Sentire bene per allenare la mente

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Sentire bene per allenare la mente
2013
ANZIANI e UDITO
Sentire meglio per vivere meglio
SENTIRE BENE
PER ALLENARE
LA MENTE
CONSENSUS
PREMESSA AL TESTO
Metodologia
Questa pubblicazione è frutto di un’analisi condotta utilizzando fonti bibliografiche internazionali,
una serie di studi clinici e di laboratorio che riguardano i possibili benefici degli apparecchi acustici
nella conservazione e nello sviluppo delle capacità cognitive.
Gruppo di lavoro
Questo Consensus Paper è il risultato di una revisione della letteratura scientifica disponibile
sull’argomento a cura di:
Prof. Roberto Bernabei - Direttore Dipartimento per l’Assistenza Sanitaria di Geriatria, Neuroscienze
e Ortopedia - Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma, Italia;
Prof. Frank R. Lin, M.D. Ph.D. - Assistant Professor of Otolaryngology-Head & Neck Surgery, Geriatric
Medicine, Mental Health, and Epidemiology - Johns Hopkins University - Baltimore, United States;
Prof. Sophia E. Kramer, Ph.D. - Associate Professor - VU University Medical Center, Dept. of ENT /
Audiology, EMGO Institute - Amsterdam, The Netherlands;
Prof. Alessandro Martini - Direttore Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso e Professore
Ordinario di Otorinolaringoiatria - Azienda Ospedaliera Università di Padova - Italia;
Centro Ricerche e Studi Amplifon (CRS) - Milano, Italia.
INDICE
Prefazione3
01Scenario sociale ed epidemiologico 7
02 Correlazione fra ipoacusia e invecchiamento cognitivo 11
03 Ipoacusia, cognitività e soluzioni uditive 15
04 Conclusioni21
Prospettive di ricerca25
1
SOMMARIO
Anche se le difficoltà uditive possono manifestarsi in qualsiasi momento della
vita, la loro prevalenza aumenta considerevolmente con l’età. Più del 40%
delle persone tra 60-69 anni di età presenta infatti una forma significativa di
ipoacusia e l’incidenza di questo disturbo aumenta fino al 90% nelle persone
con più di ottant’anni. Con una popolazione mondiale in continua crescita,
anche grazie a migliori cure sanitarie e a una più attenta alimentazione, nel
prossimo futuro è previsto un incremento considerevole di persone over 60;
secondo le Nazioni Unite entro il 2050 ci saranno nel mondo 1,95 miliardi di
ultrasessantenni, pari al 21% della popolazione globale. L’invecchiamento della
popolazione sta altresì alimentando il numero di persone affette da forme di
demenza e decadimento cognitivo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità
stima che il numero attuale di persone affette da demenza sia di 36 milioni,
ma prevede che questo numero triplicherà entro il 2050.
Varie ricerche dimostrano come le persone affette da sordità siano
maggiormente predisposte a sviluppare forme di decadimento cognitivo.
Un’ampia ricerca ha evidenziato come, rispetto ad un gruppo di controllo di
normoudenti, le persone affette da sordità di grado lieve, medio e grave abbiano
rispettivamente una possibillità di 2, 3 o 5 volte maggiore di sviluppare un
deterioramento delle funzioni cognitive. Anche se il legame specifico fra le due
condizioni resta sconosciuto, è stata suggerita l’ipotesi che il maggior sforzo
mentale, associato ad un maggiore isolamento sociale legato alla sordità,
possa rappresentare una delle maggiori cause cui imputare l’aumento dei casi
di demenza.
Questo documento esamina le informazioni attualmente disponibili in
relazione al beneficio potenziale della riabilitazione uditiva nel mantenimento
e nell’aumento delle abilità cognitive. Le informazioni attuali sono limitate e
non sono esaustive, tuttavia tendono a suggerire un effetto positivo dell’uso
delle soluzioni uditive. Nel caso in cui fosse possibile dimostrare attraverso una
ricerca clinica che gli apparecchi acustici possono ritardare il deterioramento
delle abilità cognitive, gli effetti sarebbero di enorme valore.
2
Prefazione
3
Prefazione
Prof. Roberto Bernabei - Direttore Dipartimento per l’Assistenza Sanitaria di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma, Italia.
Gli italiani ed il mondo occidentale invecchiano con tale
imprevista rapidità da cogliere la politica e lo stesso
mondo medico-sanitario in generale impreparati e,
comunque, spesso curiosamente conniventi nell’eludere
il problema. Per quanto riguarda la politica si elude per
non doversi impegnare in un complesso ridisegno del
sistema assistenziale; per i professionisti del settore
sanitario perché gli anziani sono complicati e time
consuming. Invece le implicazioni, i collegamenti, i
cambiamenti che l’invecchiamento determina sono
intensi di novità, pieni di sorprese, ricchi di ritorni. Per
la politica e per i medici.
a guadagnare tre/quattro mesi di aspettativa di vita
ogni anno che passa, che una donna su due ci lascia
dopo i 90 anni, che il traguardo degli 80 anni è comune
per molti e che la curva della mortalità non crolla
clamorosamente, come accadeva fino a 50 anni fa,
dopo il raggiungimento di questa età, ma scende, anzi,
dolcemente. Questi dati demografici hanno un impatto
forte su quelli epidemiologici e determinano la nascita
di realtà nuove ed insospettabili. In Italia ci sono quasi
13 milioni di persone con più di 65 anni d’età: stanno
quasi tutti bene e a 70 anni quelli che hanno deficit
di funzione o deficit cognitivi sono meno del 10%. Ciò
significa che il 90% degli over 65, anche se portatore
di una o più malattie, è sostanzialmente dotato di una
soddisfacente qualità della vita. È oggi, per fortuna,
osservazione comune vedere ultrasettantenni fare
esattamente quello che facevano a 50 anni.
