Un`amicizia totale: il sacrificio del figlio

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Un`amicizia totale: il sacrificio del figlio
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Un’amicizia totale:
il sacrificio del figlio
Nasce il «figlio del sorriso», Isacco, il figlio della promessa, ma un giorno Dio chiama Abramo ad immolarlo. Fin dove potrà giungere la fede del vecchio Abramo?
E davvero Dio vorrà distruggere le promesse che cominciano a realizzarsi?
A
bramo ha ricevuto la promessa
dai tre misteriosi viandianti in cui
si nasconde Dio stesso: «L’anno
prossimo avrai un figlio». Poi i tre si allontanano. Ma prima Dio sente che deve
parlare ad Abramo dei suoi progetti per
la città di Sodoma.
Iniziò così quella celebre preghieradialogo in cui Abramo stette davanti a
Dio difendendo anzitutto il diritto – anche solo di alcuni giusti – di non essere
colpiti assieme ai peccatori («sterminerai
tu i giusti assieme con gli empi?»); e poi –
in un crescendo di solidarietà – il diritto
dei giusti di ottenere anche la salvezza
dell’intera comunità dei peccatori. Anche
se i giusti non saranno cinquanta, ma
solo quaranta, trenta, venti, o forse dieci.
Abramo si fermerà nella sua intercessione, perché a Sodoma e Gomorra
non esistevano nemmeno dieci giusti: il
gruppo minimo – secondo la mentalità
ebraica – per riunirsi in preghiera davanti a Dio. Più tardi i profeti diranno che
Dio perdonerebbe a un’intera città, anche
se ci fosse in essa un solo giusto.
Più tardi ancora riceveremo l’annuncio che l’unico Giusto, Gesù, è venuto ad
abitare in mezzo a noi e a intercedere a
nostro favore.
Ma già allora – all’inizio della storia
sacra – Abramo intuì che essere amico di
Dio voleva dire avere su di Lui un ampio
credito per la salvezza.
E le città del lago saranno distrutte sì,
ma solo dopo che Lot, nipote del patriarca, è stato sottratto alla morte per la sua
ospitalità nei confronti dei messaggeri
divini.
Quando finalmente venne il tempo e
nacque il bambino tanto atteso, gli fu posto il nome di «Isacco», che significa «sorriso di Dio». All’iniziale sorriso di scetticismo – col quale sia Abramo che Sara
avevano rischiato un giorno di offendere
La distruJHWH – rispondeva ora un sorriso di giozione di
ia che coinvolgeva Dio stesso: la promessa
Sodoma e
era finalmente realizzata.
di Gomorra
A pensarci bene, «sorriso di Dio» fu
e la nascita
nella storia il primo modo con cui gli
di Isacco
uomini definirono la grazia divina.
Con la nascita di Isacco, dunque, la
nuova creazione – quella del popolo benedetto da Dio – era già iniziata.
In qualche modo si poteva dire davvero che quel figlio era stato creato dal nulla, «donato» a un patriarca centenario e a
una donna non solo sterile, ma irrimediabilmente avvizzita per i troppi anni. Dio
aveva fatto in modo che l’alleanza tra Lui
e Abramo fosse «stabilita nella carne» (Sir
44,21).
Ma la logica di Dio procede inesorabile. Quel bambino dono di Dio ma generato «dalla carne e dal sangue» è ancora
«qualcosa» di cui l’uomo potrebbe vantarsi; è pur nato dall’umanità peccatrice.
Dio voleva invece che Isacco fosse totalmente «figlio della promessa», totalmente
messo al mondo dalla fede e nella fede in
Lui.
Così – come accade oggi ad ogni bambino che viene condotto al Battesimo per
essere innestato nella morte e nella risurrezione di Cristo – Dio chiese ad Abramo
di sacrificargli il figlio: di donargli la vita
del figlio fisicamente perché fosse davvero
figlio della fede.
LA BIBBIA - 65
Dal libro della Genesi
Capitolo 18, 16-33
L’intercessione di Abramo
Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare
Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per
congedarli. 17 il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad
Abramo quello che sto per fare, 18 mentre Abramo dovrà
diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno
benedette tutte le nazioni della terra? 19 Infatti io l’ho scelto,
perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a
osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto,
perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso».
