Tacchi Killer!

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Tacchi Killer!
15 gennaio 2015 delle ore 15:09
Tacchi Killer!
Così s’intitola una curiosa mostra al Brooklyn Museum di New York. Che getta un ponte vertiginoso
tra arte e moda. Perché spesso, a disegnare scarpe impossibili, sono artisti e architetti
«Ci sono due cose di cui non ne hai mai
abbastanza, buoni amici e buone scarpe»,
sostiene con convinzione Sarah Jessica Parker,
indossando i panni di Carrie Bradshaw in Sex
and the City. Ce la ricordiamo mentre affannata
sale e scende dai taxi, percorrendo in lungo e in
largo Manhattan, specialmente per andare a
cocktail, party e appuntamenti galanti.
Inciampa ripetutamente a causa dei tacchi
vertiginosi con cui rafforza la sua femminilità
e appaga l’ambizione di appartenere ad un certo
status, possedendo borse firmate Prada e,
soprattutto, scarpe di Manolo Blahnik. Come
darle torto, se anche il noto proverbio popolare
italiano recita "altezza metà bellezza”? Ma,
come per tanti "shoeaholic” (persone che
possiedono oltre 60 paia di scarpe), anche per
Carrie si tratta spesso di pura "vocazione
estetica”, perché le scarpe - come i cappelli sono delle vere opere d’arte, "sculture
indossabili” che trasportano lontano dall’ordinario
e dal quotidiano. Inoltre sono l’accessorio di
moda più provocatorio in assoluto, abile nel
stimolare fantasie e sogni in un universo non
necessariamente solo al femminile.
Partendo da questi presupposti, la mostra
"Killer Heels: The Art of the High-Heeled
Shoe”, curata da Lisa Small nella Robert E.
Blum Gallery, al primo piano del Brooklyn
Museum (fino al 15 febbraio), senza
ripercorrere pedissequamente - passo dopo
passo - la storia della moda, piuttosto
intercettando con disinvoltura glamour e fetish,
mette a confronto il fortissimo legame che
unisce le scarpe con il tacco alto alle varie arti
visuali, in particolare pittura, design,
architettura, cinema, riportando l’attenzione
sulle influenze che, nel corso dei secoli, hanno
attraversato epoche, spostandosi da Oriente a
Occidente e viceversa. Nel titolo stesso della
mostra trapela quel tanto d’ironia, considerando
che i "tacchi killer” non sono solo quelli a spillo
del modello "Printz”, disegnato dallo stilista
francese Christian Louboutin per la collezione
primavera/estate 2013-2014, ma anche quelli
più consistenti delle terrificanti "Super
Elevated Gillie” (finto coccodrillo, 9 pollici =
22,86 centimetri) di Vivienne Westwood, bad
girl della moda britannica, che hanno causato
la ruzzolata di Naomi Campbell sulla passerella
parigina nel 1993. Coloratissimi, ma assai più
sobri, sia l’arcinoto sandalo "Rainbow” con la
zeppa realizzato nel 1938 con strati di sughero
colorato da Salvatore Ferragamo (prestato per
l’occasione dal Metropolitan Museum of Art)
che gli stivaletti a pois ("Dot Boot”, 2002) che
sanciscono la collaborazione tra Damien Hirst
e Manolo Blahnik. Quanto al rapporto con
l’architettura, non potevano mancare le "Nova”
shoes disegnate dall’archistar Zaha Hadid nel
2013 in edizione limitata di 100 paia. Prodotte
da United Nude, sono scarpe con la zeppa che
evocano le formazioni geologiche, traducendo
al modico prezzo di 1300 sterline anche il ritmo
del vento in pelle, vinile metallico cromato,
fibra di vetro e gomma.
tradizione, le scarpe raccontano molto più di
quello che vediamo. Come diceva Marilyn
Monroe: «Io non so chi abbia inventato i tacchi
alti, ma tutte le donne gli devono molto».
Manuela de Leonardis
Foto in Home Page: Crediti Brooklyn Museum
Foto in alto: Crediti Manuela De Leonardis
Un implicito accenno al masochismo, o meglio
all’assuefazione al dolore dell’amore e alle
tensioni sessuali, sono un tema affrontato anche
nel film appositamente realizzato per la mostra
da Nick Knight (tra gli autori invitati a
realizzare un lavoro ci sono anche Ghada Amer
e Reza Farkhondeh, Zach Gold, Steven Klein,
Marilyn Minter e Rashaad Newsome), La
Douleur Exquise basato sulle scarpe di vetro di
Georgina Goodman, certamente vicine a quelle
della favola di tutti i tempi: Cenerentola.
Décolleté che richiamano (ma solo nella forma)
quelli disegnati da Ferragamo per Marilyn
Monroe, come pure una scena "ingenuamente”
erotico-fetish della cinematografia americana:
Dean Martin che beve vino dalla scarpa di Kim
Novak in Baciami stupido (1964) di Billy
Wilder. Ancora più indietro nel tempo, troviamo
altri oggetti significativi a loro volta,
determinanti nell’ispirare forme nei secoli a
venire, come le scomodissime e altissime "
ciopine”, calzate dalle cortigiane veneziane e
datate tra il XVI e XVII secolo. Non meno
comodi gli zoccoli di legno usati dalle donne
negli hammam, che in mostra vengono
contestualizzati in associazione con il dipinto
di Jean-Etienne Liotard, A Lady in Turkish
Costume with her Servant at the Hammam.
Così come la riproduzione di una vecchia foto
di Cíxǐ, l’ultima imperatrice della
dinastia Qing, che mostra i piccolissimi "piedi
di loto” calzati in vere e proprie urne metalliche.
Lì davanti sono esposte nella vetrina scarpette
cinesi di seta, risalenti al XIX secolo. Tra gli
oltre 160 pezzi c'è anche lo "Shoe Hat”
(1937-38), felice collaborazione tra Elsa
Schiaparelli e Salvador Dali: Dadaismo e
Surrealismo furono per la grande stilista italiana
una fonte d’ispirazione irrinunciabile. Forme
azzardate, improbabili e imprevedibili, ispirate
all’arte e alle natura, intrecci di tecnologia e
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