Piano per lo sviluppo

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Piano per lo sviluppo
19 gennaio 2012
Piano per lo sviluppo
Le manovre che si sono succedute lungo gli ultimi 12 mesi, sono state tutte
contraddistinte dalla formula “mettere in sicurezza i conti pubblici” e, più in generale,
sono state informate all'obiettivo di conseguire il pareggio di bilancio, programmato in
accordo con l'UE per la fine del 2013.
Il governo Monti è nato con lo specifico mandato di:
-
aumentare la credibilità dell’economia italiana sui mercati
-
promuovere l’azione dell’Italia in Europa per una politica economica a carattere
comunitario
-
ridurre il debito pubblico con misure di carattere strutturale
-
lanciare una strategia di sviluppo e crescita per il Paese
Ad oggi il conseguimento di questi risultati appare lontano e l’operato del governo si è
limitato ad interventi di correzione dei conti pubblici resi necessaria, ai fini del pareggio
di bilancio, dal peggioramento della congiuntura economica.
La cronaca, tuttavia, si è incaricata di dimostrare come il susseguirsi di tali interventi
porti difficilmente alla soluzione dei problemi da cui è afflitta l'economia nazionale, e in
questo senso il recente declassamento del rating operato da Standard & Poor’s aggrava la
nostra situazione di rischio ed emergenza.
Rileviamo infatti che le manovre sin qui registrate non hanno affrontato compiutamente
il tema dello sviluppo e della crescita; in particolare l'ultimo decreto “salva Italia” ha
registrato un ulteriore aumento della pressione fiscale diretta ed indiretta, con potenziali
effetti recessivi a loro volta forieri di verosimili riduzioni del PIL, crescita del rapporto di
indebitamento, aumento degli oneri finanziari e via così in un circolo vizioso che
richiederebbe periodici aggiustamenti che il sistema non appare più in grado di
sopportare.
In secondo luogo, presa visione dei “fondamentali” della nostra economia, il pareggio di
bilancio non appare a nostro avviso il principale dei nostri problemi: l'Italia infatti è tra i
Paesi europei che ad oggi registrano un minor deficit; è l'economia in cui – nonostante
tutto – c'è il minor tasso di disoccupazione; ha un sistema bancario meno esposto di altri
ai malefici effetti dei “titoli spazzatura”; è la seconda forza manifatturiera del continente;
dispone della maggior ricchezza privata, intesa come somma dei patrimoni di famiglie ed
imprese; è l’unico grande Paese che, già oggi, registra un avanzo primario al netto degli
oneri finanziari.
L'origine delle difficoltà va quindi cercata altrove. In particolare, nell'enorme
dimensione del debito pubblico, generata anche in ragione di scelte che hanno
finanziato la costruzione dei modelli di welfare e sviluppo a quasi esclusivo carico dello
Stato, lasciando le famiglie libere di gestire il proprio risparmio (è questo, infatti, uno dei
principali motivi della forte discrasia tra debito pubblico e ricchezza privata che ci
caratterizza).
Altro elemento di debolezza è certamente rappresentato dalla specificità del sistema di
imprese microparcellizzate, che se da un lato possono mostrare maggiore flessibilità
per la loro ridotta dimensione, dall'altro sono caratterizzate da una scarsissima dotazione
di mezzi propri e dal quasi integrale ricorso al finanziamento bancario per alimentare la
gestione operativa.
Ancora, la rigida fissità del mercato del lavoro, mal si concilia con le esigenze della
nuova concorrenza globalizzata, in cui il confronto con sistemi privi di vincoli e garanzie
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ha già sbaragliato un elemento competitivo storico dell'industria italiana, storicamente
caratterizzata da una produzione di massa poco incline agli investimenti in ricerca e
tecnologia ed alla creazione di valore aggiunto di sistema.
In questo quadro così succintamente sintetizzato si ritiene che l'azione da sviluppare
debba concentrarsi, da subito, lungo alcune direttrici ben definite:
A.
Una vera politica di abbattimento del debito pubblico, non più rinviabile anche
alla luce dei recenti accadimenti diretti a screditare la solvibilità del sistema Italia, che ci
consenta nell'arco di 24-36 mesi di diminuire la nostra esposizione dal 120% al 90% del
PIL, rientrando così nelle medie dei principali competitori e togliendo ai mercati l'unico
vero alibi sul quale esercitano la loro attività fortemente speculativa ai nostri danni,
applicandoci dei differenziali di interesse che non troverebbero riscontro in una obiettiva
lettura dei nostri dati di sistema.
Un intervento di questo respiro non può che essere la risultante di più operazioni
ciascuna delle quali sia destinata ad originare maggiore liquidità da investire – in via
esclusiva – nel riacquisto del proprio debito; ma altrettanto chiaramente non può che
partire da una seria alienazione dei beni dello Stato e di privatizzazioni mobiliari ed
immobiliari di beni in capo alla Pubblica Amministrazione in tutte le sue emanazioni,
magari da attuarsi tramite la costituzione di un fondo ad hoc che consenta la
partecipazione dei cittadini e quindi l’immediata spendibilità delle risorse, la cui raccolta
necessita di un tempo utile ad impedire svendite o speculazioni. Si tratta cioè di cedere le
partecipazioni che non hanno carattere strategico e vendere gli immobili posseduti dalla
P.A. sia a livello centrale che periferico. La costituzione di un Fondo chiuso
d’investimento potrebbe accelerare al massimo le singole dismissioni, che andrebbero
accompagnate da una normativa rivolta a ottenere un rapido cambiamento della
destinazione d’uso dei singoli immobili, con conseguente variazione del piano
regolatore. Anche il lease back (vendita dell’immobile e successivo affitto in locazione)
potrebbe garantire entrate al Bilancio dello Stato, riducendo l’emissione di titoli del
debito pubblico e quindi una migliore gestione delle relative aste, con riduzione
dell’offerta e risparmi negli spread.
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In via alternativa, sempre con l’obiettivo di effettuare interventi sul debito di efficacia
certa ed immediata, potrebbe configurarsi una sorta di prestito forzoso da rivolgere a tutti
i contribuenti al netto di alcune fasce di esenzione, anche da corrispondere in un periodo
dilazionato ed integralmente restituibile a seguito dell’avvio di un programma di
