La rassegna di oggi

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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 8 marzo 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Più ambulanze e computer, venti milioni alle Aziende (M. Veneto, 3 articoli)
Riforme, la Corte accende i fari (Gazzettino)
Gruppo Danieli: cala l’utile, sale il fatturato dell’acciaio (M. Veneto)
M5s all’attacco di Fuc: gettato mezzo milione (M. Veneto)
La crisi dei negozi rionali. A Trieste 300 di meno (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
Trattativa ad oltranza sulle mense scolastiche (Piccolo Trieste)
Parchi minerali, la Regione diffida la Ferriera (Piccolo Trieste)
Il Comune attacca l’Ater: «Assegnazioni a rilento, manca la commissione» (Piccolo Go-M.)
Il giallo del foro sulla grata: «Šinisa portava le cinture» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Poste ingolfate, ritardi e code agli sportelli (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Vigili, vertice in prefettura. Rientra la protesta sindacale (M. Veneto Udine)
«Svendono le Poste e i servizi fondamentali» (M. Veneto Udine)
Sereni Orizzonti si sposta. Un centro a Pasian di Prato (M. Veneto Udine)
Asili e scuole senza bimbi, chiudoino i primi istituti (Gazzettino Pordenone)
Provincia fantasma, uffici nel caos (Gazzettino Pordenone)
Lavoro femminile, resta alto il divario rispetto agli uomini (Gazzettino Pordenone)
Verso il nuovo ospedale (M. Veneto Pordenone)
Manca personale e il preside si “trasforma” in impiegato (M. Veneto Pordenone, 2 articoli)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Più ambulanze e computer, venti milioni alle Aziende (M. Veneto)
di Mattia Pertoldi - Ambulanze, materiale informatico, strumentazione medica fondamentale per le
diagnosi e la cura delle patologie, ma anche interventi necessari alla messa in sicurezza del
patrimonio immobiliare del sistema sanitario regionale. È un paniere di acquisti particolarmente
ricco quello che la giunta ha autorizzato – con uno stanziamento complessivo da 20 milioni di euro
– per le cinque Aziende sanitarie del Fvg oltre all’Ente per la gestione accentrata dei servizi
condivisi (Egas), il Burlo Garofolo e il Cro di Aviano dopo il via libera al piano per gli investimenti
relativo all’anno in corso. Il riparto La quota del 2017 è figlia di tre fondi distinti. Quella più
consistente, pari a 18 milioni di euro servirà agli enti del sistema sanitario per l’acquisizione di beni
mobili e tecnologici per l’attività giornaliera, oltre a finanziare gli interventi edili, e sugli impianti
già in funzione, nelle varie strutture presenti in Fvg. Un altra tranche di fondi, pari a 1 milione 740
mila euro, è finalizzata all’attuazione di interventi non previsti nel Programma triennale degli
investimenti, ma resisi necessari dal monitoraggio annuale dei bisogni delle diverse aziende e,
comunque, per acquisti di importo non superiore ai 100 mila euro. L’ultima quota, invece, è di 260
mila euro e servirà ad acquistare il materiale fondamentale per l’attuazione del programma di
odontoiatria sociale voluto dalla Regione. Per quanto riguarda i singoli stanziamenti, inoltre, la fetta
maggiore andrà a favore dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine con 4 milioni 816
mila euro, seguita dall’Ass Bassa Friulana-Isontina (3 milioni 916 mila) e dall’Asui di Trieste
(stessa cifra). L’Ass Friuli Occidentale, quindi, potrà contare su un budget da 3 milioni 312 mila
euro, quella dell’Alto Friuli-Collinare Medio Friuli 2 milioni 197 mila, al Cro di Aviano sarà
destinato 1 milione 108 mila, 481 mil a andranno al Burlo Garofolo e 250 mila all’Egas. Interventi
tecnici Una parte non irrilevante di fondi (5 milioni e 39 mila euro), come accennato, riguarderà gli
interventi sull’impiantistica. Con questa cifra, ad esempio, si finanzierà la sostituzione dei gruppi
elettrogeni dell’Aas Alto Friuli (600 mila euro) e il parallelo lavoro sulle cabine di trasformazione
(550 mila), così come i lavori di adeguamento alla normativa anti-incendi della struttura Rsa di
Roveredo in Piano (360 mila), oppure la manutenzione straordinaria per il presidio per la Salute di
Cividale del Friuli (300 mila). Ancora, sempre a titolo esemplificativo, si potrà intervenire per il
rifacimento dei bagni di via Farneto a Trieste (valore 200 mila euro) oppure coprire le spese
necessarie alla realizzazione del Centro di assistenza primaria nella Bassa friulana (255 mila).
Macchinari e tecnologia Con uno stanziamento di 12 milioni 960 mila euro, quindi, la Regione
finanzierà l’acquisizione di beni mobili e tecnologici. Nell’Ass Bassa Friulana, andando in ordine,
le spese maggiori riguarderanno l’acquisto di una colonna per laparoscopia (260 mila euro), un
mammografo (240 mila), un macchinario per la tomosintesi (200 mila) e alcuni pc (153 mila). Per
quanto riguarda l’Ass Alto Friuli, l’uscita più rilevante riguarda una serie di ausili per l’assistenza
protesica (156 mila euro) oltre a 200 pc (115 mila), mentre per quella del Friuli Occidentale ne
serviranno 600 mila per un telecomandato digitale e un tomografo assiale computerizzato. Passando
a Trieste, quindi, troviamo 250 mila euro per automezzi dedicati all’assistenza domiciliare, mentre a
Udine si punterà sulla sostituzione del macchinario Pet per l’individuazione precoce dei tumori (1
milione 800 mila), al Burlo Garofolo su un tavolo operatorio (90 mila) e varie attrezzature (50 mila)
e il Cro di Aviano su sistemi informatici per la salute (150 mila), oltre a un dispositivo per biopsie
prostatiche sotto guida di risonanza magnetica (140 mila).
Doppi reparti e servizi, stretta della Regione. Tagli entro due mesi
testo non disponibile
Servizio 118, al via le prove del nuovo sistema (Gazzettino)
testo non disponibile
Riforme, la Corte accende i fari
Uti, sanità e cancellazione delle Province alla verifica di attuazione ed efficacia - testo non
disponibile
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Gruppo Danieli: cala l’utile, sale il fatturato dell’acciaio (M. Veneto)
di Elena Del Giudice - Le recenti acquisizioni del Gruppo, non ancora ben integrate, “zavorrano” i
conti di Danieli. Fatturato nel semestre in linea con l’anno precedente, ma margine operativo lordo sempre positivo - in flessione. Resta più che buona la posizione finanziaria, il portafoglio ordini
cede il 15% determinato da una minore domanda di impianti in parte compensata dalla produzione
di acciaio. Le aspettative per il semestre successivo, da gennaio a giugno, sono all’insegna della
crescita. In pillole questo il bilancio di metà anno del Gruppo Danieli e relativo al periodo giugnodicembre 2016, approvato ieri dal consiglio di amministrazione. Nel dettaglio i ricavi si sono
attestati a 1 miliardo 158 milioni di euro, contro un miliardo 161 milioni di euro dello stesso
periodo dell’anno precedente. Il margine operativo lordo normalizzato è sceso del 14% attestandosi
a 93,6 milioni di euro (erano 108,4 al 31.12.2015). L’ebit passa da 55,4 a 13,3 milioni, -76%, e
l’utile netto del periodo registra -14% a 38,7 milioni di euro. Segno meno anche per l’occupazione,
-2%, da 9 mila 419 addetti nel mondo, a 9 mila 190. Il portafoglio ordini scende a 2,3 miliardi di
euro, contro i 2,8, -15%, di cui la divisione Steel making (produzione di acciai) incrementa del 6%
sia pure su valori più contenuti: 172 milioni di euro. «Il margine operativo lordo del periodo spiega il Gruppo - si è mantenuto secondo le previsioni ma è stato ridotto dagli oneri straordinari
sofferti in società recentemente entrate nel gruppo e non ancora ben integrate: l’olandese Danieli
Corus, l’italiana FATA e il tubificio ESW Röhrenwerke in Germania. L’ammontare dei ricavi del
Gruppo alla fine del primo semestre dell’esercizio 2016/2017 risulta in linea con quanto realizzato
nel periodo omologo dello scorso esercizio con un minore fatturato nel settore Plant making
(ingegneria e costruzione impianti), ed un incremento del fatturato nel settore acciaio (Steel
making) che mostra anche volumi di produzione superiori rispetto al 2015 - ancora l’azienda -. I
ricavi per il settore Plant making risultano comunque allineati con le previsioni d’inizio anno e
derivano dal rispetto dei programmi di costruzione contrattualmente concordati con i clienti, con un
ebitda per 54,9 milioni di euro da normalizzare a 65,3 milioni di euro avendo scontato nel periodo
oneri “non ricorrenti” per circa 10,4 milioni di euro legati a costi non ripetibili e di ristrutturazione
incorsi su progetti problematici o con avvio ritardato in mercati non ancora completamente
normalizzati». I ricavi per il settore Steel making «sono invece leggermente superiori al budget di
inizio anno e presentano una redditività di 25,9 milioni di euro da normalizzare a 28,3 milioni di
euro avendo scontato nel periodo oneri non ricorrenti per circa 2,4 milioni di euro a seguito del
riavvio delle attività del tubificio acquisito recentemente in Germania». La produzione venduta nel
periodo dal settore Steel making (Gruppo Abs) ha raggiunto al 31 dicembre 2016 circa 480.000
tonnellate (in crescita del 10% rispetto ai volumi dello scorso esercizio), con l’obiettivo di
mantenere questo livello di crescita nei volumi per l’intero esercizio in corso. Il primo semestre
dell’esercizio 2016/2017 presenta quindi una redditività operativa positiva seppure ridotta in
entrambi i settori operativi «soprattutto per l’effetto di alcuni stanziamenti “una tantum”, tra cui la
svalutazione dei certificati energetici relativi ad alcuni progetti prima accolti ma successivamente
rigettati dall’Ente Regolatore nel settore Steel making dove si aspetta quindi un miglioramento nel
primo semestre del 2017 con una maggiore efficienza nella produzione grazie anche alla raggiunta
conformità di molti prodotti dell’impianto Rotoforgia». Rispetto all’utile «l’obiettivo è quello di
recuperare nel secondo semestre dell’esercizio in entrambi i settori operativi». Il Gruppo conta di
confermare le previsioni sui risultati di fine esercizio in linea con le previsioni di inizio anno. I
segnali arrivano da quel che accade sul mercato mondiale dell’acciaio con la Cina sostanzialmente
stabile e meno aggressiva sulle politiche di prezzo; un settore dell’automotive e dell’oil and gas in
crescita, «che lasciano presagire un 2017 meno incerto con una produzione di acciaio in tenuta e
legata anche al mercato delle grandi opere infrastrutturali che, soprattutto nel 2018, potrà portare ad
un maggior consolidamento della domanda sia per investimenti fissi sia per prodotti di qualità per
l’industria meccanica, cantieristica e trasporti». Danieli continua poi a «consolidare le proprie
strutture internazionali con particolare attenzione alla competitività in termini di innovazione,
tecnologia, qualità, efficienza e servizio al cliente». Innovazione e prodotti nobili vengono
sviluppati soprattutto in Europa mentre la fabbricazione di impianti con tecnologie consolidate
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viene eseguita nelle fabbriche in Asia, a minor costo ma con la stessa qualità». Nella relazione alla
semestrale il Gruppo ricorda gli investimenti in tecnologie che possono aumentare la produttività e
il valore aggiunto sviluppando il progetto Digimet, che si occupa dei cambiamenti previsti da
Industria 4.0. Infine è di ieri il report sulla brevettazione, che vede una crescita importante dei Paesi
Asiatici, in cui Danieli si posiziona al 4° posto in Italia per numero di brevetti dietro Ansaldo
Energia, la prima tra le imprese italiane per maggior numero di richieste presentate (50), Pirelli
(41), G.D Spa (35), Danieli & C. (33).
M5s all’attacco di Fuc: gettato mezzo milione (M. Veneto)
«Visto il fuggi fuggi dei dipendenti e il rischio che dinnanzi a nuovi forfait la società entri in
difficoltà, l’unico futuro per la Udine-Cividale sarà quello d’inserire la gestione della tratta nel
bando sul ferro». A dirlo è il consigliere regionale del M5s, Cristian Sergo, commentando la
vertenza sindacale aperta in seno alla Fuc che da un lato vede i lavoratori rivendicare emolumenti
pari a quelli dei colleghi con contratto ferroviario, dall’altro invece l’azionista unico - cioè la
Regione Fvg – tutt’altro che intenzionato a concedere l’aumento e tanto meno il passaggio di
contratto. Sergo rincara la dose. «Eppure – afferma – i fondi per costruire l’ampliamento della sede
di via Peschiera a Udine sono stati trovati. Parliamo di un intervento dal costo di 534 mila euro sulla
cui utilità non mi esprimo, mi chiedo però se quei soldi non potessero essere utilizzati per evitare la
fuga di macchinisti e capitreno anziché per costruire l’ennesimo immobile». Più soft il capogruppo
il Forza Italia, Riccardo Riccardi, che Fuc la conosce bene essendo stati i trasporti una sua delega in
seno all’ex giunta guidata da Renzo Tondo. «Fuc – afferma – è un patrimonio di competenze e
professionalità importanti, ma questo patrimonio va oggi calato all’interno dell’importante
trasformazione che sta avvenendo nel nostro Paese in particolare sul tema della separazione tra la
gestione della rete e del traffico». Dirimente per il futuro è, a sentire Riccardi, il tema sicurezza.
«Sul quale vanno previsti importanti investimenti. Bisogna capire quanto possono essere
compatibili e sostenibili in termini di economie di scala in una società che gestisce alcuni chilometri
di rete. Una riflessione in questo senso va fatta, ferma restando la convinzione – conclude il forzista
– che Fuc sia un patrimonio che la Regione deve tenere in grande considerazione». Di sicurezza
parla anche Barbara Zilli (Ln) rifacendosi al convoglio che lo scorso dicembre a Remanzacco è
partito lasciando a terra il capotreno. «Chiedo sia fatta chiarezza sull’episodio perché stiamo
parlando di sicurezza rispetto alla quale voglio rassicurazioni». Quanto al futuro, per Fuc Zilli
rivendica da parte della Regione un esercizio più deciso dell’Autonomia. «Lasciamo perdere
Trenitalia, che ha creato fin troppi disagi nelle stazioni minori – afferma l’esponente del Carroccio –
e troviamo le soluzioni strategiche migliori per il futuro della società, se possibile ampliando il core
business e impiegando in modo ottimale le tante professionalità presenti». (m.d.c.)
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La crisi dei negozi rionali. A Trieste 300 di meno (Piccolo)
di Giulia Basso - Sempre più serrande abbassate e negozi sfitti nei rioni e nelle periferie, che
tendono a una desertificazione compensata solo in minima parte dal miglior andamento del
commercio in centro città. È una situazione sotto gli occhi di tutti, che accomuna Trieste e Gorizia,
e che Confcommercio conferma nel report che fotografa il cambiamento della densità del tessuto
commerciale triestino dal 2008 a oggi. Una situazione in controtendenza rispetto ai trend nazionali,
che evidenziano come nella maggioranza delle 40 città italiane interessate dall’indagine di
Confcommercio, Udine compresa, a chiudere di più siano gli esercizi commerciali del centro
storico, mentre la periferia soffre di meno. Il confronto Otto anni dopo, dice lo studio di
Confcommercio, a Trieste sono oltre 300 in meno le attività commerciali nelle zone periferiche (da
1683 a 1378) e 19 in meno quelle nel centro storico (da 213 a 194), con un decremento percentuale
del 18,1% nelle zone rionali e dell’8,9% nel cuore della città (i numeri assoluti di Udine dicono
invece rispettivamente 80 e una decina in meno nel medesimo periodo). A incidere sul dato delle
periferie è in particolare la riduzione dei punti vendita di generi alimentari (-14,1%), che invece
continuano a funzionare nel centro città. Qui a pesare è, soprattutto nel caso goriziano, la presenza
di centri commerciali nelle vicinanze. Le attività in espansione, il segmento alberghiero e quello dei
pubblici esercizi, registrano un netto incremento in centro (+33,7% per alberghi e hotel e + 24,6%
per bar e ristoranti), mentre nelle periferie non attecchiscono (-3,5% per i primi e -2,7% per i
secondi). L’unico a passarsela bene è il comparto informatico e della telefonia, rafforzatosi senza
distinguo di ubicazione d’area. Si sono assottigliate ovunque invece la rete distributiva di
carburanti, praticamente azzerata in centro e ridottasi del 25% in periferia, e quelle delle rivendite di
tabacchi, scese del 73% in centro città e del 27,1% altrove. I trend negativi di questi due comparti
sono facilmente riconducibili alla concorrenza slovena. Anche per i negozi d’abbigliamento il
momento non è dei migliori: chiudono attività storiche, tiene l’alta gamma ma i marchi per la
cosiddetta media borghesia soffrono da morire. Qui, oltre a un cambiamento di mentalità che porta
la gente a preferire l’abbigliamento low cost al pregio delle marche, incidono pesantemente le
vendite online e gli outlet a pochi chilometri di distanza. Anche l’arrivo dei temporary shop non è
gradito dalla categoria: latitano i controlli, perciò, dicono da Confcommercio, le aperture si
protraggono ben oltre i 60 giorni previsti per legge. Oltre naturalmente a un problema che
accomuna tutti i commercianti al dettaglio: tra tasse e adempimenti vari si finisce con l’incassare
meno di quanto si sborsa. Il dettaglio Un focus dell’Osservatorio provinciale è stato dedicato anche
alle dinamiche dello shopping del periodo natalizio, atteso con ansia annuale dai commercianti per
rimpinguare le casse. Ma anche in questo caso la fotografia, che si basa su un campione di 384
imprese del territorio locale, non è delle più incoraggianti: per il 49% dei negozianti interpellati i
ricavi sono peggiorati, per il 36,7% sono rimasti in linea con quelli dell’anno scorso, mentre solo il
14,3% ha evidenziato un miglioramento. I mercatini natalizi hanno contribuito a un incremento di
circa il 2,3% degli accessi ai negozi, ma la vera notizia che conferma la crescita di appeal turistico
per Trieste è che la clientela in occasione del Natale è stata per il 29% straniera. Gli acquisti sono
stati effettuati principalmente nelle giornate festive e hanno portato il 25% di nuova clientela ai
commercianti, linfa assolutamente preziosa nell’ottica di una ripresa dei consumi. A questo
proposito cresce, anche se molto lievemente, il clima di fiducia per il futuro. Sul fronte del credito
invece permangono alcune criticità, in particolare sull’entità delle garanzie richieste dalle banche.
Le tecnologie Un tema cruciale su cui finora però i risultati sono ancora insoddisfacenti è il rapporto
tra imprese del terziario e web. Solo il 31% delle aziende affida infatti la promozione della propria
offerta commerciale alla rete. Sono ancora pochissime le aziende che svolgono abitualmente attività
di e-commerce. Chi lo fa, però, ottiene ottimi risultati: +24% di ricavi.
La strage di Gorizia, 198 addii in un anno
testo non disponibile
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CRONACHE LOCALI
Trattativa ad oltranza sulle mense scolastiche (Piccolo Trieste)
di Laura Tonero - È durato fino a tarda serata l’incontro di ieri tra le organizzazioni sindacali e i
referenti della Dussmann, la società che nel 2015 si è aggiudicata l’appalto delle mense scolastiche
comunali. Sul tavolo la stabilizzazione degli straordinari. Con i sindacati decisi a non mollare pur di
ottenere un numero superiore di ore giornaliere consolidate rispetto alle 42 proposte dalla bozza di
accordo scaturita dal confronto dello scorso giovedì. L’incontro di ieri tra sindacati e Dussmann si è
rivelato articolato fin dalle prime battute. Da una parte l’azienda disposta a questo punto a
stabilizzare un pacchetto di straordinari. Dall’altra Andrea Blau della Fisascat Cisl, Matteo Zorn
della Uil Tucs e Andrea De Luca della Filcams Cigl decisi invece ad analizzare la situazione di ogni
singolo istituto scolastico, di ogni realtà valutando le necessità e la situazione delle dipendenti
impegnate. Giovedì scorso, quando l’80% delle 154 lavoratrici aveva incrociato le braccia, in un
centinaio erano scese in piazza per denunciare le condizioni di lavoro alle quali da mesi sono
costrette, i sindacati avevano strappato la disponibilità dell’azienda ad una trattativa sul
consolidamento delle ore di lavoro supplementare diventate ormai strutturali. La seconda giornata
di sciopero era stata sospesa rimandando la definizione dell’accordo proprio a ieri. Da mesi le
dipendenti Dussmann - cuoche, aiuto cuoche e addette mensa - stanno facendo i salti mortali per
riuscire a garantire ai piccoli iscritti di nidi, materne, elementari e medie un servizio di qualità. Con
un taglio di oltre il 20% delle ore e di conseguenza dei salari soprattutto delle addette mensa e delle
aiuto cuoche, le lavoratrici si vedono comunque costrette a portare a termine la stessa mole di
lavoro prevista dall’appalto precedente. C’è chi salta la pausa pranzo pur di terminare il lavoro
assegnatole, chi arriva al lavoro un pochino prima e chi se ne va a casa più tardi in modo da portare
a termine le pulizie, ad esempio, o la sanificazione delle cucine. Le buste paga di molte, causa il
taglio lineare delle ore di lavoro, si sono ridotte anche di oltre il 50%. Ci sono dipendenti che con la
gestione precedente delle mense riuscivano a portare a casa oltre mille euro e che ore non ne
riescono a percepire nemmeno 500. Ci sono casi limite da poco più di 400 euro. Paghe da fame che
hanno messo con le spalle al muro decine e decine di donne, alcune anche over 60 anni con figli a
carico e con un’esperienza maturata nel settore delle mense scolastiche anche ventennale. Intanto il
Comitato genitori di Banne ha inviato al Comune di Trieste una segnalazione per denunciare i
disservizi venutisi a creare nelle giornate del 2 e 3 marzo scorsi, ovvero nella giornata di sciopero
delle lavoratrici delle mense e in quella successiva. Perché vista la decisione di sospendere lo
sciopero arrivata a tarda ora, alcune strutture non hanno fatto in tempo ad organizzarsi con ordini e
approvvigionamenti e si sono viste costrette a somministrare panini, mele, brioche e succhi di frutta
anche nella giornata successiva. Panini che, come testimoniano le foto scattate dai genitori, erano
poco imbottiti e immangiabili per i bimbi più piccoli che nella maggior parte dei casi hanno
digiunato portando l’intero pranzo al sacco a casa intatto. I genitori del plesso di Banne (scuole De
Tommasini, Kugy, Rutteri), hanno bollato questa situazione come «inaccettabile» contestando in
alcuni casi anche la scadenza di alcuni prodotti. «Le famiglie, - si legge nella nota inviata dal
Comitato al Comune - fortemente deluse da tale servizio hanno deciso di non riconoscere l’importo
relativo ai pasti di quelle due giornate». Il Comitato denuncia disagi fin dal subentro della nuova
ditta appaltatrice. «Tutto è diventato più frenetico a causa della riduzione delle ore del personale»,
sostengono. «Stiamo raccogliendo le diverse segnalazioni per una definizione più puntale dei
disservizi e delle criticità scaturiti in quelle due giornate - sostiene Angela Brandi, assessore
comunale all’Educazione - e prendere una decisone sui provvedimenti da assumere nei confronti
della Dussmann».
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Parchi minerali, la Regione diffida la Ferriera (Piccolo Trieste)
La Regione ha ieri formalmente diffidato la Acciaieria Arvedi spa a presentare entro quattro mesi il
progetto di confinamento e copertura delle aree a parco (minerali e fossile) dello stabilimento
siderurgico della Ferriera di Servola; nella diffida sono anche specificatamente indicati i contenuti
minimi del progetto. La Regione ha inoltre disposto che nelle more della realizzazione del progetto
di copertura dei parchi, la società adotti ulteriori misure di mitigazione dello spolveramento utili per
il contenimento delle emissioni diffuse. L’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata a
Siderurgica Triestina srl, ora Acciaieria Arvedi spa, stabiliva che entro 9 mesi dal rilascio dell’Aia
la società dovesse presentare il progetto di confinamento e copertura delle aree a parco, corredato da
un cronoprogramma di attuazione dello stesso. «Non è stata soddisfatta da Siderurgica Triestina la
prescrizione contenuta nell’Autorizzazione integrata ambientale, che impone la copertura dei parchi
minerali». Questa era stata la conclusione a cui è arrivata all’unanimità il 26 gennaio la Conferenza
dei servizi coordinata dalla Regione e composta anche da Comune, Arpa, Azienda sanitaria e Vigili
del fuoco. In una nota la Direzione Ambiente della Regione aveva ricordato come l’Aia avesse
stabilito per Siderurgica Triestina l'obbligo di presentare, entro nove mesi il progetto. Tuttavia entro
il termine, peraltro prorogato di un mese su richiesta della società, l’azienda ha proposto una
relazione che - si legge nella nota di allora della direzione Ambiente - «pur contenendo alcune
ipotesi progettuali, conclude evidenziando l'eccessiva onerosità degli interventi richiesti e la
difficoltà tecnica della realizzazione degli stessi». «Più precisamente - si specificava ancora - la
relazione non contiene elaborati grafici, né soprattutto il cronoprogramma e il quadro economico
degli interventi da effettuare. E in particolare si afferma che «la copertura, seppur astrattamente
possibile, non sarebbe tecnicamente realizzabile». Nel pomeriggio dello stesso giorno il consigliere
di amministrazione Francesco Rosato avrebbe però espresso ai rappresentanti sindacali l’intenzione
di attenersi a quanto viene chiesto. Ieri, secondo quanto riferisce ancora la Regione, «è stato
necessario adottare la diffida». Acciaierie Arvedi, interpellata, non ha inteso al momento replicare
in alcun modo. (s.m.)
Il Comune attacca l’Ater: «Assegnazioni a rilento, manca la commissione» (Piccolo Go-Monf.)
«Non capisco perchè ancora non si riesce a sbloccare la commissione che valuta le domande per
l'assegnazione degli alloggi Ater che da mesi non si riunisce rallentando così l'assegnazione delle
abitazioni a famiglie che attendono da anni una risposta». L'attacco parte dall'assessore al welfare,
Silvana Romano che, innanzitutto, critica, innanzitutto la Regione per non aver ancora deliberato il
nuovo componente della commissione, in sostituzione dell'ex assessore di Monfalcone, Cristiana
Morsolin. «Quest'ultima si è dimessa il 16 gennaio e il 25 è stata effettuata la sua sostituzione dal
Consiglio delle autonomie- afferma la Romano- ma, ad oggi, la Regione non ha approvato la
specifica delibera e, quindi, la commissione non si può riunire mentre un'ottantina di domande e,
quindi, di famiglie, attendono di sapere se hanno diritto o meno all'alloggio popolare». Il fatto è,
secondo la Romano, che essendoci già stato un vuoto di circa cinque mesi, lo scorso anno, per il
fatto che la commissione, scaduta in maggio del 2016 venne rinnovata solamente a novembre, gli
ulteriori ritardi non fanno che esasperare le famiglie. «Ogni giorno c'è gente che bussa alla porta del
Comune per chiedere informazioni sull'assegnazione degli alloggi e questo blocco della
commissione è davvero inaccettabile. Mi auguro che la Regione deliberi quanto prima e consenta,
finalmente, a questo organismo di poter lavorare». L'assessore ha ricordato che l'ultimo bando Ater,
scaduto il 6 maggio dello scorso anno, ha visto la presentazione di 495 domande.
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Il giallo del foro sulla grata: «Šinisa portava le cinture» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
L’infortunio mortale è avvenuto nel cantiere edile del Capannone 42, allo stabilimento di Panzano.
La vittima stava supervisionando un sottotettoI sindacati, dopo il tragico episodio, hanno subito
proclamato lo sciopero, per sensibilizzare le istituzioni sul quarto caso di morte bianca dal 2008 a
oggiŠinisa Brankovic, 40enne capocantiere di origine bosniaca è precipitato giovedì scorso da
un’altezza di 18 metri nel perimetro della FincantieriUn corteo generale ha sfilato lungo le vie di
Monfalcone, il giorno successivo all’incidente. Il sindaco, che ha preso parte all’iniziativa, ha
proclamato il lutto cittadinodi Tiziana Carpinelli È arrivato dalla Procura di Gorizia il nulla osta per
il rilascio della salma del 40enne Šinisa Brankovic, l’operaio di origine bosniaca precipitato giovedì
scorso da un’altezza di 18 metri nel perimetro della Fincantieri. Aveva alle spalle vent’anni di
esperienza. Ma nell’attraversare una griglia metallica che costituisce l’ossatura del controsoffitto,
per cause ancora al vaglio della magistratura che sul fatto ha aperto un fascicolo al momento contro
ignoti per omicidio colposo, è scivolato su un foro di circa un metro per un metro, schiantandosi al
suolo. Non è mai giunto all’ospedale, vani i 40 minuti di rianimazione: è morto sul colpo, davanti
agli occhi sgomenti dei colleghi. La ditta esterna Abl, azienda specializzata del Bergamasco che
conta 170 lavoratori e presso la quale Brankovic operava in qualità di capocantiere e responsabile
per la sicurezza, si sta in queste ore confrontando con l’ambasciata per il rimpatrio della salma,
dopo lo svolgimento dell’autopsia richiesta dal sostituto Andrea Maltomini e il nulla osta alla
sepoltura reso noto ieri dal procuratore generale Massimo Lia. Il 40enne, celibe e senza figli,
risiedeva in Lombardia, ma era originario di Banja Luka, la seconda più grande città della Bosnia,
dove ha lasciato l’anziana madre. L’Abl srl, nel settore dei montaggi meccanici e delle revisioni e
manutenzioni di impianti industriali, ha incaricato i legali di seguire le fasi successive all’infortunio
mortale. A giorni, come spiega il responsabile del personale, Paolo Marchesi avrà luogo il rimpatrio
delle spoglie di Brankovic in Banja Luka, dove si presume nel fine settimana sarà celebrato il
funerale: «Aspettiamo la conferma dall’ambasciata per il rilascio del passaporto mortuario chiarisce -, l’azienda si farà totalmente carico del trasporto della salma in Bosnia e del trasferimento
di amici e colleghi di Šinisa a Banja Luka per consentirne la partecipazione alle esequie».
L’azienda, che si occupa della manutenzione di impianti, non ha potuto del tutto interrompere
l’attività, comunque a regime ridotto data la tragedia che ha sconvolto tutti, per evitare di lasciare in
difficoltà terzi. Ma la cesserà in concomitanza dei funerali, in segno di lutto. Inoltre il legale
rappresentante della srl si sta attivando per sostenere concretamente la famiglia della vittima in un
momento così duro. Sul fronte delle indagini, affidate dalla polizia, la Abl è «in attesa di conoscere
lo sviluppo dell’attività investigativa», su cui gli inquirenti per ora mantengono il più stretto riserbo.
«Non riusciamo a darci una spiegazione per quello che è accaduto - afferma Marchesi -: Šinisa, uno
dei due o tre supervisori della nostra azienda, era un dipendente esperto e capace. Si trovava su una
passerella con dispositivi di protezione collettiva, cioè i parapetti, dove non c’è obbligo di essere
attaccati». «E comunque - prosegue - indossava la cintura, di questo ne siamo certi. Lo hanno
riferito i colleghi. Probabilmente l’hanno tagliata in seguito i soccorritori giunti sul posto per
salvarlo». «Chi compie lavori in quota - osserva Marchesi - sa che la cintura di sicurezza è un
requisito fondamentale e la indossa sempre. E Šinisa era un dipendente assolutamente formato. Era
con noi dal ’98, data dell’assunzione, non uno arrivato ieri. Io stesso lo conoscevo benissimo,
perché prima di diventare un tecnico ho lavorato con lui in cantiere. Era uno in gamba. E posso dire
che ha supervisionato interventi di manutenzione o montaggio molto più complessi di quello che
stava effettuando alla Fincantieri». I dipendenti della Abl, a distanza di una settimana dalla tragedia,
sono ancora sconvolti per la morte del collega. È sull’aspetto della preparazione che il responsabile
del personale della società bergamasca vuole porre l’accento: «Se vengono i sindacati a visitare la
nostra azienda ci fanno i complimenti - sottolinea Marchesi - perché il personale è costantemente
sottoposto ad aggiornamenti sulla formazione». «Qui si fa un lavoro rischioso e tecnico - sostiene -:
per eseguire il montaggio industriale bisogna essere capaci e soprattutto dei professionisti. A
Monfalcone si è verificata una tragedia. Ora dobbiamo capire il perché di questa caduta, come mai
c’era questo buco sulla passerella». Che «era stata allestita non da noi, bensì da un’altra ditta». Abl
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srl confida che a breve, una volta espletate le verifiche, la magistratura renda noti i primi esiti delle
indagini, di modo che si possa fare chiarezza su cosa non ha funzionato quel maledetto giovedì al
Capannone 42 della Fincantieri.
Poste ingolfate, ritardi e code agli sportelli (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - «Pure il sottoscritto ha ricevuto una bolletta scaduta a causa dei ritardi di Poste
italiane». Non è una testimonianza qualunque. A raccontare la disavventura è Domenico La Rocca,
segretario regionale della Slp Cisl. Quella di oggi sarà una giornata di presidio a Gorizia, con
volantinaggi e azioni di sensibilizzazione: l’appuntamento è fissato davanti alla filiale di Poste
Italiane spa di corso Verdi dalle 10 alle 12. E i ritardi nella consegna della corrispondenza saranno
uno dei temi affrontati. «Purtroppo - attacca La Rocca - ci troviamo di fronte a un’azienda che fa
sempre più finanza e garantisce, nel contempo, sempre meno servizi: i servizi basilari. E si tratta di
un problema che non va risolto con interventi-tampone ma in maniera strutturale. Siamo dell’idea rimarca il sindacalista cislino - che la privatizzazione del 30% non debba andare in porto. Si rischia
che tutto il Dna storico di questa azienda vada perso». Poi, c’è il discorso relativo al microcosmo
goriziano. «Nell’Isontino, tra il 2015 e il 2016, sono andate in pensione più di 30 persone senza
essere mai sostituite. Certi uffici sono in palese difficoltà. Prova ne siano le file continue. Il
personale degli uffici è ridotto all’osso. I vertici delle Poste, poi, si sono rimangiati le 5
“sportellizzazioni”: personale che doveva essere convertito dal servizio di recapito al lavoro allo
sportello. Il risultato? Pratiche e file sempre più lunghe». E riguardo agli organici dei portalettere?
«Dopo la riorganizzazione con l’introduzione della consegna a giorni alterni c’è stata una piccola
eccedenza ma il sistema non funziona. Come dicevo, pure il sottoscritto ha ricevuto una bolletta
scaduta. Il rischio, di questo passo, è che a trionfare siano le poste private». Il presidio odierno
vedrà protagonisti anche Failp Cisal, Confsal Comunicazioni e Ugl. «La nostra azienda - si legge in
un volantino unitario – è ancora percepita come un presidio istituzionale, un grande asset
infrastrutturale al servizio della collettività e del tessuto imprenditoriale della nostra economia.
Tutto questo è a rischio, unitamente alla garanzia dello stato sui prodotti finanziari che sino ad oggi,
pur con rendimenti minimi, ha sempre protetto i risparmi degli italiani». Secondo i sindacati, la
volontà è di trasformare Poste Italiane in una vera e propria banca, «con la conseguenza di
introdurre quelle dinamiche di rischio/speculazione che tanti danni hanno prodotto alle economie di
imprese e di interi nuclei familiari. Oramai l’azienda postale non mostra più alcun interesse sul
servizio universale che è obbligata ancora a garantire attraverso i propri centri di recapito, sia per le
sovvenzioni che riceve dallo Stato, sia in ossequio all’osservanza di un diritto di cittadinanza ancora
in essere in favore dell’intera collettività». «Stiamo perdendo un pezzo importante del nostro
patrimonio, per pochi danari, per un ennesimo regalo offerto alle solite oligarchie economiche e
finanziarie».
«Non basta la tecnologia, serve più personale»
testo non disponibile
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Vigili, vertice in prefettura. Rientra la protesta sindacale (M. Veneto Udine)
di Davide Vicedomini - Cgil, Cisl e Uil sospendono lo stato di agitazione sulla vertenza che
riguarda il trasferimento del personale pubblico da Comuni all’Uti. Rientra, quindi, la protesta dei
tre sindacati che avevano denunciato il caos organizzativo e le ricadute sui lavoratori con l’avvio
delle unioni territoriali intercomunali. Il 20 marzo (al più tardi il 22) si terrà il primo tavolo ufficiale
dove verranno prese in esame anche le contrattazioni di secondo livello, come quella “dell’arma”,
che ha scatenato in questi giorni numerose polemiche poi sfociate nell’assemblea davanti a palazzo
d’Aronco di Cisal e Uil. Ieri mattina il prefetto Vittorio Zappalorto ha incontrato le organizzazioni
dei lavoratori, il direttore generale dell’Uti Friuli Centrale, Giuseppe Manto e il sindaco Furio
Honsell. «È stato un incontro produttivo – spiega Michele Lampe, responsabile regionale della Uil
funzione pubblica enti locali – dai toni moderati. Siamo soddisfatti per la convocazione del tavolo
che permetterà di amalgamare, come più volte da noi richiesto, gli istituti contrattuali dei dipendenti
provenienti dai vari comuni. Va fatto un lavoro di sintesi e trovata al più presto una soluzione per
tutti i lavoratori». A fine ottobre le tre sigle sindacali avevano firmato un protocollo d’intesa «per
cercare – precisa Lampe – un dialogo con l’amministrazione e per tutelare tutti gli operatori».
Dinanzi però «alla mancanza di risposte» Cgil, Cisl e Uil avevano proclamato lo stato di agitazione.
«Restano timori e dubbi che dovranno essere fugati durante il tavolo convocato tra circa dieci giorni
– continua Lampe - . Intanto, però, abbiamo ricevuto rassicurazioni, per quanto riguarda i vigili, che
le indennità di turno verranno di nuovo regolarmente pagate a partire da questo mese. Quella legata
alla “pistola” necessiterà invece del passaggio in contrattazione aziendale. Non si poteva procedere
diversamente visto che l’ente a cui appartiene ora il personale prima non esisteva. Anche la
produttività del singolo lavoratore andrà rivista con il nuovo ente». La polizia locale non resta
l’unico fronte caldo. «Anche l’ufficio tributi – fa notare il segretario della Uil - è in grande
sofferenza di personale al pari del settore informatico e di quello socio assistenziale. Dal punto di
vista organizzativo, infatti, nella fase precedente all’avvio dell’Unione, la parte politica e i vertici
dell’Uti non hanno ritenuto di verificare i carichi di lavoro del personale . Si tratta ora di trovare
delle soluzioni il più possibile condivise». E a deporre, almeno per il momento, l’ascia di guerra
sono anche Cisal e Ugl, che nei giorni scorsi avevano preso un’altra strada, quella della protesta di
piazza e dell’assemblea. «La situazione si è aggravata con la decurtazione dei compensi – spiega
Beppino Michele Fabris segretario della Sapol Cisal – e con le indecisioni sul fronte dei permessi,
delle ferie e del lavoro domenicale. Solo se troveremo un accordo al tavolo del 20 marzo ritireremo
lo stato di agitazione. Il direttore Manto ci ha dato alcune rassicurazioni, ma alle promesse devono
seguire i fatti, in particolare da parte della politica che finora ha fatto le orecchie da mercante».
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«Svendono le Poste e i servizi fondamentali» (M. Veneto Udine)
Da “presidio sociale” a “vera e propria banca”. È il rischio paventato dai sindacati alla luce della
discussione in questi giorni in parlamento sulla privatizzazione di Poste Italiane. Le organizzazioni
dei lavoratori di Cisl, Cisal, Confsal e Ugl sono scese in piazza ieri mattina davanti alla sede della
posta centrale di via Vittorio Veneto per informare la popolazione con volantini del processo di
riforma a cui sta andando incontro la più grande azienda italiana di servizi. «Si vuole svendere un
apparato che funziona e che realizza utili – denuncia Rosa Mazzolo segretario provinciale della Cisl
Slp –, con il rischio di introdurre quelle dinamiche di speculazione che tanti danni hanno prodotto
alle economie di imprese e di interi nuclei familiari». «La posta – aggiunge – è sempre stata
percepita, invece, come un presidio istituzionale, anche nei centri più periferici e marginali del
nostro Paese». I sindacati lamentano anche il calo degli sportellisti. Solo lo scorso anno a fronte di
35 pre-pensionamenti sono state assunte in provincia solo 3 persone. «Di conseguenza – spiega
Mazzolo – abbiamo lavoratori che fanno dai 30 ai 40 chilometri al giorno per tappare le falle». Sono
176 gli uffici attualmente aperti. Settantadue sono mono-operatori, ovvero gestiti da un solo
addetto. Di questi, 30 funzionano a giorni alterni. Lo scorso anno ci fu lo spettro di chiusura per 13
sportelli. Fu l’intervento dei comuni al Tar a bloccare i tagli. Alla fine a capitolare sotto la scure
furono “solamente” Lavariano, Rodeano Basso e Campeglio. «Con la privatizzazione – dice
Mazzolo – si può ripresentare questo scenario di chiusure. Sacrificando gli uffici periferici si
ipotizzano dei guadagni nella redditività. Invece si crea uno svantaggio per le fasce deboli». A ciò si
è aggiunto il taglio dei portalettere del 30% a Codroipo e a Tolmezzo «che ha portato a disservizi
tra i cittadini che si sono visti recapitare anche raccomandate urgenti – fa notare Mazzolo – in
ritardo di due settimane, perché i volumi di lavoro per i postini rimasti non sono calati». «Il rischio
a cui andiamo incontro – conclude – è di avere meno uffici, meno sportellisti e meno portalettere.
Anche i prodotti finanziari che fino a oggi, pur con rendimenti minimi, hanno protetto i risparmi
degli italiani non saranno garantiti da questa riforma». «Siamo ormai allo sbando più totale –
protesta Gaetano Vitale segretario regionale della Failp Cisal –. Ormai ci sono le solite facce che
girano gli uffici. Ed è ancor più grave che l’azienda stia revocando i part time a quelle donne e
mamme che hanno bisogno di lavorare per mantenere una famiglia». «Siamo scesi in piazza –
conclude Vitale – dopo oltre 15 anni. Vuol dire che qualcosa non va. Il Paese sta perdendo un pezzo
importante del suo patrimonio per pochi denari». (d.v.)
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Sereni Orizzonti si sposta. Un centro a Pasian di Prato (M. Veneto Udine)
di Giulia Zanello - Sereni Orizzonti fa i bagagli e dalla città si trasferisce nell’hinterland, chiudendo
le tre residenze udinesi di piazzale Cella, viale XXIII Marzo e viale Europa Unita. Sarà Serenia, il
complesso multiservizi in costruzione a Pasian di Prato e pronto entro luglio, a ospitare gli anziani
che necessitano di cure e assistenza, mentre per quanto riguarda i tre edifici cittadini, due non
saranno utilizzati e per l’altro c’e in progetto la realizzazione di un centro diurno. Ben 120 posti
letto – gli stessi, praticamente, che le tre strutture attualmente collezionano nel capoluogo in
aggiunta alla “quota” riservata ai residenti di Pasian di Prato –, ma soprattutto un polo
all’avanguardia che punta a diventare uno dei migliori centri di tutta la regione. Il nuovo spazio, per
il quale il gruppo Sereni Orizzonti ha investito quasi 10 milioni di euro, offrirà agli ospiti e alle
famiglie diversi servizi sia dal punto di vista sanitario che sul fronte tecnologico, tra innovazione,
domotica e telecomunicazioni. «Sarà la struttura più moderna del Friuli Venezia Giulia – afferma il
socio di riferimento del gruppo, Massimo Blasoni –. Per noi è il simbolo di una scelta chiara e
coraggiosa: chiudere tre case di riposo aperte a Udine vent’anni fa e sostituirle con una residenza
nuova e moderna. Vogliamo il meglio per i nostri anziani – aggiunge – e crediamo nell’innovazione
tecnologica dei servizi anche per la terza età». Garantirà prestazioni mediche e infermieristiche,
servizi di riabilitazione fisico/motoria e di assistenza psicologica grazie al personale qualificato e
attraverso l’utilizzo di strumentazioni all’avanguardia nell’ambito sanitario e assistenziale. Senza
dimenticare la domotica, tra sistemi di comunicazione digitale per videochiamare e avvicinare,
seppur virtualmente, gli ospiti della struttura alle famiglie, una palestra con attrezzature specifiche
per la riabilitazione e diversi servizi innovativi per ottimizzare comfort ed efficacia delle cure. Il
cantiere, per la realizzazione di un edificio di classe energetica A che si svilupperà su quattro piani e
sta circondato da un’area verde, ha preso il via nell’estate del 2016 e si concluderà a luglio di
quest’anno. «Burocrazia permettendo, contiamo di trasferirci già a settembre. La realizzazione di
quest’opera – precisa Blasoni – rappresenta una delle maggiori soddisfazioni e una delle più
importanti sfide intraprese da Sereni Orizzonti e i nostri attuali ospiti, in linea di massima, sono
contenti dello spostamento, visto che potranno disporre di una sede di maggiore qualità, con anche a
disposizione spazi verdi». Un progetto ambizioso quello della nuova struttura, spiega il socio del
terzo gruppo a livello nazionale nell’ambito della costruzione e gestione di residenze sanitarie per
anziani – con un piano di investimenti da 120 milioni nel quinquennio 2016-2021, 4.300 posti e 65
strutture distribuite sul territorio nazionale e 2.200 dipendenti –, con lo scopo di dare al territorio
friulano non solo il massimo livello di assistenza agli anziani con programmi di specializzazione
legati a malattie cronico-degenerative, ma anche un forte impatto occupazionale e una
considerevole ricaduta economica. E i progetti, per Sereni Orizzonti, sono sempre più ambiziosi:
«Se il Comune di Pasian di Prato accetterà – osserva Blasoni – in futuro ci piacerebbe il polo
divenisse una sorta di “cittadella degli anziani”, per fornire servizi supplementari legati alla
diagnostica e alla gestione di centri diurni». Così la regione, sostiene l’imprenditore, «tornerà ad
essere un modello di sviluppo e crescita nell’ambito sanitario a livello nazionale».
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Provincia fantasma, uffici nel caos (Gazzettino Pordenone)
Davide Lisetto - Provincia in liquidazione, oltre alle questioni legate al destino del patrimonio e alla
competenza sulle scuole superiori non è ancora risolta la partita del personale dell'ente. Sì, perché
nell'ente fantasma (è commissariato ormai da diversi mesi) nonostante la maggior parte dei servizi
siano già trasferiti in Regione sono rimasti una cinquantina di addetti. Nei mesi e nelle settimane
scorse si è registrata la fuga dei dirigenti: chi è passato al Comune, chi al Consorzio CellinaMeduna, chi direttamente in Regione ottenendo in qualche caso contratti a tempo determinato. Il
segretario generale è part-time: svolge il ruolo a scavalco con la Provincia di Udine.
Tra funzionari e impiegati amministrativi nella sede pordenonese sono rimasti, a oggi, 51 addetti.
Tra questi anche i tredici addetti dello staff che si occupa dell'edilizia scolastica. Vicenda questa del
trasferimento delle scuole che rischia di trasformarsi in un paradosso: con il mese di aprile pare
infatti che la competenza sugli istituti superiori passi ai Comuni e non alle Uti. Il personale che da
lungo tempo si occupa del settore, invece, sembra destinato - senza possibilità di optare per
destinazioni diverse - a passare proprio alle unioni comunali. Un autentico paradosso: così i
municipi si troveranno ad amministrare il patrimonio scolastico con personale proprio.
Per gli altri 38 dipendenti dell'ex Provincia si era fatto una sorta di bando dando la possibilità di
scegliere tra le Uti (che però non hanno ancora fatto assunzioni) o la Regione. Tra questi, in dieci
avrebbero indicato come preferenza il trasferimento all'Uti del Noncello, dove però pare non ci sarà
posto per tutti. Saranno poi 28 gli addetti che saranno trasferiti in Regione: in questo caso i tempi
però non sono determinati con esattezza. I trasferimenti saranno scaglionati anche a seconda del
servizio cui il dipendente appartiene. Anche per i trasferimenti verso le Uti la situazione non è
chiara: alcuni dipendenti potranno essere trasferiti a breve, altri a novembre. Data entro la quale la
Provincia sarà liquidata definitivamente.
Intanto, in questa situazione di attesa e di passaggio gli uffici vivono una situazione piuttosto
caotica. Funzionari e impiegati devono faticare non poco per organizzare e riuscire a garantire i
servizi che devono essere ancora garantiti sul territorio. Una fase caratterizzata anche dall'incertezza
sul futuro per gli stessi impiegati: nessuno rischia ovviamente di andare a casa ma non è chiaro
come finirà la partita trasferimenti. E proprio per cercare di capire quale sia il quadro nelle diverse
Uti - e nei Comuni - del territorio il sindacato del comparto di Cgil, Cisl e Uil ha organizzato delle
assemblee per le prossime settimane.
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Asili e scuole senza bimbi, chiudoino i primi istituti (Gazzettino Pordenone)
Marco Agrusti - Quando parla l'Istat, non lascia scampo. Il Friuli Venezia Giulia nel 2016 ha perso
quasi 4 mila abitanti (questo il saldo netto calcolato dall'istituto di statistica) e la natalità ha
raggiunto il minimo storico. Dati validi con un copia-incolla anche per la provincia di Pordenone,
che da oggi ai prossimi anni dovrà preoccuparsi di gestire un'emergenza con tutti i crismi: le scuole
dell'infanzia, infatti, si stanno svuotando. E' un'emorragia che non si potrà tamponare e le istituzioni
saranno chiamate a scelte drastiche che dovranno puntare a salvare il salvabile. Un esempio arriva
già da Roraigrande e oltre che un caso limite è anche il primo, inequivocabile campanello d'allarme.
All'asilo di via San Vito, infatti, al prossimo anno scolastico si è iscritto solamente un bambino.
Non dieci, non cinque, ma un solo alunno. E la logica conseguenza è una sola: si andrà verso la
chiusura progressiva della struttura, che potrà garantire l'educazione a chi sta terminando il
primissimo ciclo di studi ma che poi diventerà la prima vittima del calo demografico senza
precedenti. La conferma arriva da Alessandro Basso, responsabile politico del mondo scolastico
all'interno dell'amministrazione pordenonese guidata da Alessandro Ciriani. «L'asilo di via San Vito
- ammette - andrà a chiudere con il tempo, ma la situazione preoccupante riguarda tutte le scuole del
territorio». La previsioni fosche sono state oggetto di un meeting andato in scena negli scorsi giorni
tra lo stesso Basso e i dirigenti degli istituti comprensivi cittadini: Abbiamo calcolato - spiega senza
mezzi termini - che solo la città perderà circa 300 studenti nei prossimi quattro-cinque anni. Saremo
obbligati ad una profonda riflessione e ad un generale riposizionamento degli istituti. In breve, sarà
un'ecatombe e Pordenone perderà 13-14 classi di studenti. Dalle scuole dell'infanzia la crisi
contagerà le elementari e le medie, per farsi sentire infine anche all'interno dei licei e degli istituti
professionali. Perderemo insegnanti e professionalità taglia corto Basso. E la mappa della
distribuzione delle scuole sul territorio cambierà sensibilmente. A settembre, ad esempio,
entreranno all'asilo i bambini nati nel 2014. In Friuli Venezia Giulia sono 9143, contro i 10.022 del
2004. Sono quasi mille persone in meno da inserire nel sistema dell'istruzione. E a Pordenone non
c'è solo il caso dell'asilo di via San Vito. La crisi demografica bagna i piedi a tutta la città. Alla
Beata Domicilla (Istituto comprensivo Pordenone centro) si registra un calo di 15 bambini ed è in
sofferenza anche la scuola di via Mantegna (Pordenone Sud). Tengono botta, ad esempio, i poli di
Vallenoncello e Villanova, sempre riferiti alla sezione meridionale del capoluogo. Ma Silvia
Burelli, vicaria all'I.C. Pordneone Sud ammette: Le analisi sui prossimi anni non fanno ben sperare,
c'è il rischio di chiudere. Il 2015 e il 2016, infatti, sono anni di forte contrazione demografica e si
faranno sentire con ancora maggior forza sulle iscrizioni alle scuole dell'infanzia. E' in calo, infine,
anche l'asilo di Torre. Non va meglio in provincia, dove nel prossimo lustro il rischio è di perdere
1800 studenti. E in sofferenza anche le paritarie, che in concorrenza con il sistema pubblico entrano
a far parte di quella che diventerà soltanto una guerra tra poveri.
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Lavoro femminile, resta alto il divario rispetto agli uomini (Gazzettino Pordenone)
C'è un miglioramento complessivo in provincia e regione del ruolo delle donne sul posto di lavoro,
nel senso che i numeri sono in leggero aumento. Resta il fatto che le donne, in caso di crisi aziendali
sono quelle che pagano il prezzo più alto. Licenziamenti, cassa integrazione e mobilità. Non solo.
Come riportato nello studio effettuato dalla Fondazione provinciale dei commercialisti il divario
dello stupendio tra uomo e donna a partià di funzioni e anziantià anche nel Friuli Occidentale resta
elevato, circa 300 euro in meno in busta per il mondo in rosa. Dati positivi arrivano dalle Poste che
per festeggiare la Giornata della Donna e per sottolineare il ruolo di primo piano svolto dalle donne
nella storia e nello sviluppo culturale, sociale e economico del Paese hanno fornito alcuni numeri
del lavoro femminile. Nella provincia di Pordenone le donne, per quel che riguarda il lavoro di
sportello e amministrativo, rappresentano il 76,8% dell'intero personale con ben 55 direttrici di
ufficio postale sul totale di 81 uffici presenti. Per quel che riguarda invece il settore del Recapito,
sono una novantina le postine che prestano servizio nella destra al Tagliamento, in percentuale del
55% del totale applicato. Estremamente significativa è anche la presenza femminile nelle posizioni
di più elevata responsabilità: sono donne la Presidente di Poste Italiane, le direttrici delle funzioni
Marketing Strategico, Affari Regolamentari e Rapporti con le Authority, Architetture Digitali e
Servizi per la Pubblica Amministrazione, Risparmio Gestito e Servizi Assicurativi. Le donne,
inoltre, forniscono un apporto fondamentale di professionalità e creatività nel percorso di
trasformazione che Poste Italiane sta affrontando per accompagnare il Paese verso la nuova
economia digitale.
Per favorire una presenza femminile sempre più numerosa e incisiva, Poste Italiane ha sviluppato
politiche per le Pari Opportunità e alle misure che vengono attuate dall'azienda per aiutare i
dipendenti a conciliare gli impegni professionali con le esigenze personali e familiari: tra queste, la
creazione di nuovi asili nido, l'adozione di modelli flessibili di organizzazione delle attività e la
possibilità di accedere al telelavoro.
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Verso il nuovo ospedale (M. Veneto Pordenone)
di Donatella Schettini - Terminerà oggi la bonifica bellica nell’area su cui sarà costruito il park
multipiano del nuovo ospedale di Pordenone e della cittadella della salute. Il cantiere proseguirà con
lo scavo, mentre sono in ritardo i lavori di realizzazione del nuovo obitorio di via del Traverso. La
bonifica. Prevista dalla legge, è stata realizzata da una ditta specializzata. Prima dei sondaggi, è
stato rimossa la copertura in asfalto e sono stati effettuati gli scavi necessari alle verifiche. Durante
questa operazione sono stati individuate anche le fondamenta degli edifici abbattuti per fare spazio
al parcheggio, adesso rimosse. «Oggi – ha reso noto Loretta De Col, responsabile del procedimento
della costruzione del nuovo ospedale e della cittadella della salute - si conclude la bonifica bellica.
L’impresa aveva indicato come termine l’8 marzo e così è stato. La prassi prevede poi il
sopralluogo da parte del comando militare per una verifica di quanto svolto e il via libera ai lavori».
L’autorizzazione viene di solito espressa verbalmente al momento del sopralluogo, ma per
procedere bisogna attendere la lettera. «Riteniamo di ottenere tutto entro 15 giorni» ha precisato De
Col. Durante la bonifica, che ha riguardato anche l’area della cittadella della salute, non è stato
rinvenuto alcun ordigno bellico. I lavori. Una volta ottenuto il nullaosta dal comando militare di
Padova, si proseguirà con gli scavi per il park interrato, la prima opera costruita del complesso
nuovo ospedale e cittadella della salute. «Saranno realizzati gli scavi - ha proseguito De Col - con la
messa in sicurezza dei pendii per garantire la sicurezza di tutto ciò che c’è attorno». Per evitare che
il terreno frani, man mano che gli operai scavano saranno realizzate opere di sostegno dei pendii.
Questo per garantire l’area attorno al parcheggio. Si scaverà fino ad arrivare al limite per la
realizzazione delle fondazioni del nuovo parcheggio, che avrà un solo piano interrato. La
progettazione. I lavori del parcheggio sono stati i primi a cominciare, mentre si è ancor all’opera per
rendere esecutivo il progetto elaborato dal raggruppamento professionale costituito dalla Politecnica
di Modena, Steam di Padova, Cooprogetti di Pordenone, Pinearq di Barcellona e il geologo Giorgio
Contratti di Pordenone. Il progetto esecutivo, come da gara di appalto, spetta a chi si è aggiudicato
la costruzione dell’ospedale, Cmb di Carpi e Polese di Sacile. «Stiamo facendo incontri a giorni
alterni - ha detto De Col - tra i progettisti, la direzione medica e i responsabili delle singole strutture
per definire ogni aspetto del nuovo ospedale. Stiamo procedendo letteralmente piano per piano». E’
stato preso in esame anche il problema della visibilità dalle stanze, visti gli edifici così vicini: «Un
problema che non si pone per le camere dei piani alti - ha spiegato il responsabile del procedimento
- perché le stanze sono state progettate in modo da essere sfalsate. Per evitare questo pericolo negli
ambulatori dei piani bassi abbiamo previsto vetri che fanno passare la luce, ma non permettono di
vedere dall’esterno». L’obitorio. C’è bisogno di più tempo per le opere di finitura e per le celle
mortuarie, che dovevano essere pronte a fine gennaio, si dovrà pazientare un po’. Del Col, però, ha
negato che ci saranno ritardi nel cronoprogramma: «Ci eravamo tenuti larghi con i tempi - ha detto e c’è tutto il tempo per terminare la morgue e trasferire quella attuale». L’abbattimento dell’edificio
N, quello in cui si trovano adesso le celle mortuarie insieme alle aule per la formazione, è previsto
ad agosto. Il nuiovo obitorio darà su via del Traverso e avrà dieci posti, come quello attuale. Sono
già state acquistate le attrezzature. Il programma. Almeno in questa fase iniziale non ci sono ritardi.
Il calendario dei lavori stabilisce, infatti, che la progettazione del nuovo ospedale sia conclusa a
settembre o ottobre. Per quella data sono attese anche tutte le altre autorizzazioni. Una volta
ottenute e a progetto esecutivo approvato, le due imprese potranno mettersi all’opera con la posa
della prima pietra del nuovo ospedale. Nel frattempo, però, dovrà essere conclusa la parte di park
interrato prevista per questa prima fase. Sono previsti 4 anni e mezzo per ultimare il nuovo ospedale
e due circa per la cittadella della salute.
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Manca personale e il preside si “trasforma” in impiegato (M. Veneto Pordenone)
di Chiara Benotti - Sei amministrativi in organico nell’istituto comprensivo a Sacile, ma due sono
assenti e altri due sono part time: le norme-bavaglio della Buona scuola bloccano la nomina dei
supplenti in segreteria. Un’amministrativa precaria ha il contratto in scadenza il 30 giugno: e dopo?
L’ic ha 1.600 alunni, 11 plessi e circa 200 dipendenti. Risultato? Il dirigente Claudio Morotti si fa in
quattro e dà una mano in segreteria agli impiegati. «I tempi per ricevere gli utenti e pubblico sono
condizionati – il capo di istituto è titolare nell’ic liventino e anche reggente nell’ic a CanevaPolcenigo –. La priorità è quella di garantire le scadenze amministrative». Per esempio? Corsa
contro il tempo per sistemare gli organici delle classi 2017-18: domani ci sarà l’estrazione a sorte
dei posti nella sezione d’infanzia Archimede a Cornadella, dove le domande sono state 44 per 31
banchi liberi. I carichi. Se non staccano la spina, le procedure amministrative si aprono anche di
notte nelle segreterie scolastiche: a Sacile e altrove rischiano il collasso per carichi di lavoro. I 42
sportelli provinciali sono sottorganico, come gli uffici dell’ex provveditorato e, intanto, aumentano
le richieste burocratiche e cavilli normativi. «Chi si ammala non è sostituito nelle segreterie – hanno
confermato i sindacalisti della triplice confederale a Sacile –. La situazione è al limite del collasso
operativo, in alcuni istituti». Sos. L’appello era stato in prefettura a Pordenone, qualche mese fa, per
dare voce al profondo disagio dei lavoratori. «Torneremo al tavolo dell’ufficio governativo – hanno
promesso i sindacalisti Flcgil in città –. Per denunciare la situazione dei bidelli e degli insegnanti». I
problemi sul piatto sono tanti. Il blocco contrattuale forse fino al 2018, l’addio agli scatti di
anzianità, il congelamento degli stipendi per buona parte della carriera a scuola, il saccheggio del
fondo d’istituto, l’utilizzo delle ferie forzate, il taglio economico per la malattia dei lavoratori, la
trattenuta del 2,5 per cento per il tfr e la cancellazione del primo gradone stipendiale per neo-assunti
dal 2011. I tagli. Nell’anno scolastico 2015-16 gli amministrativi in segreteria erano sette, nell’ic di
Sacile: sono ridotti a sei, da settembre 2016. Ai tagli in organico di amministrativi e bidelli (una
ventina nel pordenonese calcolati dal 2015) si aggiungono i mal di pancia per il trattamento
economico. Salario bloccato da sei anni a quota 1.100 euro, carichi di lavoro in crescita
inversamente proporzionali alla busta paga e le tabelle degli organici non corrispondono più alla
realtà delle scuole. A Sacile servono due amministrativi e bidelli: una meta impossibile?
«Contro i furti ripristinare i bidelli-custodi»
testo non disponibile
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