Vision Based Computer Aided Safe Transportation
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RAPPORTO DI RICERCA – PRIMO ANNO VICAST VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION - VICAST – RBINO4F4SY RAPPORTO DI RICERCA – PRIMO ANNO Sommario 1 DATI SALIENTI DEL PROGETTO................................................................................................................ 3 1.1 1.2 2 TITOLO DEL PROGETTO ................................................................................................................................ 3 DESCRIZIONE DEL PROGETTO ....................................................................................................................... 3 OBIETTIVI, ATTIVITÀ E PRINCIPALI RISULTATI.................................................................................... 5 2.1 STRUTTURA COMPLESSIVA DEL PROGETTO .................................................................................................. 5 2.2 FASE 1. ANALISI DELLA VISIBILITÀ ............................................................................................................ 6 2.2.1 Obiettivi generali ................................................................................................................................ 6 2.2.2 Attività e principali risultati................................................................................................................ 6 Attività 1.1 Definizione architettura sistema............................................................................................... 6 Attività 1.2 Analisi dati formazione nebbia ................................................................................................ 6 Attività 1.3 Specifiche Integrazione............................................................................................................ 6 Attività 1.4 Selezione Veicolo Dimostratore....................................Errore. Il segnalibro non è definito. 2.3 FASE 2. SPECIFICHE GENERALI. .................................................................................................................. 6 2.3.1 Obiettivi generali ................................................................................................................................ 6 2.4 FASE 3. SVILUPPO DI MODULI HW E SW ................................................................................................... 7 2.4.1 Obiettivi generali ................................................................................................................................ 7 3 COSTI ................................................................................................................................................................ 8 Pagina 2 di 8 VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION - VICAST – RBINO4F4SY 1 DATI SALIENTI DEL PROGETTO 1.1 Titolo del Progetto Vision Based Computer Aided Safe Transportation - VICAST 1.2 Descrizione del progetto Il progetto VICAST si inquadra nell’ambito dei progetti FIRB – Internazionalizzazione del bando 2004. Il progetto ha avuto inizio nel Luglio 2006 e la sua durata prevista e’ di 36 mesi. Nel seguito vengono descritte le attività svolte da CRF nel primo anno di ricerca, relativa al periodo 1 Luglio 2006 – 30 Giugno 2007. Nella società moderna, dove c’è una continua crescita del trasporto commerciale e privato, si fa sempre più rilevante il problema della sicurezza nei trasporti terrestri, infatti: incidenti sia nelle autostrade che nelle ferrovie causano un alto numero di morti e feriti ogni anno. Molti sono i modi di ridurre le cause degli incidenti: dalle modifiche alle leggi alla ricerca di sistemi semiautomatici di rilevamento incidenti. Nel secondo contesto si inserisce questo progetto, che sfrutta tecniche di visione artificiale, fusione dati e algoritmi per comprensione automatica della scena al fine di fornire al conducente (sia esso macchinista o autista di pullman) un sistema attivo per la sicurezza. In particolare, l’obiettivo è migliorare la qualità del campo di vista del conducente nei casi di scarsa visibilità (ad esempio di notte, in caso di nebbia, pioggia o neve, etc…) e, nello stesso tempo, fornire al conducente un sistema semiautomatico per il rilevamento degli ostacoli in modo da aumentare la sua attenzione nel caso il sistema rilevi un possibile ostacolo. Il progetto propone di installare su mezzi di trasporto (automobili, bus o treni) un gruppo di sensori eterogenei montati in modo che puntino nella direzione di marcia e che riprendano la stessa scena con diverse modalità di acquisizione. Ogni sensore fornisce caratteristiche diverse dell’immagine e la fusione dei dati eterogenei permette di migliorare l’analisi dell’ambiente e la possibilità di individuare un ostacolo davanti al veicolo. Le tecnologie dei sensori potrebbero essere: • Telecamere a colori; • Telecamere ad infrarossi; • Laser gated cameras. Le telecamere a colori operano nello stesso campo di frequenze dell’apparato visivo umano, quindi le immagini acquisite sono elaborate per migliorare la visione ed estrarre informazioni in condizioni che possano essere riconoscibili dal guidatore. Pagina 3 di 8 VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION - VICAST – RBINO4F4SY Le telecamere ad infrarossi forniscono le informazioni, che il sistema visivo umano che non riesce a percepire nel campo dell’infrarosso, e (specialmente riguardo la tecnologia far infrared) sono sensibili al calore mentre non sono influenzate dalle condizioni di illuminazione; questo approccio dovrebbe essere utilizzato principalmente per l’analisi in condizioni di scarsa illuminazione. Le Laser gated cameras lavorano con una illuminazione attiva data dal laser e sono sensibili alle radiazioni di ritorno del target, questo permette di distinguere ostacoli anche in condizioni notturne o nebbia. Dalle immagini derivanti da ogni singolo sensore, un elaboratore, montato all’interno del veicolo, utilizzando algoritmi di elaborazione di immagini, può estrarre i dati di interesse a diversi livelli di complessità e di astrazione fino alla descrizione semantica di ciò che sta accadendo di fronte al veicolo, e generare un segnale d’allarme per avvisare il conducente che sta succedendo qualcosa di anomalo; tutto questo già attraverso l’utilizzo di un solo sensore. Unendo e fondendo le informazioni provenienti da tre o