Il maestro l`aveva notata per la sua estrema umiltà

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Il maestro l`aveva notata per la sua estrema umiltà
Capitolo unico
Il maestro l'aveva notata per la sua estrema umiltà, per la facilità con la quale apprendeva e
per la disponibilità ad imbrattarsi l'anima assimilando i suoi concetti astratti e a volte persino
astrusi. Egli la osservava lavorare ed intanto tentava di indovinare le forme del suo corpo,
nascoste e mimetizzate sotto gli abiti mai attillati, fabbricati con tessuti grossolani ed indossati
apposta per celare agli sguardi suoi e di chiunque altro un corpo sensibile ed eccitante nella
sua acerba maturità.
Lei era la sua allieva prediletta, la più dotata, la più attenta e lui spesso le si avvicinava da
dietro, mentre era intenta su un modello, per sentirla trasalire e subito turbarsi per
quell’esame così ravvicinato. Egli non perdeva occasione di sfiorarle il seno con un gomito,
mentre le insegnava il giusto uso di una scalpello, sfidando il turgore dei suoi capezzoli, per
poi ritrarsi e dare al movimento del braccio, l'innocenza del gesto involontario. Poi osservava i
tendini dei polsi guizzare mentre i polpastrelli affondavano nell'argilla umida immaginandola
alle prese con le dolci carezze sulle sue parti più intime e nascoste.
La ragazza, sentendolo dietro, scostava i capelli con un movimento preciso della testa, senza
nascondere il gesto voluto e studiato, offrendo la nuca ed un angolo del collo bianco,
sperando in un segno, uno sfioramento, una carezza od un bacio che purtroppo tardava ad
arrivare. Con il maestro che con lei pareva mostrarsi distratto, faceva spesso questo gioco di
sottile seduzione. Lui invece percepiva tutte le sensazioni della fanciulla e godeva in segreto
di quei piccoli gesti che aveva visto crescere e perfezionarsi durante tutta la durata del corso
di modellato che, purtroppo, volgeva ormai al termine.
Accadde tutto in una sera, lei si attardò a perfezionare un compito di figurato, il bozzetto di
un uomo in piedi che la mitologia aveva creato con un sorprendente gigantesco fallo. Gli
altri allievi si erano ormai congedati, nel camino del laboratorio scoppiettava allegramente
un ciocco di quercia, lei si volse verso il maestro cercando nel suo sguardo l'assoluzione
complice per il suo ritardo nel terminare il lavoro. Per tutta risposta lui le venne incontro
tenendo fra le mani due calici di vino rosso e le sorrise con occhi furbi da vecchio lupo di
mare. Appoggiò i bicchieri sul tavolo basso di fronte al camino, un tavolo di legno di Tulipè
dell'isola di Giava. Il suo atelier d’arte parlava di se, dei suoi viaggi e delle sue ricerche, ed il
vecchio tavolo ne era la conferma, esso era stato ritrovato in una vecchia stalla,
abbandonato e quasi distrutto dal tempo. Lei, la giovane allieva, che in fondo si sentiva a
suo agio in mezzo a tutte quelle storie, si alzò dallo sgabello e raggiunse il maestro davanti al
camino, portò con se il suo bozzetto per giocare ancora all'allieva diligente, bevve un lungo
sorso di vino e si sedette sul tappeto nella posizione del loto. Poggiò il lavoro sul tavolo e iniziò
ad accarezzare sensualmente l'umida argilla, il maestro poco dietro di lei si arrotolò una
sigaretta e si mise a gustare la danza di quelle dita affusolate intorno a quel grosso fallo di
quell’uomo mitologico. Il fuoco e una candela accesa proiettavano ombre sinuose sulle
pareti, presagio di uno spettacolo da godere con tutti i sensi a disposizione, mentre una
musica particolare, un jazz con ritmi tribali usciva dalle casse poste in fondo allo studio per
riempire discretamente lo spazio senza pretendere di prenderne il posto.
Lei sapeva di essere osservata, radiografata da quegli occhi che tanto aveva temuto, ora
una perla di sudore le colava dalla nuca dietro le spalle, insinuandosi nel solco divino della
sua spina dorsale, evaporando poi nel calore della sua pelle eccitata dal vino e dal fuoco
che danzava sfrontato di fronte al suo corpo.
Lui rapito dalla magia di quella coinvolgente atmosfera, trattenne il respiro un momento
seguendo con gli occhi quella goccia assassina che per lui segnò l'inizio di un sogno che si
stava avverando. L’uomo riprese a respirare e si avvicinò a lei, fu turbato da quel profumo di
donna, da quel sapore di miele fermentato che forse inumidiva il pizzo delle sue mutandine.
Intenso e pregno di particolari essenze l’odore che saliva dal suo basso ventre giunse alle
narici di lui. Eccitato il maestro posò le mani sulle spalle della giovane ragazza, le lasciò
scivolare sul collo, poi i polpastrelli incontrarono le acerbe collinette dei seni, li carezzò,
quindi aprì un poco le labbra e le poggiò sul collo, ne gustò il sapore, lei rispose con un
lievissimo gemito.
Lei si rammentò in quel momento dei giochi davanti allo specchio, e percepì l’umidità fra le
sue gambe farsi sempre più abbondante, sentì l’odore aspro di quegli umori e la sua mente
evocò quell'identica fragranza che era solito annusare sulle sue dita bagnate dopo la
masturbazione. Si sentiva il viso avvampare, il camino, il vino, i suoi lubrici pensieri le
provocavano un deciso rossore diffuso sul viso. Anche se era di spalle avvertì lo sguardo di lui
addosso, da dietro il maestro, dopo quei pochi fuggevoli sfioramenti, godeva di quel mistero
appena svelato, lei allora si bagnò le mani nel rosso del vino e iniziò ad inumidire l'argilla che
a contatto con il liquido prese vigore e sembrò inturgidirsi sotto le sue mani prendendo la
forma di un mitologico fallo gigante, lei lo accarezzò a lungo, mimando la masturbazione
maschile ed offrì quello spettacolo conturbante a quell'uomo seduto dietro di lei. Lui posò il
bicchiere, le spostò la coda dei capelli e poggiò nuovamente le labbra umide semiaperte
baciando le spalle ansiose della giovane allieva. Poi lui disegnò con le mani i bordi del busto
di lei fino alle pieghe dei suoi fianchi seguendone con le dita le armoniose curve, lei sentì la
pressione dei palmi delle mani dell'uomo e si piegò in avanti, sciolse le gambe dalla posizione
del loto e si mise in piedi, facendosi sfilare delicatamente la gonna di lana cotta, ormai inutile
difesa di fronte al desiderio di essere sua, così fece per il maglione, per il reggiseno e le
mutandine di pizzo ormai fradice di umori. Lui le raccolse e le prese fra le mani, ne odorò
intensamente l'essenza, come per memorizzare dentro di se quell'odoroso profumo. Iniziò poi
ad esplorare il giovane corpo di lei standole seduto dietro ed usando la lingua per tracciare
una linea dalla nuca fino al solco delle natiche, baciò ancora la sua schiena lambendo la
sua pelle fino ai fianchi, poi spinse con il mento fino a metterla prona per respirare a fondo il
suo odore nascosto, scivolò col naso fra i glutei sino al primo orifizio, glielo leccò a lungo poi
proseguì e si infilò con il naso fra le pieghe della sua bagnatissima vagina. La leccò ancora
instancabilmente fin quando la sentì perdutamente fremere ed aspergergli la bocca e la
lingua del suo orgasmo.
La ragazzina si voltò e rimase tremante, sdraiata supina sul tavolo, in attesa della prossima
mossa di quello strano ed intrigante uomo. Lui le girò intorno godendosi ancora quel corpo
perfetto, la prese per le spalle e fece in modo che il viso di lei fosse fuori dal bordo del tavolo,
quindi le mise il membro davanti al volto, le fece annusare il suo acre odore poi spinse col
glande sulle sue labbra ormai gonfie e lei lo prese in bocca e seppur inesperta, cominciò a
succhiare ed a leccare la tumida e turgida cappella . Ancora il cazzo del maestro si insinuaò
dentro alla sua bocca, lei sentiva il grosso glande cozzare contro la sua gola ed avida si stupì
di quanto profonda potesse essere la sua bocca, di come, quel lungo serpente potesse
scenderle fino in fondo alla sua gola. Lui continuò a possederla oralmente, facendole
crescere dentro il suo membro duro come il granito. La bocca di lei, umida e calda,
aspettava golosamente i suoi fiotti bollenti, ma lui aveva altre intenzioni....
La prese e la fece scendere dal tavolo, poi la fece mettere in ginocchio sul morbido
tappeto, si mise dietro e le morse delicatamente il collo, quindi glielo infilò nella fradicia
fighetta. Quel grosso mattarello fece urlare la tenera fanciulla, ma lui non si impietosì e non si
fermò. La stantuffò per qualche minuto ancora, poi lo sfilò da quel più agevole antro e
posizionò il suo cazzo sul buchetto posteriore, fece una pausa per aspettare il consenso di lei,
che docile e soggiogata, gli si fece incontro facendolo entrare lì dove mai nessuno era
entrato, dove nessuno dei suoi giovani amanti aveva mai osato. Quel nuovo piacere le
riempì la pancia Ed arrivò un orgasmo mai provato prima e poi, mentre lui le affondava più
profondamente nelle viscere, lei venne di nuovo, lui lo spinse fino in fondo e ad ogni
immersione sentiva i suoi testicoli sbattere sul clitoride duro di lei, lei mise una mano fra le
gambe e afferrò le pesanti palle di lui le tirò verso di se per farselo sprofondare il più possibile
nel culo. Fin quando il vecchio maestro le sputò un primo getto direttamente nell’intestino,
quindi si sfilò da quello stretto buco e terminò la sua eiaculazione sulle chiappe candide di
lei, il denso liquido scivolò poi in terra andando a macchiare di bianco il rosso tappeto. Il
fuoco del camino, in quel momento esalò il suo ultimo respiro e la fiamma si spense. Al buio i
due amanti a tentoni recuperarono i loro bicchieri di vino e seduti in terra brindarono al loro
novello amore.