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CORSO "INFORMATICA E DIRITTO" - A.A. 2010-2011
UNIVERSITÀ DI ROMA "SAPIENZA" - FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA, COMUNICAZIONE
MATERIALI DIDATTICI - V LEZIONE
OPEN SOURCE
Domenico Palermo
1. L’origine del software libero.
I primi computer erano tutti forniti di un sistema operativo liberamente
consultabile e con un manuale completo delle indicazioni sulla compilazione del
sorgente del programma. Il legame inscindibile fra il software ed il computer, rendeva
inutile qualsiasi protezione del sistema operativo, perché il limite del programma
era la sua non portabilità su altre macchine.
Negli anni ’70 la nascita di un sistema operativo portabile, UNIX 1, di proprietà
della AT&T, cambiò tutto. Il programma ebbe un notevole successo nelle
Università degli Stati Uniti, dove fu installato gratuitamente su diversi computer,
assieme al codice sorgente. La portabilità su diverse piattaforme hardware, l’apertura
del codice2, la semplicità d’uso ne permisero una rapida diffusione fra gli hacker3.
Ma negli anni ’80 la situazione cambiò. La AT&T venne smembrata in diverse
società e, con una sentenza del 1984 gli venne permesso di trasformare UNIX in un
prodotto commerciale, chiudendo il codice sorgente4. Se fino agli anni ’80, il software
veniva scambiato senza alcun problema fra i programmatori, dagli anni ’80 in poi
cominciarono a diffondersi i primi software proprietari. Il mondo hacker si divise:
alcuni rimasero con Unix, altri cominciarono a creare sistemi operativi derivati Unix

La presente dispensa è una sintesi, usata per la lezione del presente seminario, del più ampio saggio D. PALERMO,
Profili giuridici, economici e politici dell'Open Source in M. SIRIMARCO (a cura di), Info-ius. Problemi e prospettive dell'informatica
giuridica, Roma, 2010. Si rilascia il presente lavoro sotto licenza CC BY-NC-ND 3.0 (per informazioni:
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/).
1 In questo saggio ci si riferirà ad UNIX, per indicare il sistema operativo proprietario della AT&T, ora della Novell,
mentre con Unix si indicheranno tutti quei programmi derivati dal codice sorgente del primo UNIX.
2 Per “apertura del codice” si intende la libertà di poter modificare, migliorare, copiare e distribuire liberamente le
modifiche al codice sorgente.
3 Cfr. E. S. RAYMOND, Breve storia sugli hacker, cit., in cui l’autore sottolinea il ruolo fondamentale di Unix per
costruire una cultura hacker e una cultura del software libero: “Gli hacker erano in grado di utilizzare gli stessi
strumenti software da una macchina all’altra (…). Oltre alla portabilità, Unix e C presentavano altri punti di forza.
Entrambi si basavano sulla filosofia Keep it simple, stupid!, letteralmente “Semplifica, stupido!”.
4 Con la sentenza del 1984, quando la AT&T venne finalmente consentito di entrare nel settore informatico, le
università non si preoccupavano di documentare le modifiche che introducevano al software. Questo creò delle
dispute legali fra la AT&T e l’università di Berkeley in particolare, la quale aveva una propria distribuzione libera di
Unix, denominata BSD, con un proprio codice sorgente comune con UNIX. La vertenza terminò solamente nel
gennaio del 1994, quando la AT&T cedette il sistema operativo a Novell e fu trovato un accordo, come riportato da
M. K. MCKUSICK, Vent’anni di Unix a Berkeley: dalla AT&T alla ridistribuzione gratuita, in Open Sources. Voci della
rivoluzione
Open
Source,
Milano,
1999,
liberamente
consultabili
all’indirizzo
internet:
http://www.apogeonline.com/openpress/libri/545/index (a cui si farà riferimento nella presente dispensa).
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come BSD5, altri si appassionarono ai microcomputer6 che cominciavano a
diffondersi negli anni Ottanta. In questo periodo sia Apple che Microsoft
iniziavano a produrre prodotti commerciali per conquistare il mercato dei personal
computer.
Nello stesso periodo Richard M. Stallman, un hacker del laboratorio di Intelligenza
Artificiale del MIT, per contrapporsi alla chiusura dei programmi e alle divisioni
nella comunità7, decise di uscire dai laboratori e di fondare il progetto GNU, un
acronimo ricorsivo “GNU’s Not Unix” (GNU Non è Unix), il cui scopo era la
costruzione di un sistema operativo libero, corredato di numerosi applicativi liberi,
in grado di offrire un’alternativa valida al software proprietario. Per difendere il
progetto fondò la Free Software Foundation al fine di fornire il supporto logistico e
legale necessario alla comunità del software libero.
2. Il software libero
Il software libero o free software è un programma che garantisce a tutti
quattro libertà: “la libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà
0); la libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie
necessità (libertà 1) – l'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito; la libertà di
ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2); la libertà di
migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in
modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3) – l’accesso al codice
sorgente ne è un prerequisito”8.
Cfr. M. K. MCKUSICK, Vent’anni di Unix a Berkeley: dalla AT&T alla ridistribuzione gratuita, in Open Sources. cit., in cui
l’autore sottolinea come BSD, la Barkeley Software Distribution, dopo le nuove scelte di AT&T su Unix, fu costretta a
ripulire il sistema operativo da tutte quelle parti di codice non condivisibili liberamente in rete.
6 Cfr. L. TORVALDS, D. DIAMOND, Rivoluzionario per caso. cit., p. 247. L’autore ritiene che il monopolio sui computer,
detenuto dalla IBM, venne infranto proprio “quando la IBM sviluppò il personal computer, (che) senza volerlo aprì
la propria tecnologia in modo che chiunque la potesse replicare. Quel gesto fu fondamentale per la rivoluzione del
PC”.
7 Cfr. R. M. STALLMAN, Il progetto GNU, in Open Sources. cit., in cui Stallman spiega cosa implicava per un hacker la
chiusura proprietaria del codice: “avevo già sperimentato cosa significasse un accordo di non diffusione per chi lo
firmava, quando qualcuno rifiutò a me e al laboratorio AI del MIT il codice sorgente del programma di controllo
della nostra stampante; l’assenza di alcune funzionalità nel programma rendeva oltremodo frustrante l’uso della
stampante. Per cui non mi potevo dire che gli accordi di non-diffusione fossero innocenti. Ero molto arrabbiato
quando quella persona si rifiutò di condividere il programma con noi; non potevo far finta di niente e fare lo stesso
con tutti gli altri”. Cfr. G. FIORIGLIO, Gli hacker tra etica e diritto, in M SIRIMARCO (a cura di), Informatica, diritto, filosofia,
2007, Roma, pp. 75-76.
