arte e tecnica

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arte e tecnica
ARTE E TECNICA
Si dice che Tecnica e Uomo siano nati assieme, gemelli inseparabili, perché l'artificialità è
intrinseca del genere umano e quindi la tecnica non si aggiunge ad esso complementandolo
una volta evoluto, ma origina nell'uomo stesso da subito e lo definisce. I greci chiamavano
questo concetto identità dell'antropogenesi e della tecnogenesi (uguaglianza della nascita
dell'uomo e della nascita della tecnica) e indicavano arte e tecnica con la stessa parola:
«techné». In quest’ottica non si può pensare alla tecnica come ad uno strumento perché non è
costituita da mezzi o da strumenti disponibili all'uomo per realizzare le sue opere, bensì è uno
speciale metodo adottato dall'uomo per vivere e antropizzare il suo ambiente. Egli può
inventare oggetti tecnici, costruirli, ma non ha inventato l'essenza tecnica poiché essa gli è
intrinseca ed evolve in autonomia.
Oggi le immagini e le tecnologie per manipolarle riaccendono l'annoso confronto tra arte e
tecnica: è ancora sensato considerarle aspetti diversi di una medesima entità oppure no? Se
non lo è, forse è opportuno pensare a un nuovo e diverso modo di
porsi dell'arte nei confronti della tecnica e quindi un diverso ruolo
dell'estetica? Vediamo a grandi linee i quattro principali paradigmi
in base a cui arte e tecnica possono differenziarsi.
Il primo paradigma può intuirsi cercando di dare una risposta
semplice alla domanda: qual è la differenza tra un'opera d'arte e un
oggetto di uso quotidiano?
Di prim'acchito penso viene spontaneo rispondere che l'opera d'arte
è una bellezza che non deve rendere conto a niente e nessuno: è
autotelica (finalizzata a sé stessa); l'oggetto di uso quotidiano deve
invece soddisfare esigenze pratiche, economiche, deve servire,
essere utile: non è autotelico. Pensiamo all'epoca preistorica: da un
pezzo di selce l'uomo ricava la punta per una lancia o un coltello per
tagliare, poi capisce che le schegge ed i frammenti scaturiti mentre lavora il blocco di selce
possono impiegarsi anche per altri preziosi scopi. Passa quindi dal metodo diretto a quello
differito perché usa il pensiero per interrompere lo scopo immediato a favore di quello
successivo meno facile da scorgersi; il primo tipo di lavoro è un'operazione, il secondo una
metaoperazione. Quando la metaoperazione si evolve e si stacca dall'operazione iniziale ecco
che sfuma nell'arte, il cui dominio di esistenza è proprio definito da questa distanza dall'iniziale
gesto utilitaristico. L'autotelia dell'arte appare adesso chiara: è riflessiva, creativa, scaturisce
dalla tecnica umana usata in libertà e mai soggiogata alla necessità pratica.
Il secondo paradigma inquadra le maggiori innovazioni tecniche come importanti evoluzioni
dell'attitudine mentale umana, presume la nascita e la messa in opera di nuove mappe
cognitive difficili da integrare con le vecchie e difficili da svilupparsi nelle menti di chi non ha
visto nascere le nuove scoperte tecniche: innovazioni come la stampa, la radio, la tv,
l'elaborazione elettronica, Internet, le immagini usate al posto del testo per comunicare, e via
discorrendo. Secondo questo paradigma l'arte ha lo scopo di aiutare la mente a sviluppare e
usare le nuove mappe cognitive, insomma una sorta d'istruttore che aiuta a riconfigurare le
vecchie mappe per interagire meglio con le nuove e le future. Ecco allora che l'arte si
diversifica dalla tecnica perché sa riorganizzare l'umana creatività. Esempio è la transizione
che sta compiendosi nel mondo delle comunicazioni, dove si passa dal lento fluire del testo
scritto alla matrice bidimensionale e policromatica dell'immagine (fotografie, ecc.) che spesso
scaturisce in un calo di capacità espressiva e sintattica, evidentissima nella difficoltà dei
giovani con la scrittura e nella loro sconcertante arroganza di fronte a questo serio problema
comunicativo. Si ravvisa ancora distinzione e interdipendenza tra la tecnica e l'arte, come non
accadeva nell'antichità, sebbene l'ordine sia capovolto: qui è la tecnica che delimita il dominio
dell'arte.
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Nel terzo paradigma l'arte assume un ruolo più ordinato della tecnica, diventa guardiano della
memoria per evitare che sfumi nell'oblio. La tecnica è dunque qualcosa di atavico, legato alla
genesi stessa dell'uomo, è tetica; produce e propone ciò che non ha la forza di nascere da
solo. Ciò è dominato solo in parte dall'artefice poiché produce cose che non appartengono
all'artefice e arrivano piuttosto da altre origini per il suo tramite. Esempio: la lingua nella quale
scrivo in questo momento; non deriva da me, non l'ho inventata io, l'ho solo appresa da chi
me l'ha insegnata ed ora la uso. Il punto focale del progetto tetico è l'eventuale perdita della
memoria tecnica, scemata nell'errata credenza di essere gli artefici e nello scellerato oblio dei
pregressi meriti e responsabilità. L'arte assume
allora il compito di ricostruire la memoria.
Il quarto paradigma è innovativo, si basa sulla
riproducibilità tecnica dell'arte e introduce onerose
modifiche nel concetto stesso di esperienza estetica,
la quale si trasforma da episodio del singolo a
fenomeno di massa. Pensiamo al lancio di un nuovo
modello di autovettura: quanti vi assistono dal vivo,
quanti vedono quelle forme dal vivo anziché in fotografie o in riprese televisive? Nella visione
di massa scompare l'aura dell'unicità e sacralità dell'oggetto artistico originale, svanisce
l'emozione del contemplarlo, decadono i valori e le sensazioni della presenza fisica, del
cospetto. L'estetica diffusa alle masse sbiadisce, l'osservatore non è più un appassionato ma
diviene un mero fruitore di quell'immagine; la riproducibilità dell'evento, perché filmato o
registrato, cancella del tutto la trepidante ansia del momento topico. Le tecniche di montaggio
cinematografico e di computer grafica hanno stravolto il mondo del reale: offrono mondi
inventati, falsi se vogliamo, eppure così simili nella riproduzione a quelli veri. Le eventuali
nuove accezioni dell'arte dovranno tenerne conto perché appare chiaro che essa ormai non può
più -purtroppo- tenersi mano nella mano con l'estetica, contare sull'unicità, sull'innovazione,
sull'evento; deve scendere a patti con il molteplice, con il plurale, con il differito, con
l'abitudinario. Forse potrà perpetuarsi se saprà farsi carico della presentazione della tecnica e
dei suoi aspetti etici, della testimonianza dell'innovazione.
Che tristezza però...
[testo di Marco Sala, immagini di Virtual Car]
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