articolo di Mons. Liquori sulla Bellezza della Fede nella Liturgia
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articolo di Mons. Liquori sulla Bellezza della Fede nella Liturgia
La bellezza della fede nella Liturgia Mons. Pierino Liquori Salvezza, Bellezza e Liturgia Bellezza e salvezza sono associate nel Cristianesimo a Gesù Cristo. La novità e l’originalità del cristianesimo non stanno tanto nella morale o in una interpretazione di tipo sociale, quanto nei misteri fondamentali del Credo che sono appunto l’Incarnazione, Passione e Morte di Gesù Cristo che sono condizione indispensabile per la fede e anche sua novità nella storia. Il Cristianesimo con l’annuncio della risurrezione di Cristo dai morti supera la divisione, la separazione causata dalla morte, che è silenzio assordante del non senso, dello smarrimento antropologico e creaturale, esperienza di nullità e di annichilamento del sé. “Per vincere la morte bisogna che l’uomo si leghi a Dio, che è il tutto, il centro assoluto. L’uomo universale è integrato dall’amore divino (…) questo amore fa scendere la grazia divina nella natura terrena e trionfa non solo del male morale, ma anche delle sue conseguenze fisiche, la malattia e la morte. 1 L’opera di questo amore è la Risurrezione finale (…)integrazione dell’umanità totale…incarnazione definitiva della Sapienza divina”1. Dio è amato e creduto come “ principio creatore di ciò che è buono e bello, buono al di là del buono e bello al di là del bello”2. Buono al di là del buono è Cristo; bello al di là del bello è Cristo. L’amore del bello è amore del Dio Incarnato, è l’amore di Cristo, bellezza divino-umana, divino-cosmica, di cui l’uomo ha da sempre sete, sete della “bellezza autentica che nell’Oriente cristiano è un altro nome della Santità”3. Il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione è dono di presenza del Verbo eterno nella natura umana e creaturale a tal punto che la materia diventa trasparenza, splendore del Vero; ossia può manifestare la presenza di Dio. E questo avviene in modo mirabile nell’accoglimento della Parola e nella Liturgia, che è “ luogo della massima bellezza: non solo per la luce, i colori, i canti, per l’incenso, ma perché il cielo è palpabile nell’unità che si realizza tra il divino e il creaturale”4. 1 V. Solov’ēv , La Russia e la Chiesa universale, La casa di Matriona, Milano 1989, pp.236-237 Nicodimo Aghiorita, Proemio, in Filogalia, Vol.I, Gribaudi Torino 1982, p.45 3 O. Clement, Byzance et le Cristianisme, Paris 1964, p.7 4 Michelina Tenace, Il cristiano filocalico, in Cristianesimo e bellezza, a cura di N. Valenti, figlie di S.Paolo, 2002, p.123 2 2 La Liturgia è rivelatrice del bello. Con Cristo, nella Liturgia discende tutto il cielo sulla terra“uniti agli Angeli e ai Santi cantiamo l’inno della tua gloria”5; e il cristiano vive e celebra questa visione. Nella Liturgia il cristiano che celebra, esercitando il suo sacerdozio, è un contemplativo che diventa mediatore, attraverso un cammino catartico, richiesto dalla stessa celebrazione; come anche comunicatore della bellezza divina. “La Messa è finita, andate in pace…”6 esorta all’impegno di far si che la comunicazione della Bellezza non si fermi all’atto celebrativo, ma che coinvolga il tempo e lo spazio degli uomini e delle creature tutte. La contemplazione della Risurrezione che si realizza in tutta la celebrazione liturgica e in modo unico, nell’incontro sacramentale con Cristo nell’Eucaristia che si dona nel segno del pane e del vino, comunica quella Bellezza che si rivelerà a tutti nella Parusia. “Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”7. 5 Messale Romano, Prefazio Messale Romano, Riti di conclusione 7 Messale Romano, Preghiera Eucaristica 6 3 I giusti risplenderanno assieme al Signore per la luce ricevuta da Lui, bellezza manifestata da Cristo che apparirà sulle nubi a tutti gli sguardi e mostrerà la sua Bellezza a oriente e a occidente. Per cui il cristiano attraverso e nella Liturgia, pur nella consapevolezza della pochezza e debolezza della sua realtà storica e creaturale, raggiunge la perfezione, che è quell’essere immagine di Dio: questa è la salvezza. La Liturgia ci porta a Dio e ci fa belli perché ci rende simili a Cristo, il più bello tra i figli dell’uomo. “A Lui guardava fin dall’origine la creazione del mondo, e fin dall’origine l’uomo fu formato in ordine a Lui, per poter un giorno portare in sé l’archetipo”8. Attraverso la Liturgia la persona diventa bella perché diventa una con Lui; è trasformata con Lui e come Lui. “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulla tue labbra è diffusa la grazia” (Sal 44 (45),3). La Chiesa riconosce il suo Signore bello, il più bello perché è pieno di grazia cioè di bellezza. In Lui appare la bellezza della verità : “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). In Lui appare la bellezza di Dio che ci attira a sé e ci fa andare incontro, come Chiesa-sposa, all’Amore che ci chiama e ci attende: “Ecco lo sposo, andategli incontro…” ( Mt 25,1 ss). 8 Gregorio Palamas, Omelia 60, Oikonomos, En Athenais, 1861 p.259 4 La bellezza è Gesù Cristo che si è manifestato nell’Incarnazione ma in pienezza nel mistero pasquale. Quest’ultimo mistero è la via maestra per raggiungere, contemplare la bellezza di Cristo paradossalmente grazie alla Croce. E’ il Cristo abbandonato il più bello dei figli dell’uomo; è Lui la rivelazione della bellezza. Naturalmente qui la bellezza non è pace: “credete che io sia venuto a portare pace sulla terra? No vi dico, ma la divisione…” (Lc 12,51), non riposo, ma agonia, lotta, passione. La bellezza di Cristo crocifisso è esodo. La croce è l’abbandonarsi perdutamente all’Altro, al Padre, per gli altri. Qui la bellezza è exstasi. La bellezza allora è il Crocifisso-Amore. Per la fede cristiana il trono della bellezza è la croce. Per San Tommaso, la bellezza è soprattutto uscire da sé per abbandonarsi all’Altro per gli altri, e il nome di questo gesto è l’amore. Si può dire, davanti al volto sfigurato del Crocifisso che Gesù è il più bello tra i figli dell’uomo proprio perché l’amore è la bellezza; il dono di vita è bellezza. Chi crede nel Dio che si è manifestato proprio nel volto sfigurato del Crocifisso come amore sino alla fine, sa che la bellezza è verità e questa comprende offesa, dolore e anche morte. 5 Accettare infatti la bellezza è accettare una morte, cioè una fine del vecchio uomo, una difficile vita nuova perché la bellezza fa uscire la persona da sè stessa, attirandola verso l’altro. “Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Ma questa richiede una esperienza di catarsi : “se uno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Poiché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; chi invece perderà la propria vita a causa mia, la troverà” (Mt 16,24-25). La bellezza intesa come amore-dono, come ricerca, strappa la persona dell’accomodamento del quotidiano; la fa soffrire e proprio in quel modo la innalza verso l’Alto. E’ questo il mistero pasquale; mistero di amore-bellezza offerto perché l’uomo abbia la vita e l’abbia in pienezza. Questo offre e fa vivere la Liturgia della Chiesa! Davanti al volto sfigurato dal dolore del Crocifisso non si può dire che esso sia bello con l’idea pitagorica della bellezza. E’ bello solo perché si dona amando. Per questo si riesce a contemplare la bellezza del Cristo Crocifisso solo se ci si lascia ferire insieme a lui, credendo e scommettendo sull’amore. 