La rassegna di oggi
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 8 marzo 2017 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) Più ambulanze e computer, venti milioni alle Aziende (M. Veneto, 3 articoli) Riforme, la Corte accende i fari (Gazzettino) Gruppo Danieli: cala l’utile, sale il fatturato dell’acciaio (M. Veneto) M5s all’attacco di Fuc: gettato mezzo milione (M. Veneto) La crisi dei negozi rionali. A Trieste 300 di meno (Piccolo) CRONACHE LOCALI (pag. 6) Trattativa ad oltranza sulle mense scolastiche (Piccolo Trieste) Parchi minerali, la Regione diffida la Ferriera (Piccolo Trieste) Il Comune attacca l’Ater: «Assegnazioni a rilento, manca la commissione» (Piccolo Go-M.) Il giallo del foro sulla grata: «Šinisa portava le cinture» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Poste ingolfate, ritardi e code agli sportelli (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Vigili, vertice in prefettura. Rientra la protesta sindacale (M. Veneto Udine) «Svendono le Poste e i servizi fondamentali» (M. Veneto Udine) Sereni Orizzonti si sposta. Un centro a Pasian di Prato (M. Veneto Udine) Asili e scuole senza bimbi, chiudoino i primi istituti (Gazzettino Pordenone) Provincia fantasma, uffici nel caos (Gazzettino Pordenone) Lavoro femminile, resta alto il divario rispetto agli uomini (Gazzettino Pordenone) Verso il nuovo ospedale (M. Veneto Pordenone) Manca personale e il preside si “trasforma” in impiegato (M. Veneto Pordenone, 2 articoli) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE Più ambulanze e computer, venti milioni alle Aziende (M. Veneto) di Mattia Pertoldi - Ambulanze, materiale informatico, strumentazione medica fondamentale per le diagnosi e la cura delle patologie, ma anche interventi necessari alla messa in sicurezza del patrimonio immobiliare del sistema sanitario regionale. È un paniere di acquisti particolarmente ricco quello che la giunta ha autorizzato – con uno stanziamento complessivo da 20 milioni di euro – per le cinque Aziende sanitarie del Fvg oltre all’Ente per la gestione accentrata dei servizi condivisi (Egas), il Burlo Garofolo e il Cro di Aviano dopo il via libera al piano per gli investimenti relativo all’anno in corso. Il riparto La quota del 2017 è figlia di tre fondi distinti. Quella più consistente, pari a 18 milioni di euro servirà agli enti del sistema sanitario per l’acquisizione di beni mobili e tecnologici per l’attività giornaliera, oltre a finanziare gli interventi edili, e sugli impianti già in funzione, nelle varie strutture presenti in Fvg. Un altra tranche di fondi, pari a 1 milione 740 mila euro, è finalizzata all’attuazione di interventi non previsti nel Programma triennale degli investimenti, ma resisi necessari dal monitoraggio annuale dei bisogni delle diverse aziende e, comunque, per acquisti di importo non superiore ai 100 mila euro. L’ultima quota, invece, è di 260 mila euro e servirà ad acquistare il materiale fondamentale per l’attuazione del programma di odontoiatria sociale voluto dalla Regione. Per quanto riguarda i singoli stanziamenti, inoltre, la fetta maggiore andrà a favore dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine con 4 milioni 816 mila euro, seguita dall’Ass Bassa Friulana-Isontina (3 milioni 916 mila) e dall’Asui di Trieste (stessa cifra). L’Ass Friuli Occidentale, quindi, potrà contare su un budget da 3 milioni 312 mila euro, quella dell’Alto Friuli-Collinare Medio Friuli 2 milioni 197 mila, al Cro di Aviano sarà destinato 1 milione 108 mila, 481 mil a andranno al Burlo Garofolo e 250 mila all’Egas. Interventi tecnici Una parte non irrilevante di fondi (5 milioni e 39 mila euro), come accennato, riguarderà gli interventi sull’impiantistica. Con questa cifra, ad esempio, si finanzierà la sostituzione dei gruppi elettrogeni dell’Aas Alto Friuli (600 mila euro) e il parallelo lavoro sulle cabine di trasformazione (550 mila), così come i lavori di adeguamento alla normativa anti-incendi della struttura Rsa di Roveredo in Piano (360 mila), oppure la manutenzione straordinaria per il presidio per la Salute di Cividale del Friuli (300 mila). Ancora, sempre a titolo esemplificativo, si potrà intervenire per il rifacimento dei bagni di via Farneto a Trieste (valore 200 mila euro) oppure coprire le spese necessarie alla realizzazione del Centro di assistenza primaria nella Bassa friulana (255 mila). Macchinari e tecnologia Con uno stanziamento di 12 milioni 960 mila euro, quindi, la Regione finanzierà l’acquisizione di beni mobili e tecnologici. Nell’Ass Bassa Friulana, andando in ordine, le spese maggiori riguarderanno l’acquisto di una colonna per laparoscopia (260 mila euro), un mammografo (240 mila), un macchinario per la tomosintesi (200 mila) e alcuni pc (153 mila). Per quanto riguarda l’Ass Alto Friuli, l’uscita più rilevante riguarda una serie di ausili per l’assistenza protesica (156 mila euro) oltre a 200 pc (115 mila), mentre per quella del Friuli Occidentale ne serviranno 600 mila per un telecomandato digitale e un tomografo assiale computerizzato. Passando a Trieste, quindi, troviamo 250 mila euro per automezzi dedicati all’assistenza domiciliare, mentre a Udine si punterà sulla sostituzione del macchinario Pet per l’individuazione precoce dei tumori (1 milione 800 mila), al Burlo Garofolo su un tavolo operatorio (90 mila) e varie attrezzature (50 mila) e il Cro di Aviano su sistemi informatici per la salute (150 mila), oltre a un dispositivo per biopsie prostatiche sotto guida di risonanza magnetica (140 mila). Doppi reparti e servizi, stretta della Regione. Tagli entro due mesi testo non disponibile Servizio 118, al via le prove del nuovo sistema (Gazzettino) testo non disponibile Riforme, la Corte accende i fari Uti, sanità e cancellazione delle Province alla verifica di attuazione ed efficacia - testo non disponibile 2 Gruppo Danieli: cala l’utile, sale il fatturato dell’acciaio (M. Veneto) di Elena Del Giudice - Le recenti acquisizioni del Gruppo, non ancora ben integrate, “zavorrano” i conti di Danieli. Fatturato nel semestre in linea con l’anno precedente, ma margine operativo lordo sempre positivo - in flessione. Resta più che buona la posizione finanziaria, il portafoglio ordini cede il 15% determinato da una minore domanda di impianti in parte compensata dalla produzione di acciaio. Le aspettative per il semestre successivo, da gennaio a giugno, sono all’insegna della crescita. In pillole questo il bilancio di metà anno del Gruppo Danieli e relativo al periodo giugnodicembre 2016, approvato ieri dal consiglio di amministrazione. Nel dettaglio i ricavi si sono attestati a 1 miliardo 158 milioni di euro, contro un miliardo 161 milioni di euro dello stesso periodo dell’anno precedente. Il margine operativo lordo normalizzato è sceso del 14% attestandosi a 93,6 milioni di euro (erano 108,4 al 31.12.2015). L’ebit passa da 55,4 a 13,3 milioni, -76%, e l’utile netto del periodo registra -14% a 38,7 milioni di euro. Segno meno anche per l’occupazione, -2%, da 9 mila 419 addetti nel mondo, a 9 mila 190. Il portafoglio ordini scende a 2,3 miliardi di euro, contro i 2,8, -15%, di cui la divisione Steel making (produzione di acciai) incrementa del 6% sia pure su valori più contenuti: 172 milioni di euro. «Il margine operativo lordo del periodo spiega il Gruppo - si è mantenuto secondo le previsioni ma è stato ridotto dagli oneri straordinari sofferti in società recentemente entrate nel gruppo e non ancora ben integrate: l’olandese Danieli Corus, l’italiana FATA e il tubificio ESW Röhrenwerke in Germania. L’ammontare dei ricavi del Gruppo alla fine del primo semestre dell’esercizio 2016/2017 risulta in linea con quanto realizzato nel periodo omologo dello scorso esercizio con un minore fatturato nel settore Plant making (ingegneria e costruzione impianti), ed un incremento del fatturato nel settore acciaio (Steel making) che mostra anche volumi di produzione superiori rispetto al 2015 - ancora l’azienda -. I ricavi per il settore Plant making risultano comunque allineati con le previsioni d’inizio anno e derivano dal rispetto dei programmi di costruzione contrattualmente concordati con i clienti, con un ebitda per 54,9 milioni di euro da normalizzare a 65,3 milioni di euro avendo scontato nel periodo oneri “non ricorrenti” per circa 10,4 milioni di euro legati a costi non ripetibili e di ristrutturazione incorsi su progetti problematici o con avvio ritardato in mercati non ancora completamente normalizzati». I ricavi per il settore Steel making «sono invece leggermente superiori al budget di inizio anno e presentano una redditività di 25,9 milioni di euro da normalizzare a 28,3 milioni di euro avendo scontato nel periodo oneri non ricorrenti per circa 2,4 milioni di euro a seguito del riavvio delle attività del tubificio acquisito recentemente in Germania». La produzione venduta nel periodo dal settore Steel making (Gruppo Abs) ha raggiunto al 31 dicembre 2016 circa 480.000 tonnellate (in crescita del 10% rispetto ai volumi dello scorso esercizio), con l’obiettivo di mantenere questo livello di crescita nei volumi per l’intero esercizio in corso. Il primo semestre dell’esercizio 2016/2017 presenta quindi una redditività operativa positiva seppure ridotta in entrambi i settori operativi «soprattutto per l’effetto di alcuni stanziamenti “una tantum”, tra cui la svalutazione dei certificati energetici relativi ad alcuni progetti prima accolti ma successivamente rigettati dall’Ente Regolatore nel settore Steel making dove si aspetta quindi un miglioramento nel primo semestre del 2017 con una maggiore efficienza nella produzione grazie anche alla raggiunta conformità di molti prodotti dell’impianto Rotoforgia». Rispetto all’utile «l’obiettivo è quello di recuperare nel secondo semestre dell’esercizio in entrambi i settori operativi». Il Gruppo conta di confermare le previsioni sui risultati di fine esercizio in linea con le previsioni di inizio anno. I segnali arrivano da quel che accade sul mercato mondiale dell’acciaio con la Cina sostanzialmente stabile e meno aggressiva sulle politiche di prezzo; un settore dell’automotive e dell’oil and gas in crescita, «che lasciano presagire un 2017 meno incerto con una produzione di acciaio in tenuta e legata anche al mercato delle grandi opere infrastrutturali che, soprattutto nel 2018, potrà portare ad un maggior consolidamento della domanda sia per investimenti fissi sia per prodotti di qualità per l’industria meccanica, cantieristica e trasporti». Danieli continua poi a «consolidare le proprie strutture internazionali con particolare attenzione alla competitività in termini di innovazione, tecnologia, qualità, efficienza e servizio al cliente». Innovazione e prodotti nobili vengono sviluppati soprattutto in Europa mentre la fabbricazione di impianti con tecnologie consolidate 3 viene eseguita nelle fabbriche in Asia, a minor costo ma con la stessa qualità». Nella relazione alla semestrale il Gruppo ricorda gli investimenti in tecnologie che possono aumentare la produttività e il valore aggiunto sviluppando il progetto Digimet, che si occupa dei cambiamenti previsti da Industria 4.0. Infine è di ieri il report sulla brevettazione, che vede una crescita importante dei Paesi Asiatici, in cui Danieli si posiziona al 4° posto in Italia per numero di brevetti dietro Ansaldo Energia, la prima tra le imprese italiane per maggior numero di richieste presentate (50), Pirelli (41), G.D Spa (35), Danieli & C. (33). M5s all’attacco di Fuc: gettato mezzo milione (M. Veneto) «Visto il fuggi fuggi dei dipendenti e il rischio che dinnanzi a nuovi forfait la società entri in difficoltà, l’unico futuro per la Udine-Cividale sarà quello d’inserire la gestione della tratta nel bando sul ferro». A dirlo è il consigliere regionale del M5s, Cristian Sergo, commentando la vertenza sindacale aperta in seno alla Fuc che da un lato vede i lavoratori rivendicare emolumenti pari a quelli dei colleghi con contratto ferroviario, dall’altro invece l’azionista unico - cioè la Regione Fvg – tutt’altro che intenzionato a concedere l’aumento e tanto meno il passaggio di contratto. Sergo rincara la dose. «Eppure – afferma – i fondi per costruire l’ampliamento della sede di via Peschiera a Udine sono stati trovati. Parliamo di un intervento dal costo di 534 mila euro sulla cui utilità non mi esprimo, mi chiedo però se quei soldi non potessero essere utilizzati per evitare la fuga di macchinisti e capitreno anziché per costruire l’ennesimo immobile». Più soft il capogruppo il Forza Italia, Riccardo Riccardi, che Fuc la conosce bene essendo stati i trasporti una sua delega in seno all’ex giunta guidata da Renzo Tondo. «Fuc – afferma – è un patrimonio di competenze e professionalità importanti, ma questo patrimonio va oggi calato all’interno dell’importante trasformazione che sta avvenendo nel nostro Paese in particolare sul tema della separazione tra la gestione della rete e del traffico». Dirimente per il futuro è, a sentire Riccardi, il tema sicurezza. «Sul quale vanno previsti importanti investimenti. Bisogna capire quanto possono essere compatibili e sostenibili in termini di economie di scala in una società che gestisce alcuni chilometri di rete. Una riflessione in questo senso va fatta, ferma restando la convinzione – conclude il forzista – che Fuc sia un patrimonio che la Regione deve tenere in grande considerazione». Di sicurezza parla anche Barbara Zilli (Ln) rifacendosi al convoglio che lo scorso dicembre a Remanzacco è partito lasciando a terra il capotreno. «Chiedo sia fatta chiarezza sull’episodio perché stiamo parlando di sicurezza rispetto alla quale voglio rassicurazioni». Quanto al futuro, per Fuc Zilli rivendica da parte della Regione un esercizio più deciso dell’Autonomia. «Lasciamo perdere Trenitalia, che ha creato fin troppi disagi nelle stazioni minori – afferma l’esponente del Carroccio – e troviamo le soluzioni strategiche migliori per il futuro della società, se possibile ampliando il core business e impiegando in modo ottimale le tante professionalità presenti». (m.d.c.) 4 La crisi dei negozi rionali. A Trieste 300 di meno (Piccolo) di Giulia Basso - Sempre più serrande abbassate e negozi sfitti nei rioni e nelle periferie, che tendono a una desertificazione compensata solo in minima parte dal miglior andamento del commercio in centro città. È una situazione sotto gli occhi di tutti, che accomuna Trieste e Gorizia, e che Confcommercio conferma nel report che fotografa il cambiamento della densità del tessuto commerciale triestino dal 2008 a oggi. Una situazione in controtendenza rispetto ai trend nazionali, che evidenziano come nella maggioranza delle 40 città italiane interessate dall’indagine di Confcommercio, Udine compresa, a chiudere di più siano gli esercizi commerciali del centro storico, mentre la periferia soffre di meno. Il confronto Otto anni dopo, dice lo studio di Confcommercio, a Trieste sono oltre 300 in meno le attività commerciali nelle zone periferiche (da 1683 a 1378) e 19 in meno quelle nel centro storico (da 213 a 194), con un decremento percentuale del 18,1% nelle zone rionali e dell’8,9% nel cuore della città (i numeri assoluti di Udine dicono invece rispettivamente 80 e una decina in meno nel medesimo periodo). A incidere sul dato delle periferie è in particolare la riduzione dei punti vendita di generi alimentari (-14,1%), che invece continuano a funzionare nel centro città. Qui a pesare è, soprattutto nel caso goriziano, la presenza di centri commerciali nelle vicinanze. Le attività in espansione, il segmento alberghiero e quello dei pubblici esercizi, registrano un netto incremento in centro (+33,7% per alberghi e hotel e + 24,6% per bar e ristoranti), mentre nelle periferie non attecchiscono (-3,5% per i primi e -2,7% per i secondi). L’unico a passarsela bene è il comparto informatico e della telefonia, rafforzatosi senza distinguo di ubicazione d’area. Si sono assottigliate ovunque invece la rete distributiva di carburanti, praticamente azzerata in centro e ridottasi del 25% in periferia, e quelle delle rivendite di tabacchi, scese del 73% in centro città e del 27,1% altrove. I trend negativi di questi due comparti sono facilmente riconducibili alla concorrenza slovena. Anche per i negozi d’abbigliamento il momento non è dei migliori: chiudono attività storiche, tiene l’alta gamma ma i marchi per la cosiddetta media borghesia soffrono da morire. Qui, oltre a un cambiamento di mentalità che porta la gente a preferire l’abbigliamento low cost al pregio delle marche, incidono pesantemente le vendite online e gli outlet a pochi chilometri di distanza. Anche l’arrivo dei temporary shop non è gradito dalla categoria: latitano i controlli, perciò, dicono da Confcommercio, le aperture si protraggono ben oltre i 60 giorni previsti per legge. Oltre naturalmente a un problema che accomuna tutti i commercianti al dettaglio: tra tasse e adempimenti vari si finisce con l’incassare meno di quanto si sborsa. Il dettaglio Un focus dell’Osservatorio provinciale è stato dedicato anche alle dinamiche dello shopping del periodo natalizio, atteso con ansia annuale dai commercianti per rimpinguare le casse. Ma anche in questo caso la fotografia, che si basa su un campione di 384 imprese del territorio locale, non è delle più incoraggianti: per il 49% dei negozianti interpellati i ricavi sono peggiorati, per il 36,7% sono rimasti in linea con quelli dell’anno scorso, mentre solo il 14,3% ha evidenziato un miglioramento. I mercatini natalizi hanno contribuito a un incremento di circa il 2,3% degli accessi ai negozi, ma la vera notizia che conferma la crescita di appeal turistico per Trieste è che la clientela in occasione del Natale è stata per il 29% straniera. Gli acquisti sono stati effettuati principalmente nelle giornate festive e hanno portato il 25% di nuova clientela ai commercianti, linfa assolutamente preziosa nell’ottica di una ripresa dei consumi. A questo proposito cresce, anche se molto lievemente, il clima di fiducia per il futuro. Sul fronte del credito invece permangono alcune criticità, in particolare sull’entità delle garanzie richieste dalle banche. Le tecnologie Un tema cruciale su cui finora però i risultati sono ancora insoddisfacenti è il rapporto tra imprese del terziario e web. Solo il 31% delle aziende affida infatti la promozione della propria offerta commerciale alla rete. Sono ancora pochissime le aziende che svolgono abitualmente attività di e-commerce. Chi lo fa, però, ottiene ottimi risultati: +24% di ricavi. La strage di Gorizia, 198 addii in un anno testo non disponibile 5 CRONACHE LOCALI Trattativa ad oltranza sulle mense scolastiche (Piccolo Trieste) di Laura Tonero - È durato fino a tarda serata l’incontro di ieri tra le organizzazioni sindacali e i referenti della Dussmann, la società che nel 2015 si è aggiudicata l’appalto delle mense scolastiche comunali. Sul tavolo la stabilizzazione degli straordinari. Con i sindacati decisi a non mollare pur di ottenere un numero superiore di ore giornaliere consolidate rispetto alle 42 proposte dalla bozza di accordo scaturita dal confronto dello scorso giovedì. L’incontro di ieri tra sindacati e Dussmann si è rivelato articolato fin dalle prime battute. Da una parte l’azienda disposta a questo punto a stabilizzare un pacchetto di straordinari. Dall’altra Andrea Blau della Fisascat Cisl, Matteo Zorn della Uil Tucs e Andrea De Luca della Filcams Cigl decisi invece ad analizzare la situazione di ogni singolo istituto scolastico, di ogni realtà valutando le necessità e la situazione delle dipendenti impegnate. Giovedì scorso, quando l’80% delle 154 lavoratrici aveva incrociato le braccia, in un centinaio erano scese in piazza per denunciare le condizioni di lavoro alle quali da mesi sono costrette, i sindacati avevano strappato la disponibilità dell’azienda ad una trattativa sul consolidamento delle ore di lavoro supplementare diventate ormai strutturali. La seconda giornata di sciopero era stata sospesa rimandando la definizione dell’accordo proprio a ieri. Da mesi le dipendenti Dussmann - cuoche, aiuto cuoche e addette mensa - stanno facendo i salti mortali per riuscire a garantire ai piccoli iscritti di nidi, materne, elementari e medie un servizio di qualità. Con un taglio di oltre il 20% delle ore e di conseguenza dei salari soprattutto delle addette mensa e delle aiuto cuoche, le lavoratrici si vedono comunque costrette a portare a termine la stessa mole di lavoro prevista dall’appalto precedente. C’è chi salta la pausa pranzo pur di terminare il lavoro assegnatole, chi arriva al lavoro un pochino prima e chi se ne va a casa più tardi in modo da portare a termine le pulizie, ad esempio, o la sanificazione delle cucine. Le buste paga di molte, causa il taglio lineare delle ore di lavoro, si sono ridotte anche di oltre il 50%. Ci sono dipendenti che con la gestione precedente delle mense riuscivano a portare a casa oltre mille euro e che ore non ne riescono a percepire nemmeno 500. Ci sono casi limite da poco più di 400 euro. Paghe da fame che hanno messo con le spalle al muro decine e decine di donne, alcune anche over 60 anni con figli a carico e con un’esperienza maturata nel settore delle mense scolastiche anche ventennale. Intanto il Comitato genitori di Banne ha inviato al Comune di Trieste una segnalazione per denunciare i disservizi venutisi a creare nelle giornate del 2 e 3 marzo scorsi, ovvero nella giornata di sciopero delle lavoratrici delle mense e in quella successiva. Perché vista la decisione di sospendere lo sciopero arrivata a tarda ora, alcune strutture non hanno fatto in tempo ad organizzarsi con ordini e approvvigionamenti e si sono viste costrette a somministrare panini, mele, brioche e succhi di frutta anche nella giornata successiva. Panini che, come testimoniano le foto scattate dai genitori, erano poco imbottiti e immangiabili per i bimbi più piccoli che nella maggior parte dei casi hanno digiunato portando l’intero pranzo al sacco a casa intatto. I genitori del plesso di Banne (scuole De Tommasini, Kugy, Rutteri), hanno bollato questa situazione come «inaccettabile» contestando in alcuni casi anche la scadenza di alcuni prodotti. «Le famiglie, - si legge nella nota inviata dal Comitato al Comune - fortemente deluse da tale servizio hanno deciso di non riconoscere l’importo relativo ai pasti di quelle due giornate». Il Comitato denuncia disagi fin dal subentro della nuova ditta appaltatrice. «Tutto è diventato più frenetico a causa della riduzione delle ore del personale», sostengono. «Stiamo raccogliendo le diverse segnalazioni per una definizione più puntale dei disservizi e delle criticità scaturiti in quelle due giornate - sostiene Angela Brandi, assessore comunale all’Educazione - e prendere una decisone sui provvedimenti da assumere nei confronti della Dussmann». 6 Parchi minerali, la Regione diffida la Ferriera (Piccolo Trieste) La Regione ha ieri formalmente diffidato la Acciaieria Arvedi spa a presentare entro quattro mesi il progetto di confinamento e copertura delle aree a parco (minerali e fossile) dello stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola; nella diffida sono anche specificatamente indicati i contenuti minimi del progetto. La Regione ha inoltre disposto che nelle more della realizzazione del progetto di copertura dei parchi, la società adotti ulteriori misure di mitigazione dello spolveramento utili per il contenimento delle emissioni diffuse. L’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata a Siderurgica Triestina srl, ora Acciaieria Arvedi spa, stabiliva che entro 9 mesi dal rilascio dell’Aia la società dovesse presentare il progetto di confinamento e copertura delle aree a parco, corredato da un cronoprogramma di attuazione dello stesso. «Non è stata soddisfatta da Siderurgica Triestina la prescrizione contenuta nell’Autorizzazione integrata ambientale, che impone la copertura dei parchi minerali». Questa era stata la conclusione a cui è arrivata all’unanimità il 26 gennaio la Conferenza dei servizi coordinata dalla Regione e composta anche da Comune, Arpa, Azienda sanitaria e Vigili del fuoco. In una nota la Direzione Ambiente della Regione aveva ricordato come l’Aia avesse stabilito per Siderurgica Triestina l'obbligo di presentare, entro nove mesi il progetto. Tuttavia entro il termine, peraltro prorogato di un mese su richiesta della società, l’azienda ha proposto una relazione che - si legge nella nota di allora della direzione Ambiente - «pur contenendo alcune ipotesi progettuali, conclude evidenziando l'eccessiva onerosità degli interventi richiesti e la difficoltà tecnica della realizzazione degli stessi». «Più precisamente - si specificava ancora - la relazione non contiene elaborati grafici, né soprattutto il cronoprogramma e il quadro economico degli interventi da effettuare. E in particolare si afferma che «la copertura, seppur astrattamente possibile, non sarebbe tecnicamente realizzabile». Nel pomeriggio dello stesso giorno il consigliere di amministrazione Francesco Rosato avrebbe però espresso ai rappresentanti sindacali l’intenzione di attenersi a quanto viene chiesto. Ieri, secondo quanto riferisce ancora la Regione, «è stato necessario adottare la diffida». Acciaierie Arvedi, interpellata, non ha inteso al momento replicare in alcun modo. (s.m.) Il Comune attacca l’Ater: «Assegnazioni a rilento, manca la commissione» (Piccolo Go-Monf.) «Non capisco perchè ancora non si riesce a sbloccare la commissione che valuta le domande per l'assegnazione degli alloggi Ater che da mesi non si riunisce rallentando così l'assegnazione delle abitazioni a famiglie che attendono da anni una risposta». L'attacco parte dall'assessore al welfare, Silvana Romano che, innanzitutto, critica, innanzitutto la Regione per non aver ancora deliberato il nuovo componente della commissione, in sostituzione dell'ex assessore di Monfalcone, Cristiana Morsolin. «Quest'ultima si è dimessa il 16 gennaio e il 25 è stata effettuata la sua sostituzione dal Consiglio delle autonomie- afferma la Romano- ma, ad oggi, la Regione non ha approvato la specifica delibera e, quindi, la commissione non si può riunire mentre un'ottantina di domande e, quindi, di famiglie, attendono di sapere se hanno diritto o meno all'alloggio popolare». Il fatto è, secondo la Romano, che essendoci già stato un vuoto di circa cinque mesi, lo scorso anno, per il fatto che la commissione, scaduta in maggio del 2016 venne rinnovata solamente a novembre, gli ulteriori ritardi non fanno che esasperare le famiglie. «Ogni giorno c'è gente che bussa alla porta del Comune per chiedere informazioni sull'assegnazione degli alloggi e questo blocco della commissione è davvero inaccettabile. Mi auguro che la Regione deliberi quanto prima e consenta, finalmente, a questo organismo di poter lavorare». L'assessore ha ricordato che l'ultimo bando Ater, scaduto il 6 maggio dello scorso anno, ha visto la presentazione di 495 domande. 7 Il giallo del foro sulla grata: «Šinisa portava le cinture» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) L’infortunio mortale è avvenuto nel cantiere edile del Capannone 42, allo stabilimento di Panzano. La vittima stava supervisionando un sottotettoI sindacati, dopo il tragico episodio, hanno subito proclamato lo sciopero, per sensibilizzare le istituzioni sul quarto caso di morte bianca dal 2008 a oggiŠinisa Brankovic, 40enne capocantiere di origine bosniaca è precipitato giovedì scorso da un’altezza di 18 metri nel perimetro della FincantieriUn corteo generale ha sfilato lungo le vie di Monfalcone, il giorno successivo all’incidente. Il sindaco, che ha preso parte all’iniziativa, ha proclamato il lutto cittadinodi Tiziana Carpinelli È arrivato dalla Procura di Gorizia il nulla osta per il rilascio della salma del 40enne Šinisa Brankovic, l’operaio di origine bosniaca precipitato giovedì scorso da un’altezza di 18 metri nel perimetro della Fincantieri. Aveva alle spalle vent’anni di esperienza. Ma nell’attraversare una griglia metallica che costituisce l’ossatura del controsoffitto, per cause ancora al vaglio della magistratura che sul fatto ha aperto un fascicolo al momento contro ignoti per omicidio colposo, è scivolato su un foro di circa un metro per un metro, schiantandosi al suolo. Non è mai giunto all’ospedale, vani i 40 minuti di rianimazione: è morto sul colpo, davanti agli occhi sgomenti dei colleghi. La ditta esterna Abl, azienda specializzata del Bergamasco che conta 170 lavoratori e presso la quale Brankovic operava in qualità di capocantiere e responsabile per la sicurezza, si sta in queste ore confrontando con l’ambasciata per il rimpatrio della salma, dopo lo svolgimento dell’autopsia richiesta dal sostituto Andrea Maltomini e il nulla osta alla sepoltura reso noto ieri dal procuratore generale Massimo Lia. Il 40enne, celibe e senza figli, risiedeva in Lombardia, ma era originario di Banja Luka, la seconda più grande città della Bosnia, dove ha lasciato l’anziana madre. L’Abl srl, nel settore dei montaggi meccanici e delle revisioni e manutenzioni di impianti industriali, ha incaricato i legali di seguire le fasi successive all’infortunio mortale. A giorni, come spiega il responsabile del personale, Paolo Marchesi avrà luogo il rimpatrio delle spoglie di Brankovic in Banja Luka, dove si presume nel fine settimana sarà celebrato il funerale: «Aspettiamo la conferma dall’ambasciata per il rilascio del passaporto mortuario chiarisce -, l’azienda si farà totalmente carico del trasporto della salma in Bosnia e del trasferimento di amici e colleghi di Šinisa a Banja Luka per consentirne la partecipazione alle esequie». L’azienda, che si occupa della manutenzione di impianti, non ha potuto del tutto interrompere l’attività, comunque a regime ridotto data la tragedia che ha sconvolto tutti, per evitare di lasciare in difficoltà terzi. Ma la cesserà in concomitanza dei funerali, in segno di lutto. Inoltre il legale rappresentante della srl si sta attivando per sostenere concretamente la famiglia della vittima in un momento così duro. Sul fronte delle indagini, affidate dalla polizia, la Abl è «in attesa di conoscere lo sviluppo dell’attività investigativa», su cui gli inquirenti per ora mantengono il più stretto riserbo. «Non riusciamo a darci una spiegazione per quello che è accaduto - afferma Marchesi -: Šinisa, uno dei due o tre supervisori della nostra azienda, era un dipendente esperto e capace. Si trovava su una passerella con dispositivi di protezione collettiva, cioè i parapetti, dove non c’è obbligo di essere attaccati». «E comunque - prosegue - indossava la cintura, di questo ne siamo certi. Lo hanno riferito i colleghi. Probabilmente l’hanno tagliata in seguito i soccorritori giunti sul posto per salvarlo». «Chi compie lavori in quota - osserva Marchesi - sa che la cintura di sicurezza è un requisito fondamentale e la indossa sempre. E Šinisa era un dipendente assolutamente formato. Era con noi dal ’98, data dell’assunzione, non uno arrivato ieri. Io stesso lo conoscevo benissimo, perché prima di diventare un tecnico ho lavorato con lui in cantiere. Era uno in gamba. E posso dire che ha supervisionato interventi di manutenzione o montaggio molto più complessi di quello che stava effettuando alla Fincantieri». I dipendenti della Abl, a distanza di una settimana dalla tragedia, sono ancora sconvolti per la morte del collega. È sull’aspetto della preparazione che il responsabile del personale della società bergamasca vuole porre l’accento: «Se vengono i sindacati a visitare la nostra azienda ci fanno i complimenti - sottolinea Marchesi - perché il personale è costantemente sottoposto ad aggiornamenti sulla formazione». «Qui si fa un lavoro rischioso e tecnico - sostiene -: per eseguire il montaggio industriale bisogna essere capaci e soprattutto dei professionisti. A Monfalcone si è verificata una tragedia. Ora dobbiamo capire il perché di questa caduta, come mai c’era questo buco sulla passerella». Che «era stata allestita non da noi, bensì da un’altra ditta». Abl 8 srl confida che a breve, una volta espletate le verifiche, la magistratura renda noti i primi esiti delle indagini, di modo che si possa fare chiarezza su cosa non ha funzionato quel maledetto giovedì al Capannone 42 della Fincantieri. Poste ingolfate, ritardi e code agli sportelli (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - «Pure il sottoscritto ha ricevuto una bolletta scaduta a causa dei ritardi di Poste italiane». Non è una testimonianza qualunque. A raccontare la disavventura è Domenico La Rocca, segretario regionale della Slp Cisl. Quella di oggi sarà una giornata di presidio a Gorizia, con volantinaggi e azioni di sensibilizzazione: l’appuntamento è fissato davanti alla filiale di Poste Italiane spa di corso Verdi dalle 10 alle 12. E i ritardi nella consegna della corrispondenza saranno uno dei temi affrontati. «Purtroppo - attacca La Rocca - ci troviamo di fronte a un’azienda che fa sempre più finanza e garantisce, nel contempo, sempre meno servizi: i servizi basilari. E si tratta di un problema che non va risolto con interventi-tampone ma in maniera strutturale. Siamo dell’idea rimarca il sindacalista cislino - che la privatizzazione del 30% non debba andare in porto. Si rischia che tutto il Dna storico di questa azienda vada perso». Poi, c’è il discorso relativo al microcosmo goriziano. «Nell’Isontino, tra il 2015 e il 2016, sono andate in pensione più di 30 persone senza essere mai sostituite. Certi uffici sono in palese difficoltà. Prova ne siano le file continue. Il personale degli uffici è ridotto all’osso. I vertici delle Poste, poi, si sono rimangiati le 5 “sportellizzazioni”: personale che doveva essere convertito dal servizio di recapito al lavoro allo sportello. Il risultato? Pratiche e file sempre più lunghe». E riguardo agli organici dei portalettere? «Dopo la riorganizzazione con l’introduzione della consegna a giorni alterni c’è stata una piccola eccedenza ma il sistema non funziona. Come dicevo, pure il sottoscritto ha ricevuto una bolletta scaduta. Il rischio, di questo passo, è che a trionfare siano le poste private». Il presidio odierno vedrà protagonisti anche Failp Cisal, Confsal Comunicazioni e Ugl. «La nostra azienda - si legge in un volantino unitario – è ancora percepita come un presidio istituzionale, un grande asset infrastrutturale al servizio della collettività e del tessuto imprenditoriale della nostra economia. Tutto questo è a rischio, unitamente alla garanzia dello stato sui prodotti finanziari che sino ad oggi, pur con rendimenti minimi, ha sempre protetto i risparmi degli italiani». Secondo i sindacati, la volontà è di trasformare Poste Italiane in una vera e propria banca, «con la conseguenza di introdurre quelle dinamiche di rischio/speculazione che tanti danni hanno prodotto alle economie di imprese e di interi nuclei familiari. Oramai l’azienda postale non mostra più alcun interesse sul servizio universale che è obbligata ancora a garantire attraverso i propri centri di recapito, sia per le sovvenzioni che riceve dallo Stato, sia in ossequio all’osservanza di un diritto di cittadinanza ancora in essere in favore dell’intera collettività». «Stiamo perdendo un pezzo importante del nostro patrimonio, per pochi danari, per un ennesimo regalo offerto alle solite oligarchie economiche e finanziarie». «Non basta la tecnologia, serve più personale» testo non disponibile 9 Vigili, vertice in prefettura. Rientra la protesta sindacale (M. Veneto Udine) di Davide Vicedomini - Cgil, Cisl e Uil sospendono lo stato di agitazione sulla vertenza che riguarda il trasferimento del personale pubblico da Comuni all’Uti. Rientra, quindi, la protesta dei tre sindacati che avevano denunciato il caos organizzativo e le ricadute sui lavoratori con l’avvio delle unioni territoriali intercomunali. Il 20 marzo (al più tardi il 22) si terrà il primo tavolo ufficiale dove verranno prese in esame anche le contrattazioni di secondo livello, come quella “dell’arma”, che ha scatenato in questi giorni numerose polemiche poi sfociate nell’assemblea davanti a palazzo d’Aronco di Cisal e Uil. Ieri mattina il prefetto Vittorio Zappalorto ha incontrato le organizzazioni dei lavoratori, il direttore generale dell’Uti Friuli Centrale, Giuseppe Manto e il sindaco Furio Honsell. «È stato un incontro produttivo – spiega Michele Lampe, responsabile regionale della Uil funzione pubblica enti locali – dai toni moderati. Siamo soddisfatti per la convocazione del tavolo che permetterà di amalgamare, come più volte da noi richiesto, gli istituti contrattuali dei dipendenti provenienti dai vari comuni. Va fatto un lavoro di sintesi e trovata al più presto una soluzione per tutti i lavoratori». A fine ottobre le tre sigle sindacali avevano firmato un protocollo d’intesa «per cercare – precisa Lampe – un dialogo con l’amministrazione e per tutelare tutti gli operatori». Dinanzi però «alla mancanza di risposte» Cgil, Cisl e Uil avevano proclamato lo stato di agitazione. «Restano timori e dubbi che dovranno essere fugati durante il tavolo convocato tra circa dieci giorni – continua Lampe - . Intanto, però, abbiamo ricevuto rassicurazioni, per quanto riguarda i vigili, che le indennità di turno verranno di nuovo regolarmente pagate a partire da questo mese. Quella legata alla “pistola” necessiterà invece del passaggio in contrattazione aziendale. Non si poteva procedere diversamente visto che l’ente a cui appartiene ora il personale prima non esisteva. Anche la produttività del singolo lavoratore andrà rivista con il nuovo ente». La polizia locale non resta l’unico fronte caldo. «Anche l’ufficio tributi – fa notare il segretario della Uil - è in grande sofferenza di personale al pari del settore informatico e di quello socio assistenziale. Dal punto di vista organizzativo, infatti, nella fase precedente all’avvio dell’Unione, la parte politica e i vertici dell’Uti non hanno ritenuto di verificare i carichi di lavoro del personale . Si tratta ora di trovare delle soluzioni il più possibile condivise». E a deporre, almeno per il momento, l’ascia di guerra sono anche Cisal e Ugl, che nei giorni scorsi avevano preso un’altra strada, quella della protesta di piazza e dell’assemblea. «La situazione si è aggravata con la decurtazione dei compensi – spiega Beppino Michele Fabris segretario della Sapol Cisal – e con le indecisioni sul fronte dei permessi, delle ferie e del lavoro domenicale. Solo se troveremo un accordo al tavolo del 20 marzo ritireremo lo stato di agitazione. Il direttore Manto ci ha dato alcune rassicurazioni, ma alle promesse devono seguire i fatti, in particolare da parte della politica che finora ha fatto le orecchie da mercante». 10 «Svendono le Poste e i servizi fondamentali» (M. Veneto Udine) Da “presidio sociale” a “vera e propria banca”. È il rischio paventato dai sindacati alla luce della discussione in questi giorni in parlamento sulla privatizzazione di Poste Italiane. Le organizzazioni dei lavoratori di Cisl, Cisal, Confsal e Ugl sono scese in piazza ieri mattina davanti alla sede della posta centrale di via Vittorio Veneto per informare la popolazione con volantini del processo di riforma a cui sta andando incontro la più grande azienda italiana di servizi. «Si vuole svendere un apparato che funziona e che realizza utili – denuncia Rosa Mazzolo segretario provinciale della Cisl Slp –, con il rischio di introdurre quelle dinamiche di speculazione che tanti danni hanno prodotto alle economie di imprese e di interi nuclei familiari». «La posta – aggiunge – è sempre stata percepita, invece, come un presidio istituzionale, anche nei centri più periferici e marginali del nostro Paese». I sindacati lamentano anche il calo degli sportellisti. Solo lo scorso anno a fronte di 35 pre-pensionamenti sono state assunte in provincia solo 3 persone. «Di conseguenza – spiega Mazzolo – abbiamo lavoratori che fanno dai 30 ai 40 chilometri al giorno per tappare le falle». Sono 176 gli uffici attualmente aperti. Settantadue sono mono-operatori, ovvero gestiti da un solo addetto. Di questi, 30 funzionano a giorni alterni. Lo scorso anno ci fu lo spettro di chiusura per 13 sportelli. Fu l’intervento dei comuni al Tar a bloccare i tagli. Alla fine a capitolare sotto la scure furono “solamente” Lavariano, Rodeano Basso e Campeglio. «Con la privatizzazione – dice Mazzolo – si può ripresentare questo scenario di chiusure. Sacrificando gli uffici periferici si ipotizzano dei guadagni nella redditività. Invece si crea uno svantaggio per le fasce deboli». A ciò si è aggiunto il taglio dei portalettere del 30% a Codroipo e a Tolmezzo «che ha portato a disservizi tra i cittadini che si sono visti recapitare anche raccomandate urgenti – fa notare Mazzolo – in ritardo di due settimane, perché i volumi di lavoro per i postini rimasti non sono calati». «Il rischio a cui andiamo incontro – conclude – è di avere meno uffici, meno sportellisti e meno portalettere. Anche i prodotti finanziari che fino a oggi, pur con rendimenti minimi, hanno protetto i risparmi degli italiani non saranno garantiti da questa riforma». «Siamo ormai allo sbando più totale – protesta Gaetano Vitale segretario regionale della Failp Cisal –. Ormai ci sono le solite facce che girano gli uffici. Ed è ancor più grave che l’azienda stia revocando i part time a quelle donne e mamme che hanno bisogno di lavorare per mantenere una famiglia». «Siamo scesi in piazza – conclude Vitale – dopo oltre 15 anni. Vuol dire che qualcosa non va. Il Paese sta perdendo un pezzo importante del suo patrimonio per pochi denari». (d.v.) 11 Sereni Orizzonti si sposta. Un centro a Pasian di Prato (M. Veneto Udine) di Giulia Zanello - Sereni Orizzonti fa i bagagli e dalla città si trasferisce nell’hinterland, chiudendo le tre residenze udinesi di piazzale Cella, viale XXIII Marzo e viale Europa Unita. Sarà Serenia, il complesso multiservizi in costruzione a Pasian di Prato e pronto entro luglio, a ospitare gli anziani che necessitano di cure e assistenza, mentre per quanto riguarda i tre edifici cittadini, due non saranno utilizzati e per l’altro c’e in progetto la realizzazione di un centro diurno. Ben 120 posti letto – gli stessi, praticamente, che le tre strutture attualmente collezionano nel capoluogo in aggiunta alla “quota” riservata ai residenti di Pasian di Prato –, ma soprattutto un polo all’avanguardia che punta a diventare uno dei migliori centri di tutta la regione. Il nuovo spazio, per il quale il gruppo Sereni Orizzonti ha investito quasi 10 milioni di euro, offrirà agli ospiti e alle famiglie diversi servizi sia dal punto di vista sanitario che sul fronte tecnologico, tra innovazione, domotica e telecomunicazioni. «Sarà la struttura più moderna del Friuli Venezia Giulia – afferma il socio di riferimento del gruppo, Massimo Blasoni –. Per noi è il simbolo di una scelta chiara e coraggiosa: chiudere tre case di riposo aperte a Udine vent’anni fa e sostituirle con una residenza nuova e moderna. Vogliamo il meglio per i nostri anziani – aggiunge – e crediamo nell’innovazione tecnologica dei servizi anche per la terza età». Garantirà prestazioni mediche e infermieristiche, servizi di riabilitazione fisico/motoria e di assistenza psicologica grazie al personale qualificato e attraverso l’utilizzo di strumentazioni all’avanguardia nell’ambito sanitario e assistenziale. Senza dimenticare la domotica, tra sistemi di comunicazione digitale per videochiamare e avvicinare, seppur virtualmente, gli ospiti della struttura alle famiglie, una palestra con attrezzature specifiche per la riabilitazione e diversi servizi innovativi per ottimizzare comfort ed efficacia delle cure. Il cantiere, per la realizzazione di un edificio di classe energetica A che si svilupperà su quattro piani e sta circondato da un’area verde, ha preso il via nell’estate del 2016 e si concluderà a luglio di quest’anno. «Burocrazia permettendo, contiamo di trasferirci già a settembre. La realizzazione di quest’opera – precisa Blasoni – rappresenta una delle maggiori soddisfazioni e una delle più importanti sfide intraprese da Sereni Orizzonti e i nostri attuali ospiti, in linea di massima, sono contenti dello spostamento, visto che potranno disporre di una sede di maggiore qualità, con anche a disposizione spazi verdi». Un progetto ambizioso quello della nuova struttura, spiega il socio del terzo gruppo a livello nazionale nell’ambito della costruzione e gestione di residenze sanitarie per anziani – con un piano di investimenti da 120 milioni nel quinquennio 2016-2021, 4.300 posti e 65 strutture distribuite sul territorio nazionale e 2.200 dipendenti –, con lo scopo di dare al territorio friulano non solo il massimo livello di assistenza agli anziani con programmi di specializzazione legati a malattie cronico-degenerative, ma anche un forte impatto occupazionale e una considerevole ricaduta economica. E i progetti, per Sereni Orizzonti, sono sempre più ambiziosi: «Se il Comune di Pasian di Prato accetterà – osserva Blasoni – in futuro ci piacerebbe il polo divenisse una sorta di “cittadella degli anziani”, per fornire servizi supplementari legati alla diagnostica e alla gestione di centri diurni». Così la regione, sostiene l’imprenditore, «tornerà ad essere un modello di sviluppo e crescita nell’ambito sanitario a livello nazionale». 12 Provincia fantasma, uffici nel caos (Gazzettino Pordenone) Davide Lisetto - Provincia in liquidazione, oltre alle questioni legate al destino del patrimonio e alla competenza sulle scuole superiori non è ancora risolta la partita del personale dell'ente. Sì, perché nell'ente fantasma (è commissariato ormai da diversi mesi) nonostante la maggior parte dei servizi siano già trasferiti in Regione sono rimasti una cinquantina di addetti. Nei mesi e nelle settimane scorse si è registrata la fuga dei dirigenti: chi è passato al Comune, chi al Consorzio CellinaMeduna, chi direttamente in Regione ottenendo in qualche caso contratti a tempo determinato. Il segretario generale è part-time: svolge il ruolo a scavalco con la Provincia di Udine. Tra funzionari e impiegati amministrativi nella sede pordenonese sono rimasti, a oggi, 51 addetti. Tra questi anche i tredici addetti dello staff che si occupa dell'edilizia scolastica. Vicenda questa del trasferimento delle scuole che rischia di trasformarsi in un paradosso: con il mese di aprile pare infatti che la competenza sugli istituti superiori passi ai Comuni e non alle Uti. Il personale che da lungo tempo si occupa del settore, invece, sembra destinato - senza possibilità di optare per destinazioni diverse - a passare proprio alle unioni comunali. Un autentico paradosso: così i municipi si troveranno ad amministrare il patrimonio scolastico con personale proprio. Per gli altri 38 dipendenti dell'ex Provincia si era fatto una sorta di bando dando la possibilità di scegliere tra le Uti (che però non hanno ancora fatto assunzioni) o la Regione. Tra questi, in dieci avrebbero indicato come preferenza il trasferimento all'Uti del Noncello, dove però pare non ci sarà posto per tutti. Saranno poi 28 gli addetti che saranno trasferiti in Regione: in questo caso i tempi però non sono determinati con esattezza. I trasferimenti saranno scaglionati anche a seconda del servizio cui il dipendente appartiene. Anche per i trasferimenti verso le Uti la situazione non è chiara: alcuni dipendenti potranno essere trasferiti a breve, altri a novembre. Data entro la quale la Provincia sarà liquidata definitivamente. Intanto, in questa situazione di attesa e di passaggio gli uffici vivono una situazione piuttosto caotica. Funzionari e impiegati devono faticare non poco per organizzare e riuscire a garantire i servizi che devono essere ancora garantiti sul territorio. Una fase caratterizzata anche dall'incertezza sul futuro per gli stessi impiegati: nessuno rischia ovviamente di andare a casa ma non è chiaro come finirà la partita trasferimenti. E proprio per cercare di capire quale sia il quadro nelle diverse Uti - e nei Comuni - del territorio il sindacato del comparto di Cgil, Cisl e Uil ha organizzato delle assemblee per le prossime settimane. 13 Asili e scuole senza bimbi, chiudoino i primi istituti (Gazzettino Pordenone) Marco Agrusti - Quando parla l'Istat, non lascia scampo. Il Friuli Venezia Giulia nel 2016 ha perso quasi 4 mila abitanti (questo il saldo netto calcolato dall'istituto di statistica) e la natalità ha raggiunto il minimo storico. Dati validi con un copia-incolla anche per la provincia di Pordenone, che da oggi ai prossimi anni dovrà preoccuparsi di gestire un'emergenza con tutti i crismi: le scuole dell'infanzia, infatti, si stanno svuotando. E' un'emorragia che non si potrà tamponare e le istituzioni saranno chiamate a scelte drastiche che dovranno puntare a salvare il salvabile. Un esempio arriva già da Roraigrande e oltre che un caso limite è anche il primo, inequivocabile campanello d'allarme. All'asilo di via San Vito, infatti, al prossimo anno scolastico si è iscritto solamente un bambino. Non dieci, non cinque, ma un solo alunno. E la logica conseguenza è una sola: si andrà verso la chiusura progressiva della struttura, che potrà garantire l'educazione a chi sta terminando il primissimo ciclo di studi ma che poi diventerà la prima vittima del calo demografico senza precedenti. La conferma arriva da Alessandro Basso, responsabile politico del mondo scolastico all'interno dell'amministrazione pordenonese guidata da Alessandro Ciriani. «L'asilo di via San Vito - ammette - andrà a chiudere con il tempo, ma la situazione preoccupante riguarda tutte le scuole del territorio». La previsioni fosche sono state oggetto di un meeting andato in scena negli scorsi giorni tra lo stesso Basso e i dirigenti degli istituti comprensivi cittadini: Abbiamo calcolato - spiega senza mezzi termini - che solo la città perderà circa 300 studenti nei prossimi quattro-cinque anni. Saremo obbligati ad una profonda riflessione e ad un generale riposizionamento degli istituti. In breve, sarà un'ecatombe e Pordenone perderà 13-14 classi di studenti. Dalle scuole dell'infanzia la crisi contagerà le elementari e le medie, per farsi sentire infine anche all'interno dei licei e degli istituti professionali. Perderemo insegnanti e professionalità taglia corto Basso. E la mappa della distribuzione delle scuole sul territorio cambierà sensibilmente. A settembre, ad esempio, entreranno all'asilo i bambini nati nel 2014. In Friuli Venezia Giulia sono 9143, contro i 10.022 del 2004. Sono quasi mille persone in meno da inserire nel sistema dell'istruzione. E a Pordenone non c'è solo il caso dell'asilo di via San Vito. La crisi demografica bagna i piedi a tutta la città. Alla Beata Domicilla (Istituto comprensivo Pordenone centro) si registra un calo di 15 bambini ed è in sofferenza anche la scuola di via Mantegna (Pordenone Sud). Tengono botta, ad esempio, i poli di Vallenoncello e Villanova, sempre riferiti alla sezione meridionale del capoluogo. Ma Silvia Burelli, vicaria all'I.C. Pordneone Sud ammette: Le analisi sui prossimi anni non fanno ben sperare, c'è il rischio di chiudere. Il 2015 e il 2016, infatti, sono anni di forte contrazione demografica e si faranno sentire con ancora maggior forza sulle iscrizioni alle scuole dell'infanzia. E' in calo, infine, anche l'asilo di Torre. Non va meglio in provincia, dove nel prossimo lustro il rischio è di perdere 1800 studenti. E in sofferenza anche le paritarie, che in concorrenza con il sistema pubblico entrano a far parte di quella che diventerà soltanto una guerra tra poveri. 14 Lavoro femminile, resta alto il divario rispetto agli uomini (Gazzettino Pordenone) C'è un miglioramento complessivo in provincia e regione del ruolo delle donne sul posto di lavoro, nel senso che i numeri sono in leggero aumento. Resta il fatto che le donne, in caso di crisi aziendali sono quelle che pagano il prezzo più alto. Licenziamenti, cassa integrazione e mobilità. Non solo. Come riportato nello studio effettuato dalla Fondazione provinciale dei commercialisti il divario dello stupendio tra uomo e donna a partià di funzioni e anziantià anche nel Friuli Occidentale resta elevato, circa 300 euro in meno in busta per il mondo in rosa. Dati positivi arrivano dalle Poste che per festeggiare la Giornata della Donna e per sottolineare il ruolo di primo piano svolto dalle donne nella storia e nello sviluppo culturale, sociale e economico del Paese hanno fornito alcuni numeri del lavoro femminile. Nella provincia di Pordenone le donne, per quel che riguarda il lavoro di sportello e amministrativo, rappresentano il 76,8% dell'intero personale con ben 55 direttrici di ufficio postale sul totale di 81 uffici presenti. Per quel che riguarda invece il settore del Recapito, sono una novantina le postine che prestano servizio nella destra al Tagliamento, in percentuale del 55% del totale applicato. Estremamente significativa è anche la presenza femminile nelle posizioni di più elevata responsabilità: sono donne la Presidente di Poste Italiane, le direttrici delle funzioni Marketing Strategico, Affari Regolamentari e Rapporti con le Authority, Architetture Digitali e Servizi per la Pubblica Amministrazione, Risparmio Gestito e Servizi Assicurativi. Le donne, inoltre, forniscono un apporto fondamentale di professionalità e creatività nel percorso di trasformazione che Poste Italiane sta affrontando per accompagnare il Paese verso la nuova economia digitale. Per favorire una presenza femminile sempre più numerosa e incisiva, Poste Italiane ha sviluppato politiche per le Pari Opportunità e alle misure che vengono attuate dall'azienda per aiutare i dipendenti a conciliare gli impegni professionali con le esigenze personali e familiari: tra queste, la creazione di nuovi asili nido, l'adozione di modelli flessibili di organizzazione delle attività e la possibilità di accedere al telelavoro. 15 Verso il nuovo ospedale (M. Veneto Pordenone) di Donatella Schettini - Terminerà oggi la bonifica bellica nell’area su cui sarà costruito il park multipiano del nuovo ospedale di Pordenone e della cittadella della salute. Il cantiere proseguirà con lo scavo, mentre sono in ritardo i lavori di realizzazione del nuovo obitorio di via del Traverso. La bonifica. Prevista dalla legge, è stata realizzata da una ditta specializzata. Prima dei sondaggi, è stato rimossa la copertura in asfalto e sono stati effettuati gli scavi necessari alle verifiche. Durante questa operazione sono stati individuate anche le fondamenta degli edifici abbattuti per fare spazio al parcheggio, adesso rimosse. «Oggi – ha reso noto Loretta De Col, responsabile del procedimento della costruzione del nuovo ospedale e della cittadella della salute - si conclude la bonifica bellica. L’impresa aveva indicato come termine l’8 marzo e così è stato. La prassi prevede poi il sopralluogo da parte del comando militare per una verifica di quanto svolto e il via libera ai lavori». L’autorizzazione viene di solito espressa verbalmente al momento del sopralluogo, ma per procedere bisogna attendere la lettera. «Riteniamo di ottenere tutto entro 15 giorni» ha precisato De Col. Durante la bonifica, che ha riguardato anche l’area della cittadella della salute, non è stato rinvenuto alcun ordigno bellico. I lavori. Una volta ottenuto il nullaosta dal comando militare di Padova, si proseguirà con gli scavi per il park interrato, la prima opera costruita del complesso nuovo ospedale e cittadella della salute. «Saranno realizzati gli scavi - ha proseguito De Col - con la messa in sicurezza dei pendii per garantire la sicurezza di tutto ciò che c’è attorno». Per evitare che il terreno frani, man mano che gli operai scavano saranno realizzate opere di sostegno dei pendii. Questo per garantire l’area attorno al parcheggio. Si scaverà fino ad arrivare al limite per la realizzazione delle fondazioni del nuovo parcheggio, che avrà un solo piano interrato. La progettazione. I lavori del parcheggio sono stati i primi a cominciare, mentre si è ancor all’opera per rendere esecutivo il progetto elaborato dal raggruppamento professionale costituito dalla Politecnica di Modena, Steam di Padova, Cooprogetti di Pordenone, Pinearq di Barcellona e il geologo Giorgio Contratti di Pordenone. Il progetto esecutivo, come da gara di appalto, spetta a chi si è aggiudicato la costruzione dell’ospedale, Cmb di Carpi e Polese di Sacile. «Stiamo facendo incontri a giorni alterni - ha detto De Col - tra i progettisti, la direzione medica e i responsabili delle singole strutture per definire ogni aspetto del nuovo ospedale. Stiamo procedendo letteralmente piano per piano». E’ stato preso in esame anche il problema della visibilità dalle stanze, visti gli edifici così vicini: «Un problema che non si pone per le camere dei piani alti - ha spiegato il responsabile del procedimento - perché le stanze sono state progettate in modo da essere sfalsate. Per evitare questo pericolo negli ambulatori dei piani bassi abbiamo previsto vetri che fanno passare la luce, ma non permettono di vedere dall’esterno». L’obitorio. C’è bisogno di più tempo per le opere di finitura e per le celle mortuarie, che dovevano essere pronte a fine gennaio, si dovrà pazientare un po’. Del Col, però, ha negato che ci saranno ritardi nel cronoprogramma: «Ci eravamo tenuti larghi con i tempi - ha detto e c’è tutto il tempo per terminare la morgue e trasferire quella attuale». L’abbattimento dell’edificio N, quello in cui si trovano adesso le celle mortuarie insieme alle aule per la formazione, è previsto ad agosto. Il nuiovo obitorio darà su via del Traverso e avrà dieci posti, come quello attuale. Sono già state acquistate le attrezzature. Il programma. Almeno in questa fase iniziale non ci sono ritardi. Il calendario dei lavori stabilisce, infatti, che la progettazione del nuovo ospedale sia conclusa a settembre o ottobre. Per quella data sono attese anche tutte le altre autorizzazioni. Una volta ottenute e a progetto esecutivo approvato, le due imprese potranno mettersi all’opera con la posa della prima pietra del nuovo ospedale. Nel frattempo, però, dovrà essere conclusa la parte di park interrato prevista per questa prima fase. Sono previsti 4 anni e mezzo per ultimare il nuovo ospedale e due circa per la cittadella della salute. 16 Manca personale e il preside si “trasforma” in impiegato (M. Veneto Pordenone) di Chiara Benotti - Sei amministrativi in organico nell’istituto comprensivo a Sacile, ma due sono assenti e altri due sono part time: le norme-bavaglio della Buona scuola bloccano la nomina dei supplenti in segreteria. Un’amministrativa precaria ha il contratto in scadenza il 30 giugno: e dopo? L’ic ha 1.600 alunni, 11 plessi e circa 200 dipendenti. Risultato? Il dirigente Claudio Morotti si fa in quattro e dà una mano in segreteria agli impiegati. «I tempi per ricevere gli utenti e pubblico sono condizionati – il capo di istituto è titolare nell’ic liventino e anche reggente nell’ic a CanevaPolcenigo –. La priorità è quella di garantire le scadenze amministrative». Per esempio? Corsa contro il tempo per sistemare gli organici delle classi 2017-18: domani ci sarà l’estrazione a sorte dei posti nella sezione d’infanzia Archimede a Cornadella, dove le domande sono state 44 per 31 banchi liberi. I carichi. Se non staccano la spina, le procedure amministrative si aprono anche di notte nelle segreterie scolastiche: a Sacile e altrove rischiano il collasso per carichi di lavoro. I 42 sportelli provinciali sono sottorganico, come gli uffici dell’ex provveditorato e, intanto, aumentano le richieste burocratiche e cavilli normativi. «Chi si ammala non è sostituito nelle segreterie – hanno confermato i sindacalisti della triplice confederale a Sacile –. La situazione è al limite del collasso operativo, in alcuni istituti». Sos. L’appello era stato in prefettura a Pordenone, qualche mese fa, per dare voce al profondo disagio dei lavoratori. «Torneremo al tavolo dell’ufficio governativo – hanno promesso i sindacalisti Flcgil in città –. Per denunciare la situazione dei bidelli e degli insegnanti». I problemi sul piatto sono tanti. Il blocco contrattuale forse fino al 2018, l’addio agli scatti di anzianità, il congelamento degli stipendi per buona parte della carriera a scuola, il saccheggio del fondo d’istituto, l’utilizzo delle ferie forzate, il taglio economico per la malattia dei lavoratori, la trattenuta del 2,5 per cento per il tfr e la cancellazione del primo gradone stipendiale per neo-assunti dal 2011. I tagli. Nell’anno scolastico 2015-16 gli amministrativi in segreteria erano sette, nell’ic di Sacile: sono ridotti a sei, da settembre 2016. Ai tagli in organico di amministrativi e bidelli (una ventina nel pordenonese calcolati dal 2015) si aggiungono i mal di pancia per il trattamento economico. Salario bloccato da sei anni a quota 1.100 euro, carichi di lavoro in crescita inversamente proporzionali alla busta paga e le tabelle degli organici non corrispondono più alla realtà delle scuole. A Sacile servono due amministrativi e bidelli: una meta impossibile? «Contro i furti ripristinare i bidelli-custodi» testo non disponibile 17