Rimaniamo però nel settore di cui si occupa questo
Consensus Paper, la stretta relazione tra mente e udito.
Se è molto probabile che chi nasce oggi arrivi a vivere
100 anni, è certo che chiunque viva già oggi continua
4
C’è però un’altra serie di fenomeni che si presentano
proprio per l’allungamento della vita e possono
determinare problemi importanti anche quando si
collocano all’interno di questa longevità attiva. Così
come dopo i 50 anni siamo tutti o quasi colpiti dalla
presbiopia, e nessuno ci fa nemmeno caso, arrivare
a “dopo i 70” o “dopo gli 80” vuol dire incorrere in
fenomeni come la diminuzione della massa magra
e quindi nel rallentamento dell’andatura o nella
diminuzione del senso della sete e quindi nella
disidratazione e secchezza cutanea. Oltre a ciò,
nell’ambito della sfera cognitivo sensoriale che stiamo
discutendo si affermano, come vedrete affrontati più
in dettaglio, altre due problematiche “correlate all’età”:
la demenza ed il deficit dell’udito. I numeri a riguardo
sono elevati: oltre il 50% delle persone con più di 85
anni ha un deficit cognitivo e alcuni affermano che se
non troveremo una terapia rischiamo di arrivare a 100
anni, certo, ma senza accorgercene.
accompagna ad un altro spauracchio dell’invecchiamento:
la caduta. Chi ci sente poco cade di più! E cadere vuol
dire aumentare la possibilità, vista l’osteoporosi, di
frattura del femore e inizio della “cascata” di problemi
geriatrici che sorgono dalla disabilità. E la disabilità
fa male: non si muore per malattia da vecchi, ma
per sopravvenuta disabilità. Chi ha studiato quanto
succede nelle popolazioni anziane ha infatti visto che è
caratteristica comune la multimorbidità, cioè la presenza
di due/tre o più malattie negli anziani di oggi. Ma questi
anziani multimorbidi muoiono solo quando si affianca
alle malattie la disabilità, quando cioè il corpo funziona
male. Allora il paradosso può essere che per un “banale” e
rimediabile deficit uditivo si accentui un deficit cognitivo
e si cada, ci si fratturi il femore, si diventi disabile e…
Se un bambino sente poco è automatico suggerire
una soluzione acustica, se un cinquantenne non riesce
più a leggere il giornale è automatico che inforchi gli
occhiali: è mai possibile che su 7 milioni di ipoacusici
solo 700.000 portino gli apparecchi acustici?
C’è poi il deficit dell’udito, accompagnamento
implacabile della longevità e, come vi sarà riferito da
questa pubblicazione, capace di determinare demenza
facilitandone l’insorgere. Non solo, il deficit uditivo si
Questo Consensus Paper vuole darvi argomenti perché
questo accada sempre meno.
5
6
01
Scenario sociale
ed epidemiologico
7
Scenario sociale ed epidemiologico
Revisione a cura del Prof. Frank R. Lin, M.D. Ph.D. - Assistant Professor of Otolaryngology-Head & Neck Surgery,
Geriatric Medicine, Mental Health, and Epidemiology - Johns Hopkins University - Baltimore, United States.
Grazie ad una migliore nutrizione e alle maggiori cure
per le malattie, l’aspettativa di vita a livello mondiale
sta aumentando annualmente ed è plausibile prevedere
che continuerà allo stesso modo nel prossimo futuro.
Secondo le Nazioni Unite, la popolazione mondiale
complessiva passerà dai 6,9 miliardi del 2010 ai 9,3
miliardi di persone nel 2050 e fra il 2000 e il 2050 la
percentuale di persone ultrasessantenni raddoppierà
(dal 10% al 21% della popolazione mondiale). Questo
equivale ad un incremento da 0,69 miliardi fino a 1,95
miliardi di persone.
Estimated total number of the global population
older than 60 years (in millions)
Estimated global population > 60 years old
2500
2000
1500
1000
500
0
2000
2010
2020
2030
2040
2050
Grafico 1: Stima della popolazione mondiale ultrasessantenne (Fonte:
Lin et al, Arch Intern Med, 2011 and United Nations – Department of
Economic and Social Affairs – Population Division).
8
01
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Un altro elemento potenzialmente in grado di incidere sul
numero di giovani affetti da ipoacusia è rappresentato dal
diabete. Nel mondo si prevede che la percentuale di adulti
diabetici passerà dal 2,8% del 2000 al 4,4% nel 2030. La causa
principale di questo aumento è attribuibile al drammatico
problema dell’obesità. Gli adulti diabetici (di età compresa tra
20 e 69 anni) hanno un 21% di possibilità di essere affetti da
ipoacusia, contro il 9% degli adulti non diabetici. L’aumento
quindi del numero di persone diabetiche, in modo particolare
tra i giovani, porterà ad un incremento di soggetti giovani
affetti da disturbi uditivi.
>8
0
12
-1
9
20
-2
9
30
-3
9
40
-4
9
50
-5
9
60
-6
9
70
-7
9
% of the age group with hearing loss
of 25 dBHL or greater in both ears
Prevalence of hearing loss per age group
Grafico 2: L’effetto dell’età sulla perdita uditiva. Dai 40 anni di età
l’ipoacusia di grado lieve o superiore aumenta quasi del 20% ogni 10 anni
(Fonte: Lin et al, Arch Intern Med, 2011).