più sorgenti differenti (infrarosso, diversi campi di vista delle telecamere a colori e telecamere laser gates), ci si aspetta che la capacità di riconoscere oggetti in ogni condizione atmosferica (notte, nebbia, neve, etc…) sia migliorabile significativamente. Il progetto sarà sviluppato partendo dalla scelta degli algoritmi e dal set di sensori, analizzando le cause dei comuni incidenti al fine di elaborare una strategia per la protezione attiva del veicolo, sviluppando le tecniche di elaborazione di immagini al fine di estrarre informazioni dall’ambiente, studiando una tecnica di fusione dati che permetta sia di comprendere cosa accade nella scena e di dare una informazione affidabile e robusta, anche in casi di bassa visibilità, sia di mostrare al conducente una situazione facilmente comprensibile al fine di prendere una decisione veloce e sicura. Pagina 4 di 8 VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION - VICAST – RBINO4F4SY 2 OBIETTIVI, ATTIVITÀ E PRINCIPALI RISULTATI 2.1 Struttura complessiva del progetto Le attività del progetto nel suo complesso sono articolate nelle seguenti fasi: FASE 1: Analisi della visibilità. In questa fase viene svolta una analisi della visibilità di notte e in condizioni climatiche avverse. Questa analisi permetterà di capire meglio il problema generale indirizzando il progetto e fornendo lo stato dell’arte per quanto riguarda le tecnologie dei sensori, i dispositivi, i sistemi e gli algoritmi utilizzati per aumentare la visibilità durante la notte o in condizioni atmosferiche sfavorevoli. FASE 2: Specifiche generali. In questa fase vengono definiti gli elementi generali, incluse le specifiche, di moduli hardware e software innovativi per migliorare la visibilità. Gli obiettivi di questa attività sono la definizione delle specifiche e l’identificazione di una architettura in grado di essere integrata a bordo di mezzi di trasporto o veicoli dimostratori. FASE 3: Sviluppo di moduli HW e SW In questa fase viene svolto lo sviluppo di nuovi moduli hardware/software relativi alla analisi della scena al fine di estrarre informazioni dall’ambiente, mediante tecniche di fusione dati che permettano di prendere una decisione affidabile e robusta attraverso l’utilizzo dei diversi sensori. Nel seguito verranno dettagliate le sole attività svolte da CRF, nell’ambito della collaborazione in essere con le altre Unità di ricerca: • Università degli Studi di Genova – Dip. Ingegneria Biofisica ed Elettronica; rif. Prof. Carlo Ragazzoni, co-ordinatore dell’intero progetto. • Technion Institute (IL) – Rif. Prof. Yehoshua Zeevi, co-ordinatore della Unita’di ricerca del partner Internazionale. Pagina 5 di 8 VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION - VICAST – RBINO4F4SY 2.2 FASE 1. Analisi della visibilità 2.2.1 Obiettivi generali Gli obiettivi della fase di analisi della visibilità consistevano nella analisi del problema generale della visibilità di notte ed in condizioni climatiche avverse, con specifica attenzione al caso della nebbia. 2.2.2 Attività e principali risultati Attività 1.1 Analisi visibilità e caratterizzazione dati formazione nebbia È stata svolta una analisi fenomenologica ed una valutazione dei comportamenti di guida che avvengono in condizioni di nebbia. È stata inoltre effettuata una valutazione comparativa delle tecnologie impiegate nel progetto rispetto a tecnologie già consolidate per il supporto alla guida in condizioni di scarsa visibilità (radar a microonde e imaging far IR). In questo modo risulterà possibile fornire dati di impostazione affidabili per le successive attività progettuali; in particolare per la stesura delle specifiche dei dispositivi (fase 2 del progetto) e per la integrazione dei moduli componenti l’architettura di sistema (fase 3). I contenuti della attività 1.1 sono dettagliati nell’annesso tecnico #1. Attività 1.2 Analisi soluzioni disponibili per la registrazione sincrona di immagini e dati su veicolo dimostratore In questa attività è stata svolta una analisi preliminare delle possibili soluzioni che verranno utilizzate per il veicolo prototipo dimostratore delle funzioni di ausilio alla guida che verrà allestito nel corso dello svolgimento del programma di ricerca. In particolare si è affrontato il problema di acquisire immagini e dati veicolo con delle procedure e dei sistemi in grado di oggettivare e riprodurre a livello di laboratorio le situazioni reali incontrabili durante la sperimentazione su strada. I contenuti della attività 1.2 sono dettagliati nell’annesso tecnico #2. 2.3 FASE 2. Specifiche generali. 2.3.1 Obiettivi generali L’obiettivo di questa fase è di giungere alla definizione delle specifiche ed alla identificazione di una architettura in grado di essere integrata a bordo di mezzi di trasporto o veicoli dimostratori. Le attività relative alla fase 2 del progetto sono previste per il secondo periodo della ricerca (1 Luglio 2007 – 30 Giugno 2008), e non saranno pertanto descritte nel presente rapporto di ricerca. Pagina 6 di 8 VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION - VICAST – RBINO4F4SY 2.4 FASE 3. Sviluppo di moduli HW e SW 2.4.1 Obiettivi generali L’obiettivo di questa fase è di svolgere lo sviluppo di nuovi moduli hardware/software relativi alla analisi della scena al fine di estrarre informazioni dall’ambiente, utilizzando tecniche di fusione dati che permettano di prendere una decisione affidabile e robusta attraverso l’utilizzo dei diversi sensori. Le attività relative alla fase 3 del progetto sono previste per il terzo periodo della ricerca (1 Luglio 2008 – 30 Giugno 2009), e non saranno pertanto descritte nel presente rapporto di ricerca. Pagina 7 di 8 VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION - VICAST – RBINO4F4SY 3 COSTI I costi sostenuti per lo svolgimento del progetto sono riportati nel prospetto seguente: Il Capo Progetto Giulio Vivo Pagina 8 di 8 ANNESSO TECNICO #1 RAPPORTO DI RICERCA – PRIMO ANNO VICAST VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION ANNESSO TECNICO #1 – PRIMO ANNO SOMMARIO INDICE ........................................................................................................... 1 1. INTRODUZIONE .................................................................................... 3 2. STUDIO DEL FENOMENO NEBBIA...................................................... 3 2.1 2.2 3. Descrizione fenomenologica ............................................................................ 3 Modelli di distribuzione di dimensioni ............................................................. 6 STATO DELL’ARTE SENSORI NEBBIA ............................................... 9 3.1 3.2 3.2.1 3.2.2 3.3 3.4 Sensori a trasmissione, riflessione e scattering............................................. 9 Sensori di umidità e temperatura ................................................................... 12 Termoigrometro ........................................................................................... 12 SolarLite fog................................................................................................. 13 Telecamera ....................................................................................................... 13 Altre tecnologie................................................................................................ 15 4. CONCLUSIONI..................................................................................... 15 5. BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 15 Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 1. INTRODUZIONE Lo scopo del documento è quello di descrivere il fenomeno della formazione della nebbia e di fornire uno stato dell’arte sulle tecnologie disponibili sul mercato per il rilievo della visibilità. 2. STUDIO DEL FENOMENO NEBBIA 2.1 Descrizione fenomenologica Secondo le norme internazionali stabilite dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (W.M.O.), si definisce nebbia quel fenomeno che riduce la visibilità orizzontale a meno di un chilometro; nel caso la visibilità sia ridotta a distanze maggiori, si parla di bruma o di foschia. Nebbia e bruma sono entrambe idrometeore, termine con il quale si indicano gocce o cristalli di ghiaccio in sospensione nell’atmosfera. La foschia si distingue dalla bruma e dalla nebbia in quanto non è costituita da particelle di acqua, ma da particelle solide di diversa provenienza. La nebbia si forma esclusivamente per condensazione in minuscole gocce del vapor d’acqua contenuto nell’atmosfera; affinché ciò avvenga è necessario uno stato igrometrico molto elevato (normalmente con umidità relativa1 superiore all’80 %). Il processo di condensazione è facilitato dalla presenza di particelle liquide o solide, chiamate nuclei di condensazione; esse permettono la formazione e il mantenimento della nebbia ad un livello di umidità relativa inferiore. La natura chimica, le dimensioni e la concentrazione dei nuclei determinano il valore dell’umidità relativa al quale il vapore d’acqua inizia a condensare. I nuclei di condensazione più piccoli - detti nuclei di Aitken - hanno raggio compreso tra il millesimo e il decimo di micron; la loro concentrazione è massima in città e pressoché nulla in alta montagna. Sono presenti anche nuclei di dimensioni maggiori, di raggio compreso tra il decimo e il micron, costituiti da materiali di diversa natura. Fanno parte di questa categoria le particelle di sale provenienti da spruzzi marini, i minuti detriti di terra sollevati dal vento, il pulviscolo industriale, i fumi dispersi, ecc. Nei centri industriali si hanno infatti nebbie dovute alla condensazione di vapor d’acqua intorno a residui volatili della combustione; tali nebbie prendono il nome di smog (contrazione di smoke + fog). L’accrescimento delle gocce per condensazione avviene ad una velocità che diminuisce all’aumentare del diametro. Questo avviene per due ragioni: la condensazione del vapore sulla goccia avviene con emissione di calore che in parte è assorbito dalla goccia stessa, con conseguente aumento della temperatura e riduzione della velocità di crescita; il progressivo aumento del raggio attenua gli effetti della curvatura sulla tensione di vapore. Esiste un secondo tipo di accrescimento, detto crescita per coalescenza (la maggior responsabile della formazione di gocce di grandi dimensioni), dovuta invece ai moti di agitazione termica e ai moti convettivi presenti nell’atmosfera che provocano la collisione fra gocce singole. Il processo di coalescenza è facilitato anche dall’azione elettrostatica dovuta alle cariche elettriche accumulate nelle gocce. Affinché si abbia formazione di nebbia è necessario che si verifichi un aumento dell’umidità relativa dell’aria; tale aumento si può verificare sia per immissione nell’atmosfera di vapor d’acqua, sia per raffreddamento dell’aria. In base a questa 1 L’umidità è la quantità di vapor d’acqua contenuta nell’atmosfera. Si distingue in relativa (rapporto tra la quantità di vapore nell’unità di volume di aria e quella che dovrebbe essere contenuta nell’unità di volume di aria satura alla 3 stessa temperatura) o assoluta (contenuto di vapor d’acqua in g/m ). Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. distinzione si definiscono due categorie di nebbie: quelle di raffreddamento e quelle di evaporazione. Nebbie di raffreddamento • Nebbie di pendio o di sollevamento: si formano per sollevamento forzato dell’aria lungo un pendio; l’aria sollevandosi si raffredda adiabaticamente e il vapor d’acqua si condensa in piccole gocce. • Nebbia isobarica: si forma per il raffreddamento adiabatico dovuto al movimento forzato dell’aria umida attraverso le isobare verso una zona a bassa pressione. • Nebbia isallobarica: si forma per raffreddamento adiabatico dovuto ad una diminuzione locale della pressione. • Nebbia di irraggiamento o di radiazione: si forma in territori pianeggianti ed in assenza di vento quando il suolo durante la notte si raffredda per irraggiamento verso il cielo sereno (il cielo coperto di nubi ostacola l’irraggiamento) e raffredda l’aria umida soprastante per conduzione. La condensazione ha generalmente luogo ad altitudini inferiori ai duecento metri. • Nebbia di avvezione o di trasporto: si forma quando una massa d’aria calda e umida scorre su una superficie più fredda, con conseguente diminuzione della temperatura. Questo tipo di nebbia non supera i 500 metri di altitudine e si forma anche in presenza di vento. • Nebbia di mescolamento: si genera quando aria calda e umida si mescola con aria fredda. Nebbia di irraggiamento Nebbia di avvezione Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. Nebbia di pendio Nebbie di evaporazione • Nebbia frontale o da area di pioggia: si forma lungo la superficie di discontinuità di due masse d’aria a diversa temperatura. E’ dovuta