Libro secondo 1. Definizione di anima Riprendiamo

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Libro secondo 1. Definizione di anima Riprendiamo
ARISTOTELE
DE ANIMA1
Libro secondo
1. Definizione di anima
Riprendiamo ora di nuovo la strada come dall’inizio,cercando di determinare che cos’è l’anima e qual è il suo
concetto più generale. Noi chiamiamo un certo genere di esseri sostanza, e diciamo sostanza in un primo senso la
materia, la quale per sé non è qualcosa di determinato; in un secondo la forma e la specie, in virtù della quale
precisamente si parla di qualcosa di determinato; e in un terzo senso il composto di queste due. La materia poi è
potenza e la forma atto, e l’atto si dice si dice in due sensi: o come la conoscenza, o come l’uso di essa.
Ora sostanze sembrano essere soprattutto i corpi e tra essi specialmente quelli naturali, giacché questi sono i
principi di tutti gli altri. Tra i corpi naturali, poi, alcuni possiedono la vita ed altri no; chiamiamo vita la capacità
di nutrirsi da sé, di crescere e di deperire. […]
Necessariamente dunque l’anima è sostanza, nel senso che è forma di un corpo naturale che ha la vita in potenza.
Ora tale sostanza è atto del corpo che si è detto. Atto, poi, si dice in due sensi, o come la conoscenza o come
l’esercizio di essa, ed è chiaro che l’anima è atto nel senso in cui lo è la conoscenza. Infatti l’esistenza sia del
sonno che della veglia implica quella dell’anima. Ora la veglia è analoga all’uso della conoscenza, mentre il sonno
al suo possesso e non all’uso, e primo nell’ordine del divenire, rispetto al medesimo individuo è il possesso della
conoscenza. Perciò l’anima è atto primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza. Ma tale corpo è quello
dotato di organi. […] Se dunque si deve indicare una caratteristica comune ad ogni specie di anima, si dirà che
essa è l'atto primo di un corpo naturale dotato di organi. […] Pertanto non c’è bisogno di cercare se l’anima e il
corpo formano un’unità, allo stesso modo che non v’è da chiedersi se formano un’unità la cera e la figura né, in
generale, la materia di una data cosa e ciò che ha per sostrato tale materia.
2. Le facoltà dell’anima
Riprendendo la ricerca dall'inizio, diciamo che l'essere animato si distingue dall'inanimato per il fatto che vive. E
poiché vivere si dice in molti sensi, noi affermiamo che un essere vive se ad esso appartiene anche una sola di
queste caratteristiche, e cioè l'intelletto, la sensazione, il moto e la quiete nel luogo, e inoltre il mutamento nel
senso della nutrizione, la crescita e la decrescita. Pertanto sembra che vivano anche tutte le piante. Risulta infatti
che hanno in se stesse una facoltà ed un principio in virtù del quale crescono e decrescono in direzioni opposte (in
realtà non crescono verso l'alto e non verso il basso, ma ugualmente secondo entrambe ed anzi tutte le direzioni, e
ciò vale per tutte le piante che si nutrono costantemente, e che perciò continuano a vivere sinché possono prendere
il nutrimento). Questa facoltà può esistere indipendentemente dalle altre, mentre è impossibile che, negli esseri
mortali, le altre esistano indipendentemente da essa. Ciò risulta manifesto nel caso delle piante, giacché in esse
non si trova nessun'altra facoltà dell'anima. La vita, dunque, appartiene ai viventi in virtù di questo principio,
mentre l'animale è tale principalmente per la sensazione. E infatti degli esseri che non si muovono né cambiano
luogo, ma che possiedono la sensazione, noi diciamo che sono animali e non soltanto che vivono. Delle
sensazioni, quella che principalmente appartiene a tutti gli animali è il tatto. E come la facoltà nutritiva può
esistere indipendentemente dal tatto e da ogni altro senso, così il tatto può esistere senza gli altri sensi (diciamo
nutritiva quella parte dell'anima di cui partecipano anche le piante, mentre consta che gli animali possiedono tutti
il senso del tatto): per quale motivo avvengano questi due fatti, lo si dirà più oltre. Per ora ci si limiti ad affermare
quanto segue: l'anima è il principio delle facoltà menzionate ed è definita da esse, ovvero dalla facoltà nutritiva
[threptikon], sensitiva [aisthetikon], razionale [dianoetikon] e dal movimento.
1 Testi tratti da ARISTOTELE, L'anima, a cura di Giancarlo Movia, Bompiani, Milano 2001
Ma ciascuno di questi principi è un'anima o una parte dell'anima? E se è una parte, è separabile soltanto
logicamente o anche spazialmente? […] da quanto si è detto è chiaro invece che le rimanenti parti dell'anima non
sono separabili, come alcuni affermano. Che però siano distinte logicamente è manifesto. Infatti l'essenza della
facoltà sensitiva è distinta da quella da quella della facoltà opinativa, se è vero che il percepire è diverso dall'avere
un'opinione, e ciò vale per ciascuna delle altre facoltà di cui s'è detto. Inoltre a certi animali appartengono tutte
queste facoltà, mentre ad altri solo alcune, e ad altri ancora una sola […].
In effetti, come abbiamo affermato, la sostanza si dice in tre sensi: la forma, la materia e il composto di una e
dell'altra; di esse la materia è potenza, mentre la forma atto. Dato che il composto di quelle due sia animato, non è
il corpo l'atto dell'anima, ma questa è l'atto di un certo corpo. Per questo motivo è esatta l'opinione di coloro i
quali ritengono che l'anima non esista senza il corpo né sia un corpo. In realtà non si identifica col corpo, ma è una
proprietà del corpo. Pertanto esiste un corpo, ed anzi un corpo di una determinata specie, e non come credevano i
nostri predecessori, che la facevano entrare nel corpo, senza determinare la natura e la qualità di esso, benché non
si verifichi mai che una cosa qualunque accolga una cosa qualunque. Ed è ragionevole che così avvenga, giacché
l'atto di ciascuna cosa si realizza per sua natura in ciò che è in potenza e nella materia appropriata. Da quanto
precede risulta dunque chiaro che l'anima è un certo atto ed una certa essenza di ciò che ha la capacità di essere di
una determinata natura.
3. La facoltà nutritiva
Anzitutto si deve allora parlare della nutrizione e della riproduzione, giacché l'anima nutritiva appartiene anche
agli altri viventi, ed è la prima e la più comune facoltà dell'anima, quella in virtù di cui a tutti appartiene la vita. Le
sue funzioni sono la riproduzione e l'uso dell'alimento. Infatti la funzione più naturale degli esseri viventi, di quelli
che hanno raggiunto lo sviluppo e non sono menomati o non derivano da generazione spontanea, è di produrre un
altro individuo simile a sé: l'animale un animale e la pianta una pianta, e ciò per partecipare, nella misura
possibile, dell'eterno e del divino.
4. La facoltà sensitiva
Stabilite queste cose, dobbiamo parlare in generale di ogni sensazione. Come s'è detto, la sensazione consiste
nell'essere mossi e nel subire un'azione, giacché sembra che sia una specie di alterazione. […] Poiché “percepire”
si dice in due accezioni (giacché diciamo che ascolta e vede sia chi ascolta e vede in potenza, anche se per caso
dorma, sia chi presentemente ascolta e vede in atto), anche la facoltà sensitiva ha due significati: in quanto è in
potenza e in quanto è in atto. […]
Riguardo a ciascun senso, si deve parlare anzitutto dei sensibili. Il sensibile può denotare tre specie di oggetti: due
diciamo che sono sensibili per sé ed uno per accidente. Di quei due poi, uno è proprio di ciascun senso, mentre
l'altro è comune a tutti. Dico “proprio” quello che non può essere percepito con un altro senso, e rispetto a cui non
è possibile l'errore: ad esempio per la vista il colore, per l'udito il suono e per il gusto il sapore, mentre il tatto ha
per oggetto molte varietà di sensibili. Tuttavia ogni senso giudica almeno i propri oggetti, e non s'inganna sul fatto
che un colore o un suono ci sia, ma su che cosa o dove sia l'oggetto colorato o sonoro. Tali sensibili, dunque, si
dicono propri di ciascun senso. I sensibili comuni sono invece il movimento, la quiete, il numero, la figura e la
grandezza, giacché essi non sono propri di alcun senso, ma comuni a tutti, in quanto un dato movimento è
percepibile sia al tatto che alla vista. […]
Da un punto di vista generale, riguardo ad ogni sensazione, si deve ritenere che il senso è ciò che è atto ad
assumere le forme sensibili senza la materia, come la cera riceve l'impronta dell'anello senza il ferro l'oro: riceve
bensì l'impronta dell'oro o del bronzo, ma non in quanto è oro o bronzo. Analogamente il senso, rispetto a ciascun
sensibile, subisce l'azione di ciò che ha colore o sapore o suono, ma non in quanto si tratti di ciascuno di questi
oggetti, bensì in quanto l'oggetto possiede una determinata qualità e secondo la forma. Il sensorio primo è ciò in
cui si trova tale capacità. L'organo e la capacità sono dunque la medesima cosa, ma la loro essenza è diversa.
Libro terzo
1. Sensibilità, immaginazione e pensiero
L'anima viene definita principalmente in base a due caratteristiche: da un lato il movimento locale, dall'altra il
pensiero, l'intelligenza e la sensazione. Sembra che il pensiero e l'intelligenza siano una specie di sensazione
(giacché con ambedue queste attività l'anima distingue e conosce qualcosa degli esseri), e del resto gli antichi
affermano che l'intelligenza e la sensazione sono la stessa cosa.[...] È poi manifesto che la sensazione e
l'intelligenza non sono la stessa cosa, giacché di quella partecipano tutti gli animali, e di questa pochi. […]
L'immaginazione [phantasia] è infatti diversa sia dalla sensazione sia dal pensiero, però non esiste senza
sensazione, e senza di essa non c'è apprensione intellettiva. Che l'immaginazione non sia lo stesso tipo di pensiero
dell'apprensione intellettiva è evidente.
Riguardo al pensiero, poiché è diverso dalla sensazione e sembra includere da un lato l'immaginazione e dall'altro
l'apprensione intellettiva, dopo aver trattato dell'immaginazione, si dovrà parlare anche dell'apprensione. […]
Se allora nessun'altra cosa possiede le caratteristiche suddette eccetto l'immaginazione (ed essa è ciò che si è
detto), l'immaginazione [phantasia] ha preso il nome dalla luce [phaos], giacché senza la luce non è possibile
vedere. E per il fatto che le immagini rimangono in noi e sono simili alle sensazioni, gli animali compiono molte
azioni in accordo con esse, alcuni perché non sono forniti di intelligenza, come i bruti, altri perché talora hanno la
mente oscurata dalla passione, dalla malattia o dal sonno, come gli uomini. Riguardo all'immaginazione, che cosa
sia e perché sia quello che è, s'è dunque detto a sufficienza.
2. L'intelletto in potenza
Riguardo alla parte dell'anima con cui essa conosce e pensa (sia questa parte separabile, sia non separabile
secondo la grandezza ma solo logicamente) si deve cercare quale sia la sua caratteristica specifica ed in qual modo
il pensiero si produca. Ora se il pensare è analogo al percepire, consisterà in un subire l'azione dell'intelligibile o
in qualcos'altro di simile. Questa parte dell'anima deve dunque essere impassibile, ma ricettiva della forma, e
dev'essere in potenza tal qual è la forma, ma non identica ad essa; e nello stesso rapporto in cui la facoltà sensitiva
si trova rispetto agli oggetti sensibili, l'intelletto si trova rispetto agli intelligibili. È necessario dunque, poiché
l'intelletto pensa tutte le cose, che non sia mescolato, come dice Anassagora, e ciò perché domini, ossia perché
conosca […]. Di conseguenza la sua natura non è altro che questa: di essere in potenza. Dunque il cosiddetto
intelletto che appartiene all'anima (chiamo intelletto ciò con cui l'anima pensa ed apprende) non è in atto nessuno
degli enti prima di pensarli. Perciò non è ragionevole ammettere che sia mescolato al corpo, perché assumerebbe
una data qualità, e sarebbe freddo o caldo, ed avrebbe un organo come la facoltà sensitiva, mentre non ne ha
alcuno. Quindi si esprimono bene coloro che dicono che l'anima è il luogo delle forme, solo che tale non è l'intera
anima, ma quella intellettiva, ed essa non è in atto ma in potenza le forme. […]
Si potrebbe porre una questione: qualora l'intelletto sia semplice e impassibile, e non abbia nulla in comune con
alcunché, come dice Anassagora, in che modo penserà, se il pensare è una specie di subire? […] Inoltre l'intelletto
è esso stesso intelligibile?
3. L'intelletto produttivo
Poiché, come nell'intera natura c'è qualcosa che costituisce la materia per ciascun genere di cose (e ciò è
potenzialmente tutte quelle cose), e qualcos'altro che è la causa e il principio produttivo, perché le produce tutte,
allo stesso modo che la tecnica si rapporta alla sua materia, necessariamente queste differenze si trovano anche
nell'anima. E c'è un intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le cose, ed un altro che corrisponde alla
causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la
luce rende i colori che sono in potenza colori in atto. E questo intelletto è separabile, impassibile e non mescolato,
essendo atto per essenza, poiché sempre ciò che fa è superiore a ciò che subisce, ed il principio è superiore alla
materia. Ora la conoscenza in atto è identica all'oggetto, mentre quella in potenza è anteriore per il tempo
nell'individuo, ma, da un punto di vista generale, non è anteriore nemmeno per il tempo; e non è che questo
intelletto talora pensi e talora non pensi. Quando è separato, è soltanto quello che è veramente, e questo solo è
immortale ed eterno […] e senza questo non c'è nulla che pensi.
4. Conoscenza ed azione
La conoscenza in atto è identica all'oggetto; quella in potenza è anteriore per il tempo nell'individuo, ma, da un
punto di vista generale, non è anteriore neppure per il tempo, giacché tutti gli esseri che divengono, divengono da
qualcosa che esiste in atto. È manifesto che l'oggetto sensibile fa passare all'atto la facoltà sensitiva che era in
potenza, giacché essa non subisce ne viene alterata. […] Nell'anima razionale le immagini sono presenti al posto
delle sensazioni, e quando essa afferma o nega il bene o il male, lo evita o lo persegue. Perciò l'anima non pensa
mai senza un'immagine. Come l'aria trasmette una data qualità alla pupilla, e questa a qualcos'altro, anche per
l'udito avviene così, ma l'ultima cosa è unica, ed è una medietà unica, benché la sua essenza sia molteplice. […]
la facoltà intellettiva pensa le forme nelle immagini, e come in quelle forme si determina per essa l'oggetto da
perseguire o da evitare, così, al di fuori della sensazione, quando si rivolge alle immagini, è mossa. […] Talvolta
però, per mezzo delle immagini o pensieri che si trovano nell'anima, il soggetto, come se la vedesse, calcola e
delibera circa le cose future in relazione alle presenti; e quando si dice, come lì, che un oggetto è piacevole o
doloroso, così qui si evita o si persegue; ed è ciò che generalmente avviene nell'azione.
5. Immanenza degli intelligibili
Poiché non c'è nessuna cosa, come sembra, che esista separata dalle grandezze sensibili, gli intelligibili si trovano
nelle forme sensibili, sia quelli di cui si parla per astrazione sia le proprietà ed affezioni degli oggetti sensibili. Per
questo motivo, se non si percepisse nulla non si apprenderebbe né comprenderebbe nulla, e quando si pensa,
necessariamente al tempo stesso si pensa un'immagine. Infatti le immagini sono come le sensazioni, tranne che
sono prive di materia. Ma l'immaginazione è diversa dall'affermazione e dalla negazione, poiché il vero o il falso
consiste in una connessione di nozioni.