1 Buongiorno a tutti! Sono Francesca Bertolini

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1 Buongiorno a tutti! Sono Francesca Bertolini
Buongiorno a tutti!
Sono Francesca Bertolini, della Caritas Diocesana di Reggio Emilia e Guastalla. La Caritas
non è un’associazione di volontariato, non è una onlus, ma è un Ufficio pastorale della
Chiesa.
Ci tengo a precisare questo perché NuovaMente, il progetto di cui sono responsabile e di
cui tratteggerò alcune caratteristiche oggi, nasce proprio dal cuore della Chiesa Reggiana.
Il cuore di una Chiesa che desidera cioè animare un territorio, sollecitare la collettività, i
credenti certo, ma anche tutti gli abitanti di un territorio a porre attenzione ad alcuni temi
e ad alcune, chiamiamole così, categorie di persone “povere”, povere perché deprivate di
diritti, o allontanate dai contesti normali, o messe da parte, escluse o “recluse”, prigioniere
di qualcosa o di se stesse… Persone che si vuole invece mettere al centro di un progetto,
rendere protagoniste di percorsi di liberazione, di nuovo capaci di vivere “con dignità” la
propria condizione.
NuovaMente parte da lì. Un’opera segno, noi la chiamiamo così. Come è una Mensa o un
dormitorio: cioè un progetto concreto, tangibile, che serva ad animare un territorio al
prendersi cura di persone povere. Un esempio: si può fare così!
Sei anni fa siamo partiti prima di tutto dalle “cose”. Tante persone si rivolgevano alla
Caritas per donare a chi potesse averne bisogno vestiti, scarpe, coperte… ma anche mobili,
stoviglie, elettrodomestici, suppellettili varie. E se per i vestiti i cassonetti gialli ai bordi
delle strade potevano essere adatti alla raccolta e magari la distribuzione ai poveri poteva
avvenire attraverso le Parrocchie, per cose un po’ più delicate o più ingombranti era
necessario ipotizzare qualcosa di diverso.
Allora ci siamo detti: perché non cercare uno spazio dove raccogliere questo materiale
ancora buono, in attesa che possa servire a qualcuno?
Abbiamo individuato un magazzino molto grande dove depositare questa roba. Abbiamo
iniziato a sistemarlo, a preparare i locali per renderli idonei al deposito…
La raccolta è cominciata: e davvero è iniziato ad arrivare un po’ di tutto, tanti oggetti con
un proprio valore e una propria nuova “spendibilità” sul mercato.
Attraverso l’impegno di volontari, gli oggetti venivano raccolti, controllati, puliti, riparati,
“ringiovaniti” con alcuni piccoli interventi, sistemati nell’area espositiva, creando un
grande mercatino dell’usato, dove ogni cosa ha il suo posto e la sua “dignità”, noi la
chiamiamo proprio così. Oggetti considerati “rifiuto” perché non più utili a chi li ha
posseduti che riprendono vita, riacquistano la “dignità” di essere di nuovo interessanti e
utili per qualcuno. L’accesso a questo mercatino è per tutti, con la possibilità di trovare, a
prezzi bassi, davvero di tutto: il necessario ma anche il di più! Sì perché pur rimanendo
sempre aperta la possibilità di un accesso completamente gratuito per quanti sono
accompagnati dai Centri d’Ascolto parrocchiali, o seguiti dai Servizi, o inviati da altre
realtà di solidarietà presenti sul territorio, si è deciso che ogni cosa avesse un prezzo: basso
appunto ma significativo di un valore che ogni cosa ha. Nel tempo avevamo infatti
riscontrato che il dare gratuitamente fa sì che chi riceve corre il rischio di “non dare
valore” a quanto riceve. Il pagare qualcosa aiuta ad avere una consapevolezza diversa.
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Intanto cresceva in noi il desiderio di “andare oltre”. Di ragionare cioè non solo sulle cose
ma anche sulle persone. A cosa destinare il ricavato dell’attività di questo mercatino?
Varie sono le attività della Caritas di sostegno per i più poveri, dai progetti in luoghi di
missione alla Mensa, dal Centro d’Ascolto delle povertà ai tanti luoghi di accoglienza. Non
avevamo che l’imbarazzo della scelta, credetemi.
Ma abbiamo cercato di cogliere un aspetto della “Povertà” e dell’emarginazione che fosse
anche per noi Caritas, anche per le Parrocchie più sensibili, anche per un territorio come il
nostro, in generale piuttosto attento alla dimensione sociale, al sostegno rivolto al disagio,
un aspetto dicevo meno conosciuto, marginale anche nella nostra esperienza.
Abbiamo voluto che questo “dare dignità” agli oggetti diventasse mezzo e strumento per
recuperare la dignità delle persone, di quanti sono in difficoltà per la loro condizione fisica
o psicologica, per i trascorsi della loro vita, per le personali situazioni che ne rendono
problematico l’inserimento in un contesto lavorativo canonico. Abbiamo scelto di
destinare quanto raccogliamo alla formazione e alla realizzazione di percorsi lavorativi di
alcuni mesi.
Ed qui avviene l’incontro col mondo della detenzione. Noi di NuovaMente non andiamo
di consuetudine dentro al Carcere, ad incontrare i detenuti: li aspettiamo fuori. Cerchiamo,
in rete con altre realtà del territorio, di costruire dei percorsi, delle “traiettorie oltre le
sbarre”. Di tenere vivo un ambiente accogliente e “protetto” che possa custodire chi esce,
mettendolo in condizione di riprendere dimestichezza col mondo del lavoro, di far
emergere quelle potenzialità, di recuperare quelle competenze che il periodo di detenzione
spesso ha celato, ha oscurato.
Lo diciamo spesso: noi non puntiamo ad avere 100 dipendenti, non è questo che ci
interessa, non ci sembra di essere chiamati a fare questo. Rimaniamo non un’azienda o una
cooperativa ma “un’opera segno”. Nuovamente è per noi la realizzazione di un luogo di
incontro e scambio tra persone diverse, età diverse, culture diverse, tra italiani e stranieri,
tra gente del sud e gente del nord, persone che si mettono a lavorare insieme, a lavorare
ripeto, perché il conoscersi e l’essere ognuno a disposizione dell’altro, impegnati in un
progetto comune, aiuta ad abbattere tanti muri e serve a costruire in modo concreto
“solidarietà”.
Noi vogliamo aiutare il detenuto a fare “un passo di un cammino”. Vogliamo essere ponte
tra il mondo dentro e quel “fuori lavorativo” che è talmente complesso oggi da spaventare
chiunque, figuriamoci chi si trova con pesantezze sulle spalle!
Ecco perché ci abbiamo tenuto come Caritas a dar vita e a sostenere un tavolo di lavoro
più ampio che mette insieme oltre alla Casa Circondariale, alcuni enti di formazione, il
Centro per l’Impiego, il Comune di Reggio Emilia, l’associazione di Volontariato Senza
Confini.
Fare Rete è necessario, fondamentale. Perché chi esce dal Carcere spesso fatica ad avere
relazioni, si sente isolato, non ha più punti di riferimento o sa che deve cambiare quelli che
aveva precedentemente e che lo hanno condotto a fare scelte sbagliate. Il prendersi cura
più efficace non è quello di un singolo ma quello di una comunità…
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Ad oggi una quarantina di persone, legate al mondo della detenzione, sono passate da
NuovaMente. Certo non parliamo di grandi numeri, ma di tanti volti e di tante storie con
cui abbiamo compiuto piccoli passi, verso un’autonomia ed una libertà importante e
significativa.
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