6 Una bellezza solo estetica non fa uscire l’uomo da se per aprirlo nell’estasi dell’innalzarsi verso l’Altro, ma lo imprigiona in stesso. La bellezza estetica è una bellezza che non risveglia la nostalgia per l’indicibile, la disponibilità all’offerta, all’addandono di se. La bellezza che salva il mondo di Dostojevskij non è la bellezza estetica, effimera, che rinchiude l’uomo in sè e non lo apre all’altro da sé, ma quella redentrice di Cristo. Bisogna imparare a vederlo il Cristo nella sua bellezza dono-amore, allora si fa veramente la sua conoscenza e si sa di lui per esperienza personale. Questo è possibile se ci si accosta al mondo bello della fede che ha la sua espressione più vera nella liturgia e che risplende nel volto luminoso dei santi. La liturgia è il “Roveto ardente” che permette di ascoltare, parlare, incontrare, contemplare la Bellezza, ma che chiede autenticità di vita, purificazione di sè. “Togliti i sandali perché il luogo che stai calpestando è sacro” (Es 3,5); “Signore pietà… Agnello di Dio che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi”9, è desiderio grande dell’incontro “Il tuo volto Signore io cerco…”(Sal 27,8) “beati gli invitati…”10. 9 Messale Romano, Rito della Messa Messale Romano, Rito della Messa 10 7 La presenza di Cristo nell’azione liturgica, memoriale della sua morte e risurrezione, e l’accoglimento di Lui nella Mensa della Parola e nella Mensa Eucaristica, trasfigura il cristiano proiettandolo nel dono di sé, nell’apertura di amore per l’altro. Ma per l’autenticità della celebrazione liturgica, soprattutto eucaristica, si rende necessaria una partecipazione personale attiva che esige l’atto religioso della fede, il solo che permette l’incorporazione alla bellezza trasformante di Cristo Gesù, attraverso lo spogliamento di sé, il solo che, con l’azione dello Spirito Santo, realizza comunione con il Bello vedendosi trasformati in bellezza. Se sulla mensa eucaristica è deposto il corpo bello di Cristo accogliendolo nella fede, il cristiano diventa quel corpo bello che attira gli altri a Cristo. Questa è la testimonianza dei santi, trasformati, trasfigurati da lui e resi capaci di attrarre a Lui. Questa è da sempre la testimonianza della Chiesa, corpo di Cristo e tempio vivo dello Spirito. La Liturgia allora, in quanto memoriale, è luogo della contemplazione della Bellezza dove per contemplazione si intende lo stare 8 estatico davanti al volto trasfigurante del Crocifisso-Risorto, inebriandosi di Lui, fino a diventare Lui. “Il corpo di Cristo…Amen”. Ecco perché il cristiano non parla di Dio se prima non lo ha visto, se non si è rivestito di Cristo. Non si può conoscere Dio solo per aver riflettuto, studiato o approfondito intellettualmente pensieri dell’uomo. La Liturgia contemplazione della Bellezza L’uomo contemporaneo è refrattario alle dimostrazioni, mentre chiede con insistenza di poter vedere. Più che dimostrare il cristiano dovrebbe mostrare. Voglio vedere Gesù, dice l’uomo di oggi ai discepoli di Gesù Cristo. “ Zaccheo cercava di vedere quale fosse Gesù” (Lc 19, 3). “Solo l’esperienza del silenzio e della preghiera offre la conoscenza più vera, aderente e coerente, di quel mistero che ha la sua espressione fulminante nella solenne proclamazione dell’evangelista Giovanni: “ E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di un unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”(Gv 1,14)11. “Videro dove Gesù abitava” (Gv 1,39). 11 Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, n.17 9 La liturgia offre tutto questo perché è l’amore che Dio dona attraverso la dinamica del linguaggio umano. Ciò è bellezza. Chiamata dal Concilio Vaticano II “Nobile bellezza”12, la Liturgia è soprattutto opera di Dio che chiede all’uomo accoglienza, adorazione, gratuità; sentimenti ed atteggiamenti che lo spingono fuori da se stesso. L’uomo si incontra con l’Amore che lo attira inesorabilmente al suo mistero affascinante, facendogli sussurrare parole indicibili. Come luogo di contemplazione della Bellezza, la celebrazione cristiana ha il suo fondamento in Cristo e nella Chiesa, suo sacramento nella storia degli uomini. “ La Liturgia è atto di Cristo e della Chiesa. Non dipende essenzialmente dalla sfera intellettuale, ma si basa sul principio dell’Incarnazione e quindi comporta, evidentemente, una dimensione estetica”13. I gesti della liturgia prolungano ed attualizzano i gesti belli di Cristo, per cui hanno una loro bellezza ed estetica in se in quanto gesti di Cristo a vantaggio dell’uomo. La Liturgia il luogo dell’amore donato ed accolto. “La