Un altro grave problema di salute che aumenta con
l’invecchiamento è rappresentato dalla demenza. A partire
dai 70 anni di età la percentuale di persone affette da
demenza aumenta dell’1% all’anno. Questo andamento è
più diffuso tra gli uomini rispetto alle donne.
Attualmente vi sono 590 milioni di persone nel mondo
affette da sordità. Con il costante aumento della
popolazione mondiale è prevedibile che questo numero
raddoppi entro il 2050, fino ad arrivare a 1,2 miliardi di
persone. L’aumento sarà più evidente nella fascia di età
al di sopra dei sessant’anni.
Prevalence of dementia per age group
1400
HI > 60 years
Female
Male
35%
Prevalence of dementia
Estimated global population (in millions)
with hearing loss: > 25 dBHL in both ears
Estimated global population with
hearing loss from 2000 to 2050
HI =< 60 years
1200
1000
800
600
30%
25%
20%
15%
10%
5%
400
0%
200
60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89
90+
0
2000
2010
2020
2030
2040
2050
Grafico 4: Prevalenza di demenza per gruppi di età (Fonte: Launer et al,
Neurology 1999).
Grafico 3: Stima della popolazione mondiale affetta da ipoacusia
dall’anno 2000 al 2050. La quota di sessantenni aumenta ogni decennio
(Fonte: Lin et al, Arch Intern Med, 2011 and United Nations – Department
of Economic and Social Affairs – Population Division).
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il numero
stimato di persone al mondo che convivono con la
demenza è attualmente di 36 milioni di individui.
Questo numero raddoppierà entro il 2030 e
triplicherà entro l’anno 2050.
Il diffondersi dell’uso di dispositivi per la protezione dell’udito
e una generale riduzione dei livelli sonori in ambienti di lavoro
9
03
02
Sfortunatamente però gli adolescenti e i giovani (fra i 12 e
19 anni di età) ascoltano sempre più spesso la musica con i
lettori MP3 a volumi molto elevati e raramente fanno uso di
otoprotettori in ambienti rumorosi come ad esempio feste
e luoghi di ritrovo. Il numero di questi adolescenti affetti da
ipoacusia è aumentato del 30% negli ultimi 15 anni (dal
14,9% del periodo 1988-1994 al 19,5% tra il 2004-2005).
04
hanno avuto effetti positivi nella riduzione delle persone che
soffrono di ipoacusia per cause riconducibili al lavoro.
Un possibile fattore di rischio legato all’invecchiamento
della popolazione è l’ipoacusia. Una recente ricerca
effettuata negli Stati Uniti da Lin e Colleghi ha evidenziato
come il numero di persone affette da sordità bilaterale di
grado lieve o superiore aumenti con l’età.
The growth of the estimated
global population with dementia
The estimated number of the
global population
(in millions) with dementia
140
120
100
80
60
40
20
0
2010
2020
2030
2040
2050
Grafico 5: Crescita stimata della popolazione mondiale affetta da demenza
(Fonte: Demenza: una priorità per la Salute pubblica – Organizzazione
Mondiale della Sanità e Associazione Internazionale Alzheimer).
Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la demenza
rappresenta una delle maggiori priorità per la salute
pubblica, che richiede dunque l’intervento dei sistemi
sanitari nazionali a livello mondiale.
Grazie ad un’alimentazione più attenta e ad una
maggiore cura della salute la nostra aspettativa di vita
sta aumentando, con la previsione di una popolazione
mondiale di ultrasessantenni raddoppiata entro il
2050. Contemporaneamente il numero di persone che
nel mondo soffrono di ipoacusia (attualmente stimato
intorno ai 590 milioni) sta aumentando costantemente e,
con l’incremento della popolazione mondiale, si stima che
raddoppierà raggiungendo 1,2 miliardi di persone entro il
2050. Infine, si prevede che la popolazione mondiale dei
soggetti affetti da demenza, attualmente di 36 milioni di
persone, triplicherà sino ad arrivare a quota 115 milioni
entro il 2050.
Esiste un legame significativo fra ipoacusia e decadimento
cognitivo, aspetto che sarà trattato più approfonditamente
nel prossimo capitolo. Considerato il sensibile aumento
della popolazione mondiale e l’incremento stimato delle
persone affette da ipoacusia, è evidente quanto forte sia
la necessità di intraprendere azioni al fine di scongiurare un
incremento ulteriore della stima di 115 milioni di persone
che entro il 2050 soffriranno di demenza.
Riferimenti bibliografici
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from the National Health and Nutrition Examination Survey, 1999 to 2004. Ann Intern Med 2008;149:1–10.
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EURODEM pooled analyses. Neurology 1999;52;78–84.
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Development 2012, New York, September 2012. www.un.org/.../population/.../2012WorldPopAgeing
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Dementia a public health priority. Geneva 2012. whqlibdoc.who.int/publications/2012/9789241564458_eng.pdf
10
02
Correlazione fra
ipoacusia e
invecchiamento
cognitivo
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Correlazione fra ipoacusia e invecchiamento
cognitivo
Revisione a cura del Prof. Frank R. Lin, M.D. Ph.D. - Assistant Professor of Otolaryngology-Head & Neck Surgery,
Geriatric Medicine, Mental Health, and Epidemiology - Johns Hopkins University - Baltimore, United States.
La relazione fra ipoacusia e demenza in persone anziane
è stata oggetto di varie ricerche cliniche. Questi studi
hanno dimostrato che i soggetti affetti da ipoacusia,
confrontati con i coetanei che non ne soffrono, sono
significativamente più predisposti a sviluppare la
demenza.