dismissione immobiliare dello Stato, di alienazione di partecipazioni non strategiche, e di
altri interventi.
Ancora, potrebbe darsi luogo alla costituzione di una società nella quale far confluire i
contratti di concessione d’uso dei beni dello Stato (dalle spiagge alle autostrade, dalle
ferrovie alle reti elettriche ed informatiche ecc…), che potrebbe essere successivamente
privatizzata mantenendo in capo allo Stato la proprietà dei beni ma, di fatto, anticipando
gli introiti attesi tramite la riscossione immediata del valore della società di gestione.
La stessa attuazione della riforma del sistema pensionistico, primo vero elemento di
carattere strutturale contenuto nel decreto “salva Italia”, deve vedere l'utilizzo delle
risorse risparmiate nel riacquisto di frazioni di debito pubblico
B. Una strategia di sviluppo e crescita per il Paese articolata in:
1. investimenti in infrastrutture
2. accesso al credito e patrimonializzazione delle imprese
3. revisione del mercato del lavoro
4. internazionalizzazione
5. semplificazione normativa e amministrativa e Società dell’informazione
6. liberalizzazioni, sulle quali – in particolare – si svilupperà l’articolato del presente
documento
1. Investimenti in Infrastrutture
Dotare il Paese delle infrastrutture, materiali ed immateriali, più adeguate e moderne è il
primo punto per dare impulso a tutto il sistema economico. È necessario, quindi, dare
stimolo agli investimenti in infrastrutture, anche da parte dei privati, ricorrendo per
esempio allo strumento del project financing, che ha già consentito la realizzazione di
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opere per circa 11 mld, e che può essere modificato favorendone la semplificazione e
l’ampliamento.
2. Patrimonializzazione delle imprese e agevolazione all'accesso al credito.
Oggi, la presenza nel mercato globalizzato di economie lontane e vicine che producono
(più o meno eticamente) a costi decine di volte inferiori a noi, rende definitivamente
ostruito alle nostre aziende il percorso competitivo su cui si erano sviluppate. Appare
quindi necessaria e non più rinviabile una conversione della forza industriale verso
modelli produttivi più avanzati, che investano e tengano alto il differenziale qualitativo
del “made in Italy”, estendendone il radicamento nel nostro sistema produttivo. La qual
cosa richiede la disponibilità di ingenti investimenti.
In molti casi, ancora, la stessa propensione al rischio dell’imprenditore italiano, è apparsa
inferiore alle necessità. Con i vincoli dei trattati di Basilea 2 e 3 che impongono oggi alle
banche di far rientrare gli affidamenti piuttosto che aumentare le disponibilità di denaro
per le aziende, e la impossibilità dello Stato di erogare risorse tanto per l’esiguità delle
stesse quanto per i vincoli concorrenziali determinati dall’UE, il solo vero modo di
foraggiare le imprese con finanze necessarie a riconvertire la nostra economia in senso
qualitativo risiede nell’autofinanziamento. Deve essere riconosciuto – in questo senso –
il parziale fallimento dell’obiettivo strutturale sulla base del quale lo scorso anno si era
dato vita al c.d. “scudo fiscale”. L’attesa infatti era proprio quella di consentire il rientro
in Italia di capitali che potessero essere riversati a supporto dello sviluppo economico. I
dati ci informano che, a fronte dei circa 106 miliardi scudati, nemmeno 5 sono stati
impiegati dai possessori dei danari “ripuliti” per alimentare le casse delle proprie
aziende. Questo risultato delegittima quanti, dal fronte della rappresentatività industriale,
assumono toni aprioristicamente polemici verso la politica in generale e le sue proposte
per la copertura del debito. È quindi forse giunto il momento di immaginare strategie di
favore fiscale che incentivino il medio capitalismo nazionale, ancora fortemente basato
sulla proprietà familiare, ad investire i risparmi cumulati nella ricapitalizzazione delle
proprie aziende. Si potrebbe ad esempio riconoscere, per un periodo pluriennale, la
deducibilità dei mezzi propri messi in azienda sino a concorrenza massima dei redditi
denunciati nello stesso lasso di tempo da parte dell'imprenditore e non già, come in
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analoghi precedenti provvedimenti, detassare il reinvestimento di utili aziendali che – in
questa stagione – appaiono assai modesti ed incapienti alla bisogna.
Un provvedimento di questo genere consentirebbe nell’ordine:
a) un aumento delle risorse immediatamente disponibili per l’impresa;
b) la possibilità per le banche di ampliare le linee di credito, il cui massimale dipende dal
rapporto tra mezzi propri e capitale finanziato, generando un circolo virtuoso di
dotazione di nuova liquidità alla nostra economia.
Inoltre, per quanto riguarda la sistematica carenza di liquidità, lo Stato e le Pubbliche
Amministrazioni possono intervenire principalmente con un sistema di pagamenti
efficiente dei propri debiti. Il problema chiaro ormai a tutti e più volte dibattuto, potrebbe
essere affrontato attraverso un intervento di anticipazione con contestuale sostituzione
creditoria, della cassa depositi e prestiti. I vantaggi potrebbero essere duplici: la cassa
assumendo in carico i debiti assume il diritto di esigere dalla P.A. gli interessi sul
ritardato pagamento (8% per legge) e contestualmente il sistema produttivo si riappropria
di una liquidità sottratta dall'inefficienza della P.A. Sempre ai fini dell'aumento di
liquidità, sarebbe opportuno un intervento legislativo che consenta la cessione dei crediti
nei confronti della P.A. a soggetti terzi, come pagamento, e che contestualmente consenta
di compensare con i crediti nei confronti della P.A. qualunque pagamento verso enti
pubblici. (l'azienda x deve soldi all'azienda y. L'azienda x ha un credito iva. Può cederlo
all'azienda y che può utilizzarlo per compensare debiti nei confronti della P.A.).
Problema più complesso è quello del credito. Nel corso di tutto il 2011, il sistema
bancario ha risposto alla crisi stringendo i cordoni della borsa. Le aziende con maggiore
tensione finanziaria si sono trovate nella condizione di vedersi ridotto sia l'affidamento
bancario classico dello scoperto di conto, sia quello dell'anticipo fatture. Il sistema
bancario ha scaricato sul sistema produttivo tutte le proprie carenze di liquidità sia le
difficoltà derivanti dal rapporto patrimonio-credito fissato dai parametri di Basilea 3.
Come ultima chicca sin è aggiunta la decisione dell'EBA che costringe le banche a
svalutare parte dei titoli detenuti a garanzia e quindi richiede aumenti di capitale a
copertura dei "buchi" creati.
A tal proposito, un emendamento presentato al Decreto Milleproroghe prevede che,
tenuto conto del peggioramento delle prospettive di crescita dell’economia e del rischio
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di recessione, nonché della necessità di evitare che si possa generare una contrazione del
credito verso le imprese e le famiglie, il termine del 30 giugno per la completa attuazione
in Italia di quanto contenuto nella Raccomandazione dell’Autorità bancaria europea
dell’8 dicembre 2011 sia differito fino alla piena operatività di tutti gli strumenti previsti
nella Decisione del Consiglio Europeo del 26 ottobre 2011, ivi compresa quella relativa
all’European Financial Stability Facility
3. Riforma del mercato del lavoro
Intervenire sul mercato del lavoro (nonostante le difficoltà di carattere politico) è proprio
la “madre di ogni liberalizzazione” se non altro per il peso relativo di questo fattore, in
grado di conformare con le sue caratteristiche tutto l’ambiente circostante. Non si
dimentichi che gran parte delle disfunzioni di carattere economico e finanziario sono
state il riflesso di quella rigidità iniziale. Si pensi alle tariffe dei servizi pubblici – specie
nel campo del trasporto pubblico di massa – tenute artificialmente basse – sebbene in
un’organizzazione di tipo monopolistico tesa a privilegiare gli addetti al servizio – per
ridurne l’impatto inflazionistico, per poi scaricare le inevitabili perdite d’esercizio
sull’intera collettività, grazie ad un sistema di trasferimenti a carico del bilancio dello
Stato.
Si propone che l’azione del Governo si realizzi in coerenza con le indicazioni
dell’Unione europea, della Bce, del Fondo monetario e dell’Ocse con riferimento al
mercato del lavoro (impegni presi dal governo Berlusconi il 26 ottobre 2011, approvati
dal Consiglio Europeo nell’ambito della riunione tenutasi lo stesso giorno, validati dalle
ispezioni dei funzionari dell’UE e valutati positivamente nel rapporto Rehn del 29
novembre 2011).
Si tratta di garantire un’efficace protezione dei lavoratori negli stati di inattività, di
promuovere in particolare l’occupazione dei giovani e delle donne, di incoraggiare,
attraverso regole convenienti, la più generale propensione ad assumere. Un rinnovato
accordo Stato-Regioni e un impegno diretto dei datori di lavoro che hanno ridotto il
personale devono consentire di collegare ai sussidi servizi di ricollocamento e attività
mirate di formazione.
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Il completamento degli ammortizzatori sociali si può realizzare senza significativi oneri
di finanza pubblica su base assicurativa e sussidiaria. Ciò vuol dire estendere
l’assicurazione obbligatoria ai settori e ai lavori non protetti incentivando attraverso la
leva fiscale forme integrative di sostegno al reddito volontariamente organizzate dalle
associazioni dei lavoratori e degli imprenditori mediante enti bilaterali.
Gli ammortizzatori devono conservare l’obiettivo di sollecitare quanto più il
mantenimento del rapporto di lavoro anche se appare opportuna la razionalizzazione in
un unico istituto dei sussidi oggi erogati quando un posto di lavoro si consuma (indennità
di disoccupazione, indennità di mobilità, cassa integrazione per cessazione di attività).
Così come il ruolo delle parti sociali si conferma essenziale per governare
consensualmente le ristrutturazioni produttive e occupazionali e per la gestione condivisa
dei mercati locali del lavoro, dal collocamento all’impiego dei fondi bilaterali per la
formazione.
Riconoscere l’importanza delle forme comunitarie per coniugare sicurezza dei lavoratori
e flessibilità delle imprese. La contrarietà al salario minimo garantito è determinata dagli
effetti deresponsabilizzanti nei confronti dei percettori e dalla sua intrinseca esclusione
delle organizzazioni sociali oltre che dai pesanti oneri di finanza pubblica.
La ri-regolazione dei contratti di lavoro deve muovere dal riconoscimento
dell’apprendistato come modalità tipica per l’ingresso nel mercato del lavoro e deve
considerare la modulazione degli orari di lavoro come un modo attraverso il quale
lavoratori e datori di lavoro si adattano reciprocamente. L’area della parasubordinazione,
alla luce delle esperienze realizzate, può essere opportunamente ridefinita in modo da
garantire adeguata protezione a tutti coloro che si caratterizzano nei fatti come lavoratori
socio-economicamente dipendenti.
La contrattazione aziendale, recentemente amplificata nelle sue capacità dall’articolo 8
della manovra estiva, può concorrere a regolare i rapporti di lavoro in modo da
accrescere la produttività, sperimentare deroghe limitate, sviluppare forme di welfare
complementare per i lavoratori e le loro famiglie, attrarre investimenti nelle aree più
difficili. Più le parti si rendono disponibili ad accordi di prossimità, più il legislatore può
contenere la propria iniziativa.
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4. Internazionalizzazione
In un momento di stretta dei consumi e di riduzione della domanda interna, diventa ancor
più necessaria una concreta e articolata politica di sostegno all’internazionalizzazione
delle imprese italiane che supporti le aziende nell’elaborazione di una efficiente strategia
di promozione, nell’individuazione di nuovi mercati e nel consolidamento delle posizioni
acquisite. Al fine di non interrompere il programma di promozione del made in Italy
all’estero si provveda inoltre al più presto all’istituzione dell’Agenzia per
l’internazionalizzazione, elaborata dal governo Berlusconi, ed inserita nel primo decreto
del governo Monti.
Inoltre, la ripresa dell’Italia può realizzarsi a breve solo puntando sull’export e sulla
internazionalizzazione delle imprese sui nuovi mercati. Politica della crescita e della
competizione che può essere favorita anche da un’adeguata politica monetaria di
riallineamento dell’euro sul dollaro, sia per quanto riguarda la competitività delle nostre
merci sui mercati esteri, sia soprattutto per quanto riguarda il turismo in Italia e gli
investimenti esteri sul nostro territorio.
