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Augusto Forti
faust
Il diavolo e la scienza
Armando
editore
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Sommario
Introduzione
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Capitolo 1: Il diavolo
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Capitolo 2: Il patto col diavolo
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Capitolo 3: Storia del dottor Johann Fausten e dei suoi tempi 28
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Capitolo 4: Marlowe: il Rinascimento elisabettiano
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Capitolo 5: Faust, Marlowe e la scienza
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Postscriptum: Gli occhiali di frate Ruggero
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Bibliografia
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Indice dei nomi
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Introduzione
Quello che succede fra la fine del XV secolo e inizio del XVI, cioè
al passaggio dal Medioevo al Rinascimento, segnerà la cifra dell’Europa futura con la nascita della borghesia, con l’affermarsi di una visione globale della terra e l’apparire di una nuova e iconoclastica immagine dell’universo; infine, con la messa in discussione di un mondo
che era rimasto statico per oltre mezzo millennio.
La rivoluzione creata dalla civiltà dei comuni e dalla nascita del
macchinismo disegna in pieno quella che sarà la futura Europa con la
sua cultura e con un modello di sviluppo sociale ed economico che si
imporrà nel bene e nel male universalmente.
Anche l’Inghilterra, che era grande esportatrice di lana, subisce
le stesse trasformazioni in atto nel resto d’Europa e Londra, oltre a
diventare il grande porto commerciale di un impero nascente, ospita
nel ’500 banche e una miriade di piccole imprese con una classe borghese fatta di artigiani, imprenditori, mercanti e banchieri in piena
espansione.
E in questo ambiente, in particolare nel periodo del Rinascimento
elisabettiano, che appaiono, con la separazione di pochi anni, l’Historia von D. Johann Fausten, in Germania nel 1587 (tradotta in inglese
nel 1592) e La tragica storia del Dottor Faust di Marlowe in Inghilterra, rappresentata per la prima volta nel 1594; un’opera letteraria che
più di altre ha dato origine a un personaggio emblematico, che nella
cultura occidentale, è arrivato dopo una lunga traversata di secoli, sino
ai giorni nostri.
Direi fondamentalmente con gli stessi caratteri genetici con cui è
nato.
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Il Faust di Marlowe ha subito un’abbondante analisi dalla critica
letteraria e generalista. A parte i detrattori della qualità letteraria, alcuni critici, anche recentemente, hanno sottolineato il carattere cattolico
conservatore di questa opera, come Maxwell1 o Kirschbaum2, descrivendo Faust come l’uomo che ha ricevuto la giusta punizione per i
suoi peccati, per la superbia di “voler conoscere ciò che non si può
conoscere” e per aver abbandonato Dio.
Altri ne vedono il contrario: la lotta di un uomo per la libertà e la
conoscenza come Santayana. Altri ancora, come Stephen Greenblatt3,
sostengono che l’intento di Marlowe era quello di ridicolizzare le commedie a sfondo morale che all’epoca erano molto in voga nei teatri.
Goethe la considerava un’opera importante anche come costruzione drammatica ed era affascinato dal personaggio stesso di Faust. Infatti ce lo ha restituito con un capolavoro letterario neoromantico che
resta una delle opere più importanti della letteratura europea.
Frances Yates4 colloca il Faust di Marlowe nel solco conservatore
della reazione contro la magia rinascimentale e la cabala cristiana rappresentata da Pico della Mirandola e da Agrippa.
E Nemi d’Agostino5 scrive che proprio nel momento in cui l’individuo si scopre più responsabile del proprio destino, cerca di capire in
quale misura egli sia realmente la fonte delle proprie azioni. Se, cioè,
come nel Faust di Marlowe, il suo arbitrio sia libero o schiavo. Ciò
che caratterizza il Faust in quanto tragedia è il suo mostrare, attraverso
l’opposizione dei modelli, un mondo ambiguo e irriducibile a un solo
significato.