In una delle prime ricerche pubblicate nel 1989, Richard
Uhlmann e Colleghi hanno effettuato una comparazione
fra 100 soggetti con demenza e un gruppo di controllo
composto da altri 100 soggetti sani. Uhlmann è arrivato
alla conclusione che l’ipoacusia, negli anziani, rappresenta
un fattore in grado di contribuire alla compromissione
delle facoltà cognitive, secondo una relazione di
proporzionalità diretta: maggiore il livello d’ipoacusia,
maggiori le possibilità di sviluppare la demenza.
Una dettagliata analisi dei dati ha evidenziato che la
percentuale di pazienti con demenza potenzialmente
causata da difficoltà uditive potrebbe arrivare addirittura
al 32% del totale. La ricerca ha inoltre evidenziato che
l’ipoacusia si associa a ridotta funzione cognitiva, anche
in pazienti non colpiti da demenza.
Il lavoro del Dr. Uhlmann ha messo in luce come, in fase di
diagnosi di demenza, i clinici devono essere particolarmente
attenti a segnalare un’eventuale presenza d’ipoacusia. In
parallelo, l’ipoacusia potrebbe rappresentare un importante
fattore di rischio per l’insorgenza di demenza e disturbi
cognitivi. Se ciò fosse vero, qualsiasi correzione dell’ipoacusia
non sarebbe in grado di “prevenire” la progressione della
demenza ma potrebbe potenzialmente attenuarne i sintomi.
Questo renderebbe la correzione uditiva un’opportunità
promettente per il trattamento dei disturbi cognitivi nelle
persone anziane, in particolare perché attualmente non
vi sono altri metodi per rallentare la progressione delle
demenze comuni, come ad esempio l’Alzheimer.
Frank Lin, otorinolaringologo ed epidemiologo presso
la Johns Hopkins School of Medicine, insieme a suoi
collaboratori ha effettuato una ricerca più approfondita,
seguendo 639 pazienti per 18 anni. All’inizio della ricerca
12
01
02
Anche dopo aver preso in considerazione altri fattori
associati al rischio di demenza, inclusi diabete, pressione
sanguigna elevata, età, sesso e razza, è stato tuttavia
possibile dimostrare il legame forte fra ipoacusia e demenza.
Anche se la causa del legame fra le due condizioni,
ipoacusia e invecchiamento cognitivo, resta sconosciuta,
i ricercatori suggeriscono l’ipotesi di una patologia
comune; in alternativa, ipotizzano che gli sforzi
necessari all’elaborazione dei suoni durante l’arco di
vita potrebbero sovraccaricare il cervello delle persone
affette da difficoltà uditive, rendendole maggiormente
esposte all’insorgenza della demenza. Un’altra possibilità
avanzata dal ricercatore è che l’ipoacusia potrebbe
condurre all’invecchiamento cerebrale rendendo gli
individui più isolati socialmente, un fattore di rischio
conclamato sia per la demenza sia per altri disturbi
cognitivi.
Risk of developing dementia in relation
to hearing loss
(Uhlmann et al, 1989 & Lin et al, 2011)
Risk of developing dementia
6
Mild Hearing
Loss
5
4
Moderate
Hearing Loss
3
La ragione del legame tra perdita uditiva e diminuzione
delle abilità cognitive è tuttora sconosciuta. Gli studiosi
suggeriscono che una patologia comune potrebbe essere
alla base di entrambi questi problemi di salute. Secondo
quanto emerso dalla ricerca infatti poiché l’ipoacusia
comporta negli anni un grande “sforzo del cervello”
per decodificare i suoni in informazioni utili, chi ne è
affetto diventa sempre più vulnerabile alla demenza.
Inoltre, con lo sviluppo della perdita uditiva, si rischia
di diventare socialmente più isolati, diventando meno
invogliati ad uscire e meno disposti a farsi coinvolgere
in conversazioni. Uno dei maggiori fattori di rischio per
l’insorgere della demenza è l’isolamento sociale.
Severe
Hearing Loss
2
1
0
Uhlmann et al (1989)
Lin et al (2011)
Grafico 6: Il rischio di sviluppare demenza aumenta con il livello d’ipoacusia.
La ricerca di Uhlmann (istogrammi di sinistra), definisce sordità lieve quella
compresa tra 21 e 29 dB, media tra 30 e 39 dB e grave come medio-grave =>
40 dB, mentre nella ricerca di Lin et al (istogrammi a destra) l’ipoacusia lieve è
compresa tra 25 e 40 dB, la media tra 41 e 70 dB, la grave => 70 dB di perdita
uditiva (Fonte: Uhlmann et al, JAMA 1989 & Lin et al, Arch Neurol, 2011).
I risultati del gruppo di lavoro di Lin hanno trovato
conferma in una recente ricerca effettuata da Gallacher
e Colleghi, pubblicata nel 2012. In questo studio è
stato monitorato per 17 anni un totale di 1057 uomini,
valutando il livello uditivo all’inizio dello studio e poi
nuovamente dopo nove anni, oltre che l’eventuale
insorgere di demenza e il livello di declino cognitivo. Gli
autori della ricerca hanno evidenziato un forte legame
fra la presenza d’ipoacusia, demenza e declino cognitivo.
Questi risultati suggeriscono dunque che è possibile
ritardare l’invecchiamento cognitivo tramite l’adozione di
semplici rimedi, come l’uso di apparecchi acustici e una
maggiore attenzione verso la prevenzione e l’identificazione
precoce della sordità. Un fattore critico potrebbe anche
essere il modo in cui gli apparecchi acustici sono utilizzati, in
particolare la loro corretta programmazione e il counselling
fornito dall’audioprotesista.