Per rendere più competitive le nostre imprese e più attrattivo il nostro territorio
proponiamo in tempi brevi:
a)
la realizzazione di una Agenzia Italia che svolga il ruolo che in passato
assolvevano Ice ed Enit: promozione del sistema Italia, di imprese ed export,
attrazione degli Ide e promozione del turismo. L’attuale ipotesti di nuova Ice
(Ace) appare infatti inadeguata alla nuova sfida e priva delle risorse necessarie.
L’Agenzia Italia dovrebbe essere una Spa a capitale con prevalenza pubblico sul
modello Simest. Soci pubblici: Sace, Simest, Invitalia, Cdp e Regioni; soci
privati: Abi, Confindustria, Sistema Camerale. Politiche di indirizzo Mise-Mae,
vigilanza Mise. Personale ex Ice-Enit nel numero massimo di 300, di cui almeno
200 nelle sedi estere incardinati presso le rappresentanze diplomatiche;
b)
riordino e razionalizzazione del sistema degli incentivi attualmente allocati presso
gli enti per l’internazionalizzazioni e del credito all’export, vero fattore
competitivo su scala globale soprattutto in questa fase di difficoltà del sistema
bancario;
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c)
attuazione del Regolamento europeo sulla etichettatura obbligatoria del “made
in…” sui prodotti manifatturieri importanti nella UE, già approvato a larghissima
maggioranza dal Parlamento europeo ed attualmente all’esame del Consiglio
Europeo al fine di difendere i consumatori e i produttori europei tanto più
importante in questa fase di riduzione dei consumi e di contrazione
occupazionale;
d)
serrata politica antidumping in sede di politica commerciale europea per
contrastare i fenomeni di concorrenza sleale e lotta alla contraffazione con gli
strumenti della politica nazionale in difesa della produzione nazionale ed europea;
e)
ripresa del negoziato multilaterale in sede WTO per la realizzazione del Doha
round, al fine adeguare le norme alle attuali forze in campo, e politica
commerciale bilaterale dell’Unione con la realizzazione degli accordi di libero
scambio di preminente interesse nazionale.
5. Semplificazione normativa e amministrativa e Società dell’informazione
La pubblica amministrazione è un volano fondamentale della crescita. Occorre rafforzare
le condizioni perché la pubblica amministrazione sia pronta ad accompagnare la ripresa,
svolgendo una funzione di servizio allo sviluppo e non di zavorra burocratica. Ecco
perché la semplificazione, la trasparenza e la meritocrazia sono fondamentali.
Ambiti di intervento:
- incentivare la costituzione di “zone a burocrazia zero” in tutto il territorio nazionale
in via sperimentale per tutto il 2013, anche attraverso la creazione dell’U.L.G. –
Ufficio Locale dei Governi quale autorità unica amministrativa che coinvolga i livelli
locali di governo in passato esclusi;
- semplificare la scrittura dei bilanci delle S.r.l., la digitalizzazione del deposito
dell’atto di trasferimento delle quote delle società e lo snellimento in materia di
vigilanza delle società di capitali e degli organi di controllo;
- ispirare i controlli sulle imprese a criteri di semplicità e proporzionalità, al fine di
evitare duplicazioni e sovrapposizioni che possano recare intralcio al normale
esercizio delle attività imprenditoriali;
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- completare la strategia di revisione della regolamentazione settoriale, elaborando
proposte puntuali di semplificazione dei procedimenti monitorandone gli effetti;
- rafforzare e accelerare l’attuazione del programma di misurazione e riduzione degli
oneri amministrativi derivanti da obblighi di tipo informativo previsti da leggi statali
(MOA). Inoltre, ove la disciplina sia di fonte regionale e locale, rafforzare ed
estendere gli incentivi previsti dalle manovre estive per i procedimenti amministrativi
relativi all’avvio e allo svolgimento dell’attività d’impresa;
- dare piena attuazione della Riforma Brunetta della pubblica amministrazione, in
particolar modo delle misure che rafforzano il ruolo della Commissione per la
Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche (istituita nel
dicembre del 2009);
- proseguire nella piena implementazione del nuovo Codice della Amministrazione
Digitale, completando così il percorso di regolazione per l’e-Government.
6. Liberalizzazioni
In questo ambito, di stretta attualità nel confronto tra il governo e le forze politiche, la
proposta del Popolo della Libertà é di dare immediatamente corso ad una vera attuazione
delle liberalizzazioni che:
- si ponga il problema di aprire al mercato nuove opportunità di investimento e di
svolgimento di servizi di pubblica utilità, lungi tuttavia dall’apparire un intervento
vendicativo e vessatorio verso questo o quello;
- non rappresenti il mero spostamento di quote di fatturato da una categoria all’altra
senza alcuna ipotizzabile crescita di margine produttivo;
- aggredisca i nodi di carattere strutturale, introducendo nei vari settori il principio
della libera concorrenza per:
accrescere la produttività totale dei fattori;
aumentare l’occupazione;
legare i compensi di ciascuno alla sottostante produttività.
Si tratta cioè di dare corpo ad una serie di interventi impegnativi che non consentano di
nascondersi dietro a facili quanto improduttive scorciatoie.
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In ordine di importanza, questo è l’elenco dei settori nei quali riteniamo si debba agire,
con indicazione delle nostre proposte in materia di liberalizzazioni:
6.1.
Energia
6.2.
Trasporti
6.3.
Servizi pubblici locali
6.4.
Settore bancario e assicurativo
6.5.
Servizi postali
6.6.
Telecomunicazioni
6.7.
Distribuzione carburanti
6.8.
Giustizia civile
6.9.
Privatizzazione dell’INAIL
6.10. Diritti d’autore
6.11. Professioni
6.12. Farmacie
6.13. Taxi
6.1. ENERGIA
Il costo dell'energia è il primo handicap per la concorrenzialità delle nostre imprese. Il
settore dell'energia presenta un alto tasso di liberalizzazione, con la separazione di
produzione distribuzione sia nel settore elettrico che nel settore Gas (secondo il modello
ITO definito dalla normativa europea), e con il programma di incentivazione delle fonti
rinnovabili.
Per ridurre i costi in bolletta per cittadini e aziende è necessario però mettere in atto
misure pro-concorrenziali per l'adeguamento infrastrutturale, l'agevolazione del
passaggio ad un nuovo operatore e la riduzione degli oneri di sistema:

Semplificare le normative e stimolare gli investimenti in infrastrutture ritenute
strategiche ai fini del conseguimento degli obiettivi di politica energetica
nazionale, (con riferimento alle misure per agevolare la realizzazione di
infrastrutture energetiche, previste dal Decreto Legislativo n. 93/2011) nei settori
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dell'approvvigionamento gas, raffinazione petrolifera, produzione e distribuzione
elettrica, estrattiva (idrocarburi) e di smaltimento e stoccaggio dei materiali
radioattivi;

agevolare il passaggio di un cliente ad altro operatore integrando il SII (Sistema
informatico integrato);

L’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas deve, inoltre, verificare che i sistemi di
remunerazione e di incentivazione delle attività di competenza dei soggetti
regolati risultino in linea con i valori medi praticati in ambito europeo per
analoghe attività.
6.2. TRASPORTI
Trasporto ferroviario:

separare la rete (RFI del gruppo FFSS) da Trenitalia, per consentire una maggiore
concorrenza tra i diversi vettori:

ridurre il costo per passeggero-chilometro;

diversificare il servizio sotto il profilo qualitativo, con lo sviluppo di un mercato
di servizi ancillari.

vendere le grandi stazioni a nuovi investitori capaci di valorizzare al massimo i
relativi asset;

mettere fine all’obbligo di un contratto unico (modello FFSS) per tutti i
competitori:
- se ne avvantaggerebbe anche il trasporto regionale, oggi quasi interamente
sussidiato dallo Stato senza alcun controllo delle effettive destinazioni, e
quello merci.
- un Regolatore indipendente sovraintende all’intero sistema.
Partendo dalle previsioni di cui al Decreto Legge n. 201/2011 in materia di trasporto
ferroviario:

rendere operativa, con la massima celerità, l’Autorità di regolazione dei Trasporti,
attribuendole esplicitamente il compito di individuare misure idonee a mantenere
in equilibrio il finanziamento degli obblighi di servizio pubblico;
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
precisare che la disponibilità del materiale rotabile già al momento della gara non
costituisce un requisito di partecipazione ovvero un fattore di discriminazione tra
le imprese partecipanti, al fine di agevolare la partecipazione alle gare per
l’affidamento dei servizi di trasporto ferroviario del più ampio numero di
concorrenti. Infatti il tentativo già esperito di liberalizzare il Trasporto Pubblico
Locale ha evidenziato la perdurante esistenza di pericolose barriere all'entrata che
devono essere superate per un auspicabile successo di ogni forma di
liberalizzazione: nelle regioni in cui si è provato a bandire gare pubbliche per la
gestione del servizio ferroviario, Trenitalia concorreva in condizioni di sleale
vantaggio nei confronti di qualunque competitor, dal momento che non è stato in
alcun caso possibile prevedere che all'eventuale diverso vincitore della gara si
sarebbe dovuto trasferire il materiale rotabile sin qui utilizzato dall'azienda di
Stato per l'esercizio del servizio pubblico. E' di tutta evidenza che motrici e
vagoni appartengono al patrimonio della società statale non in ragione di
investimenti operati sugli utili generati, ma in virtù di apporti che lo Stato (e
quindi la collettività per il tramite della sua partecipazione tributaria) ha versato
per rendere possibile l'esercizio dell'attività.
Aprire al mercato significa quindi continuare a garantire che gli strumenti
necessari siano in uso al gestore, qualunque esso sia, fatto salvo il diritto del
cedente
di
vedersi
corrisposti
un
indennizzo
corrispondente
alla
patrimonializzazione dei beni trasferiti.
Trasporto ferroviario regionale:

incentivare il ricorso alla gara da parte delle Amministrazioni Regionali per
l’affidamento dei servizi di trasporto ferroviario regionale, terminata la prima fase
dei vigenti contratti di servizio con Trenitalia.

Liberalizzare la durata dei contratti, abrogando il comma 3-ter dell’art. 2 della
Legge n. 33/2009;

Consentire il libero esercizio del trasporto ferroviario entro i confini nazionali,
anche al di fuori dei contratti di servizio con la Regione, abrogando l’art. 59 della
Legge n. 99/2009:
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- il comma 1 esonera dall’ottenimento della licenza (rilasciata dal
regolatore, cioè dal ministero dei Trasporti) solo le società per cui “la
finalità principale del servizio sia il trasporto di passeggeri tra stazioni
situate in Stati membri diversi”;
- il comma 2 contiene l’assurda possibilità di limitare le fermate
intermedie nel caso in cui “il loro esercizio possa compromettere
l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di
redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto”.
In materia di trasporto autostradale:

includere la regolazione delle infrastrutture autostradali tra le competenze
dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti;

modificare il sistema di revisione delle tariffe previsto dalla convenzione tra
ANAS e Autostrade per l’Italia S.p.A., introducendo:
- il tasso di produttività attesa, al netto del tasso di inflazione;
- un consistente premio per il miglioramento della qualità del servizio e
per i progetti di investimenti futuri.

prevedere una durata delle nuove concessioni non eccessivamente lunga, ancorché
commisurata alle caratteristiche dell’investimento e alla possibilità di una sua
remunerazione.
Per quanto attiene il trasporto merci su gomma:

modificare il Decreto Legge n. 112/2008, eliminando le disposizioni che
impongono, o comunque agevolano, la fissazione di tariffe minime per i servizi di
trasporto merci su gomma.
Relativamente ai trasporti aeroportuali:

recepire in tempi brevi la Direttiva 2009/12/CE, concernente i diritti aeroportuali,
prevedendo modelli di tariffazione:
- non discriminatori;
- orientati ai costi, all’efficienza ed all’incentivazione degli investimenti;
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- con la sorveglianza sul sistema attribuita all’Autorità di Regolazione dei
Trasporti.
6.3. SERVIZI PUBBLICI LOCALI
La presenza quasi esclusiva del pubblico ha determinato fino ad oggi servizi inefficienti e
costi ingenti (i sussidi) per le casse dello Stato; nella giungla che caratterizza il settore
occorre:

individuare le funzioni tipiche dell’Ente locale e privatizzare tutto il resto;
oppure:

ricorrere a gare di evidenza pubblica, degne di questo nome.
Una mappatura di questa galassia indefinita è stata eseguita dalla Guardia di Finanza, la
cui azione si rivolge sempre con maggiore attenzione alla qualità della spesa.
Nel campo del settore idrico, visti gli ingenti investimenti richiesti per la manutenzione
della rete, occorrerà ricorrere a forme di partecipazione dei privati, con modalità che
potranno variare a seconda delle circostanze.
Partendo dalle previsioni di cui al Decreto Legislativo n. 112/2008 (con l’eccezione del
settore idrico):

