Scheda tratta da Tiziano e il ritratto di corte da Raffaello ai Carracci

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Scheda tratta da Tiziano e il ritratto di corte da Raffaello ai Carracci
Scheda tratta da Tiziano e il ritratto di corte da Raffaello ai Carracci,
catalogo della mostra di Napoli, Napoli 2006, pp. 286-287, cat. C59.
Jacopo Negretti, detto Jacopo Palma il Vecchio
(Serina, Bergamo, 1480 circa - Venezia 1528)
Ritratto di donna, detta “La Cortigiana”
olio su tela, 87,4 x 73,5 cm
Collezione Gian Giacomo Poldi Pezzoli (n. inv. 372)
Il dipinto coincide probabilmente con il “Giorgione” acquistato da Gian Giacomo Poldi Pezzoli presso il
marchese Terzaghi nel 1865, che fu restaurato in quell’anno da Giuseppe Molteni (Otto Mündler visitò due
volte a Milano, il 21 ottobre 1857 e il 3 gennaio del 1858, il marchese Terzaghi, presso il quale segnala nel
suo diario alcune opere, fra cui non figura però il dipinto in esame: un Cristo e l’adultera del Pordenone,
firmato e datato 1530 ma non del tutto convincente a suo avviso, un Gesù e San Giovanni Battista bambini
di scuola leonardesca e alcuni quadri olandesi e fiamminghi riferiti dal grande conoscitore tedesco a Philipp
van Dyck, Abraham van Cuylemborch e Jacob Jordaens: Mündler [1855-1858] 1985, pp. 183, 192). La tela
fu sempre considerata fra le opere salienti della collezione Poldi Pezzoli, e come tale fu esposta al pubblico
già nel 1872 nel palazzo di Brera, in un’importante rassegna di opere d’arte appartenenti alle collezioni
private milanesi (Catalogo 1872, p. 31, cat. 218). Dopo l’intervento di Molteni fu restaurata da Luigi
Cavenaghi nel 1890, da Mauro Pellicioli nel 1951 e infine da Pinin Brambilla Barcilon nel 1985. Nel corso
dell’ultimo intervento sono state conservate alcune ridipinture ottocentesche riferibili a Cavenaghi, localizzate
in particolare nel volto e nella mano destra, dato che nelle immagini radiografiche non si evidenziava la
presenza di pigmenti originali in quelle aree. La pellicola pittorica, caratterizzata da una fitta craquelure, si
presenta molto sottile e smagrita, priva delle ultime velature.
“Assai prossimo ai modelli tizianeschi sia per l’impaginazione compositiva che per il partito cromatico e
luminoso (si vedano le stringenti analogie con la Flora della Galleria degli Uffizi, 1515 circa)” (Natale 1982, p.
130 cat. 135), questo dipinto si inserisce in una nutrita serie di analoghe figure femminili eseguite da Jacopo
Palma il Vecchio nell’ultimo decennio della sua attività, tra cui si possono ricordare la Donna in blu, la Donna
in verde e la cosiddetta Violante del Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Lucrezia della Galleria
Borghese di Roma, la Flora della National Gallery di Londra, la Giovane donna del Museo ThyssenBornemisza di Madrid, la Giovane donna dal seno nudo della Gemäldegalerie di Berlino e la Sibilla delle
collezioni reali inglesi (di cui recentemente è emersa una replica in collezione privata: P. Rylands, in
Bergamo 2001, p. 198, cat. V.7). A dispetto di uno stato di conservazione non impeccabile, il dipinto è da
considerarsi interamente autografo e da annoverarsi fra le più tipiche produzioni della tarda attività di Jacopo
Palma il Vecchio. La sua datazione si colloca verso il 1525-1526, a confronto con altre opere estreme del
pittore, quali la Madonna con il Bambino e i santi Giorgio e Lucia della chiesa di Santo Stefano a Vicenza, la
Sacra Conversazione delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, inv. 762 (Natale 1982, p. 130, cat. 135) e
l’Adorazione dei Magi di Brera (Rylands 1988, p. 242).
Come altre immagini femminili di questo tipo di produzione veneta, caratterizzate dalle vesti discinte e da un
forte erotismo, anche questa è stata a lungo ritenuta un ritratto di cortigiana, cioè di una prostituta, il che
appare oggi difficilmente sostenibile: sembra assai improbabile, infatti, che sia potuto esistere un così alto
numero di immagini di cortigiane del Cinquecento veneziano. Il punto cruciale è riuscire a determinare il
presupposto di tali dipinti, se cioè si trattava di ritratti di specifiche persone oppure di immagini generalizzate
di una bellezza e di una sensualità femminili ideali (intorno alle quali esisteva del resto anche una fiorente
trattatistica: ([A Blaschet, F. Feuillet de Conches] 1865; Rogers 1988).
È stato recentemente proposto, con persuasivi argomenti (Gentili 1995), che questa tipologia di immagini
femminili veneziane di primo Cinquecento abbia precisi riferimenti al tema del matrimonio: si tratterebbe
dunque di ritratti di giovani spose, destinati a essere donati al marito. Le donne raffigurate in questi dipinti
espongono spesso un seno, porta dell’animo e del cuore, simbolo di fecondità, offerta d’amore, richiamo
seduttivo. Il fatto che nella cosiddetta Cortigiana del Poldi Pezzoli un seno sia mostrato e l’altro in parte
coperto non significherebbe antitesi fra voluttà e virtù, ma compresenza di erotismo enunciato e vissuto e
erotismo moderato e sorvegliato, ed è proprio nel matrimonio che si realizza tale compresenza. La donna qui
raffigurata ha le lunghe chiome sciolte, una durevole tradizione per le spose venete, ha allentato il manto,
che le sta scivolando dal corpo, e si presenta con la camicia bianca, elemento emblematico del corredo
nuziale e simbolo anche di castità, ultimo fragile baluardo che lo sposo è chiamato ad abbattere. Anche
l’associazione tra il rosso del manto e il bianco della camicia, i colori dell’amore, corrisponderebbe a questa
chiave interpretativa. La forza della sessualità femminile, infine, è qui espressa non solo con l’esibizione del
corpo, ma anche e soprattutto con i consolidati meccanismi di gesti e sguardo.
Il fatto però che le giovani donne, in questa tipologia di dipinti veneziani, non sembrano perlopiù avere un
aspetto individualizzato, ma piuttosto aderire a un tipo uniforme, ha però indotto altri studiosi (tra gli altri
Rogers 1988; P. Rylands, in Bergamo 2001, p. 198, cat. V.7.) a ipotizzare invece che non si tratterebbe di
veri e propri ritratti, ma di immagini idealizzate e seducenti della bellezza e della sessualità femminili,
finalizzate a coprire un prospero mercato collezionistico.
È anche possibile, in conclusione, che un’ipotesi non escluda l’altra: l’effettiva presenza, almeno in alcuni di
questi dipinti (tra cui quello in esame), di simbologie legate al tema nuziale potrebbe indicare che ci troviamo
di fronte a immagini sì tipizzate, celebrative della femminilità in generale, connesse però alla celebrazione di
un fidanzamento o di un matrimonio particolare. Non possiamo escludere del resto che anche nel
Cinquecento far raffigurare le precise fattezze della propria moglie in vesti così discinte e in atteggiamenti di
così scoperta sensualità sarebbe sembrato sconveniente, e che quindi i committenti utilizzassero come
escamotage il travestimento di un’immagine femminile standardizzata, attraverso il quale poter alludere al
proprio matrimonio e alla propria sposa.
Andrea Di Lorenzo
Bibliografia aggiornata al 2012
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nella Milano romantica. Pittura, collezionismo, restauro, tutela, catalogo della mostra tenutasi a Milano nel
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P. Rylands, in Bergamo. L’altra Venezia. Il Rinascimento negli anni di Lorenzo Lotto 1510-1530, catalogo
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