Allegati

Transcript

Allegati
ISTITUTO ISTRUZIONE SECONDARIA
SEGATO
BELLUNO
ESAME DI STATO
ANNO SCOLASTICO 2015/2016
DOCUMENTO DEL CONSIGLIO DI CLASSE
(DPR N° 323 DEL 23.07.1998)
FASCICOLO ALLEGATI
Prove di simulazione
Griglie di valutazione
DIPLOMA
IN
ELETTRONICA ED ELETTROTECNICA
ARTICOLAZIONE ELETTROTECNICA
Indice generale
PRIMA SIMULAZIONE PRIMA PROVA D’ESAME................................................................................................. 3
SECONDA SIMULAZIONE PRIMA PROVA D’ESAME........................................................................................ 11
SIMULAZIONE 3A PROVA N. 1............................................................................................................................ 18
SIMULAZIONE 3A PROVA N. 2............................................................................................................................ 19
SIMULAZIONE 3A PROVA N. 3............................................................................................................................ 20
SIMULAZIONE 3A PROVA N. 4............................................................................................................................ 22
GRIGLIA PER LA VALUTAZIONE DELLA PRIMA PROVA SCRITTA – CLASSE 5ª.............................................23
TIPOLOGIA A: ANALISI TESTUALE.......................................................................................................................... 23
TIPOLOGIA B: SAGGIO BREVE.............................................................................................................................. 24
TIPOLOGIA B: ARTICOLO DI GIORNALE.................................................................................................................. 25
TIPOLOGIE C E D: TEMA..................................................................................................................................... 26
GRIGLIA DI VALUTAZIONE PER LA TERZA PROVA...........................................................................................27
2/27
PRIMA SIMULAZIONE PRIMA PROVA D’ESAME
Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro tipologie qui proposte
TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTO
GIOVANNI VERGA, LIBERTA’
Pubblicata dapprima sulla «Domenica letteraria» del 12 marzo 1882 e poi confluita nelle Novelle rusticane, Libertà è, al
tempo stesso, novella che nasce da un fatto realmente avvenuto e racconto che dimostra come la narrazione breve verghiana
si presti molto bene all’analisi dei fenomeni storico-sociali siciliani. Punto d’ispirazione e d’avvio sono i tragici fatti di
Bronte, avvenuti tra il 2 e il 5 agosto del 1860, durante la Spedizione dei Mille, quando l’arrivo di Garibaldi e la promessa di
un’equa spartizione delle terre demaniali per risolvere l’annoso problema del latifondo in mano ai “galantuomini” del paese
avevano suscitato da subito illusioni di libertà e progresso.
Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: Viva la libertà! - Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino dei galantuomini 1, davanti al
Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di berrette bianche; le scuri e le falci che luccicavano. Poi irruppe in una
stradicciuola.
- A te prima, barone! che hai fatto nerbare 2 la gente dai tuoi campieri 3! - Innanzi a tutti gli altri una strega, coi vecchi capelli
irti sul capo, armata soltanto delle unghie. - A te, prete del diavolo! che ci hai succhiato l'anima! - A te, ricco epulone 4, che non
puoi scappare nemmeno, tanto sei grasso del sangue del povero! - A te, sbirro! che hai fatto la giustizia solo per chi non aveva
niente! - A te, guardaboschi! che hai venduto la tua carne e la carne del prossimo per due tarì 5 al giorno!
- E il sangue che fumava ed ubbriacava. Le falci, le mani, i cenci, i sassi, tutto rosso di sangue! - Ai galantuomini! Ai
cappelli6! Ammazza! ammazza! Addosso ai cappelli! –
Don Antonio sgattaiolava a casa per le scorciatoie. Il primo colpo lo fece cascare colla faccia insanguinata contro il
marciapiede. - Perché? perché mi ammazzate? - Anche tu! al diavolo! - Un monello sciancato raccattò il cappello bisunto e ci
sputò dentro. - Abbasso i cappelli! Viva la libertà! - Te'! tu pure! - Al reverendo che predicava l'inferno per chi rubava il pane.
Egli tornava dal dir messa, coll'ostia consacrata nel pancione. - Non mi ammazzate, ché sono in peccato mortale! - La gnà
Lucia, il peccato mortale; la gnà Lucia che il padre gli aveva venduta a 14 anni, l'inverno della fame, e riempiva la Ruota 7 e le
strade di monelli affamati. Se quella carne di cane fosse valsa a qualche cosa, ora avrebbero potuto satollarsi, mentre la
sbrandellavano sugli usci delle case e sui ciottoli della strada a colpi di scure. Anche il lupo allorché capita affamato in una
mandra, non pensa a riempirsi il ventre, e sgozza dalla rabbia. - Il figliuolo della Signora, che era accorso per vedere cosa
fosse - lo speziale8, nel mentre chiudeva in fretta e in furia - don Paolo, il quale tornava dalla vigna a cavallo del somarello,
colle bisacce magre in groppa. Pure teneva in capo un berrettino vecchio che la sua ragazza 9 gli aveva ricamato tempo fa,
quando il male non aveva ancora colpito la vigna. Sua moglie lo vide cadere dinanzi al portone, mentre aspettava coi cinque
figliuoli la scarsa minestra che era nelle bisacce del marito. - Paolo! Paolo! - Il primo lo colse nella spalla con un colpo di
scure. Un altro gli fu addosso colla falce, e lo sventrò mentre si attaccava col braccio sanguinante al martello 10.
Ma il peggio avvenne appena cadde il figliolo del notaio, un ragazzo di undici anni, biondo come l'oro, non si sa come,
travolto nella folla. Suo padre si era rialzato due o tre volte prima di strascinarsi a finire nel mondezzaio, gridandogli: Neddu! Neddu! - Neddu fuggiva, dal terrore, cogli occhi e la bocca spalancati senza poter gridare. Lo rovesciarono; si rizzò
anch'esso su di un ginocchio come suo padre; il torrente gli passò di sopra; uno gli aveva messo lo scarpone sulla guancia e
glie l'aveva sfracellata; nonostante il ragazzo chiedeva ancora grazia colle mani. - Non voleva morire, no, come aveva visto
ammazzare suo padre; - strappava il cuore! - Il taglialegna, dalla pietà, gli menò un gran colpo di scure colle due mani, quasi
avesse dovuto abbattere un rovere di cinquant'anni - e tremava come una foglia. - Un altro gridò: - Bah! egli sarebbe stato
notaio, anche lui! - Non importa! Ora che si avevano le mani rosse di quel sangue, bisognava versare tutto il resto. Tutti! tutti i
cappelli! - Non era più la fame, le bastonate, le soperchierie che facevano ribollire la collera. Era il sangue innocente. Le
donne più feroci ancora, agitando le braccia scarne, strillando l'ira in falsetto 11, colle carni tenere sotto i brindelli delle vesti. Tu che venivi a pregare il buon Dio colla veste di seta! - Tu che avevi a schifo d'inginocchiarti accanto alla povera gente! - Te'!
Te'! - Nelle case, su per le scale, dentro le alcove, lacerando la seta e la tela fine. Quanti orecchini su delle facce insanguinate!
e quanti anelli d'oro nelle mani che cercavano di parare i colpi di scure!
La baronessa aveva fatto barricare il portone: travi, carri di campagna, botti piene, dietro; e i campieri che sparavano dalle
finestre per vender cara la pelle. La folla chinava il capo alle schiopettate, perché non aveva armi da rispondere. Prima 12 c'era
la pena di morte chi tenesse armi da fuoco. - Viva la libertà! - E sfondarono il portone. Poi nella corte, sulla gradinata,
scavalcando i feriti. Lasciarono stare i campieri. - I campieri dopo! - I campieri dopo! - Prima volevano le carni della
baronessa, le carni fatte di pernici e di vin buono. Ella correva di stanza in stanza col lattante al seno, scarmigliata - e le stanze
erano molte. Si udiva la folla urlare per quegli andirivieni, avvicinandosi come la piena di un fiume. Il figlio maggiore, di 16
anni, ancora colle carni bianche anch'esso, puntellava l'uscio colle sue mani tremanti, gridando: - Mamà! mamà! - Al primo
urto gli rovesciarono l'uscio addosso. Egli si afferrava alle gambe che lo calpestavano. Non gridava più. Sua madre s'era
rifugiata nel balcone, tenendo avvinghiato il bambino, chiudendogli la bocca colla mano perché non gridasse, pazza. L'altro
3/27
figliolo voleva difenderla col suo corpo, stralunato, quasi avesse avuto cento mani, afferrando pel taglio tutte quelle scuri. Li
separarono in un lampo. Uno abbrancò lei pei capelli, un altro per i fianchi, un altro per le vesti, sollevandola al di sopra della
ringhiera. Il carbonaio le strappò dalle braccia il bambino lattante. L'altro fratello non vide niente; non vedeva altro che nero e
rosso. Lo calpestavano, gli macinavano le ossa a colpi di tacchi ferrati; egli aveva addentato una mano che lo stringeva alla
gola e non la lasciava più. Le scuri non potevano colpire nel mucchio e luccicavano in aria.
E in quel carnevale furibondo del mese di luglio, in mezzo agli urli briachi della folla digiuna, continuava a suonare a stormo
la campana di Dio, fino a sera, senza mezzogiorno, senza avemaria, come in paese di turchi 13. Cominciavano a sbandarsi,
stanchi della carneficina, mogi, mogi, ciascuno fuggendo il compagno. Prima di notte tutti gli usci erano chiusi, paurosi, e in
ogni casa vegliava il lume. Per le stradicciuole non si udivano altro che i cani, frugando per i canti, con un rosicchiare secco di
ossa, nel chiaro di luna che lavava ogni cosa, e mostrava spalancati i portoni e le finestre delle case deserte.
Aggiornava; una domenica senza gente in piazza né messa che suonasse. Il sagrestano s'era rintanato; di preti non se ne
trovavano più. I primi che cominciarono a far capannello sul sagrato si guardavano in faccia sospettosi; ciascuno ripensando a
quel che doveva avere sulla coscienza il vicino. Poi, quando furono in molti, si diedero a mormorare. - Senza messa non
potevano starci, un giorno di domenica, come i cani! - Il casino dei galantuomini era sbarrato, e non si sapeva dove andare a
prendere gli ordini dei padroni per la settimana. Dal campanile penzolava sempre il fazzoletto tricolore, floscio, nella caldura
gialla di luglio.
