Riscatto agrario
Transcript
Riscatto agrario
Sentenza (Cassazione Civile), sez. III, 03-01-2014, n. 40- Pres. AMATUCCI Alfonso- Est. AMBROSIO Annamaria- P.M. VELARDI Maurizio - G.A. c. P.T.F. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La presente controversia ha per oggetto il riscatto esercitato L. 26 maggio 1965, n. 590, ex art. 8, da M.E. e G. A. relativamente ai terreni situati in (OMISSIS) e individuati al N.C.T. al fl. 207, part.lle 46 e 48 e al fl. 208 part.lle 43 e 47, già di proprietà di P.T.F., acquistati da B.V., per la nuda proprietà, e da I.A., per l'usufrutto, con atto per notaio Giardino del 13.03.2000, trascritto il 22.03.2000. Con sentenza n. 582/2005 l'adito Tribunale di Viterbo - decidendo sulla domanda di riscatto proposta dal M. e dalla G. nei confronti di P.T.F., di B.V. e di I.A., nonchè sulla domanda riconvenzionale di risarcimento del danno proposta dagli ultimi due - rigettava sia la domanda principale che quella riconvenzionale, compensando le spese tra le relative parti; mentre condannava gli attori al rimborso delle spese processuali in favore di P.T.F.. Per quanto ancora interessa in questa sede, il Tribunale riteneva fondata l'eccezione di decadenza dal riscatto per essere stato il relativo diritto esercitato con l'atto introduttivo del giudizio, pervenuto ad I.A. in data 27.03.2001 oltre il termine annuale previsto dall'art. 8 cit.. La decisione, gravata da impugnazione, in via principale, da parte di M.E. e G.A. e, in via incidentale, da parte di B.V. e I.A., è stata confermata dalla Corte di appello di Roma, la quale con sentenza n. 2123 in data 19.05.2009 ha rigettato entrambi gli appelli; ha compensato le spese tra gli appellanti principali e quelli incidentali; ha condannato gli appellanti principali al pagamento delle ulteriori spese in favore di P.T.F.. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione M.E. e G.A., svolgendo un unico motivo. Ha resistito P.T.F., depositando controricorso. Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte degli altri intimati. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. La Corte di appello ha confermato l'intervenuta decadenza degli odierni ricorrenti dal retratto agrario ex lege n. 590 del 1965, già rilevata dal primo Giudice, in considerazione dell'avvenuta notificazione dell'atto di citazione con cui era stato esercitato il riscatto, a uno degli acquirenti, oltre il termine annuale di cui all'art. 8 legge cit., osservando che la dichiarazione di riscatto integra un atto unilaterale recettizio di valore sostanziale che produce effetto, secondo quanto stabilito dall'art. 1334 cod. civ., nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario o in cui deve reputarsi da questi conosciuta perchè pervenuta al suo indirizzo; e ciò anche ove questa sia contenuta in un atto di citazione. 2. Con l'unico motivo di ricorso parte ricorrente denuncia in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, art. 8, lamentando che, ai fini della tempestività dell'esercizio del riscatto, i giudici del merito abbiano considerato la data di perfezionamento della notificazione della citazione, anzichè quella di inizio del procedimento notificatorio. Il motivo si conclude con il seguente quesito: "il principio di scissione degli effetti della notificazione sancito da Corte Costituzionale 26 novembre 2020, n. 477, secondo cui il momento di perfezionamento della notifica per il soggetto onerato dalla comminatoria di decadenza deve distinguersi da quello di perfezionamento per il destinatario così da ritenersi che per il primo la decadenza è impedita attraverso la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario o all'agente postale, è applicabile anche alla ipotesi della notifica della dichiarazione di riscatto da parte del coltivatore diretto o confinante prevista dalla L. 26 maggio 1963, n. 590, art. 8, allorchè la richiesta di notifica mediante consegna all'ufficiale giudiziario sia stata formulata prima della scadenza e l'atto sia pervenuto al destinatario dopo la scadenza dell'anno?". -1- 2.1. Il motivo è infondato. In via di principio si rammenta che la vendita di un fondo compiuta senza il rispetto delle norme sul diritto di prelazione di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 e della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7, non è viziata da nullità ai sensi dell'art. 1418 (nè ai sensi dell'art. 1344 cod. civ.), sussistendo il rimedio dell'esercizio del riscatto (da parte degli aventi diritto alla prelazione) idoneo a conseguire l'obiettivo normativo dello sviluppo della proprietà contadina, a nulla rilevando l'accidentale decadenza della possibilità di esperirlo (Cass. 11 dicembre 2012, n. 22625); con la conseguenza che se il diritto di riscatto non viene (tempestivamente) esercitato, la compravendita resta (definitivamente) valida. Invero il diritto di riscatto a favore del coltivatore diretto, previsto dalla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, nasce ex lege nel momento della vendita del fondo al terzo in violazione del diritto di prelazione ed integra un diritto potestativo, il quale si esercita tramite dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale (cfr. Cass. 14 aprile 2000, n. 4858), diretta ad assicurare al retraente la stessa posizione che egli avrebbe avuto qualora fosse stato posto sulla possibilità di esercitare il diritto di prelazione. La sostituzione del retraente nella medesima posizione del terzo acquirente nel negozio di alienazione avviene, infatti, ipso iure al momento della ricezione della dichiarazione di riscatto, prescindendo dal consenso del compratore retrattato, che si trova per legge nella situazione di doverne subire passivamente le conseguenze dell'esercizio del riscatto. Tale modificazione non dipende, dunque, dalla mera attività del titolare del diritto, ma dal prodursi degli effetti dell'esercizio del diritto nella sfera giuridica del contro interessato. In tale contesto la fissazione di un termine annuale, decorrente dalla trascrizione del contratto di compravendita tra compratore e terzo, entro il quale l'avente diritto può riscattare il fondo dell'acquirente e da ogni altro successivo avente causa (art. 8, comma 5 Legge cit.) risponde all'esigenza del tempestivo compimento dell'atto per soddisfare la certezza delle altrui situazioni giuridiche. Detto termine ha natura perentoria e non ordinatoria e, come tale, prescinde dai motivi che in concreto abbiano determinato l'effetto preclusivo connesso al suo inutile spirare (cfr. Cass. 09 marzo 1999, n. 2004); e poichè dal suo decorso, senza che venga posto in essere (per la prima e unica volta) l'atto che ne costituisce l'esecuzione, deriva la perdita del diritto di riscatto, esso è pacificamente qualificato termine di decadenza, pur in mancanza di esplicita indicazione normativa. Inoltre - posto che la dichiarazione di riscatto, quale esercizio del diritto potestativo, produce la sostituzione del riscattante nella medesima posizione dell'acquirente originario - consegue che è nel momento in cui la volontà del riscattante viene portata a conoscenza del riscattato (id est nel momento in cui tale manifestazione di volontà giunge a conoscenza del destinatario, secondo quanto espressamente stabilito dall'art. 1334 cod. civ., ovvero in cui deve reputarsi da questi conosciuta perchè pervenuta al suo indirizzo, ai sensi dell'art. 1335 cod. civ.) che il negozio si perfeziona, operandosi una modificazione soggettiva del negozio con perdita del dominio da parte del riscattato e acquisto, invece, in capo al riscattante con effetti ex tunc, a partire cioè dalla stipulazione del contratto di compravendita. Ne consegue che, perchè il diritto di riscatto possa dirsi tempestivamente esercitato, impedendo l'effetto preclusivo della decadenza, occorre che la manifestazione della volontà di riscattare da parte dell'avente diritto pervenga a conoscenza (effettiva o presunta) del destinatario entro il termine annuale di cui al cit. art. 8, comma 5, atteso che la ricezione della dichiarazione costituisce un elemento intrinseco alla fattispecie decadenziale, in ragione della coincidenza della conoscenza del destinatario con il momento in cui si realizza il mutamento soggettivo nell'atto di compravendita. Inoltre - posto che la volontà di riscatto può essere esternata sia con l'atto di citazione diretto a far valere in giudizio il relativo diritto, sia fuori del processo con qualsiasi atto idoneo allo scopo - il medesimo principio trova applicazione anche -2- nel caso, come quello che ci occupa, in cui la comunicazione della volontà di riscattare sia contenuta nell'atto di citazione, essendo necessario, in ogni caso, che essa sia portata a conoscenza (effettiva o presunta) del destinatario nel termine legale di un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, senza possibilità di considerare determinante la sola tempestiva esecuzione delle formalità imposte a colui che richiede la notifica. Ciò perchè in tal caso la citazione assume una duplice valenza, costituendo sia, sotto il profilo processuale, la chiamata in causa della propria controparte, sia sotto il profilo sostanziale, la comunicazione della volontà di riscattare, direttamente incidente sulla vicenda traslativa del fondo, la cui validità e tempestività va verificata alla stregua delle norme di diritto sostanziale che regolano il diritto potestativo di riscatto (Cass. 11 gennaio 1992, n. 224). 2.2. E' il caso di precisare che le considerazioni che precedono non contrastano con il principio affermato dalle SS.UU. con sentenza 14 aprile 2010, n. 8830 in tema di estensibilità nel campo del diritto sostanziale del principio della scissione degli effetti della notifica per il notificante e per il destinatario, atteso che, nell'occasione, è stato precisato che la fattispecie caratterizzata dalla consecutio tra attribuzione dell'onere e decadenza, pure ponendosi in modo analogo nell'ambito dei rapporti sostanziali e di quelli processuali, ammette una diversa disciplina degli effetti decadenziali in relazione alle peculiarità del rapporto, sostanziale o processuale, nell'ambito del quale l'onere assume giuridica rilevanza. Il che esclude, evidentemente, che il meccanismo previsto per la notificazione degli atti processuali possa valere, automaticamente, per ogni ipotesi di decadenza e, in particolare, per le ipotesi in cui la produzione di effetti interinali connessi alla dichiarazione sia incompatibile con la funzione tipica dell'atto, in relazione alla singola previsione normativa o negoziale. In particolare - precisato che la ricettizietà di un atto non implica ex se che sia necessaria la ricezione per la produzione di ogni effetto impeditivo della decadenza, perchè, di regola, l'atto esiste già nella sua compiutezza e assume una propria rilevanza giuridica ai fini dell'impedimento della decadenza, a prescindere dalla sua ricezione costituente, a tali fini, un elemento estrinseco alla fattispecie decadenziale - le SS.UU. hanno chiarito che detta regola ammette previsioni contrarie, nel senso della necessità della ricezione a qualunque effetto o a determinati effetti, a seconda del contesto in cui la decadenza sia prevista e delle finalità specifiche della recettizietà. Con più specifica attinenza al tema che ci occupa, nella cit. sentenza n. 8830 del 2010 risulta, tra l'altro, confermato che la ricezione è necessaria, ai fini dell' impedimento di ogni effetto preclusivo, in relazione al termine per l'accettazione della proposta contrattuale ai sensi dell'art. 1326 c.c., comma 2, come anche per la revoca della proposta contrattuale (cfr. Cass. 17 marzo 1995, n. 3099; 16 maggio 2000, n. 6323), nonchè per la prelazione e il riscatto agrario da parte dell'affittuario, ai sensi della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 (cfr. Cass. 13 febbraio 1997, n. 1331) e il riscatto di alloggio di edilizia residenziale pubblica (cfr. Cass. 8 novembre 2007, n. 23301); e ciò per la considerazione che l'esclusione degli effetti impeditivi della decadenza, nelle richiamate ipotesi, avviene sul piano della particolarità della fattispecie, ossia per l'espressa previsione, nella disposizione normativa o nella clausola contrattuale, della necessaria cognizione dell'atto da parte del destinatario, in relazione all'esigenza di tutela dell'affidamento di questo sulla permanenza di una situazione giuridica legittimamente acquisita. 2.3. In coerenza con tale prospettiva sistematica deve, dunque, affermarsi il seguente principio: in tema di esercizio del riscatto agrario L. n. 590 del 1965, ex art. 8, comma 5, la manifestazione della volontà di riscattare dell'avente diritto, costituente una dichiarazione unilaterale di carattere negoziale, deve pervenire nella conoscenza, ancorchè legale e non necessariamente effettiva, del soggetto al quale è diretto entro il termine annuale di decadenza previsto dalla norma, atteso che la ricezione della dichiarazione costituisce un elemento intrinseco alla fattispecie decadenziale, in ragione della coincidenza della conoscenza del -3- destinatario con il momento in cui si realizza il mutamento soggettivo nell'atto di compravendita. Ne consegue che ove la comunicazione della volontà di riscattare sia contenuta nell'atto di citazione, non è sufficiente - ai fini dell'impedimento della decadenza del retraente - che la citazione che la contiene, nella sua bivalente funzione processuale e negoziale, venga inoltrata per la notifica entro l'anno, ove il perfezionarsi della notificazione sia avvenuto solo successivamente all'avvenuto decorso dell'anno dalla trascrizione dell'atto di vendita. In tal caso il principio della scissione degli effetti della notifica per il notificante e per il destinatario - principio enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 477 del 2002, e successivamente normativizzato attraverso la riscrittura dell'art. 149 cod. proc. civ. - non è applicabile con riferimento alla funzione sostanziale dell'atto, atteso che, da un lato, non sussiste l'esigenza di salvaguardare il diritto di difesa nel giudizio (posta a fondamento della sentenza n. 477 del 2002 della Corte Cost.) e, dall'altro, sussiste l'esigenza di tutela dell'affidamento del destinatario sulla permanenza di una situazione giuridica legittimamente acquisita, la cui preminenza non appare irragionevole, atteso che il titolare del diritto di riscatto ha la possibilità di agire con la dovuta tempestività e che, in relazione al disposto di cui agli artt. 1334 e 1335 cod. civ., perchè l'atto produca i suoi effetti, è necessario e sufficiente che pervenga all'indirizzo del destinatario in tempo utile. La decisione impugnata ha dato al caso di specie soluzione conforme al principio enunciato, per cui il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.800,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge. -4-