Articolo di Antonia Arslan su Avvenire
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Articolo di Antonia Arslan su Avvenire
21 Martedì 13 Ottobre 2015 CULTURA, RELIGIONI, TEMPO LIBERO, SPETTACOLI, SPORT anzitutto Verona onora Salgari La statua alla Biblioteca opo Romeo e Giulietta, anche Emilio Salgari. Verona onora il suo illustre cittadino venerdì 16 ottobre alle 16, inaugurando la statua di Salgari davanti alla Biblioteca Civica (via Cappello 43). Il sindaco Flavio Tosi scoprirà l’effigie bronzea dello scrittore in una cerimonia-festa per i tanti entusiasti lettori che in tutto il mondo amano i romanzi e gli indimenticabili personaggi scaturiti dalla penna del «capitano». La scultura, due metri di altezza per circa 5 quintali, è opera di Sergio Pasetto; Salgari è raffigurato sorridente nel vento, mentre scavalca la fantastica Mompracem e porta la mano alla bombetta, così come venne ritratto nelle poche caricature della sua giovanile attività giornalistica alla «Nuova Arena» di Verona: sulle cui pagine vide la luce anche Sandokan. D Antonia Arslan L’intervista L’eredità viva di Hrant Dink Lo scrittore egiziano Ibrahim: «Il mondo arabo salvato dall’ironia» ANTONIA ARSLAN DANIELA PIZZAGALLI MILANO rima che la notte si impossessi di te, accendi la tua candela». Questo vecchio proverbio greco mi sembra una bellissima e calzante introduzione al racconto dell’intenso ed emozionante cammino – intellettuale e morale – che l’autore, nipote di Cemal Pascià, uno dei principali artefici del genocidio armeno, ha compiuto nel corso degli anni. Un sofferto e meditato percorso verso la conoscenza della realtà terribile del 1915, che lo ha portato un po’ alla volta a identificarsi con la sofferenza, il disagio e la paura che sono ancora oggi assai forti nei suoi concittadini turchi di origine armena. E la fraterna amicizia con Hrant Dink – il giornalista turco-armeno assassinato di fronte alla redazione del suo giornale “Agos” nel gennaio 2007 – lo ha condotto a una definitiva presa di coscienza e a una netta scelta di campo. La richiesta di giustizia e la volontà di agire perché sia riconosciuta l’immensa tragedia che colpì il popolo armeno fra il 1915 e il 1923, facendo chiarezza in una narrazione storica costruita su una spudorata menzogna di stato (anzi, rovesciandola!), è diventata la sua missione, ed è la ragione profonda di questo libro, scritto per amore di una verità celata e negata. Rivelarla, farla riaffiorare dalla palude di neghittoso oblio che l’ha coperta per ottant’anni, gli è sembrato il mezzo infallibile perché un’autentica democrazia finalmente si affermi in Turchia. Hasan Cemal vuole curare l’antica ferita, attenuare l’odio, far respirare finalmente a pieni polmoni l’anima rattrappita e intirizzita del suo amato Paese. È stato un percorso, il suo, difficile e impervio. Ha dovuto affrontare, prima di tutto, la sua stessa pesante eredità famigliare. Giornalista di razza, ha presto compreso come il fantasma del mitico nonno, ministro e pascià, aleggiante come memoria rispettata e importante fra i suoi discendenti, andasse trattato con cauto ma definitivo distacco. Questo non lo ha reso certo popolare in famiglia, e neppure nel suo ambiente: è stato chiamato traditore e attaccato violentemente. Niente lo ha fermato, anche perché nel frattempo aveva incontrato la straordinaria personalità di Hrant Dink, e la sua limpida volontà di ristabilire, su nuove basi, quell’antica tolleranza, quella convivenza fra due popoli che abitavano nello stesso Paese, il turco e l’armeno, che la tragedia infinita del genocidio e delle sue conseguenze aveva allontanato sempre di più [...]. Ma questo libro è unico per la freschezza inaspettata e persuasiva con cui Hasan Cemal allinea un’antologia impressionante: documenti su documenti, testimonianze, articoli, informazioni di prima mano su ciò che veramente accade oggi in Turchia. Non è solo la sua voce che si sente, ma quella di molti altri scrittori, giornalisti, attivisti, avvocati, che sono gli attori del grande rivolgimento in corso che sta erodendo le basi della leggenda nera contro il popolo armeno, messa insieme all’inizio della Repubblica turca e mantenuta fino ad oggi – cementata, direi – da tutte le autorità del Paese. Liberarsi di questa menzogna, sfidare il famigerato art. 301 del codice penale, imparare ad ascoltare il passato. Forte risuona in tutto il libro la voce della famiglia di Dink. Rakel, la moglie, singhiozza su quella tenebra che ha fatto di un bambino un asHASAN CEMAL sassino; con Delal, la figlia, e altri amici, Hasan compie quel viaggio a Yerevan che culminerà nella visita al mausoleo del genocidio e in una cena con er scrivere questo libro, sedumolti ghenaz (brindisi armeni) in un ristorante delto di fronte al computer, mi son detto: mi sa che nella mia la capitale. Arat, il figlio, commenta con amara irovita non posso non fare il binia le parole irridenti e compiaciute sul trattamenlancio del passato. Mi si son destati to delle minoranze nel 1915, pronunciate nel 2008 nell’animo strani sentimenti, interrodal ministro della Difesa Vecdi Gönül. E Hasan Cemal, beffardo, commenta con flemma orientale: «Hanno chiesto al cammello perché avesse il Polemiche ad Ankara dorso storto, e lui rispose: È in uscita per i tipi di Guerini e Associati “Qual è la mia parte dritta?”... “1915: genocidio armeno” (pagine 288, euro Quando arriveremo a capi24,50) di Hasan Cemal, giornalista e scrittore re – per oggi e per il futuro, turco e nipote di Cemal Pascià, uno dei triumviri che per la pace e per la demoguidarono l’Impero ottomano durante la Grande crazia – che l’addossarsi e Guerra. Hasan Cemal riconosce il genocidio l’impossessarsi del 1915 ci armeno e denuncia gli orrori del 1915: in Turchia il ha fornito di una gobba non libro ha suscitato grandi polemiche e accuse di alto indifferente e che non abtradimento all’autore. Anticipiamo in questa pagina biamo in realtà nessun bisoalcuni stralci della prefazione di Antonia Arslan gno di tenercela?». e della riflessione introduttiva di Hasan Cemal. «P hat è una donna qualunque, una madre di famiglia un po’ goffa e con un lavoro insoddisfacente, la tipica esponente della piccola borghesia cairota, i cui sogni sono dettati dalla tv. Nata in un romanzo del 1992 da uno dei più noti e impegnati scrittori egiziani, Sonallah Ibrahim, ora tradotto da noi col titolo Le stagioni di Zhat (Jaca Book, pagine 402, euro 18) che l’autore sta presentando in un tour italiano, è diventata protagonista di una sit-com televisiva popolarissima in tutto il mondo arabo. Solo apparentemente Le stagioni di Zhat è una commedia di costume, e non poteva essere diversamente perché il settantottenne Sonallah Ibrahim è sempre stato un autore impegnato in politica: nel 1959 fu imprigionato quando Nasser perseguitò i comunisti che pure l’avevano appoggiato, uscì dopo sette anni e visse per un po’ a Berlino e a Mosca prima di tornare in patria. Nel 2004 ha avuto grande risonanza il suo rifiuto del prestigioso Premio dell’Alto Consiglio della Cultura: intervenuto alla cerimonia contestò pubblicamente il premio accusando il governo Mubarak di corruzione. Nel 2005 fu uno dei fondatori del gruppo di opposizione Kifaya ("Basta!"), un movimento che ha avuto un ruolo importante nella rivoluzione di piazza Tahrir del 2011. Nel suo romanzo c’è una costante satira sulla tv, sull’aberrante potere che esercita nelle famiglie, tanto che le persone che dialogano sono spesso definite "macchinette da trasmissione", perché adottano immagini e giudizi ricalcati da quanto vedono sui teleschermi. Sembra quindi un paradosso che il suo romanzo abbia avuto tanta popolarità grazie alla tv: è stata una versione autoironica? «Davvero c’è molta ironia nel fatto che proSonallah Ibrahim prio la tv abbia accresciuto la mia reputazione! E pensare che quando ci siamo sposati, nel 1975, mia moglie ed io avevamo L’autore deciso di non tenere in casa quell’aggegè in Italia per presentare gio terribile che era la tv. Oggi ne abbiamo tre, e l’abbonamento via cavo! Quanto alun nuovo la sit-com, non è stato un mio progetto, romanzo da cui ma ho apprezzato molto la possibilità di è stata tratta raggiungere strati più vasti della popolauna popolare zione». Il romanzo si svolge in un microcosmo esit com semplare, Heliopolis, il quartiere residenziale del Cairo dove vive lei stesso. Come mai ha descritto la sua propria quotidianità attraverso le vicende di una donna? 1915 «Ma Zhat in realtà rappresenta l’Egitto, il semplice cittadino medio, pienamente consapevole di ciò che sta accadendo ma In alto, incapace di prendere l’iniziativa di un’azione politica a cauuna celebre sa dell’abitudine alla paura, una paura derivata dalla contiimmagine nua oppressione del popolo, e questo succede fin dal temdel genocidio po dei Faraoni! Quanto all’ambientazione ad Heliopolis, mi armeno viene naturale perché sono i luoghi che conosco meglio, e A lato, da sinistra, io non scrivo mai di cose che non conosco profondamenHasan Cemal, te. E poi ci sono i sentimenti che mi legano a questa zona Hrant Dink del Cairo, dove ho vissuto per oltre mezzo secolo. Dato che e Cemal Pascià a Heliopolis hanno sempre vissuto molte comunità straniere, come armeni, italiani, ebrei, è un quartiere molto interessante e sofisticato». Nel romanzo, il filo conduttore politico è rappresentato dai capitoli che si alternano alla storia di Zhat, con titoli e occhielli tratti dai giornali egiziani usciti negli anni ’60, ’70 e ’80 a commento delle tre dittature di Nasser, Sadat e Mubarak, accomunati dalla corruzione e dal degrado. Con che criterio ha assemblato questi capitoli? a dimenticare quel mattino di Yere«Avevo conservato un sacco di ritagli. Ho incominciato a raggativi. Chissà se scrivere un libro sivan del settembre 2008. Nelle prime grupparli per argomento, poi li ho assemblati secondo le remile può essere opportunismo opluci dell’alba appariva e scompariva gole della musica classica: una frase, poi una contraddizione, pure ostentare eroismo? Chissà se tra la nebbia il picco nobile del Monpoi la frase precedente con uno sviluppo in più, poi il risultaqualcuno potrebbe giudicarmi in te Agri dell’Ararat. «La mano della stoto finale». questo modo? Oppure, si potrebbe, ria – avevo annotato quella mattina – Grazie a questo accompagnamento di sottofondo, la storia ogni anno in certe date, aggirarsi nei indica la strada giusta a chi la vuole vedi Zhat e della sua famiglia assume spessore di denuncia atcorridoi dell’“Agos” con espressioni dere». Nel 1919, in India, l’esercito cotraverso l’arma della satira: irresistibile, ad esempio, il patristi sul viso, partecipare ogni 19 genloniale britannico aprendo il fuoco rallelismo tra le tre "ere" dei dittatori e quelle delle tre ternaio alle manifestazioni, alle celebrasulla popolazione aveva commesso ribili colf di Zhat. Nel romanzo, lei sembra fiero di aver rezioni commemorative di Hrant un crimine contro l’umanità: aveva suscitato «il talento che distingueva gli egiziani dal resto del Dink… Chissà se gli armeni volevano compiuto il Massacro di Amritsar. Nel mondo, il loro dono naturale di ridere e far ridere». condividere i loro dolori con «il nipo1997 Elisabetta II regina d’Inghilterra, «Sì, l’umorismo egiziano è famoso. È la nostra arma segreta te di Cemal Pascià»? porgendo le sue scuse al popolo incontro l’oppressione. Quando provavo frustrazione per la pasMa dopo, mi sono ricordato di quel diano, aveva detto: «Ciò che è successività e l’acquiescenza dei miei connazionali, usavo la satira mattino a Yerevan, quando il sole naso ad Amritsar è stato un disastro, ma per provocarli ad agire. È questo il compito della satira!». sceva tra la nebbia colorando di pornon è possibile cambiare la storia». Che cosa è cambiato in Egitto dopo la rivoluzione del 2011? pora tutt’intorno. Deponendo tre gaÈ chiaro che non possiamo cambia«La paura finalmente è sparita, ed è comparso il desiderio di rofani bianchi sul Monumento del geagire al più presto». nocidio armeno avevo sussurrato tra re la storia, ma sta a noi confrontarMa alle tensioni politiche si aggiunge la minaccia dell’Is... me e me: «Caro Hrant, mi hanno porci con essa. Come potremmo avan«Quella è la minaccia più grave e pericolosa, stiamo rischiando tato qui i tuoi dolori; cerco di provarzare verso il futuro senza confrondi tornare indietro di parecchi secoli e di perdere tutto quelli nel mio cuore, di capire i dolori tuoi tarci e fare i conti con le tristi realtà lo che possiamo aver ottenuto finora». e dei tuoi antenati, e li condivido. Ridel passato? posa in pace fratello mio». Non riesco © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso. Arriva in Italia l’autobiografia di Hasan Cemal, nipote di uno degli architetti della strage Armeni: io, turco, denuncio il GENOCIDIO L’autore. P © RIPRODUZIONE RISERVATA «La storia ci indica la strada» Z