E come l'ombra s'impiccioliva lentamente sul sagrato, la folla si ammassava tutta in un canto. Fra due casucce della piazza, in
fondo ad una stradicciola che scendeva a precipizio, si vedevano i campi giallastri nella pianura, i boschi cupi sui fianchi
dell'Etna. Ora dovevano spartirsi quei boschi e quei campi. Ciascuno fra sé calcolava colle dita quello che gli sarebbe toccato
di sua parte, e guardava in cagnesco il vicino. - Libertà voleva dire che doveva essercene per tutti! - Quel Nino Bestia, e quel
Ramurazzo, avrebbero preteso di continuare le prepotenze dei cappelli! - Se non c'era più il perito per misurare la terra, e il
notaio per metterla sulla carta, ognuno avrebbe fatto a riffa e a raffa 14! - E se tu ti mangi la tua parte all'osteria, dopo bisogna
tornare a spartire da capo? - Ladro tu e ladro io -. Ora che c'era la libertà, chi voleva mangiare per due avrebbe avuto la sua
festa come quella dei galantuomini! - Il taglialegna brandiva in aria la mano quasi ci avesse ancora la scure.
Il giorno dopo si udì che veniva a far giustizia il generale 15, quello che faceva tremare la gente. Si vedevano le camicie rosse
dei suoi soldati salire lentamente per il burrone, verso il paesetto; sarebbe bastato rotolare dall'alto delle pietre per schiacciarli
tutti. Ma nessuno si mosse. Le donne strillavano e si strappavano i capelli. Ormai gli uomini, neri e colle barbe lunghe,
stavano sul monte, colle mani fra le cosce, a vedere arrivare quei giovanetti stanchi, curvi sotto il fucile arrugginito, e quel
generale piccino sopra il suo gran cavallo nero, innanzi a tutti, solo.
Il generale fece portare della paglia nella chiesa, e mise a dormire i suoi ragazzi come un padre. La mattina, prima dell'alba, se
non si levavano al suono della tromba, egli entrava nella chiesa a cavallo, sacramentando come un turco. Questo era l'uomo. E
subito ordinò che glie ne fucilassero cinque o sei, Pippo, il nano, Pizzanello, i primi che capitarono. Il taglialegna, mentre lo
facevano inginocchiare addosso al muro del cimitero, piangeva come un ragazzo, per certe parole che gli aveva dette sua
madre, e pel grido che essa aveva cacciato quando glie lo strapparono dalle braccia. Da lontano, nelle viuzze più remote del
paesetto, dietro gli usci, si udivano quelle schioppettate in fila come i mortaletti della festa.
Dopo arrivarono i giudici per davvero, dei galantuomini cogli occhiali, arrampicati sulle mule, disfatti dal viaggio, che si
lagnavano ancora dello strapazzo mentre interrogavano gli accusati nel refettorio del convento, seduti di fianco sulla scranna 16,
e dicendo - ahi! - ogni volta che mutavano lato. Un processo lungo che non finiva più. I colpevoli li condussero in città, a
piedi, incatenati a coppia, fra due file di soldati col moschetto pronto. Le loro donne li seguivano correndo per le lunghe strade
di campagna, in mezzo ai solchi, in mezzo ai fichidindia, in mezzo alle vigne, in mezzo alle biade color d'oro, trafelate,
zoppicando, chiamandoli a nome ogni volta che la strada faceva gomito, e si potevano vedere in faccia i prigionieri. Alla città
li chiusero nel gran carcere alto e vasto come un convento, tutto bucherellato da finestre colle inferriate; e se le donne
volevano vedere i loro uomini, soltanto il lunedì, in presenza dei guardiani, dietro il cancello di ferro. E i poveretti divenivano
sempre più gialli in quell'ombra perenne, senza scorgere mai il sole. Ogni lunedì erano più taciturni, rispondevano appena, si
lagnavano meno. Gli altri giorni, se le donne ronzavano per la piazza attorno alla prigione, le sentinelle minacciavano col
fucile. Poi non sapere che fare, dove trovare lavoro nella città, né come buscarsi il pane. Il letto nello stallazzo 17 costava due
soldi; il pane bianco si mangiava in un boccone e non riempiva lo stomaco; se si accoccolavano a passare una notte sull'uscio
di una chiesa, le guardie le arrestavano. A poco a poco rimpatriarono, prima le mogli, poi le mamme. Un bel pezzo di
giovinetta si perdette nella città e non se ne seppe più nulla. Tutti gli altri in paese erano tornati a fare quello che facevano
prima. I galantuomini non potevano lavorare le loro terre colle proprie mani, e la povera gente non poteva vivere senza i
galantuomini. Fecero la pace. L'orfano dello speziale rubò la moglie a Neli Pirru, e gli parve una bella cosa, per vendicarsi di
lui che gli aveva ammazzato il padre. Alla donna che aveva di tanto in tanto certe ubbie 18, e temeva che suo marito le tagliasse
la faccia, all'uscire dal carcere, egli ripeteva: - Sta tranquilla che non ne esce più -. Ormai nessuno ci pensava; solamente
qualche madre, qualche vecchiarello, se gli correvano gli occhi verso la pianura, dove era la città, o la domenica, al vedere gli
altri che parlavano tranquillamente dei loro affari coi galantuomini, dinanzi al casino di conversazione, col berretto in mano, e
si persuadevano che all'aria ci vanno i cenci19.
Il processo durò tre anni, nientemeno! tre anni di prigione e senza vedere il sole. Sicché quegli accusati parevano tanti morti
della sepoltura, ogni volta che li conducevano ammanettati al tribunale. Tutti quelli che potevano erano accorsi dal villaggio:
testimoni, parenti, curiosi, come a una festa, per vedere i compaesani, dopo tanto tempo, stipati nella capponaia 20 - ché
capponi davvero si diventava là dentro! e Neli Pirru doveva vedersi sul mostaccio 21 quello dello speziale, che s'era imparentato
4/27
a tradimento con lui! Li facevano alzare in piedi ad uno ad uno. - Voi come vi chiamate? - E ciascuno si sentiva dire la sua,
nome e cognome e quel che aveva fatto. Gli avvocati armeggiavano, fra le chiacchiere, coi larghi maniconi pendenti, e si
scalmanavano, facevano la schiuma alla bocca, asciugandosela subito col fazzoletto bianco, tirandoci su una presa di tabacco.
I giudici sonnecchiavano, dietro le lenti dei loro occhiali, che agghiacciavano il cuore. Di faccia erano seduti in fila dodici
galantuomini22, stanchi, annoiati, che sbadigliavano, si grattavano la barba, o ciangottavano 23 fra di loro. Certo si dicevano che
l'avevano scappata bella a non essere stati dei galantuomini di quel paesetto lassù, quando avevano fatto la libertà. E quei
poveretti cercavano di leggere nelle loro facce. Poi se ne andarono a confabulare fra di loro, e gli imputati aspettavano pallidi,
e cogli occhi fissi su quell'uscio chiuso. Come rientrarono, il loro capo, quello che parlava colla mano sulla pancia, era quasi
pallido al pari degli accusati, e disse: - Sul mio onore e sulla mia coscienza 24!...
Il carbonaio, mentre tornavano a mettergli le manette, balbettava: - Dove mi conducete? - In galera? - O perché? Non mi è
toccato neppure un palmo di terra! Se avevano detto che c'era la libertà!... –
1 casino dei galantuomini: circolo dei proprietari terrieri; 2 nerbare: frustare; 3 campieri: le guardie armate addette alla sorveglianza di una tenuta agricola;
4 epulone: ricco goloso e avaro; 5 tarì: moneta in uso durante il regno dei Borboni; 6 cappelli:i benestanti; 7 Ruota: una specie di armadio girevole posto a
fianco dei conventi di suore per introdurvi offerte; i figli non voluti venivano abbandonati dalle madri in uno degli scomparti per affidarli alle cure delle
suore; 8 speziale: farmacista; 9 la sua ragazza: sua figlia; 10 martello: il battente per bussare alla porta; 11 in falsetto: con voce acuta; 12 prima: sotto i
Borboni; 13 turchi: infedeli, senza religione; 14 a riffa e a raffa: chi arraffa di più; 15 il generale: nella realtà storica è Nino Bixio, il luogotenente di
Garibaldi; 16 scranna: panca di legno; 17 stallazzo: stalla annessa ad una locanda; 18 ubbie: timori, scrupoli; 19 all’aria ci vanno i cenci: ci rimettono
sempre i poveri; 20 capponaia: la gabbia del tribunale; 21 sul mostaccio: faccia a faccia; 22 dodici galantuomini: i giurati; 23 ciangottavano:
borbottavano; 24 Sul mio…coscienza: è la formula con cui inizia la sentenza
1. Comprensione complessiva
1.1 Riassumi il contenuto della novella in non più di 10 righe
2. Analisi e commento del testo
2.1 La folla colpisce indistintamente, pur rivolgendosi contro personaggi che agli occhi dei contadini sono espressione del
potere secolare che li opprime. Individua tali personaggi e indica di quali “torti” sono colpevoli. La furia popolare colpisce
anche figure “innocenti”. Quali sono? Quali aspetti le caratterizzano e in che modo la folla giustifica la loro uccisione?
2.2 La “giustizia” che ripristina lo status quo è incomprensibile per coloro che ne sono vittime. Per quale ragione?
2.3 Nell’ultima sequenza il narratore assume il punto di vista popolare, attraverso l’artificio della regressione. Individua
qualche esempio nel testo.
2.4 Il testo è ricco di espressioni popolari, di similitudini, di proverbi e modi di dire. Dopo averli individuati, riportali nel
foglio protocollo oppure scrivi l’inizio e la fine della parte ponendola tra “…”. Quale obiettivo si propone secondo te l’autore
attraverso tale scelta linguistica?
2.5 Quali aspetti caratterizzano il ritmo della narrazione? Quali sono le tecniche che Verga utilizza?
3. Approfondimenti
3.1 Contestualizza la novella all’interno della produzione verghiana, evidenziando i nuclei tematici, le particolarità
linguistiche e stilistiche comuni ad altre opere che hai letto.
3.2 Dopo aver illustrato il pensiero e la poetica verghiana, indica quali elementi in comune e differenze puoi cogliere col
Naturalismo francese.
TIPOLOGIA B - REDAZIONE DI UN “SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE” CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», interpretando e confrontando i
documenti e i dati forniti. Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti
alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi. Se scegli
la forma dell'«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che l’articolo debba essere
pubblicato. Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo.
1. AMBITO ARTISTICO- LETTERARIO
ARGOMENTO: L’aspirazione alla libertà nella tradizione e nell’immaginario artistico-letterario.