8 Consultato il giorno 4 aprile 2011 dal sito internet della FSF: http://www.gnu.org/home.it.html). La Free Software
Foundation sottolinea continuamente che libero non è necessariamente gratuito, proprio per ovviare all’ambiguità
semantica della parola free in inglese, il cui significato è sia “libero” ma anche “gratuito”.
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Nonostante gli sforzi prodotti, nel 1990 il progetto GNU mancava ancora
dell’elemento principale, il kernel9, senza il quale era impossibile creare un sistema
operativo completo. Questo problema venne risolto nel 1991 da un giovane
studente finlandese, Linus Torvalds, il quale, con il contributo della comunità in
rete, riuscì a creare un kernel totalmente libero denominato Linux10. Così nel 1992
prese vita il sistema operativo GNU/Linux.
Risolto il problema della creazione del sistema operativo, per completare lo sforzo
progettuale era necessario condividere la conoscenza tecnica anche attraverso la
diffusione di manuali in grado di mettere chiunque lo volesse nella condizione di
poter utilizzare, modificare, riprogettare il software liberamente condiviso. Ancora
più importante era contrastare il ricorso sempre più diffuso al copyright e la crescente
diffusione dell’uso dei brevetti per il software: era necessario proteggere gli standard
liberi. La FSF elaborò a questo scopo il concetto di permesso d’autore attraverso
una licenza-manifesto, la GPL, in grado di impedire la successiva chiusura di un
programma nato libero. L’idea fu quella di utilizzare il copyright, la protezione legale
del diritto d’autore, per proteggere il permesso d’autore, il copyleft. La licenzamanifesto introdusse un problema che avrebbe diviso la comunità: la viralità della
licenza stessa: qualsiasi software rilasciato sotto GPL, per essere incorporato
all’interno di un programma, anche quest’ultimo deve essere rilasciato sotto la
medesima licenza.
3. Il software a codice sorgente aperto
Il 23 gennaio 1998 la Netscape Communications Corporation annunciò pubblicamente
che avrebbe reso pubblico il codice sorgente della sua suite di navigazione in rete
Communicator11 con il suo famoso browser proprietario Navigator, per affrontare il
successo riscosso dal rivale della Microsoft, Internet Explorer, integrato nel sistema
operativo Windows 98. L’annuncio stupì la stessa comunità che lavorava da anni alla
costruzione di software libero12. La società di fronte al problema di come aprire il
codice fece un lavoro di ripulitura da parti coperte da copyright esterni al fine di
poterlo rilasciare come free software. Il problema più importante rimaneva il rapporto
Per kernel si intende il cuore di un sistema operativo. Per una panoramica più completa sui termini tecnici utilizzati
può essere utile consultare M. SIRIMARCO, D. PALERMO, Elementi di informatica di base per l'informatica giuridica, Roma,
2010.
10 Cfr. L. TORVALDS, D. DIAMOND, Rivoluzionario per caso, cit., pp. 74-78.
11 Cfr. J. HAMERLY, T. PAQUIN, con S. WALTON, Liberare il sorgente: la storia di Mozilla, in Open Sources, cit..
12 Ibidem.
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fra le terze parti proprietarie che cedevano l’uso del loro software a Netscape e
l’eventuale uso della GPL che, per la sua viralità, era difficilmente adattabile ad un
momento di passaggio dall’ambito commerciale alla libera condivisione pubblica.
Liberare il sorgente del nuovo browser, chiamato Mozilla, richiedeva dei cambiamenti
nel modo di porsi nei confronti del software proprietario: l’approccio ideale e politico
della FSF non poteva conciliarsi con il progetto. Una parte della comunità ritenne
che fosse arrivato il momento di superare le pur giuste posizioni della FSF per
aprirsi pragmaticamente al mercato: fu elaborata una nuova licenza, la NPL,
Netscape Public License, e successivamente una seconda licenza derivata dalla NPL, la
MPL, Mozilla Public License. Queste licenze, non riconosciute dalla Free Software
Foundation, furono riconosciute da un nuovo soggetto, la OSI (Open Source
Initiative), fondata nel febbraio del 1998 da Eric S. Raymond e Bruce Perens,
quest’ultimo uno dei leader di una delle più importanti distribuzioni libere di
GNU/Linux, la Debian, ed autore del “Contratto sociale di Debian”13, i quali
scrissero la Open Source Definition (OSD), “una carta dei diritti dell’utente di
computer (che) definisce certi diritti che una licenza software deve garantire per
poter essere certificata come Open Source”14.
Nonostante le differenze, l’idea alla base dei due approcci è comune: il software
deve essere libero, perché la libertà garantisce l’espressione creativa del
programmatore, l’unica in grado di contribuire alla crescita della società e allo
sviluppo della comunità. A dividere è il significato che si vuole dare alla libertà: per
la FSF è un valore etico non negoziabile, mentre per la OSI è un metodo di
sviluppo dei programmi15. Da alcuni anni si tenta di usare un unico termine per
identificare questo tipo di programmi: FOSS, acronimo di Free Open Source
Software16.
Il "Contratto Sociale" con la Comunità Free Software, oggi alla sua versione 1.1 del 26 aprile 2004, che ha
sostituito la versione 1.0 del 5 luglio 1997, disponibile all’indirizzo internet http://www.debian.org/social_contract,
si articola in 5 punti ed è stata la base, assieme alle “Linee Guida Debian per il Software Libero”, a cui la OSI si è
ispirata per costruire la sua OSD.
14 B. PERENS, The Open Source Definition, in Open Sources. cit..
15 Cfr. R. M. STALLMAN, Perché l'“Open Source” manca l'obiettivo del Software Libero, disponibile all’indirizzo
http://www.gnu.org/philosophy/open-source-misses-the-point.it.html (consultato il 25 aprile 2011), in cui l’autore,
spiega che “Quasi tutto il software open source è software libero; i due termini descrivono all'incirca la stessa
categoria di software. Ma si basano su valori fondamentalmente diversi. L'open source è una metodologia di
sviluppo; il software libero è un movimento sociale”.
16 FOSS, ma anche F/OSS o FLOSS, quest’ultimo per contenere anche la parola “Libero”, al fine di rendere più
chiaramente il significato ambivalente di free in inglese.
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4. Due modi di programmare: la Cattedrale ed il Bazar
Le divisioni e le differenze non hanno intaccato le possibilità della comunità FOSS
di creare programmi di qualità. Già nell’agosto del 1998 un ingegnere della Microsoft,
nei cosiddetti “Halloween documents”17, analizzava il rapporto fra software open
source e proprietario esprimendo la preoccupazione che un modo di progettare e
diffondere sistemi operativi e programmi in modo totalmente differente rispetto
alle grandi industrie del software, avrebbe potuto mettere in difficoltà sia dal punto di
vista tecnico che qualitativo, oltre che commerciale, i sistemi operativi proprietari a
codice sorgente chiuso.
Il metodo utilizzato sino alla nascita di Linux, fu chiamato dall’hacker Eric S.
Raymond nel suo lavoro The cathedral & the bazaar18, il metodo della Cattedrale:
dopo un primo progetto, il programmatore traccia una road map con il suo team per
pianificare il lavoro. Successivamente assieme al team provvede allo sviluppo del
lavoro, testandolo all’interno del team stesso e con il personale aziendale. Il
programma viene reso disponibili per gli utenti solo dopo l’esito positivo dei test
interni. Questo metodo, fino all’approccio di Linus Torvald, era l’unico che aveva
dato ottimi risultati in ambito commerciale. Il cambiamento fu il frutto del lavoro
degli hacker e dello sviluppo mondiale della rete internet19. Il metodo utilizzato per
realizzare Linux viene paragonato da Raymond ad un bazar virtuale. La base di
partenza è una buona idea ed un programmatore che ha voglia di realizzarla. Non si
cerca di progettare un nuovo programma, ma si cerca di riusare qualcosa di buono
che già c’è, adattandolo alle proprie necessità. L’atteggiamento del progettista è
quello di un coordinatore che, grazie alla propria reputazione, credibilità, fascino ed
umiltà20, è in grado di attirare altri hacker per costruire assieme una comunità di
Gli Halloween documents sono stati divulgati pubblicamente da Eric S. Raymond sul suo sito internet. La Microsoft
con un comunicato del 5 novembre 1998 (denominato documento Halloween III) ha riconosciuto la paternità dei
documenti chiarendo che erano atti interni resisi necessari per valutare la concorrenza, sia commerciale che tecnica di
Linux e del software open source. Per un approfondimento, i documenti sono disponibili in lingua inglese al seguente
indirizzo: http://www.catb.org/~esr/halloween/index.html, mentre una traduzione italiana è disponibile
all’indirizzo: http://www.rigacci.org/wiki/doku.php/tecnica/free_software/19990501_halloween (consultati il 25
aprile 2011).
18 E. S. RAYMOND, The cathedral & the bazaar. Musings on Linux and Open Source by an accidental revolutionary, Sebastopol,
2001, pp. 19-65. L’edizione italiana del saggio La cattedrale e il bazaar, utilizzata per questo lavoro, è disponibile
all’indirizzo internet: http://www.apogeonline.com/openpress/cathedral (consultato il 14 aprile 2011).
19 Cfr. M. CASTELLS, Galassia internet, cit., p. 47. Se gli hacker hanno contribuito fortemente allo sviluppo del FOSS,
essi sono stati determinanti anche per la creazione della rete internet. Come sostiene Castells “il software open
source è l’elemento tecnologico chiave nello sviluppo di Internet”, esplicitando quel legame frutto della comune
origine nella cultura hacker.
20 E. S. RAYMOND, Colonizzare la noosfera, in http://www.apogeonline.com/openpress/homesteading (consultato il 14
aprile 2011). Raymond individua queste caratteristiche come essenziali per poter coordinare un progetto di
realizzazione di un programma, infatti “I potenziali collaboratori vogliono leader dotati di sufficiente umiltà e classe
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progettisti. La comunità, durante la realizzazione del software, si struttura all’interno
dividendosi fra collaboratori saltuari e corresponsabili di progetto, a cui viene
demandato il controllo dei singoli sottoprogetti. La leadership viene esercitata o
attraverso la figura di un coordinatore, proprietario del progetto, o da un comitato
di co-sviluppatori che prende le decisioni votando, sul modello di sviluppo del
software Apache, oppure con la turnazione del leader tra i co-sviluppatori esperti, sul
modello del linguaggio Perl. Questo permette un controllo su tutto il progetto con
un organico e coerente sviluppo dei sottoprogetti, limitando qualsiasi forma di
coercizione. La reputazione infatti si guadagna con il lavoro sul codice, attraverso
un criterio fortemente meritocratico ed incentivante. In una società orizzontale
dove le decisioni vengono prese fra pari, alcuni comportamenti sono disapprovati e
vengono costantemente disincentivati dalla comunità, anche se le eventuali
“sanzioni” non hanno evidenti effetti negativi sulle persone, ma generano
sicuramente effetti sul gioco della reputazione21.
5. Diritto d’autore e FOSS.
Il diritto d’autore ed il copyright, nonostante condividano lo scopo di incentivare e
proteggere la creazione di opere di ingegno, sono il frutto di due sistemi giuridici
differenti, il primo di Civil Law, il secondo di Common Law. Se il diritto d’autore
tende a mettere al centro della tutela giuridica l’autore dell’opera, il copyright mette al
centro il prodotto editoriale22, proteggendo maggiormente l’imprenditore che
investe su un’opera piuttosto che il solo creatore.
L’esclusività dello sfruttamento commerciale dell’opera si basa sulla natura
contrattuale del rapporto che sorge fra autore ed editore.
A sconvolgere la tranquillità dell’applicazione del modello centrato su autore,
editore e prodotto commerciale dell’era analogica, è stata la digitalizzazione con la
possibilità di copiare senza perdere alcuna qualità il prodotto originale. La facilità di
allocare in piccoli supporti una quantità smisurata di software, ha permesso una facile
manipolazione, scomposizione, e modificazione di qualsiasi prodotto con un
da poter dire, quando oggettivamente appropriato, Sì, questo codice funziona meglio della mia versione, lo userò! – e
dare riconoscimenti quando dovuti. Un motivo ulteriore per i comportamenti umili è che raramente nel mondo open
source si dà l’impressione che un progetto possa dirsi concluso. Ciò porterebbe a una sensazione d’inutilità da parte
dei possibili collaboratori”.
21 Cfr. E. S. RAYMOND, Colonizzare la noosfera, cit.
22 Per un utile approfondimento si veda il saggio di M. RICCI, La proprietà intellettuale: aspetti giuridici e filosofici, in
Informatica, diritto, filosofia, cit., e il lavoro di S. ALIPRANDI, Capire il copyright, Lodi, 2007, disponibile con licenza creative
commons “2.5 by-nc-sa” all’indirizzo http://www.copyleft-italia.it/libro3, (per questo lavoro abbiamo utilizzato
quest’ultima versione).
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semplice personal computer, ormai facilmente reperibile a basso costo in tutti i paesi ad
economia avanzata23. Inoltre la diffusione dell’uso di supporti digitali e l’avvento
della rete ha moltiplicato i canali di diffusione della cultura, annullando le barriere
geografiche e sconvolgendo gli equilibri creatisi tra gli imprenditori commerciali
analogici.
Di fronte alla chiusura, alla richiesta di rafforzare le norme del diritto d’autore e del
copyright a tutela dei produttori di software, la risposta della comunità hacker raccolta
attorno alla Free Software Foundation fu il ribaltamento del concetto di diritto di copia
(copyright) in permesso di copia (copyleft) con l’elaborazione di licenze software che,
utilizzando la protezione del copyright, permettono agli utenti, attraverso l’esplicita
previsione di permessi garantiti, di usufruire in modo pieno e condiviso dei
programmi. Il free software ed il software open source sono la risposta al tentativo di
introdurre i principi propri dell’economia industriale nell’economia informazionale24 e
le licenze libere ed open source sono gli strumenti utilizzati per cercare di difendere la
libertà di circolazione delle informazioni in un mondo che tende sempre più a
chiudersi25.
6. Le licenze GNU
In questo breve lavoro si analizzeranno le licenze con maggiore diffusione,
utilizzando la classifica di quelle più utilizzate in rete del Black Duck Open Source
Resource Center26. La licenza più utilizzata, con il 45,43%, è la GNU GPL v.2.0,
seguita dall’Artistic License di Perl, 8,44%, e la MIT License, 8,22%. In totale le
licenze libere della FSF, le GNU GPL e LGPL nelle diverse versioni, sono
utilizzate dal 60,72%. Sulla base di questi dati analizzeremo le due licenze della Free
Software Foundation, riconosciute anche dalla Open Source Initiative.
Cfr. R. V. SCELSI, Privato, participio passato di privare in R.V. SCELSI (a cura di), No copyright – nuovi diritti nel 2000,
Milano, 2004, p.13 e ss. Si veda, inoltre, S. S. ALIPRANDI, Capire il copyright, p. 37, in cui l’autore, schematizza il lavoro
di Scelsi, indicando quali effetti della digitalizzazione: la precisione, la conversione in bit è incomparabilmente più
precisa di quanto possa essere quella ad impulsi elettromagnetici; la compattezza e la facilità di stoccaggio e la
malleabilità delle informazioni dei supporti digitali.
24 Con il termine “economia informazionale”, M. CASTELLS, L' età dell'informazione: economia, società, cultura, Milano,
2004, intende tutte le economie che si fondano sull'informazione tecnologica.
25 Cfr. A.C. AMATO MANGIAMELI, Informatica giuridica, Torino, 2010, pp.279 e ss., in cui l’autrice sottolinea “la
necessità di ridefinire il concetto di creazione intellettuale, visto che nel mondo contemporaneo la categoria produzione
e manifestazione dello spirito umano si è notevolmente ampliata e su tutto si è imposto il termine informazione” che mira
a raccontare l’accaduto come dono per gli altri e non a costruire notizie come merce.
26 La classifica, prelevata dal sito internet http://www.blackducksoftware.com/oss/licenses, riguarda le 20 licenze
più utilizzate al mondo, stilata dalla società di consulenza Black Duck, il cui database monitora più di 4500 siti internet
e oltre un migliaio di fornitori di software (dati prelevati il 14 aprile 2011).
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La Free Software Foundation ha cercato di tutelare le quattro libertà di utilizzare,
copiare, modificare e distribuire un programma libero, attraverso la pubblicazione
di due licenze: la prima, la GNU GPL, creata nel 1989, e la GNU LGPL, del 1991.
La GNU GPL27 (General Public License, Licenza Pubblica Generica) è la prima e,
tuttora principale, licenza di copyleft. Nel 1989 fu pubblicata la prima versione28, a cui
seguì nel 1991 la seconda versione ed una terza versione nel 2007. Quest’ultima
rappresenta quella attualmente in uso. La GPL è anche un manifesto politico della
Free Software Foundation con la quale si illustrano le motivazioni teoriche della licenza
stessa. Scritta da Richard Stallman ed Eben Moplen, consigliere legale della FSF, ha
lo scopo principale di garantire le quattro libertà del software libero, estendendole
anche ai programmi derivati, che dovranno obbligatoriamente essere ridistribuiti
sotto la GNU GPL. La sua viralità rappresenta un deterrente per quelle imprese
che volessero avvicinarsi al software libero, perché non consente di mantenere
private le modifiche apportate al programma una volta utilizzate pubblicamente.
Il testo della licenza, nella sua versione 3, del 29 giugno 2007, si compone di un
“Preambolo”, “Termini e Condizioni” e “Fine dei Termini e delle Condizioni”.
Nel “Preambolo” si ribadisce che l’obiettivo della licenza è la libertà di
condividere e modificare tutte le versioni di un programma, chiarendo che il
termine free deve essere inteso nel senso di libero e non gratuito. In questa
parte viene spiegata la logica del copyleft, che attraverso il copyright sul software,
permette di proteggere la possibilità di condividere il proprio lavoro con la
comunità, rinunciando ad alcuni diritti garantiti all’autore del programma.
Nei “Termini e condizioni” sin dall’inizio si pone un’attenzione particolare al
codice sorgente, il quale, per la sua intelligibilità, rappresenta la parte più indicata
per essere modificata. La libertà dell’accesso al codice sorgente e la libertà di
distribuzione sono legate all’obbligo, in capo a chiunque voglia lavorare con un
opera protetta con licenza GPL, di distribuire le versioni modificate del sorgente
con la medesima licenza GPL, disciplinando anche le modalità di distribuzione del
codice sorgente stesso. Proprio per quest’obbligo si parla di viralità della licenza,
perché chiunque voglia includere un programma coperto da licenza GPL all’interno
di un proprio lavoro, dovrà licenziarlo sotto la GPL. Nella licenza viene chiarito
che non si deve utilizzare software libero per applicare limitazioni all’accesso di una
L’attuale versione della GNU GPL, la terza, si può scaricare liberamente, in lingua inglese, al seguente indirizzo:
http://www.gnu.org/licenses/gpl.html . Per una traduzione, non ufficiale, in lingua italiana si può consultare il
seguente indirizzo: http://katolaz.homeunix.net/gplv3/gplv3-it-final.html (14 aprile 2011).
28
Per un elenco delle vecchie licenze si può consultare il seguente indirizzo internet:
http://www.gnu.org/licenses/old-LICENSES/old-licenses.html (14 aprile 2010).
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tecnologia, sottolineando il fatto che per usare un programma libero l’utilizzatore
non deve accettare la licenza GPL, a differenza dei programmi proprietari che
richiedono la preventiva accettazione dell’EULA (End User License Agreement,
Accordo di licenza con l’utente finale). Un punto importante riguarda l’estensione
della licenza ai programmi sviluppati sulla rete e per la rete, resosi necessario per
evitare che molti aggirassero i contenuti della GPL in questo tipo di programmi. La
GPL si conclude con una netta esclusione dell’applicazione dei brevetti ai software,
quindi solo le opere coperte da copyright possono essere licenziate sotto GPL e con
una esclusione dall’uso della licenza in quei paesi dove le legislazioni nazionali ne
impediscono una distribuzione conforme ai contenuti della licenza stessa.
La GNU LGPL (Lesser General Public License, Licenza Pubblica Generica Attenuata),
del 1991, è stata creata per incentivare la diffusione tra i programmi commerciali
proprietari delle librerie software libere. Infatti originariamente la “L” significava
Library. Rispetto alla licenza GPL, la LGPL non prevede alcun obbligo di estendere
la licenza al programma in cui è incluso, ponendosi come una licenza business
friendly. Il suo scopo è la contaminazione del mondo del software commerciale
attraverso l’inclusione nei programmi a codice sorgente chiuso di librerie
precompilate libere.
Il testo delle licenze GPL e LGPL, anche se liberamente copiabile e distribuibile, è
coperto da copyright per impedire qualsiasi arbitraria modifica dei termini della
licenza.
7. La Open Source Definition
Il movimento Open Source non creò una propria licenza, ma scrisse una specifica
definizione, chiamata Open Source Definition29, con la quale indicare cosa deve
contenere una licenza software per poterla definire e distribuire come open source.
La libertà di accesso al codice sorgente e la sua libera distribuzione sono
considerate la premessa indispensabile per definire un programma a codice
Il testo originale della Open Source Definition si può scaricare: http://www.opensource.org/docs/definition.php
(14 aprile 2011), mentre una versione non ufficiale in lingua italiana è disponibile su:
http://it.wikipedia.org/wiki/Open_Source_Definition (14 aprile 2011). I dieci punti della OSD sono: 1) Free
Redistribution (Libera distribuzione); 2) Source Code (Codice sorgente); 3) Derived Works (Lavori derivati); 4)
Integrity of The Author’s Source Code (Integrità del codice sorgente originario); 5) No Discrimination Against
Persons or Groups (Nessuna discriminazione per persone o gruppi); 6) No Discrimination Against Fields of
Endeavor (Nessuna discriminazione per campi di applicazione); 7) Distribution of License (Distribuzione della
licenza); 8) License Must Not Be Specific to a Product (La licenza non deve essere riferita ad un prodotto specifico);
9) License Must Not Restrict Other Software (La Licenza non deve contaminare altro software); 10) License Must
Be Technology-Neutral (La licenza deve essere tecnologicamente neutrale).
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sorgente aperto. Si deve permettere la possibilità di modificare il programma e di
derivarne distribuzioni da licenziare sotto le stesse condizioni originarie, vietando
allo stesso tempo che si possano prevedere eccezioni. Inoltre l’utilizzo di un
programma open source non si può far dipendere dalla distribuzione in un
determinato prodotto hardware o software, né dal settore a cui si vuole applicare, in
quanto non si può discriminare una tecnologia o un programma rispetto ad altri. Se
la neutralità tecnologica è molto importante perché permette di evitare
discriminazioni fra piattaforme hardware o fra sistemi operativi, desta qualche
perplessità la scelta di prevedere un esplicito punto sulla non discriminazione
contro persone o gruppi, come, in forma minore, anche rispetto ai campi di
applicazione. Questo soprattutto alla luce delle prime note esplicative di Bruce
Perens, in particolare la nota “Nessuna discriminazione contro persone o gruppi”,
che citava come esempio nella prima versione la “licenza fornita dai Rettori
dell’Università della California a Berkeley (che) proibiva l’uso di un programma di
progettazione elettronica da parte delle forze di polizia del Sud Africa”30. L'esempio
voleva richiamare e rivendicare con forza la neutralità del programma rispetto
all'uso fatto da gruppi o persone. Questa garanzia di libertà assoluta trascura il fatto
che la tecnologia non è neutrale, ma è uno strumento che può ledere la dignità della
persona e la sua libertà, trasformando un programma in uno strumento di
oppressione31. Bisogna notare che nell’ultima versione la spiegazione del punto è
stata cambiata, ponendo l’accento su un esempio differente e più vicino alla
sensibilità propria dei movimenti per la difesa delle libertà civili: le restrizioni
imposte da alcuni paesi, come gli Stati Uniti, all’esportazione di alcuni tipi di software
verso altri paesi. Se il testo è rimasto lo stesso, è cambiata la parte esplicativa, dove
si afferma che “viene proibita l’esclusione arbitraria dal processo di persone o
gruppi”, che sembra lasciare spazio ad una licenza che esclude un gruppo di
persone sulla base di motivazioni riguardanti l’evidente e palese utilizzo del software
per violare i diritti umani basilari di una singola persona o di un gruppo. A
differenza della licenza GPL, la OSD non richiede l’obbligo di licenziare con
la medesima licenza le modifiche introdotte al software, ma eventuali
B. PERENS, The Open Source Definition, in Open Sources, cit., che completava il concetto citato nel testo con
“apprezzato come merita questo sentimento in tempi di apartheid, va detto che esso non ha più senso oggi. Alcune
persone si trovano ancora con software acquistato sotto quella licenza, e le loro versioni derivate devono portare la
stessa restrizione. Le licenze Open Source non devono contenere tale clausola, indipendentemente dalla nobiltà
dell’intento”.
31 Cfr. T. SERRA, L'uomo programmato, Torino, 2003, p. 67.
30
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modifiche che non rispettino la OSD, non potranno essere denominate programmi
open source.
8. L’economia dell’open source.
Il confronto fra economia industriale ed informazionale ruota attorno al rapporto
fra due concetti chiave: la proprietà e l’informazione. L’industria considera
“prodotti” le opere dell’ingegno mentre i movimenti del FOSS li considerano opere
creative, beni comuni da condividere con l’umanità. La new economy, nata dallo
sviluppo dell'economia in rete, “potenzia l'idea di proprietà, centrale nel vecchio
spirito capitalistico, estendendola anche, in modo senza precedenti,
all'informazione”32. I programmi vengono protetti per generare profitto e per
creare un mercato basato sulla produzione di massa e sulla chiusura del codice, una
strategia che considera il sapere un fattore della produzione, quantificabile e
liquidabile, che misura la diffusione della cultura sulla base dei volumi di vendita ed
investe solamente in progetti che possono garantire un ritorno commerciale. Si
impongono barriere in entrata sul mercato attraverso brevetti sugli standard ed in
uscita attraverso il copyright. Proprio lo studio delle strategie di produzione
dell'informazione, secondo l'analisi di Benkler33, permette di comprendere le
differenze fra due modi diversi di produrre: quelle basate sul copyright e quelle basate
sulla non esclusione.
La strategia economica basata sul copyright utilizza il diritto di esclusiva per ottenere
profitti attraverso la vendita commerciale di opere creative. Gli editori acquistano i
diritti dagli autori per sfruttare commercialmente le loro opere, massimizzando i
profitti con il riutilizzo e la rielaborazione delle opere detenute, derivando altri
prodotti affini grazie alle informazioni già in loro possesso, al fine di non dover
utilizzare opere di proprietà di altri editori, pagandogli i relativi diritti. Per impedire
l'ingresso nel mercato ad aziende concorrenti si registrano brevetti per gli standard
utilizzati per la diffusione delle proprie opere.
La strategia basata sulla non esclusione, utilizza sia il copyright che il copyleft. Il
principio alla base della scelta di non escludere nessuno dall’utilizzo delle opere di
ingegno, soprattutto per quanto riguarda i software, si basa sull’efficacia della
produzione sociale nell’ambiente digitale. Partendo dalle caratteristiche
dell’informazione, si riesce a comprendere perché il modello sostenuto dalla FSF e
32
33
P. HIMANEN, L’etica hacker, cit., p.44.
Cfr. Y. BENKLER, La ricchezza della rete, cit., pp. 54-61.
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dalla OSI possa essere la base per un’economia aperta e non più ossessionata dalla
commercializzazione e massimizzazione di ogni bene, soprattutto dei beni comuni.
La combinazione di tre caratteristiche, i macchinari utilizzati, il costo delle materie
prime ed i modelli organizzativi sociali34, permette di sostenere che è possibile
produrre informazione, quindi anche software, senza utilizzare i diritti di proprietà
esclusiva. I macchinari esistenti, i computer, sono sempre più diffusi tra la
popolazione dei paesi più avanzati e sempre più economici. L’informazione e la
conoscenza, materie prime non rivali alla base della realizzazione di un programma,
hanno un costo marginale reale pari a zero35. La condivisione sociale
dell’informazione, possibile perché quest’ultima è un bene comune, frutto della
libertà creativa dell’essere umano, può essere resa costosa solamente in modo
artificiale, imponendo barriere in entrata ed uscita.
Il continuo richiamare l’attenzione sull’equazione informazione uguale beni comuni
è necessario per rimarcare la distanza fra l’economia informazionale e l’economia
industriale. Il modello di realizzazione del FOSS, rappresenta un successo per il
mercato del software e per l’economia informazionale in genere, perché è stato in
grado di realizzare un sistema operativo come Linux usando una “produzione
orizzontale basata sui beni comuni”36.
9. La partecipazione politica e l’open source
Dal punto di vista politico, il FOSS ha posto le fondamenta per la costruzione della
società dell’informazione in rete. La costruzione aperta, trasparente, partecipata e
collaborativa dei programmi, sullo stile del bazar, suggerisce nuovi strumenti per
rivitalizzare la pratica politica e le possibilità di partecipazione alle decisioni. La rete
è uno spazio deterritorializzato e despazializzato, in cui il confronto e l’espressione
delle proprie opinioni avviene con una facilità, velocità e diffusione prima non
immaginabili. L’ansia di partecipare, di condividere con la società in rete le proprie
opinioni rappresenta la novità politica più importante, perché lo strumento internet
Ivi, pp.134-136.
Ivi, p.135. Benkler sostiene che il costo marginale dell’informazione è pari a zero perché la caratteristica principale
dell’informazione è di essere un bene pubblico non rivale, cioè una persona può usarlo senza ridurre l’uso da parte di
un’altra. Per l’economia del benessere ridurre il flusso di informazioni è inefficiente perché si sottoutilizza, per via del
copyright, l’uso sociale del flusso informazionale. Nello stesso tempo, essendo l’informazione sia input che output del
processo di produzione, una inefficienza iniziale pone delle barriere al libero sviluppo della creatività umana, creando
le condizioni per una riduzione dell’output, producendo meno informazione e cultura (pp.48-49).
36 Ivi, p.76. Benkler sottolinea che un esempio di questa produzione orizzontale è rappresentata proprio dal FOSS
(p.80).
34
35
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permette di allargare le forme di partecipazione e di espressione sulle decisioni
politiche prese dalle istituzioni statali.
Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha compreso appieno l’importanza
della rete, utilizzandola per creare una comunità aperta di supporto alla propria
campagna elettorale e, appena eletto, ad aprire la Pubblica Amministrazione
statunitense sostenendo che, come afferma in un documento ufficiale della
Presidenza, “l’apertura rafforzerà la nostra democrazia e promuoverà l’efficienza e
l’efficacia nel Governo”37. Su questa base l’amministrazione Obama ha ridisegnato
il sito istituzionale della Casa Bianca, strutturando l’intero spazio web attraverso
l’uso di un programma libero38, ed ha promosso la Open Government Directive
impegnandosi a rafforzare nella PA degli Stati Uniti la trasparenza, la
partecipazione e la collaborazione alla costruzione di una Amministrazione aperta,
intendendo con questo termine “l’allargamento dell’accesso alle informazioni
attraverso la disponibilità dei dati on line in formato aperto”39, invitando le Agenzie
governative a pubblicare “le informazioni in rete in un formato aperto che permetta
la manipolazione, il download, l’indicizzazione e la ricerca attraverso i più usati
motori di ricerca sul web. Incentivare l’apertura e la libertà in rete può
rappresentare la risposta politica positiva per costruire una società democratica e
matura.
10. Diritto ed open source
Il FOSS, per le sue caratteristiche, rappresenta la soluzione ideale per la pubblica
amministrazione, che ha l’obbligo di rivolgersi a tutti i cittadini e che, nel rispetto
della pluralità, deve garantire l’accesso alle proprie informazioni sia attraverso
programmi proprietari che liberi. A livello internazionale, alcuni Stati stanno
incentivando l’adozione di standard liberi e l'adozione di sistemi operativi e
Dal Memorandum for the Heads of Executive Departments and Agencies: Trasparency and Open Government del Presidente
Barack Obama emesso il 21 gennaio 2009 e disponibile al seguente indirizzo: http://www.whitehouse.gov/the-pressoffice/transparency-and-open-government (nostra traduzione, prelevato il 14 aprile 2011).
38 L’amministrazione USA ha usato il CMS (Content Management System) open source “Drupal” per il sito istituzionale
della Casa Bianca, cfr. i commenti sulla rivista on line Punto Informatico, http://puntoinformatico.it/2736239/PI/News/casa-bianca-si-converte-all-open.aspx. La scelta, importante per dimostrare la
qualità del FOSS, ha ricevuto molte critiche perché molti scambiano la libertà di accesso al codice come la libertà di
manomettere e rendere insicuro un programma, dimenticando che l’apertura del codice non compromette la
sicurezza, anzi permette a chiunque di incrementarla.
39 Dal Memorandum for the Heads of Executive Departments and Agencies: Open Government Directive del Direttore Peter R.
Orszag
emesso
l’8
dicembre
2009
(p.2)
e
disponibile
al
seguente
indirizzo:
http://www.whitehouse.gov/open/documents/open-government-directive (nostra traduzione, consultato il 14
aprile 2011).
37
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programmi FOSS per le Pubbliche Amministrazioni, ad esempio: il Brasile, l’India,
le Filippine, il Vietnam e l’Indonesia. Lo scopo è quello di ridurre i costi,
promuovere una cultura della legalità e contrastare il digital divide. L’uso del software
libero riesce a garantire il raggiungimento di tutti questi obiettivi, perché permette
di rispettare il copyright e, allo stesso tempo, di utilizzare gratuitamente un sistema
operativo e dei programmi applicativi necessari per formarsi all’utilizzo del computer
e della rete internet. Ma non tutti sono d’accordo con queste linee guida,
soprattutto le organizzazioni nate per proteggere le industrie del copyright ed i loro
prodotti, come l’IIPA (International Intellectual Property Alliance, un’organizzazione
internazionale che raggruppa tutte le singole organizzazioni a tutela del copyright),
che ritiene la scelta avanzata da alcuni paesi di incentivare l’uso del FOSS nelle
pubbliche amministrazioni, come un'ulteriore barriera al libero commercio,
limitando il libero accesso alle imprese commerciali e come un contributo alla
violazione del diritto d’autore stesso, in quanto si alimenta l’aspettativa di dover
utilizzare senza pagare qualsiasi sistema operativo40.
Nell’ultimo rapporto del 2011, come nel precedente del 2010, la IIPA ha chiesto
all’USTR (United States Trade Representative, Ufficio degli Stati Uniti per il Commercio
Estero) di inserire nella lista dei paesi da tenere sotto controllo per continue e gravi
violazione del diritto d'autore, anche quei paesi che, tra l’altro, hanno introdotto
una legislazione nazionale, o linee guida ministeriali, che incentivano l'uso di
programmi liberi o a codice sorgente aperto.
In Italia l’uso del FOSS nella Pubblica Amministrazione è stato introdotto con
decreto legislativo n.82 del 7 marzo 2005, il cosiddetto Codice
dell’Amministrazione Digitale (CAD), al Capo VI, “Sviluppo, acquisizione e riuso
di sistemi informatici nelle pubbliche amministrazioni”, articolo 68, comma 1
lettera d nel quale viene promossa come soluzione per rispettare quei principi
generali a cui deve informarsi l’attività amministrativa: economicità, efficacia,
imparzialità, pubblicità e trasparenza. Il CAD rappresenta un passaggio importante
per l'introduzione nella Pubblica Amministrazione, anche locale, del concetto di
riuso e di FOSS. Le maggiori competenze riconosciute alle regioni dalla riforma
dell’art.117 della Costituzione, sono state utilizzate da alcune di esse per promulgare
leggi regionali che incentivino l'uso del software libero nelle amministrazioni regionali
Si veda a questo proposito il rapporto annuale “Special 301” del 2011 dell’IIPA (International Intellectual Property
Alliance, un’autorevole organizzazione che raggruppa tutte le singole associazioni a tutela del diritto d’autore) sul
Copyright Protection and Enforcement, disponibile a questo indirizzo http://www.iipa.com/2011_SPEC301_TOC.htm
(consultato il 14 aprile 2011).
40
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e locali41. Queste normative sono state promulgate per promuovere il “pluralismo
informatico” e garantire l'accesso e la libertà di scelta, contribuendo a eliminare
barriere dovute all'utilizzo di standard non aperti. L’ultima legge regionale in
materia, quella del Piemonte, ha dovuto superare il giudizio di costituzionalità
sull’intero testo, ritenuto dal governo lesivo della potestà statale sulla tutela del
copyright e del libero commercio, riprendendo sostanzialmente le posizioni
espresse dalle industrie dei contenuti rappresentate dall’IIPA. La sentenza della
Corte Costituzionale è ritenuta dai sostenitori dei programmi liberi come una
vittoria del software open source, perché, nel correggere alcune inesattezze della Legge
Regionale, la suprema Corte ha riconosciuto la legittimità costituzionale delle leggi
regionali che disciplinano una preferenza verso il FOSS. La sentenza42 chiarisce due
punti fondamentali, rispondendo indirettamente anche alle industrie del diritto
d'autore ed alle loro richieste: il FOSS è sottoposto a copyright e non può essere
sottratto dalla disciplina statale della materia, anche per quanto riguarda le sanzioni
penali in caso di violazioni della licenza; l’adozione di software libero ed open source è
una scelta riguardante una “caratteristica giuridica”43 del programma e non riguarda
l’indicazione di una determinata tecnologia, escludendo che la preferenza per questa
caratteristica negli appalti delle pubbliche amministrazioni possa ledere la libera
concorrenza.
11. Conclusioni
La cultura hacker alla base del software libero e aperto ha posto al centro del dibattito
la necessità della libertà di scelta e della condivisione del sapere, criticando il
modello culturale basato sulla protezione del diritto d’autore e del copyright. La
cultura del dono e la fiducia sono caratteristiche alla base della cultura free ed open
source e sembrano formulare una scommessa capace di superare la riduzione
dell’individuo ad homo oeconomicus, un essere umano egoista e precario in una realtà
Le Regioni che hanno adottato una legge sulla adozione e diffusione del software a codice sorgente aperto, sono
l'Umbria, con L.R. n.11 del 25 luglio 2006, il Veneto con L.R. n.19 del 14 novembre 2008 ed il Piemonte, con L.R.
n.9 del 26 marzo 2009.
42
Sentenza
disponibile
sul
sito
della
Corte
Costituzionale
al
seguente
indirizzo:
http://www.cortecostituzionale.it/giurisprudenza/pronunce/scheda_ultimo_deposito.asp?comando=let&sez=ultim
odep&nodec=122&annodec=2010.
43 Ivi, nel punto 6. del dispositivo della sentenza, la Corte Costituzionale chiarisce la legittimità costituzionale di una
preferenza regionale verso il software libero e software open source con il fatto che “non sono nozioni concernenti una
determinata tecnologia, marca o prodotto, bensì esprimono una caratteristica giuridica. In sostanza, ciò che distingue
il software libero da quello proprietario è il differente contenuto dell’accordo negoziale (licenza), posto a fondamento
della disciplina dei diritti di utilizzazione del programma; e la scelta circa l’adozione dell’uno o dell’altro modulo
negoziale appartiene alla volontà dell’utente”.
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sempre più liquida44 e sfuggente. La logica dell’utilitarismo alla base del consumo di
software, viene messa in discussione dal dono comunitario del FOSS, il quale non ha,
apparentemente, alcun interesse utilitaristico nel condividere i propri programmi. Il
modello orizzontale di creazione e distribuzione dei software, la loro realizzazione
attraverso volontari riuniti in comunità, la redistribuzione del sapere, considerato
elemento fondante della crescita umana da non mercificare, rappresentano una
critica, nei fatti, del modello che identifica la felicità con il profitto, il quale
presuppone che ogni azione individuale sia tesa all’ottenimento di un utile, in cui i
rapporti umani sono transazioni di mercato. Solo il gesto del donare, un gesto che
prescinde dalla gratuità, anzi che presuppone la creazione continua di un debito da
parte della persona che riceve il dono, può divenire il veicolo attraverso il quale
creare vincoli sociali fra le persone, basati su uno scambio volontario non
utilitaristico45.
L’analisi fin qui svolta non può non tener conto delle critiche puntuali di Lovink, il
quale ritiene che “l’ideologia del free (nel senso di free beer, birra gratis) attrae e
accontenta milioni di persone mistificando e nascondendo il fatto che i suoi
promotori, e in generale la classe virtuale, in qualche punto della catena intascano i
soldi”46. La critica, radicale, nasce dall’analisi degli scritti di alcuni hacker e dalle loro
pratiche, le quali nell’esaltare la libertà, non disdegnano di promuoverne la gratuità.
Poco importa se Richard Stallman in ogni incontro pubblico ribadisce la totale
estraneità del concetto di gratuito nella parola free, perché, come afferma Olivier
Malnuit nel primo dei “Dieci comandamenti liberali comunisti” pubblicati sulla
rivista francese Technikart “Cederai tutto gratuitamente (accesso libero, no
copyright); ti farai pagare solo per i servizi supplementari che ti renderanno
ricco”47. Questo atteggiamento renderebbe il FOSS solamente un linguaggio
diverso all’interno dell’economia di mercato perché sfrutterebbe l’ideologia del free
solo per marketing e le collaborazioni continuative dei volontari solo per acquisirne
gratuitamente le competenze senza proporre a questi ultimi di lavorare al progetto e
partecipare alla distribuzione delle ricchezze prodotte.
Se le premesse ideologiche portate avanti da questi movimenti sono una salutare
critica al sistema economico attuale, il FOSS rischia di perdere la sua portata
Per il concetto si società liquida si vedano i numerosi studi di Zygmunt Bauman, tra cui Vita liquida, Bari, 2009.
Cfr. M. MAUSS, Saggio sul dono, Torino, 2002, e per un primo approfondimento sul rapporto fra dono e free software
si veda il già citato M. AIME e A. COSSETTA, Il dono al tempo di internet, Torino, 2010.
46 G. LOVINK, Zero comments. Teoria critica di internet, Milano, 2008, p.9.
47 Ivi, p.11.
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innovativa se non supporta le proprie idee con proposte realizzabili di una
economia alternativa, non basata più sul profitto a tutti i costi.
Inoltre, bisognerà affrontare il tema sottolineato dallo stesso Lovink dei cosiddetti
“dittatori benevoli”48, come Jimbo Wales per Wikipedia o Linus Torvalds per
Linux, soprattutto per delle comunità che si strutturano e crescono per costruire
spazi liberi nel mondo del software. In realtà essi rappresentano solamente delle
figure guida all’interno di una comunità che è essenziale per lo sviluppo dei
programmi e dei beni informazionali. La pratica democratica all’interno delle
comunità come Apache e Perl rappresenta l’esempio positivo di pratiche che
prescindono dai personalismi mediatici.
Ma per scegliere liberamente, l’umanità in rete dovrà comprendere, come suggerisce
Benkler, che il crescente digital divide, frutto della selezione economica per l’accesso
alle nuove tecnologie, ed il conflitto permanente fra associazioni di difesa del
copyright e la pirateria informatica, sono il frutto di una “ingiustizia globale dovuta in
parte al fatto che per le più importanti componenti informazionali dello sviluppo
umano ci siamo affidati quasi esclusivamente ai modelli di business proprietari tipici
dell’economia industriale”49, senza fermarci a riflettere sulla possibile esistenza di
modi alternativi di distribuire l’informazione e la cultura.
48
49
G. LOVINK, Zero comments. Teoria critica di Internet, op. cit., p.14.
Y. BENKLER, La ricchezza della rete, cit., p. 18.
17