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Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra
è troppo grande e il loro peccato è molto grave. 21 Voglio
scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui
è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
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Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma,
mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.
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Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai
il giusto con l’empio? 24 Forse vi sono cinquanta giusti nella
città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel
luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?
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Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che
il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse
il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». 26
Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti
nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto
quel luogo».
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Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio
Signore, io che sono polvere e cenere: 28 forse ai cinquanta
giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne
troverò quarantacinque».
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Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne
troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo
a quei quaranta». 30 Riprese: «Non si adiri il mio Signore,
se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose:
«Non lo farò, se ve ne troverò trenta». 31 Riprese: «Vedi
come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a
quei venti». 32 Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo
ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci».
Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
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Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne
andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.
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66 - LA BIBBIA
La preghiera di Abramo
Questa sezione, evidentemente,
non deriva da antiche tradizioni, ma
è stata composta liberamente dallo
Jahwista. In essa noi ritroviamo una
teologia piuttosto sviluppata, che ci
viene presentata sotto forma di due
brevi conversazioni.
Nella prima conversazione (vv. 1718), caratterizzata dalla rievocazione della promessa (12,2-3), Yhvvh
decide di parlare ad Abramo del
giudizio espresso su Sodoma.
Il proposito e le azioni di Dio,
prima nascosti, sono ora rivelati
alla persona prescelta, ad Abramo,
perché egli possa essere capace
di insegnare ai suoi discendenti la
giustizia divina. Così, la distruzione
di Sodoma assume un particolare
significato ammonitore per le generazioni future.
La seconda conversazione avviene
tra Abramo e Yhvvh. Essa è un esempio piuttosto divertente di trattativa
orientale, ma l’oggetto in questione
è decisamente serio. E in gioco un
problema di giustizia: è giusto sterrninare degli innocenti, per quanto
pochi possano essere, insieme con la
grande maggioranza che è colpevole? Sono gli innocenti abbastanza
importanti da evitare la punizione
degli empi?
Nell’incontro la tensione è innalzata da Abramo il quale, sebbene
rispettoso verso Yhvvh, osa entrare
in disputa e continua a incalzarlo ad
ogni mossa dello scambio, tentando
audacemente di ridurre al minimo il
numero degli innocenti necessari per
salvare la città. Non è solo la pazienza di Yhvvh ad essere manifestata
nel dialogo, ma anche la sua grande
propensione ad evitare iI castigo per
amore dei pochi innocenti.
Dieci giusti
L’intercessione di Abramo si ferma
al numero di 10 giusti: egli non osa
scendere al di sotto di questa cifra.
Nella tradizione giudaica dieci è
il numero minimo perché si possa
tenere una riunione di preghiera in
sinagoga.
Capitolo 21, 1-8
La nascita di Isacco
Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come
aveva promesso. 2 Sara concepì e partorì ad Abramo un
figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato.
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Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara
gli aveva partorito. 4 Abramo circoncise suo figlio Isacco
quando questi ebbe otto giorni, come Dio gli aveva comandato. 5 Abramo aveva cento anni quando gli nacque il figlio
Isacco. 6 Allora Sara disse: «Motivo di lieto riso mi ha dato
Dio: chiunque lo saprà riderà lietamente di me!». 7 Poi disse:
«Chi avrebbe mai detto ad Abramo che Sara avrebbe allattato figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia!». 8 Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un
grande banchetto quando Isacco fu svezzato.
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Capitolo 22, 1-19
La nascita di Isacco
Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse:
«Abramo!». Rispose: «Eccomi!».
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Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un
monte che io ti indicherò».
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Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé
due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si
mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato.
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Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide
quel luogo. 5 Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi
qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». 6 Abramo prese la legna
dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il
fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme.
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Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!».
Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e
la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?».
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Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per
l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme.
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Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui
Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna.
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Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare
suo figlio.
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Sodoma è distrutta
La città di Sodoma (Gen 19,1-19)è
distrutta a causa della malvagità dei
suoi abitanti e Lot e la sua famiglia
devono fuggire per salvarsi. Anche
se il racconto della distruzione di
Sodoma si fonda forse su qualche
effettiva calamità naturale avvenuta
nel lontano passato, la finalità dello
Jahwista è quella di spiegare la cosa
come giudizio divino per il peccato.
IL FIGLIO DELLA PROMESSA
Questo racconto della nascita di
Isacco riunisce le tre fonti J, E e P. La
versione jahwista presenta semplicemente la nascita di Isacco nella
vecchiaia di Sara quale adempimento della promessa fatta da YHWH
alle querce di Mamre (18,15).
Il motivo del riso di Sara è connessa con il nome di Isacco e, insieme,
dalla risposta che Sara si attende dai
suoi vicini quando sentiranno che
ella ha partorito nella sua vecchiaia.
Nella versione sacerdotale (21,25), la nascita di Isacco è letta come
compimento delle promesse e per
questo Abramo diede il nome e
circoncise il bambino secondo il
comando divino.
La narrazione elohista che segue
alla nascita di Isacco (versi 8-21 qui
non riportati) è un duplicato del
racconto dell’espulsione di Agar e
Ismaele che si ritrova nella versione
jahwista al cap16 e che abbiamo
letto la volta scorsa.
La prova più grande
Il racconto del sacrificio di Isacco,
generalmente attribuito all’Elohista,
è uno dei grandi capolavori dell’arte narrativa della Bibbia. Veniamo
trascinati nell’azione del racconto
già fin dall’inizio e siamo tenuti in
suspense fino al momento culminante. Come lettori, noi siamo informati
che quanto viene narrato rappresenta la “prova” suprema della fede
di Abramo; perciò ci concentriamo
sulla sua risposta e non sull’orrore
che suscita in noi il comando divino.
Spesso è stabilito un rapporto tra
questo racconto e il sacrificio umano
nel senso che una delle applicazioni
più immediate del brano dovette
essere il rifiuto dei sacrifici umani.
Questi erano comunemente
LA BIBBIA - 67
Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse:
«Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!».
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L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo
e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai
rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
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Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere
l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
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Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi
si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere».
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L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la
seconda volta 16 e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del
Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato
tuo figlio, il tuo unigenito, 17 io ti colmerò di benedizioni e
renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle
del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. 18 Si diranno
benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra,
perché tu hai obbedito alla mia voce».
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praticati tra le popolazioni
limitrofe a Israele e, in poche
occasioni, perfino in Israele,
sebbene ciò fosse proibito (cfr
I Re 16,34; 2 Re 3,27; 23,10).
DIO MISE ALLA PROVA (19,1)
«Dio mise alla prova Abramo: offri il tuo figlio in olocausto…». Non è più il solito
amichevole faccia a faccia di
tutti i giorni, ma un essere
convocati alla presenza della
maestà di Dio.
la terribile richiesta dell’Altissimo può essere giustificata
e compresa in molti modi.
Basta ricordare che nel
paese dei cananei i sacrifici
dei primogeniti erano pratica
ricorrente. Gli uomini pensavano allora che non avevano
il diritto di essere padri, se
non dopo aver riconosciuto il
primato della paternità divina,
sacrificandogli ciò che nasceva
loro per primo.
Quando si fondava un
santuario o una città il corpo
di un primogenito sacrificato
al dio veniva deposto nelle
68 - LA BIBBIA
fondamenta, perché la protezione fosse più sicuramente
garantita.
Poteva Abramo – lui che
conosceva l’unico e vero Dio –
essere da meno di chi riusciva
ad offrire a idoli muti quanto
aveva di più caro al mondo?
Se a ciò si aggiunge il lieto
fine della storia – dato che Dio
impedirà poi un simile sacrificio – si può anche pensare che
la prova del Patriarca dovesse
servire a sradicare simili aberrazioni dalla cultura religiosa
del nuovo popolo eletto.
Ma non si tratta solo di questo: la Scrittura insiste troppo
sulla descrizione di un Dio che,
per così dire, gira volutamente
il dito nella piaga: «offri il tuo
figlio, il tuo unico figlio, quello che ami».
Il libro della Sapienza, dice
che Abramo ricevette in quel
momento una particolare grazia destinata «a mantenerlo
forte, nonostante la tenerezza
per il figlio» (10,53).
Ma l’aspetto più grave non
stava neppure in quello sconvolgimento affettivo che la
richiesta dovette provocare nell’animo del vecchio Padre. Il fatto è che
quell’affetto per il ragazzo era inestricabilmente mescolato all’amicizia
che Abramo aveva per Dio, al lungo
tempo di attesa e di fiducia, alla
promessa portata in cuore per tanti
anni, alla visione del futuro generoso che da quel fanciullo dipendeva:
la posterità innumerevole, la benedizione di tutte le famiglie della
terra che in Isacco prendeva corpo
come eredità esclusivamente sua.
Tutto questo Dio metteva in gioco
chiedendo il sacrificio del primogenito.
Commenta un celebre biblista:
«Di fronte a tutte le riserve sentimentali che si fanno a proposito di
questo episodio, ci sarà da dare una
sola risposta: che anzi esso tratta di
qualcosa di molto più atroce ancora che di un sacrificio di bambini;
tratta cioè di un cammino estraneo
e lontano su cui Dio lascia completamente soli... Sotto questi diciotto
versetti si cela una esperienza di
fede di immensa portata, quella cioè
che Jahve sembra contraddirsi, che si
comporta come se volesse strappare
di nuovo dalla storia quella salvezza
a cui egli stesso ha dato l’avvio… Si
può aggiungere ancora una considerazione: con questa prova Dio
chiede ad Abramo se egli sia capace
di restituire a Dio anche il dono della promessa. Egli dovrebbe saperlo
fare (e infatti l’ha saputo) perché
essa non è un bene che possa essere
trattenuto a titolo di un diritto qualsiasi e grazie a una rivendicazione
umana. Il che è come dire che egli
pone ad Abramo la questione se il
dono della salvezza sia da lui effettivamente considerato come un dono
puro e semplice» (G. von Rad).
Dio sembra ridiventare come
uno di quegli idoli mostruosi da cui
Abramo un tempo è fuggito. Eppure
il figlio è là, ed è proprio lui la prova
vivente della fedeltà del Dio buono
e amico.
Si mise in viaggio (19,3)
«Si mise in viaggio verso il luogo
che Dio gli aveva indicato».
Ed è un viaggio che dura tre
giorni, come tre giorni di passione.
Un antico commento precristiano
già dice: «Isacco portava la legna del
sacrificio, come il condannato porta
la sua croce». Questa prefigurazione del mistero pasquale
di Cristo è entrata stabilmente
nella liturgia per esempio con la
Sequenza della messa del Corpus
Domini, Lauda Sion: «[Cristo] con
i simboli è annunziato, in Isacco
dato a morte, nell’agnello della
Pasqua…»
L’OLOCAUSTO (19,7)
«Dov’è l’agnello per il sacrificio? Abramo rispose: Dio stesso
provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!».
La risposta non è evasiva, e
non è neanche un salto nel vuoto; non è un generico affidarsi
alla provvidenza divina.
E un rimettere tutto – di un sol
getto – nelle mani di Dio: il figlio,
il futuro, quel terribile comando,
l’olocausto richiesto, l’apparente
vanificarsi della promessa, la vita
e la morte.
Quando tutto sarà accaduto
e Dio gli avrà fermato la mano
all’ultimo istante («Non stendere la mano contro il ragazzo, e
non fargli alcun male»), quando
Dio si sarà provveduto da sé un
ariete per l’olocausto, allora
Abramo chiamerà quella montagna Provvidenza di Dio. E quel
nome - dice la Bibbia - diventò un
proverbio: «Sul monte, il Signore
provvede». Come a dire: «quando si è giunti al termine del cammino, quando si è pronti a offrire
tutto e non si trattiene per sé
più nulla, allora Dio è costretto
a prendersi cura dei suoi amici».
Una cura totale che costringe Dio
a creare tutto da capo.
In un antico Midrash si racconta che Isacco, pur accettando generosamente il sacrificio chiesto
da Dio, chiede ad Abramo: «Ma
dopo, quando mi avrai immolato
e sarai separato da me, e andrai
da Sara mia madre, ed ella ti
chiederà: ‘Dov’è mio figlio?’, tu
che cosa le dirai? Che cosa farete
della vostra vecchiaia?».
E Abramo gli risponde: «Noi
sappiamo che, dopo di te, saranno pochi i nostri giorni. E Colui
che ha avuto pietà di noi prima
che tu nascessi, avrà pietà di noi
da questo giorno in poi».
E lo stesso racconto spiega che
il coltello fu fermato dalle lacrime degli angeli che caddero sulla
lama e le impedirono di ferire.
Un’altra versione, per rendere
ancora più chiaro il senso del
racconto, narra che Isacco viene
davvero sacrificato, ma che – alle
parole dell’angelo –l’anima ritorna in lui ed Isacco può esclamare:
«Benedetto sei tu, che dai la vita
ai morti!».
E Abramo ne approfitta per
chiedere a Dio che, in forza di
questo primo sacrificio, siano
protetti tutti i futuri discendenti:
«O Sovrano del mondo! Quando
i miei figli saranno nell’angustia, ricordati a loro favore di
quest’ora in cui io sto davanti a
te!».
I versetti del libro del Genesi
dicono soltanto che Dio, dopo la
prova del sacrificio, rinnovò ancora la sua promessa, ma questa
volta i termini di essa si erano
fatti ancora più “totali”: «Giuro
per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e
non hai risparmiato tuo figlio,
il tuo unigenito, io ti colmerò
di benedizioni e renderò molto
numerosa la tua discendenza…
perché tu hai obbedito alla mia
voce».
Quando si era trattato di
sperare nella nascita di un figlio –
pur avendo un corpo già vecchio
e segnato dalla morte – Abramo
aveva dovuto riscoprire la fede
nel Dio Creatore «che chiama
all’esistenza le cose che non
sono» (così l’apostolo Paolo usava spiegare ai cristiani).
Col sacrificio di Isacco questa
stessa fede era diventata anticipazione della «fede nella Risurrezione».
il suo amico Abramo in modo
che la sua esistenza diventasse,
tutta intera, un simbolo di cos’è
la fede, di quanto si estende, di
che cosa esige, e di quali verità si
nutre.
Abramo venne chiamato a essere «amico di Dio»; ma in questa
amicizia Dio doveva essere appunto Dio, capace di fare esistere
ciò che non esiste (come alla
nascita di Isacco) e capace di far
risorgere ciò che muore (come al
momento del sacrificio).
nn
FU COME UN SEGNO
La Lettera agli Ebrei commenta: «Per fede, Abramo, messo alla
prova, offrì Isacco, offrì il suo unico figlio – proprio lui del quale
gli era stato detto: ‘In Isacco avrai
una discendenza che porterà il
tuo nome’–. Egli pensava infatti
che Dio è capace di far risorgere anche dai morti. Per questo
riebbe suo figlio e fu come un
simbolo» (11,7).
Fu come un simbolo: Dio trattò
LA BIBBIA - 69
Preghiera
Come Abramo
«Abramo, padre nella fede,
vengo a te, come a una sorgente.
Oggi i fiumi trasportano acque cupe
l’aria che ci circonda è inquinata
e il progresso colma il cielo di nubi fuligginose.
Risalendo a te, l’uomo che sta alla sorgente,
colui al quale Dio può mostrare, ancora visibili,
le stelle del cielo e le sabbie incontaminate
come segni della tua innumerevole discendenza,
forse ritroverò quello per cui i tuoi figli devono rassomigliare a te,
a te, padre dei credenti, santo padre Abramo.
Poiché siamo noi la tua posterità...
Ma indicami: in che potrei rassomigliarti?...
Tu mi insegni che la fede consiste nel vivere aggrappato
unicamente a una promessa, su una parola...
E su una parola soltanto, tu parti, Abramo.
Io non sarò tuo figlio se non quando sarò nomade...
un eterno nomade alla ricerca di Dio.
Abramo, padre mio,
tu sei prima di tutto padre di Isacco,
il figlio della promessa...
Oserò pertanto guardare te, il vegliardo,
che prende in mano fuoco e coltello
e carica la legna dell’olocausto sul figlio...
Abramo, tu non discuti, tu rifiuti di entrare nel conflitto insolubile,
tu non parli né di doppia fedeltà, né di coscienza,
tu lasci a Dio di uscire dal dilemma...
Così Abramo, padre di tutti nella fede,
tu mi conduci verso l’Altissimo e mi fai pregustare il suo amore
più abbondante delle stelle,
più grande del cielo e di tutte le distese di sabbia».
Amen.
70 - LA BIBBIA