Brasilia e Chandigarh, città dell`utopia

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Brasilia e Chandigarh, città dell`utopia
la Repubblica - Milano
H
sabato 20 novembre 2010
pag. XXI
Come sono nate e che cosa resta delle due capitali progettate negli anni ’50 da Niemeyer e Le Corbusier
Brasilia e Chandigarh, città dell’utopia
LE MOSTRE
l
e
LE FOTO
Brasilia è ella
Triennale,
v. Alemagna
6, fino al 23
gennaio
Chandigarh a
Nowehere
Gallery, via
Caravaggio
14, fino
al 22 gennaio
Qui a fianco
una delle
fotografie
scattate da
Alessandro
Cimmino a
Chandigharh,
a sinistra
uno scorcio
di Brasilia
n
a
BARBARA CASAVECCHIA
ONO trascorsi 50 anni esatti da quando Brasilia venne proclamata nuova
capitale del Brasile. E solo 53 dall’apertura dei cantieri: una velocità da guinness,
per una metropoli costruita da zero. Progettata dall’urbanista Lucio Costa e dall’architetto Oscar Niemeyer, a forma di astronave
posatasi sull’altipiano deserto del Planalto,
Brasilia è stata il manifesto tropicalista dell’utopia del Movimento Moderno, la cittàgiardino costruita secondo i principi della
Carta di Atene stilata da Le Corbusier nel ‘43.
Una mostra alla Triennale (a cura di Alessandro Balducci, Antonella Bruzzese, Remo
Dorigati e Luigi Spinelli, che firmano anche
l’ottimo catalogo Electa) ne ripercorre la
storia, tra alti e bassi: dagli esordi entusia-
S
e
d
a
a
A
smanti sotto la presidenza di Juscelino Kubitscheck, agli anni della dittatura militare,
fino ai nostri giorni. Che la vedono nel ruolo
di porzione minima (solo l’8%) del Distrito
Federal in pieno boom; la maggior parte degli abitanti vive nelle città-satellite sorte, nel
più tradizionale e retrivo dei modi, per dare
un tetto agli operai del Plano Piloto. A raccontarlo, documenti, schizzi di Niemeyer,
memorabilia, riviste, le musiche di Vinicius
e Jobin e l’hip hop inferocito della favela di
Ceilandia (“Brasilia è un muro che ha separato i poveri e i ricchi, capisci?”). E tante foto: quelle epiche e lunari, in bianco e nero,
di Marcel Gautherot del ‘60, e quelle recenti di Iwan Baan che raccontano a colori una
città meno eterea, invasa da macchine, per-
sone e costruzioni fai-da-te, che hanno colonizzato gli spazi tra le superquadras (i lotti residenziali da 6/11 edifici a pilotis, alti 6
piani).
Per contrappunto, alla NoWhere Gallery
si possono vedere gli scatti che Alessandro
Cimmino dedica a un'altra capitale utopica
di quegli anni: l’indiana Chandigarh, creata
da Le Corbusier. Gli edifici monumentali restano quasi sullo sfondo, mentre l’obiettivo
coglie i segnali dell’entropia che si è insinuata tra i volumi, soffermandosi sui frammenti di giungla avvinghiati alle facciate o
sulle modifiche introdotte dagli abitanti,
cogliendo il volto più fragile e degradato, ma
anche più umano della perfezione.
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