L`eccesso di cucina rende debole l`impresa
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L`eccesso di cucina rende debole l`impresa
L’eccesso di cucina rende debole l’impresa Nulla di nuovo sotto il sole, almeno sotto il sole di questi due ultimi anni. La crisi della ristorazione di qualità è risaputa, ben fotografata dalle ricerche delle Fipe nello scorso marzo: nel triennio 07/09 -15,7% di coperti, -25% di occupati, -10% di fatturato nei locali a scontrino sopra i 100 euro. Ora si aggiunge un certosino lavoro dell’Accademia Italiana della Cucina, illustrato nell’articolo qui a fianco, che facendo due conti sulla struttura delle attività individua squilibri d’impresa e falle da s.o.s. Il libro scritto a quattro mani dal presidente dell’Accademia Giovanni Ballarini e dal direttore del Centro studi dell’istituzione Paolo Petroni - “Tradizione e innovazione” - avrebbe prevalentemente lo scopo di stabilire l’aspetto evolutivo della cucina italiana. Ma per non parlare dei massimi sistemi, il volume riporta le risposte a un questionario di una ventina di chef, affiancandole a un’ampia schedatura tecnica (coperti, personale, scontrini ecc). Di questa parte del lavoro Ristoranti enfatizza i dati economici, perché la notizia sta in quei numeri. E i numeri dicono che c’è un rischioso eccesso di cucina, segno di pratiche squisitamente d’autore. Non è certo una colpa, il vertice della cucina italiana ha tutta la mia stima. Semmai occorre impegnarsi perché non si estingua e che trovi nuove ragioni d’essere anche nella “decrescita”. C’è bisogno di ristoranti leader. Ma vivi e sani! Antonio Mungai Tips Un’indagine dell’Accademia della Cucina evidenzia gli squilibri dei nostri migliori locali. Individuata la malattia. Non ancora la cura. Antonio Melis E ducato, come si conviene a chi per professione accoglie nei suoi locali la classe dirigente, lo scambio d’opinioni raccolto tra il fior fiore della ristorazione nazionale dall’Accademia italiana della cucina. Tema “Tradizione e innovazione”, l’ultimo volume pubblicato dall’Aic che contiene anche un’indagine sul fare impresa, inedita e corroborata da approfondite interviste a 20 star chef, considerati un campione rappresentativo della tavola di maggior pregio. Sulle prospettive i dubbi sono forti: «Non so dove si stia andando. Tante copiature di cineserie varie», sostiene Romano Tamani, l’Ambasciata. «I giovani vivono un momento di confusione: si cucina per scena e per meravigliare», Alfonso ed Ernesto Iaccarino, Don Alfonso 1890. «Il filo unificante della cucina italiana è la diversità. Dobbiamo opporci alla pressante volontà di omologazione», Massimiliano Alajmo, Le Calandre. «La ristorazione italiana attraversa un periodo d’incertezza, ristoranti a discapito del suo valore», Luisa Valazza, Al Sorriso. A togliersi i guanti è tuttavia Philippe Léveillé, del Miramonti l’Altro, che usa le parole come una frusta per esprimere la sua opinione che mira dritto al cuore del problema affrontato dagli chef-imprenditori di questi tempi: «Il periodo è di grave difficoltà. La crisi economica ha colpito anche questo settore, il che rende più difficile la ricerca, la sperimentazione e la selezione della materia prima». Il lusso scricchiola Duro quindi a sentir lui, ma anche osservando le tabelle elaborate dai curatori della ricerca, Giovanni Ballarini e Paolo Petroni, far quadrare i conti di locali dove, per garantire qualità e servizio ineccepibili, il rapporto tra coperti e addetti è bassissimo. E costosissimo. All’Ambasciata per 60 potenziali clienti vi sono nove addetti, con rapporto 6,7 ma alla Pergo- 10 Il volume appena stampato dall’Aic nella Collana di cultura gastronomica. imprese del gusto REDDITIVITà Coperti Costo medio PErsonale (no vini) cucina e sala rapporto tra personale e coperti INCASSO TEORICO A SALA PIENA (€) INCASSO TEORICO PER ADDETTO (€) INCASSO TEORICO PER ADDETTO DI SALA (€) 40 140-160 6-5 Al Sorriso 3,6 6.400 582 1.280 60 120-150 12-9 Cracco 2,9 9.000 429 1.000 35-40 120-130 9-6 Il Luogo di Aimo e Nadia 2,7 5.200 347 867 50 110 8-5 Miramonti l’Altro 3,8 5.500 423 1.100 40-60 130-160 5-4 Ambasciata 6,7 9.600 1067 2.400 28 110-180 10-7 Dal Pescatore-Santini 1,8 5.040 315 720 35 200 15-6 Le Calandre 1,7 7.000 333 1.167 38 130-150 10-6 Perbellini 2,4 5.700 356 950 35 90-145 10-6 Osteria La Francescana 2,2 5.075 317 846 40-50 150-160 12-8 San Domenico 2,5 8.000 400 1.000 60 90-130 11-6 La Frasca 3,5 7.800 459 1.300 60 225-300 18-18 Enoteca Pinchiorri 1,7 18.000 500 1.000 24 120-145 7-4 Caino 2,2 3.480 316 870 45 110-130 9-8 Madonnina del Pescatore 2,6 5.850 344 731 55 175-200 18-18 La Pergola 1,5 11.000 306 611 50 120-155 20-12 Don Alfonso 1890 1,6 7.750 242 646 35 85-100 6-6 Taverna del Capitano 2,9 3.500 292 583 50 50-60 8-5 La Locanda di Alìa 3,8 3.000 231 600 33 120 12-6 Duomo 1,8 3.960 220 660 MEDIA 2,4 6.833 360 965 Nelle prime tre colonne, i dati di base dei ristoranti coinvolti nell’indagine dell’Aic. I maggiori scostamenti si no- tano nel costo medio e nel numero di personale coinvolto. Ma sono i rapporti personale/coperti e quelli tra incasso teorico la si crolla a 1,5 (55 coperti e 36 addetti), un dato che l’Enoteca Pinchiorri migliora di poco a 1,7 mentre un bel gruppone di centro si colloca tra 2,2 e 3,8, per una media complessiva di 2,4 considerata ottimale per i curatori dell’indagine. Ottimale per rimanere su quegli standard elevatissimi; in linea, si legge nelle pagine dedicate al prezzo di una cena, con “la media europea dei grandi ristoranti che in Francia costano anche molto di più: la qualità, la cantina, l’ambiente, il servizio hanno costi molto elevati che poi si riflettono sul conto al cliente”. Gli stessi autori, correttamente, fanno notare la distanza enorme che separa queste imprese dai “ristorantoni da camionisti” dove vi sono “stanzoni con tavoli apparecchiati per decine se non per centinaia di persone e 3 o 4 camerieri che corrono affannati portando 4 piatti a testa”. Incasso teorico Ma i ristoranti elitari possono continuare così? Dipenderà dall’evolvere della situazione economica e dalla sua capacità di generare reddito da spendere appunto presso di loro che hanno costi per ricerca e sperimentazione molto alti privilegiando ingredienti e materie prime d’alta gamma. E tutto ciò mentre nei “ristorantoni” (dove il rapporto coperti/addetti può schizzare al livello di uno a 15 e talvolta a 20), l’innovazione è pressoché nulla visto il prolife- e personale (noi abbiamo aggiunto anche quello per addetti di sala) a far suonare un campanello d’allarme. Anche se l’eserci- zio dell’indagine Aic è puramente teorico, partendo dall’assunto della sala piena (per un turno di servizio), rivela luci e ombre rare di bolliti misti, pasta e fagioli e spaghetti all’amatriciana, con tutto il rispetto per i sapori forti di una volta. Anche se, ci sarebbe da aggiungere, il “piatto simbolo” riportato nella scheda dedicata a ciascun ristorante top coinvolto nello studio targato Aic fa inarcare qualche sopracciglio per come viene definito: quello della Madonnina del Pescatore è la “scatoletta di pesce gusto Simmenthal”, quello di Cracco semplicemente “l’uovo”, mentre quello di Perbellini è un roboante “wafer al sesamo con tartare di branzino, caprino all’erba cipollina e liquirizia”. Interessanti anche i confronti esposti in tabelle molto chiare sull’incasso teorico del campione a sala piena e sempre quello teorico ma per addetto. Nel primo caso Pinchiorri svetta su tutti con 18mila euro, mentre nell’altra a primeggiare è l’Ambasciata, con oltre mille euro per addetto grazie alla limitata quantità di personale rispetto agli altri (la celebre enoteca fiorentina in questa classifica si ferma a 500 euro). Tendenza irreversibile? Tra le opinioni libere e spontanee che gli intervistati dall’Aic hanno espresso ve ne sono alcune che fanno intendere bene l’aspetto dei costi considerando che in certi casi una cena da loro può costare oltre 300 euro vini esclusi (Pinchiorri torna qui a primeggiare, mentre con la Locanda di Alìa si scende a 60 per una media 11 dell’impresa dell’alta ristorazione. La sfida sarà quella di riequilibrare i rapporti senza cedere sulla qualità complessiva. del campione di 150 euro). Ecco dunque alcune autodefinizioni a proposito della propria cucina: “Il lusso della semplicità”, “La ricerca del dettaglio”, “L’esasperazione della qualità”. C’è insomma un futuro per l’Olimpo della ristorazione nazionale? La tendenza apparentemente irreversibile almeno nel medio periodo indicante una maggiore sobrietà dei consumi apre parecchi interrogativi sulla possibilità di mantenere i conti in equilibrio, in particolare nel rapporto tra addetti e ricavi, dove l’Ambasciata sembra messo meglio. Anche se, come sottolineava all’inizio Léveillé, il problema potrebbe riguardare anche la possibilità di sperimentare e l’uso degli ingredienti. Fonte: Accademia italiana della Cucina ed elaborazioni Ristoranti. indagine top restaurant metodi moderni Quali (i principali) Tempo per le sperimentazioni Sperimentazioni visite ai colleghi in carta (%) Al Sorriso sì sottovuoto e forni tutti i giorni 80 no Cracco sì sottovuoto - - no, ma disponibile Il Luogo di Aimo e Nadia sì forno termo-convezione, mixer poche ore/settimana 100 no, ma disponibile Miramonti l’Altro no 8 ore/settimana 50 si Ambasciata no 3 mesi/anno 50 no Dal Pescatore-Santini sì un’oraal giorno 90 no Le Calandre no sempre - no poco 50 si Perbellini forno ventilato, salamandra poco bassa temperatura Osteria La Francescana sì sottovuoto, disidratazione, pacojet, bassa temperatura sempre molto pochi no San Domenico sì tutti molto 50 sì, all’estero La Frasca sì tradizionali fuori stagione 50 no Enoteca Pinchiorri sì sottovuoto, abbattitori, induzione, bassa temperatura secondo ispirazione 75 sì, senza copiare Caino sì bassa temperatura adeguato all’obiettivo 100 no Madonnina del Pescatore sì forni trivalenti, microonde, roner, sifone, gastrovac sempre 70 sì, all’estero La Pergola sì sottovuoto, bassa temperatura 10 ore/settimana 30 no Don Alfonso 1890 sì sottovuoto, bassa temperatura centro di ricerca i migliori no Taverna del Capitano sì forni a convezione-vapore, sottovuoto, abbattitore sempre 50 sì La Locanda di Alìa sì cottura a vapore, induzione, abbattitore molto 20 no Duomo sì sottovuoto, bassa temperatura, convezione-vapore sempre 99 no Tra le attrezzature e i processi innovativi il sottovuoto e la bassa temperatura sono ormai consolidati, tanto che si segna- fornitori la la risposta del ristorante La Frasca, che adotta metodi moderni, che identifica in quelli tradizionali. Sulla sperimentazione, tutti la fanno, dedicandovi anche molto tempo, ma non sempre i risultati trovano riscontro nel menu. Sembra quasi che l’at- tività di ricerca appaghi soprattutto chi la fa, che peraltro si dichiara poco aperto alla condivisione con gli altri colleghi. Al Sorriso dove c’è materia prima eccellente La Frasca fornitori abituali e locali Cracco ovunque nel mondo Enoteca Pinchiorri in Italia Il Luogo di Aimo e Nadia dove c’è la migliore qualità Caino fornitori locali e verdure autoprodotte Miramonti l’Altro produttori e selezionatori di qualità Madonnina del Pescatore 70% mercati locali,30% nel mondo Ambasciata territorio per la stagionalità La Pergola fornitori specializzati e di fiducia, mercati Dal Pescatore-Santini produttori vicini Don Alfonso 1890 azienda agricola di proprietà Le Calandre dovunque nel mondo Taverna del Capitano fornitori locali e di fiducia Perbellini piccoli produttori, mercato, territorio La Locanda di Alìa verdure dell’orto, carni e pesci fornitori storici Osteria La Francescana produttori, allevatori, selezionatori Duomo a livello regionale e da fornitori di eccellenza San Domenico territorio (50%) La domanda è: quanta gente è disposta a spendere o sarà in grado di farlo, per il lusso più sfrenato? Pure l’ostentata ricchezza di alcuni romani a tavola in epoca imperiale, che deliziavano il palato con le lingue di fenicottero, a un certo punto è stata travolta dalla storia. E per concludere, ancora uno scambio di battute sul coinvolgimento dei clienti nello studio di nuovi piatti. Li sperimenta con lo- ristoranti ro? È stato chiesto ai divini ristoratori. “Certo, soprattutto”, ha risposto L’Ambasciata; “No, assolutamente”, Cracco; “Sì, li assaggiano in mini porzioni come aperitivi”, Miramonti l’Altro; “I clienti non 12 imprese del gusto sono cavie”, Dal pescatore; “No!!!”, Duomo. Oltre ai locali segnalati nelle tabelle, al sondaggio ha partecipato Gualtiero Marchesi, analizzato dall’Aic separatamente. Fonte: Accademia italiana della Cucina ed elaborazioni Ristoranti. PROCESSI E SPERIMENTAZIONE Fonte: Accademia italiana della Cucina ed elaborazioni Ristoranti. indagine top restaurant