bellezza di una celebrazione eucaristica non dipende essenzialmente dalla bellezza architettonica, dalle icone, dalle decorazioni, dai canti, 12 Sacrosanctum Concilium 124, Concilio Ecumenico Vaticano II, Piero Marini, Liturgia e bellezza, Nobilis Pulcritudo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2005 p.78 13 10 dalle vesti sacre… ma in primo luogo dalla sua capacità di lasciar trasparire il gesto di amore compiuto da Gesù”14. A motivo di ciò costituisce per il cristiano il cuore pulsante. Dio e l’uomo nell’azione liturgica si incontrano nell’amore. E proprio l’amore diventa nella celebrazione, quella forza che dai contrasti crea una sinfonia che fa esclamare l’uomo peccatore salvato, quasi in uno slancio contemplativo-estatico: “ Santo, Santo, Santo è il Signore Dio dell’universo…”15. Quindi, il culto divino come evento di amore, fà si che l’uomo salvato, attratto dalla luce sfolgorante di Dio, accolga i frammenti di immortalità che brillano nel grigiore della ferialità umana e della sua storia. Nell’azione liturgica il credente si trova avvolto, coinvolto e al tempo stesso inserito vitalmente in una storia traboccante di vita nuova. In questa fondamentale esperienza si entra e si è partecipi dell’Amore trinitario e in particolare dell’amore sacrificale o kenosi, insito proprio nel mistero della Santissima Trinità. E questo reciproco donarsi delle tre persone divine si è manifestato nel gesto più bello di Gesù: “…venuta l’ora di essere glorificato da Te, 14 Ibid. p.78 Messale Romano, Prefazio 15 11 Padre Santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine; e mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse…allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli…”16. La bellezza è proprio nel gesto di amore di Cristo: “Li amò sino alla fine…”(Gv 13,1). La Chiesa nel ripetere con la Liturgia il gesto del suo Signore, lo trova bello perché ripresenta la bellezza propria del mistero pasquale. La bellezza di una celebrazione sta nella capacità di far trasparire il gesto di amore compiuto da Gesù: “ Fate questo in memoria di me”(Lc 22,19). In essa, in modo particolare nell’Eucaristia, si contempla e si riceve la bellezza della fede che trasforma in bellezza la vita (Benedetto XVI). In questa opera di Dio l’Amore amante rende bello l’amore amato. Comunicando con il “Bello” che si dona nell’amore, il credente è reso bello della bellezza dell’Amore ricevuto. Si può dire che l’incontro con la Bellezza, nella Liturgia, è per l’uomo quella scossa emotiva salutare che lo fa uscire da se stesso e lo “entusiasma”, attirandolo verso l’altro da sè, sia in senso verticale che in senso orizzontale e questo realizza l’uomo. 16 Messale Romano, Preghiera Eucaristica IV 12 Questi infatti, dice Benedetto XVI17, è un essere al plurale, è un noi, è un essere in relazione. Per cui si può affermare che la liturgia fonda l’uomo facendolo essere in relazione con le cose, con l’uomo, con il suo spirito, con Dio: lo fa entrare nella dimensione dell’uomo veramente riuscito, quale è il Cristo. Ecco perché la Liturgia è creatrice di identità, di appartenenza e di superamento di quelle brutture tipiche della natura umana non a contatto con il Divino. E’ elevazione perchè ingresso nello splendore della luce. Chi sono i cristiani che celebrano? Interessante è ciò che afferma Nicola Cabasilas: “Uomini che hanno in sé un desiderio così possente che supera la loro natura, ed essi bramano e desiderano più di quanto all’uomo sia consono aspirare, questi uomini sono stati colpiti dallo Sposo stesso; Egli stesso ha inviato ai loro occhi un raggio ardente della sua bellezza”18. Questa è la Liturgia della Chiesa, origine dell’avventura cristiana che porta l’uomo ad essere conquistato dalla bellezza di Cristo e a far conoscenza di Lui, attraverso questa esperienza “originale” con Lui. E’ una bellezza che risveglia la nostalgia per il Mistero di Dio, la disponibilità 17 Cfr. Joseph Ratzinger, Il fondamento sacramentale dell’esistenza cristiana, Queriniana, Brescia 