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IV Domenica di Pasqua
11 maggio 2014
“Io sono la Porta”
Dal Vangelo secondo Gv 10, 1-10
Ez 34,1+; Ger 23,1-3
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel
recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro
21,16
e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il
guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue
pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori
Mi 2,13
tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono
perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno,
ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa
parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico:
io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me,
sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.
Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e 3,17; Sal 23,1-3;
uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e Is 49,9-10; Ez 34,14
distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza».
“ chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta…”
“ …ma vi sale da un’altra parte è un ladro ”. Cos’è questo recinto delle pecore se non
la nostra vita? Come entriamo nella nostra storia? Utilizziamo una strada semplice che
è quella di aprire la porta o ci complichiamo la vita in cerca di altre aperture possibili?
Quando entriamo nella nostra casa perché mai dovremmo farlo dalla finestra con tutte
le difficoltà che quest’operazione impone? Ecco… Appunto! In questo vangelo Gesù si
presenta come la porta del recinto delle pecore: l’ingresso più naturale, più semplice,
l’unico ingresso reale. Passare attraverso Lui significa vivere la propria vita alla luce
della Sua Parola, della Parola di Dio che è nostro padre. Perché allora cerchiamo
sempre di vivere invece, secondo le nostre parole, secondo le nostre logiche e strategie?
Proprio la settimana scorsa ci siamo imbattuti nella delusione di chi interpreta i fatti
della propria storia secondo la propria logica piuttosto di quella di Dio, così semplice e
perfetta. Pensiamoci bene: che senso ha complicarsi veramente la vita quando c’è un
Dio che proprio dall’inizio della tua vita cerca di darti la direzione per condurti alla
felicità vera? E la cosa semplice è che dobbiamo solo ascoltarlo. Vogliamo entrare nei
fatti a nostro modo, a volte non vogliamo nemmeno entrarci ma starne fuori: entrare
dalla ‘porta Gesù’ significa accettare quanto si ha davanti, vivere la vita secondo amore
e libertà. Quando siamo attanagliati dalle nostre ragioni riusciamo a stare in mezzo a
tante persone ma in solitudine; creiamo muri perché non siamo liberi nelle relazioni.
Non è facile amare soprattutto quando l’altro non corrisponde al film che ci siamo fatti
di lui. Bene! Che cos’è allora che può rompere la continuità di un muro? Una porta! “Il
guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per
nome, e le conduce fuori”.Quando noi, il nostro cuore , il guardiano per l’appunto, apre a
Gesù ecco che diventa Lui il mediatore tra noi e gli altri; è Lui per mezzo del quale si
rompe la solitudine e nasce la comunione fatta di libertà e amore di cui è incarnazione.
La IV domenica di Pasqua è anche conosciuta come quella del "Buon Pastore", con
riferimento a quanto Gesù dice di sé appunto nel cap. 10 di Giovanni (cf. Gv. 10,11: "Io
sono il buon pastore: il buon pastore dà la sua vita per le pecore”). La parola tradotta
abitualmente con l'aggettivo "buon, buono" è kalòs, che tuttavia non trova
corrispondenza piena nella nostra lingua. Kalòs infatti indica una perfezione, una
pienezza, pertanto Gesù indica in se stesso il "pastore perfetto", il (solo) "pastore in
senso pieno", proprio perché nessuno si è spinto così in là nell'amore verso il gregge da
farsi "uno del gregge", da assumere la natura delle pecore per poter dare a loro la Sua
vita, fino in fondo. Gesù era stato indicato dallo stesso Battista come 'l'agnello di Dio'
(Gv 1,29), e l'Apocalisse lo presenterà poi come un 'agnello immolato' (cf. Ap. 5,6ss.).
Per questo le pecore di Cristo, come dice qui Lui stesso, lo ascoltano e lo seguono. Gesù
parla il 'linguaggio' a noi più familiare, quello della fragilità della carne, che traduce in
gesti di vita concreta l'amore di Dio, fino alla Pasqua. Contrariamente a quanto accade
di solito, per cui davanti stanno i cani, a seguire le pecore e in ultimo il pastore, nel
gregge di Dio le cose funzionano al contrario: Gesù sta dinanzi, conosce tutte le sue
pecore, ognuno di noi, e ci chiama per nome; e non utilizza bastoni o cani per farsi
seguire ma soltanto la sua voce. E’ un pastore che non ci costringe a seguirlo ma che ci
lascia liberi di farlo. Ma badate bene: è lo stesso pastore che però lascia le 99 pecore per
andare a cercare quell’unica perduta. Non ci lascia mai soli!
Vi invitiamo a meditare su alcuni versetti del Salmo 138 che riportiamo di
seguito: che questo brevissimo momento di preghiera possa ancor meglio farci
ascoltare la Parola del nostro pastore.
Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie; la mia parola non è ancora sulla lingua e tu,
Signore, già la conosci tutta.
Stupenda per me la tua saggezza,troppo alta, e io non la comprendo.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,provami e conosci i miei pensieri: vedi se
percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita.