Martiri cristiani

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Martiri cristiani
Anno 8 N° 5 – MAGGIO 2016
SOMMARIO
Editoriale ..........................................................................................................................2
IL MASSACRO DEI CRISTIANI ..............................................................................................4
“200 milioni di cristiani perseguitati. E la Fontana di Trevi si tinge di rosso” ...............................5
Il martirio delle Chiese d'Oriente, il mondo tace .....................................................................7
“Aleppo sta bruciando!”: il grido e l’affidamento dei Cristiani! ..................................................9
Libri .................................................................................................................................10
Martiri cristiani
Maggio 2016
EDITORIALE
Cari lettori, ben ritrovati!
la redazione desidera parlarvi, per il numero di Portaparola di Maggio 2016, dei:
“Martiri cristiani”
Martire, dal greco μάρτυς, ha il significato di testimone, colui che ha sostenuto e testimoniato il proprio
credo (fede o ideale) anche a costo di torture o, addirittura, della morte.
In ambito cristiano ci si riferisce, quindi, a quei fedeli che hanno sacrificato la propria vita per
testimoniare la religione cristiana. Il primo martire cristiano è santo Stefano che è stato lapidato intorno
all’anno 36 d.C. Stefano fu quindi il “protomartire” il primo cristiano ad aver dato la sua vita per Gesù
Cristo ed affinché la Sua Parola venisse diffusa. Alla sua lapidazione assistette Saulo, prima della
conversione. Purtroppo le persecuzioni ai cristiani si sono susseguite fino ai giorni nostri. Gli articoli che
troverete in questo numero sono stati scelti in modo da potervi fornire una completa ed esaustiva
informazione al riguardo.
Ve ne diamo un’anticipazione tratta da Avvenire:
“Lo studio sottolinea che i cristiani sono il gruppo religioso maggiormente perseguitato: la loro condizione
continua a peggiorare in molti dei Paesi in cui affrontano da tempo gravi limitazioni. È così in 17 dei 22
Paesi analizzati tra l’ottobre 2013 e il giugno di quest’anno. Rispetto all’edizione precedente del rapporto, il
numero di Stati classificati come di «estrema» persecuzione è salito da sei a dieci. A Cina, Eritrea, Iran,
Arabia Saudita, Pakistan e Corea del Nord si sono infatti aggiunti Iraq, Nigeria, Sudan e Siria, tutti Paesi
segnati dall’ascesa dell’estremismo islamico, che si conferma una delle principali minacce alla comunità
cristiana.”
http://www.avvenire.it/Dossier/Cristianofobia/CronacheeStorie/Pagine/aiuto-alla-chiesa-che-soffrerapporto-cristiani-perseguitati.aspx
Ci pare significativo mettere qui in evidenza un racconto dal titolo “Calpestare la croce” che Gianfranco
Ravasi scrisse ne il “Mattutino” su Avvenire anni or sono:
“Pietro Wu Guosheng era il gestore di una locanda in una provincia cinese. Del suo albergo aveva fatto la
sede di una comunità di cristiani ai quali insegnava il messaggio evangelico e coi quali pregava, guidandoli
come un pastore, data la mancanza di sacerdoti. Quando fu trascinato davanti al Mandarino, fu torturato
perché egli si rifiutava di calpestare la croce di legno che i suoi giustizieri avevano gettato davanti a lui.
Alla fine fu ucciso a causa del suo rifiuto. Leggo questa sintesi biografica in un saggio sulla Cina del '700'800: il protagonista è il primo martire cristiano nato nel Celeste Impero (era l'anno 1814 e Pietro aveva
46 anni), beatificato con altri martiri cinesi da Leone XIII nel 1900. La sua è, per certi versi, una storia
ordinaria di martirio, simile alle molte che ci sono giunte, spesso con eccessi edificanti, dai primi secoli
cristiani.
C'è, però, un elemento che mi sembra significativo e originale: il martire cinese non vuole assolutamente
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calpestare la croce di legno posta per terra. Questa scelta - che forse un moralista avrebbe superato con
qualche restrizione mentale - mi sembra una sorta di simbolo generale. Se dovessimo guardare alla nostra
vita, quante volte siamo passati, senza imbarazzo, sui valori in cui credevamo, frantumandoli e fingendo di
guardare più avanti. C'è nella storia di ciascuno una catena di compromessi e di tradimenti che ci hanno
forse salvato la carriera, il successo, i beni materiali, ma hanno umiliato e fin soffocato il respiro
dell'anima, la nostra coscienza e coerenza. Il coraggio della fedeltà agli ideali e ai valori in cui si crede è la
vera testimonianza e la gloria autentica di una persona.
Non possiamo certo chiudere il nostro editoriale senza parlarvi, seppur brevemente, della Santa Vergine in
quanto, come è noto, il mese di maggio è a Lei dedicato. Avremo comunque modo, nei prossimi numeri
del Portaparola di soffermarci in maniera approfondita sulla figura della Madre di Gesù, anche se “De Maria
numquam satis”: di Maria non si parlerà mai abbastanza.
L’accenno che vogliamo fare e che si lega alla tematica “Martiri cristiani”, ci arriva dalle litanie lauretane (il
nome deriva dal santuario della S. Casa di Loreto) che sono una forma di preghiera consistente in una
serie di invocazioni rivolte a Dio, ai santi, ed in particolare a Maria. Tra le innumerevoli invocazioni c’è n’è
una che dice:
Regina dei martiri, prega per noi
Buona lettura
La redazione
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IL MASSACRO DEI CRISTIANI
La lezione di speranza dal dramma dei nuovi martiri
Un Rapporto dell’associazione «Cavalieri di Colombo» testimonia la tragedia dei cristiani uccisi in Medio
Oriente, con tanto di lista delle vittime e delle chiese distrutte.
di Angelo Scola
26 marzo 2016
http://www.corriere.it/opinioni/16_marzo_27/lezione-speranza-dramma-nuovi-martiri-1695de80-f37e11e5-aa73-ceab61eba560.shtml
Il recente Rapporto sul genocidio dei cristiani in Medio Oriente, preparato dai Cavalieri di Colombo —
un’associazione di circa 1.800.000 fedeli nata negli Stati Uniti ma ormai diffusa in vari Paesi del mondo —,
reso pubblico lo scorso 9 marzo, ha la forma secca di un documento ufficiale: quasi 280 pagine di
testimonianze sulla persecuzione che Isis ha scatenato in Medio Oriente ai danni dei cristiani e delle altre
minoranze religiose, con tanto di lista delle vittime e delle chiese distrutte e dati sul vergognoso mercato
delle schiave, tuttora in corso. Ma dietro il tono asciutto, che non vuole concedere nulla ai sentimenti,
s’indovina il dramma di intere comunità, sradicate dalle loro terre.
Solo pochi giorni dopo la pubblicazione di questo rapporto, il Segretario di Stato Kerry, a cui era
indirizzato, ha qualificato i crimini di Isis come genocidio, sulla scia di un’analoga risoluzione del
Parlamento europeo. L’effetto politico che questa Dichiarazione potrà avere è tutto da vedere, ma
certamente in una regione — il Medio Oriente — in cui a volte i fatti sembrano dissolversi nel prisma delle
opposte interpretazioni, quella nuda lista di 1.131 cristiani iracheni uccisi dal 2003 al 9 giugno 2014 (cioè
prima della conquista di Mosul da parte di Isis) adempie già una funzione essenziale, la memoria, «senza
la quale — ha ricordato papa Francesco parlando alla nazione armena — il male tiene ancora aperta la
ferita».
A noi occidentali quella lista dice anche che gli attentati e le violenze che sconvolgono oggi alcune
metropoli europee sono l’appendice di quell’amaro pane quotidiano di cui intere popolazioni, dall’Iraq alla
Siria, dall’Afghanistan alla Somalia, per non parlare della Nigeria, si nutrono ormai da anni. Prenderne
coscienza produce un moto di compassione che non sostituisce ma allarga la riflessione sulla sicurezza. E
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tuttavia memoria e compassione, per quanto importanti, non sono sufficienti a cancellare il male: e allora,
come non restare impotenti scorrendo gli elenchi di quelle vittime, e ora anche quelli di Bruxelles e di
Parigi? Chi ridarà loro la vita?
La Pasqua che ci apprestiamo a vivere avanza da duemila anni una tenace risposta: l’uomo della Croce,
risorgendo, «calpesta la morte di ogni comune mortale con la sua singolare morte». Come dice San Paolo
scrivendo ai Corinzi: «la ingoia dal di sotto». È inutile nascondersi l’astrattezza con cui spesso, anche noi,
cristiani almeno per cultura, circondiamo queste parole, riducendole a formule vuote («abbrutiti,
anchilosati da intere generazioni di catechismo», scriveva provocatoriamente Charles Péguy in
Getsemani). Più forte della nostra astrattezza però si staglia la provocazione dei martiri a noi
contemporanei che, seguendo la logica di Cristo e unendosi al suo sacrificio, ce lo rendono presente con
un’immediatezza a cui — grazie a Dio — è difficile sottrarsi. È il caso appunto dei cristiani d’Iraq o delle
quattro suore Missionarie della Carità (la congregazione fondata da Madre Teresa) uccise in Yemen il 4
marzo scorso. Quale speranza ha potuto spingerle ad andare là dove tutti fuggivano?
I nuovi martiri ci invitano a guardare al Crocifisso per trovare rinnovata speranza a livello personale,
ecclesiale e sociale. La loro vicenda infatti, come ogni testimonianza autentica, possiede un’imponente
dimensione pubblica, culturale e sociale, che attende ancora di essere raccolta e adeguatamente
valorizzata. Con la sua stessa esistenza il martire denuncia il culto della violenza che si è diffuso in ampie
parti del Medio Oriente e di cui oggi si raccolgono i tragici frutti. Ma soprattutto smaschera la controtestimonianza dell’uomo bomba.
Il jihadista che pensa di poter imporre la «sua verità» attraverso la sofferenza delle sue vittime è l’opposto
del martire, è l’anti-martire. I martiri non sono andati a cercarsi la loro fine, ma nel momento della scelta
non hanno avuto esitazioni: hanno creduto che il male non ha l’ultima parola. Ed è a questa certezza che
noi ora abbiamo così bisogno d’attingere. Nel frastuono di commenti sui dolorosi fatti di Bruxelles, sono
ancora queste umili voci a dirci la parola più vera.
Arcivescovo di Milano
Presidente Centro Oasis
www.oasiscenter.eu.it
“200 MILIONI DI CRISTIANI PERSEGUITATI. E LA FONTANA DI TREVI SI TINGE DI ROSSO”
29 Aprile 2016
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http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/La-Fontana-di-Trevi-si-tinge-di-rosso-in-ricordo-dei-martiri-delfanatismo.aspx
Rosso come il sangue dei tanti, troppi uomini e donne massacrati a causa della propria fede.
Questa sera alle 20 il marmo candido di Fontana di Trevi diventerà scarlatto, grazie a una serie di fasci di
luce. Mentre le immagini di questo dramma invisibile verranno proiettate sul monumento, squarciando il
velo di silenzio. L’iniziativa, promossa da Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), vuole richiamare l’attenzione
sui milioni di perseguitati nel mondo per ragioni religiose, in particolare dei cristiani, i più colpiti dalle
discriminazioni.
«Imporporare la Fontana di Trevi sarà l'occasione per offrire a tutti un segno della presenza, ancor oggi,
del martirio, e per innalzare al Signore una preghiera a favore dei cristiani perseguitati e di tutti coloro che
sono oppressi, nell'auspicio che un'accresciuta sensibilità su questo tema porti, in tanti, frutti di impegno e
attivo coinvolgimento». Così ha scritto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza
episcopale italiana, nel messaggio che ha inviato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre in occasione dell'evento.
Acs illuminerà la fontana con fasci di luce rossa a ricordo del sangue versato dai martiri cristiani. Il
porporato si unisce alla fondazione pontificia nel sottolineare quanto sia essenziale favorire una maggiore
sensibilità in merito alla persecuzione che affligge milioni di cristiani in tutto il mondo.
Il presidente della Cei ha sottolineato la necessità di «pregare e agire per i cristiani e con i cristiani che in
ogni parte del mondo soffrono a causa dell'incomprensione, dell'odio e della persecuzione», i quali «ci
rammentano che nella sofferenza si offre la testimonianza più alta, al punto che, come affermava un
antico padre della Chiesa, il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». «Abbiamo bisogno di segni - ha
proseguito il cardinale Bagnasco - e quello che compirete, unito alle testimonianze che saranno proposte,
sarà un segno altamente evocativo, che spero si imprima nella mente e nel cuore di molti».
Infine il cardinale Bagnasco nel messaggio si è soffermato poi su Fontana di Trevi, che «nella sua
architettura e nelle sue composizioni, offre una raffigurazione del mare»: «simbolo della globalizzazione,
poiché congiunge tutte le parti del pianeta» e al tempo stesso «della migrazione di tanti fratelli, che
attraverso il mare cercano salvezza e speranza».
Un problema diffuso in tutto il pianeta, non solo in Medio Oriente. «La sistematica violazione del diritto alla
libertà religiosa», come scrive Acs, «deve diventare un tema centrale nel dibattito pubblico, onde evitare il
rischio dell’indifferenza ». Da qui la scelta di un atto dal forte contenuto simbolico. All’evento parteciperà il
presidente internazionale di Acs, il cardinale Mauro Piacenza e il presidente di Acs Italia, Alfredo
Mantovano, oltre a vari testimoni tra cui monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, città
emblema della tragedia siriana. Del milione di cristiani che vivevano prima della guerra nel Paese, oggi ne
sono rimasti in terzo, appena 500mila: dei 160mila fedeli, ne sono rimasti 40mila.
Nel corso della serata alcuni amici e parenti ricorderanno martiri di oggi come Shahbaz Bhatti, don Andrea
Santoro, le quattro missionarie della Carità trucidate a marzo in Yemen e gli studenti dell'Università di
Garissa uccisi lo scorso anno in Kenya.
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All'iniziativa da Baghad ha aderito anche il patriarca caldeo Louis Sako: «Ci uniremo a voi in preghiera, in
comunione e unità con tutto il mondo cristiano», ha scritto Sako.
«Rigettiamo l’uso perverso della religione e di qualsiasi ideologia per giustificare la violenza – ha affermato
il presidente del Senato, Pietro Grasso –, sollevando un grido di condanna e di denuncia contro le
persecuzioni, ma anche di coraggio nel rivendicare la propria identità di credenti». In un messaggio, il
presidente del Senato ha lodato la coraggiosa idea di Acs: significa rendersi «interpreti di quei valori di
libertà, di democrazia e rispetto della dignità e dei diritti umani che uniscono tutti gli italiani e tutti coloro
che vivono in questo Paese».
IL MARTIRIO DELLE CHIESE D'ORIENTE, IL MONDO TACE
30 aprile 2016
http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/Il-martirio-delle-Chiese-dOriente-Ma-lOccidente-ancora-distratto.aspx
Il martirio come esperienza quotidiana. Da evento piuttosto discontinuo e circoscritto a situazioni
individuali, l’estrema testimonianza del sangue è tornata a essere un fenomeno di massa con la nuova
vampata di terrorismo che investe buona parte del Medio Oriente, allargando i suoi tentacoli verso diverse
zone dell’Asia e dell’Africa. Come definire diversamente la decapitazione di decine di fedeli copti in Libia,
l’assassinio di suore missionarie nello Yemen, il rapimento di vescovi sacerdoti e suore in Siria, la cacciata
di migliaia di famiglie dalla Piana di Ninive, la presa di ostaggi nella Valle del Khabur, l’imposizione della
jizya ai fedeli di al-Qaryatain, l’incendio di decine di chiese in Egitto, la distruzione e rimozione di croci e
altri simboli cristiani a Mosul e Raqqa?
Certamente, il martirio non è una “novità” per le Chiese d’Oriente. Il calendario copto, detto Calendario dei
Martiri, fa partire la sua era il 29 agosto del 284 a ricordo di coloro che morirono sotto Diocleziano, mentre
la memoria collettiva di tanti altre Chiese orientali è costellata di tragedie difficili da cancellare, non ultime
i due genocidi di cui si è celebrato il centenario proprio l’anno scorso: il Genocidio armeno e “l’Anno della
Spada” che ha cancellato la presenza siriaca e assira dal sud dell’Anatolia. Le avvisaglie dell’ultima
fiammata di violenza anticristiana si erano mani-festate, dieci anni fa, con l’assassinio di due religiosi
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italiani: don Andrea Santoro, sacerdote fidei donum a Trebisonda, e suor Leonella Sgorbati a Mogadiscio,
morta pronunciando per tre volte la parola «perdono» verso il suo uccisore. Il 17 settembre 2006, giorno
del suo martirio, il Vangelo di Marco riportava le parole di Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro a me,
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma
chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà».
Da allora, il martirologio cristiano si è costantemente arricchito di nuovi nomi. Anzitutto in Iraq, dove la
scure della violenza ha unito le diverse denominazioni cristiane in un autentico “ecumenismo del sangue”.
Della lunga schiera di martiri fanno, infatti, parte sacerdoti siro-ortodossi come Boulos Iskander Behnam,
pastori protestanti come Mundher Aldayr, prelati e religiosi caldei come monsignor Paulos Faraj Rahho e il
padre Ragheed Ganni, senza contare le centinaia di fedeli che hanno perso la vita in oltre ottanta attentati
contro luoghi di culto cristiani nel Paese. Le successive agitazioni in Egitto e la guerra in Libia e Siria hanno
poi contribuito a estendere ampiamente il raggio delle persecuzioni. La Chiesa copta ha così deciso di
inserire nel proprio Sinassario – equivale a una loro canonizzazione come martiri – i 21 cristiani sgozzati
dal Daesh nel febbraio 2015 sulle coste di Sirte. «Icone, manoscritti e storici ci hanno testimoniato le
gesta dei martiri fin dall’alba del cristianesimo, aveva dichiarato un vescovo copto-ortodosso, ma questo è
il più grande caso di martirio cristiano del nostro tempo».
In Siria, le testimonianze di fedeli uccisi “in odium fidei” non si contano più. Come quella di padre Frans
van der Lugt, gesuita olandese, ucciso a Homs il 7 aprile 2014. Dei suoi 76 anni, ne aveva trascorsi una
cinquantina in Siria. «Sono l’unico sacerdote rimasto», aveva detto in un’intervista. «Qui c’erano decine di
migliaia di cristiani, ora appena 66. Come potrei lasciarli soli?». Ma ci sono anche le testimonianze dei
“martiri viventi”. Come Shamiran, una donna assira di 60 anni, prelevata con altri 230 cristiani del Khabur
nel febbraio 2015 e rimasta per sette mesi tra le mani dei jihadisti. «In carcere – racconta Shamiran –
abbiamo improvvisato una celebrazione della Pasqua. Abbiamo prima cantato degli inni, poi alla
comunione, in mancanza di un prete e del vino, ci siamo scambiati a vicenda del pane imbevuto di
acqua». Il martirio un “déjà vue” per i cristiani orientali, dicevamo. Eppure, quel che avviene oggi in Medio
Oriente ha dell’assurdo perché, sebbene succeda “in diretta” davanti a noi, ostentato con orgoglio dalla
macchina propagandistica dei carnefici, fa fatica a risvegliare l’Occidente dalla sua distrazione. Anche per
questo ci voleva un gesto forte come quello di ieri a Roma. Nessuna parte del mondo, in fondo, può dirsi
esonerata dalla sequela di Gesù fino in fondo. L’ha detto papa Francesco, due settimane fa, ricordando
nell’udienza concessa al Pontificio Collegio scozzese di Roma come «oggi i cristiani sono chiamati a imitare
il coraggio dei martiri in una cultura spesso ostile al Vangelo». Nella prefazione di un libro appena uscito in
Francia papa Bergoglio ha così ricordato i sette monaci trappisti sequestrati e uccisi in Algeria nel 1996:
«Non sono fuggiti di fronte alla violenza: l’hanno combattuta con le armi dell’amore, dell’accoglienza
fraterna, della preghiera comunitaria. I fratelli cistercensi dell’Atlas hanno reso testimonianza con il loro
sangue.
