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Napoli, l’Omeopatia chiede pari dignità: dalle scuole alla ricerca, le sfide per il futuro Di Davide Certosino “La mancanza di evidenze non è evidenza di mancanza”: questa frase di Paolo Bellavite, professore associato di Patologia Generale presso l’Università di Verona, riassume meglio di qualsiasi altra il grido della Medicina Omeopatica, che si è sollevato alto durante il convegno “L’Omeopatia da Napoli a Lione” all’Istituto Francese – Palazzo “Le Grenoble”. Un incontro organizzato in occasione della Giornata Mondiale dell’Omeopatia ma anche dei primi 25 anni di vita di A.P.O. Italia - Associazione Pazienti Omeopatici, che nella circostanza ha visto conferire la presidenza onoraria alla prima Presidente, Vega Palombi Martorano. I PROGETTI DI A.P.O. Italia. Moderato dalla giornalista Donatella Trotta, il dibattito è stato acceso e fecondo. L’attuale presidente di A.P.O. Italia, Marisa Certosino, ha dato il via ai lavori annunciando la volontà di organizzare il prossimo convegno all’interno di una nota azienda agricola campana, in cui alimentazione sana e cure non invasive per gli animali sono il fiore all’occhiello e la base per uno stile di vita corretto anche per l’uomo. Parola chiave è “divulgazione”: non a caso il progetto cui Marisa Certosino e Vega Palombi Martorano tengono di più è quello sulle scuole, per aprire la mente dei giovani sull’esistenza di una medicina “dolce, rapida, non violenta, non tossica” ed economica che può aiutarli. IL CONTE DE’ GUIDI. Dolce è stata l’esistenza (e anche la morte a 94 anni) di Sebastiano de’ Guidi, professore di Fisica partito da Guardia Sanframondi (BN) per diffondere, nel 1830, l’Omeopatia a Lione e in tutta la Francia, arrivando a ricevere la Legion d’Onore, massima onorificenza d’Oltralpe. La sua figura è stata appassionatamente disegnata da Gennaro Rispoli, direttore della Chirurgia Generale dell’ospedale “Ascalesi”. “All’epoca - ha ricordato Rispoli - il legame Napoli-Parigi era fortissimo. Si mossero in tanti, oltre a de’ Guidi, dall’Italia alla Francia ma anche dalla Francia all’Italia, nella città partenopea si respirava un clima di libertà superiore rispetto alla Francia. Napoli è la capitale dell’Omeopatia”. Rispoli ha raccontato di come anche Garibaldi, nel suo isolamento a Caprera, chiedeva ai volontari di portargli sempre “boccette” di rimedi omeopatici. “L’uomo - ha chiuso il direttore riferendosi alla medicina allopatica e omeopatica - deve essere come un samurai, deve avere una doppia faretra, stare sempre con più frecce al proprio arco”. VERSO UNA MIGLIORE QUALITÀ DI VITA. Un principio, quest’ultimo, caro ad Alfredo Lubrano, direttore dell’Accademia di Omeopatia Classica Hannemanniana, il quale ha illustrato nei dettagli il caso di un paziente il cui quadro clinico continuava a peggiorare con le terapie tradizionali, finché non è arrivato nel suo studio e ha iniziato a migliorare la qualità della sua vita, ritrovando speranze nella possibilità di guarigione. Perché la Medicina, ha ricordato Lubrano, “non è una scienza esatta come la Fisica, in cui gli elementi sono intercambiabili e la massa M può essere composta da qualsiasi oggetto: gli esseri umani non sono intercambiabili”. FARMACI OMEOPATICI E TEST. Per questo, ha ricordato il professor Bellavite, l’anamnesi più approfondita sulla persona e l’obbligo di un rapporto empatico medico-paziente, punti cardine dei princìpi dell’Omeopatia, rappresentano uno snodo cruciale della terapia. Bellavite ha ricordato come nelle diluizioni fino a 9 CH siano ancora presenti dosi di molecole, e che il 70% dei farmaci omeopatici in commercio restano entro quella soglia, contrariamente alle convinzioni. Sono dunque non altamente diluiti e contengono dosi di farmaco. Il problema, semmai, resta quello della scarsa sperimentazione, che il professor Bellavite porta invece avanti con successo, come dimostra il test sull’ansietà nei topi in cui il farmaco più efficace si è rivelato proprio quello omeopatico. STIMOLARE LA RICERCA. Duecento anni dopo de’ Guidi, la necessità resta sempre la stessa: “Stimolare la ricerca omeopatica. Oggi se ne fa pochissima - ricorda Bellavite - e bisogna cominciare dalle cattedre universitarie”. Il professor Lubrano ha utilizzato un paragone più folkloristico e molto “napoletano”, ma efficace: come in tutti i libri di cucina si dice di togliere il pistillo dai friarielli, perché amaro, quando in realtà è la parte migliore, così dalla ricerca medica è stato tolto il “pistillo” dell’Omeopatia. Il messaggio del convegno è emerso dunque chiaro: pari dignità per le discipline omeopatiche, attraverso il riconoscimento della materia e lo sviluppo della ricerca, affinché nessuno possa più parlare di “mancanza di evidenze” e il paziente sia finalmente libero di scegliere la propria cura.