13
03
Per ogni 10 dB (A) di aumento del livello d’ipoacusia,
paragonato a normali livelli uditivi per la stessa fascia
d’età, il rischio di demenza aumenta di 2,7 volte. Un
altro riscontro interessante è stato verificare come
l’associazione tra le due patologie fosse più marcata
quando i test venivano somministrati da un intervistatore
rispetto a quelli erogati mediante un computer.
04
in nessuno dei soggetti fu riscontrato un danno cognitivo,
anche se alcuni soggetti erano affetti da ipoacusia.
Durante i 18 anni di follow up fra i 639 pazienti sono
stati diagnosticati 58 casi di demenza. Effettuando una
comparazione con individui normoudenti, i soggetti affetti
da ipoacusia lieve, media e grave, avevano rispettivamente
2, 3 e 5 volte un rischio più alto di sviluppare demenza.
Riferimenti bibliografici
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2. Gallacher J, Ilubaera V, Ben-Shlomo Y, et al. Auditory threshold, phonologic demand, and incident dementia.
Neurology 2012;79:1583–90.
3. Lin FR. Hearing loss and cognition among older adults in the United States. J Gerontol A BiolSci Med Sci
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8. McAlpine D. Viewpoint: Does deafness contribute to dementia? BBC News 4 December 2012.
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11. Hearing Aid Gap: Millions Who Could Benefit Remain Untreated. Hopkinsmedicine, press release, Feb 2012.
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03
Ipoacusia,
cognitività
e soluzioni
uditive
15
Ipoacusia, cognitività e soluzioni uditive
Revisione a cura della Prof.ssa Sophia E. Kramer, Ph.D. - Associate Professor - VU University Medical Center, Dept. of
ENT / Audiology, EMGO Institute - Amsterdam, The Netherlands.
Negli ultimi decenni c’è stato un rapido aumento del
numero di ricerche che hanno evidenziato come la
comprensione del parlato in ambienti d’ascolto impegnativi
sia influenzata dalle capacità cognitive dell’individuo. In
queste attività entrano in gioco sia processi bottom-up
(il percorso dall’orecchio sino al cervello) che top-down
(i sistemi centrali necessari per l’interpretazione delle
informazioni). Non è quindi più possibile ignorare il ruolo
della sfera cognitiva nelle ricerche sulle abilità uditive.
La rilevanza dei processi cognitivi dipende dalle esigenze
uditive. Quando le condizioni d’ascolto sono difficili, a
causa del rumore o della stessa sordità, la necessità che i
processi cognitivi contribuiscano alla comprensione del
parlato aumenta.
Esistono almeno cinque funzioni cognitive associate in
maniera significativa alla comunicazione verbale:
a) la velocità nell’elaborazione delle informazioni;
b) l’abilità di usare il contesto linguistico;
c) l’attenzione;
d) la memoria di lavoro (l’abilità di immagazzinare
simultaneamente informazioni ed effettuare la loro
elaborazione nella memoria);
e) l’integrazione linguistica (o l’abilità di leggere un testo
parzialmente incompleto).
Tutte le funzioni cognitive elencate, eccezion fatta per la
capacità di sfruttare il contesto linguistico, diminuiscono
con l’età.
16
01
Anche se la demenza è frequentemente indicata come
“disfunzione cognitiva”, non dovrebbe essere confusa con
la ridotta capacità di una qualsiasi delle funzioni cognitive
sopra citate. La demenza è molto più severa, è una
sindrome aspecifica con molte aree della funzione cognitiva
colpite simultaneamente, quali la memoria, l’attenzione
e la parola. La demenza è caratterizzata dal declino della
funzione cognitiva, che è più rapido di quanto ci si potrebbe
attendere da un normale processo d’invecchiamento, ed è
irreversibile. Nella loro ricerca, Lin e Colleghi (2013) hanno
dimostrato un forte legame fra ipoacusia, accelerazione del
declino cognitivo e demenza.
Words correctly recalled in %
Impact of digital noise reduction in word
recall task
(Ng et al, 2013 / Sarampalis et al, 2009)
È inoltre risaputo che:
a) la funzione cognitiva ricopre un ruolo significativo
nell’ascolto quotidiano;
b) la funzione cognitiva peggiora con l’età;
c) la prevalenza del fenomeno demenza nella nostra società
sta aumentando velocemente.
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
4 T babble - no
noise reduction
4 T babble - dig
noise reduction
Quiet
Group with high
% recalled SNR-2
reading span (Sarampalis et al, 2009)
(Ng et al, 2013)
Grafico 7: L’impatto positivo della Riduzione Digitale del Rumore (DNR) sulle
capacità mnemoniche. Sia per Ng (istogrammi a sinistra) che per Sarampalis
(istogrammi a destra) è possibile vedere come il risultato migliore si ottiene
nel silenzio; tuttavia la presenza del DNR porta a risultati migliori che la sua
assenza (Fonti: Ng et al, Int J Audiol 2013 & Sarampalis et al, J Speech Lang
Hearing Res, 2009).
Una domanda sorge a questo punto spontanea: gli effetti
dell’ipoacusia sul declino cognitivo possono essere arrestati
grazie ad una amplificazione acustica precoce, magari
nel momento in cui si manifestano le prime difficoltà di
comunicazione verbale?
Le ricerche condotte sino ad oggi sul legame fra
l’amplificazione e la cognitività hanno indagato gli effetti
dell’amplificazione sia a breve sia a lungo termine (più di 3
mesi di uso continuativo degli apparecchi acustici).
Oltre alla ricerca di Lin e Colleghi (2013), vi sono altri sette
studi che hanno valutato gli effetti a lungo termine dell’uso
degli apparecchi acustici (>3 mesi) sulla funzionalità
cognitiva. Nelle ricerche in oggetto è stata utilizzata sia
la metodica dei questionari somministrati ai pazienti,
sia la valutazione diretta della funzionalità cognitiva
conseguente all’uso prolungato degli apparecchi acustici.
Studiando gli effetti a breve termine dell’amplificazione,
Gatehouse e Colleghi hanno dimostrato come gli
ascoltatori con maggiori capacità cognitive riuscivano
ad ottenere maggiori benefici dalla compressione rapida,
mentre gli ascoltatori con minori capacità riuscivano a
ottenere i migliori benefici dal controllo di volume ad
attivazione più lenta. Cox e Xu hanno ulteriormente
Una ricerca di Mulrow (grafico 8, istogrammi a sinistra)
ha evidenziato che l’amplificazione uditiva ha permesso
di ottenere risultati significativamente migliori nella
performance mentale rispetto ai pazienti senza
amplificazione. Lehrl (grafico 8, istogrammi a destra) ha
invece dimostrato un miglioramento nella capacità
della memoria di lavoro grazie all’amplificazione.
17
03
02
Poiché l’invecchiamento del cervello dà luogo a un
complessivo rallentamento delle funzionalità cognitive,
questo implica che le persone più anziane, rispetto ai
giovani, hanno bisogno, e in maniera significativa, di un
rapporto segnale-rumore migliore durante l’ascolto del
parlato in ambienti acusticamente impegnativi (ad esempio
in presenza di rumore di fondo). Questa esigenza è tanto più
forte se l’interlocutore parla velocemente.
04
approfondito l’argomento, scoprendo che il rapporto fra la
preferenza individuale per la compressione veloce o lenta
non dipendeva soltanto dalle specifiche abilità cognitive
dell’individuo ma anche dalle caratteristiche del parlato che
stavano ascoltando (cioè dal contesto linguistico). Queste
ricerche dimostrano che le caratteristiche identificative
delle persone candidabili agli apparecchi acustici vanno
oltre la loro funzione uditiva, all’interno del dominio delle
abilità cognitive e delle differenze intersoggettive nella
percezione dello scenario acustico che incontrano nella vita
di ogni giorno. Due studi recenti hanno evidenziato come la
riduzione digitale del rumore negli apparecchi acustici abbia
effetti sulla memorizzazione delle informazioni nel parlato
(la quantità d’informazioni che si è in grado di ricordare).
Numerose ricerche hanno evidenziato come la memoria di
lavoro influisca per il 20-30% sull’abilità di comprensione
del parlato, mentre la capacità di leggere testi parzialmente
nascosti incida per circa il 30% sulla capacità di
comprensione.
Impact of HA use on working memory
capacity
(Lehrl et al, 2005)
0,5
0,45
0,4
0,35
0,3
0,25
0,2
0,15
0,1
0,05
0
100
Baseline
Working memory capacity in %
Total score SPMSQ scale
Improvement on the Short Portable Mental
Status Questionnaire due to hearing aid use
(Mulrow et al, 1990)
After 4 months
HA Group
95
Before HA
90
After 2 months
85
80
75
70
Control Group
HA Group
Control Group
Grafico 8: Impatto positivo dell’’amplificazione acustica sulle abilità cognitive (Fonte: Mulrow et al, Ann Intern Med 1990 & Lehrl et al, HNO, 2005).
23,5
23
22,5
22
21,5
21
20,5
20
19,5
19
18,5
Improvement on the Visual Verbal
Learning Test (VVLT) due to hearing aid use
(Choi et al, 2011)
Before HA
Total score VVLT scale
Working memory capacity in %
Impact of HA use on MMSE
(Mini Mental State Examination)
(Acar et al, 2010)
After 3 months
HA Group
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Baseline
After 6 months
HA Group
Control Group
Grafico 9: Impatto positivo dell’amplificazione acustica sulle abilità cognitive (Fonte: Acar et al, Arch.Gerontol.Geriatr. 2011 & Choi et al, Clin.Exper.
Otorhinolaryn., 2011).
Acar e Colleghi (grafico 9, istogrammi a sinistra) hanno
rilevato un miglioramento complessivo dello stato mentale
grazie all’amplificazione e Choi e Colleghi (grafico 9,
istogrammi a destra) hanno dimostrato un miglioramento
nelle abilità di apprendimento.
Come descritto in precedenza, Lin e Colleghi hanno valutato
il ruolo dell’amplificazione acustica in caso di declino
cognitivo accelerato. Anche se è stato evidenziato come
l’utilizzo di apparecchi acustici riduca leggermente il deficit
cognitivo e i rischi ad esso connessi in soggetti affetti da
ipoacusia, i risultati non erano realmente significativi. In
altre parole, le evidenze in grado di confermare gli effetti
positivi a lungo termine dell’amplificazione sulla funzione
cognitiva erano scarse. Anche se gli apparecchi acustici
potrebbero avere degli effetti positivi sulla qualità generale
della vita, il ruolo dell’amplificazione sulle abilità cognitive
è meno evidente e necessita di ulteriori ricerche.
18
01
02
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04
Riferimenti bibliografici
20
04
Conclusioni
21
Conclusioni
Revisione a cura del Prof. Frank R. Lin, M.D. Ph.D. - Assistant Professor of Otolaryngology-Head & Neck Surgery,
Geriatric Medicine, Mental Health, and Epidemiology - Johns Hopkins University - Baltimore, United States.
Questo Consensus Paper dimostra come, al pari di altri
deficit sensoriali, anche il trattamento dell’ipoacusia
legata all’età necessita di un counselling concordato, una
riabilitazione e un adattamento al contesto ambientale.
Anche se esiste un ampio dibattito sull’efficacia
dell’allenamento cognitivo, una recente ricerca condotta
da O’Brien ha dimostrato in modo oggettivo che
“l’allenamento della velocità di elaborazione (Speed
Of Processing)” modifica le risposte cerebrali relative
all’attenzione, all’allocazione e, in generale, alle capacità
di elaborazione. Questi risultati possono aiutare a meglio
definire i meccanismi di base con i quali l’allenamento può
rallentare il declino del controllo selettivo dell’attenzione
legato all’età. Questa ricerca offre inoltre delle evidenze
in grado di supportare l’utilizzo del training cognitivo, non
invasivo e non farmacologico, per invertire la tendenza al
declino cognitivo legato all’età.
Negli adulti a rischio di demenza l’allenamento cognitivo
e della memoria riscuotono sempre maggiore interesse.
Questa tipologia d’intervento, in contrasto con quella di
tipo medico, non produce effetti negativi e non comporta
effetti collaterali. Le evidenze cliniche dimostrano che
l’allenamento cognitivo è più efficace di quello della
memoria. È necessario però supportare queste prime
conclusioni con nuove ricerche, in modo da confermare
inequivocabilmente l’efficacia dell’allenamento cognitivo
come trattamento elettivo.
22
Pre Selective
auditory
attention
7
6
5
Post Selective
auditory
attention
4
3
2
1
0
Treatment group
02
01
8
Control group
12
04
Multisensory integration (area under curve)
Multisensory integration (area under curve)
9
03
Multisensory Integration Results:
Visual Attention
(Mozolic et al, 2011)
Multisensory Integration Results:
Auditory Attention
(Mozolic et al, 2011)
10
Pre Selective
visual
attention
8
6
Post Selective
visual
attention
4
2
0
Treatment group
Control group
Grafico 10: Impatto positivo del programma di allenamento cognitivo sulla soppressione degli stimoli uditivi e visivi irrilevanti. Il gruppo che ha ricevuto
il trattamento dimostra un miglioramento significativo rispetto al gruppo di controllo (Fonte: Mozolic et al Neurobiol. Aging, 2011).
cognitive che si ha nel corso di sette anni di vita. Un’altra
criticità è rappresentata dallo stigma associato alla vecchiaia.
L’ipoacusia è un effetto collaterale dell’invecchiamento;
ma per la maggioranza delle persone anziane che ne sono
colpite, anche secondo quanto afferma il National Institute on
Deafness and Other Communication Disorders, l’insorgenza del
deficit della condizione ha luogo molto tempo prima dell’età
di invecchiamento propriamente intesa. Quarantotto milioni
di statunitensi sono affetti da qualche tipo d’ipoacusia ma gli
effetti vengono avvertiti maggiormente a livello di popolazione
rispetto al singolo individuo.
Mozolic e Colleghi hanno valutato in un campione di anziani
sani l’effetto dell’allenamento cognitivo finalizzato alla
soppressione di stimoli uditivi e visivi irrilevanti. Un totale
di 66 partecipanti al test ha ricevuto un programma di
allenamento della durata di 8 settimane o un programma
educativo di controllo. I partecipanti che hanno portato a
termine il programma di training cognitivo hanno dimostrato
un miglioramento significativo rispetto al gruppo di controllo.
Questo tipo di allenamento è facilmente fruibile e ad elevato
rapporto costo/beneficio, come dimostrano differenti studi
nei quali sono stati somministrati svariati test cognitivi
computerizzati. Molte ricerche dimostrano che sono spesso
le persone mature gli utilizzatori di tecnologie informatiche
più veloci e recettivi.
Se fosse possibile dimostrare inequivocabilmente con
una ricerca clinica come gli apparecchi acustici possono
contribuire a rallentare l’insorgenza della demenza, i benefici
sarebbero incommensurabili. Nel caso in cui le ricerche
cliniche potessero stabilire definitivamente che la correzione
uditiva ritarda l’insorgenza precoce della demenza, saremmo
forse così in grado di superare lo stigma associato all’ipoacusia.
Ponendoci l’obiettivo di preservare le abilità cognitive
degli anziani, mantenerli socialmente attivi, migliorare la
loro qualità della vita e molto altro, è ragionevole pensare
a interventi specifici e precoci quali uno screening uditivo
regolare, l’uso di otoprotettori in ambienti rumorosi e l’offerta
di appropriati e precoci percorsi di vigilanza e intervento per
la salute dell’udito e della comunicazione verbale.
Controllate il vostro udito, intervenite con una giusta
amplificazione e godetevi una vita cognitiva più lunga.
Stabilire i rischi e i pericoli che una ipoacusia non trattata
rappresenta potrebbe servire a convincere gli enti deputati
(assicurazioni) che coprire il costo degli apparecchi acustici
rappresenta un piccolo prezzo da pagare per compensare
l’enorme costo sociale della demenza.
Se un dodicenne soffre di un deficit di 40 dB, qualsiasi clinico
concorda sulla necessità di intervento. Se il soggetto è invece
un settantaduenne, con lo stesso grado d’ipoacusia, gli stessi
specialisti sono più riluttanti ad intervenire per curare l’udito.
Il senso comune suggerisce che, quando non si è costretti
a sforzarsi di udire, si hanno a disposizione maggiori risorse
cognitive per ascoltare, per comprendere e ricordare. E con
questo anche la percezione di isolamento causata dall’ipoacusia,
un ulteriore fattore di rischio per la demenza, si riduce.
Frank Lin e il suo collaboratore Wade Chien hanno riscontrato
che solo un adulto su sette candidati all’amplificazione
acustica utilizza effettivamente una soluzione uditiva. Questa
è a tutti gli effetti un’occasione persa, viste le evidenze che
dimostrano come l’uso degli apparecchi acustici si associa ad
un miglioramento della funzione cognitiva nei soggetti anziani.
I modelli statistici hanno dimostrato che un aumento del livello
di ipoacusia pari a 25 dB equivale alla riduzione delle funzioni
“Sentire bene per allenare la mente”
23
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24
Prospettive
di ricerca
25
Prospettive di ricerca
Prof. Alessandro Martini - Direttore Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso e Professore Ordinario di
Otorinolaringoiatria - Azienda Ospedaliera Università di Padova - Italia.
Dott. Alessandro Castiglione e Dott. Roberto Bovo - ORL-Otochirurgia - Dipartimento di Neuroscienze Università di Padova - Italia.
Negli ultimi 25 anni i progressi riguardanti le ipoacusie
infantili sono stati decisivi per la diagnosi e il trattamento
precoce; screening uditivo universale neonatale,
diagnostica genetica molecolare, impianti cocleari hanno
rivoluzionato l’approccio a questo problema. Un altro
problema è diventato invece emergente e urgente a seguito
del prolungamento della vita media e del conseguente
invecchiamento della popolazione: il deterioramento della
funzione uditiva.
Recenti indagini epidemiologiche hanno stimato che il 10%
della popolazione mondiale è affetto da problemi uditivi
in grado di comprometterne le capacità comunicative e di
relazione. Questa percentuale sale al 40% dopo i 65 anni
di età. La demenza, dal canto suo, ha una prevalenza dello
0,4% nella popolazione mondiale, percentuale che sale al
6,4% dopo i 65 anni.
Ulteriori studi hanno dimostrato che il decadimento
cognitivo può essere responsabile di una progressiva perdita
uditiva, così come l’ipoacusia può rappresentare un fattore
di rischio per il peggioramento delle capacità cognitive,
soprattutto in età senile. È stato calcolato che l’ipoacusia
grave è in grado di aumentare, in maniera indipendente
rispetto ad altri potenziali fattori, di ben 5 volte il rischio di
sviluppare demenza (Lin et al, 2011 e 2012).
26
uditiva: non più rivolta al solo recupero funzionale, ma
utile a ridurre, contrastare, rallentare la progressione di
disordini cognitivi di vario tipo e grado. In tale prospettiva
deve essere rivalutata e riconsiderata l’indicazione a
procedure chirurgiche note per il significativo impatto
sui pazienti affetti da ipoacusia profonda bilaterale, come
l’impianto cocleare, sia esso monolaterale o bilaterale.
Così come devono essere analizzati i dati relativi alla
prescrizione di apparecchi acustici (monolaterali o
bilaterali), utili alla riabilitazione di forme meno gravi,
ma comunque invalidanti, di ipoacusia. Questi aspetti
hanno ripercussioni significative sia sul piano clinico
che su quello industriale e imprenditoriale, favorendo
lo sviluppo di nuove soluzioni da integrare ai dispositivi
già esistenti e di nuove strategie di mercato che tengano
conto delle necessità della popolazione in studio (Tan et
al, 2007; Ryugo et al, 2005).
In virtù della relazione bidirezionale esistente tra
ipoacusia e decadimento cognitivo, possiamo ipotizzare
che tempestivi ed adeguati training riabilitativi uditivi, ad
esempio un’adeguata rimediazione acustica o un impianto
cocleare, possano contrastare, in soggetti selezionati,
l’evoluzione del quadro clinico, oltre ovviamente a
ripristinare, nei limiti delle condizioni e delle indicazioni
cliniche, la funzione uditiva (Gates et al, 2011; Petitot et
al, 2007; Gates et al, 2005). Al pari, è lecito immaginare
che opportuni test audiometrici, appositamente studiati,
possano fornire importanti indicazioni sull’identificazione
di pazienti a rischio o in fase pre-clinica di malattia.
Specifici test audiometrici in competizione, insieme
ai più noti e diffusi test neurologici (ad esempio Mini
Mental Test Examination), sono già parzialmente
impiegati durante le fasi diagnostiche e terapeutiche. A
tal fine è auspicabile che vengano progettati nuovi test
audiometrici in competizione dotati di migliore specificità
e sensibilità per la diagnosi precoce di disordini cognitivi
e/o neurodegenerativi (Dreschler et al, 2001).
A tal proposito vale la pena sottolineare che diversi studi
hanno dimostrato come, dove non sia indicata o possibile
la riabilitazione acustica, l’impianto cocleare permette
di raggiungere buoni risultati in termini di detezione e
percezione dei suoni e del parlato. Va inoltre ricordato che,
anche se le soluzioni uditive, nei quadri più complessi, non
hanno sempre dimostrato un rallentamento significativo
dei disordini neurodegenerativi e delle demenze, tuttavia,
rispetto ai pazienti non riabilitati (né con dispositivi
acustici, né con impianto cocleare), i pazienti con
apparecchio acustico hanno dimostrato un decorso
migliore in termini di mantenimento delle relazioni sociali,
lavorative ed affettive.
Per avere un’idea dell’importanza di studi mirati
all’identificazione e al trattamento precoce di pazienti
con lieve ritardo cognitivo o demenza attraverso la
riabilitazione uditiva (con apparecchi acustici e/o
impianto cocleare), basti pensare che rallentare di un
solo anno l’evoluzione del quadro clinico porterebbe
ad una riduzione del 10% del tasso di prevalenza della
demenza nella popolazione generale, con notevole
risparmio in termini di risorse umane ed economiche. In
tale ottica andrebbe ampliato il fine della riabilitazione
27
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