Il Cammino racconta le sue storie in un film

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Il Cammino racconta le sue storie in un film
Il Cammino racconta le sue storie in un film
Un segno peculiare della contraddittorietà di certe sensibilità del nostro tempo sta nell’attaccamento di massa all’antica via
che porta dai Pirenei all’Atlantico, la “Via de Compostela”. Lydia B. Smith ha raccolto in un docufilm le vicende di sei
diversi pellegrini accomunati da “Santiago”
di Giacomo Mininni – La Croce, mercoledì 1 luglio 2015
Come racconta la regista, Lydia B. Smith: “C’era questa piccola ma insidiosa voce dentro di me che continuava ad esortarmi e
spingermi a fare un lavoro sul Cammino. Quando riguardavo la mia vita e le mie precedenti esperienze, mi rendevo conto di
avere tutte le competenze e capacità per girare questo documentario. Come molte persone sono chiamate ad affrontare il
Cammino, io sentivo di essere chiamata per svolgere questo lavoro. Così dopo molti mesi e diverse riflessioni, ho deciso di
lasciarmi andare e d’iniziare il lavoro sul film. Ho sempre saputo di dover girare questo documentario come se fosse il
Cammino stesso a doversi mostrare. L’obiettivo, quindi, non era mostrare il mio punto di vista, ma condividere ogni esperienza
comune con tutte le persone che affrontano il Cammino, proprio come succede durante il pellegrinaggio. Volevo girare un film
che, guardandolo, rendesse partecipi gli stessi spettatori, come se fossero stati loro stessi pellegrini in viaggio.”
È con una vera e propria “chiamata”, quindi, che comincia Sei vie per Santiago, il documentario di Lydia B. Smith premiato
come Miglior Film all’American DocumentaryFilm Festival, uscito nel 2014 ma distribuito in Italia solo quest’anno. La Smith
segue sei pellegrini che percorrono il Cammino Francese per arrivare a Santiago de Compostela, ognuno con i suoi motivi e la
sua storia: Annie, americana, affronta la propria competitività alle prese con un fisico che risente dello sforzo; Jack, canadese,
compie il Cammino in memoria della moglie defunta, accompagnato dall’amico Wayne; Misa, danese, comincia il viaggio per
stare con se stessa, ma scopre il valore della relazione; Sam, brasiliana, tenta di rimettere in piedi una vita disastrosa e di uscire
da una profonda depressione; Tomás, portoghese, cerca una sfida sportiva ma finirà col trovare molto di più; Tatiana, francese,
cerca di avvicinarsi a Dio, e affronta il pellegrinaggio assieme al figlioletto Cyrian ed al fratello Alexis.
Fin dal IX secolo d.C., il Cammino di Santiago de Compostela, che dai Pirenei conduce fino al luogo in cui sarebbe sepolto
l’apostolo S. Giacomo il Maggiore, è uno dei percorsi più battuti e famosi della cristianità; il pellegrinaggio, specie negli ultimi
due secoli, ha perso la propria connotazione esclusivamente religiosa, ed è diventato meta di una varietà di viaggiatori, dai
semplici turisti agli sportivi, dai “classici” pellegrini cristiani a uomini e donne alla ricerca di un’esperienza spirituale in senso
lato. Anche la produttrice Lydia B. Smith, nel 2008, ha camminato sulla Via Francese (la più lunga e conosciuta per
raggiungere Santiago), e l’esperienza l’ha profondamente cambiata: con l’idea di girare un film che fosse un omaggio al
Cammino ed ai suoi pellegrini, la Smith tornò in Spagna nel 2013 per realizzare un documentario che raccontasse al mondo la
realtà unica e indimenticabile della strada che dai Pirenei conduce all’Oceano Atlantico, seguendo passo passo sei fra le
migliaia di pellegrini che ogni anno percorrono la via. La Smith sceglie i propri “protagonisti” in modo che rappresentino
un’ampia varietà umana, senza limitarsi ad una singola tipologia di pellegrini: sportivi e turisti, religiosi e atei, cristiani e
spiritualisti New Age; la regista (qui al suo primo lungometraggio, dopo tre cortometraggi sempre di genere documentaristico)
pesca a piene mani da diverse storie, esperienze e caratteri, dando un’idea il più ampia possibile della realtà del Cammino.
L’impresa è decisamente titanica: raccontare attraverso parole e immagini, confessioni e paesaggi, quello che è prima di tutto
un cammino interiore, un viaggio alla scoperta di sé che quasi “incidentalmente” corrisponde anche ad un cammino fisico,
immerso in alcuni degli scenari più belli della Spagna del nord; i pellegrini, gli hospitaleros, gli esperti e le guide spirituali
danno testimonianze sincere, sentite, commoventi, senza nulla negare all’occhio della cinepresa di un universo intimo e
personale, e la regista, che condivide con loro la stessa esperienza e può perciò comprenderla, è in grado di trasmettere quanto
più possibile l’essenza della loro testimonianza, le emozioni e le realtà più profonde dietro le parole. Nessun copione, nessuna
battuta suggerita, nessuna falsità nell’esperienza riportata: vere lacrime, vere fatiche, vere risposte a domande esistenziali che
neanche si sapeva di portarsi dentro, Sei vie per Santiago non offre sconti sul versante dei sentimenti, né su quello ben più
profondo e significativo del percorso di conoscenza di sé, del mondo e dell’altro che il Cammino regala a chi si apre ad esso.
La Smith racconta con passione, accompagna le immagini ad una colonna sonora mai invadente, eccede a tratti in retorica
quando si tratta di rappresentare nel concreto lezioni di vita (i primissimi piani di lumache e chiocciole che rimandano al
riscoperto valore della lentezza); rimane ovviamente la difficoltà intrinseca al progetto stesso, il portare cioè all’esterno, in
forma visibile, un’evoluzione ed un percorso di crescita tutti interiori che, se non mancano di emozionare, coinvolgere e
perfino commuovere chi ha già vissuto il Cammino, rischiano di escludere o lasciare indifferenti tutti quelli che non hanno
invece termini di paragone appropriati. Nonostante i potenziali limiti di target, comunque, un grande documentario, che si pone
il non facile obiettivo di indagare nel profondo un’esperienza fra le più belle, uniche e significative nella vita di moltissime
persone