all’aumento di umidità prodotto dall’evaporazione della pioggia proveniente dall’aria più calda che cade sull’aria più fredda. • Nebbia di vapore o marittima: si genera sopra la superficie del mare, dei laghi, dei fiumi e dei canali per evaporazione dell’acqua e condensazione del vapore nell’aria fredda soprastante. Un caso particolare di nebbia di questo tipo si verifica quando la pioggia cade su un terreno riscaldato dal sole e quindi evapora aumentando l’umidità relativa dell’aria soprastante. Nebbia frontale Bruma ( o Foschia) Si parla di bruma (ingl. Haze) quando si ha una situazione di visibilità ridotta, ma comunque al di sopra dei 1000 m. In tal caso la riduzione di visibilità è principalmente Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. dovuta alla presenza di nuclei di condensazione che, con l’aumento dell’umidità relativa, favoriscono la formazione di una particella d’acqua attorno ad essi. Le nebbie più frequenti sono quelle di raffreddamento, e fra queste le nebbie di irraggiamento e di avvezione. Mentre la prima si genera solo in particolari condizioni solo in pianura, in prevalenza nelle mattine autunnali e invernali, la seconda può formarsi nelle condizioni e nei luoghi più disparati. I luoghi maggiormente soggetti a nebbia sono le zone terrestri a latitudine media, in vicinanza di mari, laghi, fiumi e canali. La presenza sul territorio di acqua, infatti, facilita la genesi della nebbia in quanto l’evaporazione diurna per effetto del sole aumenta notevolmente l’umidità atmosferica. La dissipazione naturale della nebbia può avvenire per processi inversi a quelli descritti per la formazione delle nebbie di raffreddamento, oppure per precipitazione al suolo delle gocce, per instaurarsi di vento o correnti verticali che trasformano la nebbia in nube di tipo stratificato. La precipitazione al suolo è un processo molto lento in aria calma che permette una lunga persistenza della nebbia; esso dipende dalla velocità di accrescimento delle gocce. In assenza di vento o di correnti verticali la dissipazione è dovuta generalmente al riscaldamento prodotto dal sole. Se la nebbia è poco densa, infatti, il sole penetra e scalda il suolo; l’aria calda proveniente dal suolo per convezione riscalda l’atmosfera e conduce alla dissipazione. 2.2 Modelli di distribuzione di dimensioni Le misure sperimentali delle gocce che formano la nebbia hanno mostrato che esse hanno un diametro compreso tra 1 e 160 micron; il diametro medio oscilla tuttavia tra i 10 e 30 micron. Le particelle di foschia, così come quelle di bruma, sono invece caratterizzate da un diametro medio di circa un micron. Lo spettro di dimensioni in una data nebbia è caratterizzato da notevoli fluttuazioni nelle dimensioni e nella concentrazione, sia nel tempo sia nello spazio. La funzione che meglio si adatta alla descrizione delle dimensioni di una nebbia generica è la funzione gamma modificata proposta da Deirmendjian; essa, rispetto alle distribuzioni comunemente utilizzate, ha un parametro in più e dunque è più flessibile e ha la proprietà di essere applicabile a spettri sia stretti sia larghi. La funzione gamma modificata fornisce la concentrazione volumica di gocce per unità di raggio r; essa ha la seguente forma: ⎡ α ⎛ r ⎞r ⎤ n(r ) = ar exp ⎢− ⎜⎜ ⎟⎟ ⎥, 0 ≤ r < ∞, ⎢⎣ γ ⎝ rc ⎠ ⎥⎦ α (1) dove a, α, γ e rc sono costanti positive. Gli ultimi tre parametri determinano completamente la forma della distribuzione, mentre la costante a è legata solamente al numero totale N di particelle per unità di volume. Il parametro α può assumere solo valori interi, il termine rc è il raggio modale della distribuzione. A titolo di esempio, riportiamo le distribuzioni calcolate per cinque modelli di nebbia, che insieme coprono tutta la distribuzione possibile di dimensioni: il primo modello (che indicheremo con la sigla "H"), si riferisce ad una nebbia caratterizzata da particelle di dimensioni piccole (bruma), mentre gli altri (R1 - R4) riguardano nebbie di irraggiamento appartenenti a fasi differenti. Questo tipo di nebbia è del tipo che più comunemente si verifica in natura. I modelli R3 e R4 si riferiscono a fasi evolutive più avanzate e possono Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. essere il risultato della sovrapposizione di più distribuzioni. Nella tabella seguente sono riportati i parametri a, α, γ e rc per ogni tipo di nebbia (si fa riferimento allo studio di F. Tampieri e C. Tomasi). Nelle figure 1 e 2 sono rappresentate le cinque distribuzioni. Modello H R1 R2 R3 R4 rc 0.65 2.13 4.98 8.06 12.22 α γ 5 4 4 4 5 1.29 0.7 1.23 1.77 1.62 a 6.4822 ⋅ 102 4.3237 7.4438 ⋅ 10-3 3.041 ⋅ 10-4 7.5475 ⋅10-6 Tab. 1 – Parametri di caratterizzazione di 5 modelli di nebbia. 1.6 Concentrazione [cm^-3 um^-1] 1.4 1.2 1 H 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 0.5 1 1.5 2 2.5 Raggio [um] Fig. 1 - Distribuzione di dimensioni espresse mediante la funzione gamma modificata di Deirmendjian per una bruma. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 0.3 0.25 Conce ntra zione [cm^-3 um^-1] R1 0.2 R2 0.15 R3 0.1 R4 0.05 0 0 5 10 15 Ra ggio [um] 20 25 30 Fig. 2 - Distribuzioni di dimensioni espresse mediante la funzione gamma modificata di Deirmendjian per quattro nebbie di irraggiamento. Parametri che influenzano la formazione della nebbia. Ad una data temperatura dell’aria, esiste un limite superiore alla densità di acqua in fase gassosa (detto valore di saturazione); se la densità di molecole di H2O supera tale valore, allora il vapore condensa e si ha una sospensione di acqua in fase liquida (bruma, nebbia). Il valore di saturazione della tensione di vapore dipende dalla temperatura secondo la relazione 7 , 5T E s = 6,11 ⋅ 10 237 ,7 +T (2) L’umidità relativa (RH), definita come il rapporto tra la tensione di vapore ed il valore di saturazione, dipende quindi dalla temperatura RH = 100 E =f(T) Es (3) Per una data tensione di vapore E, la temperatura di rugiada (che chiameremo dew point e indicheremo con Td) è definita come la temperatura alla quale l’aria dev’essere raffreddata per avere la condizione di saturazione cioè E=Es. La relazione di interdipendenza tra E e Td si ottiene con una semplice sostituzione nella reazione (2): 7 , 5Td E = 6,11 ⋅ 10 237 , 7 + Td (4) Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. Generalmente, se l’aria è in fase di raffreddamento si ha la formazione di nebbia quando la differenza tra la