Nella loro carne, hanno vinto l’odio nel giorno della grande prova. Ma è con l’intera loro vita che sono
testimoni (martiri) dell’amore». Un campanello d’allarme l’aveva suonato nel febbraio 2015 il cardinale
Angelo Scola invitando gli europei a prendere il fenomeno martirio «molto sul serio» alla luce di quanto
stava accadendo nell’islam. «Non è detto – aveva precisato l’arcivescovo di Milano – che il martirio del
sangue ci sarà evitato come abbiamo pensato fino a dieci anni fa quando credevamo che la cosa non ci
avrebbe riguardato».
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“ALEPPO STA BRUCIANDO!”: IL GRIDO E L’AFFIDAMENTO DEI CRISTIANI!
Ora Pro Siria (http://oraprosiria.blogspot.it), 2 Maggio 2016
Dichiarazione dall’Assemblea dei Vescovi Cattolici in Aleppo
“Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che con la sua grande misericordia ci ha
generato in una speranza viva mediante la Risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (1Pt 1,3).
Con queste sante parole, ci rivolgiamo a voi figli amati, e con voi il nostro cuore emana dolore e
sofferenza, per la violenza che la nostra amata città subisce, Aleppo, la città dei martiri, i cui abitanti
rimasti con pazienza e dolore, non meritano se non tutto il bene. Perciò non lasciamoci vincere dalla
tristezza e dalla disperazione, perché noi siamo figli della Risurrezione, figli della Speranza, crediamo
fermamente che queste sofferenze non accadranno invano, ma, sull'esempio dei Santi e dei Martiri, le
facciamo partecipi con la Passione di Cristo, perché diventino sofferenze santificate e santificanti, per la
pace in Siria e la salvezza della nostra città. Questo è il significato più importante della nostra rimanenza
in Aleppo.
Rivolgiamo il nostro grido alle coscienze di chi progetta e di chi esegue questa guerra, dicendo: per amor
di Dio BASTA! Per misericordia degli uomini BASTA! Per il grido del sangue dei bambini e dei martiri che
sale a Dio BASTA! Per le lacrime delle madri in lutto BASTA! Per i dolori dei feriti BASTA! Per i senza tetto
BASTA! Per quelli che non sono più in grado di nutrire i loro figli BASTA! Non è giunta l'ora dei fatti e non
delle parole? Della risurrezione e non della morte in tutte le sue forme?
Annunciamo con voi figli amati, il rinnovo della consacrazione della nostra città di Aleppo, al Cuore
Immacolato di Maria, Lei che aveva chiesto nelle sue apparizioni a Fatima la consacrazione del mondo al
suo Cuore Immacolato per ottenere la pace.
Cogliamo l'occasione del mese Mariano, domandando a tutti voi di offrire le preghiere, e specialmente il
Rosario, nelle nostre chiese per questa intenzione; convertiti a Dio, e supplicando l'intercessione di Maria
Vergine, Regina della pace, mettiamo il nostro paese Siria e la nostra città Aleppo sotto la Sua protezione.
Chiediamo l'eterno riposo ai martiri e la pronta guarigione ai feriti, e la Pace di Dio sia con tutti voi.
Aleppo, 30 Aprile 2016
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LIBRI
Quotidianamente gli organi di informazione riferiscono di brutali violenze,
discriminazioni, prepotenze subite in molte aree del mondo dai cristiani,
perseguitati per il solo fatto di essere cristiani. Il fenomeno ha assunto
dimensioni drammaticamente imponenti: "Sono convinto che la
persecuzione contro i cristiani oggi sia più forte che nei primi secoli della
Chiesa. Oggi ci sono più cristiani martiri che a quell'epoca" ha detto e
continua a ripetere papa Francesco, sollecitando tutti a sostenere e aiutare
questi fratelli e sorelle ingiustamente colpiti. Questo libro raccoglie le
Lettere aperte indirizzate da figure note della Chiesa italiana ai cristiani
perseguitati, per far giungere loro - ovunque si trovino - la vicinanza, la
gratitudine, il sostegno e l'ammirazione della Chiesa italiana. Quasi una
preghiera corale, un libro di legami e affetti, che include anche brevi
testimonianze di uomini e donne perseguitati a causa della loro fede in
Cristo. Gli autori: Giulio Albanese, Ignazia Angelini, Luigino Bruni, Marco
Burini, Gemma Capra, Franco Cardini, Giuseppe dalla Torre, Cristiana
Dobner, Guido Dotti, Chiara Giaccardi, Mauro Magatti, Ermenegildo
Manicardi, Mary Melone, Francesco Montenegro, Giovanni Cesare Pagazzi, Antonio Riboldi, Davide
Rondoni, Angelo Scola, Maria Voce.