DOCUMENTI
5/27
Dolce consorte, le rispose Ettore,
ciò tutto che dicesti a me pur anco
ange il pensier; ma de' Troiani io temo
fortemente lo spregio, e dell'altere
Troiane donne, se guerrier codardo
mi tenessi in disparte, e della pugna
evitassi i cimenti. Ah nol consente,
no, questo cor. Da lungo tempo appresi
ad esser forte, ed a volar tra' primi
negli acerbi conflitti alla tutela
della paterna gloria e della mia.
Giorno verrà, presago il cor mel dice,
verrà giorno che il sacro iliaco muro
e Priamo e tutta la sua gente cada.
Ma né de' Teucri il rio dolor, né quello
d'Ecuba stessa, né del padre antico,
né de' fratei, che molti e valorosi
sotto il ferro nemico nella polve
cadran distesi, non mi accora, o donna,
sì di questi il dolor, quanto il crudele
tuo destino, […]
Ma pria morto la terra mi ricopra,
ch'io di te schiava i lai pietosi intenda.
OMERO, Iliade, libro VI
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.
Tu 'l sai, che non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta ch'al gran dì sarà sì chiara.
DANTE ALIGHIERI, Purgatorio, I, vv. 70-75
"1. -[…] E se, come io dissi, era necessario, volendo vedere la
virtù di Moisè, che il populo d'Isdrael fussi stiavo in Egitto, et a
conoscere la grandezza dello animo di Ciro, ch'e' Persi fussino
oppressati da' Medi e la eccellenzia di Teseo, che li Ateniensi
fussino dispersi; così al presente, volendo conoscere la virtù
d'uno spirito italiano, era necessario che la Italia si riducessi nel
termine che ell'è di presente, e che la fussi più stiava che li
Ebrei, più serva ch'e' Persi, più dispersa che li Ateniensi, sanza
capo, sanza ordine; battuta, spogliata, lacera, corsa, et avessi
sopportato d'ogni sorte ruina.
2. -[…] In modo che, rimasa sanza vita, espetta qual possa esser
quello che sani le sue ferite, e ponga fine a' sacchi di
Lombardia, alle taglie del Reame e di Toscana, e la guarisca di
quelle sue piaghe già per lungo tempo infistolite. Vedesi come la
prega Dio, che le mandi qualcuno che la redima da queste
crudeltà et insolenzie barbare. Vedesi ancora tutta pronta e
disposta a seguire una bandiera, pur che ci sia uno che la pigli."
N. MACHIAVELLI, Il Principe, Capitolo XXVI, 1532
O stranieri, nel proprio retaggio
torna Italia, e il suo suolo riprende;
o stranieri, strappate le tende
da una terra che madre non v'è.
Non vedete che tutta si scote
dal Cenisio alla balza di Scilla?
Non sentite che infida vacilla
sotto il peso de' barbari piè?
O stranieri! Sui vostri stendardi
sta l'obbrobrio di un giuro tradito;
un giudizio da voi proferito
v'accompagna a l'iniqua tenzon;
voi che a stormo gridaste in quei giorni: Dio
rigetta la forza straniera;
Su i quaderni di scolaro
Su i miei banchi e gli alberi
Su la sabbia su la neve
Scrivo il tuo nome
Su ogni pagina che ho letto
Su ogni pagina che è bianca
Sasso sangue carta o cenere
Scrivo il tuo nome
ogni gente sia libera, e pèra
della spada l'iniqua ragion.
Se la terra ove oppressi gemeste
preme i corpi de' vostri oppressori,
se la faccia d'estranei signori
tanto amara vi parve in quei dì;
chi v'ha detto che sterile, eterno
sarìa il lutto dell'itale genti?
Chi v'ha detto che ai nostri lamenti
sarìa sordo quel Dio che v'udì?
A. MANZONI, Marzo 1821, vv. 41-64, 1848
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze,
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento
S. QUASIMODO, da Giorno dopo giorno, 1947
Su le immagini dorate
6/27
Su le armi dei guerrieri
Su la corona dei re
Scrivo il tuo nome […]
E in virtù d'una parola
Ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà
P. ELUARD, Liberté, 1942, trad. F. Fortini
«Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del
nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione.
Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul
fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. […]
Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre
condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa
degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza
dell’anima.
Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in
tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che
il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra
libertà».
Martin Luther KING, da I have a dream, 1965
È una delle opere più note dell'artista. La libertà che guida
il popolo nasce in relazione ai moti rivoluzionari del luglio
1830, che rovesciarono il regno di Carlo X in soli tre
giorni.
La tela è dominata dall'impeto travolgente del popolo che
avanza e che nessuna forza reazionaria potrà arrestare. È,
questo, un quadro nel quale è rappresentata con chiarezza
l'ideologia liberale dei giovani romantici.
E. DELACROIX La libertà che guida il popolo. 28 luglio
1830 (olio su tela, Parigi, Louvre)
2. AMBITO SOCIO-ECONOMICO
ARGOMENTO: Essere giovani nel 2015: tra lacerazioni, orrori, speranze e impegno.
Documento n.1
"Ci sono generazioni che creano gli eventi, come quella del maggio del '68. Altre, come la nostra, che dagli eventi sono
raggiunte e colpite. La posta in gioco per questa generazione sarà di resistere a chi l'ha risvegliata e le ha dato un nome. A chi
pretende di definirla come se non avesse coscienza di sé, come se non esistesse". Dalle colonne di Libération il filosofo
francese Frédéric Worms, professore all'Ècole Normale Supérieure di Parigi, analizza l'emersione di una generazione
(ribattezzata in questi giorni "Bataclan") nel mirino dell'attacco terroristico del 13 novembre: una classe di giovani "creativa,
poliglotta, amante del viaggio, interdisciplinare" che, radunata da questo evento, ha scoperto di avere un'identità e di essere
attraversata, già da prima, da una frattura di cui non era a conoscenza. "Una generazione - dice Worms - che senza saperlo era
già lacerata e che, se saprà non farsi vincere dall'ossessione, sarà ancora là, ancora al bar". Perché quella che è stata colpita,
continua il filosofo, "non era una generazione spensierata, senza preoccupazioni, leggera. Seduti a un tavolo a sorseggiare
vino si parla di tutto e di niente. Ma dietro quel niente c'è anche uno sfondo: le immagini dei rifugiati, la guerra che non è solo
lontana ma anche qui, la crisi che non è vero che è finita. Come poteva essere spensierata una generazione simile? E allora,
7/27
ecco il punto, ecco la ferita, la contraddizione che è una caratteristica del nostro presente. Da un lato la guerra, i cambiamenti
climatici, le migrazioni umane, la trasformazione del mondo che scivola sullo schermo di un telefono. Dall'altro la vita che
apparentemente continua. I bar e le terrazze".
( Silvia De Santis, La sfida per questa generazione sarà la resistenza, L'Huffington Post, 17.11.2015)
Documento n.2
Vengono chiamati foreign fighters, ingrossano le fila dei gruppi terroristici e delle milizie in conflitti non convenzionali, come
quello siriano. Il loro numero è destinato a crescere. Ecco le origini e i motivi del fenomeno analizzati da Andrea Manciulli
(PD), vice presidente Commissione esteri della Camera.
Come avviene il reclutamento di questi combattenti?
Di solito attraverso due canali. Spesso viene effettuato nelle moschee più radicali del Vecchio Continente, grazie alla
propaganda di predicatori itineranti. Oppure attraverso le carceri, dove questi ragazzi, che di solito vengono da famiglie
problematiche e da un passato travagliato, vengono avvicinati in un momento di particolare sconforto o fragilità.
Cosa spinge ragazzi cresciuti in una cultura occidentale ad abbracciare il jihad, la “guerra santa” islamica?
Principalmente un forte senso di rivalsa verso le comunità che li ospitano. Da un lato sono persone diventate a tutti gli effetti
di nazionalità europea, ma dall’altro riversano sull’Occidente un sentimento di insoddisfazione e frustrazione per la loro
condizione sociale che non li soddisfa. Per loro diventare foreign fighters e abbracciare il fondamentalismo rappresenta un
modo per provare a riscattarsi e trovare nel jihad una ragione profonda di esistenza.
Cosa si può fare per contrastare questa crescita?
La strada è quella di un migliore monitoraggio e del fare “rete” in Europa e attraverso accordi con Paesi extracomunitari. Ad
esempio il nostro Paese firmerà a breve con la Turchia un accordo per contrastare congiuntamente il terrorismo e vigilare
meglio sul corridoio che, passando da Ankara, porta i foreign fighters proprio in Siria.
(sito internet: formiche.net, Foreign fighter, chi sono e cosa vogliono i jihadisti della porta accanto, 9.06.2014)
Documento n.3
L’Erasmus è senza dubbio uno dei programmi di maggiore successo del progetto europeo. Dall’anno della sua nascita (1987),
più di tre milioni di persone hanno scelto di partire per studiare o insegnare all’estero, tornando in patria con un bagaglio di
conoscenze e abilità che difficilmente avrebbero potuto acquisire in altro modo. Conoscenze tornate molto utili: sulla
disoccupazione di medio e lungo termine, gli studenti Erasmus hanno la metà delle possibilità di rimanere senza lavoro
rispetto a chi non parte. La generazione Erasmus è la prima generazione veramente europea: nel definire i legami con la
propria città, il proprio paese e l’Europa, quest’ultima viene scavalcata dalle altre due voci tra i non-Erasmus; tra coloro che
sono partiti, invece, il senso di appartenenza all’Europa stacca nettamente (rispettivamente di 10 e 8 punti percentuali) il
legame con città e paese d’origine. Si sbaglia chi ritiene che un dato simile significhi rinnegare le proprie radici: sentirsi
europei non vuol dire tagliare i legami con la propria identità da un punto di vista etnico o culturale, ma abbracciare degli
ideali e dei valori condivisi che vanno ben oltre le frontiere nazionali.
Federico Plantera, Giovani: la generazione Erasmus è più europea, più consapevole e più occupata, Il fatto quotidiano, 17
ottobre 2015
3. AMBITO STORICO- POLITICO
ARGOMENTO: La prima guerra mondiale: Neutralisti e Interventisti in Italia
DOCUMENTI
“Compagni, non è più tempo di parlare, ma di fare: non è più tempo di concioni (discorsi), ma di azioni, e di azioni romane.
Se considerato è come crimine l’incitare alla violenza i cittadini io mi vanto di questo crimine, io lo prenderò sopra me solo.
[…]
Udite. Noi siamo sul punto di essere venduti come carne infetta. Chiamarsi italiano sarà nome da rossore, nome da
nascondere, nome da averne bruciate le labbra. Intendete? Avete inteso?
Questo vuol fare di noi il mestatore di Dronero (Giolitti), intruglio osceno. […] Questo vuol fare di noi quell’ansimante
leccatore di sudici piedi prussiani. […]Formatevi in drappelli, formatevi in pattuglie civiche; e fate la ronda, ponetevi alla
posta per pigliarli, per catturarli. Non una folla urlante, ma siate una milizia vigilante ”
G.D’ANNUNZIO, Arringa al popolo di Roma, 13 maggio 1915
“Gridare: “Noi vogliamo la guerra!” Non potrebbe essere allo stato dei fatti molto più rivoluzionario che gridare “abbasso”?
[…] E’ a voi giovani d’Italia; giovani delle officine e degli atenei; giovani d’anni e giovani di spirito; giovani che appartenete
alla generazione di “fare” la storia; è a voi che io lancio il mio grido augurale, sicuro che avrà nelle vostre file una vasta
8/27
risonanza di echi e di simpatie. Il grido è una parola che io non avrei mai pronunciato in tempi normali, e che innalzo forte, a
voce spiegata, senza infingimenti, con sicura fede, oggi: una parola paurosa e fascinante: guerra!”
B. MUSSOLINI, Articolo di fondo del “popolo d’Italia”, 15.11.1914”
“I fautori della guerra sostenevano allora l’urgenza di prendervi parte, ritenendo che essa sarebbe stata di breve durata;
temevano che, venendo a finire senza il nostro intervento, si perdesse una magnifica occasione per compiere l’unità nazionale;
ed affermavano che l’intervento nostro, rompendo l’equilibrio delle forze, avrebbe fatto finire la guerra in tre o quattro mesi.
Io avevo invece la convinzione che sarebbe stata lunghissima, e tale convinzione manifestavo liberamente a tutti i colleghi
della Camera coi quali ebbi occasione di discorrerne. A chi mi parlava di una guerra di tre mesi rispondevo che sarebbe durata
almeno tre anni perché si trattava di debellare i due imperi militarmente più organizzati del mondo, che da oltre quarant’anni
si preparavano alla guerra”.
G.GIOLITTI, Le memorie.
Nel “Convegno di Bologna” del Partito Socialista italiano, il 16 maggio 1915, prevalse la decisione di chiamare i lavoratori ad
esprimere “l’avversione incrollabile del proletariato […] all’intervento” in guerra con manifestazioni e comizi che abbiano”
carattere di disciplina, di dignità e di impotenza, e, nonostante l’opposizione di Serrati ed altri, passa la formula di Lazzari” né
aderire, né sabotare”.
Non patteggiamo col nemico […] Noi stessi, vinti per ora riconosciamo la necessità di subire la dura legge del più forte. Ma
riaffermiamo la nostra incrollabile volontà di dare domani altre battaglie, ripetiamo la nostra fermissima speranza di
conseguire la vittoria. Non è una tregua d’armi che domandiamo agli avversari e tanto meno un armistizio. Spontaneamente ci
tiriamo in disparte. La sciamo che la borghesia faccia la sua guerra; la guerra che ha voluto e della quale se n’è assunta dinanzi
al non lontano avvenire tutta la responsabilità”.
AVANTI, 24 MAGGIO 1915
“Nel presentarle pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla dolce e
cara speranza di vederle accettate, e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni
giorno di più, apparisce inutile strage”.
BENEDETTO XV, Nota ai capi dei Paesi belligeranti, 1 agosto 1917
“Com’è bella, da monte a monte, la voce sonora e decisa dell’artiglieria! Come ricopre bene coi suoi tonfi lunghi e larghi, i
pistolotti degli avvocati, i razzi dei poeti e i boati delle folle incattivite! Il cannone non fa che un verso, ma quel verso riempie
per giornate intere gli stupidi cieli agresti da troppo tempo stagnanti e rimane scritto sul campo di mira a lettere di sangue con
svolazzi di fumo.
Siamo troppi. La guerra è un’operazione maltusiana. C’è un troppo di qua e un troppo di là che si premono. La guerra rimette
in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche attorno alla stessa tavola. E leva di tono un’infinità
di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro
senza il coraggio di rifiutare la vita”.
GIOVANNI PAPINI, scrittore, Amiamo la guerra, nella rivista “Lacerba”, 1 ottobre 1914
4. AMBITO TECNICO - SCIENTIFICO
ARGOMENTO: Le responsabilità della scienza e della tecnologia.
DOCUMENTI
«Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla
terra.»
Hans JONAS, Il principio
responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1990 (ed. originale 1979)
«Mi piacerebbe (e non mi pare impossibile né assurdo) che in tutte le facoltà scientifiche si insistesse a oltranza su un punto:
ciò che farai quando eserciterai la professione può essere utile per il genere umano, o neutro, o nocivo. Non innamorarti di
problemi sospetti. Nei limiti che ti saranno concessi, cerca di conoscere il fine a cui il tuo lavoro è diretto. Lo sappiamo, il
mondo non è fatto solo di bianco e di nero e la tua decisione può essere probabilistica e difficile: ma accetterai di studiare un
nuovo medicamento, rifiuterai di formulare un gas nervino. Che tu sia o non sia un credente, che tu sia o no un “patriota”, se ti
è concessa una scelta non lasciarti sedurre dall’interesse materiale e intellettuale, ma scegli entro il campo che può rendere
meno doloroso e meno pericoloso l’itinerario dei tuoi compagni e dei tuoi posteri. Non nasconderti dietro l’ipocrisia della
scienza neutrale: sei abbastanza dotto da saper valutare se dall’uovo che stai covando sguscerà una colomba o un cobra o una
9/27
chimera o magari nulla.»
II, Einaudi, Torino 1997
Primo LEVI, Covare il cobra, 11 settembre 1986, in Opere
«È storia ormai a tutti nota che Fermi e i suoi collaboratori ottennero senza accorgersene la fissione (allora scissione) del
nucleo di uranio nel 1934. Ne ebbe il sospetto Ida Noddack: ma né Fermi né altri fisici presero sul serio le sue affermazioni se
non quattro anni dopo, alla fine del 1938. Poteva benissimo averle prese sul serio Ettore Majorana, aver visto quello che i
fisici dell’Istituto romano non riuscivano a vedere. E tanto più che Segrè parla di «cecità». La ragione della nostra cecità non è
chiara nemmeno oggi, dice. Ed è forse disposto a considerarla come provvidenziale, se quella loro cecità impedì a Hitler e
Mussolini di avere l’atomica. Non altrettanto – ed è sempre così per le cose provvidenziali – sarebbero stati disposti a
considerarla gli abitanti di Hiroshima e di Nagasaki.»
Leonardo SCIASCIA, La scomparsa di Majorana, Einaudi, Torino 1975
«La scienza può aiutarci a costruire un futuro desiderabile. Anzi, le conoscenze scientifiche sono mattoni indispensabili per
erigere questo edificio. Ma […] è d’obbligo sciogliere il nodo decisivo del valore da dare alla conoscenza. Il valore che
sembra prevalere oggi è quello, pragmatico, che alla conoscenza riconosce il mercato. Un valore utilitaristico: dobbiamo
cercare di conoscere quello che ci può tornare immediatamente ed economicamente utile. […] Ma, se vogliamo costruire un
futuro desiderabile, anche nel campo della scienza applicata il riconoscimento del valore della conoscenza non può essere
delegato al mercato. Lo ha dimostrato la recente vertenza tra le grandi multinazionali e il governo del Sud Africa sui farmaci
anti-Aids […]. Il mercato non è in grado di distribuire gli “utili della conoscenza” all’80% della popolazione mondiale. Per
costruire il futuro coi mattoni della scienza occorre dunque (ri)associare al valore di mercato della conoscenza altri valori: i
valori dello sviluppo umano.»
Pietro GRECO, Sua maestà la
tecnologia. Chi ha paura della scienza?, “l’Unità”, 7 luglio 2001
«La ricerca dovrebbe essere libera, non dovrebbe essere guidata da nessuno. In fondo se ci si pensa bene, da che essa esiste è
frutto dell’istanza del singolo piuttosto che risultato collettivo. Dovrebbe essere libera da vincoli religiosi e soggiogata a un
unico precetto: progredire nelle sue applicazioni in funzione del benessere degli esseri viventi, uomini e animali. Ecco questa
credo sia la regola e l’etica dello scienziato: la ricerca scientifica deve accrescere nel mondo la proporzione del bene. Le
applicazioni della scienza devono portare progresso e non regresso, vantaggio e non svantaggio. Certo è anche vero che la
ricerca va per tentativi e di conseguenza non ci si può subito rendere conto dell’eventuale portata negativa; in tal caso
bisognerebbe saper rinunciare.»
Margherita HACK intervistata da Alessandra Carletti, Roma Tre News, n. 3/2007
TIPOLOGIA C: TEMA DI ARGOMENTO STORICO
La storia italiana di inizio Novecento è stata sicuramente segnata dalla figura di Giolitti. Dopo aver adeguatamente
contestualizzato il periodo di riferimento, il candidato analizzi l’età giolittiana evidenziandone potenzialità e limiti. Si faccia
esplicito riferimento alla linea politica seguita, alle riforme attuate, alle modalità di acquisizione del consenso, alla posizione
dell’Italia nel contesto internazionale.
TIPOLOGIA D: ARGOMENTO D’ORDINE GENERALE
Una delle principali sfide di oggi è quella dello “sviluppo sostenibile”, ovvero di come rendere compatibili le esigenze
dell’economia con le ragioni del pianeta. Le risorse della Terra, infatti, sono limitate; i rifiuti e le emissioni inquinanti prodotti
dall’uomo hanno un impatto distruttivo sull’ambiente. Proprio in questi giorni, all'incontro di Parigi, il presidente Obama ha
affermato che “la nostra è probabilmente l'ultima generazione che può ancora invertire la tendenza e salvare il pianeta”.
Discuti il problema alla luce delle tue conoscenze, esponendo anche la tua opinione al riguardo.
10/27
SECONDA SIMULAZIONE PRIMA PROVA D’ESAME
Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro tipologie qui proposte
TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTO
Il fu Mattia Pascal, Luigi Pirandello.
Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me
ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il senno fino al
punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli
rispondevo: - Io mi chiamo Mattia Pascal.
- Grazie, caro. Questo lo so.
- E ti par poco?
Non pareva molto, per dir la verità, neanche a me. Ma ignoravo allora che cosa volesse dire il non sapere neppur
questo, il non poter più rispondere, cioè, come prima, all'occorrenza:
- Io mi chiamo Mattia Pascal.
Qualcuno vorrà bene compiangermi (costa così poco), immaginando l'atroce cordoglio d'un disgraziato, al quale
avvenga di scoprire tutt'a un tratto che... sì, niente, insomma: né padre, né madre, né come fu o come non fu; e
vorrà pur bene indignarsi (costa anche meno) della corruzione dei costumi, e de' vizii, e della tristezza dei tempi,
che di tanto male possono esser cagione a un povero innocente. Ebbene, si accomodi. Ma è mio dovere avvertirlo
che non si tratta propriamente di questo. Potrei qui esporre, di fatti, in un albero genealogico, l'origine e la
discendenza della mia famiglia e dimostrare come qualmente non solo ho conosciuto mio padre e mia madre, ma
e gli antenati miei e le loro azioni, in un lungo decorso di tempo, non tutte veramente lodevoli.
E allora?
Ecco: il mio caso è assai più strano e diverso; tanto diverso e strano che mi faccio a narrarlo.
Fui, per circa due anni, non so se più cacciatore di topi che guardiano di libri nella biblioteca che un monsignor
Boccamazza, nel 1803, volle lasciar morendo al nostro Comune. E' ben chiaro che questo Monsignore dovette
conoscer poco l'indole e le abitudini de' suoi concittadini; o forse sperò che il suo lascito dovesse col tempo e con
la comodità accendere nel loro animo l'amore per lo studio. Finora, ne posso rendere testimonianza, non si è
acceso: e questo dico in lode de' miei concittadini: Del dono anzi il Comune si dimostrò così poco grato al
Boccamazza, che non volle neppure erigergli un mezzo busto pur che fosse, e i libri lasciò per molti e molti anni
accatastati in un vasto e umido magazzino, donde poi li trasse, pensate voi in quale stato, per allogarli nella
chiesetta fuori mano di Santa Maria Liberale, non so per qual ragione sconsacrata. Qua li affidò, senz'alcun
discernimento, a titolo di beneficio, e come sinecura, a qualche sfaccendato ben protetto il quale, per due lire al
giorno, stando a guardarli, o anche senza guardarli affatto, ne avesse sopportato per alcune ore il tanfo della
muffa e del vecchiume.
Tal sorte toccò anche a me; e fin dal primo giorno io concepii così misera stima dei libri, sieno essi a stampa o
manoscritti (come alcuni antichissimi della nostra biblioteca), che ora non mi sarei mai e poi mai messo a scrivere,
se, come ho detto, non stimassi davvero strano il mio caso e tale da poter servire d'ammaestramento a qualche
curioso lettore, che per avventura, riducendosi finalmente a effetto l'antica speranza della buon'anima di
monsignor Boccamazza, capitasse in questa biblioteca, a cui io lascio questo mio manoscritto, con l'obbligo però
che nessuno possa aprirlo se non cinquant'anni dopo la mia terza, ultima e definitiva morte.
Giacché, per il momento (e Dio sa quanto me ne duole), io sono morto, sì, già due volte, ma la prima per
errore, e la seconda... sentirete.
Comprensione
1.1.Nella Premessa del romanzo Il fu Mattia Pascal il protagonista narratore si presenta al lettore: quale immagine
fornisce di sé? Delinea un profilo del personaggio facendo precisi riferimenti al testo qui proposto.
Analisi ed interpretazione
2.1.Che effetto suscitano sul lettore le informazioni e le anticipazioni che il protagonista dà di sé?
2.2.Il protagonista cerca di instaurare un dialogo con il lettore: fai riferimento ad alcune parti del testo in cui trovi
questo atteggiamento.
2.3.In base a quali elementi testuali si può dire che la storia è raccontata a posteriori?
11/27
Approfondimento
3.1.Spiega il relativismo pirandelliano.
3.2.Collega questo brano ad altri testi di Pirandello in cui emergano le stesse tematiche.
TIPOLOGIA B: REDAZIONE DI “UN SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE”
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in parte,
e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti.
Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue
conoscenze ed esperienze di studio.
Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi.
Se scegli la forma dell’«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che
l’articolo debba essere pubblicato.
Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo.
1. AMBITO ARTISTICO-LETTERARIO
Argomento: Il dono
DOCUMENTI
«La madre aveva steso una tovaglia di lino, per terra, su una stuoia di giunco, e altre stuoie attorno. E, secondo
l’uso antico, aveva messo fuori, sotto la tettoia del cortile, un piatto di carne e un vaso di vino cotto dove
galleggiavano fette di buccia d’arancio, perché l’anima del marito, se mai tornava in questo mondo, avesse da
sfamarsi. Felle andò a vedere: collocò il piatto ed il vaso più in alto, sopra un’asse della tettoia, perché i cani
randagi non li toccassero; poi guardò ancora verso la casa dei vicini. Si vedeva sempre luce alla finestra, ma tutto
era silenzio; il padre non doveva essere ancora tornato col suo regalo misterioso. Felle rientrò in casa, e
prese parte attiva alla cena. In mezzo alla mensa sorgeva una piccola torre di focacce tonde e lucide che
parevano d’avorio: ciascuno dei commensali ogni tanto si sporgeva in avanti e ne tirava una a sé: anche l’arrosto,
tagliato a grosse fette, stava in certi larghi vassoi di legno e di creta: e ognuno si serviva da sé, a sua volontà. [...]
Ma quando fu sazio e sentì bisogno di muoversi, ripensò ai suoi vicini di casa: che mai accadeva da loro? E il
padre era tornato col dono? Una curiosità invincibile lo spinse ad uscire ancora nel cortile, ad avvicinarsi e
spiare. Del resto la porticina era socchiusa: dentro la cucina le bambine stavano ancora intorno al focolare ed il
padre, arrivato tardi ma sempre in tempo, arrostiva allo spiedo la coscia del porchetto donato dai vicini di casa. Ma
il regalo comprato da lui, dal padre, dov’era? – Vieni avanti, e va su a vedere – gli disse l’uomo, indovinando il
pensiero di lui. Felle entrò, salì la scaletta di legno, e nella cameretta su, vide la madre di Lia assopita nel letto di
legno, e Lia inginocchiata davanti ad un canestro. E dentro il canestro, fra pannolini caldi, stava un bambino
appena nato, un bel bambino rosso, con due riccioli sulle tempie e gli occhi già aperti. – È il nostro primo fratellino
– mormorò Lia. – Mio padre l’ha comprato a mezzanotte precisa, mentre le campane suonavano il “Gloria”. Le sue
ossa, quindi, non si disgiungeranno mai, ed egli le ritroverà intatte, il giorno del Giudizio Universale. Ecco il dono
che Gesù ci ha fatto questa notte.»
Grazia DELEDDA, Il dono di Natale, 1930, in G. D., Le novelle, 4, La Biblioteca dell’identità de L’Unione Sarda,
Cagliari 2012
«Gli uomini disapprendono l’arte del dono. C’è qualcosa di assurdo e di incredibile nella violazione del principio di
scambio; spesso anche i bambini squadrano diffidenti il donatore, come se il regalo non fosse che un trucco per
vendere loro spazzole o sapone. In compenso si esercita la charity, la beneficenza amministrata,
che tampona programmaticamente le ferite visibili della società. Nel suo esercizio organizzato l’impulso umano
non ha più il minimo posto: anzi la donazione è necessariamente congiunta all’umiliazione, attraverso la
distribuzione, il calcolo esatto dei bisogni, in cui il beneficato viene trattato come un oggetto. Anche il dono
privato è sceso al livello di una funzione sociale, a cui si destina una certa somma del proprio bilancio,
e che si adempie di mala voglia, con una scettica valutazione dell’altro e con la minor fatica possibile. La vera
felicità del dono è tutta nell’immaginazione della felicità del destinatario: e ciò significa scegliere, impiegare
tempo, uscire dai propri binari, pensare l’altro come un soggetto: il contrario della smemoratezza. Di tutto ciò
quasi nessuno è più capace. Nel migliore dei casi uno regala ciò che desidererebbe per sé, ma di
qualità leggermente inferiore. La decadenza del dono si esprime nella penosa invenzione degli articoli da
12/27
regalo, che presuppongono già che non si sappia che cosa regalare, perché, in realtà, non si ha nessuna voglia di
farlo. Q
Titolo d’apertura del «Daily Mail» del 25 ottobre 1929. ueste merci sono irrelate come i loro acquirenti: fondi di
magazzino fin dal primo giorno.»
Theodor W. ADORNO, Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, trad. it. Einaudi, Torino 1994 (ed. originale
1951)
«La Rete di certo promuove la diffusione di una nuova cultura del dono, dello scambio reciproco (o quasi).
Possiamo percorrere strade aperte, sconfinate, che offrono nuove possibilità di stabilire contatti e anche di dare
vita a forme di aggregazione fondate sostanzialmente sul dono, ma che rimangono racchiuse in piccole nicchie,
microcosmi con cui giocare o dove si può apprendere, nei quali ci si mostra, si costruiscono e si
modificano identità, si condividono interessi, si elaborano linguaggi. Un dono costretto quindi dentro piccole
mura fatte di specchi, trasparenti, che riflettono e amplificano la luce e i legami, ma che non sempre riescono a
sopravvivere alle intemperie, agli improvvisi venti del mondo contemporaneo. E quando si spezzano, non si può
fare altro che costruire qualcosa di simile, un po’ più in là. Una delle caratteristiche della Rete è quella di dare vita
a comunità immaginate, che non sempre necessitano di relazioni tra gli individui.»
Marco AIME e Anna COSSETTA, Il dono al tempo di Internet, Einaudi, Torino 2010
«Difficilmente si diventa una persona generosa da soli: la generosità è una cosa che si impara. [...] Quando un
dono s’inserisce in una catena di reciprocità generalizzata, si lascia meno facilmente interpretare come un
fenomeno puramente individualistico e interessato. Nel caso di una reciprocità diretta, invece, la tentazione è forte
di assimilare lo scambio di doni a una variante dello scambio mercantile. [...] È così che, in un mercoledì del mese
di luglio 2007, Barbara Bunnell diventa la prima paziente nella storia a ricevere un rene all’interno di una catena di
reciprocità generalizzata. Dopo che il primo donatore regala il suo rene a Barb, Ron Bunnell, il marito di
Barb darà un suo rene ad Angela Heckman; poi la madre di Angela darà un suo rene a qualcun altro ancora, e
così via, in una catena continua che aiuterà altre sette persone.All’inizio di questa catena c’è un giovane uomo,
Matt Jones, che accetta di donare un rene “senza perché”; cioè non per salvare dalla dialisi una persona cara, ma
solo per la gioia di aiutare sconosciuti.»
Mark ANSPACH, Cosa significa ricambiare? Dono e reciprocità, in AA.VV. Cosa significa donare?, Guida , Napoli
2011
«Da una lettura sommaria e superficiale si può concludere che oggi non c’è più posto per il dono ma solo per il
mercato, lo scambio utilitaristico, addirittura possiamo dire che il dono è solo un modo per simulare gratuità e
disinteresse là dove regna invece la legge del tornaconto. In un’epoca di abbondanza e di opulenza si può
addirittura praticare l’atto del dono per comprare l’altro, per neutralizzarlo e togliergli la sua piena libertà. Si può
perfino usare il dono - pensate agli «aiuti umanitari» - per nascondere il male operante in una realtà che è la
guerra. [...] Ma c’è pure una forte banalizzazione del dono che viene depotenziato e stravolto anche se lo si
chiama «carità»: oggi si «dona» con un sms una briciola a quelli che i mass media ci indicano come soggetti lontani! -per i quali vale la pena provare emozioni... Dei rischi e delle possibili perversioni del dono noi
siamo avvertiti: il dono può essere rifiutato con atteggiamenti di violenza o nell’indifferenza distratta; il dono
può essere ricevuto senza destare gratitudine; il dono può essere sperperato: donare, infatti, è azione che richiede
di assumere un rischio. Ma il dono può anche essere pervertito, può diventare uno strumento di pressione che
incide sul destinatario, può trasformarsi in strumento di controllo, può incatenare la libertà dell’altro invece di
suscitarla. I cristiani sanno come nella storia perfino il dono di Dio, la grazia, abbia potuto e possa
essere presentato come una cattura dell’uomo, un’azione di un Dio perverso, crudele, che incute paura e infonde
sensi di colpa. Situazione dunque disperata, la nostra oggi? No! Donare è un’arte che è sempre stata difficile:
l’essere umano ne è capace perché è capace di rapporto con l’altro, ma resta vero che questo «donare se stessi»
- perché di questo si tratta, non solo di dare ciò che si ha, ciò che si possiede, ma di dare ciò che si è - richiede
una convinzione profonda nei confronti dell’altro. Donare significa per definizione consegnare un bene nelle mani
di un altro senza ricevere in cambio alcunché. Bastano queste poche parole per distinguere il «donare» dal
«dare», perché nel dare c’è la vendita, lo scambio, il prestito. Nel donare c’è un soggetto, il donatore, che nella
libertà, non costretto, e per generosità, per amore, fa un dono all’altro, indipendentemente dalla risposta di questo.
Potrà darsi che il destinatario risponda al donatore e si inneschi un rapporto reciproco, ma può anche darsi che
il dono non sia accolto o non susciti alcuna reazione di gratitudine. Donare appare dunque un movimento
asimmetrico che nasce da spontaneità e libertà.»
Enzo BIANCHI, Dono. Senza reciprocità – Festival filosofia – Carpi, 16/09/2012 – http://www.vita.it/nonprofit/volontariato
13/27
2. AMBITO SOCIO- ECONOMICO
Argomento: Cultura d’impresa, responsabilità sociale e Made in Italy.
DOCUMENTI
Cultura d’impresa: se ne parla, ma pochi sanno che cosa sia.
«Cosa vuole dire cultura d’impresa nel nostro Paese? A che punto è diffusa tra i principali attori economici, nella
classe dirigente, nella società civile? Quali i vantaggi e gli ostacoli per una corretta e proficua cultura d’impresa
nell’Italia di oggi? Capire quale sia la percezione e la considerazione che gli imprenditori hanno del fare impresa,
del suo valore e del suo ruolo nella società e conoscere come l’azienda e la sua cultura vengano percepite
dall’opinione pubblica sono stati gli obiettivi di una ricerca Gfk Eurisko presentata a Milano nel corso di una tavola
rotonda presso la sede del Sole 24 Ore. L’indagine, commissionata da Confindustria e articolata su un campione
di associati, di piccoli e medi imprenditori e di cittadini non operanti nel settore, ha evidenziato come la cultura
d’impresa sia ritenuta fondamentale per la maggioranza della classe dirigente industriale, anche se non molto
presente nell’immaginario dei cittadini (solo il 38% sa di cosa si parla, e il 43% dei piccoli e medi imprenditori). [...]
Ma cosa si intende esattamente con questo termine? Per la maggior parte degli imprenditori significa creatività,
innovazione e responsabilità, capacità di integrarsi in modo consapevole nel sistema economico-sociale, capacità
di farsi carico di obiettivi altri oltre al profitto; per la maggior parte della società civile, invece, cultura d’impresa ha
soprattutto un rapporto con l’onestà, la trasparenza, la responsabilità. Le risorse che fanno crescere questa cultura
sono le persone, la ricerca e l’innovazione (per gli imprenditori), la passione e le motivazioni per la maggior parte
dei cittadini. [...] Dall’analisi Eurisko emerge la convinzione che la cultura d’impresa debba concentrarsi sullo
sviluppo dell’azienda, del territorio in cui opera e del Paese più in generale, contribuendo a stimolare il mercato del
lavoro e le risorse umane, creando un circolo virtuoso al servizio di clienti e consumatori. Un’impresa rivolta al
futuro quindi, quella che emerge nelle aspirazioni degli intervistati, rivolta verso il massimo risultato, verso una
nuova mentalità e nuove politiche culturali per le imprese. Il ruolo del “made in Italy”, in questo senso, viene [...]
ridimensionato: non può servire più come alibi per non confrontarsi con una corretta cultura d’impresa e con le
sfide che provengono dai mercati internazionali.
In sintesi, comunicare meglio e valorizzare al massimo l’identità delle imprese e i suoi valori; fare al meglio il
proprio lavoro quotidiano, puntare su giovani, università e coinvolgimento all’interno della società civile. Sembra
questa la ricetta per le aziende di nuova generazione.»
MASSIMO DONADDIO, 9/03/2007
da http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2007/03/cultura-impresa.
«Nello sconsolato mondo moderno, insidiato dal disordinato contrasto di massicci e spesso accecati interessi,
corrotto dalla disumana volontà e vanità del potere, dal dominio dell’uomo sull’uomo minacciato di perdere il senso
e la luce dei valori dello spirito, il posto dei lavoratori è uno, segnato in modo inequivocabile. Noi crediamo che, sul
piano sociale e politico, spetti a voi un compito insostituibile, e di fondamentale importanza. Le classi lavoratrici,
più che ogni altro ceto sociale, sono i rappresentanti autentici di un insopprimibile valore: la giustizia, e incarnano
questo sentimento con slancio talora drammatico e sempre generoso; d’altro lato gli uomini di cultura, gli esperti di
ogni attività scientifica e tecnica, esprimono attraverso la loro tenace ricerca, valori ugualmente universali,
nell’ordine della verità e della scienza. Siete voi lavoratori delle fabbriche e dei campi ed ingegneri ed architetti
che, dando vita al mondo moderno, al mondo del lavoro dell’uomo e della sua città, plasmate nella viva realtà gli
ideali che ognuno porta nel cuore: armonia, ordine, bellezza, pace; [...].»
DISCORSO DI ADRIANO OLIVETTI ALLE MAESTRANZE DELLA SOCIETÀ, Ivrea, 24 dicembre 1955 (cit. da W.
Passerini - M. Rotondi, Wellness organizzativo. Benessere e capitale umano nella Nice Company, Franco Angeli,
Milano 2011
Al via la Settimana della cultura d’impresa: viaggio nella creatività industriale del made in Italy.
«Dalla Vespa Piaggio al cappello di Borsalino, dalla Giulia Alfa Romeo alla “rossa” Ferrari di Maranello. Sono solo
alcuni dei tanti oggetti e prodotti del made in Italy che sono entrati nel nostro immaginario collettivo: simboli della
quotidianità e del fare, ormai assurti nell’alveo della memoria storica. Come ad esempio, la bottiglietta Campari,
disegnata nel 1932 da Fortunato Depero, oppure la Cupola, la celebre caffettiera che Aldo Rossi, nel 1988,
progettò per Alessi. Un patrimonio unico di cultura industriale, custodito nei numerosi musei e negli archivi storici
delle aziende, che a partire da lunedì 19 novembre potrà essere visitato, riletto e ripercorso. È dunque una fullimmersion nella creatività imprenditoriale italiana, quella proposta dalla “Settimana della cultura d’impresa”, che si
apre domani in dieci città italiane. Si tratta della undicesima edizione, dedicata quest’anno alla "cultura del
cambiamento". E sarà un vero e proprio viaggio nel patrimonio culturale delle imprese, che prevede mostre, letture
teatrali, visite guidate, rassegne cinematografiche, workshop, convegni e dibattiti sul territorio. I capoluoghi
coinvolti sono Milano, Torino, Venezia, Verona, Firenze, Roma, Napoli, accanto a città storiche e distretti
dell’impresa italiana come Bergamo, Biella e Pontedera.»
S. SPERANDIO da “Il Sole 24 Ore” del 17.11.2012
14/27
3. AMBITO STORICO- POLITICO
Argomento: Gli STATI UNITI negli anni ’20 e ‘30
DOSSIER
Margareth Bourke White (1904-1971) tra il 1930 e il
1937 attraversò l’America per fotografare la realtà
del popolo americano alle prese con la “grande
depressione”. Nella foto, in basso, sotto ad un
grande cartellone, è ritratta una lunga fila di
disoccupati (in questo caso uomini e donne di colore)
in attesa di ottenere un sussidio o un lavoro.
Titolo d’apertura del «Daily Mail» del 25 ottobre 1929.
In America alla fine degli anni ’20 circolava
un’automobile ogni 5 abitanti.
Titolo d’apertura del «Daily Mail» del 25 ottobre 1929.
15/27
Un poster pubblicizza l'adesione al sistema di sicurezza sociale istituito durante il secondo New Deal (19351938)
TVA-Sigla della Tennessee Valley Authority, costituita nel 1933, nel quadro della politica rooseveltiana del
New deal, e primo caso di ente con poteri non limitati ai singoli Stati ma estesi a un’ampia zona (il bacino del
Tennessee) per compiere un complesso di opere nell’interesse comune. In particolare, oltre al Tennesse
furono interessati Carolina del Nord, Virginia, Georgia, Alabama, Mississippi e Kentucky. Come prima attività
la TVA si dedicò alla regolazione del corso del fiume mediante la costruzione di una serie di grandi dighe,
con il triplice scopo d’impedire le inondazioni, di creare una grande arteria di navigazione e di ottenere
produzione di energia elettrica. Le opere realizzate e l’enorme disponibilità di energia favorirono in modo
determinante lo sviluppo economico della regione. L’attività della TVA fu tuttavia sin dall’inizio osteggiata sia
sotto l’aspetto della sua costituzionalità, sia per gli interessi economici da essa colpiti. Esperimenti economici
analoghi non trovarono seguito negli USA, ma ispirarono diversi progetti in altri paesi.
(<treccani.it>)
inflazione e deflazione
I prezzi aumentano e, talvolta, diminuiscono.
L'inflazione indica il fenomeno per il quale col passare del tempo i prezzi di acquisto dei prodotti e dei servizi
tendono in genere ad aumentare. Tuttavia, in alcuni periodi si può verificare una riduzione dei prezzi, definita
deflazione. Particolare attenzione viene rivolta da parte degli economisti ai fenomeni di inflazione e
deflazione per comprendere le cause ed elaborare interventi che permettano di controllarli e di valutarne gli
effetti sull'economia.
(<treccani.it>)
4. AMBITO TECNICO - SCIENTIFICO
Argomento: Tecnologia pervasiva.
DOCUMENTI
«Anche la Silicon Valley ha la sua religione. E potrebbe presto diventare il paradigma dominante tra i vertici
e gli addetti ai lavori della culla dell’innovazione contemporanea. È il «transumanismo» e si può definire,
scrive il saggista Roberto Manzocco in “Esseri Umani 2.0” (Springer, pp. 354), come «un sistema coerente di
fantasie razionali parascientifiche», su cui la scienza cioè non può ancora pronunciarsi, «che fungono da
risposta laica alle aspirazioni escatologiche delle religioni tradizionali». Per convincersene basta scorrerne i
capisaldi: il potenziamento delle nostre capacità fisiche e psichiche; l’eliminazione di ogni forma di
sofferenza; la sconfitta dell’invecchiamento e della morte. Ciò che piace ai geek della Valley è che questi
grandiosi progetti di superamento dell’umano nel “post-umano” si devono, e possono, realizzare tramite la
tecnologia. E tecniche, la cui fattibilità è ancora tutta da scoprire, come il “mind uploading”, ossia il
trasferimento della coscienza su supporti non biologici, e le “nanomacchine”, robot grandi come virus in
grado di riparare le cellule cancerose o i danni da malattia degenerativa direttamente a livello molecolare.»
Fabio CHIUSI, TRANS UMANO la trionferà, “l’Espresso” – 6 febbraio 2014
«Lord Martin Rees, docente di Astrofisica all’Università di Cambridge e astronomo della Regina, la vede un
po’ diversamente: i robot sono utili per lavorare in ambienti proibitivi per l’uomo – piattaforme petrolifere in
fiamme, miniere semidistrutte da un crollo, centrali in avaria che perdono sostanze radioattive – oltre che per
svolgere mestieri ripetitivi. Ma devono restare al livello di «utili idioti: la loro intelligenza artificiale va limitata,
non devono poter svolgere mestieri intellettuali complessi». L’astronomo della Corte d’Inghilterra, occhi rivolti
più alle glorie del passato che alle speranze e alle incognite di un futuro comunque problematico, propone
una ricetta che sa di luddismo. Una ricetta anacronistica ed estrema che si spiega con l’angoscia che prende
molti di noi davanti alla rapidità con la quale la civiltà dei robot – della quale abbiamo favoleggiato per
decenni e che sembrava destinata a restare nei libri di fantascienza – sta entrando nelle nostre vite. Che i
robot stiano uscendo dalle fabbriche lo sappiamo da tempo: il bancomat è un bancario trasformato in
macchina, in servizio notte e giorno. In molti supermercati il cassiere non c’è più, sostituito da sensori, lettori
di codici a barre, sistemi di pagamento automatizzati. In Giappone e Francia si moltiplicano treni e
metropolitane guidate da un computer (è così la nuova Linea 5 della metropolitana di Milano), così come tutti
i convogli che si muovono all’interno dei grandi aeroporti del mondo sono, ormai, senza conducente.»
Massimo GAGGI, E il robot prepara cocktail e fa la guerra, “Corriere della Sera. la Lettura” – 26 gennaio
2014
«Per molto tempo al centro dell’attenzione sono state le tecnologie e gli interrogativi che si portano dietro:
«Meglio i tablet o i netbook?», «Android, iOs o Windows?», seguiti da domande sempre più dettagliate
«Quanto costano, come si usano, quali app…». Intanto i docenti hanno visto le classi invase da Lim,
proiettori interattivi, pc, registri elettronici o tablet, senza riuscire a comprendere quale ruolo avrebbero
dovuto assumere, soprattutto di fronte a ragazzi tecnologicamente avanzati che li guardavano con grandi
speranze e aspettative. Per gli studenti si apre una grande opportunità: finalmente nessuno proibisce più di
andare in internet, di comunicare tramite chat, di prendere appunti in quaderni digitali o leggere libri
elettronici.»
Dianora BARDI, La tecnologia da sola non fa scuola, “Il Sole 24 ORE. nòva” – 12 gennaio 2014
«Passando dal tempo che ritorna al tempo che invecchia, dal tempo ciclico della natura regolato dal sigillo
della necessità al tempo progettuale della tecnica percorso dal desiderio e dall’intenzione dell’uomo, la storia
subisce un sussulto. Non più decadenza da una mitica età dell’oro, ma progresso verso un avvenire senza
meta. La progettualità tecnica, infatti, dice avanzamento ma non senso della storia. La contrazione tra
“recente passato” e “immediato futuro”, in cui si raccoglie il suo operare, non concede di scorgere fini ultimi,
ma solo progressi nell’ordine del proprio potenziamento. Null’altro, infatti, vuole la tecnica se non la propria
crescita, un semplice “sì” a se stessa. L’orizzonte si spoglia dei suoi confini. Inizio e fine non si congiungono
più come nel ciclo del tempo, e neppure si dilatano come nel senso del tempo. Le mitologie perdono la loro
forza persuasiva. Tecnica vuol dire, da subito, congedo dagli dèi.»
Umberto GALIMBERTI, Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica, Feltrinelli, Milano 2002
TIPOLOGIA C: TEMA DI ARGOMENTO STORICO
Il candidato analizzi il contesto socio-politico, le dinamiche di “attrazione” e mantenimento del consenso che
resero possibile l’ascesa politica di Mussolini e le sue peculiari modalità di acquisizione e gestione del potere
TIPOLOGIA D - TEMA DI ORDINE GENERALE
«Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e
sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione.
Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che
lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee.
[…] Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio,
ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. […] Spesso alla parola “periferia” si
associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande
scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?»
Renzo PIANO, Il rammendo delle periferie, “Il Sole 24 ORE” del 26 gennaio 2014
Rifletti criticamente su questa posizione di Renzo Piano, articolando in modo motivato le tue considerazioni e
convinzioni al riguardo.
SIMULAZIONE 3a PROVA N. 1
SISTEMI
1) In sistema in retroazione negativa è formato dai seguenti componenti:
Regolatore : 106/(s+1000); attuatore 7500/(s+ 2500); sistema oggetto 100/(s+10);trasduttore 0,1
Valutare la stabilità del sistema
2) Se la fdt di un sld ha un denominatore che presenta poli multipli, cosa è possibile dire riguardo la sua
stabilità?
3) si ha un sistema oggetto 100/(s+10), calcola il suo tempo di regime a un gradino di ingresso.
Successivamente inseriscilo In un sistema a retroazione negativa con blocco di ritorno ķ=5 e ricalcola il
tempo di regime. Riporta le tue osservazioni sui risultati.
MATEMATICA
1) Equazione differenziale di Bernoulli: spiega come si presenta e quali sono i passi per risolverla. (Puoi
aiutarti anche con un esempio)
2) Dopo avere dato la definizione di equazione differenziale risolvere
evidenziando che tipo di equazione è e quali procedimenti di risoluzione occorre utilizzare.
3) Determina le soluzioni particolari dell’equazione differenziale del secondo ordine:
y ''+ 4 y ' + 4 y=0
y ( −1 ) =−3 e 2
y ' ( −1 )=10 e2
INGLESE
1) Speak about the use and functioning of a transformer.
2) Introduce a power plant using a renewable source of energy and explain its functioning.
3) What can you say about the European Council and the Council of Ministers?
E’ consentito l’uso del dizionario monolingue.
T.P.S.
1) Indicare come possono essere attivate le uscite di un PLC Siemens S7 e in che cosa si differenziano le
soluzioni riportate.
2) Si abbia una linea di distribuzione trifase che alimenta un piccolo reparto di montaggio industriale, in
partenza da un quadro secondario. Riportare i criteri di scelta delle caratteristiche fondamentali di un
interruttore automatico posto a protezione della linea stessa.
3) Riportare nello spazio sottostante , in linguaggio KOP, l’attivazione dell’uscita Q0.2, mediante un
temporizzatore di tipo TON, dopo un tempo di 25 secondi dall’istante in cui sia presente all’ingresso I0.1 il
segnale fornito da un finecorsa meccanico.
SIMULAZIONE 3a PROVA N. 2
INGLESE
1) Can you give a general description of motors, also considering electromagnetism?
2) Can you give a definition of renewable sources, also giving practical examples?
3) What are the fundamental advantages of a single EU market?
ELETTROTECNICA
1) Di un motore asincrono trifase la caratteristica meccanica, cosa rappresenta? Indica il tratto di stabilità e
spiegane il perché
2) Disegna lo schema del circuito equivalente del motore asincrono trifase
3) Quali parametri si individuano nella prova a vuoto? E quali sono lo schema elettrico e le condizioni per
procedere alla prova?
SISTEMI AUTOMATICI
1) Se G(s)=1/(s-4) e H(s) =10, determina la stabilità del sistema ad anello aperto ed anello chiuso
2) Quali sono e a cosa servono i principali componenti di un sistema retroazionato?
3) Come è possibile valutare la stabilità di un generico sistema lineare differenziale?
MATEMATICA
1) Risolvere il seguente problema di Cauchy spiegando quali sono i procedimenti di risoluzione
che occorre utilizzare.
x+ 1
y
y ( 0 ) =2
y'=
2) Data una funzione y=f(x) definita e continua in un intervallo a,b, esprimere come si determina l’area del
trapezoide limitato dal grafico della funzione, l’asse delle x e le rette di equazione x=a, x=b
e nel caso in cui:
La funzione sia sempre positiva
La funzione sia sempre negativa
La funzione intersechi l’asse delle x in un punto di ascissa c.
3) Rappresentare graficamente i tre casi e calcolare l’area della parte di piano compresa tra il grafico della
curva di equazione y=-x2 + 4 e l’asse delle ascisse nell’intervallo -3;3 .
Dai la definizione di
1) equazione differenziale ;
2) integrale generale e particolare;
3) curva integrale
SIMULAZIONE 3a PROVA N. 3
INGLESE
1) What can you say about electronic components?
2) What are the most important steps in the history of the European Union?
3) What is the computer hardware? Mention the different components.
TPS
1) In riferimento ad una linea generica, che fa parte di un sistema TN-S, e che alimenta un carico trifase,
realizzata in conduttori isolati in PVC, indicare le grandezze che si devono conoscere per dimensionare
opportunamente l’interruttore automatico di protezione della linea stessa. Riportare le relazioni da verificare
anche per il calcolo della caduta di tensione in fondo alla linea.
2) Disegnare l’andamento della curva di intervento di un interruttore automatico magnetotermico,
indicandone i punti e illustrando le caratteristiche fondamentali.
3) Riportare nello spazio sottostante , la traduzione in linguaggio KOP del diagramma grafcet riportato,
comprensivo delle attivazioni delle uscite.
2
Q2-H2-H5
S1*B1
3
Q1-H1
S4*S6
4
Q3-H2-H1
SISTEMI
1) Verificare la stabilità di un sistema retroazionato negativamente in base al diagramma della Fol(s)
riportato. (fase linea ----)
2) Calcolare l’errore permanente al segnale I(t)= [400+ 250 t] *u(t) del s.r.n. avente G(s)= 1000/((s+5)(s+0,1))
e H(s)= 15/s.
3) Come è possibile diminuire l’errore permanente e quali effetti comporta sulla stabilità di un s.r.n.
MATEMATICA
1) Esponi il metodo per risolvere una equazione differenziale del secondo ordine del tipo
y ''+by'+cy=s ( x ) e αx
.
2) Determinare il dominio della seguente funzione di due variabili e rappresentarlo graficamente:
z= ln ( 4−x 2 − y 2 )
3) Risolvere il seguente integrale indefinito, spiegando i procedimenti adottati:
3 x+ 1
∫ x 2+1 dx=
.
SIMULAZIONE 3a PROVA N. 4
STORIA
1) Presenta le caratteristiche della cosiddetta “battaglia dell’Atlantico”.
2) Quali furono i protagonisti, le cause, i contenuti, le conseguenze, e quando si concluse la
politica dell’appeasement?
3) Illustra la guerra civile spagnola analizzandone sia le implicazioni nazionali che quelle
internazionali
TPS
1) Dovendo rifasare una generica linea trifase, riportare,commentata, la relazione che determina la
potenza reattiva di rifasamento e spiegare come vanno collegate tra di loro le capacità per ottenere
il valore desiderato.
2) Indicare quali sono i vari tipi di rifasamento e le loro caratteristiche principali.
3) Ad una certa fase di una automazione industriale, corrispondente al passo P8, un motore
asincrono viene avviato dopo 10 s dall’istante in cui si è avuta l’attivazione di un contatore C1 che
ha contato 5 eventi generati da un generico contatto in ingresso. Il contatore sia resettato dall’avvio
del motore. Riportare nello spazio sottostante , la traduzione in linguaggio KOP, dell’attivazione del
temporizzatore K1 e del contatore e il grafcet relativo ai due passi necessari. (non considerare
nessun altro elemento ad es. pulsanti di arresto, relè termici ecc…)
SISTEMI
1) Per controllare la velocità di un motore DC (sistema oggetto) (Te=3ms, Tm=20ms, guadagno
statico=7,7) si utilizzano i seguenti componenti : dinamo tachimetrica (trasduttore) (0.095 V/rad/s),
regolatore(0,33), attuatore DC/DC in tecnica PWM (49,2). Calcola l’errore permanente
supponendo che il srn. sia pilotato con una tensione di 15 V, disegna lo schema del s.r..n. e riporta
il valore dei vari segnali nello stesso.
2) Spiegare i vantaggi della retroazione negativa sulla risposta di un sistema lineare.
3) Calcola l’effetto di un disturbo costante di ampiezza 0,5 che entra nel sistema del primo
esercizio prima del trasduttore.
MATEMATICA
1) Enunciare e dimostrare il Teorema di Torricelli.
2) Determinare i punti di massimo, minimo o sella della funzione
3) Risolvi il seguente problema di Cauchy
y'+xy−2 x= 0
y ( 0 )=−1
z=6 x 3 + 18 xy+y 2
Griglia per la valutazione della prima prova scritta – Classe 5ª
TIPOLOGIA A: Analisi testuale
Criteri
Punteggio
15
Comprensione del testo
Analisi
Completa e
approfondita
12-11
Esauriente
Più che
sufficiente
Completa e
accurata
Abbastanza
precisa
Completo e
approfondito
Adeguato, ma
non sempre
approfondito
Coerente ed
efficace
Organica
Corretta e
precisa
Lessico
pertinente e
ampio
Inquadramento
storico-letterario
14-13
Approfondimenti
9-7
6-2
Sufficiente, ma con
alcune
Incompleta
Gravemente
incompleta
Superficiale
Molto
superficiale
inesattezze
Abbastanza
adeguata,
Adeguata, con
qualche
incertezza
anche se a volte
imprecisa
Sufficientement
e
Proprietà e varietà
lessicale
Vago
Piuttosto
schematico
e/o errato
Discretamente
articolata
Ordinata, ma poco
articolata
Spesso
disordinata e
frammentaria
Molto
disordinata e
incoerente
Chiara e
lineare
Nel complesso
corretta
Chiara, ma con
alcuni errori
Con frequenti
errori
Molto scorretta
Appropriato
Elementare, ma
sostanzialmente
corretto
Elementare e/o con
alcune inesattezze
Povero e
trascurato
Improprio e/o
ripetitivo
sviluppato
discorso
Forma
(nullo)
Essenziale
Struttura
del
1
10
voto
Altri elementi da valorizzare: valutazioni critiche.
Note
23/27
TIPOLOGIA B: Saggio Breve
Criteri
Punteggio
15
14-13
12-11
10
9-7
6-2
1(null
o)
Sviluppo critico delle questioni proposte e costruzione di un discorso organico e coerente
Rispetto delle consegne
(tipologia testuale)
Completo ed
efficace
Soddisfacente
Abbastanza
adeguato
Sostanziale
Incompleto
Utilizzazione della
documentazione
Molto ampia
e precisa
Pertinente
Accettabile
Limitata
Molto limitata
Evidente e
ben
formulata
Evidente
Abbastanza
evidente
Sufficientemente
riconoscibile
Appena
accennata
Abbastanza
sviluppata
Essenziale
Schematica e
poco organica
Individuazione
Tesi
Gravemente
incompleto
Scorretta /
Inesistente
Non espressa
Superficiale/
Presentazione
dell’argomento/
Articolata e Adeguatamente
approfondita
sviluppata
o/Argomentazione
Rigorosa ed
efficace
Valida e
coerente
Nel complesso
articolata
Sufficientemente
articolata
Poco individuabile
Struttura discorso
Coerente
Organica e
scorrevole
Ordinata
Ordinata, ma con
qualche
incongruenza
Spesso
incoerente
Disordinata/
Poco coerente
Confusa/
contraddittoria
Incoerente
Correttezza e proprietà nell’uso della lingua
Forma
Corretta e
precisa
Chiara e lineare
Nel complesso
corretta
Chiara, ma con
alcuni errori
Scorretta
Molto scorretta
Lessico
Pertinente e
ampio
Appropriato
Elementare, ma
sostanzialmente
corretto
Elementare e/o con
qualche inesattezza
Povero e
trascurato
Improprio e/o
ripetitivo
Medi
a
Voto
Altri elementi da valorizzare: apporto personale, linguaggio efficace.
Firme
24/27
valutazione
TIPOLOGIA B: Articolo di giornale
Criteri
Punteggio
15
14-13
12-11
10
9-7
6-2
1(nullo)
Sviluppo critico delle questioni proposte e costruzione di un discorso organico e coerente
Rispetto delle consegne
(tipologia testuale)
Completo ed
adeguato
Utilizzazione della
documentazione
Molto ampia
e precisa
Pertinente
Individuazione tesi
Evidente e
ben formulata
Ricca e
approfondita
Presentazione dell’argomento
Soddisfacen Abbastanza
te
adeguato
Sostanziale
Incompleto
Inesistente
Abbastanza
adeguata
Limitata
Molto limitata
Evidente
Riconoscibil
e
Per lo più
riconoscibile
Appena
accennata
Non espressa
Ampia
Discretame
nte
strutturata
Accettabile
Modesta
Scadente
Scorretta /
Inesistente
Correttezza e proprietà nell’uso della lingua
Forma
Corretta e
precisa
Chiara e
lineare
Nel
complesso
corretta
Chiara, con
alcuni errori
Scorretta
Molto
scorretta
Appropriato
Abbastanza
appropriato
Elementare
e/o con
qualche
inesattezza
Povero e
trascurato
Improprio e/o
ripetitivo
Lessico
Ampio ed
efficace
Medie
Voto
Altri elementi da valorizzare: efficacia comunicativa, linguaggio giornalistico.
Firme
Note:
----------------------------------------------------------
25/27
valutazione
TIPOLOGIE C e D: Tema
Criteri
Punteggio
15
14-13
12-11
10
9-7
6-2
Molte imprecisioni
Scorretta/
Molto limitata
inesistente
1
(nullo)
Conoscenze relative all’argomento
Informazione
Esauriente
Ampia
Più che
sufficiente
Sufficiente
Sviluppo critico delle questioni e costruzione di un discorso organico e coerente
Aderenza
Traccia
Sviluppo dei contenuti
Struttura
Discorso
Completa
Adeguata
Abbastanza
adeguata
Sostanziale
Approfondit
o
Ampio
Abbastanza
esauriente
Accettabile
Coerente
organica
Ordin Sufficienteme
ata
nte ordinata
Superficiale/
incompleta
Fuori
tema/scarsa
Carente
Mediocre
Talvolta
incoerente
Disordinata/
incoerente
Correttezza e proprietà nell’uso della lingua
Forma
Corretta
Nel complesso
corretta
Chiara
Lessico
Pertinente
e ampio
Appropriato
Semplice, ma
corretto
Chiara, ma
con alcuni
errori
Elementare
e/o
con alcune
inesattezze
Con frequenti
errori
Molto scorretta
Povero e
trascurato
Improprio e/o
ripetitivo
Media
Voto
Altri elementi da valorizzare: originalità, personalizzazione.
Firme
26/27
valutazi
one
Griglia di valutazione per la terza prova
Domande a risposta singola (tipologia B). Ogni docente può operare una scelta tra i possibili elementi di giudizio inseriti nella seguente griglia per costruirne una adeguata
ai quesiti da valutare.
27/27