinare. Ciò è particolarmente importante se si considera che in vari "campi di frontiera" – ad esempio in alcune branche della biologia, delle scienze psicosociali, della psicoterapia, delle medicine “alternative” etc. – già si adottano modelli e metodi più o meno olistici, ma si tratta ancora di modelli "ristretti", cioè specifici per ciascun campo o problematica. L’utilizzo di un appropriato metalinguaggio potrebbe dunque risultare di grande utilità nel ricercare punti in comune, analogie e veri e propri isomorfismi all'interno di tali modelli ristretti, sì da pervenire ad un modello più ampio e generale. Nel settimo e ultimo capitolo verranno ricongiunti i diversi fili seguiti nei capitoli precedenti, riesaminando l’ipotesi formulata al capitolo terzo alla luce di quanto emerso in seguito. Grazie a uno schema a più livelli proposto da Fritjof Capra si evidenzierà come olismo e riduzionismo si collochino a livelli diversi e mettano in luce aspetti diversi e complementari della realtà. In tal modo la questione di fondo non sarà più lo stabilire quale dei due paradigmi sia il migliore, bensì quale sia più adatto per mettere a fuoco le dimensioni specifiche che si intendono indagare. Ciò permetterà di uscire dallo sterile antagonismo che ha finora caratterizzato il confronto tra questi due diversi paradigmi e inaugurare una più feconda fase di collaborazione e integrazione tra di essi. 2 Si sono poste tra virgolette le parole “teorie psicologiche ed epistemologiche” perché da molti studiosi esse vengono considerate semplicemente dei modelli metafisici, mistici o religiosi. In realtà, come si è altrove sostenuto, solo la loro forma espressiva si richiama alla religione e ai suoi simboli (aspetto certo non più grave del fatto che la nostra scienza si appoggi a metafore e linguaggi meccanici), mentre il contenuto ha una alta valenza empirica, dunque scientifica (cfr. Cheli E., 2001). 4 5