2005₂ Nicola Cabasilas in Joseph Ratzinger, Davanti al protagonista, Cantagalli Siena 2009 p.65 18 13 all’offerta, all’abbandono di sé, che gli permette di “vederLo” e di fare comunione anche con coloro che “hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello” (Ap 7,14), e questi sono i santi. Questi uomini e donne sono coloro che proprio nella liturgia hanno fatto l’esperienza del Bello rispondendo alla Caris di Dio, manifestata in Cristo, con l’uscire fuori da sé, andando decisamente verso di Lui e verso i fratelli. Per cui il credente comunicando con il Bello che si dona amando, diventa bello della bellezza dell’Amore ricevuto e che a sua volta dona: “Andate in pace”, cioè donatevi per divenire luoghi di bellezza. Tutto ciò perché la preghiera della Chiesa è memoriale del mistero pasquale; è l’exitus del Figlio Gesù. Questo è l’amore! Levinas ha scritto che l’amore è esodo da sé senza ritorno. Questa è la croce: è esodo da sé senza ritorno, è l’abbandonarsi all’Altro per gli altri. Ma è anche il redditus ad Deum, il ritorno di Cristo Risorto al Padre portando anche noi. Questo dinamismo pasquale, insito nella celebrazione cristiana, ha fatto e fà i cristiani belli della bellezza di Gesù, il pastore bello delle pecore. Questa è la santità: il venire a contatto con la Bellezza che è dono, estasi, perdita, affidamento, abbandono. 14 Cristo nella liturgia dà decoro e bellezza al suo discepolo. Quel decoro e bellezza che sono : “…l’amore della carità, affinché tu possa correre amando e amare correndo… Guarda a Colui dal quale sei stato fatto bello”19. La liturgia allora, realizza la Communio Sanctorum, la Comunione del Santi, di coloro cioè che partecipano alla vita divina comunicando con Colui che è l’unica sorgente della santità. In essa la gloria dell’Autore della bellezza si effonde nei cristiani grazie all’azione dello Spirito-Amore che plasma la loro vita ad immagine del volto di Cristo, trasformandoli in eventi di relazione e di comunione. Così il cristiano vive in anticipo qualcosa dell’affascinante bellezza della vita trinitaria, che è agapica, costruendo quotidianamente rapporti, relazioni fraterne ispirate a gratuità, misericordia, caratterizzando così la Chiesa come luogo di condivisione, di solidarietà, come sacramento della Comunione, della Bellezza tragica dell’amore con cui Dio ci ha amato offrendoci il suo Figlio Gesù Cristo sul trono della bellezza: la Croce. L’esperienza liturgica fa i cristiani santi, si potrebbe quasi dire per “contatto”. 19 Sant’Agostino, in Io, Ep.IX,9. 15 “La santità è bellezza che contesta la bruttura della chiusura in sé, dell’egoncentrismo… è gioia che contesta la tristezza di chi non si apre al dono di amore”20. Chiamati alla santità, i cristiani sono chiamati alla bellezza e questa è riflesso della comunione trinitaria che richiede che “si vivano realmente rapporti fraterni, ispirati a gratuità, misericordia e perdono… è una bellezza che deve caratterizzare la Chiesa come luogo di luminosità (Mt 5, 14-16), spazio di libertà e non di paura… di simpatia e non di contrapposizione, di condivisione e solidarietà soprattutto con i più poveri…Sì, il cristianesimo è filocalia, via di amore del bello”21. E’ vocazione alla bellezza perché vocazione all’amore. Attraverso l’incontro con il divino, la “carne” viene santificata dall’amore, gli occhi “vedono” Dio e vedono l’uomo a partire da Dio. Allora la vita dei cristiani diventa il dono che la Chiesa può fare all’uomo contemporaneo affamato di bellezza, ma poco nostalgico, forse, della bellezza originaria perché vive in questa post-modernità di inquietudine e di “notte del mondo”(Heidegger), nell’esilio della bellezza. Si avveri, per quest’uomo, la preghiera di Agostino: “…Tu eri dentro di me e io stavo 20 Marini, Liturgia e bellezza, p.80. Marini, Liturgia e bellezza, pp.81-82. 21 16 fuori. Qui ti cercavo…Tu eri con me e io non ero con Te…mi toccasti e bruciai dal desiderio della tua pace”22. 22 Sant’Agostino, Confessiones X, 27,38 17