Una storia d`amore. Ma non è love story
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Una storia d`amore. Ma non è love story
: Debutti Una storia d’amore. Ma non è love story L’ha scritta Francesca Segal, figlia di Erich, che negli anni Settanta aveva fatto piangere mezzo mondo con “Love story”. Ma lei, per il debutto nella narrativa, ha scelto il remake di un altro successo, e così “L’età dell’innocenza” è diventato “La cugina americana”. di Lucia Castagna C osa si può dire di una ragazza bella, colta, intelligente e amante della letteratura? Che si chiama Francesca Segal, è la figlia di Erich, il mitico autore di Love story, ed ha appena pubblicato il suo primo romanzo, La cugina americana, di cui sono già stati acquistati i diritti per il cinema, e qualcuno dice che Keira Knightley sarà la protagonista. Il suo è un romanzo d’amore proibito e regole infrante, con una scrittura vivace e ricercata, e la storia è un remake di L’età dell’innocenza ambientato nei giorni nostri. Adam e Rachel sono ebrei, vivono a Hampstead Garden, Londra, sono giovani, ricchi, colti e si conoscono da sempre. Il loro destino è sposarsi e avere dei figli. Ma la vita non segue schemi precisi, e l’arrivo di una cugina newyorchese, libera, bella e anticonformista, sconvolgerà i piani e annullerà tutte le aspettative... Scrivere era nel suo destino? Sì, l’unica cosa che desideravo davvero. Forse perché vedevo scrivere mio padre, e mi piaceva osservarlo, e poi condividere con lui quel piacere, insieme alla lettura. Ma soprattutto gli sono grata per le basi che mi ha dato, insegnandomi ad amare il linguaggio fin da piccolissima. Prima di addormentarmi, mi leggeva le poesie di Ogden Nash, Edward Estlin Cummings, Edgar Allan Poe, magari più adatti a un pubblico adulto, ma con un ritmo e un senso dell’umorismo che incantano i bambini. E soprattutto, lui che era un serio professore di latino e greco ad Harvard, mi ha insegnato a guardare ai classici come punti di riferimento. Lei è una giornalista dalle collaborazioni importanti, The Guardian», The Observer, The Daily Telegraph, Financial Times Magazine, e all’improvviso ha sentito il bisogno di scrivere un romanzo. Perché proprio il remake di un successo?… Francesca Segal 28 : Leggere TuttI n.79 Luglio-agosto 2013 Aspettavo che arrivasse la storia giusta per cominciare, non volevo correre, non c’era nessuna urgenza. L’idea mi è venuta per caso qualche anno fa, mentre ero a New York e leggevo Edith Wharton e il suo L’età dell’innocenza. Quando sono arrivata alla scena in cui il meglio dell’alta società newyorchese è all’Accademia di musica ad ascoltare il Faust e nessuno sta veramente seguendo l’opera, perché tutti sono impegnati a bisbigliare e spettegolare sugli altri, ho avuto l’illuminazione. Ho capito che era una storia universale, e potevo ambientarla in un’altra città, in un’altra epoca, e non avrebbe per- so nulla della sua forza e della sua attualità. In fondo, solo dal diciottesimo secolo gli scrittori hanno cominciato a inventare trame nuove per i loro romanzi. Quali sono i suoi autori preferiti? I contemporanei, Salman Rushdie, Jennifer Egan, Antonia Susan Byatt, di cui ho adorato Possessione. A 20 ho scoperto Jane Austin e poi Dickens, e continuo a leggerlo per scoprire sempre nuove cose. Love story l’ho letto a 12 anni, e mi ha molto commosso. Quel libro è cresciuto con me, e i protagonisti sono come miei fratelli maggiori. Certo, molto spesso mi hanno chiesto di quella storia e di mio padre, ma in fondo è normale. Adesso sta a me cercare un piccolo spazio, tutto mio. Come è stato scrivere dal punto di vista maschile? Molto curioso e divertente, quasi uno sdoppiamento della mia personalità, che mi ha portato a considerare le cose con un’altra angolazione. Il punto di vista è maschile, come nel romanzo di Wharton, era il modo in cui vedevo la storia. Mi sembrava che il personaggio più interessante fosse Adam, uno che per tutto il romanzo cerca di combattere con le scelte, e quindi è stato naturale affidargli il racconto. Lei ormai si divide fra Londra e New York… A Londra c’è la mia famiglia, i miei amici, le mie abitudini rassicuranti di sempre, ma dal punto di vista professionale è molto chiusa, non c’è scambio di idee. A New York è diverso, è tutto più vivace e c’è più visibilità, più fermenti intellettuali e culturali. Ama anche molto la musica. Sì, ma quella di un’altra generazione, Buddy Holly, Joni Mitchel, Bob Dylan, Paul Simon, il jazz degli anni cinquanta. Oggi, con internet, ci si può collegare con le radio di tutto il mondo, e spesso mi sintonizzo su una frequenza che mi piace molto per le scelte musicali: quando sento lo speaker dire “sono le tre di notte a New Orleans” mi sento davvero eccitata, come se fossi lì e suonassero solo per me. Altri hobby? Amo cucinare, perché mi rilassa, specie se mi dedico a piatti complicati. E mi rilassa anche il cinema, soprattutto quello disimpegnato. L’altro, quello più concettuale, debbo ancora studiarlo e impararlo. Ma sempre e soprattutto amo i libri, che mi danno qualcosa che niente saprà darmi con la stessa intensità e piacere. Mi piace condividere tutto con mio marito Gabe, che è uno scienziato ricercatore, e si occupa di cose affascinanti e totalmente lontane dal mio mondo. Ci siamo conosciuti con amici comuni, ci siamo innamorati e ci siamo sposati un anno fa a Boston, alla City Hall, perché era il mio sogno. Francesca è un nome italiano… Mio padre amava molto la vostra lingua, per la sua musicalità e per la cultura che rappresentava. Adorava i vostri classici, e per me e mia sorella Miranda ha scelto i nostri nomi sui vostri libri. Se questa intervista fosse stata con lui, si sarebbe preparato per poter rispondere in italiano. Leggere TuttI n.79 Luglio-agosto 2013 : 29