Come si vede il Faust di Marlowe è suscettibile di letture spesso
contraddittorie e l’ambiguità è uno dei caratteri genetici del tempo, dove
il giovane borghese è schiacciato fra il modello statico del Medioevo e
la rivoluzione del Rinascimento che cancella le antiche certezze. Si naJ.C. Maxwell, The sin of Faustus, in «The Wind and the Rain», 4, London, 1947.
L. Kirschbaum, Marlowe’s Faustus: a reconsideration, in «RES», 19, 1943.
3
S. Greenblatt, Renaissance self-fashioning. From More to Shakespeare, University of Chicago Press, Chicago, 1980.
4
F.A. Yates, The occult philosophy in the Elizabethan Age, Routledge & Kegan
Paul, London and Boston, 1979, trad. it. Santina Mobiglia, Cabbala e occultismo
nell’età elisabettiana, Einaudi, Torino, 1982.
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C. Marlowe, Il dottor Faust, N. D’Agostino (a cura di), Mondadori, Milano, 1983.
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viga a vista su una terra che non è più il centro dell’universo, pieni di
contraddizioni, e dove l’angelo buono e l’angelo cattivo si accapigliano.
In un discorso del 1945, Thomas Mann dice: la nostra grande opera
letteraria, il Faust di Goethe, ha per eroe l’uomo alla frontiera tra Medioevo e Umanesimo, l’uomo dio che si vota al diavolo per una sete
insolente di conoscenza e potere magico.
Dubito che il pubblico dell’epoca sia stato cosciente di una doppia
lettura dell’opera. Prima di tutto perché le rappresentazioni di Faust
erano costruite da un esperto drammaturgo che, per impressionare gli
astanti, usava numerosi trucchi scenici con esplosioni, fuochi e rumori
infernali per incantare gli spettatori e non per farli riflettere, e poi perché lo stesso Marlowe non era completamente consapevole della sua
ambiguità, o lo era per necessità, come vedremo.
Ma è forse proprio questa ambiguità che ha dato un carattere fuori
del tempo e delle “mode” a quest’opera e ne ha fatto la fortuna.
Abbiamo sempre cercato di crearci degli archetipi per portarci dietro il passato e cercare di riassumere il presente.
Faust, di cui trattiamo in questo libro, compare più volte nel nostro
immaginario collettivo associato, spesso impropriamente, alla figura
di Prometeo, sopratutto per l’interesse che i due personaggi portano
verso il sapere e la scienza.
Eschilo descrive mirabilmente la rivolta di Prometeo:
Non è più parola…
è l’urlo cupo, sordo del tuono,
il bagliore del lampo, il vortice del fuoco…
è la mano di Zeus su me…
Guardate, tu santità di mia madre,
tu cielo che volgi la luce del mondo:
quello che soffro è contro la giustizia6.
Sono forse le stesse parole che avrebbe voluto pronunciare Giordano Bruno, prima del supplizio, se non avesse avuto la lingua bloccata
da un chiodo ricurvo.
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Eschilo, Prometeo incatenato.
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Faust e Prometeo frullano nella nostra testa assieme e per questo,
scrive Dominique Lecourt7, creano una grande sarabanda nella nostra
mente. E così molti autori vedono Faust come il continuatore del mito
di Prometeo.
Non evocheremo, raccontando la storia di Faust, lo spirito di Prometeo così legato ad atteggiamenti eroici e mitici, tanto che dalla mitologia greca riappare alla fine dell’Ottocento nella dimensione romantica del nuovo eroe (Napoleone per Beethoven e Manzoni) e nel
paradigma marxiano della lotta epica del proletariato contro la borghesia e il capitalismo.
Faust è profondamente diverso da Prometeo. Non è un eroe e rappresenta bene, con tutti i vizi e le virtù, la nostra società borghese.
Faust compare infatti al tempo stesso dell’emergenza di una nuova classe sociale, la borghesia, alla fine del Medioevo e all’inizio del
Rinascimento.
Il Faust di Marlowe viene rappresentato a Londra alla fine del Cinquecento e sono loro, i borghesi, che, assieme a qualche nobile e molti popolani riempiono le sale dei teatri nel periodo elisabettiano per
ascoltare i nuovi eroi fra cui Faust e cercare di capirne e condividerne
i dubbi esistenziali.
Se c’è un carattere che accomuna Prometeo e Faust è l’importanza
che entrambi attribuiscono alla conoscenza, alla scienza, per il progresso della società nel suo insieme. Compresa la componente religiosa. Non vi è più nessuno al giorno d’oggi che creda che i fulmini siano
l’ira di Giove o che la terra sia al centro dell’universo.
Di scienza parleremo dopo ma è un dato di fatto che la Chiesa ha
sempre nutrito una sana diffidenza verso questa attività dello spirito.
E il volksbuch8 che ha ispirato Marlowe non esita a presentare il desiderio di conoscenza e lo “scienziato-mago” come elementi pericolosi
che portano lontano dai sentieri di Dio.
Prometeo si ribella a Zeus per dare la “conoscenza” agli uomini.
Faust vende l’anima al diavolo per il desiderio di conoscenza. Ma uno
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D. Lecourt, Prométhée, Faust, Frankenstein: fondements imaginaires de l’éthique, Synthélabo, Paris, 1996.
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Così viene ricordata la prima narrazione pubblicata della storia di Faust.
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è un eroe, mentre l’altro è un uomo come ce ne sono tanti, pieno di
curiosità e di dubbi.
Per restare in tempi vicini al Faust di Marlowe, Giordano Bruno,
che sosteneva le teorie copernicane e l’infinità dei mondi, era un prometeico che eroicamente affronta l’Inquisizione e il supplizio.
Galilei, che è considerato il fondatore della scienza moderna, era
un faustiano che abiura le teorie copernicane e, mentre redige quell’opera fondamentale che è Il dialogo sopra i due massimi sistemi del
mondo, scrive al marchese Cesare Marsili, suo protettore: «…arrivò il
regalo di V.S.: i galli però non furon vivi, come mi scriveva, anzi morti
e stivati in una piccola cassetta, onde per l’angustia del luogo, e anco
per i tempi piovosi, patirono assai…»9.
Galilei non era un eroe. Era un geniale borghese, amante della buona tavola, pieno di curiosità e con alcuni dubbi da chiarire.
Ed è così che noi vediamo Faust: borghese rinascimentale, profondamente individualista, che non accetta più il pensiero dogmatico
collettivo, né accetta acriticamente le “verità rivelate”.
Né, alle verità rivelate, credeva Marlowe che era ateo, curioso del
nuovo assetto della terra nell’universo e interessato al progresso della
scienza e della tecnica. Non per nulla cita Bacone e Pietro d’Abano.
Il borghese rinascimentale vuole essere libero di esprimere quello
che pensa, compresi i suoi dubbi, e diffondere le sue idee attraverso la
stampa, nonostante la censura.
Negli ultimi anni del Quattrocento e all’inizio del Cinquecento arriva, con la fine del feudalesimo, la grande crisi dei valori tradizionali
per l’Europa: Colombo scopre un nuovo continente con esseri non si
sa se con o senza anima e animali che non c’erano nell’arca di Noè.
Botticelli non disegna più madonne ieratiche, ma stupende fanciulle discinte.
Bosch ci terrorizza con scene di nudo collettivo agli inferi, e
Cranach ci offre raffigurazioni femminili di una nudità piuttosto
perversa.
Le idee di Copernico cominciano a circolare poco dopo, assieme a
un ritorno di interesse per i classici greci, in particolare per Democrito
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Lettera di Galilei a Cesare Marsili, 17 dicembre 1624.
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e Platone, oltre che per Aristotele, con una serie di traduzioni dal greco, fatte dai monaci fuggiti in Italia alla disfatta dell’Impero di Oriente
e diffuse grazie ai progressi della stampa.
Alla fine del Medioevo nasce e si sviluppa in Europa un nuovo
habitat, una nuova struttura sociale e politica, il “comune”. E l’amministrazione della “polis” implica una maggiore partecipazione dei
cittadini, aprendo la strada alle prime forme di gestione democratica
del potere. Vale la pena, passando per Siena, di andare a vedere l’affresco del Buon governo di Lorenzetti, nella Sala del Consiglio, che
testimonia l’attaccamento dei senesi dell’epoca al cambiamento e a un
buon governo.
Il comune è un fenomeno tipicamente europeo. Non sarà così in
Cina, dove il comune avrà un carattere prevalentemente rurale né nel
mondo mussulmano dove gli agglomerati umani si perdono nel grande
mare della umma.
Si mette in moto, in questo periodo, quella dinamica della società
europea che avrà come protagonisti, nei secoli che verranno, la borghesia, il capitalismo e la classe operaia.
L’uomo nuovo che nasce in questi anni, il borghese Faust, come
abbiamo visto, ha perso le antiche certezze e non si sente più al centro
dell’universo. Cerca di capire e di sapere quanto stia accadendo in una
società in profonda mutazione ma, nello stesso tempo, si avventura nei
mari dei nuovi continenti in cerca di affari, mentre l’imprenditore apre
la strada alle produzioni industriali.
Servono capitali e l’uso del denaro da investire non è più lo
“sterco del diavolo” per Lutero e Calvino. Nascono le prime banche internazionali e anche i primi monopoli come quello dei Medici
sull’allume.
Il Cinquecento è un secolo d’oro per la cultura europea, abitato da
ingegneri artisti come Leonardo, scienziati come Copernico, Tycho
Brahe, Keplero, Galilei, maghi, medici e cabalisti come Agrippa e
Paracelso, intellettuali e riformatori come Lutero, Bruno, Machiavelli e poi grandi artisti come Michelangelo che termina gli affreschi della cappella Sistina nel 1512, e Rabelais, Ariosto, Erasmo,
Montaigne, Shakespeare, Marlowe, Tiziano, tanto per non citarne
che alcuni.
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E lo è anche per l’Inghilterra di Marlowe, che vivrà un periodo
fausto per il teatro, durante il Rinascimento elisabettiano.
Ma per la storia d’Europa è anche un secolo tormentato da conflitti,
guerre di religione e infestato da pestilenze a ripetizione. Basti ricordare fra i vari tragici episodi, la strage degli ugonotti nella Parigi del
1572 e il sacco di Roma del 1527 a opera di Carlo V d’Asburgo.
Il Faust di Marlowe, oltre all’interesse storico e letterario, contiene
parecchie notazioni importanti.
Dalle prime battute di Faust appare, con l’evocazione di Pietro
d’Abano e frate Ruggero Bacone, l’ombra dissacrante di Averroè. Il
grande medico e scienziato arabo discepolo di Avicenna che, nel breve
e fausto periodo dei Califfati fu uno dei più autorevoli studiosi arabi di
Aristotele, sostenendo, contro i teologi, che vi possono essere diverse
letture dei Testi Sacri, oltre alla mera lettura della fede, ugualmente valide. Da questi suoi commenti sulla validità di un’interpretazione diversa, filosofica, del Libro, nasce, impropriamente attribuita ad
Averroè, la teoria della “doppia verità” che molti filosofi della scienza
e della natura adottarono per proteggersi dalle accuse di eresia e che
sarà il primo passo per una critica diffusa delle Sacre Scritture.
Bacone e Pietro d’Abano erano studiosi di Averroè i cui scritti erano
molto apprezzati alla scuola di Padova dove insegnava Pietro d’Abano10.
Padova era, verso la fine del Medioevo, uno dei centri più importanti per gli studi aristotelici. Si studiavano e si confrontavano i vari
testi di Aristotele scritti in greco e nelle traduzioni latine e arabe.
La città era sotto il dominio della Repubblica Veneta che offriva,
in quei tempi, un relativo spazio per la libertà di pensiero. Da cui il
sospetto della Chiesa di utilizzare gli studi aristotelici e in parte quelli
su Averroè per voler mettere in discussione le Sacre Scritture e promuovere interpretazioni diverse da quelle canoniche del clero.
Non a caso Galilei si trasferisce a Padova nel 1592 per dedicarsi
agli studi di fisica. Come sappiamo nasce proprio qui a Padova, e con
Galilei, la scienza moderna.
Marlowe era un uomo colto che faceva parte degli “University
Wits” e, se ha messo assieme Bacone e Pietro d’Abano, certamente
10
Abano è un’antica località termale vicino a Padova.
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conosceva il pensiero non ortodosso di Averroè e probabilmente ci ha
voluto lasciare un messaggio.
Eugenio Garin11 sottolinea l’importanza dell’aristotelismo veneto,
scrivendo che la scelta di considerare la filosofia come momento e
aspetto indisgiungibile dalle scienze particolari nella rigorosa separazione dalla teologia, opzione praticata sin dall’inizio nella scuola
padovana, ne fece il luogo naturale in Europa di quella “filosofia”
scientifica da cui emergeranno le scienze moderne.
Faust, come ci piace ripetere, è profondamente e meravigliosamente borghese, europeo, inventivo, opportunista, individualista, col desiderio di intraprendere, curioso di scienza e delle regole del mondo,
pronto anche a vendersi al diavolo, alle ideologie, alle corporations o
magari al pensiero corrente e di moda, non solo per sapere e potere,
ma anche per perdersi per una Elena o una Margherita; il tutto sotto il
segno del dubbio e della precarietà della condizione umana.
Noi prendiamo come riferimento la prima opera su Faust che abbia
avuto una grande diffusione: il Faust di Christopher Marlowe nel testo
critico di Fredson Bowers Doctor Faustus12.
Faust camminerà nei secoli, magari cambiando di abito ma rappresentando sempre i caratteri fondanti della borghesia.
Per noi Marlowe è un mastro Geppetto che dà vita a un suo Pinocchio che andrà inevitabilmente per la sua strada indipendentemente
dai voleri e desideri del suo creatore. Così accade con Faust.
Quello che cercheremo di fare è di descrivere il contesto in cui
nasce Faust perché sarà questo contesto sociale economico e culturale-scientifico che segnerà, con Faust, il futuro della società europea.
In particolare cercheremo di interpretare i segni di scienza che ci ha
lasciato Marlowe. E anche il mago matematico e filosofo della natura
John Dee ci aiuterà in questo compito.
Marlowe sarà pure giudicato un modesto autore, accusato di conservatorismo o altre volte lodato per il contrario. Finirà la sua vita ac11
E. Garin, Aristotelismo veneto e scienza moderna: prolusione all’attività dell’anno 25° di fondazione del Centro, Antenore, Padova, 1981.
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F. Bowers, “Textual introduction” a C. Marlowe, Doctor Faustus, in F. Bowers
(a cura di), The Complete Works of Christopher Marlowe, Cambridge University Press,
Cambridge, 1973. Ed. italiana, C. Marlowe, Il dottor Faust, Mondadori, Milano, 2004.
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coltellato in una riunione di spie. Ma la sua creatura traverserà indenne
i secoli e la vita della società occidentale, preso sempre come riferimento di come e cosa siamo, passando dalla gloria del romanticismo
di Goethe alle previsioni di una catastrofe imminente di Spengler13 e
al Faust di Thomas Mann14, fino all’universo oscuro di Bulgakov nel
Maestro e Margherita.
Per terminare idealmente con la famosa rappresentazione del Faust
a opera di quel geniale gruppo di fisici15 a Copenaghen, nell’istituto
di Niels Bohr. Dalle loro ricerche nascerà, con la fisica quantistica e
con i fondamenti per realizzare le reazioni nucleari a catena, in fine,
l’Apocalisse: la bomba atomica.
O. Spengler, Il tramonto dell’Occidente, Guanda, Parma, 2005.
Negli anni Quaranta, Thomas Mann descrive nel suo Faust la parabola della decadenza inevitabile del mondo occidentale, attraverso la storia del musicista Leverkuhn.
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Di questo gruppo di giovani fisici, oltre a Niels Bohr, ne facevano parte Heisenberg, Weizsäcker, Oppenheimer, Fermi, Segrè, Weisskopf, Pauli e pochi altri (G. Segrè,
Faust a Copenaghen: lotta per l’anima della fisica, ilSaggiatore, Milano, 2009).
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