In Medio Oriente non è in atto uno scontro di civiltà, quanto piuttosto
una guerra interna all'islam per la supremazia politica sulla regione
mediorientale. Le minoranze cristiane, che lì vivono da duemila anni,
con le pratiche di vita che le identificano e le opere sociali, caritatevoli
ed educative che le contraddistinguono, rappresentano un intralcio
per ogni progetto egemonico e totalitario. La presenza di comunità
cristiane, infatti, costituisce un elemento di stabilizzazione nei conflitti
e di costruzione di luoghi di convivenza. Con parole e fatti esse
testimoniano che la pace è possibile. Questa è la ragione profonda di
un urgente impegno della Comunità Internazionale a favore di tale
presenza, immenso capitale "nella costruzione di un mondo pacificato
e pacifico" (san Giovanni Paolo II), e di reali spazi di libertà per tutti.
Ne va del futuro non solo del Medio Oriente, ma dell'intero Occidente.
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Martiri cristiani
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Iraq, Cina, India, Corea, Turchia, Sudan, Cuba, Indonesia, Pakistan,
Somalia, Nigeria: in tutti questi paesi la vita delle minoranze cristiane è
resa impossibile dall’odio fondamentalista di gruppi che, in nome di un
Dio usato come pretesto per un progetto di dominio o di ideologie che
sembrano non dover mai tramontare, le perseguitano senza tregua.
Nella loro presenza essi vedono una minaccia implacabile, dalla quale è
necessario difendersi con la violenza e l’oppressione. Distruggendo una
certa immagine della «mondanità», la speranza cristiana ha infatti
smascherato i vincoli che legano l’uomo al potere inteso come
«speranza patologica», ossia totalitarismo. Perché i totalitarismi altro
non sono che tentativi di realizzare prematuramente la speranza, di
compiere in modo indebito il desiderio che anima nel profondo il cuore
dell’uomo. L’inimicizia di tante oligarchie (anche di quelle rappresentate
da certe influenti élites occidentali), delle dittature e di qualsiasi visione
totalitaria nei confronti del Cristianesimo ha in fondo sempre la stessa
radice: le comunità cristiane documentano il dramma della libertà
dell’uomo di fronte al Potere.
Oggi, nel mondo, i cristiani pagano un pesante tributo all’intolleranza e
alla discriminazione. Sempre di più, essi divengono il bersaglio di
attacchi dissimulati e violenti. All’origine di questa autentica
persecuzione, i novelli Nerone che sono il fanatismo induista, buddista,
comunista e islamico. Attraverso i manuali scolastici egiziani, la
discriminazione legale imposta dalla sharia islamica, la volontà dei
comunisti cinesi di dirigere le Chiese locali, l’interdizione fatta agli
intoccabili indiani di convertirsi, si vuole mettere la museruola ai
cristiani. Impedire loro – come su tutto il territorio dell’Arabia Saudita –
di praticare liberamente la fede più diffusa nel mondo. E se questo non è
sufficiente, li si uccide. Nelle Filippine, in Iraq, nello Yemen, in India, in
Cina, nello Sri Lanka…
Le nuove persecuzioni non sono atti isolati, ma voluti, programmati,
ponderati. L’autore, esperto di tali questioni, lancia il segnale d’allarme e
ci rivela il pensiero estremista che conduce a tali atrocità. Davanti ai
fatti presentati, sempre più virulenti, egli denuncia un vero e proprio tsunami cattofobico, che distrugge il
semplice diritto di praticare liberamente la propria fede, e domanda se si possa parlare di genocidi
cristiani. Domani, si potrà ancora andare a Messa?
Web: http://www.bvabruzzano.it/portaparola/numero-odierno
Per non ricevere più via mail questa rassegna stampa scrivi a [email protected]
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