temperatura ambiente e il dew point è inferiore a 3°C. 3. STATO DELL’ARTE SENSORI NEBBIA Nati per lo più per esigenze di sicurezza nei trasporti aereo e navale, i sensori di visibilità rappresentano uno strumento necessario per fronteggiare i numerosi incidenti stradali che, in particolari periodi dell’anno, vedono nella nebbia uno dei principali responsabili. La misura di visibilità è di supporto alla gestione del traffico in termini di sicurezza stradale come ad esempio la modifica dei limiti di velocità, l’adeguamento dell’illuminazione o la chiusura di strade per scarsa visibilità. Generalmente alla presenza di nebbia è associato un indice di “visibilità” che dà indicazione della distanza in metri alla quale un uomo “medio” (dal punto di vista della percezione visiva) riesce a distinguere la differenza tra due oggetti vicini (o un oggetto e lo sfondo). Tale indice è direttamente legato alle dimensioni delle goccioline ed alla loro densità volumetrica nell’aria. Infatti, a parità di volume occupato dall’acqua goccioline di dimensioni più piccole risulteranno meno puntualmente distribuite e costituiranno una barriera alla vista più efficace. Tra le principali tecnologie per il rilievo della nebbia vi sono: • Sensori a trasmissione, riflessione e scattering • Sensori di umidità e temperatura • Telecamere 3.1 Sensori a trasmissione, riflessione e scattering Il metodo più comune per il rilievo di visibilità sfrutta le proprietà ottiche delle particelle d’acqua di riflettere, trasmettere e deviare la luce. Tali sistemi si compongono generalmente di due parti principali, un emettitore ed un ricevitore, abbinati ad un’elettronica di controllo ed un circuito di filtraggio e condizionamento dei segnali. Il fascio luminoso prodotto dall’emettitore può essere continuo o impulsato, possono variare la coerenza, la frequenza, la polarizzazione, il grado di collimazione, ecc. La scelta della sorgente dipende in genere dal campo di applicazione del sensore, dalle condizioni di utilizzo, dal tipo di dato cercato, non ultimo dalle restrizioni legislative connesse. Tali valutazioni hanno anche un chiaro riscontro sul tipo di ricevitore e sul circuito di filtraggio e condizionamento del segnale rilevato: il rumore ambientale potrà infatti venir minimizzato (otticamente od elettronicamente) rispetto al “dato aspettato”. Più che per le caratteristiche del segnale utilizzato, i dispositivi ottici per la rivelazione della nebbia vengono distinti in base alla posizione del ricevitore. Dopo l’interazione ottica con una gocciolina d’acqua, parte del fascio luminoso viene trasmessa e prosegue il suo cammino mantenendo direzione e verso originali, parte riflessa indietro e parte deviata ad angoli diversi. A seconda della componente raccolta dal sensore si può parlare di: • trasmissometri • riflessometri • sensori di scattering Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. I trasmissometri necessitano di due elementi separati per l’emissione e la rilevazione della luce ma possono operare su grandi volumi di nebbia (applicazione permettendo), svincolandosi parzialmente dal suo grado di uniformità. È possibile porre i due elementi attivi nelle vicinanze ed andare a raccogliere l’intensità luminosa trasmessa dalla nebbia e riflessa da uno specchio posto ad una distanza nota, ma al raddoppio del cammino ottico ed alla riduzione dell’elettronica si contrappone un aumento del rumore dovuto alla luce riflessa dalle particelle di nebbia (la cui intensità, al contrario di quella della trasmessa, aumenta con la densità della nebbia). I riflessometri misurano l’intensità di luce riflessa dalle particelle di nebbia, si tratta di dispositivi compatti ad ampio raggio d’azione, dipendente dal tipo di sorgente utilizzato. Presentano in genere costi maggiori rispetto alle altre due soluzioni. I sensori di scattering si dividono ulteriormente in due categorie, quelli che operano in forward scattering e quelli che operano in backward scattering. Per confrontare le tecniche di back e forward scattering, si consideri innanzitutto un fascio di luce (emesso da un LASER o da un LED) che investe una particella d’acqua sospesa nell’aria – la nebbia è una sospensione di queste particelle. Una frazione della radiazione laser verrà diffusa in tutte le direzioni dalla particella stessa. La parte del fascio che, per effetto di diffusione, modifica solo leggermente la traiettoria rispetto alla direzione incidente, viene chiamata radiazione di forward scattering; mentre la parte del fascio che viene deviata di circa 180° è chiamata radiazione di backscattering (fig. 3). Fig. 3 – Radiazione di forward e backscattering. Entrambi i fenomeni vengono sfruttati per realizzare sensori di visibilità, costituiti da una sorgente di radiazione (visibile o infrarossa) ed un rivelatore, posto di fronte al trasmettitore (ma fuori asse di ca. 40°) nel caso di forward scattering oppure in prossimità del trasmettitore, nel caso di back-scattering (fig. 4). Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 1. Back - scattering Tx Rx θ1 θ2 Volume di sovrapposizione Tx = trasmettitore Rx = ricevitore 2. Forward - scattering Tx θ1 Volume di sovrapposizione θ1= divergenza Tx θ2= campo di vista Rx θ2 Rx Fig. 4 – Sensori in back e forward-scattering. Un sensore di backscattering ha il vantaggio di essere molto compatto, in quanto ricevitore e trasmettitore sono molto vicini e possono essere integrati nello stesso package, mentre un sensore in forward scattering è costituito da due moduli separati, posti ad una certa distanza l’uno dall’altro (distanza che va da 0.25 a 1 m). La potenza ottica retrodiffusa è più piccola rispetto quella di forward scattering di circa un fattore 5, come si può vedere dalla fig. 6 in cui è riportata la distribuzione angolare di luce nell’infrarosso vicino (905 nm) diffusa da una particella di raggio 5 µm. Per avere prestazioni confrontabili con un sensore di forward scattering, il sensore in backscattering deve essere dotato di un ricevitore con un migliore rapporto segnale-rumore. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 90 6 120 60 4 150 30 2 180 0 210 330 240 300 270 Fig. 5 - Sezione d’urto differenziale di scattering; λ = 905 nm; r = 5 µm. La coordinata radiale è in scala logaritmica. Entrambi i tipi di sensore misurano la densità di particelle di nebbia in un volume molto piccolo, rappresentativo di una zona limitata vicino al sensore. L’errore che si commette estendendo la validità di una misura ad un’area più grande dipende dalla disomogeneità della nebbia. Questo tipo di errore dà il contributo maggiore all’indeterminazione sulla misura, e pone un limite alla stima della visibilità con la tecnica dello scattering (ca 5001000 m), sopra il quale la misura deve essere considerata solamente come un stima della densità locale di particelle, ma non della visibilità. 3.2 Sensori di umidità e temperatura 3.2.1 Termoigrometro Si tratta di un sensore che effettua due misure di temperatura, da cui si ricava l’umidità relativa: • Temperatura dell’aria • Temperatura del punto di rugiada Nel caso di nebbia, il package del sensore viene riscaldato, provocando l’evaporazione delle goccioline d’acqua. Tramite un dew point mirror viene misurato l’aumento artificiale di pressione e, come risultato di tale misura, si ricava il dato di densità di nebbia. Il sensore fornisce in uscita i seguenti parametri: temperatura atmosferica, umidità relativa, punto di rugiada e densità della nebbia (quest'ultimo parametro viene indicato mediante codici differenti, ciascuno corrispondente ad un certo intervallo di visibilità). Il numero di sensori da installare lungo un tratto autostradale e la distanza tra essi dipendono essenzialmente dalle caratteristiche microclimatiche della zona. Ad esempio Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. se la zona è generalmente caratterizzata da nebbia uniforme, il numero di sensori da installare è sicuramente minore che nel caso di nebbia a banchi. Uno studio in situ è sicuramente necessario per determinare il numero di sensori minimo. L'utilizzo di altri sensori meteorologici e/o stradali possono coadiuvare il sensore termoigrometrico nella stima della visibilità ed eventualmente nella previsione di possibile formazione di nebbia. In questo caso, l'installazione di stazioni meteostradali complete, coadiuvate da un software appositamente studiato, può aiutare a ridurre il numero di dispositivi installati. Il sensore termoigrometrico ha i seguenti vantaggi: − accuratezza nella misura dei parametri di temperatura e umidità da cui viene stimata la densità di nebbia; − misura di tipo non-ottico e dunque meno soggetta all’influenza di agenti atmosferici e dunque allo sporcamento della finestra ottica di protezione (emettitore e ricevitore); − valori molto accurati di umidità possono servire per il ‘black ice early warning’ (avvertimento della presenza di ghiaccio sul manto stradale). 3.2.2 SolarLite fog I dispositivi tipo SolarLiteFog (prodotti da Astucia) sono dei catarifrangenti da integrare sul manto stradale o sulle barriere stradali in grado di illuminarsi automaticamente in caso di nebbia. Essi hanno dimensioni ridotte (100x100x19 mm) e sono alimentati mediante una cella fotovoltaica. In caso di scarsa visibilità, rilevata mediante un sensore di temperatura e umidità, si attivano due LED interni al dispositivo in modo da fornire una illuminazione sufficiente per il guidatore. Questi dispositivi hanno però diversi limiti di funzionamento: • essendo integrati nell’asfalto sono soggetti ad usura e possibile danneggiamento con il passaggio dei mezzi spartineve; la loro durata media è infatti di circa 6 mesi; • non sono in grado di rilevare la densità di nebbia (e quindi la visibilità) e inoltre i margini di affidabilità sono piuttosto ridotti (talvolta si attivano erroneamente); • il sistema di autoalimentazione (che sfrutta la radiazione solare e, durante la notte, la luce dei fari dei veicoli) non è sufficiente nel caso in cui ad esempio la nebbia persista per più di due giorni. 3.3 Telecamera Allo stato attuale l’utilizzo di video camere per la misura del livello di visibilità, ovvero la presenza e l’intensità della nebbia, è in fase di studio e di ricerca. Sebbene si tratti di una soluzione potenzialmente semplice ed economica, con una misura estesa su un grande volume, essa non garantisce indicazioni molto precise sul livello di visibilità. Le metodologie attualmente utilizzate si basano sull’elaborazione d'immagini usando target fissati, un sistema d'acquisizione immagini ed un’unità di calcolo. Allineata la camera con la scena da inquadrare, i punti di riferimento vengono riconosciuti ed analizzati per misurarne il livello di contrasto rispetto allo sfondo; successivamente un processore elabora tali dati e li relaziona con le distanze dei target stessi dalla camera. Si può così generare l’informazione discreta sulla visibilità dei singoli target e, per interpolazione, una stima del livello di visibilità presente. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. L’introduzione nel campo di vista dell’osservatore di una atmosfera modifica i parametri fotometrici sia dell’oggetto sia del fondo; ciò è dovuto all’attenuazione della radiazione che dall’ostacolo raggiunge l’occhio e dalla diffusione verso l’osservatore della radiazione proveniente da oggetti al di fuori del campo di vista (air-light). L’attenuazione della radiazione causa una riduzione degli stimoli, ma non altera di per sé la visibilità; essa è descritta dalla legge di Beer. L’air-light causa invece una riduzione del contrasto di luminanza e dunque della visibilità; tale dipendenza è descritta dalla teoria di Koschmieder. In particolare in presenza di nebbia l’attenuazione e l’air-light sono dovuti quasi completamente allo scattering da parte delle particelle di acqua in sospensione. A seconda della tipologia dei target utilizzati, e’ possibile definire tre diverse configurazioni di sistema: - sistemi basati su target passivi; - sistemi basati su target riflettenti (specchi o catadiottri); - sistemi basati su target attivi. Nei sistemi basati su target passivi, si utilizzano normalmente dei target che sono propri della scena inquadrata, come ad esempio la segnaletica orizzontale del piano stradale. Per rendere possibile lo svolgimento di misure di notte o in condizioni di scarso illuminamento si utilizzano specifiche sorgenti attive nel vicino infrarosso per illuminare i target (illuminatori IR) creando una condizione di buon illuminamento della scena inquadrata dalla telecamera. Nei sistemi basati su target riflettenti occorre posizionare a distanze prefissate opportuni dispositivi riflettenti (specchi o catadiottri), che quindi si possono considerare appartenenti al sistema stesso di misura. In questo caso risulta relativamente semplice acquisire l’informazione di visibilità di un target specifico, utilizzando una efficace tecnica di visione artificiale basata sulla differenza di immagini: si tiene spento l’illuminatore IR, si acquisisce una immagine del bersaglio, si accende l’illuminatore, si acquisisce una seconda immagine dello stesso bersaglio. A questo punto, effettuando la differenza tra ogni pixel della prima e della seconda immagine, si può generare una terza immagine in cui gli unici elementi presenti appartengono al target illuminato, se questo risulta visibile. Una controindicazione nell’uso di questo tipo di sistemi è relativa al fatto che in condizioni di nebbia, essendo il cammino ottico complessivo raddoppiato, l’elevato rumore dovuto alla luce riflessa dalle particelle di nebbia potrebbe introdurre, almeno in teoria, elementi di criticità nello sviluppo delle applicazioni. I sistemi basati su target attivi superano i problemi dei sistemi basati su target riflettenti mediante l’uso diretto di bersagli attivi (cioè in grado di emettere luce). Ancora più che rispetto al caso precedente, i bersagli sono da considerarsi come appartenenti al sistema di misura, e nel caso in cui sia possibile controllare a distanza la loro accensione ed il loro spegnimento, risulta comunque possibile impiegare tecniche di elaborazione delle immagini non eccessivamente complesse. In questi sistemi, ad una maggiore complessità realizzativa, ed alla necessità di distribuire questi target attivi all’interno del volume da analizzare (che può essere anche molto ampio), si contrappone una maggiore precisione della misura di visibilità e la possibilità di operare su ampi volumi di nebbia. L’onere computazionale e le capacità di calcolo dell’unità di elaborazione dipendono dalla configurazione di sistema scelta e dalle specifiche tecniche di elaborazione di immagini utilizzate. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. I due principali vantaggi nell’utilizzo della telecamera sono la misura della visibilità entro un campo di vista molto ampio e la possibilità di riconoscere banchi di nebbia anche molto distanti. L’utilizzo di marker di riferimento da posizionare lungo il tratto stradale rappresenta invece un limite rispetto alle altre tipologie di sensori. 3.4 Altre tecnologie Gli opacimetri sono strumenti attualmente impiegati sui banchi di prova motori ed in galleria per il rilevo dei fumi e delle polveri. Si basano in genere sull’accoppiamento di una lampada ad incandescenza o di uno o più LED ed una fotocellula per misurare il coefficiente di attenuazione della luce. Sono apparati dall’utilizzo consolidato, tuttavia non adatti per discriminare la presenza e la densità della nebbia. Richiederebbero attività di sviluppo ed adattamento all’applicazione specifica, che però non si giustifica dal momento che non offrirebbero vantaggi prestazionali e di costo rispetto alle tecnologie discusse nei paragrafi precedenti. 4. CONCLUSIONI Dopo una descrizione fenomenologica del fenomeno nebbia, è stato svolto uno stato dell’arte sulle tecnologie disponibili sul mercato per il rilievo della visibilità. L’obiettivo è quello di descrivere ed analizzare le diverse soluzioni tecnologiche, complementari fra loro, in modo da garantire una misura della visibilità il più possibile affidabile ed avere una valutazione predittiva sulla possibile formazione di nebbia. Tra le tecnologie individuate sono state selezionate le seguenti: • Sensori di forward scattering • Sensori di back scattering • Telecamera con target attivi • Termoigrometri 5. BIBLIOGRAFIA F. Tampieri, C. Tomasi, 1976. Size distribution models of fog and cloud droplets in terms of the modified gamma function, Papers in atmospheric science, C.N.R., Bologna. H. C. Van de Hulst, 1957. Light scattering by small particles, Dover Pubblications, N.Y. C. F. Bohren, D. R. Huffman, 1983. Absorption and scattering of light by small particles, John Wiley & Sons. J.D. Crosby, Visibility Sensor Accuracy: what’s realistic?. Presented at the 12th Symposium on Meteorological Observations and Instrumentation 2003 American Meteorological Society Annual Meeting, Long Beach, CA, 9-13 February 2003 Corso Base di Meteorologia, a cura di Vittorio Vilasmunta, www.meteorologia.it/corso_basico/indice_di_stabilita.htm. J. Williams, How to forecast when fog is likely to form, by USATODAY.com Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. Humidity Formulas, updated 11/06/2000, USATODAY, weather, www.usatoday.com/weather/whumcalc.htm R. Tardif, Interactions between aerosols and fog, Program in Atmospheric and Oceanic Sciences, University of Colorado at Boulder, December 2001, www.rap.ucar.edu/staff/tardif/Documents/CUprojects/ATOC5600/aerosols_fog.htm Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. ANNESSO TECNICO #2 RAPPORTO DI RICERCA – PRIMO ANNO VICAST VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION ANNESSO TECNICO #2 – PRIMO ANNO SOMMARIO 1. INTRODUZIONE .................................................................................... 3 2. SISTEMA ADVANTECH DVS-350F ....................................................... 3 2.1 2.2 3. SISTEMA DEWETRON DEWE-4010 ..................................................... 6 3.1 3.2 4. Caratteristiche Salienti ...................................................................................... 3 Specifiche........................................................................................................... 4 Caratteristiche Salienti ...................................................................................... 6 Specifiche........................................................................................................... 7 CONCLUSIONI....................................................................................... 9 Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 1. INTRODUZIONE Lo scopo del presente annesso tecnico è quello di presentare brevemente due sistemi commerciali di registrazione sincronizzata di dati da Canbus e videocamere. Entrambi i sistemi sono disponibili presso i laboratori del Centro Ricerche FIAT ed hanno caratteristiche (e costi) differenti. Non si vuole dare una panoramica esaustiva delle varie possibilità commerciali per lo svolgimento del compito della registrazione e sincronizzazione dati, ma presentare due delle opzioni che verranno usate nel corso delle attività di sperimentazione nei prossimi anni della ricerca. Entrambe le soluzioni hanno pregi e difetti che verranno brevemente presentati. 2. SISTEMA ADVANTECH DVS-350F 2.1 Caratteristiche Salienti I data loggers della serie DVS-350 forniscono, nel mercato delle soluzioni video digitali, una classe di sistemi adatta per applicazioni in ambienti di sperimentazione sul campo. Il sistema DVS-350 è costituito da un compatto PC industriale che supporta da 4 a 16 ingressi video (per telecamere analogiche). La piattaforma aperta basata su PC x86 semplifica lo sviluppo e l’integrazione di applicativi software specializzati. È basato su una piattaforma fanless (ventilazione passiva) ed ha una costruzione con smorzatori passivi (anti-vibration ed anti-shock). La alimentazione estesa (9VDC ~ 30 VDC) protegge il sistema da picchi di corrente. Sebbene tali protezioni risultino comunque non completamente compliant con tutte le specifiche di istallazione dell’elettronica automotive, si ritiene di poter comunque procedere alle connessioni dirette a batteria veicolo, senza prevedere ulteriori protezioni di alimentazione per l’utilizzo sperimentale automotive. Tra le diverse opzioni disponibili, quella disponibile presso il laboratorio del Centro Ricerche FIAT è la DVS-350F, che include un disco rigido rimuovibile, che costituisce una interessante opzione per semplificare il trasferimento di dati video e la capacità di integrazione. Queste caratteristiche, combinate con uscita TV-out, WLAN, ingressi digitali optoisolati, uscite digitali disaccoppiate tramite relay, rendono il sistema DVS-350 una ottima soluzione per la sperimentazione sul campo di applicazioni embedded e mobili. La presenza di uno slot PCMcia, permette di inserire una scheda Canbus di qualsiasi produttore. Lo sviluppo del programma applicativo di acquisizione dati da Canbus e la sincronizzazione con i dati video sono lasciate all’integratore, che ha comunque a disposizione librerie ed API per la realizzazione di queste funzionalità. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 2.2 Specifiche Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 3. SISTEMA DEWETRON DEWE-4010 3.1 Caratteristiche Salienti I data loggers prodotti dalla compagnia Dewetron sono strumenti professionali di data jogging di elevata qualità e costo. Pur non essendo specificamente rivolti al mercato delle soluzioni video digitali, la vasta scelta di opzioni disponibili mette a disposizione anche una connessione IEEE1394, a cui collegare una (al massimo) telecamera firewire.. Il sistema Dewetron DEWE-410 è costituito da un completo sistema basato su PC industriale che supporta la registrazione nativa e la sincronizzazione di dati eterogenei, inclusi due canali Canbus. La piattaforma aperta basata su PC x86 semplifica lo sviluppo e l’integrazione, eventualmente, di applicativi software specializzati, che non sono comunque necessari per l’impiego del data logger. Vengono presentate di seguito solo alcune delle caratteristiche salienti di questo data logger. Per un approfondimento delle caratteristiche e delle specifiche relative si rimanda al manuale d’uso dello strumento. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 3.2 Specifiche Specifiche di base del sistema DEWE-4010 Computer: Pentium 4 2.8 GHz (AC and DC versions) 250 GB internal IDE hard drive Optional SATA and SCSI internal and removable hard drive(s) (on side panel) 1 GB RAM (expandable to 2 GB) DVD-CD-RW drive standard 4 x USB 2.0 interfaces 1 x Firewire (IEEE-1394) interface (6-pin) RS232 com port interface 1 GB Ethernet LAN interface Keyboard and trackball included 17" bright TFT display 1280x1024 px resolution Optional resistive touchscreen Sistema operativo: Microsoft®Windows®XP Professional Specifiche meccaniche: Size: 440 x 221 x 398 mm (17.3 x 8.7 x 15.7 in.) Weight: typ. 16 kg (35 Ib.) (data acquisition versions) Operating Temp: -5 to +50 °C, down to -20 °C with prewarmed unit Non-operating Temp: -20 to +70 °C Humidity: 10 to 80 % non cond., 5 to 95 % rel. humidity Vibration: MIL-STD 810F 514.5, procedure I Shock: MIL-STD 810F 514.5, procedure I Alimentazione: 90 to 260 VAC, 40-440 Hz Optional DC power supplies: 4010-DC-12V = 9-18 VDC; 4010-DC-24 = 18-36 VDC Specifiche di acquisizione dati: Data throughput - standard system: 40 MB/s Data throughput - optional: 50 MB/s DAQ, PAD, and MDAQ slots/positions: see model chart below PCI slots: see model chart below EPAD connector: standard on all data acquisition versions Prodotti correlati: DAQ, PAD, MDAQ, EPAD, and CPAD modules Here is a basic list of the modules available. See each system above for how many of each type that unit can hold. Note that EPAD and CPAD modules are external and do not require any slots or positions inside the main unit to be connected! All Dewetron data acquisition systems have a standard connector for EPAD modules, which may be daisychained. The CPAD requires a CAN-BUS interface, which can be added as a separate PCI card, or incorporated into a DEWE-ORION-1616 and DEWE-ORION-3216 A/D card, so that it does not require a separate PCI slot. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione. 4. CONCLUSIONI Sono stati presentati due sistemi di data jogging, disponibili presso i laboratori del Centro Ricerche FIAT, che verranno impiegati nel corso del proseguimento delle attività di ricerca afferenti al progetto VICAST. Il primo sistema (Advantech) ha il vantaggio di permettere di registrare un numero significativo di ingressi video (fino a 16). Gli svantaggi sono costituiti dal fatto che tali ingressi sono tutti analogici, che la risoluzione è limitata al CIF e che il framerate di registrazione complessivo, seppure rilevante (240 fps) viene condiviso tra tutte le telecamere. Inoltre lo sviluppo di programmi applicativi per la registrazione di dati da Canbus è a carico dello sperimentatore. Il sistema Dewetron è un sistema di data logging professionale e sofisticato. La registrazione dati da Canbus (configurando opportunamente un adeguato sottoinsieme del traffico da loggare) è già disponibile come feature del sistema. L’unico svantaggio significativo (oltre all’ingombro ed alla complessità del sistema) è costituito dal fatto che il canale video disponibile è uno solo, basato su una singola telecamera digitale IEEE1394. Risoluzione e data rate sono adeguati (datavate superiore ai 30fps e risoluzione superiore alla VGA). Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione.