Sentire bene per allenare la mente
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Sentire bene per allenare la mente
2013 ANZIANI e UDITO Sentire meglio per vivere meglio SENTIRE BENE PER ALLENARE LA MENTE CONSENSUS PREMESSA AL TESTO Metodologia Questa pubblicazione è frutto di un’analisi condotta utilizzando fonti bibliografiche internazionali, una serie di studi clinici e di laboratorio che riguardano i possibili benefici degli apparecchi acustici nella conservazione e nello sviluppo delle capacità cognitive. Gruppo di lavoro Questo Consensus Paper è il risultato di una revisione della letteratura scientifica disponibile sull’argomento a cura di: Prof. Roberto Bernabei - Direttore Dipartimento per l’Assistenza Sanitaria di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia - Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma, Italia; Prof. Frank R. Lin, M.D. Ph.D. - Assistant Professor of Otolaryngology-Head & Neck Surgery, Geriatric Medicine, Mental Health, and Epidemiology - Johns Hopkins University - Baltimore, United States; Prof. Sophia E. Kramer, Ph.D. - Associate Professor - VU University Medical Center, Dept. of ENT / Audiology, EMGO Institute - Amsterdam, The Netherlands; Prof. Alessandro Martini - Direttore Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso e Professore Ordinario di Otorinolaringoiatria - Azienda Ospedaliera Università di Padova - Italia; Centro Ricerche e Studi Amplifon (CRS) - Milano, Italia. INDICE Prefazione3 01Scenario sociale ed epidemiologico 7 02 Correlazione fra ipoacusia e invecchiamento cognitivo 11 03 Ipoacusia, cognitività e soluzioni uditive 15 04 Conclusioni21 Prospettive di ricerca25 1 SOMMARIO Anche se le difficoltà uditive possono manifestarsi in qualsiasi momento della vita, la loro prevalenza aumenta considerevolmente con l’età. Più del 40% delle persone tra 60-69 anni di età presenta infatti una forma significativa di ipoacusia e l’incidenza di questo disturbo aumenta fino al 90% nelle persone con più di ottant’anni. Con una popolazione mondiale in continua crescita, anche grazie a migliori cure sanitarie e a una più attenta alimentazione, nel prossimo futuro è previsto un incremento considerevole di persone over 60; secondo le Nazioni Unite entro il 2050 ci saranno nel mondo 1,95 miliardi di ultrasessantenni, pari al 21% della popolazione globale. L’invecchiamento della popolazione sta altresì alimentando il numero di persone affette da forme di demenza e decadimento cognitivo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il numero attuale di persone affette da demenza sia di 36 milioni, ma prevede che questo numero triplicherà entro il 2050. Varie ricerche dimostrano come le persone affette da sordità siano maggiormente predisposte a sviluppare forme di decadimento cognitivo. Un’ampia ricerca ha evidenziato come, rispetto ad un gruppo di controllo di normoudenti, le persone affette da sordità di grado lieve, medio e grave abbiano rispettivamente una possibillità di 2, 3 o 5 volte maggiore di sviluppare un deterioramento delle funzioni cognitive. Anche se il legame specifico fra le due condizioni resta sconosciuto, è stata suggerita l’ipotesi che il maggior sforzo mentale, associato ad un maggiore isolamento sociale legato alla sordità, possa rappresentare una delle maggiori cause cui imputare l’aumento dei casi di demenza. Questo documento esamina le informazioni attualmente disponibili in relazione al beneficio potenziale della riabilitazione uditiva nel mantenimento e nell’aumento delle abilità cognitive. Le informazioni attuali sono limitate e non sono esaustive, tuttavia tendono a suggerire un effetto positivo dell’uso delle soluzioni uditive. Nel caso in cui fosse possibile dimostrare attraverso una ricerca clinica che gli apparecchi acustici possono ritardare il deterioramento delle abilità cognitive, gli effetti sarebbero di enorme valore. 2 Prefazione 3 Prefazione Prof. Roberto Bernabei - Direttore Dipartimento per l’Assistenza Sanitaria di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma, Italia. Gli italiani ed il mondo occidentale invecchiano con tale imprevista rapidità da cogliere la politica e lo stesso mondo medico-sanitario in generale impreparati e, comunque, spesso curiosamente conniventi nell’eludere il problema. Per quanto riguarda la politica si elude per non doversi impegnare in un complesso ridisegno del sistema assistenziale; per i professionisti del settore sanitario perché gli anziani sono complicati e time consuming. Invece le implicazioni, i collegamenti, i cambiamenti che l’invecchiamento determina sono intensi di novità, pieni di sorprese, ricchi di ritorni. Per la politica e per i medici. a guadagnare tre/quattro mesi di aspettativa di vita ogni anno che passa, che una donna su due ci lascia dopo i 90 anni, che il traguardo degli 80 anni è comune per molti e che la curva della mortalità non crolla clamorosamente, come accadeva fino a 50 anni fa, dopo il raggiungimento di questa età, ma scende, anzi, dolcemente. Questi dati demografici hanno un impatto forte su quelli epidemiologici e determinano la nascita di realtà nuove ed insospettabili. In Italia ci sono quasi 13 milioni di persone con più di 65 anni d’età: stanno quasi tutti bene e a 70 anni quelli che hanno deficit di funzione o deficit cognitivi sono meno del 10%. Ciò significa che il 90% degli over 65, anche se portatore di una o più malattie, è sostanzialmente dotato di una soddisfacente qualità della vita. È oggi, per fortuna, osservazione comune vedere ultrasettantenni fare esattamente quello che facevano a 50 anni. Rimaniamo però nel settore di cui si occupa questo Consensus Paper, la stretta relazione tra mente e udito. Se è molto probabile che chi nasce oggi arrivi a vivere 100 anni, è certo che chiunque viva già oggi continua 4 C’è però un’altra serie di fenomeni che si presentano proprio per l’allungamento della vita e possono determinare problemi importanti anche quando si collocano all’interno di questa longevità attiva. Così come dopo i 50 anni siamo tutti o quasi colpiti dalla presbiopia, e nessuno ci fa nemmeno caso, arrivare a “dopo i 70” o “dopo gli 80” vuol dire incorrere in fenomeni come la diminuzione della massa magra e quindi nel rallentamento dell’andatura o nella diminuzione del senso della sete e quindi nella disidratazione e secchezza cutanea. Oltre a ciò, nell’ambito della sfera cognitivo sensoriale che stiamo discutendo si affermano, come vedrete affrontati più in dettaglio, altre due problematiche “correlate all’età”: la demenza ed il deficit dell’udito. I numeri a riguardo sono elevati: oltre il 50% delle persone con più di 85 anni ha un deficit cognitivo e alcuni affermano che se non troveremo una terapia rischiamo di arrivare a 100 anni, certo, ma senza accorgercene. accompagna ad un altro spauracchio dell’invecchiamento: la caduta. Chi ci sente poco cade di più! E cadere vuol dire aumentare la possibilità, vista l’osteoporosi, di frattura del femore e inizio della “cascata” di problemi geriatrici che sorgono dalla disabilità. E la disabilità fa male: non si muore per malattia da vecchi, ma per sopravvenuta disabilità. Chi ha studiato quanto succede nelle popolazioni anziane ha infatti visto che è caratteristica comune la multimorbidità, cioè la presenza di due/tre o più malattie negli anziani di oggi. Ma questi anziani multimorbidi muoiono solo quando si affianca alle malattie la disabilità, quando cioè il corpo funziona male. Allora il paradosso può essere che per un “banale” e rimediabile deficit uditivo si accentui un deficit cognitivo e si cada, ci si fratturi il femore, si diventi disabile e… Se un bambino sente poco è automatico suggerire una soluzione acustica, se un cinquantenne non riesce più a leggere il giornale è automatico che inforchi gli occhiali: è mai possibile che su 7 milioni di ipoacusici solo 700.000 portino gli apparecchi acustici? C’è poi il deficit dell’udito, accompagnamento implacabile della longevità e, come vi sarà riferito da questa pubblicazione, capace di determinare demenza facilitandone l’insorgere. Non solo, il deficit uditivo si Questo Consensus Paper vuole darvi argomenti perché questo accada sempre meno. 5 6 01 Scenario sociale ed epidemiologico 7 Scenario sociale ed epidemiologico Revisione a cura del Prof. Frank R. Lin, M.D. Ph.D. - Assistant Professor of Otolaryngology-Head & Neck Surgery, Geriatric Medicine, Mental Health, and Epidemiology - Johns Hopkins University - Baltimore, United States. Grazie ad una migliore nutrizione e alle maggiori cure per le malattie, l’aspettativa di vita a livello mondiale sta aumentando annualmente ed è plausibile prevedere che continuerà allo stesso modo nel prossimo futuro. Secondo le Nazioni Unite, la popolazione mondiale complessiva passerà dai 6,9 miliardi del 2010 ai 9,3 miliardi di persone nel 2050 e fra il 2000 e il 2050 la percentuale di persone ultrasessantenni raddoppierà (dal 10% al 21% della popolazione mondiale). Questo equivale ad un incremento da 0,69 miliardi fino a 1,95 miliardi di persone. Estimated total number of the global population older than 60 years (in millions) Estimated global population > 60 years old 2500 2000 1500 1000 500 0 2000 2010 2020 2030 2040 2050 Grafico 1: Stima della popolazione mondiale ultrasessantenne (Fonte: Lin et al, Arch Intern Med, 2011 and United Nations – Department of Economic and Social Affairs – Population Division). 8 01 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Un altro elemento potenzialmente in grado di incidere sul numero di giovani affetti da ipoacusia è rappresentato dal diabete. Nel mondo si prevede che la percentuale di adulti diabetici passerà dal 2,8% del 2000 al 4,4% nel 2030. La causa principale di questo aumento è attribuibile al drammatico problema dell’obesità. Gli adulti diabetici (di età compresa tra 20 e 69 anni) hanno un 21% di possibilità di essere affetti da ipoacusia, contro il 9% degli adulti non diabetici. L’aumento quindi del numero di persone diabetiche, in modo particolare tra i giovani, porterà ad un incremento di soggetti giovani affetti da disturbi uditivi. >8 0 12 -1 9 20 -2 9 30 -3 9 40 -4 9 50 -5 9 60 -6 9 70 -7 9 % of the age group with hearing loss of 25 dBHL or greater in both ears Prevalence of hearing loss per age group Grafico 2: L’effetto dell’età sulla perdita uditiva. Dai 40 anni di età l’ipoacusia di grado lieve o superiore aumenta quasi del 20% ogni 10 anni (Fonte: Lin et al, Arch Intern Med, 2011). Un altro grave problema di salute che aumenta con l’invecchiamento è rappresentato dalla demenza. A partire dai 70 anni di età la percentuale di persone affette da demenza aumenta dell’1% all’anno. Questo andamento è più diffuso tra gli uomini rispetto alle donne. Attualmente vi sono 590 milioni di persone nel mondo affette da sordità. Con il costante aumento della popolazione mondiale è prevedibile che questo numero raddoppi entro il 2050, fino ad arrivare a 1,2 miliardi di persone. L’aumento sarà più evidente nella fascia di età al di sopra dei sessant’anni. Prevalence of dementia per age group 1400 HI > 60 years Female Male 35% Prevalence of dementia Estimated global population (in millions) with hearing loss: > 25 dBHL in both ears Estimated global population with hearing loss from 2000 to 2050 HI =< 60 years 1200 1000 800 600 30% 25% 20% 15% 10% 5% 400 0% 200 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 90+ 0 2000 2010 2020 2030 2040 2050 Grafico 4: Prevalenza di demenza per gruppi di età (Fonte: Launer et al, Neurology 1999). Grafico 3: Stima della popolazione mondiale affetta da ipoacusia dall’anno 2000 al 2050. La quota di sessantenni aumenta ogni decennio (Fonte: Lin et al, Arch Intern Med, 2011 and United Nations – Department of Economic and Social Affairs – Population Division). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il numero stimato di persone al mondo che convivono con la demenza è attualmente di 36 milioni di individui. Questo numero raddoppierà entro il 2030 e triplicherà entro l’anno 2050. Il diffondersi dell’uso di dispositivi per la protezione dell’udito e una generale riduzione dei livelli sonori in ambienti di lavoro 9 03 02 Sfortunatamente però gli adolescenti e i giovani (fra i 12 e 19 anni di età) ascoltano sempre più spesso la musica con i lettori MP3 a volumi molto elevati e raramente fanno uso di otoprotettori in ambienti rumorosi come ad esempio feste e luoghi di ritrovo. Il numero di questi adolescenti affetti da ipoacusia è aumentato del 30% negli ultimi 15 anni (dal 14,9% del periodo 1988-1994 al 19,5% tra il 2004-2005). 04 hanno avuto effetti positivi nella riduzione delle persone che soffrono di ipoacusia per cause riconducibili al lavoro. Un possibile fattore di rischio legato all’invecchiamento della popolazione è l’ipoacusia. Una recente ricerca effettuata negli Stati Uniti da Lin e Colleghi ha evidenziato come il numero di persone affette da sordità bilaterale di grado lieve o superiore aumenti con l’età. The growth of the estimated global population with dementia The estimated number of the global population (in millions) with dementia 140 120 100 80 60 40 20 0 2010 2020 2030 2040 2050 Grafico 5: Crescita stimata della popolazione mondiale affetta da demenza (Fonte: Demenza: una priorità per la Salute pubblica – Organizzazione Mondiale della Sanità e Associazione Internazionale Alzheimer). Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la demenza rappresenta una delle maggiori priorità per la salute pubblica, che richiede dunque l’intervento dei sistemi sanitari nazionali a livello mondiale. Grazie ad un’alimentazione più attenta e ad una maggiore cura della salute la nostra aspettativa di vita sta aumentando, con la previsione di una popolazione mondiale di ultrasessantenni raddoppiata entro il 2050. Contemporaneamente il numero di persone che nel mondo soffrono di ipoacusia (attualmente stimato intorno ai 590 milioni) sta aumentando costantemente e, con l’incremento della popolazione mondiale, si stima che raddoppierà raggiungendo 1,2 miliardi di persone entro il 2050. Infine, si prevede che la popolazione mondiale dei soggetti affetti da demenza, attualmente di 36 milioni di persone, triplicherà sino ad arrivare a quota 115 milioni entro il 2050. Esiste un legame significativo fra ipoacusia e decadimento cognitivo, aspetto che sarà trattato più approfonditamente nel prossimo capitolo. Considerato il sensibile aumento della popolazione mondiale e l’incremento stimato delle persone affette da ipoacusia, è evidente quanto forte sia la necessità di intraprendere azioni al fine di scongiurare un incremento ulteriore della stima di 115 milioni di persone che entro il 2050 soffriranno di demenza. Riferimenti bibliografici 1. Bainbridge KE, Hoffman HJ, Cowie CC. Diabetes and Hearing Impairment in the United States: Audiometric Evidence from the National Health and Nutrition Examination Survey, 1999 to 2004. Ann Intern Med 2008;149:1–10. 2. Davis A, Smith P, Ferguson M, et al. Acceptability, benefit and costs of early screening for hearing disability: a study of potential screening tests and models. NHS R&D HTA Programme Health Technology Assessment 2007;11:42. 3. Launer LJ, Andersen K, Dewey ME et al. Rates and risk factors for dementia and Alzheimer’s disease: Results from EURODEM pooled analyses. Neurology 1999;52;78–84. 4. Lin FR, Niparko JF, Ferrucci L. Hearing Loss Prevalence in the United States. Arch Intern Med 2011;171(20):1851–53. 5. Shargorodsky J, Curhan SG, Curhan GC, Eavey R. Change in Prevalence of Hearing Loss in US Adolescents. JAMA 2010;304(7):772–78. 6. United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division. World Population to 2300, New York, 2004. www.un.org/esa/population/publications/.../WorldPop2300final.pdf 7. United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division. Population Ageing and Development 2012, New York, September 2012. www.un.org/.../population/.../2012WorldPopAgeing 8. World Health Organization; US National Institute of Aging. Global health and ageing, October 2011 http://www.who.int/ageing/publications/global_health/en/ 9. World Health Organization, Department of Mental Health and Substance Abuse; Alzheimer’s Disease International. Dementia a public health priority. Geneva 2012. whqlibdoc.who.int/publications/2012/9789241564458_eng.pdf 10 02 Correlazione fra ipoacusia e invecchiamento cognitivo 11 Correlazione fra ipoacusia e invecchiamento cognitivo Revisione a cura del Prof. Frank R. Lin, M.D. Ph.D. - Assistant Professor of Otolaryngology-Head & Neck Surgery, Geriatric Medicine, Mental Health, and Epidemiology - Johns Hopkins University - Baltimore, United States. La relazione fra ipoacusia e demenza in persone anziane è stata oggetto di varie ricerche cliniche. Questi studi hanno dimostrato che i soggetti affetti da ipoacusia, confrontati con i coetanei che non ne soffrono, sono significativamente più predisposti a sviluppare la demenza. In una delle prime ricerche pubblicate nel 1989, Richard Uhlmann e Colleghi hanno effettuato una comparazione fra 100 soggetti con demenza e un gruppo di controllo composto da altri 100 soggetti sani. Uhlmann è arrivato alla conclusione che l’ipoacusia, negli anziani, rappresenta un fattore in grado di contribuire alla compromissione delle facoltà cognitive, secondo una relazione di proporzionalità diretta: maggiore il livello d’ipoacusia, maggiori le possibilità di sviluppare la demenza. Una dettagliata analisi dei dati ha evidenziato che la percentuale di pazienti con demenza potenzialmente causata da difficoltà uditive potrebbe arrivare addirittura al 32% del totale. La ricerca ha inoltre evidenziato che l’ipoacusia si associa a ridotta funzione cognitiva, anche in pazienti non colpiti da demenza. Il lavoro del Dr. Uhlmann ha messo in luce come, in fase di diagnosi di demenza, i clinici devono essere particolarmente attenti a segnalare un’eventuale presenza d’ipoacusia. In parallelo, l’ipoacusia potrebbe rappresentare un importante fattore di rischio per l’insorgenza di demenza e disturbi cognitivi. Se ciò fosse vero, qualsiasi correzione dell’ipoacusia non sarebbe in grado di “prevenire” la progressione della demenza ma potrebbe potenzialmente attenuarne i sintomi. Questo renderebbe la correzione uditiva un’opportunità promettente per il trattamento dei disturbi cognitivi nelle persone anziane, in particolare perché attualmente non vi sono altri metodi per rallentare la progressione delle demenze comuni, come ad esempio l’Alzheimer. Frank Lin, otorinolaringologo ed epidemiologo presso la Johns Hopkins School of Medicine, insieme a suoi collaboratori ha effettuato una ricerca più approfondita, seguendo 639 pazienti per 18 anni. All’inizio della ricerca 12 01 02 Anche dopo aver preso in considerazione altri fattori associati al rischio di demenza, inclusi diabete, pressione sanguigna elevata, età, sesso e razza, è stato tuttavia possibile dimostrare il legame forte fra ipoacusia e demenza. Anche se la causa del legame fra le due condizioni, ipoacusia e invecchiamento cognitivo, resta sconosciuta, i ricercatori suggeriscono l’ipotesi di una patologia comune; in alternativa, ipotizzano che gli sforzi necessari all’elaborazione dei suoni durante l’arco di vita potrebbero sovraccaricare il cervello delle persone affette da difficoltà uditive, rendendole maggiormente esposte all’insorgenza della demenza. Un’altra possibilità avanzata dal ricercatore è che l’ipoacusia potrebbe condurre all’invecchiamento cerebrale rendendo gli individui più isolati socialmente, un fattore di rischio conclamato sia per la demenza sia per altri disturbi cognitivi. Risk of developing dementia in relation to hearing loss (Uhlmann et al, 1989 & Lin et al, 2011) Risk of developing dementia 6 Mild Hearing Loss 5 4 Moderate Hearing Loss 3 La ragione del legame tra perdita uditiva e diminuzione delle abilità cognitive è tuttora sconosciuta. Gli studiosi suggeriscono che una patologia comune potrebbe essere alla base di entrambi questi problemi di salute. Secondo quanto emerso dalla ricerca infatti poiché l’ipoacusia comporta negli anni un grande “sforzo del cervello” per decodificare i suoni in informazioni utili, chi ne è affetto diventa sempre più vulnerabile alla demenza. Inoltre, con lo sviluppo della perdita uditiva, si rischia di diventare socialmente più isolati, diventando meno invogliati ad uscire e meno disposti a farsi coinvolgere in conversazioni. Uno dei maggiori fattori di rischio per l’insorgere della demenza è l’isolamento sociale. Severe Hearing Loss 2 1 0 Uhlmann et al (1989) Lin et al (2011) Grafico 6: Il rischio di sviluppare demenza aumenta con il livello d’ipoacusia. La ricerca di Uhlmann (istogrammi di sinistra), definisce sordità lieve quella compresa tra 21 e 29 dB, media tra 30 e 39 dB e grave come medio-grave => 40 dB, mentre nella ricerca di Lin et al (istogrammi a destra) l’ipoacusia lieve è compresa tra 25 e 40 dB, la media tra 41 e 70 dB, la grave => 70 dB di perdita uditiva (Fonte: Uhlmann et al, JAMA 1989 & Lin et al, Arch Neurol, 2011). I risultati del gruppo di lavoro di Lin hanno trovato conferma in una recente ricerca effettuata da Gallacher e Colleghi, pubblicata nel 2012. In questo studio è stato monitorato per 17 anni un totale di 1057 uomini, valutando il livello uditivo all’inizio dello studio e poi nuovamente dopo nove anni, oltre che l’eventuale insorgere di demenza e il livello di declino cognitivo. Gli autori della ricerca hanno evidenziato un forte legame fra la presenza d’ipoacusia, demenza e declino cognitivo. Questi risultati suggeriscono dunque che è possibile ritardare l’invecchiamento cognitivo tramite l’adozione di semplici rimedi, come l’uso di apparecchi acustici e una maggiore attenzione verso la prevenzione e l’identificazione precoce della sordità. Un fattore critico potrebbe anche essere il modo in cui gli apparecchi acustici sono utilizzati, in particolare la loro corretta programmazione e il counselling fornito dall’audioprotesista. 13 03 Per ogni 10 dB (A) di aumento del livello d’ipoacusia, paragonato a normali livelli uditivi per la stessa fascia d’età, il rischio di demenza aumenta di 2,7 volte. Un altro riscontro interessante è stato verificare come l’associazione tra le due patologie fosse più marcata quando i test venivano somministrati da un intervistatore rispetto a quelli erogati mediante un computer. 04 in nessuno dei soggetti fu riscontrato un danno cognitivo, anche se alcuni soggetti erano affetti da ipoacusia. Durante i 18 anni di follow up fra i 639 pazienti sono stati diagnosticati 58 casi di demenza. Effettuando una comparazione con individui normoudenti, i soggetti affetti da ipoacusia lieve, media e grave, avevano rispettivamente 2, 3 e 5 volte un rischio più alto di sviluppare demenza. Riferimenti bibliografici 1. Castillo M. Hearing loss may be linked to dementia, CBS News/ January 22, 2013, 4:07 PM. 2. Gallacher J, Ilubaera V, Ben-Shlomo Y, et al. Auditory threshold, phonologic demand, and incident dementia. Neurology 2012;79:1583–90. 3. Lin FR. Hearing loss and cognition among older adults in the United States. J Gerontol A BiolSci Med Sci 2011;66(10):1131–36. 4. Lin FR. Hearing Loss in Older Adults Who’s Listening? JAMA 2012;307(11):1147–48. 5. Lin FR, Ferrucci L, Metter EJ, et al. Hearing loss and cognition in the Baltimore Longitudinal Study of Aging. Neuropsychology 2011;25(6):763–70. 6. Lin FR, Metter EJ, O’Brien RJ, et al. Hearing loss and incident dementia. Arch Neurol 2011;68(2):214–20. 7. Lloyd J. Listen up: Dementia linked to hearing loss, USA TODAY 8:07p.m. EST January 21, 2013. 8. McAlpine D. Viewpoint: Does deafness contribute to dementia? BBC News 4 December 2012. 9. Uhlmann RF, Larson EB, Rees TS, et al. Relationship of hearing impairment to dementia and cognitive dysfunction in older adults. JAMA 1989;261(13):1916–19. 10. Hearing Loss Accelerates Brain Function Decline in Older Adults. Hopkinsmedicine, press release, Jan 2013. 11. Hearing Aid Gap: Millions Who Could Benefit Remain Untreated. Hopkinsmedicine, press release, Feb 2012. 14 03 Ipoacusia, cognitività e soluzioni uditive 15 Ipoacusia, cognitività e soluzioni uditive Revisione a cura della Prof.ssa Sophia E. Kramer, Ph.D. - Associate Professor - VU University Medical Center, Dept. of ENT / Audiology, EMGO Institute - Amsterdam, The Netherlands. Negli ultimi decenni c’è stato un rapido aumento del numero di ricerche che hanno evidenziato come la comprensione del parlato in ambienti d’ascolto impegnativi sia influenzata dalle capacità cognitive dell’individuo. In queste attività entrano in gioco sia processi bottom-up (il percorso dall’orecchio sino al cervello) che top-down (i sistemi centrali necessari per l’interpretazione delle informazioni). Non è quindi più possibile ignorare il ruolo della sfera cognitiva nelle ricerche sulle abilità uditive. La rilevanza dei processi cognitivi dipende dalle esigenze uditive. Quando le condizioni d’ascolto sono difficili, a causa del rumore o della stessa sordità, la necessità che i processi cognitivi contribuiscano alla comprensione del parlato aumenta. Esistono almeno cinque funzioni cognitive associate in maniera significativa alla comunicazione verbale: a) la velocità nell’elaborazione delle informazioni; b) l’abilità di usare il contesto linguistico; c) l’attenzione; d) la memoria di lavoro (l’abilità di immagazzinare simultaneamente informazioni ed effettuare la loro elaborazione nella memoria); e) l’integrazione linguistica (o l’abilità di leggere un testo parzialmente incompleto). Tutte le funzioni cognitive elencate, eccezion fatta per la capacità di sfruttare il contesto linguistico, diminuiscono con l’età. 16 01 Anche se la demenza è frequentemente indicata come “disfunzione cognitiva”, non dovrebbe essere confusa con la ridotta capacità di una qualsiasi delle funzioni cognitive sopra citate. La demenza è molto più severa, è una sindrome aspecifica con molte aree della funzione cognitiva colpite simultaneamente, quali la memoria, l’attenzione e la parola. La demenza è caratterizzata dal declino della funzione cognitiva, che è più rapido di quanto ci si potrebbe attendere da un normale processo d’invecchiamento, ed è irreversibile. Nella loro ricerca, Lin e Colleghi (2013) hanno dimostrato un forte legame fra ipoacusia, accelerazione del declino cognitivo e demenza. Words correctly recalled in % Impact of digital noise reduction in word recall task (Ng et al, 2013 / Sarampalis et al, 2009) È inoltre risaputo che: a) la funzione cognitiva ricopre un ruolo significativo nell’ascolto quotidiano; b) la funzione cognitiva peggiora con l’età; c) la prevalenza del fenomeno demenza nella nostra società sta aumentando velocemente. 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 4 T babble - no noise reduction 4 T babble - dig noise reduction Quiet Group with high % recalled SNR-2 reading span (Sarampalis et al, 2009) (Ng et al, 2013) Grafico 7: L’impatto positivo della Riduzione Digitale del Rumore (DNR) sulle capacità mnemoniche. Sia per Ng (istogrammi a sinistra) che per Sarampalis (istogrammi a destra) è possibile vedere come il risultato migliore si ottiene nel silenzio; tuttavia la presenza del DNR porta a risultati migliori che la sua assenza (Fonti: Ng et al, Int J Audiol 2013 & Sarampalis et al, J Speech Lang Hearing Res, 2009). Una domanda sorge a questo punto spontanea: gli effetti dell’ipoacusia sul declino cognitivo possono essere arrestati grazie ad una amplificazione acustica precoce, magari nel momento in cui si manifestano le prime difficoltà di comunicazione verbale? Le ricerche condotte sino ad oggi sul legame fra l’amplificazione e la cognitività hanno indagato gli effetti dell’amplificazione sia a breve sia a lungo termine (più di 3 mesi di uso continuativo degli apparecchi acustici). Oltre alla ricerca di Lin e Colleghi (2013), vi sono altri sette studi che hanno valutato gli effetti a lungo termine dell’uso degli apparecchi acustici (>3 mesi) sulla funzionalità cognitiva. Nelle ricerche in oggetto è stata utilizzata sia la metodica dei questionari somministrati ai pazienti, sia la valutazione diretta della funzionalità cognitiva conseguente all’uso prolungato degli apparecchi acustici. Studiando gli effetti a breve termine dell’amplificazione, Gatehouse e Colleghi hanno dimostrato come gli ascoltatori con maggiori capacità cognitive riuscivano ad ottenere maggiori benefici dalla compressione rapida, mentre gli ascoltatori con minori capacità riuscivano a ottenere i migliori benefici dal controllo di volume ad attivazione più lenta. Cox e Xu hanno ulteriormente Una ricerca di Mulrow (grafico 8, istogrammi a sinistra) ha evidenziato che l’amplificazione uditiva ha permesso di ottenere risultati significativamente migliori nella performance mentale rispetto ai pazienti senza amplificazione. Lehrl (grafico 8, istogrammi a destra) ha invece dimostrato un miglioramento nella capacità della memoria di lavoro grazie all’amplificazione. 17 03 02 Poiché l’invecchiamento del cervello dà luogo a un complessivo rallentamento delle funzionalità cognitive, questo implica che le persone più anziane, rispetto ai giovani, hanno bisogno, e in maniera significativa, di un rapporto segnale-rumore migliore durante l’ascolto del parlato in ambienti acusticamente impegnativi (ad esempio in presenza di rumore di fondo). Questa esigenza è tanto più forte se l’interlocutore parla velocemente. 04 approfondito l’argomento, scoprendo che il rapporto fra la preferenza individuale per la compressione veloce o lenta non dipendeva soltanto dalle specifiche abilità cognitive dell’individuo ma anche dalle caratteristiche del parlato che stavano ascoltando (cioè dal contesto linguistico). Queste ricerche dimostrano che le caratteristiche identificative delle persone candidabili agli apparecchi acustici vanno oltre la loro funzione uditiva, all’interno del dominio delle abilità cognitive e delle differenze intersoggettive nella percezione dello scenario acustico che incontrano nella vita di ogni giorno. Due studi recenti hanno evidenziato come la riduzione digitale del rumore negli apparecchi acustici abbia effetti sulla memorizzazione delle informazioni nel parlato (la quantità d’informazioni che si è in grado di ricordare). Numerose ricerche hanno evidenziato come la memoria di lavoro influisca per il 20-30% sull’abilità di comprensione del parlato, mentre la capacità di leggere testi parzialmente nascosti incida per circa il 30% sulla capacità di comprensione. Impact of HA use on working memory capacity (Lehrl et al, 2005) 0,5 0,45 0,4 0,35 0,3 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 0 100 Baseline Working memory capacity in % Total score SPMSQ scale Improvement on the Short Portable Mental Status Questionnaire due to hearing aid use (Mulrow et al, 1990) After 4 months HA Group 95 Before HA 90 After 2 months 85 80 75 70 Control Group HA Group Control Group Grafico 8: Impatto positivo dell’’amplificazione acustica sulle abilità cognitive (Fonte: Mulrow et al, Ann Intern Med 1990 & Lehrl et al, HNO, 2005). 23,5 23 22,5 22 21,5 21 20,5 20 19,5 19 18,5 Improvement on the Visual Verbal Learning Test (VVLT) due to hearing aid use (Choi et al, 2011) Before HA Total score VVLT scale Working memory capacity in % Impact of HA use on MMSE (Mini Mental State Examination) (Acar et al, 2010) After 3 months HA Group 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 Baseline After 6 months HA Group Control Group Grafico 9: Impatto positivo dell’amplificazione acustica sulle abilità cognitive (Fonte: Acar et al, Arch.Gerontol.Geriatr. 2011 & Choi et al, Clin.Exper. Otorhinolaryn., 2011). Acar e Colleghi (grafico 9, istogrammi a sinistra) hanno rilevato un miglioramento complessivo dello stato mentale grazie all’amplificazione e Choi e Colleghi (grafico 9, istogrammi a destra) hanno dimostrato un miglioramento nelle abilità di apprendimento. Come descritto in precedenza, Lin e Colleghi hanno valutato il ruolo dell’amplificazione acustica in caso di declino cognitivo accelerato. Anche se è stato evidenziato come l’utilizzo di apparecchi acustici riduca leggermente il deficit cognitivo e i rischi ad esso connessi in soggetti affetti da ipoacusia, i risultati non erano realmente significativi. In altre parole, le evidenze in grado di confermare gli effetti positivi a lungo termine dell’amplificazione sulla funzione cognitiva erano scarse. Anche se gli apparecchi acustici potrebbero avere degli effetti positivi sulla qualità generale della vita, il ruolo dell’amplificazione sulle abilità cognitive è meno evidente e necessita di ulteriori ricerche. 18 01 02 2. Akeroyd M. Are individual differences in speech reception related to individual differences in cognitive ability? A survey of twenty experimental studies with normal and hearing-impaired adults. Int J Audiol 2008;47 (suppl. 2):S53–S71. 3. Choi AY, Shim HJ, Lee SH et al. Is cognitive function in adults with hearing impairment improved by the use of hearing aids? Clin.Exp.Otorhinolaryn. 2011;4:72–76. 4. Cox RM, Xu J. Short and long compression release times: speech understanding, real-word preferences, and association with cognitive ability. J Am Ac Audiol 2010;21(2):121–38. 5. Gatehouse S, Naylor G, Elberling C. Benefits from hearing aids in relation to the interaction between the user and the environment. Int J Audiol 2003;42:S77–S85. 6. 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Arch.Gerontol.Geriatr. 2011;52:250–52. 04 Riferimenti bibliografici 20 04 Conclusioni 21 Conclusioni Revisione a cura del Prof. Frank R. Lin, M.D. Ph.D. - Assistant Professor of Otolaryngology-Head & Neck Surgery, Geriatric Medicine, Mental Health, and Epidemiology - Johns Hopkins University - Baltimore, United States. Questo Consensus Paper dimostra come, al pari di altri deficit sensoriali, anche il trattamento dell’ipoacusia legata all’età necessita di un counselling concordato, una riabilitazione e un adattamento al contesto ambientale. Anche se esiste un ampio dibattito sull’efficacia dell’allenamento cognitivo, una recente ricerca condotta da O’Brien ha dimostrato in modo oggettivo che “l’allenamento della velocità di elaborazione (Speed Of Processing)” modifica le risposte cerebrali relative all’attenzione, all’allocazione e, in generale, alle capacità di elaborazione. Questi risultati possono aiutare a meglio definire i meccanismi di base con i quali l’allenamento può rallentare il declino del controllo selettivo dell’attenzione legato all’età. Questa ricerca offre inoltre delle evidenze in grado di supportare l’utilizzo del training cognitivo, non invasivo e non farmacologico, per invertire la tendenza al declino cognitivo legato all’età. Negli adulti a rischio di demenza l’allenamento cognitivo e della memoria riscuotono sempre maggiore interesse. Questa tipologia d’intervento, in contrasto con quella di tipo medico, non produce effetti negativi e non comporta effetti collaterali. Le evidenze cliniche dimostrano che l’allenamento cognitivo è più efficace di quello della memoria. È necessario però supportare queste prime conclusioni con nuove ricerche, in modo da confermare inequivocabilmente l’efficacia dell’allenamento cognitivo come trattamento elettivo. 22 Pre Selective auditory attention 7 6 5 Post Selective auditory attention 4 3 2 1 0 Treatment group 02 01 8 Control group 12 04 Multisensory integration (area under curve) Multisensory integration (area under curve) 9 03 Multisensory Integration Results: Visual Attention (Mozolic et al, 2011) Multisensory Integration Results: Auditory Attention (Mozolic et al, 2011) 10 Pre Selective visual attention 8 6 Post Selective visual attention 4 2 0 Treatment group Control group Grafico 10: Impatto positivo del programma di allenamento cognitivo sulla soppressione degli stimoli uditivi e visivi irrilevanti. Il gruppo che ha ricevuto il trattamento dimostra un miglioramento significativo rispetto al gruppo di controllo (Fonte: Mozolic et al Neurobiol. Aging, 2011). cognitive che si ha nel corso di sette anni di vita. Un’altra criticità è rappresentata dallo stigma associato alla vecchiaia. L’ipoacusia è un effetto collaterale dell’invecchiamento; ma per la maggioranza delle persone anziane che ne sono colpite, anche secondo quanto afferma il National Institute on Deafness and Other Communication Disorders, l’insorgenza del deficit della condizione ha luogo molto tempo prima dell’età di invecchiamento propriamente intesa. Quarantotto milioni di statunitensi sono affetti da qualche tipo d’ipoacusia ma gli effetti vengono avvertiti maggiormente a livello di popolazione rispetto al singolo individuo. Mozolic e Colleghi hanno valutato in un campione di anziani sani l’effetto dell’allenamento cognitivo finalizzato alla soppressione di stimoli uditivi e visivi irrilevanti. Un totale di 66 partecipanti al test ha ricevuto un programma di allenamento della durata di 8 settimane o un programma educativo di controllo. I partecipanti che hanno portato a termine il programma di training cognitivo hanno dimostrato un miglioramento significativo rispetto al gruppo di controllo. Questo tipo di allenamento è facilmente fruibile e ad elevato rapporto costo/beneficio, come dimostrano differenti studi nei quali sono stati somministrati svariati test cognitivi computerizzati. Molte ricerche dimostrano che sono spesso le persone mature gli utilizzatori di tecnologie informatiche più veloci e recettivi. Se fosse possibile dimostrare inequivocabilmente con una ricerca clinica come gli apparecchi acustici possono contribuire a rallentare l’insorgenza della demenza, i benefici sarebbero incommensurabili. Nel caso in cui le ricerche cliniche potessero stabilire definitivamente che la correzione uditiva ritarda l’insorgenza precoce della demenza, saremmo forse così in grado di superare lo stigma associato all’ipoacusia. Ponendoci l’obiettivo di preservare le abilità cognitive degli anziani, mantenerli socialmente attivi, migliorare la loro qualità della vita e molto altro, è ragionevole pensare a interventi specifici e precoci quali uno screening uditivo regolare, l’uso di otoprotettori in ambienti rumorosi e l’offerta di appropriati e precoci percorsi di vigilanza e intervento per la salute dell’udito e della comunicazione verbale. Controllate il vostro udito, intervenite con una giusta amplificazione e godetevi una vita cognitiva più lunga. Stabilire i rischi e i pericoli che una ipoacusia non trattata rappresenta potrebbe servire a convincere gli enti deputati (assicurazioni) che coprire il costo degli apparecchi acustici rappresenta un piccolo prezzo da pagare per compensare l’enorme costo sociale della demenza. Se un dodicenne soffre di un deficit di 40 dB, qualsiasi clinico concorda sulla necessità di intervento. Se il soggetto è invece un settantaduenne, con lo stesso grado d’ipoacusia, gli stessi specialisti sono più riluttanti ad intervenire per curare l’udito. Il senso comune suggerisce che, quando non si è costretti a sforzarsi di udire, si hanno a disposizione maggiori risorse cognitive per ascoltare, per comprendere e ricordare. E con questo anche la percezione di isolamento causata dall’ipoacusia, un ulteriore fattore di rischio per la demenza, si riduce. Frank Lin e il suo collaboratore Wade Chien hanno riscontrato che solo un adulto su sette candidati all’amplificazione acustica utilizza effettivamente una soluzione uditiva. Questa è a tutti gli effetti un’occasione persa, viste le evidenze che dimostrano come l’uso degli apparecchi acustici si associa ad un miglioramento della funzione cognitiva nei soggetti anziani. I modelli statistici hanno dimostrato che un aumento del livello di ipoacusia pari a 25 dB equivale alla riduzione delle funzioni “Sentire bene per allenare la mente” 23 Riferimenti bibliografici 1. Barnes D, Yaffe K, Belfor N, et al. Computer-based cognitive training for mild cognitive impairment. Results from a pilot randomized, controlled trial. Alzheimer Dis Assoc Dis 2009;23(3):205–10. 2. Cicerone KD, Dahlberg C, Malec JF, et al. Evidence-based cognitive rehabilitation: updated review of the literature from 1998 through 2002. Arch Phys Med Rehab 2005;86(8):1681–92. 3. Gates NJ, Sachdev PS, Singh MAF, Valenzuela M. Cognitive and memory training in adults at risk of dementia: A Systematic Review. BMC Geriatrics 2011;11:55. 4. Jones S, Nyberg L, Sandblom J, et al. Cognitive and neural plasticity in aging: general and task-specificlimitations. NeurosciBiobehav Rev 2006;30:864–871. 5. Lin F. 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Roberto Bovo - ORL-Otochirurgia - Dipartimento di Neuroscienze Università di Padova - Italia. Negli ultimi 25 anni i progressi riguardanti le ipoacusie infantili sono stati decisivi per la diagnosi e il trattamento precoce; screening uditivo universale neonatale, diagnostica genetica molecolare, impianti cocleari hanno rivoluzionato l’approccio a questo problema. Un altro problema è diventato invece emergente e urgente a seguito del prolungamento della vita media e del conseguente invecchiamento della popolazione: il deterioramento della funzione uditiva. Recenti indagini epidemiologiche hanno stimato che il 10% della popolazione mondiale è affetto da problemi uditivi in grado di comprometterne le capacità comunicative e di relazione. Questa percentuale sale al 40% dopo i 65 anni di età. La demenza, dal canto suo, ha una prevalenza dello 0,4% nella popolazione mondiale, percentuale che sale al 6,4% dopo i 65 anni. Ulteriori studi hanno dimostrato che il decadimento cognitivo può essere responsabile di una progressiva perdita uditiva, così come l’ipoacusia può rappresentare un fattore di rischio per il peggioramento delle capacità cognitive, soprattutto in età senile. È stato calcolato che l’ipoacusia grave è in grado di aumentare, in maniera indipendente rispetto ad altri potenziali fattori, di ben 5 volte il rischio di sviluppare demenza (Lin et al, 2011 e 2012). 26 uditiva: non più rivolta al solo recupero funzionale, ma utile a ridurre, contrastare, rallentare la progressione di disordini cognitivi di vario tipo e grado. In tale prospettiva deve essere rivalutata e riconsiderata l’indicazione a procedure chirurgiche note per il significativo impatto sui pazienti affetti da ipoacusia profonda bilaterale, come l’impianto cocleare, sia esso monolaterale o bilaterale. Così come devono essere analizzati i dati relativi alla prescrizione di apparecchi acustici (monolaterali o bilaterali), utili alla riabilitazione di forme meno gravi, ma comunque invalidanti, di ipoacusia. Questi aspetti hanno ripercussioni significative sia sul piano clinico che su quello industriale e imprenditoriale, favorendo lo sviluppo di nuove soluzioni da integrare ai dispositivi già esistenti e di nuove strategie di mercato che tengano conto delle necessità della popolazione in studio (Tan et al, 2007; Ryugo et al, 2005). In virtù della relazione bidirezionale esistente tra ipoacusia e decadimento cognitivo, possiamo ipotizzare che tempestivi ed adeguati training riabilitativi uditivi, ad esempio un’adeguata rimediazione acustica o un impianto cocleare, possano contrastare, in soggetti selezionati, l’evoluzione del quadro clinico, oltre ovviamente a ripristinare, nei limiti delle condizioni e delle indicazioni cliniche, la funzione uditiva (Gates et al, 2011; Petitot et al, 2007; Gates et al, 2005). Al pari, è lecito immaginare che opportuni test audiometrici, appositamente studiati, possano fornire importanti indicazioni sull’identificazione di pazienti a rischio o in fase pre-clinica di malattia. Specifici test audiometrici in competizione, insieme ai più noti e diffusi test neurologici (ad esempio Mini Mental Test Examination), sono già parzialmente impiegati durante le fasi diagnostiche e terapeutiche. A tal fine è auspicabile che vengano progettati nuovi test audiometrici in competizione dotati di migliore specificità e sensibilità per la diagnosi precoce di disordini cognitivi e/o neurodegenerativi (Dreschler et al, 2001). A tal proposito vale la pena sottolineare che diversi studi hanno dimostrato come, dove non sia indicata o possibile la riabilitazione acustica, l’impianto cocleare permette di raggiungere buoni risultati in termini di detezione e percezione dei suoni e del parlato. Va inoltre ricordato che, anche se le soluzioni uditive, nei quadri più complessi, non hanno sempre dimostrato un rallentamento significativo dei disordini neurodegenerativi e delle demenze, tuttavia, rispetto ai pazienti non riabilitati (né con dispositivi acustici, né con impianto cocleare), i pazienti con apparecchio acustico hanno dimostrato un decorso migliore in termini di mantenimento delle relazioni sociali, lavorative ed affettive. Per avere un’idea dell’importanza di studi mirati all’identificazione e al trattamento precoce di pazienti con lieve ritardo cognitivo o demenza attraverso la riabilitazione uditiva (con apparecchi acustici e/o impianto cocleare), basti pensare che rallentare di un solo anno l’evoluzione del quadro clinico porterebbe ad una riduzione del 10% del tasso di prevalenza della demenza nella popolazione generale, con notevole risparmio in termini di risorse umane ed economiche. In tale ottica andrebbe ampliato il fine della riabilitazione 27 Riferimenti bibliografici 1. Dreschler WA, Verschuure H, Ludvigsen C, Westermann S. ICRA noises: artificial noise signals with speech-like spectral and temporal properties for hearing instrument assessment. International Collegium for Rehabilitative Audiology. Audiology. 2001 May-Jun;40(3):148-57. 2. Elsawy B, Higgins KE. The geriatric assessment. Am Fam Physician. 2011 Jan 1;83(1):48-56. Review. PubMed PMID: 21888128. 3. 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