è necessario operare una forte attività di informazione, persuasione, e
monitoraggio sull’implementazione della norma da parte degli Enti Locali;

può essere utile riflettere sulla produzione di “bandi standard” per le gare;

gli Enti Locali devono essere assistiti nella creazione di competenze nella
regolazione e controllo dei servizi pubblici;

occorre creare un’autorità indipendente, o dare poteri a una esistente, per:
- verificare il rispetto delle convenzioni;
- far fronte al vuoto seguito alla soppressione degli AATO (Autorità
Ambito Territoriale Ottimale).
Partendo dalle norme contenute nel Decreto Legge n. 138/2011:

approvare in modo rapido il Decreto Ministeriale volto a definire i criteri in base
ai quali gli Enti Locali dovranno:
16
- definire in via preliminare gli obblighi di servizio pubblico;
- verificare la possibilità di una gestione concorrenziale dei servizi
pubblici locali di rilevanza economica;
- limitare l’ipotesi di mantenimento della gestione in esclusiva ai casi di
fallimento del mercato.

modificare la previsione che stabilisce la possibilità di deroga alla regola della
gara quando il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento sia pari o
inferiore a 900.000 euro, precisando che l’affidamento in-house è consentito solo
quando:
- a seguito dell’analisi di mercato svolta, non risulti possibile procedere
alla liberalizzazione;
- emergano chiari e diretti benefici derivanti dalla gestione in-house.

limitare i casi di esclusione dalla nuova disciplina ai settori in cui:
- sussistono effettive diverse esigenze;
- vige una specifica normativa che già garantisce l’apertura al mercato.

prevedere che gli Enti Locali possano evitare la scadenza anticipata
dell’affidamento attraverso l’immediato avvio della procedura di cessione ai
privati con gara delle quote della società pubblica, a condizione che:
- il servizio rientri tra quelli non assoggettati alla concorrenza nel mercato
sulla base della delibera quadro;
- la procedura si concluda entro un termine ravvicinato, il cui superamento
comporti sanzioni per l’Ente.

applicare la clausola di salvaguardia solo nel caso di procedure compatibili con le
decisioni assunte dall’Ente Locale ai sensi della nuova disciplina.
Per quanto attiene, ancora, il mercato dell’acqua, occorre:

evitare di mantenere prezzi “politici”, col risultato che non è possibile fare
investimenti e che i problemi si aggravano, istituendo un regolatore indipendente
che possa occuparsi:
- della determinazione delle tariffe, o sorvegliare, con possibilità di intervento
e sanzione, i soggetti preposti;
17
- della regolazione tecnica.

Consentire la presenza dei privati nella gestione del sistema, derogando, laddove
sussistano particolari ragioni, all’obbligo di gara, che comunque deve restare il
meccanismo preferenziale;

Consentire il finanziamento degli investimenti.
6.4. SETTORE BANCARIO E ASSICURATIVO
Partendo dalle previsioni di cui al Decreto Legge n. 201/2011, è necessario:

rafforzare il divieto di cumulo di incarichi nel settore finanziario attraverso
l’introduzione di opportuni obblighi di informativa nei confronti dei regolatori di
settore;

evitare il ricorso a convenzioni, tra gli operatori del settore e associazioni di
operatori concorrenti, per la definizione coordinata di variabili importanti per la
spinta concorrenziale nell’offerta di servizi bancari e di pagamento, come:
- le caratteristiche di alcune tipologie di conti;
- i livelli di costo e di talune commissioni da applicare.

prevedere il divieto a carico dell’operatore bancario, in fase di erogazione di un
mutuo/finanziamento/prestito personale, di figurare al tempo stesso quale
soggetto beneficiario e soggetto intermediario (più in generale collocatore) della
polizza assicurativa.
Con riferimento al Decreto Legislativo n. 11/2010, di attuazione della Direttiva
2007/64/CE in materia di servizi di pagamento nel mercato interno:

rimuovere il divieto per gli esercenti di discriminare tra strumenti di pagamento
elettronici alternativi, anche in relazione agli strumenti di pagamento diversi da
quelli elettronici, ovvero il contante e gli strumenti cartacei;

prevedere il divieto, per le banche convenzionate, di applicare agli esercenti
un’unica commissione per l’accettazione di carte di pagamento di circuiti diversi.
Con riferimento al Codice delle assicurazioni private:
18

prevedere l’adozione, con l’intervento dell’autorità di vigilanza settoriale, di
soglie per i rimborsi ricevuti dalla compagnia del danneggiato;

escludere, dall’ambito della procedura di risarcimento diretto, i danni alla
persona.
6.5. SERVIZI POSTALI
Per garantire l'effettiva realizzazione di un mercato concorrenziale dei servizi postali in
Italia, è necessario, anche attraverso l'attribuzione di esplicite competenze all'Autorità per
le Garanzie nelle Comunicazioni:

il controllo della qualità e della capillarità del servizio postale;

la ridefinizione dei confini del sevizio universale, limitandola ai soli servizi
che non possano essere erogati su tutto il territorio da competitor;
6.6. TELECOMUNICAZIONI
Ai fini del raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda UE 2020:

50% delle linee fisse a 100 mega

100% delle linee fisse ad almeno 30 mega
e della diffusione delle nuove tecnologie LTE è necessario:

rimuovere ingiustificati ostacoli di carattere amministrativo alla realizzazione
delle reti da parte degli operatori del settore e, in particolare, dei nuovi entranti;

stimolare gli investimenti sulla rete fissa e per l'utilizzo delle frequenze TLC per
lo sviluppo delle Reti 4G;

verificare l'evoluzione degli investimenti annunciati, la copertura e la qualità del
servizio nelle aree Nere (investimenti previsti da più di 1 operatore nei prossimi 3
anni), Grigie (investimenti previsti da 1 solo operatore nei prossimi 3 anni);

intervenire, secondo il principio di sussidiarietà, anche stimolando e agevolando
investimenti privati nelle aree Bianche (nessuno investimento previsto nei
prossimi 3 anni).
6.7. DISTRIBUZIONE CARBURANTI
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Al fine di rendere più efficiente la rete di distribuzione carburanti, ed eliminare il GAP di
costo all'utente ad essa riconducibile rispetto agli standard europei, è necessario dare
piena attuazione dell’art. 28 della manovra di giugno che prevede una razionalizzazione
della rete carburanti al fine di incrementare:

l'efficienza del mercato, diffondendo capillarmente il self service (obbligo anche
durante le ore di servizio);

la qualità del servizio ampliando le attività del non-oil.
È possibile inoltre:

Estendere il più possibile l’applicabilità del Fondo per la Razionalizzazione
della Rete previsto dal Decreto Legislativo n. 32/1998, al fine di agevolare
l’uscita dal mercato degli impianti inefficienti;

Integrare la norma del Decreto Legge n. 112/2008, relativa all’apertura del
mercato della distribuzione di carburanti, con una previsione che vieti alle
Regioni di inserire vincoli non previsti dalle norme nazionali all’apertura degli
impianti, per favorire l’accesso a nuovi operatori indipendenti;

Estendere la liberalizzazione delle forme contrattuali:
- ammettendo l’utilizzo di tutte le tipologie previste dall’ordinamento;
- eliminando il vincolo della tipizzazione tramite accordi aziendali.
6.8. GIUSTIZIA CIVILE
Proseguendo sulla linea delle misure definite dal governo Berlusconi in estate,

rafforzare:
- il contrasto della litigiosità;
- la prevenzione del contenzioso (anche attraverso la costituzione presso il
Ministero della Giustizia di un gruppo tecnico che individui situazioni a
forte incidenza di litigiosità e proponga specifici interventi di contrasto).

Completare il progetto già avviato presso il Ministero della Giustizia per la
creazione di una banca dati centralizzata per le statistiche civili e per quelle
fallimentari;
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
Rafforzare i meccanismi incentivanti per gli uffici virtuosi di cui alla Legge n.
111/2011, con l’obiettivo di ridurre la durata delle controversie civili di almeno il
20% in 3 anni.

Attribuire alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed
intellettuale la competenza in materia di:
- azioni di nullità e di risarcimento del danno;
- ricorsi intesi ad ottenere i provvedimenti d’urgenza, anche inibitori, per
la violazione di disposizioni contenuti nella normativa Antitrust nazionale
e comunitaria.
6.9. PRIVATIZZAZIONE DELL’INAIL
Con riferimento alle assicurazioni sugli infortuni sul lavoro:

privatizzare l’INAIL, che oggi non opera con criteri strettamente assicurativi
(premio commisurato al rischio effettivo di ciascun comparto);

aprire il mercato ad altre compagnie private in concorrenza tra loro.
Contestualmente all’abolizione del Regio Decreto n. 264/1933, che istituì il monopolio
dell’INAIL, il governo dovrebbe essere delegato dal Parlamento a riformare il settore
delle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, con i seguenti criteri e principi direttivi:

liberalizzare il mercato delle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, con
soppressione delle norme vigenti che prevedono riserve legali a favore di soggetti
pubblici o privati;

aprire all’accesso ed esercizio dell’attività di assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro da parte di imprese private di assicurazione o di riassicurazione;

definire un obbligo a carico dei datori di lavoro di stipulare, con oneri interamente
a proprio carico, una polizza assicurativa per tutti i lavoratori da essi dipendenti;

definire un sistema di regole per il mercato residuale, gestito da un organismo a
prevalente partecipazione pubblica, al fine di consentire l’assolvimento
dell’obbligo assicurativo da parte dei datori di lavoro che non abbiano avuto
accesso alla sottoscrizione di un contratto con imprese private di assicurazione.
6.10. DIRITTI D’AUTORE
21
Superare il monopolio SIAE sui diritti d’autore seguendo l’esempio inglese,
caratterizzato da:

pluralità di soggetti;

efficienza maggiore;

riduzione dei costi a favore dei singoli produttori culturali.
6.11. PROFESSIONI
Nell’intervenire nel campo delle professioni occorre tenere conto:

dei diversi profili di carattere giuridico;

della base di carattere costituzionale che ne giustifica i postulati.
Per gli avvocati, ad esempio, la qualificazione tecnica è essenziale al fine:
- del “diritto alla difesa” (art. 3 e 111 Cost);
- di garantire un “giusto processo” (art. 24 Cost; Convenzione europea dei diritti
dell’uomo; Patto internazionale sui diritti civili e politici).
La certificazione dei notai poi, resta essenziale fino a quando la P.A. non sarà attrezzata
(catasto e organizzazione dei Tribunali) per garantire la certezza della certificazione.
Per le farmacie si dovrà tener conto delle caratteristiche sia finanziarie sia costituzionali
(art. 32 Cost.) che regolano il nostro sistema sanitario.
Le riforme dei relativi ordini non possono far venire meno questi presupposti di natura
pubblicistica; occorrerà ridurre le barriere all’accesso, ma senza giungere a forme di
completa e anarchica liberalizzazione, grazie ad un colloquio serrato con le categorie
interessate.
6.12. FARMACIE
Sulle farmacie si è sviluppato un acceso dibattito su quello che, a nostro avviso, è un
falso problema: l’apertura alla vendita delle medicine della cosiddetta “fascia C” anche al
di fuori delle farmacie, ovvero nelle parafarmacie e nei supermercati. E’ nostro preciso
convincimento, al contrario, che in nessun caso si debba prevedere la vendita fuori dalle
farmacie di prodotti per i quali è prescritto l’obbligo di ricetta medica, al pari di quanto
avviene in ogni parte del mondo con rarissime e poco autorevoli eccezioni
22
(preoccupazioni, in tal senso, sono emerse tanto dall’Agenzia Italiana del Farmaco
quanto dagli Istituti Europei competenti).
La farmacia, che non a caso è uno degli istituti che gode del maggior credito da parte dei
cittadini, è un elemento integrato nel sistema socio sanitario, è capillarmente presente sul
territorio, forte delle sue 18.000 unità, addirittura superiore alla diffusione degli sportelli
postali. Esse hanno, a differenza di ogni altra attività, obblighi connessi non solo ad
adempimenti formali soggetti a controlli di carattere igienico-sanitario, ma svolgono
mansioni in nome e conto dello Stato, finanziano la struttura anticipando la spesa
farmaceutica a volte per numerosi mesi, sono obbligate a rendere alcuni servizi non
retribuiti, devono garantire alcune offerte merceologiche, sono soggette a formazione
continua per il titolare ed i dipendenti addetti alla dispensazione (tutti rigorosamente
farmacisti), necessitano di investimenti per l’apertura ed il mantenimento della struttura.
Devono distribuire, segnalandone l’opzione alla clientela, i farmaci generici sostitutivi di
quelli indicati in ricetta, benché gli stessi comportino un margine assai minore;
gestiscono il controllo e l’eliminazione dei cosiddetti “invendibili”, hanno responsabilità
civili e penali connesse al trattamento degli stupefacenti e tanto altro ancora.
Si aggiunga, che l’eventuale allargamento delle realtà preposte alla vendita potrebbe
comportare – come è avvenuto in tutti i Paesi in cui si è tentata una parziale apertura - la
crescita del ricorso al farmaco da parte dei cittadini, e questa è una circostanza contro la
quale ogni Stato è chiamato ad operare la massima vigilanza.
Ciò detto, con lo scopo di rendere più agevole l’accesso da parte di tutta la cittadinanza,
siamo favorevoli ad una riorganizzazione del lavoro e del sistema di diffusione delle
farmacie che si realizzi tramite i seguenti interventi:

Attuare un programma di ammodernamento del servizio farmaceutico, in linea
con il quadro europeo, che preveda la riduzione del rapporto farmacie/abitanti,
rendendolo uniforme su tutto il territorio nazionale, in modo da consentire
l’apertura di circa 2.000 nuove farmacie. Ciò ovviamente deve tendere
all’apertura di nuove farmacie negli ambiti territoriali sin qui non presidiati,
giacchè sarebbe inutile al fine l’estensione del numero di farmacie nelle zone già
servite;
23

Istituzione di farmacie in deroga al criterio demografico, nei centri commerciali
con superfici superiori a 10.000 mq, nelle grandi stazioni, nei porti e negli
aeroporti civili a traffico internazionale, purché sia rispettata una distanza minima
di 1.500 metri tra il confine perimetrale della struttura e la soglia della farmacia
più prossima;

Istituzione di un fondo di solidarietà finalizzato a garantire un reddito certo alle
farmacie dei Comuni minori;

Semplificazione delle procedure concorsuali, con la previsione di un concorso
straordinario per soli titoli, riservato a non titolari, a titolari di farmacia rurale
sussidiata e ai titolari di farmacie rurali sopranumerarie;

Attivazione del tavolo, istituito ai sensi del D.L. 78/2010, convertito nella L.
122/2010, per la revisione della metodologia di remunerazione delle farmacie;

Recupero della dispensazione in farmacia dei medicinali innovativi;

Apertura di dispensari stagionali per le zone di rilevante interesse turistico, da
assegnarsi tramite concorso pubblico;

Introduzione di una disciplina flessibile per orari, turni e ferie delle farmacie;

Piena attuazione della L. 69/2009 in materia di servizi delle farmacie, in modo
tale da rendere ancora più ampia la gamma delle prestazioni a favore di cittadini.
In via esemplificativa, riteniamo che il rafforzamento del ruolo delle farmacie
quale parte integrante del sistema socio sanitario passi attraverso la possibilità di
essere riconosciute come presidio sanitario di primo intervento, riconoscendo la
possibilità di avere personale infermieristico o autorizzato a rendere prestazioni
quali medicazioni di base o vaccinazioni; potestà di offrire assistenza domiciliare
integrata; di operare – anche in forma concertata con le autorità competenti –
campagne periodiche di prevenzione e screening sulle patologie maggiormente
diffuse;
servizio di prenotazione e ritiro degli esami; collaborazione con le
aziende sanitarie e le regioni nel monitoraggio della spesa farmaceutica, tramite
l’analisi di anomalie e scostamenti di prescrizioni e consumi.
6.13. TAXI
24
Al fine di efficientare il sistema e l’offerta al consumatore è necessario provvedere ad una
revisione che tenga conto delle differenti realtà locali:

delegando l'Autorità competente;

con il coinvolgimento delle associazioni di categoria.
Conclusioni
In conclusione di questo nostro contributo, non si può non tornare sulle considerazioni di
carattere generale già anticipate in apertura:
La situazione finanziaria internazionale, già grave di per sé, si è ulteriormente allargata
per quello che riguarda l’Italia con la retrocessione del rating da parte di Standard &
Poor’s, al netto delle considerazioni sulla vera o presunta terzietà delle agenzie di rating
sulle quali sarà comunque doveroso tornare nell’immediato futuro.
In ragione di ciò è nostro convincimento che la fase di avvio delle liberalizzazioni non
possa essere ulteriormente rimandato, ma che le stesse debbano riguardare i veri mercati
capaci di liberare forze di sviluppo e di interesse economico, quali l’energia, i trasporti, i
servizi pubblici locali ecc.; in questo rigettando l’idea che il tema possa essere
dialetticamente superato con operazioni di facciata, realizzate a misura su circoscritte
categorie il cui eventuale contributo al mercato esterno sarebbe al massimo pari alla
capacità economica che esse perderebbero, generando nella migliore delle ipotesi un
saldo pari a zero per i benefici complessivi dell’intervento.
Contemporaneamente, ribadiamo che non è più possibile non affrontare il nodo
dell’abbattimento del
debito pubblico con misure di finanza straordinaria e la
conseguente dismissione di larga parte del patrimonio mobiliare ed immobiliare dello
Stato.
Solo avendo alle spalle l’avvio di queste due vere e proprie rivoluzioni di sistema, sarà
possibile affrontare concretamente il tema della crescita, per la quale riteniamo
indispensabile anzitutto una riduzione della pressione fiscale sulle imprese e del costo del
lavoro.
Ultima riflessione, ma non per questo meno rilevante proprio in questa fase dei rapporti
internazionali, la necessità di aprire una contrattazione assai incisiva con l’Europa,
25
rivendicando l’opportunità di ridefinire modalità e potestà di intervento degli strumenti
comuni di governo del sistema economico e finanziario continentale.
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